Ore liete in casa Bonavita

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Ore liete in casa Bonavita

Ore liete in casa Bonavita

di

Luciano Medusa





PERSONAGGI

Beatrice (madre di Mario)

Mario Bonavita

Carmela Pezzella (moglie di Mario)

Gaia Bonavita (loro figlia)

Sergio Ruini

Giulia Forte (moglie di Sergio)

Alex Ruini (loro figlio)

Antonio (portiere)

Maria (cameriera)



CARATTERI

Beatrice: madre di Mario, vive col figlio; donna energica e battagliera. Mario Bonavita: sicuro di sé , padrone delle sue azioni, furbo e scaltro.

Carmela Pezzella: donna battagliera, tenace, che sa il fatto suo.

Gaia Bonavita: 21enne timida e pudica, sempliciotta, romantica e poco avvezza al sesso.

Sergio Ruini: timido e poco avvezzo alla trasgressione, inquadrato.

Giulia Forte: imbranata, ingenua, pasticciona, che non riesce a vincere il fascino dell’uomo forte e deciso.

Alex Ruini: universitario 21enne, di famiglia medio borghese.

Antonio il portiere della pensione “Ore Liete”.

Maria, la cameriera della pensione “Ore Liete”.



Scena:

Ci troviamo in una modernissima casa; in fondo, un ballatoio cinto da una ringhiera divide il disimpegno dal salotto-tinello; sul ballatoio, a destra, la porta della cucina, a sinistra, quella che immette nelle altre stanze e giusto al centro un’ampia vetrata che lascia intravedere il giardino, una scala centrale comunica col salotto-tinello, a destra, una modernissima parete attrezzata con un divano e tavolino, sul quale è appoggiato un telefono portatile ed un telecomando del televisore, a sinistra una consolle con specchiera ed un tavolo con sedie.

All’apertura del sipario la scena è vuota, squilla il telefono. 
Contemporaneamente, per rispondere al telefono, entrano, dalla cucina Carmela (grembiule e maniche scorciate), dal giardino, Mario (guantoni da giardiniere e camice sporco di terra) e dall’altra porta Gaia (pigiama). Dopo un attimo di esitazione in cui, i tre, si guardano interrogativi, Gaia, con uno scatto, anticipa tutti e, credendo di afferrare il telefono, prende, invece, il telecomando.

Gaia Pronto. (il telefono, sul tavolinetto, squilla ancora)

Carmela (si accorge dell’errore e si impadronisce del telefono) Pronto…(delusa) buongiorno…grazie, sei molto gentile…io sto bene, tu stai bene? …e bravo, allora stiamo bene tutti e due…si…si...sta qui…ciao.

Mario È per me?

Carmela (porgendo il telefono a Gaia) No, è per lei. (a Gaia) È Alex.

Gaia (radiante, afferra il telefono e si sdraia sul divano) Ciao amo’! Buongiorno, hai dormito bene?

Mario (mentre Gaia continua al telefono) La vedi? Si è messa comoda. All’ora di pranzo, chiamala, altrimenti, questa salta pure il pranzo.

Carmela Non lo salta. Alex, oggi, sta a pranzo con noi.

Mario Già! Oggi abbiamo a pranzo la famiglia Ruini, i suoceri di Gaia!

Carmela I suoceri!? 

Mario È strano, vero? Sergio e Giulia, si può dire che li conosciamo da una vita…io amico con lui, tu amica con lei e un bel giorno, tac…il destino ha voluto rafforzare, ancora di più, questo nostro legame affettivo: nostra figlia Gaia, fidanzata col figlio Alex. È bello, no? 
Carmela (rassegnata) È bello, è bello! Noi, questo facciamo: rafforziamo i rapporti con gli altri e ai nostri non ci pensiamo. 

Mario Carme’, ma che dici?

Carmela Che dico? Dico che oggi è la festa della mamma e da stamattina, ho avuto gli auguri solo da tua madre. Tu e tua figlia vi siete scordati di me e di tua madre.

Mario Non è così…

Carmela No!? E invece, si! Noi mamme, in fondo, a che serviamo? A fare i servizi, la spesa, a crescere i figli e a badare al marito. Tutto per dovere, senza mai un grazie, senza mai un segno di riconoscenza. Hai ragione che ti voglio bene, altrimenti…

Mario (divertito e tenero) Altrimenti, che fai? (scherzando affettuosamente) Scemolina! (a bassa voce) Mia madre sta in cucina? 

Carmela Si, sta facendo il ragù come piace a te.

Mario (cingendola col braccio si avviano in giardino) Allora vieni un po’ con me, ti spiego tutto.

Carmela (fraintendendo) Mario, ma… sei impazzito?…questo non è il momento!

Mario (c.s.) Vieni con me e ti dimostrerò tutto il mio amore. (escono)

Gaia (sempre al telefono, contrariata)…però, tu come sei!…pensi sempre alla stessa cosa, pensi!…scusa, ieri non ti è bastato?…come, no!?…mi è piaciuto, però, queste cose devono avere, come supporto, un sentimento, forte, duraturo, diciamo stabile, altrimenti come lo facciamo a chiamare amore?…l’uomo non è un bestia e la bestia non è un uomo, l’atto in sé, non è altro che l’espressione del sentimento che l’uno prova verso l’altro…se togliamo il sentimento, che resta?…solo l’atto! E l’atto, in sé, è bestiale…è bello, si, ma è bestiale…va bene!… è bello e bestiale! Quello dev’essere l’atto che, in assoluto, esprime pienamente il concetto dell’amore. A me fa più effetto, non so…una frase come: “Il bacio: un apostrofo rosa tra le parole ti amo.”…come dici?…T’amo? non, ti amo? t’amo!…con l’apostrofo?…e già!…se parlo dell’apostrofo, allora ce lo devo mettere!…Cosa?…devi andare a vestirti?…(felice) sei in pigiama?…anche io!…che bello! Vedi? Questo è bello…si…vivere all’unisono, fare le stesse cose insieme, vivere gli stessi attimi, le stesse emozioni, provare piacere…(contrariata) ma tu pensi sempre alla stessa cosa, pensi? 

Mario (entrano felici dal giardino)…Hai capito, ora? Ora puoi dirmi che non ti penso?

Carmela No, non posso e scusami per quello che ho detto prima…io…che ne sapevo?

Mario (dolcemente) Zitta! Non dire niente e dammi un bacio.

Carmela (imbarazzata) Smettila! C’è Gaia e da un momento all’altro può entrare tua madre.

Mario Che fa!? A Gaia e a mia madre, vederci amoreggiare, non può fare che piacere. 

Carmela (civetta) No…dai…lo sai come sono no!? (maliziosa) Il bacio, per me, è solo l’inizio e se poi non possiamo finire, ci resto male.

Mario (romantico) Che cos’è un bacio? È un apostrofo rosa tra le parole ti amo.

Gaia (ha appena finito di telefonare, corregge) T’amo. Con l’apostrofo.

Mario (c.s. distratto ripete) T’amo con l’apostrofo. (si blocca, a Gaia) Cosa?

Gaia Se dici ti amo, non c’è l’apostrofo e dato che fai riferimento all’apostrofo, ce lo devi mettere.

Carmela Tu stai ancora in pigiama? Corri a vestirti e vieni a dare una mano in cucina, presto.

Gaia (guarda l’orologio) No, aspetta, devo incominciare a vestirmi tra cinque minuti.

Mario Perché?

Gaia Devo vestirmi insieme ad Alex.

Carmela Alex, sta in camera tua?

Gaia No, che hai capito? Ci siamo messi d’accordo che ci saremmo vestiti alla stessa ora. Lui a casa sua ed io a casa mia.
Mario Questi sono esercizi d’intimità! Si comincia così e se va a fernì…

Carmela (con disappunto lo interrompe)…A nisciuna parte! (a Gaia) Cerca ‘e fa chist’esercizi, sempe, isso a casa sua e tu a casa tua. Fa prima tanta teoria che poi la pratica viene meglio.

Gaia (guardando l’orologio) Gesù! È tardi. (correndo) Vado a vestirmi.(esce)

Mario Carmè, chella tene ventun’anni! Tu e mammà ‘a trattate, sempe, come se ne avesse tredici, quattordici. Vi siete messe nelle orecchie di quella poveretta con i vostri: “stai attenta…se proprio lo devi fare, devi essere certa che poi diventerà tuo marito…il fidanzamento è un periodo di preparazione per il matrimonio…nel fidanzamento si fa teoria e nel matrimonio si fa la pratica…” chella puverella non può andare sempre avanti con la teoria, adda aspettà che se sposa pe putè fa nu poco ‘e pratica!? Ti ricordi di quando eravamo fidanzati? Se la memoria non m’inganna, tu hè fatto tanta pratica e pochissima teoria.

Carmela Che significa!? Eri tu che nun me davi ‘o tiempo ‘e studià.

Mario Sai come si dice? Mentre ‘o miereche studia, ‘o malato more. Quando c’è bisogno, c’è bisogno e s’adda fa! (l’abbraccia e tenta di darle un bacio)

Carmela (si svincola) E dalle! Sai come si dice? Nun accumencià si nun ‘o può fernì! Vado a dare una mano a mammà. Quella poverina sta da stamattina in cucina. (entra in cucina)

Mario Sono cose da pazzi! Ogni scusa è buona. “C’è mammà…c’è Gaia…c’è mammà e Gaia. E sono d’accordo. Ma ce sto pur’io però! E quando non c’è nè mammà né Gaia, ce sta ‘o mal’’e capa! La malattia più vecchia del mondo: l’emicrania muliebre post-pomeridiana. Stu maledetto mal’’e capa piglia sulo ‘e femmene!? Dopo le 23, l’ottanta percento delle mogli soffre d’emicrania! Di conseguenza, l’ottanta percento dei mariti s’aggireno ‘a chell’ata parte e cercano ‘e durmì, ma nun ce riesceno perché, la situazione gli ha provocato nu caspita ‘e mal’’e capa. Ma è cosa che stongo sempe comm’’o Vesuvio e mia moglie sta sempe…sta sempe…cu ‘o mal’’e capa? (guarda l’orologio) Guè, io devo telefonare! (prende il telefono, compone un numero e parla sotto voce) Pronto…ciao, tutto a posto?…io ho organizzato tutto…non vedo l’ora…a chi ‘o ddice!?…tu hai fatto quello che dovevi fare?… benissimo… mo ti devo lasciare…ciao…mi raccomando, non dimenticarti…ciao. (sta per posare il telefono) 

Gaia (entra, si è vestita e preparata) A chi stai telefonando?
Mario (sorpreso) Chi, io? A nessuno, stavo controllando la batteria. È ancora carica!

Gaia Stai tutto agitato. Hai proprio la tipica espressione di chi mente, cioè, di chi ha appena fatto un qualcosa che non sta bene e assume l’aria disinvolta per nascondere la marachella. (imperativa) Stavi telefonando alla tua amante.

Mario (sorpreso) Amante!? Gaia, che dici?

Gaia Come puoi innamorarti di un’altra donna e far soffrire la madre di tua figlia?

Mario (c.s.) Gaia!

Gaia Come puoi dimenticarti di tutti i bei momenti vissuti insieme a questa donna: il fidanzamento, il matrimonio, la mia nascita?

Mario (c.s.) Gaia, io penso che…

Gaia No, papà, non farci questo! Lasciala, ti perdoneremo!

Mario Ma a chi aggia lascià?

Gaia Alla meretrice che ti sta strappando alla famiglia.

Mario Gaia, a me, nun me sta strappanno nisciuna! Tu, in tre secondi, hè fatto succedere nu guaio! La tua immaginazione non corre, vola! (indicando il televisore) ‘A colpa è tutta ‘e chella! Tu te vire troppe telenovela, cor’’a papà! Quelle cose che vedi dal televisore non sono vere, la realtà è diversa. Io tradire tua madre!? Perché? Come farei, da dove mi verrebbe? 

Gaia E che ne so? Si sentono tante cose, tanti tradimenti, tante schifezze!

Mario È vero, hai ragione. Ma tutte queste cose, a noi non ci toccheranno mai. E sai perché? Perché io sono nato e cresciuto sotto il manto di nonna Beatrice. Nonna Beatrice non è una donna è un angelo! È lei che ci ha insegnato il valore della famiglia, cosa significa essere marito, padre e cosa sono i figli. È vero, in giro si sentono tante cose: tradimenti, scambi di mariti, di mogli, violenze e chi più ne ha più ne metta. Ma a noi no! Nonna Beatrice ha fatto in modo che questo a noi non succederà mai!

Gaia Nemmeno a me e ad Alex?
Mario Bella mia, io di te sono sicuro, tu sei stata cresciuta con gli stessi principi con cui sono cresciuto io, ed Alex, non te lo dimenticare, è il figlio del mio più caro amico e dell’amica più cara di tua madre, e conoscendo i genitori è come conoscessi anche lui, quindi, sta sicura, stai tranquilla, tutto è a posto, va tutto liscio.

Gaia (con difficoltà) Papà, ma…a me…Alex mi preoccupa. Non so come spiegarti…è come…come devo dire?…sta sempre…come…come…il Vesuvio, ecco!

Mario Pur’isso! Invece a tte te fa male sempe ‘a capa?

Gaia A volte.

Mario È normale! È storia vecchia! Non ti preoccupare, figlia mia, è tutto normale! Siete giovani, pure io, all’età vostra steve sempe comm’’o Vesuvio, tua madre, però, il mal di testa l’ha incominciato ad avere dopo averti partorita. Prima, no! M’’o faceve venì a mme ‘o mmal’’e capa! 

Gaia Io penso che fare l’amore sia, in assoluto, l’atto che esprime, in modo completo ed inequivocabile, il sentimento dell’amore. Se non c’è sentimento l’atto perde il suo significato intrinseco e scade, immancabilmente, in pratica bestiale. Il bacio, cosa che vista sotto certi aspetti, può risultare banale, insignificante, superfluo, non necessario, invece, secondo me, è basilare e necessarissimo in un rapporto basato sul rispetto e sull’amore. In altre parole, il bacio è come un bussare alla porta dei sentimenti del partner.”Toc, toc, posso entrare?” Questo è il bacio. 

Mario (imbambolato da tante parole) E tu arape e ‘o fai trasì!

Gaia Se lo vuoi far entrare! Se non lo vuoi far entrare …

Mario Dici: “Stasera nun è cosa, me fa male ‘a capa!”

Gaia No! Dici: “non sento, questo tuo impeto, accompagnato da sentimenti giusti, quindi, non bussare, tanto non ti apro!” Papà, ma tu lo sai che l’uomo è l’unico animale che si bacia? Hai visto mai un cane baciarsi con una cagna? Un cavallo che si bacia con una cavalla? Un elefante e un’elefantessa, un coccodrillo e una coccodrilla… 

Mario Ho capito! Fermati! Non scomodare tutta la fauna terrestre.

