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Personaggi

Vittorio Alfieri

Oreste

Personaggi

Egisto.

Clitennestra.

Elettra.

Oreste.

Pilade.

Soldati.

Seguagi d'Oreste e di Pilade.

Scena, la Reggia in Argo


ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Elettra.

Notte! funesta, atroce, orribil notte,

presente ognora al mio pensiero! ogni anno,

oggi ha due lustri, ritornar ti veggio

vestita d'atre tenebre di sangue;

eppur quel sangue, ch'espiar ti debbe,

finor non scorre. - Oh rimembranza! Oh vista!

Agamennón, misero padre! in queste

soglie svenato io ti vedea; svenato;

e per qual mano! - O notte, almen mi scorgi

non vista, al sacro avello. Ah! pur ch'Egisto,

pria che raggiorni, a disturbar non venga

il mio pianto, che al cenere paterno

misera reco in annual tributo!

Tributo, il sol ch'io dar per or ti possa,

di pianto, o padre, e di non morta speme

di possibil vendetta. Ah! sí: tel giuro:

se in Argo io vivo, entro tua reggia, al fianco

d'iniqua madre, e d'un Egisto io schiava,

null'altro fammi ancor soffrir tal vita,

che la speranza di vendetta. È lungi,

ma vivo, Oreste. Io ti salvai, fratello;

a te mi serbo; infin che sorga il giorno,

che tu, non pianto, ma sangue nemico

scorrer farai sulla paterna tomba.

SCENA SECONDA

Clitennestra, Elettra.

CLITENNESTRA

Figlia.

ELETTRA

Qual voce? Oh ciel! tu vieni?...

CLITENNESTRA

O figlia,

deh! non sfuggirmi; io la sant'opra teco

divider voglio; invan lo vieta Egisto:

ei nol saprá. Deh! vieni; andiam compagne

alla tomba.

ELETTRA

Di chi?

CLITENNESTRA

... Del... tuo... infelice...

padre.

ELETTRA

Perché non dir, del tuo consorte?

Non l'osi; e ben ti sta. Ma il piè ver esso

come ardirai tu volgere? tu lorda

ancor del sangue suo?

CLITENNESTRA

Scorsi due lustri

son da quel dí fatale; il mio delitto

due lustri interi or piango.

ELETTRA

E qual può tempo

bastare a ciò? fosse anco eterno il pianto,

nulla saria. Nol vedi? ancor rappreso

sta su queste pareti orride il sangue,

che tu spargesti: ah! fuggi: al tuo cospetto,

mira, ei rosseggia, e vivido diventa.

Fuggi, o tu, cui né posso omai, né debbo

madre nomar: vanne; dell'empio Egisto

riedi al talamo infame. Al fianco suo

tu sua consorte sta: né piú inoltrarti

a perturbar le quete ossa d'Atride.

Giá giá l'irata sua terribil ombra

sorge a noi contro, e te respinge addietro.

CLITENNESTRA

Fremer mi fai... Tu giá mi amasti,... o figlia...

Oh rimorsi!... oh dolore!... ahi lassa!... E pensi,

ch'io con Egisto sia felice forse?

ELETTRA

Felice? E il merti? Oh! ben provvide il cielo,

ch'uom per delitti mai lieto non sia.

Eternamente nell'eterno fato

sta tua sventura scritta. Ancor non provi,

che i primi tuoi martíri: il premio intero

ti si riserba di Cocíto all'onda.

Lá sostener del trucidato sposo

dovrai gl'irati minacciosi sguardi:

lá, al tuo giunger, vedrai fremer degli avi

l'ombre sdegnose: udrai de' morti regni

lo inesorabil giudice dolersi,

che niun tormento al tuo fallir si adegui.

CLITENNESTRA

Misera me! Che dir poss'io?... pietade...

ma, non la merto... Eppur, se in core, o figlia,

se tu in cor mi leggessi... Ah! chi lo sguardo

può rivolger senz'ira entro il mio core

contaminato d'infamia cotanta?

L'odio non posso in te dannar, né l'ira.

Giá in vita tutti i rei tormenti io provo

del tenebroso Averno. Il colpo appena

dalla man mi sfuggia, che il pentimento

tosto, ma tardo, mi assalia tremendo.

Dal punto in poi, quel sanguinoso spettro

e giorno e notte orribilmente sempre

sugli occhi stammi. Ov'io pur muova, il veggo

di sanguinosa striscia atro sentiero

precedendo segnarmi: a mensa, in trono,

mi siede a lato: infra le acerbe piume,

se pure avvien che gli occhi al sonno io chiuda,

tosto, ahi terribil vista! ecco mostrarsi

nel sogno l'ombra; e il giá squarciato petto

dilaniar con man rabida, e trarne

piene di negro sangue ambe le palme,

e gittarmelo in volto. - A orrende notti,

dí sottentran piú orrendi: in lunga morte

cosí men vivo. - O figlia, (qual ch'io sia,

mi sei pur tale) al pianger mio non piangi?

ELETTRA

Piango,... sí,... piango. - Ma tu, di'; non premi,

tuttor non premi l'usurpato trono?

teco tuttora Egisto vil non gode

comune il frutto del comun misfatto? –

Pianger di te, nol deggio; e meno io deggio

credere al pianger tuo. Vanne, rientra;

lascia ch'io sola a compier vada...

CLITENNESTRA

O figlia,

deh! m'odi;... aspetta... Io son misera assai.

Mi abborro piú, che tu non m'odj... Egisto,

tardi il conobbi... Oimè!... che dico? appena

estinto Atride, atroce appien quant'era

conobbi Egisto; eppure ancor lo amai.

Di rimorso e d'amor miste ad un tempo

provai le furie,... e provo. Oh degno stato

di me soltanto!... Qual mercé mi renda

del suo delitto Egisto, appien lo veggo:

veggo il disprezzo in falso amor ravvolto:

ma, a tal son io, che omai qual posso ammenda

far del misfatto, che non sia misfatto?

ELETTRA

Alto morire ogni misfatto ammenda.

Ma, poiché al petto tuo tu non torcesti

l'acciar del sangue marital fumante;

poiché in te stessa il braccio parricida

l'usato ardir perdea; perché il tuo ferro

non rivolgesti, o non rivolgi, al seno

di quell'empio, che a te l'onor, la pace,

la fama toglie, ed al tuo Oreste il regno?

CLITENNESTRA

Oreste?... oh nome! Entro mie vene il sangue

tutto in udirlo agghiacciasi.

ELETTRA

Ribolle,

d'Oreste al nome, entro ogni vena il mio.

Di madre amor, qual dee tal madre, or provi.

Ma, Oreste vive.

CLITENNESTRA

E lunga vita il cielo

gli dia: sol ch'ei mai non rivolga incauto

ad Argo il piè. Misera madre io sono;

tolto a me stessa anco per sempre ho il figlio;

e forza m'è, per quanto io l'ami, ai Numi

porger voti, affinché mai piú davanti

non mel traggano.

ELETTRA

Amor tutt'altro io provo.

Bramo, che in Argo ei torni, e il ciel ne ho stanco;

e di sí cara ardente brama io vivo.

Spero, che un giorno ei qui mostrarsi ardisca,

qual figlio il debbe del trafitto Atride.

SCENA TERZA

Egisto, Clitennestra, Elettra.

EGISTO

L'intero giorno al dolor tuo par dunque

breve, o regina? a lai novelli sorgi

giá dell'aurora pria? Dona una volta

il passato all'obblio; fa' che piú lieti

teco io viva i miei dí.

CLITENNESTRA

Regnar, non altro,

volevi, Egisto; e regni. Or, qual ti prende

di mie cure pensiero? Eterno è il duolo

entro il mio core; il sai.

EGISTO

Ben so qual fonte

dolor perenne a te ministra: in vita

costei volesti ad ogni costo; e viva

io la serbai, per tua sventura, e mia.

Ma questo aspetto d'insoffribil lutto

vo' torti omai dagli occhi: omai la reggia

vo' serenar; con lei sbandirne il pianto.

ELETTRA

Me caccia pur; fia reggia ognor di pianto

quella, ove stai. Qual risuonar può voce

altra che il pianto, ove un Egisto ha regno?

Ma, viva gioja di Tiéste al figlio

fia, il veder lagrimar figli d'Atréo.

CLITENNESTRA

O figlia,... ei m'è consorte. - Egisto, ah! pensa

ch'ella m'è figlia...

EGISTO

Ella? d'Atride è figlia.

ELETTRA

Costui? d'Atride è l'uccisore.

CLITENNESTRA

Elettra!...

Egisto, abbi pietá... La tomba... vedi,

la orribil tomba,... e non sei pago?

EGISTO

O donna,

men da te stessa omai discorda. Atride,

di', per qual mano in quella tomba giace?

CLITENNESTRA

Oh rampogna mortal! Ch'altro piú manca

alla infelice misera mia vita?

Chi mi vi ha spinto, or mi rimorde il fallo.

ELETTRA

Oh nuova gioja! oh sola gioja, ond'io

il cor beassi, or ben due lustri! Entrambi

vi veggio all'ira, ed ai rimorsi in preda.

Di sanguinoso amore al fin pur odo,

quali esser denno, le dolcezze: al fine

ogni prestigio è tolto; appien l'un l'altro

conosce omai. Possa lo sprezzo trarvi

all'odio; e l'odio a nuovo sangue.

