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                      IL RACCONTO DELL'UOMO COL MANTELLO

                                                                                 OLERON

                                                  Il paese della nostra nostalgia è invece il nor-

                                                  male, il decoroso, l'amabile, e la vita nella

                                                  sua seducente banalità.

                                                  (THOMAS MANN)

                       P- Sono passati diversi anni da quella sera, ma ricordo ancora

                       tutto perfettamente.

                       Stavo tornando a casa dopo aver svolto un affare importante

                       ed era quasi mezzanotte quando scoppiò un temporale. Stavo

                       giusto attraversando il passo di Badle che dista

                       solo cinquanta chilometri dalla città, ma sembra di attraver-

                       sare una terra dimenticata. La strada è stretta e dissestata,

                       piena di tornanti che avvolgono grandi pareti di roccia livida,

                       o si protendono sull'abisso della valle, che porta il nome di

                       Valle dell'Ombra. Non vi batte mai il sole, e quel poco che

                       supera la barriera delle montagne va a spegnersi in un bosco

                       fitto e umido, pieno di tronchi morti. Ci sono pochissime

                       case, quasi tutte disabitate. Improvvisamente la mia auto si bloccò.

                      Cercai di rimettere in moto, ma non ci riuscii. Confesso che

                      avevo paura.

                      Sono nato in una valle vicina a questa, e ricordo ancora le

                      strane dicerie sugli abitanti di Valle dell'Ombra. D'inver-

                      no passava per il mio paese un vecchio ombrese alto, col

                      viso affilato e la barba grigia. Vestiva un mantello di pellic-

                      cia, sul retro del quale ricadeva una testa di lupo. Attraver-

                      sava il paese per comprare sacchi. Decine di sacchi. Poi ri-

                      partiva. Una notte lo sentii andarsene cantando questa

                      canzone:

                                  La luce non cancella l'ombra

                                  l'ombra cancella la luce

                                  il giorno gioca con te, poi  ti abbandona

                                  sarà la notte la tua padrona.

                      Non sentivo ora, nel rumore del vento che piegava gli al-

                      beri, le note di quella melodia?

                      Un brivido mi percorse la schiena. Uscii dall’auto e la pioggia

                      gelida mi frustò il viso. Mi guardai intorno e scorsi una luce

poco lontano; corsi in quella direzione e mi fermai senza fiato

davanti alla porta di una casa scalcinata e cadente. Facendomi

forza bussai e dopo qualche attimo di silenzio mostruoso venne

ad aprirmi una vecchia spaventosa, con occhi sporgenti da rospo

su un viso rovinato da qualcosa che sembrava un'ustione. Era

deformata dall'artrosi e si muoveva come se fili invisibili la torcessero tormentandola.

                      La bocca sdentata era dipinta di rosso fuoco e sulle gote pal-

                      lide c’era un maldestro tocco di cipria. Una morta pronta per

                      il ballo, pensai con un brivido. Controllai i nervi e iniziai a

                      spiegarle la mia situazione.

                      P– Sono rimasto fermo con la mia auto proprio qua sotto...

                      se lei potesse lasciarmi telefonare...

                      (La vecchia rise. Un riso infantiIe, crudele. )

                      V– Qui non c'è telefono... ma lo può trovare su a villa Ole-

                      ron...

                      (Quel nome fu peggio di tutto. )

                      P– Oleron, ha detto? ll conte di Oleron?

                      V– II conte Maurizio Denian di Oleron. Lo conosce?

                      P– Eravamo... compagni di scuola.

                      V– Allora, non avrà difficoltà a farsi aiu-

                      tare. Qua dietro c’è una scalinata. Salga e troverà villa Ole-

                      ron. Non è illuminata, stia attento a dove cammina. E mi rac-

                      comando (– gli occhi della vecchia ebbero un lampo – ) entri

                   dalla porta principale. Per nessuna ragioneentri dalla porta

                   posteriore, quella col battente a testa di lupo... segua il mio

                   consiglio, signor Egistus.

                   P– Grazie ,ma... come fa a conoscere il mio nome?