Gaia E questo che significa? Che il bacio è una pratica prettamente umana e che il Signore ha voluto così, perché ha voluto dare, ancora una volta, un significato, un perché, un senso, persino ad un gesto che può sembrare banale. Il Signore è grande e misericordioso!

Mario Amen! Ma, fammi capire una cosa. Questi discorsi, tu li fai pure con Alex?

Gaia Certo.

Mario Ed Alex che dice?

Gaia È d’accordo! Mentre parlo dice sempre si e… “bussa”ontinuamente.

Mario (preoccupato) E tu apri o lasci la porta chiusa?

Gaia Quando…poi… uno bussa insistentemente…che fai, lo lasci fuori?

Mario ‘O fai trasì!?

Gaia Mica sempre! Qualche volta. Ma sempre dopo essermi accertata che i sentimenti siano quelli giusti.

Beatrice (uscendo dalla cucina, rivolgendosi all’interno) Carmè, il grosso è fatto, famme ‘o piacere, controlla un po’ tu, io m’aggia assettà nu poco. (si accorge di Mario e di Gaia) Voi state qua!? E bravi! Non dico a te (indica Mario) che sei stato sempre uno sfaticato, nulla facente e parassita, ma tu, Gaia, perché non aiuti un po’ la mamma? Ci sono un sacco di cose da fare in cucina, va, va a preparare anche tu qualcosa per il tuo futuro marito. 

Gaia Certo, nonna, vado subito. Vado, anche se il mio futuro marito sta da due settimane a dieta e, conoscendolo, non penso che toccherà niente di quello che è stato cucinato. (corre verso la cucina e dopo aver abbracciato e baciato la nonna, esce)

Beatrice Vai a dare una mano a tua madre, che qua, se aspettiamo che si muovono gli uomini stiamo fresche!

Mario Gli uomini!? Mammà, in questa casa, di uomo ci sono solo io! 

Beatrice E io con te ce l’avevo! Tanti anni, né io ne Carmela, siamo state capaci di farti cambiare! Nun ce sta niente ‘a fa, quanno uno nasce sfaticato, more sfaticato. Che ti puoi aspettare da uno che è nato di domenica a mezzogiorno? Scegliesti l’ora pe’ ascì e pe’ te mettere a tavola.

Mario Io sto sveglio dalle sette di stamattina!

Beatrice Tu, dalle sette di stamattina, stai nel giardino a curare i tuoi fiori, non certo a fare qualcosa per noi! Si fosse pe’ te, a mmieze iuorno ce manciasseme timballo di margherite, arrosto di ficus con insalatina di felci e cactus imbottiti. 

Mario Ma non sei mai contenta!?

Beatrice ‘E ditte antichi nun se sbagliano mai: ‘na mamma dà a mangià a ciente figli, ma ciente figli nun danno a mangià a ‘na mamma!

Mario Mammà, nun fa accussì! Pecchè dici questo, ti sto facendo mancare qualcosa?

Beatrice No, non è questo! Per carità! Sto facendo, finalmente, un poco la vita della signora, mi rispettate, mi volete bene. Dopo tanti sacrifici, finalmente, un po’ di pace. È che una, appunto, dopo tanti sacrifici, dopo essersi tolto il pane da bocca pe’ crescere a ‘nu figlio, senza ce fa mancà mai niente, s’aspetta, in certi giorni, qualcosina ‘e cchiù!

Mario Qualcosa ‘e cchiù!? Che cosa?

Beatrice ‘Nu poco ‘e memoria! Solo un po’ di memoria.

Mario Ma pecchè, mammà, che m’aggia scurdato?

Beatrice Niente! Si nun te sì arricurdato da solo è inutile che te lo ricordo io. La spontanietà è una bella cosa, caro mio, alle donne piace molto.

Mario Io, oggi, non ti capisco! L’hai detto stesso tu, non ti ho mai fatto mancare niente, da quando papà ci ha dovuto lasciare, requie e pace all’anima sua, sei diventata la regina di questa casa, mia moglie stima più a te che a me, Gaia, non ne parliamo proprio: di adora, a volte ti imita addirittura. Non penso che ti abbiamo mai limitato, sei libera di fare quello che vuoi. Mammà, cosa vuoi di più? 

Beatrice Bravo! Come parli bene! Però io nun t’aggia mannato ‘a scola sulo pe te sentì ‘e parlà accussì bello! Papà tuo, requie e pace all’anima sua, pure si nun aveva fatto tutt’e scole che hai fatto tu, cierti ccose nun se l’è mai scurdate!

Mario N’ata vota!? Ma che m’aggia scurdato!?
Beatrice Quello che un figlio dovrebbe sempre ricordarsi e invece…(si commuove) fai tanto, semini, te cure ‘a pianticella cu tutt’ammore possibile, ‘a fai crescere bella, forte e quanno è crisciuta se scorda ‘e te!

Mario (Accorre per consolarla) Mammà, ma tu fai sul serio!? Ma ‘a vuò fernì!? Iamme, nun fa accussì.

Beatrice Ci dovevi pensare prima…cos’è oggi?

Mario È domenica!

Beatrice (c.s) In che mese stiamo?

Mario Maggio.

Betrice (c.s) E questa è la prima o la seconda domenica di maggio?

Mario È la seconda, embè!?

Beatrice (c.s.) E che si festeggia, la seconda domenica di Maggio?

Mario (capisce) Madonna mia, hai ragione! Oggi è la festa della mamma!

Beatrice Bravo, ce sì arrivato? ‘O tiempo te pigli però poi capisci.

Mario Scusa mammà, auguri, tantissimi auguri. Mammà perduoneme…io…che t’aggia di’….

Gaia (esce dalla cucina con una pila di piatti per apparecchiare la tavola, rivolgendosi all’interno) Nun te preoccupà, la so apparecchiare la tavola. (si sente bussare alla porta; Gaia non sa che fare: andare ad aprire o posare i piatti sul tavolo; confusa, fa un via vai tra la porta e il tavolo) La porta! Questo è Alex…vado ad aprire?…no, mo poso prima i piatti…no è meglio che vada ad aprire…e come apro se ho i piatti in mano?

Beatrice (a Mario) Levece ‘e piatti ‘a mano a chella, se no qua si fa notte!

Mario (prendendo i piatti) Dà a me, apparecchio io, va ad aprire, va!

Gaia (corre ad aprire) Grazie papà, vado subito.

Mario (posando i piatti sulla tavola) Mammà, comunque, alle donne non piace solo la spontanietà, piacciono pure le sorprese!
Sergio (accompagnato dalla moglie Giulia) Buongiorno! Mica siamo in anticipo?

Mario No, sei puntualissimo. (guardando l’orologio) Hè spaccat’’o minuto (gli va incontro, si stringono la mano e si baciano)

Giulia (sta sempre attaccata al marito) Buongiorno. (stringe la mano a Mario, che si avvia per baciarla, ma lei si ritrae) No! Mario…non ti conviene, ti attacco il mio profumo.

Sergio (stringendo la mano a Beatrice) Donna Beatrice, buongiorno, come andiamo?

Beatrice E come dobbiamo andare, comm’a vicchiarelle!

Giulia (abbracciando e baciando Beatrice) Ma che dicite!? Vicchiarelle vuie!? Vuie ve mettite dint’’a sacca ‘e meglio giovane! Auguri, tantissimi auguri, Donna Beatrice!

Mario Alex non è venuto?

Sergio Come no! Stava dietro di noi.

Mario (allarmato) Vuo’ vedè ca mia figlia sta “arapenn’a porta”!?

Giulia Ma che dici? Già l’ha aperta, se no come entravamo.

Mario Lo so che già l’ha aperta, ma io mi riferisco ad un’altra porta. Gaia!

Gaia (insieme ad Alex, entrando) Papà, mi hai chiamato?

Mario (con intenzione) Chiudi la porta e vieni tra di noi.

Alex Buongiorno a tutti. (stringe la mano a Mario e a Beatrice) E la signora Carmela dove sta?

Gaia Mammà sta in cucina, sta finendo di preparare.

Alex Signor Mario, Donna Beatrice, permettete? Vado a salutare la mia futura suocera.

Mario Vai, vai pure, noi intanto prepariamo la tavola. 

Alex No, non vi permettete! Il tempo di salutare vostra moglie e la tavola la prepariamo io e Gaia. È vero, amò?

Gaia Certo, andiamo, saluta mammà e poi prepariamo la tavola. (escono)

Beatrice Ma quanto è bravo quel ragazzo! A Gaia non poteva capitare di meglio.

Sergio Grazie, voi siete sempre molto gentile.

Mario Quello che è giusto è giusto! Alex è veramente un bravissimo ragazzo. Bussa nu poco spisso, ma…

Giulia (non capisce) Bussa spesso!?

Mario No, è una cosa mia, non ci pensare.

Beatrice Non potete immaginare che soddisfazione si prova quando si vedono i propri parenti felici e soddisfatti. 

Giulia Vi capisco. Io quando vedo il mio Alex che sta bene, che prende bei voti agli esami, me cunsolo tutta quanta! Io nun saccio nemmeno che sta studianno: analisi, diritto, boh! Però ‘o veco cuntenta e so’ cuntenta pure io.

Beatrice Gaia, per me, è una seconda figlia. Sto provando di nuovo gli stessi sentimenti che ho provato per Mario. Non vedo l’ora che si sposa, vestuta ‘a sposa quanto sarà bella! A quel punto, penso che possa pure salutarvi e andare a trovare mio marito. 

Giulia Guè, Donna Beatrice, che dicite? Dio scansa e liberi!

Sergio Voi, con la salute e il carattere che avete, campate altri cent’anni!

Mario E che vuò vedè a Gaia sposa e te vuò perdere a Gaia mamma!?

Beatrice Zitto, nun ‘o ddicere, me faie venì ‘o friddo ncuollo!

Sergio Mi state facendo ricordare alla buonanima di mia madre. Quanno guardava ad Alex, diceve ‘a stessa cosa: “si penso a quanno se spusarrà me vene ‘o friddo ‘ncuollo!”

Beatrice Quello che si prova per i figli, poi vedrete, si prova anche per i nipoti e pè chi è fortunato, pure per i pronipoti! 

Sergio Donna Beatrice e voi, i pronipoti, li vedrete sicuramente! Voi appartenete alla razza forte, quella di una volta, vuie campate cient’anni!

Beatrice Grazie. Speriamo che Dio vi ascolti!

Sergio So’ ‘nu par’’e semmane ca nun me sto capenne cchiù! Due settimane fa, ‘nu dulore fino, fino, m’accumenciaie a saglì dal tallone sinistro, poi mi prese il polpaccio, la coscia e cchiù saglieve, cchiù se faceva forte, fino a che nun s’è fermato giusto qui (indica la schiena) e so’ ddoie semmane che nun me vo’ abbandunà!

Beatrice Questa è la sciatica! Ti sei preso qualche medicinale?

Sergio Niente! Non ho preso niente. Pe’ mmeza ‘e chella, a’ì! Dice che ‘a mmericina fa male, che ‘e dulure comme venene accussì se ne vanno. Intanto, chisto è venuto e nun piglia a via ‘e se ne hì!

Giulia Donna Betrì, dicite vuie, aggio tuorto!? Mo se sentene ‘nu sacco ‘e cose, chi ‘o ssape che metteno dint’’a sti medicine, po’, si è detto sempre, acconcene ‘na cosa e sconciacheno n’ata, allora, nun è meglio che si soffre ‘nu poco e si usano i metodi tradizionali? ‘A sera ce faccio ‘na pezza ‘e lana cavera, cavera e c’ha metto sopra. (al marito) Iamme, dici ‘a verità, nun hè truvate giovamento?

Sergio Ma quale giovamento! Cu’ chelli pezze mi stai ustionando tutta la schiena! E mi ritrovo, nun sulo ‘o dulore, ma pure ‘o bruciore!

Beatrice Iamme, Giulia, qualche pillola pe’ calmà ‘o dulore c’’a putisse fa piglià! Quelle, prese a stomaco pieno, non fanno male.

Sergio E mo ‘a convincete! Ma dico io, santo dio, ‘o dulore è ‘o mio e che ce trase tu? Se vuoi sopportare il dolore, sopportalo quanno vene a te! No! Se vo’ suppurtà ‘o dulore mio!

Giulia Tu nun capisci niente! Io tengo paura che tu muori! E io comme faccio senza te!?

Beatrice Giulia, ‘nu pennulillo nun ha mai fatto murì a nissciuno!

Sergio ‘O pennulillo a me nun me fa murì, me fa murì stu caspita ‘e dulore che nun me vo’ lassà. Si è affezionato, chi ‘o capisce!?

Giulia Tu hai bisogno di fare un po’ di movimento. Stai tutta la giornata seduto e i muscoli della schiena se stanno atrofizzando. Quello, pure per fare dieci metri piglia ‘a machina! In ufficio sta sempe assettato, comme torna ‘a casa si schiaffa dentro la poltrona e sbarea isso e ‘o telecomando, mangia seduto e po’ se va a cuccà. Po’, è naturale, che comme fa ‘nu piccolo sfurzetiello, i muscoli della schiena dicono: “Guagliò addò vai!?” E accussì, vene meno dint’’e cusuture! Devi fare movimento!

Sergio Ma comme faccio, si me vaco a movere e mi fa male la schiena!? Mo pe’ fa cuntenta a mia moglie, in ufficio me metto a faticà allerta, me guardo ‘a televisione allerta, mangio allerta e me vaco a cuccà allerta! Accussì nun me vene ‘o mal’’e schiena.

Giulia Tu avissa fa comme fa Mario. Comme tene ‘nu poco ‘e tiempo se mette dint’’o ciardino, s’aiza, s’acala e se mantene sempre in forma. 

Mario Su questo, Giulia, ha ragione. Ti dovresti trovare un hobby che ti faccia fare un po’ di movimento. Gugliò, gli anni passano anche per noi, ci dobbiamo dar da fare per non arrugginirci.

Giulia Diglielo pure tu, meglio prevenire che curare. Si uno ce pensa prima, dopo non ha bisogno di nessun medicinale!

Sergio Vedete com’è: ave sempe ragione essa! Va buò, lasciamo stare, famme ì a salutà a Carmela, è meglio.

Mario Viene ccà, dammi il braccio, ti accompagno io.

Sergio Nun te preoccupà, quando sto dritto, sto bene. È quanno m’assetto e po’ m’aggia sosere che veco ‘e stelle.

Mario (avviandosi insieme a Sergio in cucina) Sì sicuro? Damme ‘o braccio, siente a me, avissa venì meno dint’’e cusuture?