CLITENNESTRA

Oh fero,

ma meritato augurio! oh ciel!... Deh,... figlia...

EGISTO

Sol da te nasce ogni discordia nostra.

Ben può una madre perder cotal figlia,

né dirsi orba per ciò. Potrei ritorti

quant'io mal diedi a' preghi suoi; ma i doni

io ripigliar non soglio: il non vederti,

basta alla pace nostra. Oggi n'andrai

del piú negletto de' miei servi sposa;

lungi con lui ne andrai: fra lo squallore

d'infame povertá, dote gli arreca

le tue lagrime eterne.

ELETTRA

Egisto, parli

tu d'altra infamia mai, che di te stesso?

Qual mai tuo servo fia di te piú vile?

Piú scellerato, quale?

EGISTO

Esci.

ELETTRA

Serbata

mi hai viva, il so, per maggior pena darmi:

ma, sia che vuol, questa mia man, che il cielo

forse destina ad alta impresa...

EGISTO

Or esci;

tel ridico.

CLITENNESTRA

Per or, deh!... taci,... o figlia:...

esci, ten prego:... io poscia...

ELETTRA

Da voi lungi,

pena non è, che il veder voi pareggi.

SCENA QUARTA

Egisto, Clitennestra.

CLITENNESTRA

Rampogne udir per ogni parte atroci,

e meritarle!... Oh vita! a te qual morte

fu pari mai?

EGISTO

Giá tel diss'io: di pace

aura spirar, finché costei dintorno

ci sta, nol potrem noi: ch'ella s'uccida,

gran tempo è giá, ragion di stato il vuole,

e il mio riposo, e il tuo: dannata a un tempo

è dal suo stolto orgoglio: ma il tuo pianto

vuol ch'io l'assolva. Al suo partir tu dunque

cessa di opporti: io 'l voglio, e indarno affatto

vi ti opporresti.

CLITENNESTRA

Ah! tel diss'io piú volte:

qual che d'Elettra il destin sia, mai pace,

mai non sará con noi: tu fra 'l sospetto,

io fra' rimorsi, e in rio timore entrambi,

trarrem noi sempre incerta orrida vita.

Altra sperar ne lice?

EGISTO

Addietro il guardo

non volgo; io penso all'avvenir: non posso

esser felice io mai, finché d'Atride

seme rimane: Oreste vive; in lui

l'odio per noi cresce cogli anni; ei vive

del feroce desio d'alta vendetta.

CLITENNESTRA

Misero! ei vive; ma lontano, ignoto,

oscuro, inerme. - Ahi crudo! ad una madre

ti duoli tu, che il suo figliuol respiri?

EGISTO

Con una madre, che il consorte ha spento,

men dolgo io, sí. Quello immolavi al nostro

amor; non dei questo immolar del pari

alla mia sicurezza?

CLITENNESTRA

Oh tu, di sangue

non sazio mai, né di delitti!... Oh detti!... –

Di finto amor me giá cogliesti al laccio:

tuoi duri modi poscia assai mel fero

palese, oimè!... Pur nel mio petto io nutro

pur troppo ancor verace e viva fiamma;

e il sai, pur troppo!... Argomentar puoi quindi,

s'io potrei non amare uno innocente

unico figlio mio. Qual cor sí atroce

può non pianger di lui?...

EGISTO

Tu, che d'un colpo

due n'uccidesti. Un ferro stesso al padre

troncò la vita, e in note atre di sangue

vergò del figlio la mortal sentenza.

Il mio troppo indugiar, la sorte, e scaltro

l'antiveder d'Elettra, Oreste han salvo.

Ma che perciò? nomi innocente un figlio,

cui tu pria 'l padre, e il regno poscia hai tolto?

CLITENNESTRA

Oh parole di sangue!... Oh figliuol mio,

privo di tutto, a chi tutto ti spoglia

nulla tu desti, se non dai tua vita?

EGISTO

E finch'ei vive, di', securo stassi

chi di sue spoglie gode? Ognor sul capo

ti pende il brando suo. Figlio d'Atride,

ultimo seme di quell'empia stirpe

ch'ogni delitto aduna, il furor suo

non fia pago in me solo. Omai mi stringe,

piú che di me, di te pensiero. Udisti

le fatidiche voci, ed i tremendi

oracoli, che Oreste un dí fatale

vaticinaro ai genitori suoi?

Ciò spetta a te, misera madre; io deggio,

ove il pur possa, accelerar sua morte;

tu soffrirlo, e tacerti.

CLITENNESTRA

Oimè!... il mio sangue...

EGISTO

Non è tuo sangue Oreste: impuro avanzo

è del sangue d'Atréo: sangue, che nasce

ad ogni empio delitto. Il padre hai visto,

mosso da iniqua ambizion, la figlia

svenarti sull'altar: d'Atride figlio,

l'orme paterne ricalcando Oreste,

ucciderá la madre. Oh cieca troppo,

troppo pietosa madre! Il figlio in atto

giá di ferirti sta: miralo; trema...

CLITENNESTRA

E in questo petto a vendicare il padre

lascia ch'ei venga. Altro maggior delitto,

se maggior v'ha, forse espiar de' il mio.

Ma, qual destin che a me sovrasti, Egisto,

ten prego, deh! per lo versato sangue

d'Agamennón, d'insidiare Oreste

cessa: da noi lontano, esule ei viva;

ma viva. Oreste il piè volgere ad Argo

non ardirebbe; e s'ei venisse, io scudo

col mio petto ti fora... Ma, s'ei viene,

il ciel vel tragge; e contro il ciel chi vale?

Qual dubbio allor? vittima chiesta io sono.

EGISTO

Per or di pianger cessa. Oreste è in vita

e speme ho poca, che in mie mani ei caggia.

Ma, se il dí vien, che a compier pure io basti

necessitá, che invan delitto nomi,

quel dí, se il vuoi, ripiglierai tu il pianto.


ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Oreste, Pilade.

ORESTE

Pilade, sí; questa è mia reggia. - Oh gioja!

Pilade amato, abbracciami: pur sorge,

pur sorge il dí, ch'io ristorar ti possa

de' lunghi tuoi per me sofferti affanni.

PILADE

Amami, Oreste; i miei consigli ascolta;

questo è il ristoro, ch'io per me ti chieggo.

ORESTE

Al fin, siam giunti. - Agamennón qui cadde

svenato; e regna Egisto qui! - Mi stanno

in mente ancor, bench'io fanciul partissi,

queste mie soglie. Il giusto cielo in tempo

mi vi rimena. - Oggi ha due lustri appunto,

era la orribil notte sanguinosa,

in cui mio padre a tradimento ucciso

fea rintronar di dolorose grida

tutta intorno la reggia. Oh! ben sovviemmi:

Elettra a fretta, per quest'atrio stesso

lá mi portava, ove pietoso in braccio

prendeami Strofio, assai men tuo, che mio

padre in appresso. Ed ei mi trafugava

per quella porta piú segreta, tutto

tremante: e dietro mi correa sull'aure

lungo un rimbombo di voci di pianto,

che mi fean pianger, tremare, ululare,

e il perché non sapea: Strofio piangente

con la sua man vietando iva i miei stridi;

e mi abbracciava, e mi rigava il volto

d'amaro pianto; e alla romita spiaggia,

dove or ora approdammo, ei col suo incarco

giungea frattanto, e disciogliea felice

le vele al vento. - Adulto io torno, adulto

al fin; di speme, di coraggio, d'ira

torno ripieno, e di vendetta, donde

fanciullo inerme lagrimando io mossi.

PILADE

Qui regna Egisto, e ad alta voce parli

qui di vendetta? Incauto, a cotant'opra

tal principio dai tu? Vedi; giá albeggia;

e s'anco eterne qui durasser l'ombre,

mura di reggia son; sommesso parla:

ogni parete un delator nel seno

nasconder può. Deh! non perdiamo or frutto

dei voti tanti, e dell'errar sí lungo,

che a questi lidi al fin ci tragge a stento.

ORESTE

O sacri liti, è ver, parea che ignota

forza da voi ci respingesse: avversi,

da che l'ancore sciolto abbiam di Crissa,

i venti sempre, la natal mia terra

parean vietarmi. A mille a mille insorti

nuovi ostacoli ognor, perigli nuovi,

mi fean tremar, che il dí mai non giungesse

di porre in Argo il piè. Ma giunto è il giorno;

in Argo sto. - S'ogni periglio ho vinto,

Pilade egregio, all'amistá tua forte,

a te lo ascrivo. Anzi ch'io qui venissi

vendicator di sí feroce oltraggio,

forse a prova non dubbia il ciel volea

porre in me l'ardimento, in te la fede.

PILADE

Ardir? ne hai troppo. Oh! quante volte e quante

tremai per te! Presto a divider teco

ogni vicenda io sono, il sai; ma pensa,

che nulla è fatto, a quanto imprender resta.

Finor giungemmo, e nulla piú. Dei molti

mezzi a tant'opra, ora conviensi ad uno,

al migliore, attenerci; e fermar quale

scerrem pretesto, e di qual nome velo

faremo al venir nostro: a tanta mole

convien dar base.

ORESTE

La giustizia eterna

fia l'alta base. A me dovuto è il sangue,

ond'io vengo assetato. - Il miglior mezzo?

Eccolo; il brando.

PILADE

Oh giovenil bollore!

Sete di sangue? altri pur l'ha del tuo;

ma brandi ha mille.