                   (risata della vecchia)

                   Devo ora spiegarvi perché quel nome aveva provocato in me

                   tale turbamento, Oleron e io eravamo stati compagni di collegio,

                   ed eravamo stati legati da una strana amicizia, Ma io avevo

                   sempre avuto paura di lui, fin dal primo momento.

                   Già dai primi giorni di collegio, Oleron aveva messo tra

                   sé e gli altri collegiali una cortina separatoria.

Non sembrava farlo per snobismo, né per alterigia. Non si

interessava di noi in quanto nullasembrava interessarlo. Non parlava

con nessuno e gli insegnanti avevano, come noi, paura di lui.

                    

                   All'inizio di febbraio, cominciò ad arrivare a lezione in ri-

                   tardo. Giungeva con gli occhi cerchiati come dopo notti in-

                   sonni, e si accasciava sul banco.

                   Una mattina arrivò con una ferita sul collo. All'ultima

                   ora, quando ci preparavamo a lasciare l'aula, vidi che non

                   aveva nemmeno la forza di alzarsi dal banco. Ne ebbi pietà e

                   vincendo la paura mi avvicinai…

                   E– Non stai bene? Hai bisogno di aiuto?

                   (Non rispose. Gli toccai una mano ed era gelida. Alzò la

                   testa di scatto e urlò: )

                   O– Sto benissimo e non ho bisogno di nessuno.

(O fa per andarsene poi si ferma guardando E in modo sinistro.

Quindi apre un libro che sta sul banco e lo mostra ad E)

O- E’ più interessante di ciò che ci insegnano a scuola, no?

Guarda l’espressione di dolore della ragazza mentre le due tigri

la fanno a pezzi divorandola mentre è ancora viva.

E- E’ mostruoso.

O- La storia non racconta la verità, perché non dice nulla di cosa

è successo nei castelli misteriosi, nelle stanze segrete. Eroismi,

conquiste, progresso: menzogne! La storia è fatta di crudeltà.

Ascolta le parole di un vero poeta:

                                Il fuoco è la mia tenerezza

                                perché angelo e belva insieme

                                nel mio spirito caddero abbracciati.

                                Nel palpito dell'agonia è la vita più sacra

                                perché allora non dovrei amarti

                                perché non dovrei ucciderti?

                      E– Non mi sembrano parole sensate (nervosamente )e

                       certo nessuno farebbe una dichiarazione così a una ragazza.

                      (Oleron sorride e  mostra un altro libro ad E.

                      O- Il "Processo a Gilles de Rais".(legge il titolo a voce alta)

                      Anche questo era un uomo (accalorandosi) nato

                      dall'amore di un uomo e di una donna. Tutto quello che ha

                      fatto lo ha fatto perché era nella sua natura. Come nella tua e

                   nella mia. Se il vaniloquio dei "maestri" di questo collegio, di

                   questa prigione, non spegnerà la nostra sete di verità, noi po-

                   tremo essere come lui. Cosa te ne sembra?

                   E– E’ affascinante, Oleron,  ma dove portano

                   questi libri? Che speranza possono darci? Perché mai dob-

                   biamo preferirli ai libri che ci propongono a scuola, ove tutto

                   è chiaro e razionale?

                   O– Hai detto bene, Egistus. Noi dobbiamo. Senti queste parole

                    di Baudelaire su Edgar Allan Poe. (O parla come un invasato)

                   "Esiste allora una diabolica Provvidenza che prepara

                   l'infelicità nella culla, che getta premeditatamente esseri an-

                   gelici ricchi di intelligenza in ambienti ostili, come martiri

                   nel circo? Vi sono dunque delle anime sacre, votate all'alta-

                   re, condannate a camminare verso la gloria e la morte, calpe-

                   stando le proprie macerie? L'incubo delle tenebre stringerà

                   in una morsa eterna queste anime elette? Inutilmente si di-

                   battono, inutilmente si addentrano nel mondo, ai suoi fini ul-

                   timi, agli stratagemmi; perfezioneranno la loro prudenza,

                   sprangheranno tutte le uscite, barricheranno le loro finestre

                   contro i proiettili del caso: ma il Diavolo entrerà nella serra-

                   tura: una perfetta virtù sarà il loro tallone di Achille, una

                   qualità superiore il germe della loro dannazione."