Sergio Mario, ferniscela, mo te miette pure tu!? (escono)

Giulia (aspetta che i due siano usciti, a Beatrice) Donna Beatrì, io po’, annanza a isso nun ‘o pozzo dicere, ma vuie sapite che l’ultima volta che si è preso quelle pillole chillo…comme v’aggia dicere?…nun rispunneva cchiù!

Beatrice (non capisce) Nun rispunneva!? Svenette?

Giulia Nossignore! Comme v’aggia dicere?…non era in grado di mantenere i suoi doveri coniugali, ecco! Avite capito!?
Beatrice Ah, si raffreddò.

Giulia Si raffreddò!? Pigliaie proprio ‘a brunchite! Chello, Gesù Cristo ‘o ssape e ‘a Maronna ‘o vede comme iammo annanze! In tempi normali, si nun ‘o tuzzeleo io, s’aggira ‘a chell’ata parte e dorme. A me, Donna Beatrice, me piace l’ommo che piglia iniziativa, uno che te sape arravuglià e invece si nun pigliasse io, iniziativa e nun arravugliasse io a isso, secondo me, adesso, Alex, stava ancora, solo nei nostri pensieri. 

Beatrice Ma nun sarà stata la medicina. Capita che un uomo quando nun se sente bene non riesce…

Gaia Quanndo non si sente bene!? Allora, mio marito non si sente mai bene?

Beatrice Sai cos’è!? È che un marito, vuoi o non vuoi si abitua alla moglie. Adesso ti faccio un esempio: qual è il piatto che a te piace di più? 

Giulia La puttanesca! Donna Beatrice, ne vado pazza! Guardate, io ‘a penso e mi viene l’acquolina in bocca. 

Beatrice E adesso pensaci bene. Se ti costringessero a mangiare la puttanesca ogni giorno, ti piacerebbe lo stesso, come ti piace adesso?

Giulia Effettivamente…tutti i giorni…penso che…dalle e dalle, poi uno ‘a schifa!

Beatrice Ecco, hai visto?

Giulia Che vulite dicere, che mio marito mi schifa?

Beatrice No! Tuo marito ti vuole bene e, sono sicurissima, ti ama e gli piaci, ma quando uno, dalla televisione, dai giornali, mmieze ‘a via, vede…come dire?…’e gnocchi, la lasagna, ‘o vermiciello a vongole e ncopp’a tavula trova la puttanesca, la stessa del giorno prima, uguale all’altro ieri, chillo che fa?

Giulia S’’a mangia pè famma!

Beatrice E quanno nun tene famma, cerca ‘e non mangiarsela!

Mario (a Sergio uscendo dalla cucina) Guagliò, vieni con me. T’aggia fa vedè chillu cicas comme s’è fatto bello.

Sergio Donna Beatrice, voi permettete?
Beatrice Voi state a casa vostra, potete fare quello che volete.

Mario Lasciammo ‘e femmene sole, chissà quante cose avranno da dirsi. (sta per uscire) Mammà, quando torna Gaia e Alex, mi fai il favore di farci raggiungere?

Beatrice E ‘a tavola chi la prepara?

Mario È questione ‘e nu minuto, ‘a pripareno aroppe! (escono)

Beatrice L’arte di una moglie, sai dove sta? ‘A fa mangià sempe ‘o stesso piatto al marito e fargli credere che è un piatto nuovo.

Giulia È una parola! Io saccio fa sulo ‘a puttanesca!

Beatrice Ci vuole un po’ di fantasia, e tanto, ma tanto amore! 

Giulia Secondo voi, la biancheria intima, quella tutta merletti, può aiutare?

Beatrice Anche.

Giulia Pure chelli mutande senza ‘a part’’e rete!?

Beatrice Senza ‘a part’’e reta?

Giulia Comme, ‘e ssapite, chelle cu ‘o filo?

Carmela (uscendo dalla cucina, seguita da Alex e Gaia)…e tu ti sei messo a dieta proprio adesso? No, Alex, se tu oggi non mangi, guarda che mi offendo.

Alex Signora mia, io a sentire tutta chest’addore, me sento ‘e mancà dint’’e ginocchie. Manco a farlo apposta, avete cucinato tutto quello che mi piace. Ma ‘o dietologo s’ha pigliato 250 mila lire! Ch’aggia fa, mo mangio normalmente e faccio perdere 250 mila lire a mio padre?

Carmela Con tuo padre ci parlo io. Tu, oggi, mangi e basta!

Gaia Amò, tu ti mangi un poco di tutto, lo assaggi, così salviamo capra e cavoli.

Alex Amò, non nominare cose commestibili che mi fai svenire. Io già tengo ‘a capa arrevutata do’ prufumo da cucina, tu annuommene pure l’ati ccose, va a fernì che vaco luongo luongo nterra! 

Carmela (a Giulia, scherzando) Che bella amica che ho! Non mi viene neanche a salutare!

Giulia Carmè, ma che dici? Stavo facendo compagnia a tua suocera. Steveme facenne quattro chiacchiere. (si abbracciano e si baciano)

Beatrice (con intenzione) Stavamo parlando di cucina.

Carmela Lascia a ddoie femmene sole e nun fanno ato che parlà

Beatrice È vero! C’amma fatte ‘na bella ‘e chiacchieriata!

Carmela E i maschi dove stanno?

Beatrice Stanno in giardino. Tuo marito è andato a mostrare all’amico i suoi capolavori.

Alex (a Gaia) Amò, andiamo anche noi in giardino?

Gaia Andiamo da papà a vedere…

Beatrice (la interrompe) No, voi dovete preparare prima la tavola e poi andate.

Gaia Ha ragione la nonna. Prepariamo prima la tavola.

Alex (un po’ deluso) E va bene, prepariamo la tavola.

Carmela Giulia, vieni con me, ti voglio far vedere il vestito che ho comprato l’altro ieri.

Giulia Ah, si! Fammelo vedere. 

Carmela Mammà, venite anche voi, che state a fare qui?

Beatrice No, andate voi, io mi riposo un po’, da stamattina non mi sono seduta un attimo.

Carmela Facite comme vulite vuie. Giulia, vieni. (escono per la porta di sinistra)

Gaia Nonna, prendiamo la tovaglia buona?

Beatrice È logico, al tuo ragazzo lo vuoi far pranzare su una tovaglia qualunque?

Alex Nun parlat’’e mangià, per favore, sono due settimane che sto facendo le pose della fame.

Gaia (prende tutto dalla parete attrezzata) Questa è la tovaglia più bella che abbiamo. Alex, aiutami. (i due apparecchiano)

Beatrice (guardandoli) Ecco, vedete, come si dice? Ho preso due piccioni con una fava! 

Alex Donna Beatrice, ve lo chiesto per favore! Evitate di nominare cose che si mangiano. Me sento male! Per farvi capire, adesso, quando avete nominato i piccioni, davanti agli occhi miei, i piccioni non stavano volando, stevene dint’’a nu piatto, croccanti, fumanti circondati da fave lesse! 

Beatrice Scusami, mo me stongo cchiù accorta. Avissa svenì!?

Gaia Ma perché devi fare questa dieta? Tu mica sei chiatto? A me piaci pure cosi?

Alex Vedi? Hai detto “ a me piaci pure così”, è quel “pure” che me dà fastidio. La mia donna, la mia amata, la mia futura moglie non deve dire “pure”, adda dicere “ me piaci così” e basta! 

Beatrice (ironica) Gaia, leve stu “pure” ‘a miezo, famme ‘o piacere. Intanto che voi finite di preparare la tavola io vado in cucina. Vado a tagliare il pane e poi è meglio che i due piccioncini restino un po’ soli.

Alex Donna Beatrì, vi prego!

Beatrice Che ho detto?

Alex I piccioncini!

Beatrice È vero, scusami, mi sono scappati. Volevo dire che, probabilmente, vorreste stare un poco soli e io non voglio rompervi le uova nel paniere. 

Alex (gli cedono le ginochia e si appoggia al tavolo) Donna Beatrì, le uova!

Beatrice (scocciata) È meglio che me ne vaco! Cà nun se po’ parlà cchiù! (entra in cucina)

Gaia Amò, comme te siente?

Alex (di scatto si riprende e tenta di baciarla) Quanno stai vicino a me, sto benissimo. Dammi un bacio.

Gaia (svincolandosi) Finiscila, entra qualcuno, che figura facciamo!? Io me metto scuorno.

Alex Amò, ti è piaciuto ieri sera? (mentre parlano continuano ad apparecchiare la tavola)

Gaia Dopo aver fatto l’amore, un galantuomo non dovrebbe mai dire a una gentildonna se le è piaciuto, se ne dovrebbe accorgere.

Alex E allora ti è piaciuto! Dopo, si stata pe’ ‘na mezz’ora che nun t’arricurdave cchiù, nemmeno ‘o nomme tuoio

Gaia Ieri sera ho fatto una preghiera, ho detto: “Signore mio, fa che le prossime volte fino a che ci è possibile, siano sempre come questa volta.

Alex Come ieri? Nun sia mai!

Gaia Perché non ti è piaciuto?

Alex A piacè m’è piaciuto, quando c’è l’amore c’è tutto, ma dint’’a ‘na 126 non si fa all’amore, si pratica yoga! Amò, io, forse, la dieta la sto facendo proprio per questo: nun me pozzo accattà ‘na machina cchiù grossa, nun pozzo allargà ‘a machina, l’unica soluzione è che m’aggia astregnere io!

Gaia E cosa possiamo fare, ci dobbiamo arrangiare.

Alex Veramente, una cosa la potremmo fare, non dico sempre, ma ogni tanto si potrebbe, se tu vuoi però, si capisce.

Gaia Si potrebbe cosa?

Alex Stare comodi, come si dice: “far bene l’amore, fa bene all’amore!” Insomma, potremmo andare in un alberghetto…

Gaia (spaventata) No! L’alberghetto no!

Alex Ma perché!? 

Gaia Madonna, che vergogna! Solo a pensarci sto male. Alex, chiedimi tutto, ma solo dint’’a 126!
Alex Amò, ma tu non immagini quant’è bella la comodità!

Gaia E tu non immagini quant’è brutta la vergogna!

Alex Ma quale vergogna!? 

Gaia Da quando il mondo è mondo gli alberghetti sono stati sempre il ritrovo di prostitute e di incontri illeciti. Negli alberghetti non si fa all’amore, si fa solo ed esclusivamente sesso. Come gli animali!

Alex Amò, tu sei intelligente, lo capisci no, che noi non siamo come gli altri? Che male c’è cercare un posto comodo, più sicuro e tranquillo per fare l’atto che esprime pienamente il concetto dell’amore!? Io tengo tutte l’osse rotte!

Gaia Ma tu immagini, se qualcuno ci vedesse entrare in questo alberghetto? Io mi ammazzerei!

Alex Esagerata! 

Beatrice (esce; dal balconcino col cesto del pane) Gaia, metti questo a tavola. 

Gaia (lo va a prendere) Si nonna, adesso lo metto.

Beatrice (la vede turbata) Che è successo qualcosa?

Gaia (posando il cesto in tavola) No, non è successo niente. Stavamo parlando.

Beatrice (scruta i due) Io vi ho lasciati soli per farvi stare bene, mica per farvi stare male? Si ‘o ssapevo nun me muvevo ‘a ccà.

Carmela (entra seguita da Carmela; continuando un discorso) …e che dici tu? Mica me puteve fa fuì ‘o pesce ‘a dint’’a tiella? Comme se dice: “ Meglio l’uovo oggi che la gallina domani.” E già! Aveveme fatte ‘a carne sotto e ‘e maccarune ‘a coppe! Guarda che steveme llà llà e avevamo fatta la frittata!

Alex (sviene quasi) Maronna, chisto è nu bumbardamento!

Giulia Che è, nun te siente bbuono?

Alex ‘A signora Carmela m’ha vuttate ‘nganno tutta chella rrobba senza preavviso.

Carmela Uh! È vero, chillo ‘o puveriello sta a dieta!

Giulia Io nun aggia capito pecchè si è messo in testa ‘e fa sta dieta? Gaia, ma ce l’avissa ditto tu?

Gaia Io!? No, anzi, io l’ho sconsigliato. A me piace pur…piace così!

Alex Mammà, ddoie so’ ‘e ccose: o faccio ‘a dieta o m’accattate ‘na machina cchiù grossa!

Giulia (pensa) Fa ‘a dieta!

Mario (entrando dal giardino) Gaia, Alex! La nonna non vi ha detto che vi stavamo aspettando?

Beatrice (falsamente) Uh, mi sono scordata! Invece di farli venire da voi li ho fatti apparecchiare la tavola.

Mario (capisce, ironicamente) Te sì scurdata!? Quella la nonna è un po’ scordarella, che ci vogliamo fare! Avete finito di apparecchiare? Vi devo far vedere una cosa.

Alex (a Gaia) Non ancora. Due minuti e siamo da voi.

Mario Allora io vado, fate presto vi aspetto. (esce)

Gaia Finiamo di apparecchiare e veniamo. (insieme ad Alex continuano ad apparecchiare)

Gaia Carmè, ma io nun aggia fa niente? 

Carmela E che vuoi fare, tu tra poco devi sederti e mangiare. Mammà ha fatto ‘o ragù comme se faceva ‘na vota.

Giulia Io l’avevo capito. Se sente n’addore pè tutt’a casa!

Beatrice Carmela, in cucina è tutto pronto, si deve calare solo la pasta. Gaia, va da tuo padre e facci sapere se possiamo calare la pasta.

Gaia Va bene, andiamo. (escono)

Carmela (guardando la coppia uscire) Ma come stanno bene assieme! Che bella coppia, è vero?
Giulia Chillu figlio mio è stato, proprio, fortunato a incontrare Gaia.

Beatrice Hai ragione. Oggi non si capisce niente! ‘O munno è addeventato na sporta ‘e maruzze! E incontrare le persone giuste è veramente una fortuna.

Carmela Mammà, munno è stao e munno è! Adesso le cose si fanno più alla luce del sole e primme se facevano ‘o scuro!

Beatrice Questo è il problema: si cierti ccose se fanno alla luce del sole, senza annasconnere niente, significa che, a maggior parte da’ ggente, sti ccose, ‘e considera normali, lecite, ca se ponno fa. Munno è stato e munno è! E chi dice ‘o cuntrario!? Ma primma cierti ccose nun erano normali perciò ‘e facevano annascuse. Oggi, se fa a chi mette a coppe, fanno ‘e meglio scifezze e se ne vantano pure! 

Giulia Donna Beatrì, io, ‘a quanno ve conosco, nun v’aggia mai sentuta ‘e dicere ‘na fesseria. Vuie arapite ‘a vocca e cacciate ‘a verità.

Carmela Hè visto che furtuna m’ha mannat’’o Pateterno? Io nun tengo a ‘na suocera io tengo ‘a siconda mamma.