ORESTE

Ad avvilir costui,

per sé giá vile, il sol mio nome or basta;

troppo è il mio nome. E di qual ferro usbergo,

qual scudo avrá, ch'io nol trapassi, Egisto?

PILADE

Scudo egli ha forte, impenetrabil, fero,

la innata sua viltade. A sé dintorno

in copia avrá satelliti: tremante,

ma salvo, ei stassi in mezzo a lor...

ORESTE

Nomarmi,

ed ogni vil disperdere, fia un punto.

PILADE

Nomarti, ed esser trucidato, è un punto:

e di qual morte! Anco i satelliti hanno

lor fede, e ardire: han dal tiranno l'esca;

né spento il vonno, ove nol spengan essi.

ORESTE

Il popol dunque a favor mio...

PILADE

Che speri?

che in cor di serva plebe odio od amore

possa eternarsi mai? Dai lunghi ceppi

guasta avvilita, or l'un tiranno vede

cadere, or sorger l'altro; e nullo n'ama,

e a tutti serve; ed un Atride obblia,

e d'un Egisto trema.

ORESTE

Ah! vero parli...

Ma non ti sta, come a me sta, su gli occhi

un padre ucciso, sanguinoso, inulto,

che anela, e chiede, e attende, e vuol vendetta.

PILADE

Quindi a disporla io piú son atto. - M'odi.

Qui siam del tutto ignoti; è in noi sembianza

di stranieri: d'ogni uomo e l'opre e i passi,

sia vaghezza o timor, spiar son usi

gl'inquieti tiranni. Il sol giá spunta;

visti appena, trarranci a Egisto innanzi:

dirgli...

ORESTE

Ferir; centuplicare i colpi

dobbiam nell'empio; e nulla dirgli.

PILADE

A morte

certa venisti, od a vendetta certa?

ORESTE

Purché sian certe entrambe; uccider prima,

e morir poscia.

PILADE

Oreste, or sí ten prego,

per l'amistá, pel trucidato padre,

taci: poche ore al senno mio tu dona;

al tuo furor l'altre darò: con l'arte,

pria che col ferro, la viltá si assale.

Messi del padre mio ne creda Egisto,

e di tua morte apportatori in Argo.

ORESTE

Mentir mio nome? ad un Egisto? io?

PILADE

Dei

tacerti tu, nulla mentire; io parlo:

è tutto mio l'inganno: a tal novella

udrem che dica Egisto: intanto chiaro

ne fia il destin d'Elettra.

ORESTE

Elettra! Ah! temo

che in vita piú non sia. Di lei non ebbi

mai piú novella io, mai. Sangue d'Atride,

certo, costui nol risparmiò.

PILADE

La madre

forse salvolla: e se ciò fosse, pensa

che del tiranno ella sta in man; che puote

esser sua morte il sol nomarla noi.

Sai, che in tutt'altro aspetto in Argo trarti

Strofio ei stesso potea con gente ed arme;

ma guerra aperta, anco felice, il regno,

e nulla piú, ti dava: intanto il vile

traditor ti sfuggiva; e alla sua rabbia,

(se giá svenata ei non l'avea) restava

Elettra; la sua amata unica suora;

quella, cui dei l'aure che spiri. Or vedi,

se vuolsi ir cauti: alto disegno è il tuo;

piú che di regno assai: deh! tu primiero

nol rompere. Chi sa? pentita forse

la madre tua...

ORESTE

Di lei, deh, non parlarmi.

PILADE

Di lei, né d'altri. - Or non ti chieggo io nulla,

che d'ascoltar mio senno. Il ciel, che vuolmi

a te compagno, avverso avrai, se il nieghi.

ORESTE

Fuorché il ferir, tutto a te cedo; io 'l giuro.

Vedrò del padre l'uccisore in volto,

vedrollo, e il brando io tratterrò: sia questo

di mia virtude il primo sforzo, o padre,

che a te consacro.

PILADE

Taci; udir mi parve

lieve rumore... Oh! vedi? in bruno ammanto

esce una donna della reggia. Or vieni

meco in disparte.

ORESTE

Ella ver noi si avanza.

SCENA SECONDA

Elettra, Oreste, Pilade.

ELETTRA

Lungi una volta è per brev'ora Egisto;

libera andar posso ad offrir... Che veggio?

Due, che all'abito, al volto io non ravviso...

Osservan me; paion stranieri.

ORESTE

Udisti?

Nomato ha Egisto.

PILADE

Ah! taci.

ELETTRA

O voi, stranieri

(tali v'estimo) dite; a queste mura

che vi guida?

PILADE

Parlar me lascia; statti. –

Stranieri, è ver, siam noi; d'alta novella

qui ne veniamo apportatori.

ELETTRA

A Egisto

voi la recate?

PILADE

Sí.

ELETTRA

Qual mai novella?...

Dunque i passi inoltrate. Egisto è lungi:

infin ch'ei torni, entro la reggia starvi

potrete ad aspettarlo.

PILADE

E il tornar suo?...

ELETTRA

Sará dentr'oggi, infra poch'ore. A voi

grazie, onori, mercé, qual vi si debbe,

dará, se grata è la novella.

PILADE

Grata

Egisto avralla, benché assai pur sia

per se stessa funesta.

ELETTRA

Il cor mi balza. –

Funesta?... È tale, ch'io saper la possa?

PILADE

Deh! perdona. Tu in ver donna mi sembri

d'alto affare: ma pur, debito parmi,

che il re n'oda primiero... Al parlar mio

turbar ti veggio?... e che? potria spettarti

nuova recata di lontana terra?

ELETTRA

Spettarmi?... no... Ma, di qual terra sete?

PILADE

Greci pur noi: di Creta ora sciogliemmo. –

Ma in te, piú che alle vesti, agli atti, al volto,

ai detti io l'orme d'alto duol ravviso.

Chieder poss'io?...

ELETTRA

Che parli?... in me? - Tu sai,

che lievemente la pietá si desta

in cor di donna. Ogni non fausta nuova,

benché non mia, mi affligge: ora saperla

vorrei; ma udita, mi dorrebbe poscia.

Umano core!

PILADE

Ardito troppo io forse

sarei, se a te il tuo nome?...

ELETTRA

A voi l'udirlo

giovar non puote; e al mio dolor sollievo

(poiché dolor tu vedi in me) per certo

non fora il dirlo. - È ver, che d'Argo fuori...

spettarmi forse... alcuna cura,... alcuno

pensiero ancor potria. - Ma no: ben veggio

che a me non spetta il venir vostro in nulla.

Involontario un moto è in me, qualora

straniero approda a questi liti, il core

sentirmi incerto infra timore e brama

agitato ondeggiare. - Anch'io conosco

che a me svelar l'alta ragion non dessi

del venir vostro. Entrate: i passi miei

proseguirò ver quella tomba.

ORESTE

Tomba!

quale? dove? di chi?

ELETTRA

Non vedi? a destra?

d'Agamennón la tomba.

ORESTE

Oh vista!

ELETTRA

E fremi

a cotal vista tu? Fama pur anco

dunque a voi giunse della orribil morte,

che in Argo egli ebbe?

PILADE

Ove non giunse?

ORESTE

O sacra

tomba del re dei re, vittima aspetti?

L'avrai.

ELETTRA

Che dice?

PILADE

Io non l'intesi.

ELETTRA

Ei parla

di vittima? perché? Sacra d'Atride

gli è la memoria?

PILADE

... Orbato egli è del padre,

da non gran tempo: ogni lugúbre aspetto

quindi nel cor gli rinnovella il duolo;

spesso ei vaneggia. - In te rientra. - Ahi folle!

in te fidar doveva io mai?

ELETTRA

Gli sguardi

fissi ei tien sulla tomba, immoti, ardenti;

e terribile in atto... - O tu, chi sei,

che generoso ardisci?...

ORESTE

A me la cura

lasciane, a me.

PILADE

Giá piú non t'ode. O donna,

scusa i trasporti insani: ai detti suoi

non badar punto: è fuor di sé. - Scoprirti

vuoi dunque a forza?

ORESTE

Immergerò il mio brando

nel traditor tante fiate e tante,

quante versasti dalla orribil piaga

stille di sangue.

ELETTRA

Ei non vaneggia. Un padre...

ORESTE

Sí, mi fu tolto un padre. Oh rabbia! E inulto

rimane ancora?

ELETTRA

E chi sarai tu dunque,

se Oreste non sei tu?

PILADE

Che ascolto?

ORESTE

Oreste!

Chi, chi mi appella?

PILADE

Or sei perduto.

ELETTRA

Elettra

ti appella; Elettra io son, che al sen ti stringo

fra le mie braccia...

ORESTE

Ove son io? Che dissi?...

Pilade oimè!...

ELETTRA

Pilade, Oreste, entrambi

sgombrate ogni timor; non mento il nome.

Al tuo furor, te riconobbi, Oreste;

al duolo, al pianto, all'amor mio, conosci

Elettra tu.

ORESTE

Sorella; oh ciel!... tu vivi?

tu vivi? ed io t'abbraccio?

ELETTRA

Oh giorno!...

ORESTE

Al petto

te dunque io stringo? Oh inesplicabil gioja! –

Oh fera vista! la paterna tomba?...

ELETTRA

Deh! ti acqueta per ora.

PILADE

Elettra, oh quanto

sospirai di conoscerti! tu salvo

Oreste m'hai, che di me stesso è parte;

pensa s'io t'amo.