                    Latino e greco , sono lingue dei libri magici.

                   Anche l'arabo e il cinese antico sono lingue che custodi-

                   scono segreti. Nessuna delle lingue moderne è utile per in-

                   terpretare i segni del tempo dietro al tempo.

                   E– E cosa intendi per tempo dietro al tempo?

                   O– E’ il luogo dove abitano coloro che esistevano prima di

                   noi, e un giorno di nuovo abiteranno il mondo. Quando ri-

                   torneranno, essi ci interrogheranno in queste lingue. Guai al-

                   lora a chi non conoscerà le antiche formule, a chi non saprà

                   pregare! E non le sordide preghiere della resa e della sotto-

                   missione. Le preghiere della battaglia. Il grido dell'angelo ca-

                   duto. Così ci ricongiungeremo e bruceremo nel rogo tutti co-

                   loro che nel rogo ci uccisero.'

      P- Ero sempre più affascinato da

      lui, tanto che poco alla volta persi interesse allo studio.

      Aspettavo con ansia il momento in cui Oleron mi avrebbe

      portato un nuovo libro. Iniziai anch'io a cercare quei testi.

      Questo cambiamento non passò inosservato. I professori

      informarono i miei genitori sui pregiudizi che quell'amici-

      zia arrecava al mio rendimento scolastico. l compagni pre-

      sero a evitarmi.

      Una sera, mentre passeggiavo nel giardino, venni avvici-

      nato da una donna che lavorava nelle cucine.

      D– Non lo frequenti! (con paura nella voce. )

      E– Di chi parla?

      D– Non frequenti quello strano ragazzo, signor Egistus!

      Fino a poco tempo fa dormivo nelle case vicino al laghetto.

      Tutta la notte dalla camera di quel ragazzo sentivo venire ru-

      mori strani. Una mattina diedi un'occhiata dalla finestra. Era

      come se nella camera fosse passato un ciclone. Tutto era ro-

      vesciato... ribaltato. E il materasso era come sventrato da...

      non so quale mano... e sul muro... c’èrano quei segni...

      E– Quali segni?

      (D non risponde. Dal buio, appare Oleron. L'ala di capelli

      neri gli copre metà del viso, e l'espressione con cui guarda

       la donna è  terribile. La donna scappa facendosi il  segno

      della croce. )

      O– Qualcosa mi dice che stavate parlando di me (sibila)

      E- (Ansante)Sai cosa dicono di te? Che hai perso i genitori,

      vivi solo in una grande casa; che i tuoi fratelli sono morti di una

      malattia misteriosa e che tu ti sei rifiutato di partecipare alla visita

      medica prima di entrare in collegio.

      O– Non crederai a tutto quello che ti viene                 detto su di me...

      E– Oleron (precipitosamente ) perché non mi hai

      mai fatto entrare nella tua camera?

      O–(secco) Non sei pronto.(fa per allontanarsi poi torna indietro 

      prendendo E per un braccio e trascinandolo avanti verso la ribalta.)

      O- Ho qualcosa da mostrarti. Vedi quella casa laggiù?

      E- Il manicomio?

      O- (parla da invasato)Senti le loro urla?Eccoli, loro hanno

      visto Quelli che erano prima. Hanno guardato la Medusa

      negli occhi. Melmoth parla per loro, con voce di belva.

     Essi hanno incontrato la verità e la verità li ha spezzati.

      Eppure c’è chi può guardarla in faccia. Quando io la incon-

      trerò, non risponderò con queste grida e questi balbettii. Io

      dirò: salve, sono uno di voi. E come voi voglio il male, con

      ogni mia intima fibra. Proteggetemi e sarò vostro come pri-

      ma di me lo furono Caligola e Gilles de Rais, Cortez e Vlad

      Drakul. Questa è la strada, Egistus. Questa e la prova che quelli

      esistono! Cosa può avere ridotto così queste persone? Forse quello

         che ci insegnano a scuola?