Beatrice A proposito ‘e mamma. Con voi, i maschi, si sono ricordati che oggi è la festa della mamma?

Giulia A chi!? Donna Betrì, nemmeno una parola! Nun me facite pensà…(piange) doppo che ce date pure l’anima, ca iettate ‘o sango pe’ fa sta bbuono, nemmeno un fiore, un augurio.

Beatrice (la consola) Iamme, nun fa accussì! Purtroppo c’amma rassignà: i maschi non sono donne!

Carmela Mario nemmeno si è ricordato, però, mettimmece pure dint’’e panne lloro: il lavoro, le preoccupazioni, lo stress…

Beatrice ‘A strafuttenza! Carmè, è inutile che prendi le loro parti, non sono donne e basta! Loro fanno: tutto a me e niente a te! E guarda che te dico: si tutt’’e mascule do’ munno addeventassero cchiù femmene, ‘o munno fosse cchiù giusto, cchiù bello, cchiù munno!

Giulia Donna Beatrì, io, a quanno ve conosco, chesta è ‘a primma vota che v’aggia sentuta ‘e dicere ‘na fesseria. 

Carmela Mammà, si riferisce al carattere, alla sensibilità. 
Beatrice Carmè, lascia stare. Vuie site ancora giovani; io parlo così pecchè so’ vecchia. 

Mario (entrando dal giardino) Carmè, Gaia addò sta?

Carmela È venuta da te, essa e Alex, cinque minuti fa.

Mario Da me…cinque minuti?…chisto s’è miso a bussà n’ata vota! (ad alta voce si avvia nel giardino) Alex, Gaia…addò state? Gaia, nun arapì (esce)

Carmela Comm’è bello essere giovani! Io se penso a quando ero fidanzata, mi pento di essermi sposata!

Giulia Guè, e perché?

Carmela Da fidanzata mi sentivo più cercata, Mario mi riempiva di regali.

Beatrice A te ti riempiva di regali e a me mi svuotava il borsellino! “Mammà, ho visto un paio di orecchini, a Carmela ce stessere proprio bene, me dai ‘e solde, c’’e voglio accattà!”

Carmela Poi ci stava più emozione…desiderio…passione. 

Giulia (Ride) Gesù, me sto arricurdanno…’e chella vota…t’arricuordo Carmè…quando Sergio si fece prestare la macchina dal fratello…

Carmela Comme, e chi so’ po’ scurda!?

Giulia Donne Beatrì, faciteve quatte resate! Io ero fidanzata con Sergio, nu iuorno se facette prestà ‘a machina dal fratello, lui studiava, ‘e solde nun ce stevene. Io ‘o stevo aspettanno al posto stabilito e nun vedevo l’ora ca veneva; tenevo paura di essere vista da qualcuno che mi conosceva e si ‘o ghieve a dicere a papà mio, chillo, ‘o minimo me spezzav’’e cosce. Niente, io aspettavo e stevo tutta nervosa, quanno vidi la macchina avvicinarsi, in fretta in fretta, lle facette segno ‘e se fermà, ‘a machina se fermaie, io, veloce, veloce salii e subito mi rannicchiai sul sediolino, pe’ nun essere vista. Diciette: “Curre, curre fa ampresse!” Quanno steveme abbastanza luntano, Donna Beatrice mia! Aggiraie ‘a capa e Sergio nun ce steva, ‘o posto suoio ce steve n’atu giovane. “E tu chi sì?” Lle diciette, e isso: “ Io chi so!? Tu chi sì?” “E comme ti sei permesso di portarmi nella tua macchina?” “Tu m’hè fatto segno ‘e me fermà e io m’aggia fermato. Tu si sagliuta, chi t’ha ditto ‘e saglì?” Pe’ furtuna ca Sergio, mi aveva vista salire in quella macchina e ci seguì altrimenti, non so’ come sarebbe andata a finire. Guardate ‘a sfurtuna: alla stessa ora passò una macchina dello stesso tipo e dello stesso colore di quella di mio cognato!

Beatrice (divertita) Tu ‘a chiamme sfurtuna!? Fortuna che capitasti cu nu bravo guaglione, se capitavi con un fetente, guarda che guaio che puteva succedere!’

Giulia ‘O bello, che Sergio, non mi voleva credere: “Chillo chi è…comme, tenive l’appuntamento cu me e sagli dint’a machina cu n’ato!?” Me vuleva lassà. E che ci volle per convincerlo!

Beatrice Puveriello! Chillo se vedette ‘e se levà ‘a purpetta ‘a dint’’o piatto, sott’all’uocchie suoie!

Carmela E quanno, Sergio, te dette ‘o primmo bacio? 

Giulia No, raccuntalo tu, io me metto scuorno! (decisa) Va buò, ià! Niente, io tenevo diciannove anni, mammà mia, appena, appena mi spiegò, a modi suoi…avite capite no?…comme se faceva! Ma, nun me dicette comme se baciava. ‘A primma vota che uscii con Sergio, madonna, me pareva nu purpo, metteva ‘e mmane pe’ tutte parte, m’abbracciava, me strigneva e me baciava ‘ncopp’’o musso. Io, teneve sempe ‘a vocca chiusa e isso cu ‘a lengua, tentava…avite capite, no?…Allora, io pensaie: “Forse, lle piace ‘o sapore do’ russetto.” Pigliaie ‘o russetto a dint’’a borsa e lle dicette: “Tiè, si te piace, pigliatell’a ccà, chesto è cchiù assai!” V’avesse vuluto fa vedè ‘a faccia ‘e Sergio: “Ma c’aggia fa cu ‘o russetto, io voglio a te!” (sospirando) Ah! Che passione! Mo invece!

Beatrice Preferisce ‘o russetto! 

Giulia Neanche chello, Donna Beatrì! Primma ce steve ‘o ffuoco, mo è rimasta, appena, appena ‘na lamparella!

Beatrice Bella mia, ‘o ffuoco eterno se trova sulo all’inferno!

Giulia A me piace l’omme forte, chillo che t’arravoglia che te fa girà ‘a capa, ca nun te fa capì niente cchiù e allora, pigli e ti abbandoni! 

Beatrice E Sergio, nun è accussì?

Giulia Sergio è come me: lle piace ‘a femmena che l’ arravoglia e nun ‘o fa capi niente! Ma, primma, nun era accussì! Mo s’è ammusciato.

Carmela Giulia, nuie amma sbaglaite: tu dovevi sposare Mario e io Sergio.

Beatrice Guè, che stai dicendo?

Carmela Mammà, sto pazzianno! Io e Mario, pure, simme ‘o stesso: isso sta sempe comm’o Vesuvio, ma, a me piace più arravogliare che essere arravogliata e allora, spesso, va a finire che me fa male ‘a capa e m’addormo!

Beatrice Invece ‘e t’addurmì, parla. Parlate, ad una coppia fa bene parlare. Con le parole si può trovare un accordo, ci si può capire.

Sergio (appare sull’uscio del giardino, con una corona di foglie in testa e una collana di fiori al collo; con tono solenne) Mie care signore, nonché mamme, i vostri eterni servitori, riconoscenti del vostro operato, umilmente, sono lieti di darvi i loro migliori auguri.

Mario (entra con un enorme fascio di fiori) In questo giorno solenne, dove si festeggiano tutte le mamme del mondo, anche io, da umile e indegno figlio, porgo i miei auguri a mia madre, dicendole, mammà grazie di essere mia madre! (porge i fiori a Beatrice)

Beatrice (incredula e commossa; prende i fiori) Mario!…io…pe’ questo stavi in giardino…per i fiori!

Alex (entra con un altro fascio di fiori) Auguri sinceri alla mia mammarella bella e a tutte le mamme. Questi fiori sono per te mamma, sono niente in confronto a quello che meriti veramente. (porgendole i fiori a Giulia) 

Giulia (scoppia in lacrime, prende i fiori) Sti’ scieme, mo m’hanna fa chiagnere a me, ‘e bì! 

Gaia (entra con un altro fascio di fiori) A te che mi hai dato la vita, che mi dai le tue cure, il tuo tempo, il tuo amore, permettimi di darti i miei migliori auguri e di dirti che quando sarò mamma, lo sarò come lo sei tu e quando sarò nonna, lo sarò come lo è la nonna. (porge i fiori a Carmela)

Carmela Anche se per me non è una sorpresa, io lo sapevo, (piangendo) me vene ‘a chiagnere ‘o stesso!

Sergio Allora, per allietare tutte queste mamme piangenti, vi faremo un augurio collettivo e canoro.

(Mario, Sergio, Alex e Gaia si mettono in fila e cantano sul motivo di “E’ per te” di Jovanotti)

Mario È per te, stu bellu mazzo ‘e fioriÈ per te, st’aniello con i cuori (dà a Beatrice un astuccio)

Insieme Non c’è cosa più bella di teMamma mia, mammarè!

Alex È per te, ca sì ‘a mamma cchiù bellaÈ per te, cchù bella ‘e stu gioiello. (dà a Giulia un astuccio)

Insieme Non c’è cosa più bella di teMamma mia, mammarè!

Gaia È per te, una figlia ed il suo cuoreÈ per te, st’anielle tutto d’oro. (dà a Carmela un astuccio)

Insieme Non c’è cosa più bella di teMamma mia, mammarè!

(le tre donne, non resistono alla commozione e felici, piangono)


FINE PRIMO ATTO

































Secondo atto

Scena: hall di un albergo, massimo, a 3 stelle; in fondo a destra si vede l’entrata: un’ampia porta a vetri lascia scorgere la strada; sui vetri della porta si legge il nome dell’albergo all’incontrario: “Ore Liete”; subito dopo una piccola saletta di disimpegno che immette nella hall: il banco della reception è nell’angolo a sinistra, proprio al centro di due porte numerate coi numeri “101” e “102”, sulla destra, in prima e seconda quinta, altre due porte coi numeri “103” e 104”. Tra la “101” e il banco c’è un piccolo divanetto con due poltrone e un tavolino con sopra sparse alcune riviste. 
All’apertura del sipario si vede Antonio, il portiere dell’albergo “Ore Liete”, mentre aggiusta le riviste sul tavolino.

Antonio (aggiustando le riviste) Questo è dell’anno scorso e si può buttare…questo no…tene tre mise. E’ ancora buono…e chisto che fa’ ccà?! Questo è di oggi, m’’o piglio io! (mette il giornale sotto il braccio) Io nun aggia capito ancora ch’’e mettimme a fa’ ‘sti giurnale ccà ncoppo? Nun s’’e legge nisciuno! Comme si ‘a ggente che vene ccà, tene ‘o tiempo ‘e se leggere ‘o giurnale! Chille venene ccà, se chiureno dint’’a cammera, (batte le mani) ppo- po- po e via! Ma qua’ giurnale vai truvanno? (suona il telefono; va dietro il banco e risponde) Pronto, Ore Liete a servirvi…una camera?…si…adesso controllo… (mette una mano sulla cornetta e scimmiotta l’interlocutore) Mi può dire se avete una camera libera?… Una? Tutte libere! I tempi sono cambiati! Oggi i giovani pensano ad altro: ‘a scarpetella, ‘o vestetiello, io te manno ‘o messaggio a te, tu m’’o manne a mme, ma tu mi ami? E quanto mi ami? Ma quand’è ca ve chiurite dint’’a ‘na cammera d’albergo e ve facite che ‘a morte nun ve vo’ cchiù? (risponde) Signore…ecco, ho trovato, proprio perché mi è risultato simpatico, sono riuscito a trovarne una libera…va bene…lei si chiama? (scrive) …va bene, l’apettiamo. Signore!…ricordatevi, io sono il portiere, mi chiamo Antonio…buonasera. (posa il ricevitore)

Maria (esce, di spalle, dalla camera “104” trascinando il carrello delle pulizie. Di spalle ad Antonio, si abbassa per aggiustare qualcosa nel carrello, mettendo il sedere a bella mostra)

Antonio (evidentemente attratto dallo spettacolo) Ma che è ‘o sole? Che è ‘a luna? Che so’ ‘e tramonti a cunfronte ‘e sta bella faccia ca tiene? (indica il sedere di Maria)

Maria (accortasi delle intenzioni, si ricompone e si gira di faccia ad Antonio) Guè bello! Sta bella faccia mia nun è pe’ te! Circa ‘e guardà ‘a n’ata parte!

Antonio E mica sono io! Quello è l’occhio che si posa. Il mio occhio è come un’ape, se posa addo’ sta ‘o ddoce!

Maria (scocciata) Uh, Antò, tu m’hè scucciata! Circa ‘e cecà chiste uocchie ‘a n’ata parte. Io so’ priva ‘e me movere, me vaco a girà e te trovo cu ll’uocchie pusate ncoppo ‘o ddoce mio!? Io nun so’ pe’ tte! ‘O vvuo’ capì ‘o no!?

Antonio (canta) Oì Marì, oì Marì, pecchè me dice sti parole amare? 

Maria Mo’ accumencia a cantà!? E’ inutile che canti!…nun me convinci…chist’uosso nun t’’o spuzzulie!

Antonio (c.s.) Core, core ingrato, t’hè pigliata ‘a vita mia.

Maria Ma chi s’ha pigliato niente! Va, vattene e ferniscela!

Antonio (le si è avvicinato) Ma io nun te capisco! Io so’ nu bello guaglione, fosse brutto, te desse ragione, ma addò ‘o truve ‘a n’ato comme a me? 

Maria ‘O zoo! Dint’ ‘a gabbia de’ scigne!

Antonio Piglia mo’! Nun ce sta nisciuno, ce chiurimme dint’’a na cammera e…Marì, te ne faccio ascì carica ‘e meraviglie!

Maria E’ certo! Carica ‘e meraviglia e delusione. (fa roteare l’indice e il pollice della mano)

Antonio Ma tu che dice!? A me, sai comme me chiammano? Tonino ‘a trivella! (con intenzione) Capisci a me!

Maria (risoluta) Tonì, basta mo’! Si vuo’ fa’ na cosa bbona, pigliame ‘o giurnale ‘e oggi (trae dalla tasca un biglietto) che aggia cuntrullà ‘sti nummere!

Antonio (canta) Tutto chello che vuo’! Indifferentemente, famme chello che vuo’, pe te nun so’ cchiù niente. E damme stu veleno, nun aspettà a dimane, indifferentemente, si tu m’accire io nun te dico niente! (mentre canta si avvicina al tavolino per prendere il giornale) Marì, ogni tuo desiderio è un ordine ed ogni tuo ordine è un mio desiderio. Siente siè! Questa passione mia per te, m’ha fatte addeventà nu poeta. Marì, io sono il tuo Giosuè Carducci.
Maria E bravo! E quante ne sai dicere! (ironica) Signor poeta Giosuè Meza Cartuccia, m’’o pigliate nu poco ‘o giurnale ‘e oggi?