ELETTRA

E tu cresciuto l'hai;

fratel secondo a me tu sei.

PILADE

Deh! meco

dunque i tuoi preghi unisci; ah! meco imprendi

a rattener di questo ardente spirto

i ciechi moti. Oreste, a duro passo

vuoi tu ridurci a forza? ad ogni istante

vuoi, ch'io tremi per te? Finora in salvo

qui ci han scorti pietate, amor, vendetta;

ma, se cosí prosiegui...

ORESTE

È ver; perdona,

Pilade amato;... io fuor di me... Che vuoi?...

Qual senno mai regger potea?... Quai moti,

a una tal vista inaspettata!... - Io 'l vidi,

sí, con questi occhi io 'l vidi. Ergea la testa

dal negro avello: il rabbuffato crine

dal viso si togliea con mani scarne;

e sulle guance livide di morte

il pianto, e il sangue ancor rappreso stava.

Né il vidi sol; che per gli orecchi al core

flebil mi giunse, e spaventevol voce,

che in mente ancor mi suona. «O figlio imbelle,

che piú indugi a ferire? adulto sei,

il ferro hai cinto, e l'uccisor mio vive?»

Oh rampogna!... Ei cadrá per me svenato

sulla tua tomba; dell'iniquo sangue

non serberá dentro a sue vene stilla:

tu il berai tutto, ombra assetata; e tosto.

ELETTRA

Deh! l'ire affrena. Anch'io spesso rimiro

l'ombra del padre squallida affacciarsi

a quei gelidi marmi; eppur mi taccio.

Vedrai le impronte del sangue paterno

ad ogni passo in questa reggia; e forza

ti fia mirarle con asciutto ciglio,

finché con nuovo sangue non l'hai tolte.

ORESTE

Elettra, oh quanto, piú che il dir, mi fora

grato l'oprar! Ma, fin che il dí ne giunga,

starommi io dunque. Intanto, a pianger nati,

insieme almen piangerem noi. Fia vero

ciò ch'io piú non sperava? entro al tuo seno,

d'amor, d'ira, e di duol, lagrime io verso?

Non seppi io mai di te piú nulla: spenta

ti credea dal tiranno: a vendicarti,

piú che a stringerti al sen, presto veniva.

ELETTRA

Vivo, e ti abbraccio; e il primo giorno è questo,

che il viver non mi duole. Il rio furore

del crudo Egisto, che fremea piú sempre

di non poter farti svenar, mi fea

certa del viver tuo: ma, quando udissi,

che tu di Strofio l'ospitale albergo

lasciato avevi, oh qual tremore!...

PILADE

Ad arte

sparse il padre tal grido, affin che in salvo

dalle insidie d'Egisto, ei rimanesse

cosí vieppiú sicuro. Io mai pertanto,

mai nol lasciai, né il lascierò.

ORESTE

Sol morte

partir ci può.

PILADE

Né lo potria pur morte.

ELETTRA

Oh, senza esempio al mondo, unico amico! –

Ma, dite intanto: al sospettoso, al crudo

tiranno, or come appresentarvi innanzi?

Celarvi qui, giá nol potreste.

PILADE

A lui

mostrar vogliamci apportator mentiti

della morte d'Oreste.

ORESTE

È vile il mezzo.

ELETTRA

Men vil, ch'Egisto. Altro miglior, piú certo,

non havvi, no: ben pensi. Ove introdotti

siate a costui, pensier fia mio, del tutto,

il darvi e loco, e modo, e tempo, ed armi

per trucidarlo. Io serbo, Oreste, ancora,

quel ferro io serbo, che al marito in petto

vibrò colei, cui non osiam piú madre

nomar dappoi.

ORESTE

Che fa quell'empia? in quale

stato viv'ella? ed il non tuo delitto

come a te fa scontar, d'esserle figlia?

ELETTRA

Ah! tu non sai, qual vita ella pur tragge.

Fuor che d'Atride i figli, ognun pietade

ne avria... L'avremmo anche pur troppo noi. –

Di terror piena, e di sospetto sempre;

a vil tenuta dal suo Egisto istesso;

d'Egisto amante, ancor che iniquo il sappia;

pentita, eppur di rinnovare il fallo

capace forse, ove la indegna fiamma,

di cui si adira ed arrossisce, il voglia:

or madre, or moglie; e non mai moglie, o madre:

aspri rimorsi a mille a mille il core

squarcianle il dí; notturne orride larve

tolgonle i sonni. - Ecco qual vive.

ORESTE

Il cielo

fa di lei lunga, terribil vendetta;

quella che a noi natura non concede.

Ma pure ella debb'oggi, o madre, o moglie

essere, il de'; quando al suo fianco, a terra

cader vedrá da me trafitto il reo

vile adultero suo.

ELETTRA

Misera madre!

vista non l'hai;... chi sa?... in vederla...

ORESTE

Udito

ho il padre; e basta.

ELETTRA

Eppure un cotal misto

ribrezzo in cor tu proverai, che a forza

pianger faratti, e rimembrar che è madre.

Ella è mite per me; ma Egisto vile,

che a' preghi suoi sol mi serbò la vita,

quanto piú può mi opprime. Il don suo crudo

io pur soffrii, per aspettare il giorno,

che il ferro lordo del paterno sangue

rendessi a te. Questa mia destra armarne

piú volte io volli, abbenché donna: al fine

tu giungi, Oreste; e assai tu giungi in tempo;

ch'oggi Egisto, per torre a sé il mio aspetto,

mi vuol d'un de' suoi schiavi a forza sposa.

ORESTE

Non invitato, all'empie nozze io vengo:

vittima avran non aspettata i Numi.

ELETTRA

Si oppon, ma invano, Clitennestra.

ORESTE

In lei,

dimmi, fidar nulla potremmo?

ELETTRA

Ah! nulla.

Benché fra 'l vizio e la virtude ondeggi,

si attiene al vizio ognora. Egisto al fianco

piú non le stando,... allor,... forse.... Fa d'uopo

vederla poi. Meco ella piange, è vero;

ma, col tiranno sta. Sua vista sfuggi,

finché non torni Egisto.

PILADE

E dove i passi

portò quel vile?

ELETTRA

Empio, ei festeggia il giorno

della morte d'Atride.

ORESTE

Oh rabbia!

ELETTRA

I Numi

ora oltraggiando ei sta. Di qui non lunge,

sulla via di Micene al re dell'ombre

vittime impure, e infami voti ei porge:

né a lungo andar può molto il rieder suo. –

Ma noi qui assai parlammo: io nella reggia

rientrerò non vista: ad aspettarlo

statevi lá dell'atrio fuor del tutto.

Pilade, affido a te il fratello. Oreste,

se m'ami, oggi il vedrò: per l'amor nostro,

per la memoria dell'ucciso padre,

l'amico ascolta, e il tuo bollor raffrena:

che la vendetta sospirata tanto

cader può a vuoto, per volerla troppo.


ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Clitennestra, Elettra.

CLITENNESTRA

Lasciami, Elettra; alle tue stanze riedi:

ir voglio, sí, d'Egisto in traccia...

ELETTRA

Oh madre!

giá ti martíra il non tornar d'Egisto?

Or temi tu, che all'are innanzi l'abbia

incenerito il fulmine del cielo?

Nol temer, no; che il ciel finora arride

agli empi qui.

CLITENNESTRA

Taci d'Egisto...

ELETTRA

È vero;

il sol nomarlo ad ogni lingua è macchia.

Oh! sei tu quella, che volea pur dianzi

porger meco di furto al sacro avello

lagrime, e voti?

CLITENNESTRA

Cessa; andarne io voglio...

ELETTRA

Ad incontrar colui, che dal tuo stesso

labro piú volte udia nomar stromento

d'ogni tuo danno?

CLITENNESTRA

È ver: con lui felice

non sono io mai: ma né senz'esso il sono.

Lasciami.

ELETTRA

Almen,... soffri...

CLITENNESTRA

Che piú?

ELETTRA

Me lassa!...

che fia, se incontra or pria d'Egisto il figlio?

SCENA SECONDA

Clitennestra.

CLITENNESTRA

Me stessa invan cerco ingannar...

SCENA TERZA

Clitennestra, Oreste e Pilade in disparte.

ORESTE

Non giunge,

mai non giunge costui?

PILADE

Dove t'inoltri?

CLITENNESTRA

Amo Egisto, pur troppo!...

ORESTE

Egisto? Oh voce!

chi veggio? è dessa: io la rimembro ancora.

PILADE

Vieni; che fai? t'arrètra.

CLITENNESTRA

Agli occhi miei

chi si appresenta? Oh! chi se' tu?

PILADE

Deh! scusa

il nostro ardir; stranieri noi, tropp'oltre

veniamo or forse: al non saper lo ascrivi,

ad altro no.

CLITENNESTRA

Chi siete?

ORESTE

In Argo...

PILADE

Nati

non siamo...

ORESTE

E non d'Egisto...

PILADE

Al re ci manda

di Focida il signor...

ORESTE

Se qui re...

PILADE

Quindi,

se tu il concedi, entro la reggia il piede,

di lui cercando, inoltreremo.

CLITENNESTRA

In Argo

qual vi guida cagione?

ORESTE

Alta.

PILADE

Narrarla

dobbiamo al re.

CLITENNESTRA

Del pari a me narrarla

potrete; or sta fuor della reggia Egisto.

PILADE

Ma torneravvi...