       (Oleron è  stravolto, mentre  inchioda le braccia di E

      stringendolo con forza insospettata. O spinge E verso

      il bordo del palco stringendogli il collo con le mani. E

      urla  Fermati, mi fai cadere! O si risveglia come da un

      trance; si ferma, sorregge E e prorompe in una sonora

      risata .)

              O– Coraggioso Egistus! Tu vuoi conoscere i segreti del-

             l'Ombra, ma al primo scherzo sei già terrorizzato. Sei un pes-

             simo allievo!

P- Poi vennero le vacanze di Pasqua e tornai a casa. Liberato

dall’influenza nefasta di Oleron tornai ad essere sereno e

proprio in quei giorni conobbi Eleonora, colei che sarebbe

diventata mia moglie. Era una ragazza fantastica: bionda, con

gli occhi azzurri, un sole. Me ne innamorai subito. Passai alcuni

giorni veramente felici. Poi tornai alla "prigione" del Collegio.

        Per un po’ riuscii ad evitare Oleron ma un giorno me lo trovai

improvvisamente davanti all'uscita della mensa. Era ancora dimagrito,

quasi spettrale. Portava il segno di un'ennesima ferita alla gola.

Iniziò a parlrmi, farneticando:

             O–( alterna una voce bassa, gutturale a una voce acuta e

                    isterica)   Devi aiutarmi Egistus. Loro sono venuti e mi hanno

             parlato. LORO sono più forti di me, ma ho resistito, Devi aiu-

             tarmi!  Io resisterò. C’è un solo modo per resistere a loro... ed

             è diventare come loro... tu vedrai... tu non sai come ci si

             può TRASFORMARE... tu non sai...

             (O guarda E negli occhi in silenzio.)

              Tu sei cambiato! (sibila) Il bene è entrato in te e tu hai

             perduto la strada. Ma non puoi abbandonarmi ora...

             (O artiglia il braccio di E con la mano mentre la sua bocca trema.)

             E- (urla) Lasciami, sei pazzo.

P- Corsi via e non lo rividi più. Seppi solo più tardi che aveva

lasciato la scuola.

Arrivarono le vacanze estive e mi stavo preparando a partire

per trascorrere qualche giorno al mare con Eleonora, quando

mi giunse una lettera da Oleron.

(Oleron fuori campo)

             Caro Egistus,

             Inutile dire che mi rattrista il modo in cui ci siamo lasciati.

             In effetti stavo passando un brutto periodo e mi sono com-

             portato da sciocco. Presto partirò definitivamente per un paese

             straniero. Non vorrei lasciarti un cattivo ricordo di me: sei sta-

             to in fondo l'unico amico che ho avuto in questa sfortunata va-

             canza tra i mortali. Ti prego di venire a casa mia domani sera,

             con la tua candida compagna. Ceneremo insieme e ti mostrerò

             che anche io sono capace di sentimenti quali  l'ospitalità e la

             gratitudine.

             Ti prego di non negarmi questo ultimo favore

             Oleron

             P- Riuscii a convincere Eleonora ad accettare l'invito.

           

             (Non era il solito Oleron. Era spettinato e vestito con un

             camicione bianco che lasciava intravedere il collo martoriato

             dalle solite strane cicatrici.)

             P- La prima parte della serata trascorse tranquilla, Oleron

sembrava un‘altra persona e potrei dire che la cena fu quasi

piacevole. Poi Oleron chiese a Eleonora di ballare.

(O ed Ele ballano mentre E accende una candela.)

   Ele– Mi gira la testa.

             ( pallida e ansante. Oleron le tiene una mano.)

             O– Non è nulla ( rassicurante) è stato il ballo.

             (Ele sviene)

             O– Non dovevo farla ballare subito dopo cena vado a cercare

              qualcosa per farla riprendere.

             ( E cerca di rianimare Ele mentre da esterno si sente un

             rumore agghiacciante, come una voce profonda, non

             umana che sembra  venire dalle viscere della terra: Il la-

             mento di un mostro sotterrato.)

             E (grida)– Oleron!

      (O rientra  mutato. La maschera è caduta e appare il solito

      Oleron.)