Antonio T’’o piglio, t’’o piglio. Nun fa niente che mi prendi in giro. (Cerca il giornale, lo vede ai piedi del tavolino; si china mostrando il sedere a Maria)

Maria (ironica) Ma che è ‘o sole? Che è ‘a luna? Che so’ ‘e tramonti a cunfronte ‘e sta bella faccia ca tiene? (indica il sedere di Antonio)

Antonio (imbarazzato, divertito, comicamente si gira di scatto di fronte a Maria) Spiritosa! Hai visto? Anche tu sei sensibile alla bellezza. 

Maria (risoluta) Ma famme ‘o piacere! Piglia stu giurnale e dimme ch’è asciuto pe’ Napule.

Antonio (sfogliando il giornale) Quali numeri ti sei giocata?

Maria (leggendo il biglietto) Me so’ iucata ‘e nummere ‘e nu suonno che m’aggia fatte qualche ghiuorne fa. 5, 6, 16, 29 e 69.

Antonio (malizioso) Marì, ma che suonno t’hè fatte?!

Maria (sognante sta per raccontare) M’aggio sunnato ca steveme…(si riprende, cambia tono) Niente! A te che te ne importa!?

Antonio (c.s.) E ghiamme! Steve pur’io, dint’’o suonno?

Maria (imbarazzata) E sì! Io nun avevo che ffa! Me ieve a sunnà a isso! Lieggeme ‘e nummere, fa ampresse e nun te fruscià.

Antonio (c.s.) Chi sa ‘e chi era stu 5 e stu 29? E che c’anno fatto a stu 6 e a stu 16? E stu 69 che significa?

Maria (evidentemente in imbarazzo) Anto’ ferniscela! Io nun t’aggia dicere cchiù niente. Me dice sti’ nummere si o no?

Antonio T’hè ddico, t’hè ddico! (legge) Allora…Napoli…4, 5, 15, 28 e 68.

Maria (controllando) E’ asciuto sulo ‘o 5! (controlla meglio) Ma comme!? E’ asciuto 4 e io tengo 5, 5 e tengo 6, 15 e tengo 16, 28 e ccà sta 29, 68 e io tengo ‘o 69!? Tutti, un numero in meno! 

Antonio (guarda dal giornale e dal biglietto) E’ vero! Guarda ccà? Cos’’e pazze!
Maria Chella, ‘a Furtuna è furtunata pure ‘a essere cecata. Pecchè si nun era cecate ‘a cecavo io, cu ddoie dete, accussì. (fa il gesto contro Antonio)

Antonio Marì, statte accorte! Mo’ cecave a me. Tu si me cieche, io comme faccio cchiù? (la guarda) Quanno sei arrabbiata si ancora cchiù bella. (le si avvicina)

Maria (frappone il carrello tra lei ed Antonio) Anto’ nun fa accussì, me fai paura.

Antonio (cerca di raggiungerla e ne risulta un balletto intorno al carrello) Nun avè paura! Io non potrò mai farti del male, io, Marì, te voglio fa ‘o bene! 

Maria (c.s.) Anto’, fermati, mo’ vene ‘a ggente.

Antonio Nun te preoccupà, (la spinge nella “104”) ‘a gente vene e nuie ce ne iamme! (entra, sempre spingendo il carrello, chiude la porta; si sente cantare) Chiude piano la porta, poi la schiaffa sul letto e poi, e poi…

Alex (entra dalla porta principale e parla come se con lui ci fosse Gaia) Vieni, non ti preoccupare, vedrai che dopo mi darai ragione. (entra nella hall e va verso la reception; ad alta voce) Non c’è nessuno? (si guarda intorno) Dov’è il portiere? (sempre da solo si guarda intorno in cerca di qualcuno e non si accorge dell’assenza di Gaia) Gaia, dint’a machina nun è cosa cchiù! Ogni volta, io mi ritiro a casa cu ‘e dulure ‘a tutte parte. Tenesse na macchina grossa, comoda?!… Chella è ‘na 126! E’ nu muorzo ‘e machina…ccà simme crisciute…io mi rendo conto delle tue difficoltà…ma ccà nun ce sta nisciuno?…Portiere!…Ma, bella mia, in albergo ci vanno tutti, si sta sicuri, comodi. Nuie p’accumencià amma primma mettere ‘e parati pe’ tutt’’a machina. Adesso ti faccio vedere…l’imbarazzo c’è solo la prima volta, poi, dopo provato la comodità, vorrai farlo solo in albergo. (si gira e si accorge di essere solo) Gaia! Dove stai? Gesù, io stongo ‘a mezz’ora a parlà io sulo!? (esce dalla porta principale) Gaia! 

Maria (esce dalla “104”; è spettinata e ha i vestiti in disordine; ha l’aria stanca e aggiustandosi va a sedersi sul divanetto) …Nu riavulo!…Chillo nun è n’ommo è nu riavulo!…Ma quanti mane tene?…me pare nu purpo…è nu riavulo a forma ‘e purpo!

Antonio (dalla “104”, esce Antonio, da tutta l’impressione di aver “consumato”; un po’ sbracato, spettinato si appoggia alla porta; come se godesse ancora) Ah…madonna mia…’e chi se l’ aspettava! E’ stata ‘na cosa…’na cosa…madonna…(si massaggia le parti basse; con dolore) che dulore!…(rivolto all’interno) nfama assassina!…proprio llà, dico io! Cu tanti posti, proprio sulla “delicatezza”! Uh…madonna! (guardando nel vuoto si sposta dalla porta) E ch’è chesta? L’Orsa Maggiore!?…Ma dico io, damme nu schiaffo, scippami sano, sano…tu me vai a dà proprio nu cavecio llà! A costo ‘e nun me fa fa cchiù ‘e figli!

Maria Si anna venì comm’’e tte è meglio ca nun ‘e ffai! 

Antonio Assassina, stai zitta! Bastava che me dicive: “No, Antonio, no!” ed io nun facevo niente.

Maria Io te l’aggia ditto, ma tu nun hè sentuto.

Antonio Io aggia sentuto. Ma ‘e vvote ‘e femmene diceno “no” pe’ dicere “si” e po’ tu t’he sunnate ‘o 6 e ‘o 29?

Maria ‘E suonne miei so’ ‘e miei e a te nun t’anna interessà! E mo’ damme ‘na lampadina ca chella d’’o comodino a destra si è rotta.

Antonio (riprendendosi e aggiustandosi) E va bè! Pigliammo ‘a lampadina! Ma sia ben chiaro, Marì, tu hai vinto una battaglia, ma ‘a guerra la vincerò io.

Maria (alzandosi) Io saccio sulo ca in questa battaglia aggia fatto nu ferito, ammierechete primma e po’ ne parlamme! E mo famme accuncià ‘o lietto.(guarda nella “104”) Guarda llà, che ha cumbinato! (entra)

Antonio Madonna mia e comm’è tosta! Ma nu bacio ce l’aggia arrivato a dà! E se non mi sbaglio, per un attimo, ha partecipato pure. Comme se dice? “Dalle e dalle, pure ‘o metallo s’ammolla!” Famme piglià sta lampadina mo’. (si accovaccia dietro il banco)

Alex (entra dalla porta principale trascinando Gaia; si fermano nel disimpegno) Gaia, iamme nun fa ‘a scema, nun è niente!

Gaia (timidissima, tenta sempre di fuggire) Io non ce la faccio. Me metto scuorno.

Alex Ma quale scuorno!? Non c’è niente da vergognarsi. Noi siamo qui per fare l’amore e come vuoi che uno si possa vergognare dell’atto che, in assoluto, esprime pienamente il concetto dell’amore?

Gaia Lo so, hai ragione, ma io, concetto o non concetto, me metto ‘o stesso scuorno.

Alex Io ho capito, tu hai vergogna del portiere, vero?

Gaia Si. Chi lo conosce a questo, perché deve sapere che noi andiamo a fare l’atto che, in assoluto, esprime pienamente il concetto dell’amore?

Alex Allora, facciamo così: stai ferma qui, io vado a prenotare la stanza e dopo in fretta sgattaioliamo nella camera, tu ti nascondi dietro di me e ci chiudiamo dentro. Gaia, stasera, ti faccio assaporare che significa…la comodità!

Gaia Si, mi sembra una buona idea. Va tu, io ti aspetto qui, poi dopo sgattaioliamo.

Alex Aspetta, nun te movere ‘a ccà, faccio subito. (entra nella hall quando Antonio è accovacciato dietro al banco) Ma, qui, il portiere non c’è mai? Portiere! (si gira verso Gaia e la scorge che sta per andarsene, corre a fermarla)

Antonio (esce fuori) Eccomi, buonase…(non vede nessuno) Ma comme?!…Io me so’ sentuto ‘e chiammà!…Chesta è stata ‘a botta ncapa che m’ha dato Maria. (ritorna a cercare la lampadina) 

Alex (fa rimettere Gaia al suo posto e rientra) Io non capisco! Ma qui non c’è nessuno? Portiere! (c.s.)

Antonio (c.s.) Ma chi è? Uh madonna mia! Ma che ce stanno ‘e fantasmi ccà dinto? (da sopra il banco si sporge per accertarsi che , dall’altra parte, non ci sia nessuno)

Alex (entra) Portiere! Finalmente!

Antonio (sentendolo sussulta e cade oltre il banco) ‘A capa!…Maronna mia! Me so’ rott’’a capa!

Alex (soccorrendolo) Fatemi vedere. (controlla la testa di Antonio) Non vi siete fatto niente. Alzatevi ‘e cosa ‘e niente!

Antonio Cosa ‘e niente!? (alzandosi e porgendo la testa) Verite meglio.

Alex (guarda) Niente…niente. Qua sta tutto a posto.

Antonio Ma a mme me fa male.

Alex E’ normale. Avete preso una bella botta, ma oltre la contusione non c’è più niente.

Antonio Meno male! Ma voi siete dottore? 

Alex No, sto ancora all’università.

Antonio Medicina?

Alex Economia e commercio.

Antonio (deluso) Economia e commercio!? E io aggia miso ‘a capa mia mmano a nu commercialista! E che ne capite, vuie, ‘e cape?
Alex E che ce vonno ‘e scienziati pe’ vedè si ‘na capa è rotta o no!? ‘O sango nun è asciuto, quindi nun è rotta.

Antonio Ma vuie site proprio strano, ‘o ssapite?

Alex Io, e pecchè?

Antonio Vuie, primma, v’appresentate all’improvviso…

Alex All’improvviso? Io ve sto chiammanno ‘a tre ore!
Antonio Po’ dicite che site duttore…

Alex Io ho detto che sto all’università, facoltà di Economia e Commercio.

Antonio Ma ve site pigliata ‘a capa mia mmano, però.

Alex E che c’azzecca?

Antonio Uno che sta a Economia e Commercio che s’’a piglia a fa a capa ‘e uno mmano? Io v’aggio visto ‘e guardà ncapo a mme e aggia penzato: “chisto ne capisce ‘e cape”.

Alex (risoluto) E invece nun ne capisco. Chiudiamo questo discorso e vedete se c’è una camera libera.

Antonio (recandosi dietro il banco) E che ghiurnata ca è schiarata!…Sto acchiappanno mazzate ‘a tutte parte! (prende il registro) Vediamo…si ..c’è la “101” libera. Mi date un documento?

Alex (gli dà la carta d’identità) Ecco.

Antonio (la prende e sta trascrivendo i dati, poi si blocca e lo guarda) Ma vuie che avita fa?

Alex (indispettito) E a vuie che ve n’importa? 

Antonio Ma, aspettate a qualcuna?

Alex Nun aspetto a nisciuna.

Antonio E pecchè ve serve sta cammera?

Alex Ma vuie quanti fatti vulite sapè? 

Antonio No, niente. Sulo che…(con malizia) questo è un albergo addò se vene, minimo, a dduie.

Alex E nun ve preoccupate, io nun so’ sulo. Datemi la chiave della camera e non vi preoccupate.

Antonio (non capisce, si guarda intorno) Contento voi! Basta che pavate. (abbassa la testa e continua a trascrivere i dati) 

Alex (che durante la discussione ha dato sempre un occhio a Gaia, si accorge che, questa sta, di nuovo, andando via; corre da lei che ha avuto il tempo di uscire in strada)

Antonio (finito di trascrivere i dati prende la chiave e la porge ad Alex) Tenete…(resta fermo; ha dubbi sull’esistenza di Alex, lo crede un’allucinazione causata da qualche colpo alla testa che gli ha dato Maria) Io l’aggia visto…steve ccà…m’ha pigliato pure ‘a capa mmano…no, nun me l’aggia sunnato!…’A botta che m’ha dato Maria è stata forte…fai ca è chella?…(poi si accorge della carta d’identità, si illumina) Ma qua’ botta! Chillo m’ha data pure ‘a carta d’identità. (legge, ad alta voce) Signor Alex…Alex Ruini…Ruini?…Ma chisto è chillo ch’ha telefonato? (prende un foglio dal banco e legge) No, nun è isso, chisto se chiamma Sergio, Sergio Ruini. (chiama) Ruini…addò è ghiuto chisto?…chisto è ‘a rruina mia! 

Beatrice (entra con circospezione) Buonasera.

Antonio (ancora occupato a mettere a posto, alza la testa e meravigliato)Buonasera, Signora, scusate, penso che avete sbagliato, l’INPS è due palazzi più giù, ma a quest’ora hanno chiuso.

Beatrice (risentita) E che devo fare con l’INPS?
Antonio All’INPS? Non lo so! La domanda per la pensione, dovete lamentarvi per qualche ritardo dei pagamenti, insomma… nun ‘o saccio! 

Beatrice Io non ho bisogno dell’INPS!

Antonio Va bene! Ma, penso, che voi non avete, neanche, bisogno di un albergo come questo.

Beatrice Perché, che cos’ha quest’albergo?

Antonio Signora mia, questo albergo si chiama “Ore Liete”. Non so se mi spiego. E penso che voi avete più bisogno di ore serene, che di ore liete. O no?

Beatrice Di quello che ho bisogno io, non sono affari vostri. Io sto qui, diciamo…per indagare.

Antonio Indagare? Signò, non mi dite che siete della polizia?

Beatrice Non proprio, indago per fatti miei.

Antonio Ho capito! Voi siete un’investigatrice privata, dovete scoprire qualche moglie adultera, è vero? Se è così, sono a sua completa disposizione. Antonio, portiere di “Ore Liete”, a sua completa disposizione (saluta militarmente)

Beatrice Grazie della collaborazione, ma ditemi una cosa, quanta gente c’è nell’albergo?

Antonio Al momento, io e Maria.

Beatrice Chi è Maria?