ORESTE

Spero.

CLITENNESTRA

Intanto, il tutto

a me si esponga.

ORESTE

Io tel vo' dir...

PILADE

Se pure

tu ce l'imponi; ma...

CLITENNESTRA

Sul trono io seggo

d'Egisto al fianco.

ORESTE

E il sa ciascun, che degna

tu sei di lui.

PILADE

Sarebbe a te men grata,

che ad Egisto, la nuova.

CLITENNESTRA

E qual?...

ORESTE

Che parli?

Qual può il consorte udir grata novella,

che alla moglie nol sia?

PILADE

Tu sai, che il nostro

assoluto signore a Egisto solo

c'impon di darla.

ORESTE

Egisto ed essa, un'alma

sono in duo corpi.

CLITENNESTRA

A che cosí tenermi

sospesa? Or via, parlate.

PILADE

Acerbo troppo

ti fia l'annunzio; e tolga il ciel, che noi...

ORESTE

Assai t'inganni: a lei rechiamo intera

e sicurezza, e pace.

CLITENNESTRA

Omai dovreste

por fin...

ORESTE

Regina, arrechiam noi la morte...

CLITENNESTRA

Di chi?

PILADE

Taci.

CLITENNESTRA

Di chi? Parla.

ORESTE

... D'Oreste.

CLITENNESTRA

Oimè! che sento? del mio figlio?... Oh cielo!...

ORESTE

Del figlio, sí, d'Agamennón trafitto...

CLITENNESTRA

Che dici?

PILADE

Ei dice, che trafitto Oreste

non fu.

ORESTE

Del figlio del trafitto...

PILADE

Insano,

spergiuro, a me serbi cosí tua fede?

CLITENNESTRA

Misera me! dell'unico mio figlio

orba...

ORESTE

Ma forse, il piú mortal nemico

non era Oreste del tuo Egisto?

CLITENNESTRA

Ahi crudo!

barbaro! in guisa tal la morte annunzi

d'unico figlio ad una madre?

PILADE

Ei troppo

giovine ancora, e delle corti ignaro,

(scusalo, deh!) per appagar tua brama,

incautamente con soverchio zelo,

la mia tradiva. Udir tal nuova poscia,

d'Egisto a senno, e dal suo labro solo

dovuto avresti; e il mio pensier tal era.

Ma, s'egli...

ORESTE

Errai fors'io; ma, spento il figlio,

secura omai col tuo consorte...

CLITENNESTRA

Ah! taci.

D'Oreste pria fui madre.

ORESTE

Egisto forse

t'è men caro d'Oreste?

PILADE

Or, che favelli?

che fai? con vani, ed importuni detti

di madre il pianto esacerbare ardisci?

Lasciala; vieni; il lagrimare, e il tempo,

sollievo solo al suo dolore...

ORESTE

Egisto

alleviar gliel può.

PILADE

Vieni: togliamci

dal suo cospetto, che odiosi troppo

noi le siam fatti omai.

CLITENNESTRA

Poiché la piaga

mi festi in cor, tu d'ampliarla, crudo,

godrai: narrami or come, dove, quando

cadde il mio figlio. - Oreste, amato Oreste,

tutto saper di te vogl'io; né cosa

niuna udir piú, fuor che di te.

ORESTE

Lo amavi

tu dunque molto ancora?

CLITENNESTRA

O giovinetto,

non hai tu madre?

ORESTE

... Io?... L'ebbi.

PILADE

Oh ciel! Regina,

soggiacque al fato il figliuol tuo: la vita...

ORESTE

Non gli fu tolta da nemici infami;

ai replicati tradimenti atroci,

no, non soggiacque...

PILADE

E ciò saper ti basti.

Chi ad una madre altro narrar potrebbe?

ORESTE

Ma, se una madre udir pur vuole...

PILADE

Ah! soffri,

che la storia dolente al re soltanto

si esponga appien da noi.

ORESTE

Godranne Egisto.

PILADE

Troppo dicemmo; andiam. Pietá ne vieta

di obbedirti per or. - Seguimi: è forza,

è forza al fin, che al mio voler t'arrendi.

SCENA QUARTA

Clitennestra.

CLITENNESTRA

Figlio infelice mio!... figlio innocente

di scellerata madre!... Oreste, Oreste...

Ah! piú non sei! Fuor del paterno regno

da me sbandito, muori? Egro, deserto,

chi sa, qual morte!... E al fianco tuo, nell'ore

di pianto estreme, un sol de' tuoi non v'era?

Né dato a te di tomba onor nessuno...

Oh destino! il figliuol del grande Atride,

errante, ignoto, privo d'ogni aiuto...

Né madre, né sorella, col lor pianto

lavato il morto corpo tuo!... Me lassa!

Figlio amato, mie man non ti prestaro

L'ultimo ufficio, chiudendoti i lumi

moribondi. - Che dico? eran mie mani

da tanto? ancor del sangue del tuo padre

lorde e fumanti, dal tuo volto, Oreste,

le avresti ognora, e con ragion, respinte.

Oh di madre men barbara tu degno!... –

Ma, per averti io 'l genitor svenato,

ti son io madre meno? ah! mai non perde

natura i dritti suoi... Pur, se il destino

te giovinetto non togliea, tu forse,

(come predetto era da oracol vano)

rivolto avresti nella madre il ferro?...

E tu il dovevi: inemendabil fallo,

qual mano altra punir meglio il potea?

Deh! vivi, Oreste; vieni; in Argo torna,

l'oracol compi; in me, non una madre,

ma iniqua donna che usurpò tal nome,

tu svenerai: deh! vieni... Ah! piú non sei...

SCENA QUINTA

Egisto, Clitennestra.

EGISTO

Che fia? qual pianto? onde cagion novella?...

CLITENNESTRA

Di pianto sí, d'eterno pianto, or godi,

nuova ho cagion: di paventar, di starti

tremante or cessa. Al fin, paghe una volta

tue brame sono; è spento al fin quel tuo

fero, crudel, terribile nemico,

che mai pertanto a te non nocque; è spento.

L'unico figlio mio piú non respira.

EGISTO

Che dici? Oreste spento? a te l'avviso

donde? chi l'arrecava?... Io non tel credo.

CLITENNESTRA

Nol credi, no? forse, perch'ei sottratto

s'è tante volte dal tuo ferro iniquo?

Se al mio pianto nol credi, al furor mio

tu il crederai. Giá nel materno core,

tutto, sí tutto, il non mai spento affetto

mi si ridesta.

EGISTO

Altra non hai tu prova,

ond'io?...

CLITENNESTRA

Ne avrai, quante il tuo core atroce

chieder ne può. Narrare a parte a parte

ti udrai l'atroce caso; e brilleratti

l'alma, in udirlo, di Tiéstea gioja.

Gente in Argo vedrai, che l'inumano

tuo desir fará sazio.

EGISTO

In Argo è giunta

gente, senza ch'io 'l sappia? a me primiero

non si parlò?

CLITENNESTRA

Del non aver tu primo

entro al mio petto il crudo stile immerso,

forse ti duole? Opra pietosa tanto,

è ver, spettava a te: nuova sí grata,

a una consorte madre Egisto darla

dovea, non altri.

EGISTO

Donna, or qual novella

ira è la tua? Cotanto ami l'estinto

figlio, cui vivo rammentavi appena?

CLITENNESTRA

Che parli tu? mai non cessava io, mai,

di esser madre d'Oreste: e se talvolta

l'amor di madre io tacqui, amor materno

mi vi sforzava. Io ti dicea, che il figlio

men caro era al mio cor, sol perch'ei meno

alle ascose tue insidie esposto fosse.

Or ch'egli è spento, or piú non fingo; e sappi,

che m'era e ognor caro sarammi Oreste

piú assai di te...

EGISTO

Poco tu di'. Piú caro

io ti fui che tua fama: onde...

CLITENNESTRA

La fama

di chi al fianco ti sta nomar non dessi.

La mia fama, il mio sposo, la mia pace,

ed il mio figlio unico amato, (tranne

la sola vita sua) tutto a te diedi.

Tu da feroce ambizion di regno,

tu, da vendetta orribile guidato,

quant'io ti dava, un nulla reputavi,

finch'altro a tor ti rimanea. Chi vide

sí doppio core, e sí crudele a un tempo?

A quell'amor tuo rio, che mal fingevi,

ch'io credeva in mal punto, ostacol forse,

ostacol, dimmi, era il fanciullo Oreste?

Eppur moriva Agamennone appena,

che tu del figlio ad alta voce il sangue

chiedevi giá. Tu, smanioso, tutta

ricercavi la reggia: allor quel ferro,

che non avresti osato mai nel padre

vibrar tu stesso, tu il brandivi allora;

prode eri allor contro un fanciullo inerme.

Ei fu sottratto alla tua rabbia: appieno,

ti conobb'io quel dí; ma tardi troppo.

Misero figlio! E che giovò il sottrarti

dall'uccisor del padre tuo? trovasti

morte immatura in peregrina terra...

Ahi scellerato usurpatore Egisto!

tu m'uccidesti il figlio... Egisto, ah! scusa;...

fui madre;... e piú nol sono...

EGISTO

A te lo sfogo

e di rampogne, e di sospiri è dato,

purché sia spento Oreste. Or di': costoro

a chi parlar? chi sono? ove approdaro?

Chi gl'inviò? dove ricovran? sono

messaggeri di re? pria d'ogni cosa,

chiesto non hanno essi d'Egisto in Argo?