      O– Egistus, amico mio, quanta messa in scena!

                Che ridicola commedia. Mi riconosci ora?

      E (tremante )– Cosa vuoi fare?

      O– Io non ho abbandonato la strada(va verso E) E ora tu mi

      aiuterai a compiere il passo finale. Quelli vogliono una prova.

      Non dobbiamo esitare.

      E– Oleron, Eleonora sta male... che razza di discorsi stai facendo?

      O(urla)–Lei è la prova, Egistus, lei sarà il nostro dono per gli

      Immensamente Grandi. Una fanciulla innocente. Ricordi l'illustra-

      zione del primo libro che ti mostrai, Egistus? Ormai dovresti sapere

       anche tu quali sono le vittime preferite da quelli...

      E (Grida)– Demonio! Non toccarla!

      O– L'ho drogata con una polvere nel vino. E ora mi aiuterai a portarla

       di là. Quelli stanno aspettando e si adirerebbero se lei non arrivasse.

      (di nuovo voce terribile da fuori. E urlando scaglia la candela accesa

      verso O . Lampo poi buio)

       

      P- La casa prese fuoco e bruciò completamente. Ai pompieri raccontai

      che si era trattato di un incidente. Avevo troppa paura di

      Oleron ormai. Mi sembra ancora di sentire le sue ultime parole:

      (O fuori campo)

      – Ci rivedremo. QUELLI non amano essere ingannati. E

      sanno aspettare.

      P- Capirete ora perché esitavo a salire quella scala. A distan-

      za di vent'anni Oleron riappariva nella mia vita. Come se

      tutto fosse predestinato. Per anni, dopo quel giorno, avevo

      ripensato a ciò che era successo. C’era veramente qualcosa (e

      che cosa?) nella casa di Barcairn? Alla fine mi decisi.

      Se il destino aveva sospinto lì i miei passi, dovevo affrontarlo.

     Bussai alla porta e …

                O–(senza riconoscere P) Sono le due di notte, si può

                sapere che cosa vuole?

                P– Oleron... sono Egistus... siamo stati compagni di scuo-

                la...           

                O– Che sorpresa, dopo tanti anni. Ma come sei ca-

                pitato qui?

                P– Un incidente. La macchina si è bloccata proprio sotto

                la tua villa.

                O– Allora non è la tua volontà... è il caso che ti ha portato.

                Accomodati.

P- Grazie.

O- Cosa fai adesso?

P- Sono diventato un giornalista e rientravo proprio per

Scrivere un articolo.

O- Quanto tempo è passato vero? Io sono stato alcuni anni

in oriente a studiare (sorriso ironico) e poi sono tornato qui

nella villa che ho ereditato e ci vivo da solo. Passo il mio tempo

a comprare e rivendere libri rari: una cosa tranquilla e un po’

noiosa (atro sorriso).

                P-Prima una vecchia mi ha indicato la tua villa e conosceva il

                mio nome. Chi è?

                O- (ridendo)– La vecchia Linda, non ricordi la came-

                riera della casa di Barcairn? E’ decrepita e mezza pazza, dopo

                l'incendio che... abbiamo provocato, ma pensa, dopo tanti

                anni ti ha riconosciuto... La tengo lì per pietà... e c’è anche

                Machen, l'autista... lo ricordi?

                P(dopo un lungo silenzio)– Io non volevo provocare

                l'incendio, tu mi hai obbligato a farlo.

                O– Ora che il caso ti ha portato qui Egistus, è bene che ti

                spieghi cosa avvenne quel giorno: un equivoco, un colossale

                equivoco... ero un ragazzo un po' folle, con i turbamenti pro-

                pri di quell'età... pensai... ebbene si pensai che si sarebbe po-

                tuto fare un festino con Eleonora.

                P– Un festino?

                O– Certo! Non un sabba diabolico... ancora non capisci?