Antonio È la cameriera. Signò, è toppo bella! Io me ne sono innamorato, ma lei non ne vuol sapere, dice che io voglio solo quelle cose, capite? E invece nun è accussì! Io ‘a voglio bene, ma nun c’’o saccio dì!

Beatrice Quindi, stasera non è venuto ancora nessuno?

Antonio No, ma voi a chi cercate? Se volete una mano per le indagini, io sono a vostra completa disposizione. Facciamo una cosa: datemi la foto di questa signora e datemi il vostro numero di telefono. Come, questa fetente, mett’’o pere ccà dinto, io la riconosco e vi telefono, voi accorrete e l’acchiappiamo in flagrante! Maronna, io dovevo fare il poliziotto!

Beatrice Giovanotto, non correte! Vuie ve vedite troppi film polizieschi! Invece, mo, facciamo come dico io. Datemi una camera.

Antonio Aggia capito! Voi volete restare sul luogo del delitto e come la preda entra nella tana, zac! Con uno scatto felino, gli piombate addosso!

Beatrice (assecondandolo) Bravo, mo avete capito tutto. Allora, sta cammera?

Antonio (prende la chiave della “102”) Ecco a voi la “102”. Come vedete la mia collaborazione è completa.

Beatrice Grazie, sentitemi bene. Io, adesso, mi chiudo in camera è aspetto che viene…la preda. Voglio vedere che faccia fa quando la guarderò negli occhi. Mi raccomando, io non ci sono per nessuno, neanche per Maria. Voi non mi conoscete, non sono mai stata qui, chiaro?

Antonio Chiarissimo, state tranquilla, io so n’ommo, i segreti li so tenete!

Beatrice (entrando nella “102”, tra se) Svergognata, falsa e ipocrita! 

Maria (esce dalla “104” col carrello, vede Antonio esagitato) Antò, ma ch’è succieso? 

Antonio Marì, io nun sto capenno niente! E’ venuto uno e so’ caruto a’ coppo ‘o bancone, m’ha guardato ‘a capa, ma steve ad Economia e Commercio, e allora c’aggia levate ‘a capa ‘a mano, aggia ditto: “che ce fa nu commercialista cu ‘a capa mia mmano!?” M’ha data a tessera, steve sul’isso e ha ditto ca steve in compagnia, m’ha lasciat’’a tessera mmano ed è sparito. Poi è venuta…(sta per raccontare di Beatrice, ma si ferma) nisciune cchiu!

Maria (confusa) Ah, sì! E addò sta ‘a lampadina?

Antonio Ma comme!? Me succedene chisti guai e tu pienze ‘a lampadina?

Maria Tu dici ca me vuo’ bbene, po’ te dico ‘e fa na cosa e nun ‘a fai! Sai truvà sulo scuse. Tu vire che se sape inventà?! ‘O commercialiste, ‘a capa, ‘a tessera! Tu hè sbagliato mestiere, invece do’ purtiero dovevi fare il romanziere.

Antonio (le si avvicina) Marì…

Maria (lo evita, minacciosa, mettendosi in posa di combattimento) Nun t’avvicinà, ca facimme ‘o sicondo “raunte”!
Antonio (guardingo) No, nun m’avvicino. E che so’ pazzo!? Te vuleve dicere sulo ca chello che t’aggia ditto è vero, nun me so’ inventato niente.

Maria (assecondandolo, ironica) E nun fa niente, pigliami ‘a lampadina. Pigliamella mo, si no vene qualche altro commercialiste “mantiena capa” e nun t’ha fa piglià cciù. Anzi, vuo’ fa na cosa bbona? Pigliala e valla a mettere tu. Io aggia pulezzà chest’ati cammere. (entra, col carrello, nella “101”)

Antonio Bella, quanto ti arrabbi, si troppo bella! Tu si bella ma senza core: “Bella senza anima!”(canta) Adesso siediti…nza, nza…su quella seggiola…nza nza…e sta sicura ca…nza, nza…è cosa fatta…nza, nza…(da banco prende una lampadina) na lampadina, ‘int’’a cient’’e quatte! (entra nella “104”)

Alex (entra dalla porta principale, questa volta, spingendo Gaia nella hall) Gaia, basta! Io nun c’’a facio cchiù! Stongo tutto sudato! Quello mi stava dando la chiave della camera e adesso già stavamo…

Gaia (lo interrompe) Facendo l’atto che, in assoluto, esprime pienamente il concetto dell’amore. (facendo resistenza) Non spingere, ti prometto che non scappo più, faccio la brava.

Alex E no, bella mia! Nun te crere cchiù. Adesso vieni insieme a me, ti devo tenere sott’occhio. (guarda in giro, riferendosi al portiere) E chisto addò sta? E’ sparito un’altra volta! Madonna, che s’adda fa p’avè nu poco ‘e bene! (ad alta voce) Portiere! (trascinando con se Gaia, va a controllare dietro il banco) Qui non c’è. (mentre sono tutti e due di spalle alla “104”)

Antonio (esce, li nota e all’improvviso) Vuie state ccà!?

Gaia (spaventata emette un grido e si nasconde dietro il banco)

Alex Ma so’ modi questi?

Antonio Ma che state dicendo?

Alex Uscite all’improvviso, ci gridate alle spalle, insomma, che ce vulite fa venì nu panteco?

Antonio Uh Gesù! Vuie accumparite e sparite comme si niente fosse, mi avete lasciato comm’’a nu babà, io e a chiave e ‘a fine de’ cunte, fosse io chillo che fa venì ‘e panteche!? Signor,…come-vi-chiamate, ll’ata avè sta cammera si o no? 
Alex Certo che la devo avere, altrimenti che sto a fare qui?

Antonio E allora, fatemi il piacere di allontanare il cane dal mio posto. Io ‘a piccerillo so’ state muzzecato e ‘a tanne tengo na paura de’ cani che non vi dico.

Alex Ma quale cane?

Antonio Nun è nu cane? Io nun l’aggia visto bbuono, si è nascosto subito, ma dal verso che ha fatto me pareva nu cane.

Alex Lì dietro c’è la mia ragazza!

Antonio (meravigliato) La vostra ragazza è nu cane!?

Alex Ma che cane! E’ una donna!

Antonio (ha capito) Ah, ho capito, una cagna!

Alex (offeso) Ma come si permette!? ( a Gaia) Gaia, esci!

Antonio (come ad un cane) Pss..pss..tè ccà,tè!

Gaia (coprendosi il viso con le mani esce lentamente) Che vergogna!

Alex Ecco qua, avete visto!? Adesso datemi la chiave della camera.

Antonio Subito, scusate, io l’avevo presa per…

Alex Basta con le chiacchiere, mi dia la chiave.

Antonio (va a prendere la chiave e dal banco la porge ad Alex)

Alex (la sta per prendere, ma Antonio se la trae) Mo’ ve mettite a fa pure ‘e giochetti?

Antonio Nessun giochetto. Io, per darvi la camera, avrei bisogno di un documento di riconoscimento della signorina.

Gaia (c.s. spaventata) No! Il riconoscimento no!

Alex Santo Iddio! Si ‘o ssapevo me ne ievo dint’’a machina! (a Gaia) Gaia, dammi la carta d’identità.

Gaia No, la carta, no!

Alex La carta, si!

Gaia La carta, no

Antonio (sottovoce ad Alex) Scusate, ma se la signorina fa tutte queste difficoltà per darvi, solo una semplice carta d’identità, ma con quali speranze voi ve la portate in camera? Sparagnat’’e soldi, sentite a me!

Alex Vuie faciteve nu poco ‘e fatti vostri! (a Gaia) E tu, fa ampresse, dammi sta carta d’identità!

Gaia (intimorita, gli dà il documento) Tieni.

Alex (la prende e la passa ad Antonio) Ecco qui! Mi date la chiave, adesso?

Antonio Un momento! (legge) Gaia Bonavita, nata…(si fa il conto) 21 anni! (dà la chiave ad Alex) La chiave è vostra.

Alex Gaia, non ti sembra che adesso sia inutile nascondersi? 

Gaia (scoprendosi) Si, hai ragione, adesso, sono diventata una donna pubblica! 

Alex Non esagerare, andiamo. (si avviano per la “101”)

Maria (esce dalla “101” e col carrello urta le parti basse di Alex)

Alex (stringendo le gambe e massaggiandosi la parte dolorante) Dio mio!

Maria (soccorrendolo, mortificata) Gesù, vi ho fatto male? Dove vi ho colpito, fatemi vedere. Vi faccio un massaggio?

Gaia Signorina, ma che volete vedere, che massaggio volete fare!? Lasciate stare, vedo io e massaggio io.

Maria (vergognosa) Uh scusate! Io non avevo capito…la parte che…

Gaia Alex, andiamo dentro, adesso ci penso io.

Alex (c.s. a Gaia) Nasconditi, c’è la cameriera.

Gaia E non fa niente, tanto qui abbiamo fatto: “zitte zitte mmiez’’o marcato!” (lo sorregge ed insieme entrano)
Antonio Marì, chillo è ‘o commercialista che m’ha pigliato ‘a capa… che m’ha lasciato ‘a carta e che è sparito… poi è turnato c’’o cane, ma po’, ‘o cano è addeventata na guagliona… Hè visto? Io non ti direbbe mai una bugia!

Maria (mortificata per l’accaduto) Guarda nu poco ch’aggia cumbinato!? Chillo è venuto ccà pe’ sta cu ‘a guagliona e io l’aggia date na botta proprio llà!

Antonio Tu piense ‘a botta che ce date llà e nun pienze ‘a botta che m’he date ccà!?

Maria (comprensiva) Pecchè te fa male ancora?

Antonio (speranzoso, facendo il bambino) Si, me fa male assai, assai! Marì, m’hè fatt’’a bua, sto’ suffrenno, maronna, comme sto’ suffrenno! 

Maria Antò e comme suoffre brutto!

Antonio Marì, nun tiene nisciuno rimedio, pe’ stu mmale mio?

Maria Pe stu mmale tuoio ce sta solo un rimedio: tagliare!

Antonio (sussulta) Guè! Ma che dice?

Maria ‘O ssaccio io chello che dico! Mo, famme mettere a posto chell’ati cammere. Pigliami ‘e lenzole pulite.

Antonio (indispettito) ‘E lenzole stanne dint’’all’armadietto sott’’o bancone, pigliatelle tu.

Maria È certo, che m’’e vaco a piglià io. Da te non voglio niente. (va dietro il banco e si accovaccia)

Beatrice (esce, intontita e barcollante) Antonio…acqua!

Antonio Guè, signò, ch’è succieso!

Beatrice (non riesce a parlare) la gola…acqua!

Maria (si alza e con meraviglia) E bravo! ‘A tenive chiusa dint’’a cammera, ‘a tenive chiusa! Porco!

Antonio Ma qua’ porco! Piglia ‘nu bicchiere d’acqua!

Beatrice (c.s. indica la porta della “101”) …nipote!
Antonio (Maria dà l’acqua a Beatrice) Ho capito! La ragazza è la nipote della preda!

Beatrice (dopo aver bevuto) Bravo, voi capite sempre tutto e subito!

Maria Ma che è sta “preta”?

Antonio Ma che “preta”!? La preda, non quella ca tu pigli ‘a vutte ‘e scass’’e lastre. La preda, chella che va dint’’a trappola e tu ‘a pigli!

Maria Antò, ma che stai dicenno!?

Antonio Tu nun capisci mai niente!

Beatrice Madonna, che colpo! Gaia qui! E chi se lo sarebbe mai aspettato!? L’amore, il bacio, la famiglia e poi un albergo ad ore. 

Antonio Signò, non è per contraddirla, ma che c’è di male? La signorina è giovane, ‘o guaglione suoio…(pensa) ma chillo è ‘o guaglione suoio?

Beatrice Si, questo si! Sono fidanzati da quattro anni.

Antonio Allora che vulite truvanne? Lascit’’e campà!

Beatrice Non è questo. È che, se ho sentito bene, adesso, qui, verrà anche la madre.

Antonio (confuso) La madre della ragazza, che è la nipote della preda. Chesta è ‘na famiglia che a posto do’ sango tene ‘a lava do’ Vesuvio.

Beatrice (scorge delle persone all’ingresso) Sta venendo qualcuno. Io vado, mi raccomando, non ci sono, non ci sono! (entra)

Maria Io nun sto capenne niente! Famme piglià ‘e lenzole pulite, fa’! (si accovaccia dietro il bancone)

Mario (entra tenendo per mano Giulia) Buonasera!

Antonio (saluta e corre dietro il banco) Buonasera, signori, in che posso servirvi?

Mario (ironico e risentito) Duie cappuccini e duie cornetti!

Antonio (non capisce) E avete sbagliato, il bar sta affianco.

Mario (con autorità) Giovanotto, non faccia lo spiritoso! Secondo voi, io vengo in un albergo e voglio i cappuccini e i cornetti?

Antonio E io che ne saccio? Vuie accussì avite ditto!

Mario Io ci vedo benissimo e non mi sbaglio mai! Ho visto che sono entrato in un albergo e non voglio altro che una camera.

Antonio Ed io nemmeno mi sbaglio e se volete una camera, non vi do certo due cappuccini e due cornetti, io vi do la camera.

Mario E allora, me la dia.

Antonio Documenti. I suoi e quelli della signora.

Mario (estrae dalla tasca due carte d’identità) Eccoli, i miei e quelli della signora. (li dà ad Antonio)

Antonio Un attimo che registro e vi do la chiave. (registra)

Giulia (tirando Mario per un braccio, si allontanano dal banco) Mario, io ho paura! Mi stanno venendo gli scrupoli.

Mario Giulia, bella mia, ormai è troppo tardi per gli scrupoli. Il dado è tratto!

Giulia Ma ti rendi conto? Hai capito chi sono io? Io sono la moglie del tuo più caro amico e sei anche il suocero di mio figlio.

Mario Se è per questo, allora, non dimenticarti che sono anche il marito della tua più cara amica. E allora? Ascolta me, non preoccuparti. Tu hai bisogno di un uomo come me, tutto di un pezzo! Altro che Sergio! Sergio, è muscio! È come mia moglie, tene sempe ‘o mal’’e capa! È adatto per essere un buon amico, non certo un grande amante. E tu, bella mia, hai bisogno di un maschio, un maschio sicuro di sé, virile, come me. Stai sacrificando tutta la vita con un uomo che ti sa far sentire solo donna e madre, ma tu hai bisogno di sentirti femmina, il tuo sangue bolle, lo so, sento il gorgoglìo del bollore. 

Giulia (eccitata) No, Mario non fare così!… Non dire queste cose lo sai che mi fanno effetto e poi… Hai ragione, fa presto, prendi la chiave. 