CLITENNESTRA

Chiedon di te: Strofio gl'invia: li trasse

mia mala sorte a me davanti; e tutto,

mal grado loro, udir da loro io volli.

Due, ma diversi assai d'indole i messi

stanno in tua reggia. La feroce nuova

darmi negava l'un pietoso e cauto;

fervido l'altro, impetuoso, fero,

parea goder del dolor mio: colui

non minor gioja proverá in narrarti,

che tu in udire il lagrimevol caso.

EGISTO

Ma, perché a me tal nuova espressamente

Strofio manda? ei fu ligio ognor d'Atride;

ognun il sa. Non fu da Strofio stesso

trafugato il tuo figlio? a lui ricetto

non diede egli in sua corte?

CLITENNESTRA

È ver, da prima;

ma or giá molti anni, assente ei n'era; e poscia

mai non ne udimmo piú.

EGISTO

Fama ne corse;

ma il ver, chi 'l sa? certo è pur, certo, ch'ebbe

fin da' primi anni indivisibil scorta,

custode, amico, difensore, il figlio

di Strofio; quel suo Pilade, che abborro.

Nemico sempre erami Strofio in somma:

come cangiossi?...

CLITENNESTRA

Or che tu re sei fatto,

non sai, per prova, il cor di un re che sia? –

Barbaro! forse or ti compiaci udirmi

asseverar ciò che mi duol pur tanto?

Va, n'odi al fin quanto a te basti; vanne;

lasciami. - Strofio alle sue mire Oreste

util credé; perciò da te il sottrasse;

quindi il raccolse, e regalmente amollo:

quindi il cacciò, quando disutil forse

gli era, o dannoso; e quindi ora ti manda

ratto il messaggio di sua morte ei primo. –

Tu in questa guisa stessa un dí m'amavi,

pria che il marito io trucidassi, e il regno

ten dessi; e tu cosí m'odiasti poscia;

ed or, cosí mi sprezzi. Amor, virtude,

e fede, e onore, in voi mutabil cosa,

giusta ogni evento, sono.

EGISTO

A te la scelta,

ben lo rimembri, a te lasciai la scelta

infra gli Atridi, o i Tiestèi: tu stessa

scegliesti. A che, con grida non cessanti,

scontar mi fai tua scelta? Io t'amo, quanto

tu il merti.

CLITENNESTRA

- Egisto, alle importune grida

io pongo fin. Sprezzami tu, se il puoi;

ma dirlo a me, non ti attentar tu mai.

Se amor mi spinse a rio delitto, pensa

a che può spinger disperata donna

spregiato amor, duolo, rimorso, e sdegno.

SCENA SESTA

Egisto.

EGISTO

S'odan costor: nulla rileva il resto.


ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Oreste, Pilade.

PILADE

Eccoci al punto: or d'arretrarci tempo,

no, piú non è: davanti a sé ne vuole

Egisto, il sai; qui d'aspettarlo imposto

ne viene: e qui, se tu non cangi il modo,

a uccider no, ma a morir noi, venimmo.

Altro non dico. A tuo piacer vaneggia;

come al ferir, presto al morire io vengo.

ORESTE

Misero me! Cotal rampogna io merto,

il so: troppo tu m'ami; io non fui degno

di te finor; deh! scusa. Io frenerommi

al cospetto d'Egisto; e ciò piú lieve

sarammi, spero, che il frenarmi innanzi

a lei, che il manto, il volto, ambe le mani

pareami aver tinte di sangue ancora.

Meglio assai l'odio, che a nemico io porto,

nasconderò, che non quell'orror misto

d'ira e pietade, onde me tutto empiea

di tal madre la vista.

PILADE

Ad essa incontro

chi ti spingea? non io.

ORESTE

Piú di me forte,

non so qual moto. Il crederesti? in mente

da pria mi entrava di svenarla; e tosto

mi assalia nuova brama, d'abbracciarla:

quindi entrambe a vicenda. - Oh vista! oh stato

terribil, quanto inesplicabil!...

PILADE

Taci.

Ecco Egisto.

ORESTE

Che veggo? e con lui viene

anco la madre?...

PILADE

O me tu svena, o taci.

SCENA SECONDA

Egisto, Clitennestra, Oreste, Pilade, Soldati.

EGISTO

Vieni, consorte, vieni; udir ben puoi

cosa, cui fede ancor non presto intera.

CLITENNESTRA

Barbaro, a ciò mi sforzi?

EGISTO

Udiam. - Stranieri,

voi di Focida il re veraci messi

dunque a me manda?

PILADE

Sí.

EGISTO

Certa novella

recate voi?

PILADE

Signore, un re c'invia;

a un re parliam: loco può aver menzogna?

EGISTO

Ma, Strofio vostro a me non diè mai pegno

finora d'amistá.

PILADE

Fia questo il primo.

Non niegherò, ch'ei, giá molti anni addietro,

altro era in core: lo stringea pietade

dell'infelice Oreste; ma se un tempo

gli diè ricetto, ei gli negò pur sempre

ajuto, ed armi; e a te giammai non volle

Strofio far guerra.

EGISTO

Apertamente ei farla

non ardí forse. Ma, di ciò non calmi.

Dove pería colui?

ORESTE

Colui!

PILADE

Di Creta

gli è tomba il suolo.

EGISTO

E come estinto il seppe

Strofio anzi me?

PILADE

Pilade tosto al padre

portò tal nuova: al duro caso egli era

presente.

EGISTO

E quivi ad immatura morte

che il trasse?

PILADE

Il troppo giovenil suo ardore.

Antica usanza ogni quint'anno in Creta

giuochi rinnova, e sagrifizj a Giove.

Desio di gloria, natural vaghezza

tragge a quel lido il giovinetto: al fianco

Pilade egli ha non divisibil mai.

Calda brama d'onor nell'ampia arena

su lieve carro a contrastar lo spinge

de' veloci corsier la nobil palma:

troppo a vincere intento, ivi la vita

per la vittoria ei dá.

EGISTO

Ma come? Narra.

PILADE

Feroce troppo, impaziente, incauto,

or della voce minacciosa incalza,

or del flagel, che sanguinoso ei ruota,

sí forte batte i destrier suoi mal domi,

ch'oltre la meta volano; piú ardenti,

quanto veloci piú. Giá sordi al freno,

giá sordi al grido, ch'ora invan gli acqueta;

foco spiran le nari; all'aura i crini

svolazzan irti; e in denso nembo avvolti

d'agonal polve, quanto è vasto il circo

corron ricorron come folgor ratti.

Spavento, orrore, alto scompiglio, e morte

per tutto arreca in torti giri il carro:

finché percosso con orribil urto

a marmorea colonna il fervid'asse,

riverso Oreste cade...

CLITENNESTRA

Ah! non piú; taci:

una madre ti ascolta.

PILADE

È ver; perdona. –

Io non dirò, come ei di sangue il piano

rigasse, orribilmente strascinato...

Pilade accorse;... invan;... fra le sue braccia

spirò l'amico.

CLITENNESTRA

Oh morte ria!...

PILADE

Ne pianse

in Creta ogni uom; tanta nel giovin era

beltade, grazia, ardire...

CLITENNESTRA

E chi nol piange,

fuorché solo quest'empio?... O figlio amato,

piú non degg'io, mai piú (lassa!) vederti?...

Ma, oimè! pur troppo ti veggo di Stige

l'onda varcar, del padre abbracciar l'ombra;

e torcer bieco a me lo sguardo entrambi,

e d'ira orribile ardere... Son io,

sí, son io, che vi uccisi... Oh madre infame!

oh rea consorte! - Or, sei tu pago, Egisto?

EGISTO

- Il tuo narrar, certo, ha di ver sembianza;

chiaro il vero fia in breve. Entro mia reggia

statevi intanto; e guiderdon qual dessi,

pria del partir v'avrete.

PILADE

A' cenni tuoi

staremci. - Vieni.

ORESTE

Andiamo, andiam; che omai

piú non poss'io tacermi.

CLITENNESTRA

O tu, che narri

senza esultar di gioja il fero caso,

deh! ferma il piede; e dimmi: alla infelice

madre, perché dentro brev'urna acchiuso

non rechi il cener del suo amato figlio?

Funesto, eppur gradito dono! ei spetta,

piú che a niun'altri, a me.

PILADE

Pilade gli arse

il rogo; escluso dai funébri onori

ogni altro, ei sol raccolse il cener suo;

ei di pianto il bagnava: ultimo, infausto

pegno della piú nobile, verace,

forte, e santa amistá che al mondo fosse,

ei sel riserba: e a lui chi fia che il tolga?

EGISTO

E a lui chi fia che il chiegga? Ei l'abbia: un tanto

amico suo da lui piú assai mertava.

Maraviglia ben ho, com'ei mal vivo

sul rogo stesso generosamente

sé coll'estinto non ardesse; e ch'una,

sola una tomba, di tal coppia eletta

non racchiudesse le reliquie estreme,

ORESTE

Oh rabbia; e tacer deggio?

PILADE

È ver, di duolo

Pilade non morí; ma in vita forse

pietoso amor del genitore antico

mal suo grado il serbò. Spesso è da forte,

piú che il morire, il vivere.

EGISTO

Mi abborre

Pilade al par che m'abborriva Oreste.

PILADE

Noi siam del padre messaggeri: ei brama

piena amistade or rinnovar con Argo.