                Pensi che fossi così anormale da non provare certi deside-

                ri? Dietro il mio gusto per le illustrazioni sadiche con fan-

             ciulle discinte non c’èra una possessione diabolica. ma

             qualcosa di assai più comune agli adolescenti... Recitavo

             sempre, a quei tempi... e quando vidi Eleonora. fui scon-

             volto... avrei fatto qualsiasi cosa per una ragazza così bel-

             la... e pensai che con la paura avrei ottenuto ciò che vole-

             vo. Era una cosa sciocca, un po' perversa... ma mi eccitava

             l'idea.

             P– Vuoi dire che... volevi farci l'amore? E anche io...

             O(tristemente)– Esatto. Molte cose potevano succedere

             quella notte... ma tu non hai voluto.

             P– Io non so se crederti Olenon; agivi veramente

             come un pazzo, parlavi di quelle misteriose presenze e...

             (urlo non umano in lontananza)

             P(grida)– Di là, cosa c’è di là?

             O(glaciale) – Non ho sentito niente.

             P– Oleron, io ho sentito bene. Una voce di donna, spaventata

            O - sono sicuro che ti sbagli, non c’è nessuno di là. Siamo soli con

            i nostri fantasmi. Forse arrivano voci dalla casa vicina. A vol-

            te l'eco della montagna le porta fin qua. Sai non ho ancora la

            luce elettrica né il telefono, quindi dovrai dormire qui su

            quel divano.

             P – Sul divano? Non hai altre camere da letto?

            O(spettrale)– Solo una, la mia.

            P- Solo una camera da letto in una villa come questa.

            (Silenzio).

            P(in tono di sfida)– Oleron quell notte a Bar-

            cairn sentii nella stanza vicina un suono mostruoso... come il

            lamento di una qualche creatura.

            (Oleron stringe le labbra e si passa una mano sulla gola.

            Tono di voce esageratamente allegro. )

            O– Ma certo, ora ricordo: il mio vecchio giradischi... era

            mezzo guasto, e perdeva giri... un valzer cantato da un orco

            a diciotto giri, ecco che cos'hai sentito.

            ( O cerca di ridere, ma P lo inchioda con lo sguardo.)

             P– E quelle ferite che avevi sempre sul collo?

             O(bruscamente)– Non ricordo. Adesso  penso che dovremmo

             riposare tutti e due. Parleremo dei vecchi tempi domattina.

             Vado a prenderti una coperta.

             P– Dimmi la verità, Oleron.

            (O non  guarda P. )

         O(avvicinandosi al viso di P con occhi spiritati)– Ci sono

         persone che possono conoscere la verità e altre

          che la verità spezza. Ne vedesti alcune un giorno in una

          casa. Allora sperai che tu potessi percorrere la mia strada.

          Sbagliavo: anche tu preferisci la luce alle ombre. La notte non

          sarà mai la tua padrona. Ma non sfidarla!

          Non ti dirò la verità perché essa è al di sopra della forza

          del tuo cuore. Credo che faresti meglio ad andartene subito,

          Egistus.

          P– Resterò qui stanotte, Oleron.

          O(rimpicciolendosi)– Stai attento, Egistus! Non uscire da

          questa stanza per nessun motivo. Questo è l'ultimo consiglio

          che ti do. Per nessun motivo!

         

          P- Rimasi solo nella stanza, in preda a un'angoscia intol-

         lerabile. Una parte di me voleva fuggire, l'altra mi teneva in-

         chiodato a quel luogo; ma proprio in quel momento

         feci una scoperta che dissolse i miei dubbi. Dalla finestra aperta

          vidi i pali delle linee elettriche e telefoniche.

          Era certo Oleron

         aveva recitato. Mi aveva chissà perché accolto con la lampa-

         da a petrolio, mentre aveva la luce elettrica. E aveva detto di

         non aver telefono, perché voleva che quella notte io restassi

         nella sua casa! Uscii nel buio.

         Girai intorno alla villa. Ricordai che la vecchia aveva det-

         to che per nessun motivo dovevo entrare dalla porta poste-

         riore. Un avvertimento o un'indicazione? Fu proprio lì che

                mi diressi. Ormai non esitavo più, aprii di colpo, e vidi.

 

                P- Mi scusi di averla disturbata.

                M- immagino che lei sia l’ospite di Oleron. Lieta di conoscerla:

                sono la contessa Oleron, sua moglie.