Maria (mentre i due parlavano, Maria, che, nascosta, stava tentando di aprire il mobiletto delle lenzuola, non ci riesce, e non vista dai clienti, a gesti, dà la chiave ad Antonio per farsi aiutare. Antonio, sparisce dietro il banco e Maria prende il posto di Antonio)

Mario La chiave! Si, io sarò il tuo Tinto Bras! (si gira per parlare con Antonio, ma vede Maria. Si blocca, confuso. Maria gli fa un sorriso di cortesia e saluta con la mano; lui, confuso, fa lo stesso, poi a Giulia) Giulia, scusa, lo hai visto anche tu, prima, il portiere?

Giulia Si.

Mario Era maschio?

Giulia Dall’aspetto, sembrava maschio, ma poi, chissà! Ma perché mi fai queste domande?

Mario Perché, adesso, il portiere e fe…(vorrebbe indicare Maria, ma, nel frattempo, Antonio è riuscito ad aprire il mobiletto, Maria e tornata a prendere le lenzuola e Antonio a registrare i clienti. Mario resta impalato, si stropiccia gli occhi, poi ad Antonio) Lei è maschio? 

Antonio (sospettoso) Perché, non si vede?

Mario Si, adesso si vede, ma prima…io avrei bisogno…lei è stato sempre maschio?

Antonio Ma lo sapete come mi chiamano? “Antonio ‘a trivella!…(crede di capire e sospettoso) No! Scusate, io ho capito dove volete arrivare, ho capito, pure, di cosa avete bisogno, ma non è cosa.

Mario Non è cosa, cosa?

Antonio Non è cosa, la cosa, che avete pensato di fare. A me, le cose a tre, non piacciono.

Mario Ma che avete capito?

Antonio Ho capito quello che dovevo capire. Signor…come vi chiamate?…(legge dalla tessera) Mario Bonavita, prendetevi la signora…(legge la tessera) Giulia Forte e andate nella camera (gli dà la chiave) 103! E sentite a me: in due già siete una folla!

Mario Lei è uno scostumato e uno screanzato! La sua fortuna è che, qui, io ci sono venuto per fare ben altre cose e non posso perdere tempo a litigare con un portiere che non si sa se è maschio o e fem…

Maria (si alza, appoggiando le lenzuola sul banco) Ecco qua! (poi dà la chiave dell’armadietto ad Antonio) Tieni, mettila al posto suo.

Mario (man mano si spiega l’accaduto e ride; a Maria) Lei stava…(ad Antonio) e poi lei…ed io…scusate…adesso ho capito…scusate (ridendo, insieme a Giulia entrano nella “103”) 

Giulia Ma ti senti bene?…Perché fai così?…Mario, accussì me fai mettere paura.(esce)

Maria Meno male che ha capito isso! Antò, ma chisto sta bbuono?

Antonio Nun tanto! Ma tu hè sentute che vuleve a me?

Maria Comme, aggia sentute! Embè, pecchè non hai accettato? 

Antonio Marì, io sti’ schifezze nun ‘e faccio!

Maria Chi, tu? Tu, ‘ncapo, tiene sempe e sulo na cosa e cirche sempe e sulo na cosa! Pecchè hè ditto no, pecchè steve io presente? Nun te preoccupà, io faccio finta ‘e nun sapè niente, va, va…va a fa ‘o puorco!

Antonio Puorco, a me! Tu, ‘e me, nun hè capito niente! ‘Ncapo a me ce sta una cosa: ‘a toia!

Maria (ha un sussulto di disappunto ma anche di eccitazione) Antò, ferniscela!

Beatrice (non vista dai due, esce, si appoggia alle pareti, cerca di chiamare ma non ha voce)

Antonio Ma ‘o vuò capì o no? Pe’ mme tutte le altre donne sono come fantasmi, sono ombre camminanti. Invece tu sì ‘e carne, e che carne! Tu sei profumo che mi trase dint’’o naso e me saglie dint’’a cervelle e nun me fa capì cchiù niente. Tu sì, stì capill’’e seta lucente, sì uocchie che arraggionano, sì vocca ca me cerca… 

Maria (c.s. prende le lenzuola e il carrello, e scappa nella per il disimpegno) Tu sì pazzo e nun saie chello che stai dicendo.

Antonio (canta) Io lavoro e penso a te… torno a casa e penso a te… po’ m’addormo e dint’’o suonno, sonno a te… ma che te costa, ammore mio, pe’ nun me fa suffrì… me basta sulo ca me dici si…
Beatrice (riesce ad emettere un alito di voce) Antò!

Antonio (si accorge di lei) Signò, ch’è succieso? (la fa sedere sul divanetto)

Beatrice (c.s.) Acqua!

Antonio (corre a prenderla) Subito…aspettate (gliela dà) Signò, sentite ‘o cunsiglio mio, dopo questa missione, iateve a fa ‘na bella visita ‘e cuntrollo.

Beatrice (dopo aver bevuto, indicando la “103”) ‘O suocero ‘e isso…’o pato ‘e essa… ‘a mamma ‘e isso… ‘a suocera ‘e essa!

Antonio Nun avite viste bbuono. Chill’erano solo due!

Beatrice Madonna mia, che sta succedendo, stasera!? Io pensavo di aver fatto tutto come si deve…e invece!

Antonio Signò, scusate, ma in tutto questo, la preda è venuta o no?

Betarice (spazientita) Ma qua’ preda vaie truvanne tu!? Io stasera, sto assistendo alla distruzione del lavoro di tutta una vita e tu vaie cercanno ‘a preda!? ‘A preda songo io!

Antonio (intontito) Io nun ce sto capenno cchiù niente.

Beatrice Non ti preoccupare, tra poco capirai tutto. Te faccio vedè io, te faccio vedè! Mo ‘e sistemo io! (fa per muoversi)

Antonio (preoccupato, le si para davanti) Signora mia, nun facite accussì! Faciteme sta tranquillo, nun facite nisciuna fesseria! Ccà vene ‘a polizia chiude tutte cose!

Beatrice Levete ‘a miezo!

Antonio Signò calmatevi, vi prego, calmatevi!

Beatrice Mo devono fare i conti con me!

Antonio (vede delle persone sulla porta) Signò nascondetevi! C’è altra gente!

Beatrice (si nasconde dietro il banco)

Carmela (tiene per mano Sergio, nell’altra mano ha una grossa borsa; trascina, letteralmente, il povero Sergio) Vieni…me stai facenno surà sana sana!

Sergio (cercando di liberarsi) No, Carmela, fallo per carità, non stiamo facendo una cosa bella. Non lo dobbiamo fare.

Carmela Non lo dobbiamo fare!? Io non lo devo fare e isso si!? “Cara, stasera devo uscire con Sergio, torno tardi!” Non lo avevo mai visto così e allora mi sono insospettita e ti ho telefonato e tu stavi a casa, non sapevi niente. Sicuramente, a quest’ora starà in qualche infimo alberghetto in compagnia di una squallida puttanella! Si, squallida puttanella! Perché solo una puttana può uscire con un uomo sposato e con una figlia di ventun’anni!

Sergio (c.s.) Carmela, non è per offenderti, ma, ti voglio far notare che, noi adesso, siamo in un alberghetto e che io sono sposato e ho un figlio di ventun’anni.

Carmela (colpita, si riprende) E che significa!? Io lo faccio per ripicca, devo ripagarlo con la stessa moneta!

Sergio (c.s.) Carmela, sii ragionevole! Mario, tuo marito, è il mio migliore amico! E Giulia, mia moglie è la tua migliore amica! È vero, tu mi sei sempre piaciuta, sei energica, piena di iniziative, ma sei anche la moglie del mio migliore amico è per questo che non ho mai preso iniziative. Carmè, tu stai per cornificare la tua migliore amica e mi stai costringendo a cornificare il mio migliore amico.

Carmela Ma a te non ti rode che, il tuo migliore amico, in questo momento, sta cornificando me?

Sergio Mi dispiace per te, ma, io sono solo l’amico, non la moglie.

Carmela Già, a te che importa se Mario mi sta mettendo le corna!

Sergio Mi dispiace, quando lo vedrò, gli farò sapere il mio disappunto, ma non posso andare a letto con la moglie perché lui va a letto con un’altra!

Carmela E invece si! (ad Antonio) Buonasera, ci dovrebbe essere una camera prenotata dal signor Sergio Ruini.

Antonio (nel frattempo si è messo al banco e divertito seguiva l’azione) Si, certo, il signore ha telefonato poco fa. Vogliono, per favore, favorire un documento?

Carmela (fruga nella borsa e ne estrae una carta d’identità) Prendete! (a Sergio) Dammi la tua carta d’identità.

Sergio No!

Carmela (lo fruga e prende lei la carta d’identità) Ah no!?…dammi qua!…(ad Antonio) Prendete.

Antonio (trascrivendo i dati, incuriosito a Sergio) Lei ha un figlio di ventun anni? 

Sergio (sorpreso) Si, lei che ne sa?

Antonio Involontariamente, prima, mentre parlavate, ho sentito.

Sergio Ah, quindi conoscete tutta la situazione?

Antonio Involontariamente, si.

Sergio Mi ha costretto lei a telefonare, io non volevo.

Antonio Involontariamente, ho capito anche questo.

Carmela Senta, ma lei, volontariamente, perché non si fa un po’ i fatti suoi?

Antonio Certamente! Signora non si preoccupi. Faccio questo mestiere da diversi anni e so essere discreto. Io sono una tomba! (le porge la chiave) La “104” è tutta vostra.

Carmela (prendendo la chiave) Grazie. (a Sergio) Andiamo?

Sergio Carmela, prima di varcare quella porta, sento il dovere di dirti che io non ti amo! Tu avrai il mio corpo, ma il mio cuore è di Giulia!

Carmela Sergio, prima di varcare quella porta, sento il dovere di dirti che del tuo cuore non me ne frega proprio niente! (trascinandolo entrano nella “104”)

Antonio (porge una mano a Beatrice e con l’altra le dà la bottiglia d’acqua) L’acqua sta ccà! 

Beatrice (questa volta non barcolla) Non ne ho bisogno! Hai capito, la situazione com’è?

Antonio (prende tutte le carte d’identità e le mette in fila sul banco) Gesù…si è comme aggia pensato, ccà, stasera, succede ‘o 48! (leggendo) Mario Bonavita…Gaia Bonavita…Sergio Ruini…Alex Ruini. Maronna! Chiste so’ pate e figli! (riflettendo e prendendo le relative carte d’identità) Ma allora…Carmela Pezzella è ‘a mugliera ‘e Mario Bonavita, nonché, ‘a mamma ‘e Gaia Bonavita!?…E Giulia Forte e ‘a mugliera ‘e Sergio Ruini e quindi ‘a mamma ‘e Alex Ruini!? Questo albergo è diventato ‘na sporta ‘e maruzze! 

Beatrice E in tutto questo, ancora devi capire io chi sono?

Antonio Vuie site un’investigatrice che deve intrappolare la preda.

Beatrice Ma ‘a vuò fernì cu sta preda, o no!? Io sono la signora Beatrice, vedova Bonavita. Hai capito!?

Antonio (sorpreso) ‘A mamma…cioè…’a suocera…Gesù!

Maria (senza più grambiule, pronta per andarsene) Vi saluto, io me ne vado.

Antonio Addò vai? Marì, rieste n’ato ppoco, nun me può lassa proprio mò! Questo non è un albergo, questo è un campo di battaglia. I Monteti e Capulecchi…cioè, i Capulenti e i Montolecchi..insomma, Giulietta e Romeo e le loro famiglie stanno qua!

Maria E io ch’aggia fa!?

Antonio Marì, tu nun hè capito niente!

Maria No, si tu ca te sì spiegato ‘na meza zoza!

Antonio (portandola al banco) Mo’ t’’o spiego meglio, viene ccà! (mostrandole le carte d’identità) ‘O vire a chisto? È ‘o pate ‘e chisto. Chist’ato, invece, è ‘o pato ‘e chesta. Chesta è ‘a mugliera ‘e chisto e chest’ata è ‘a mugliera ‘e chist’ato! Hè capito?

Maria Aggia capito! Embè!? So’ ddoje famiglie ca se so’ scucciate ‘e sta a casa e hanno voluto provare l’emozione dell’albergo.

Antonio Marì, mo’ me so’ spiegato bbuono, si tu ca hè capito ‘na meza zoza! (indicando le camere) Llà dinto ce sta (indicando le carte d’identità)‘o marito ‘e chesta cu ‘a mugliera ‘e chisto. Lla invece ce sta ‘a mugliera ‘e chisto cu ‘o marito ‘e chesta e llà ce stanno i loro rispettivi figlio e figlia. He capito, mo’? Aspetta ‘nu poco, famme ‘o piacere.

Maria Cchiù tarde scura! Antò, io me metto paura ‘e cammenà dint’’o scuro!
Antonio T’accumpagn’io, nun te preoccupà.

Maria M’accumpagni tu!? E io, ‘e chesto, me metto paura!

Beatrice (imbambolata) E io che devo fare? Che deve fare una mamma illusa, tradita, presa in giro? Addò aggia sbagliato? Cu’ ‘e mullechelle me l’aggia criscuto, levanneme ‘o pane ‘a vocca, “fatti prima i compiti e po’ vai a pazzià”… “studia, oggi, chi studia nun fatica, figurati chi nun studia”… “nun t’’a fa cchiù cu’ chillo, nun fa pè te”… Sempre vigile, cull’uocchie tant’apierte, per farlo andare dritto per la sua strada. Io e ‘o pate, appriesso, appriesso! Ed eccomi qua! (ad Antonio e Maria) Ho sentito mia nuora che parlava al telefono con qualcuno. Ho sentito: “chist’è ‘o mumento…pensione “Ore Liete”…” M’è sagliute ‘o sango ‘ncapa! “l’aggia ‘ncuccià ‘ncopp’’o fatto, a sta schifosa!” Leggo l’indirizzo sull’elenco telefonico e vengo ccà…e schifosa essa e schifoso pure isso! Io pensavo che, a noi, certe cose, non potevano mai capitarci. Io e mio marito parlavamo ore ed ore su come era meglio educare nostro figlio, per farlo crescere bene, uomo, giusto! Ma che po’ fa ‘nu pato e ‘na mamma dint’’a stu munno spuorco!? Che aggia fa?

Maria Signò, iamme, ve ‘a state piglianno troppo a male, io vi capisco, ma quando una ha fatto tutt’’o possibile, che adda fa cchiù?

Antonio Sentite a me, turnatevenne a casa e facite finta ‘e nun sapè niente. Poi vedrete che ‘o purpo se coce stesse cu’ ll’acqua soia!

Beatrice No, aggia restà! Li voglio vedere uscire, l’aggia guardà dint’all’uochie a uno a uno! L’aggia fa sentì spuorche, spuorche comme so’! Fatemi il piacere, io me ne vado in camera, voi cercate di non farli incontrare e come qualcuno sta per andarsene venitemi a chiamare.