EGISTO

Ma di Pilade è padre: egli raccolse

qual proprio figlio Oreste; ei dal mio sdegno

il difese, il sottrasse.

PILADE

Oreste spento,

non scema in te lo sdegno?

CLITENNESTRA

E qual d'Oreste

era il delitto?

ORESTE

Esser figliuol d'Atride.

EGISTO

Che ardisci tu?...

PILADE

Signor,... dove non suona

fama del ver? Sa tutta Grecia, quanto

t'inimicasse Atride; e sa, che i giorni

t'insidiò; che perseguirne il figlio

dovevi...

ORESTE

E sa, che mille volte e mille

tentato hai tu, con tradimenti, trarlo

a morte infame; e sa, che al sol suo aspetto

tremato avresti...

EGISTO

Oh! che di' tu? Chi sei?

Parla.

ORESTE

Son tale...

PILADE

Egli è... Deh! non sdegnarti,

Egisto;... egli è...

EGISTO

Chi?

ORESTE

Tal...

PILADE

Di Strofio il figlio,

Pilade egli è: null'altro in Argo il mena,

che desio di vedere il loco, ov'ebbe

Oreste suo la cuna. A pianger viene

con la madre l'amico. Il re concesso

gli ha di seguirmi ignoto; ogni regale

pompa lasciando, in umil nave ei giunge,

per men sospetto darti; a me la cura

ne affida il padre: ei, nell'udir d'Oreste,

tacer non seppe: ecco a te piano il tutto.

Deh! tu nol vogli or d'inesperti detti

reo tener; né stimar, ch'altro qui 'l tragga.

CLITENNESTRA

Oh ciel! Pilade questi? Oh! vieni; dimmi,

novel mio figlio;... almen ch'io sappia...

EGISTO

È vano,

donna, il tuo dir. - Qual ch'egli sia, tai sensi

uso a soffrir non son... Ma che? lo sguardo

ardente in me d'ira e furor tu figgi?

E tu lo inchini irresoluto a terra?

Voi messaggeri Strofio a me non manda;

voi mentitori, traditor voi sete.

Soldati, or tosto in ceppi...

PILADE

Deh! m'ascolta...

E fia pur ver, che un sol sospetto vano

romper ti faccia or delle genti il dritto?

EGISTO

Sospetto? In volto la menzogna stavvi,

ed il timor scolpito.

ORESTE

In cor scolpito

il rio timor ti sta.

CLITENNESTRA

Dite: non vera

potria forse la nuova?...

PILADE

Ah! cosí...

ORESTE

Tremi,

tremi tu giá, che il figlio tuo riviva,

novella madre?

EGISTO

Oh qual parlar! Si asconde

sotto que' detti alcun feroce arcano.

Pria che tu n'abbi pena...

PILADE

Oh ciel! deh! m'odi.

EGISTO

Il ver saprò. Traggansi intanto in duro

carcere orrendo... Ah! non v'ha dubbio; gli empi

son ministri d'Oreste. - Aspri tormenti

si apprestin loro: io stesso udrolli; io stesso

vo' saper lor disegni. Itene. In breve

certo esser vo', se è vivo o morto Oreste.

SCENA TERZA

Elettra, Clitennestra, Egisto.

ELETTRA

Oreste a morte? oh ciel, che veggio! O madre,

a morte trar lasci il tuo figlio?

CLITENNESTRA

Il figlio?...

EGISTO

Oreste? in Argo? in mio poter? tra quelli?

Oreste? Oh gioja! Guardie...

CLITENNESTRA

Il figlio!

ELETTRA

Ahi lassa!

ah! che diss'io?

EGISTO

Correte; al mio cospetto

ritornin tosto; ite, affrettate il piede,

volate. Oh gioja!

ELETTRA

Io l'ho tradito! io stessa!

CLITENNESTRA

Il figlio mio! - Crudel, se tu me pria

non sveni, trema...

EGISTO

In Argo, entro mia reggia,

perfida donna, il mio mortal nemico

introduci, nascondi?

ELETTRA

Erale ignoto

non men che a te: fu mio l'inganno.

EGISTO

E d'ambe

sará la pena.

CLITENNESTRA

Ah! no; me sola togli

di vita, me; ma i figli miei...

EGISTO

D'Atride

gl'iniqui avanzi? ah! non mi cape in seno

dalla letizia il core. Oggi, d'un colpo,

spenti fien tutti... Ma tornar giá veggio

i traditori: eccoli. Oh fausto giorno!

SCENA QUARTA

Oreste, Pilade, incatenati; Egisto, Clitennestra, Elettra, Soldati..

EGISTO

So tutto giá; sol qual di voi sia Oreste,

dite...

PILADE

Son io.

ORESTE

Menzogna: Oreste io sono.

CLITENNESTRA

Qual m'è figlio di voi? ditelo: scudo

a lui son io.

EGISTO

Tu parla, Elettra; e bada

a non mentir; qual è il fratello?

ELETTRA

È questi;[1]

questi è, pur troppo!

PILADE

Io, sí...

ORESTE

Nol creder.

PILADE

Cessa.

Poiché scoperta è l'alta trama, omai

del mio furor non osi altri vestirsi.

ORESTE

Mira, Egisto, se ardisci, il furor mira

ch'arde negli occhi miei; mira, e d'Atride

di' ch'io figlio non sono: al terror credi

ch'entro il codardo tuo petto trasfonde

sol la mia voce.

EGISTO

Traditor, codardo,

tu il sei; morrai tu di mia mano.

CLITENNESTRA

O il brando

trattieni, Egisto, o in me lo immergi: a loro

per altra via non giungi. Arresta... oh cielo!...

Deh! mi ti svela, Oreste. Ah sí; tu il sei.

ORESTE

Va'; tue man sanguinose altrove porta.

Ciascun di noi, se morir dessi, è Oreste:

nessun ti è figlio, se abbracciar tal madre

da noi si debbe.

CLITENNESTRA

Oh feri detti! Eppure,...

no, te non lascio.

EGISTO

Ecco qual premio merta

l'amor tuo insano. - Io ti conosco, Oreste,

alla tua filial pietá. Son degni

di te i tuoi detti, e di tua stirpe infame.

PILADE

Da parricida madre udir nomarsi

figlio, e tacer, può chi di lei non nasce?

ORESTE

Cessate...

ELETTRA

Egisto, or non t'avvedi? è quegli

Pilade e mente, per salvar l'amico...

EGISTO

Salvar l'amico? E qual di voi fia salvo?

ORESTE

Ah! se di ferro non avessi io carche

le mani, a certa prova, or visto avresti

se Oreste io son; ma, poiché il cor strapparti

piú con man non ti posso, abbiti questo

palesator dell'esser mio.

PILADE

Deh! cela

quel ferro. Oh cielo!

ORESTE

Egisto, il pugnal vedi,

ch'io, per svenarti, nascoso portava?

E tu il ravvisi, o donna? È questo il ferro,

che tu con mano empia tremante in petto

piantasti al padre mio.

CLITENNESTRA

La voce, gli atti,

l'ira d'Atride è questa. Ah! tu sei desso.

Se non vuoi ch'io ti abbracci, in cor mi vibra

quel ferro tu; del padre in me vendetta

miglior farai. Giá, finch'io vivo, forza

non è che mai dal fianco tuo mi svelga.

O in tua difesa, o per tua mano io voglio

morire. Oh figlio!... Ancor son madre: e t'amo...

deh, fra mie braccia!...

EGISTO

Scostati. Che fai?...

A un figlio parricida?... Olá: di mano,

guardie, il ferro...

ORESTE

Il mio ferro a te, cui poscia

nomerò madre, cedo: eccolo; il prendi:

trattar tu il sai; d'Egisto in cor lo immergi.

Lascia ch'io mora; a me non cal, pur ch'abbia

vendetta il padre: di materno amore

niun'altra prova io da te voglio: or via,

svenalo tosto. Oh! che vegg'io? tu tremi?

tu impallidisci? tu piangi? ti cade

di mano il ferro? Ami tu Egisto? l'ami;

e sei madre d'Oreste? Oh rabbia! Vanne,

ch'io mai piú non ti vegga.

CLITENNESTRA

Oimè!... mi sento...

morire...

EGISTO

È questo[2], è questo (e a me sol spetta)

lo stil, che il padre trucidava; e il figlio

truciderá. Ben lo ravviso; io l'ebbi

tinto giá d'altro sangue; e a lei lo diedi

io stesso giá. - Ma forse appieno tutte,

tu giovinetto eroe, non sai le morti

di questo acciaro. Atréo, l'avo tuo infame,

vibrollo in sen de' miei fratelli, figli

del suo fratel Tiéste. Io del paterno

retaggio altro non m'ebbi: ogni mia speme,

in lui riposi; e non invan sperai.

Quanto riman di abbominevol stirpe,

tutto al fin, tutto il tengo. Io te conobbi

al desir, che d'ucciderti sentia. –

Ma, qual fia morte, che la cena orrenda,

che al mio padre imbandí l'avo tuo crudo,

pareggi mai?

CLITENNESTRA

Morte al mio figlio? morte

avrai tu primo.

EGISTO

A me sei nota: trema

anco per te, donna, sei omai... Dal fianco

mio non scostarti.

CLITENNESTRA

Invan.

EGISTO

Trema.

ELETTRA

Deh! sbrama

in me tua sete, Egisto: io pur son figlia

d'Atride, io pur. Mira, a' tuoi piedi...