Sa  stavo guardando un film dell’orrore e purtroppo non ci

sento molto bene, per cui sono costretta a tenere il volume

molto alto. Così finalmente conosco un amico di mio marito.

Ne ha così pochi, ed essendo la moglie di un avvocato devo

essere sempre gentile anche con le persone più strane.

Sono contenta di conoscere finalmente qualcuno con cui

parlare liberamente.

(entra Oleron)

                P– Bene, signora... ora che ho avuto il piacere di conoscer-

                la, devo ripartire...

                M–Ma come, mio marito mi aveva detto che lei si sarebbe

                fermato qui, stanotte...

                P– Mi passeranno a prendere alcuni amici di Badle, traineremo

                la macchina con un cavo.

                M- Allora arrivederla, felice di averla conosciuta (Esce)

                O– Così ora sai. Non devo più recitare. E’, vero, sono un

                tranquillo avvocato di provincia, con una moglie noiosa, due

                figli, amici stupidi, ore vuote. Questo è l'orrore che non mi

                attendevo, vedi, LORO non si sono mostrati. Non mi hanno

                scelto. E quando sono arrivati, erano molto diversi da come li

                immaginavo sui banchi di scuola. Ora mi occupo di matri-

                moni, eredità, e un giudice decide per me il bene e il male.

                Ogni tanto mi chiudo a leggere nella mia biblioteca dove

                Tengo ancora i miei libri e tutto ciò che da giovane mi

                pareva mi avvicinasse a loro. Bevo,ho quarant'anni e i polmoni

                malati. Tutto qui.

                P– Perché questa commedia allora?

                O– Tu ricordavi un giovane demonio. L'equivoco di quella

                notte a Barcairn mi aveva dato su di te un insperato potere.

                Ero infelice e ardente allora, ma in tutto ciò che facevo c’era

                speranza. Tutto ciò che potevo sognare, anche se orribile, lo

                amavo. Era la mia ricchezza. Ho pensato che recitando anco-

                ra una volta, almeno tu mi avresti ricordato come ero in quei

                giorni. Quando sei entrato da quella porta, per nessun moti-

                vo avrei voluto che tu scoprissi la verità. Cosa ne era di Ole-

                ron, vent'anni dopo. Ora che hai visto capirai, e mi perdone-

                rai.

                (O Dice tutto con tono distante e indifferente.)

                 Ecco dove portava la strada, Egistus. Grazie della tua

                amicizia. Il mio autista ha riparato la tua auto, puoi ri-

                partire.

                 

                 P- Lo salutai e, salito in macchina, partii.

                Arrivai a Badle che era l'alba. Il portiere dell'albergo mi accolse

                eccitato.

                PO– L'aspettavamo per mezzanotte, la signorina Lea era molto

                preoccupata.

                P– Sono rimasto bloccato nella strada di Valle dell'Ombra

                PO– Accidenti. Certo di peggio non poteva capitarle. E’

                completamente disabitata.

                P– Non completamente. Fortuna ha voluto che mi fermas-

                si proprio sotto villa Oleron. L'avvocato era un mio compa-

                gno di studi. Mi hanno aiutato a ripartire.

                PO(distogliendo lo sguardo)– Capisco signore... mi dispiace.

                P– Le dispiace cosa?

                PO– Che l'avvocato Oleron fosse suo amico.

                P– Perché "fosse"?

                PO(sorpreso)– Il signore mi prende in giro? Non conosce

                forse la storia?

                P(rabbrividendo)– Me l'hanno appena accennata...

                PO– L'avvocato Oleron, una notte di tre anni fa, dopo aver

                ucciso la moglie e i due figli, si è dato fuoco, nella sua casa. E’

                rimasta solo la dépendance con due vecchi servitori. Sembra

                che nella villa ci fosse una biblioteca di grande valore, quadri

                antichi e libri... strani... oggetti misteriosi, magici, io non me

                ne intendo. Tutto è andato distrutto dalle fiamme. Nessuno

                se l'aspettava. L'avvocato sembrava una persona così a po-

                sto... così normale... Ma certo lei lo conosceva meglio di

                me...