Antonio Signò, voi pensate che sia una cosa buona, questa?

Beatrice Si! Questi hanno perso la coscienza ed io ce l’aggia fa truvà! (si avvia) V’arraccumanne, chiamatemi. (entra)

Mario (in pigiama, esce dalla “103”; ad Antonio) Scusate ma gli asciugamani, in quest’albergo, non ci sono? 

Antonio (correndogli incontro, impaurito, lo spinge nella camera) E vuie che facite ccà fora? Andate dentro! 

Mario (sorpreso) Gli asciugamani!?

Antonio Adesso ve li diamo. Vuie trasite dinto e chiurite ‘a porta.

Mario (c.s.) Ma perché, che è successo?

Antonio Ccà ffora fa fridde! Vuie v’ate mise cu stu’ piggiamiello fino fino ncuollo, ve vulite fa venì ‘na cosa? Chiudetevi dentro, mo piglio gli asciugamani e ve li porto…io busso, voi aprite, v’’e pigliate e richiudete subito. Sta ‘nu viento ccà ffora, me pare Trieste! 

Mario (c.s.) Va bene, allora aspetto dentro.

Antonio Bravo, aspettate dentro. (chiude la porta) Sta nu friddo ccà ffora ca…sto suranno sano sano!

Maria (correndo al banco per prendere gli asciugamani) Io m’arricordo che l’aggia mise! E’ possibile che me so’ scurdate gli asciugamani!? Per colpa tua. Mi distrai, me vutte ncopp’’o lietto, puose l’uocchie ncopp’’o ddoce mio e io nun saccio si l’aggia mise o no. ( prende gli asciugamani da sotto il banco; sta per porgerli ad Antonio…)

Alex (in boxer e canottiera, esce dalla “101”) Scusate… 

Antonio (correndogli incontro, impaurito, lo spinge nella camera) Entrate dentro! Che ce facite vuie ccà ffora? Non avete visto che c’è una signora? Uscire in mutande, mezzo nudo, senza vergogna!

Alex (mortificato) E’ vero, scusate, non sapevo che c’èra una signora.

Antonio E che significa? Pure si nun ‘o ssapiveno, ve pare normale uscire in queste condizioni in una hall di un albergo? 

Alex (c.s.) Avete ragione, scusate. Volevo solo chiedervi…

Antonio Gli asciugamani! ‘O ssaccio, la cameriera ha dimenticato di metterli, mo ve li diamo. 

Alex No, gli asciugamani ci sono, anzi, ce ne sono due paia.

Maria (ad Antonio) Hè visto che l’aggia miso. Io nun me scordo niente!

Antonio Diciamo che li hai presi, ma li hai distribuiti na meza zoza!

Alex (sottovoce ad Antonio) Volevo chiedervi se…per caso…io me lo sono scordato…avreste un…(parla all’orecchio di Antonio)
Antonio (sente, poi ad alta voce) Un preservativo?

Alex (contrariato) Nun alluccate!

Antonio Comme, ‘o tengo, io, almeno uno, me lo porto sempre appresso. Non si sa mai! (lo estrae dalla tasca dei pantaloni e lo porge ad Alex)

Alex (prendendolo) Ne avete solo uno?

Antonio Non vi preoccupate, tanto, per stasera, (guarda Maria) penso proprio che non mi serve.

Alex No, dicevo, se può darmene qualcun altro…uno…è poco.

Antonio All’anima! (a Maria, con intenzione) Marì, vire ‘a giuventù quant’è bella? Uno è poco, non gli basta. (ad Alex) Mi dispiace, ne ho solo uno. A me uno me dura pe’ duie, tre mmise!

Alex Va bè, non fa niente, grazie lo stesso. (rientra)

Carmela (vestaglietta di raso e pantofole da notte. Esce dalla “104”) Portiere!

Antonio (correndole incontro, impaurito, la invita ad entrare nella camera) Signora mia, ma che fa? Vada dentro, non si faccia vedere così! Non sta, questo non sta!

Carmela Perché, ho qualcosa fuori posto?

Antonio No, signora mia, voi avete tutto al posto giusto ed è proprio per questo che vi invito ad entrare. (malizioso) Io putesse fa, pure, na fesseria!

Carmela (civetta) Come siete galante. E chi vi dice che non sia contenta della vostra fesseria?

Maria (gelosa) Signò, ma che vi manca? (con sguardo minaccioso ad Antonio) Stammece accorte, stasera, a nun fa troppe fesserie!

Carmela A me, non manca niente. La lampadina sul comodino di destra è fulminata. Ne avete di ricambio? (civetta ad Antonio) In certi momenti, mi piace la penombra, non il buio, perché bisogna vedere e non vedere, non so se mi spiego.

Antonio (un po’ ammaliato) Avete ragione: vedere e non vedere, toccare, sfiorare…
Maria (con lo stesso tono) Prendere le lampadine.

Antonio (ripete automaticamente) Prendere le lampadi…(a Maria) Quali lampadine?

Maria Guarda llà, gua’! Comme vede a na femmena nun ce vede cchiù. ‘A signora vo’ ddoie lampadine, vall’ a piglià!

Antonio Certo, signò aspettatemi (va a prendere le lampadine; vede la porta della “103” aprirsi, emette un grido) Marì!

Maria (allarmata, butta dentro la camera Carmela e tiene chiusa la porta per la maniglia) Signò trasite, mo v’hè porto io ‘e lampadine.

Mario (uscendo) Ma quanto tempo bisogna aspettare per questi asciugamani?

Antonio (con le lampadine) Sono pronte, eccole qua! (gli porge le lampadine)

Mario E ch’aggia fa cu cheste?

Antonio (accorgendosi dell’errore) Scusate! Marì, dà gli asciugamani al signore.

Maria (non vuole lasciare la maniglia della porta per paura che Carmela possa uscire;) E comme faccio!? Io, ‘a ccà, nun me pozze movere.

Antonio (va a prendere gli asciugamani da sotto il braccio di Maria e li porge a Mario) Tenga, ecco fatto. Vada dentro, vada! Buon proseguimento di serata. (lo spinge dentro e chiude la porta)

Carmela (riesce ad aprire ed esce, alterata) Ma che modi sono questi?

Antonio (brillante, le salta di fronte, mostrando le lampadine) Et voilà! La signora ha chiesto le lampadine ed ecco le lampadine per la signora. Ve ‘a facite mettere dal vostro amico o ve ‘a vengo a mettere io?

Maria (si frappone tra i due ) ‘A signora se ‘a sape mettere sul’essa! Svit’’a fulminata e mette ‘a bbona. E’ vero, signò!?

Carmela Si, adesso la cambio io.Grazie (entra)

Maria Farenalla! Tu si nu farenella! Comme vire a na gunnella nun capisci niente cchiù. E po’ vò truvanne a mme!? 

Antonio Gelosona, tu si gelosa e me! Te saglia ‘o sango ncapa quanno guardo a n’ata femmena, è ovè!

Maria Nun me passa manco pe’ ‘a capa! 

Antonio Tu ce tieni pe’ mme, io ‘o saccio! E fai ‘a sustenuta pecchè me vuò purtà all’altare.

Maria Io, all’altare cu te? Manco morta! Accussì faccio ‘a fine ‘e chesti ccà. Che bella cosa? ‘O marito ‘e una cu ‘a mugliera ‘e n’ata…che schifo! Ma che simme addeventate? Comm’a pupazzi, comm’a pazzielle? Tu me fai pazzià cu ‘a pazziella toia e io te faccio pazzià cu ‘a pazziella mia! Chillo tene ‘a pazziella cchiù bella da’ mia, ‘a voglio, ce voglio pazzià pur’io. Se fanno sulo schifezze e si ‘e schifezze addeventeno normalità, se corre subito a cercà ll’ati schifezze cchiù schifose ancora. E ‘a cosa cchiù brutta è quanno tutto chesto ‘o chiammano “ammore”. Antò, si ‘e fatte stanno accussì, io sull’altare nun ce voglio mai saglì! 

Antonio (incantato dalla reazione di Maria) Marì, tu accussì ‘a pienze? Io me penzavo ca…ma si è accussi, io te voglio dà…

Mario (con un asciugamani, ad Antonio) L’asciugamano!? Chisto m’’o chiammate asciugamano? È tutto sporco! Ma dico io…

Carmela (esce) Si è fulminata pure que…

Mario (allibito) Carmela!

Maria Un corno al giorno toglie il medico di torno!

Antonio Mo succede ‘o finimondo!

Mario E tu che ce fai ccà!?

Carmela (dapprima sorpresa, poi sfrontata) Chello che ce fai tu! Sergio dove sta? (ad alta voce) Non hai detto che uscivi con Sergio?

Sergio (in pigiama, esce) Carmela, mi hai chiamato? 

Mario Sergio!

Sergio Mario!

Mario Tu, il mio migliore amico!?…Con mia moglie?

Sergio (piagnucolante) Io non volevo, te lo giuro, è stata lei che mi ha costretto. Io volevo stare a casa con Giulia…poi Giulia è voluta uscire per forza, “io non ce la faccio più, devo uscire” …sono rimasto solo…mi ha telefonato Carmela e mi ha chiesto di te. Quando ha appurato che lle ditte ‘na buscia è corsa da me e mi ha costretto a prenotare e a venire qui! 

Alex (uscendo di spalle e parlando a Gaia) Aspetta, la farmacia è qui vicino, ne compro altri e torno! (si gira, ha il padre di faccia, distratto e normalmente) Ciao pà, vado un attimo in farmacia e torno. (si avvia, si blocca e si gira lentamente, guarda uno per uno) Buonasera a tutti. 

Sergio Che ci fai, tu, qui?

Mario Chi c’è lì dentro?

Carmela Non dirmi che c’è Gaia?

Alex E chi volete che ci sia?

Carmela Gaia!? Svergognata!

Alex No, non dite questo. Siamo giovani, volevamo un po’ di tranquillità.

Giulia (mentre gli altri parlano cerca di sgattaiolare non vista)

Alex (la scorge) Mamma!

Giulia (si blocca, si gira, cretinamente) Ciao, buonasera a tutti!

Sergio Giulia! Anche tu qui? 

Giulia Bè…stavo passando di qui, ho sentito le voci e …

Sergio Smettila, ti prego! (a Mario) Tu, il mio migliore amico!?…Con mia moglie?

Mario Sergio…io…cioè…ma anche tu però! E’ vero che io sono con tua moglie, ma tu sei con la mia!

Carmela L’amica mia d’infanzia, l’amica del cuore, quella a cui dicevo tutti i miei segreti…

Giulia A quanto pare, non tutti!

Alex Madonna mia! (ad alta voce) Gaia, vieni. 

Gaia (avvolta da un grande asciugamano) Mamma…papà! E dire che io non lo volevo far sapere a nessuno!

Antonio Scusate se mi intrometto. Ma adesso, penso che sia inutile fare tragedie. Non pensate che sia meglio, ragionevolmente e da signori, cercare, pacificamente, una soluzione? 

Mario Quale soluzione!? Dopo che mia moglie mi ha tradito col mio migliore amico, che mi resta da fare?

Carmela Io non ho tradito nessuno!

Sergio E’ vero! 

Carmela Il tuo migliore amico, preso dagli scrupoli, non è riuscito a…capisci?

Mario Davvero? Allora, neanche io ti ho tradita, Giulia, per perdere tempo, si è fatta cinque docce. E’ stata tutto il tempo, chiusa, nel bagno!

Beatrice (sbuca alle loro spalle e fa sobbalzare tutti) Bravi! (si sentono i presenti esclamare “mammà…nonna…donna Beatrice!) Che bella comitiva! A come vedo, ci siamo dati l’appuntamento. Che c’è, ve mettite scuorno? Aizate ‘e cape e guardateme dint’all’uocchie! Tu, Mario, guardeme dint’’all’uocchie! Chesto t’ha insegnato mammà? (lo prende per il mento) guardeme dint’’all’uocchie! Ma che ti credi che tra me e tuo padre è andato sempre tutto liscio? E secondo te, nel mondo, ce sta qualche coppia che sia contenta al cento percento l’uno dell’altra? L’amore, figlio mio, fa chiudere l’uocchie annanze a qualsiasi difetto. ‘A cuscienza frena l’animale ca tenimme, ognuno ‘e nuie, annascuso dinto! Ma io, stasera, guardanneve, nun veco né ammore e né cuscienza. Ma che vulimme fa, mo? ‘Na traggedia? E che ‘a facimme a fa!?A quanto pare, da come sono andati i fatti, stasera, non è successo proprio niente. Non siete riusciti a quachiare! Qualcuno, ‘nu straccio ‘e cuscienza ‘o tene ancora. Allora, se permettete, voglio darvi un consiglio: mo state tutti qui, ricomponete le coppie, ma quelle lecite, chiuriteve dinto e fate all’amore. ‘O marito con sua moglie, ‘o fidanzato con la fidanzata. Accussì se fa! (compone le coppie e li accompagna in camera) Andate, quanno ce sta ‘o bbene, ce sta sempe nuvità. (accompagna Mario e Carmela nella “103”) Quanno duie se vonno bene, ogni vvota è comm’a primma vota. (accompagna Sergio e Giulia nella “104”;ad Alex) Tu va in farnmacia, fa ampresse. (accompagnando Gaia alla sua camera) E nun facite comm’’a loro. Si uno se vo’ bbene se cerca e si vuole. Se no, se alluntanano e se prestano e chiù se prestano cchù s’alluntanano. 

Alex (felice) Gaia, subito torno, aspettami, vado e torno! (esce)

Maria (a gaia) Va, aspettalo. E’ ‘nu bravo guaglione, auguri. T’’o può spusà. 

Gaia Grazie.(entra)

Beatrice (emette un sospiro) Ah! Finalmente tutto si è aggiustato.

Antonio Si è aggiustato? L’avete aggiustato voi.

Beatrice No, non io, l’ammore. Tutt’è ccose che ce stanne oggi, portano a scordarsi di avere una coscienza e si se perde ‘a cuscienza, uno si scorda pure chi è, che vuole e che deve fare, allora fa chello che vola pè ll’aria. Ma l’ammore, nun se fa fa faesso! E si ce sta, acconce tutte cose! 

Antonio Marì, che dice, l’ammore acconce pure a nuie?

Maria L’ammore acconce tutte cose. Viene ccà. (Antonio la raggiunge e si abbracciano e si baciano.)

Beatrice Guè, e che ‘o vulite fa ccà!? Sta a cammera libera, iate, iate!

Antonio E ccà?

Beatrice Ce stongo io. Io nun me ne vaco, li aspetto, poi ce ne andiamo a casa tutti quanti insieme! 

Antonio e Maria si chiudono nella “102” mentre Beatrice si siede sul divanetto sfogliando un giornale.

SIPARIO

FINE