ORESTE

Elettra,

che fai?

PILADE

Fu mia la trama; io non avea,

com'essi, un padre a vendicar; pur venni,

a trucidarti io venni: in me securo

incrudelir tu puoi. D'Oreste il sangue

versar non puoi senza tuo rischio in Argo...

EGISTO

Pilade, Elettra, Oreste, a morte tutti:

e tu pur, donna, ove il furor non tempri.

ORESTE

Me solo, me. Donzella inerme a morte

trar, che ti giova? È di signor possente

Pilade figlio; assai tornarten danno

potria di lui: me sol, me solo svena. –

O voi, miglior parte di me, per voi

l'alma di duol sento capace: il mio,

troppo bollor vi uccide: oh ciel! null'altro

duolmi. Ma pur, vedere, udir costui,

e raffrenarmi, era impossibil cosa...

Tanto a salvarmi feste; ed io vi uccido!

EGISTO

Oh gioja! piú gran pena che la morte

dar ti poss'io? Svenati innanzi dunque

cadangli, Elettra pria, Pilade poscia;

quindi ei sovr'essi cada.

CLITENNESTRA

Iniquo...

ELETTRA

O madre,

cosí uccider ne lasci?

PILADE

Oreste!

ORESTE

Oh cielo!...

Io piango? Ah! sí; piango di voi. - Tu, donna,

giá sí ardita al delitto, or debil tanto

all'ammenda sei tu?

CLITENNESTRA

Sol ch'io potessi

trarmi dall'empie mani; oh figlio!...

EGISTO

Infida;

di man non m'esci. - Omai del garrir vostro

stanco son io: tronchinsi i detti. A morte

che piú s'indugia a trarli? Ite. - Dimante,

del loro morir m'è la tua vita pegno.

SCENA QUINTA

Egisto, Clitennestra.

EGISTO

Donna, vien meco, vieni. - Al fin vendetta

piena, o Tiéste, abbenché tarda, avemmo.


ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

Egisto, Soldati.

EGISTO

Oh inaspettato tradimento! oh rabbia!

Oreste sciolto? Or si vedrá.

SCENA SECONDA

Clitennestra, Egisto.

CLITENNESTRA

Deh! volgi

addietro i passi.

EGISTO

Ah scellerata! all'armi

corri tu pure?

CLITENNESTRA

Io vo' salvarti: ah! m'odi;

non son piú quella...

EGISTO

Perfida...

CLITENNESTRA

T'arresta.

EGISTO

Darmi, perfida, vivo promettesti

a quel fellon tu forse?

CLITENNESTRA

A lui sottrarti,

perir dovessi, io giuro. Ah! qui rimani;

in securo ti cela; al furor suo

argin son io frattanto.

EGISTO

Al furor suo

argin miglior fian l'armi. Or va'; mi lascia.

Io corro...

CLITENNESTRA

Ahi! dove?

EGISTO

A trucidarlo.

CLITENNESTRA

A morte

tu corri. Oimè! che fai? del popol tutto

non odi gli urli, il minacciar? t'arresta;

io non ti lascio.

EGISTO

Invan l'empio tuo figlio

speri a morte sottrar. Scostati, taci,

lasciami, o ch'io...

CLITENNESTRA

Tu sí, svenami, Egisto,

se a me non credi. «Oreste». Odi tu? «Oreste».

Qual d'ogni intorno quel terribil nome

alto risuona? ah! piú non sono io madre,

se tu in periglio stai: contro il mio sangue

giá ridivengo io cruda.

EGISTO

Il sai, gli Argivi

odian l'aspetto tuo: nei loro petti,

or col mostrarti, addoppieresti l'ira.

Ma il fragor cresce. Ah! tu ne fosti, iniqua,

tu la cagion: per te indugiai vendetta,

ch'or torna in me.

CLITENNESTRA

Me dunque uccidi.

EGISTO

Scampo

io troverò per altra via.

CLITENNESTRA

Ti sieguo.

EGISTO

Mal ti fai scudo a me; lasciami: vanne:

a niun patto al mio fianco te non voglio.

SCENA TERZA

Clitennestra.

CLITENNESTRA

Mi scaccian tutti!... Oh doloroso stato!

Me non conosce piú per madre il figlio;

né per moglie il marito: e moglie, e madre

io son pur anco. Ahi misera! da lungi

pur vo' seguirlo, e non ne perder l'orme.

SCENA QUARTA

Elettra, Clitennestra.

ELETTRA

Madre, ove vai? deh! nella reggia il piede

ritorci: alto periglio...

CLITENNESTRA

Oreste, narra,

dov'è? che fa?

ELETTRA

Pilade, Oreste, ed io,

salvi siam tutti. Ebber pietá gli stessi

satelliti d'Egisto. «Oreste è questi.»

grida primier Dimante; il popol quindi:

«Oreste viva; Egisto, Egisto muoia».

CLITENNESTRA

Che sento!

ELETTRA

Ah madre! acquetati; il tuo figlio

rivedrai tosto; e delle spoglie infami

del tiranno...

CLITENNESTRA

Ahi crudel! Lasciami, io volo...

ELETTRA

No, no; rimani: il popol freme; e ad alta

voce ti appella parricida moglie.

Non ti mostrar per or; correr potresti

periglio grave: a ciò venn'io. Di madre

in te il dolor, nel veder trarci a morte,

tutto appariva: del tuo fallo omai

l'ammenda festi. A te il fratel mi manda,

a consolarti, assisterti, sottrarti

da vista atroce. A ricercar d'Egisto

trascorron ratti in ogni parte intanto

Pilade ed egli, in armi. Ov'è l'iniquo?

CLITENNESTRA

L'iniquo è Oreste.

ELETTRA

Oh ciel! che ascolto?

CLITENNESTRA

Io corro

a salvarlo; o a morir con esso io corro.

ELETTRA

No, madre, non v'andrai. Fremon gli spirti...

CLITENNESTRA

Mi è dovuta la pena; androvvi...

ELETTRA

O madre,

quel vil, che i figli tuoi poc'anzi a morte

traea, tu vuoi?...

CLITENNESTRA

Sí, lo vo' salvo, io stessa.

Sgombrami il passo: il mio terribil fato

seguir m'è forza. Ei mi è consorte; ei troppo

mi costa: perder nol vogl'io, né posso.

Voi traditori a me non figli abborro:

a lui n'andrò: lasciami, iniqua; ad ogni

costo v'andrò: deh! pur ch'io giunga in tempo!

SCENA QUINTA

Elettra.

ELETTRA

Va', corri dunque al tuo destin, se il vuoi...

Ma tardi fien, spero, i suoi passi. - Armarmi

che non poss'io la destra anco d'un ferro,

per trapassar di mille colpi il petto

d'Egisto infame! Oh cieca madre! oh come

affascinata da quel vil tu sei! –

Ma, pure... io tremo;... or se l'irata plebe

fare in lei del suo re vendetta?... oh cielo!

Seguasi. - Ma chi vien? Pilade! e seco

il fratello non è?

SCENA SESTA

Pilade, Elettra, Seguaci di Pilade.

ELETTRA

Deh! dimmi: Oreste?...

PILADE

D'armi ei cinge la reggia: è certa omai

la preda nostra. Ove si appiatta Egisto?

Vedestil tu?

ELETTRA

Vidi, e rattenni indarno

la forsennata sua consorte: fuori,

per questa porta, ella scagliossi; e disse,

che volea di sé fare a Egisto scudo.

Ito era dunque ei pria fuor della reggia.

PILADE

Che agli Argivi mostrarsi osato egli abbia?

Dunque a quest'ora ucciso egli è: felice

chi primiero il fería! - Ma, piú dappresso,

maggiori odo le strida...

ELETTRA

«Oreste»? Ah fosse!...

PILADE

Eccolo, ei vien nel furor suo.

SCENA SETTIMA

Oreste, Pilade, Elettra, Seguaci d'Oreste, e di Pilade.

ORESTE

Null'uomo

di voi si attenti or trucidarmi Egisto:

brando non v'ha qui feritor, che il mio. –

Egisto, olá; dove se' tu, codardo?

Egisto ove sei tu? Vieni; ti appella

voce di morte: ove se' tu?... Non esci?

Ahi vil! ti ascondi? Invan; né del profondo

Erebo il centro asil ti fia. Vedrai,

tosto il vedrai, s'io son d'Atride il figlio.

ELETTRA

... Ei... qui non è.

ORESTE

Perfidi, voi, voi forse

senza me l'uccideste?

PILADE

Ei della reggia

fuggí, pria ch'io venissi.

ORESTE

Ei nella reggia

si asconde: io nel trarrò. - Qui per la molle

chioma con man strascinerotti: preghi

non v'ha; né ciel, né forza havvi d'averno,

che ti sottragga a me. Solcar la polve

farotti io fino alla paterna tomba

col vil tuo corpo: ivi a versar trarrotti,

tutto a versar l'adultero tuo sangue.

ELETTRA

Oreste, a me non credi? a me?...

ORESTE

Chi sei?

Egisto io voglio.

PILADE

Ei fugge.

ORESTE

Ei fugge? e voi,

vili, qui state? il troverò ben io.

SCENA OTTAVA

Clitennestra, Elettra, Pilade, Oreste, Seguaci d'Oreste, e di Pilade.

CLITENNESTRA

Figlio, pietá.

ORESTE

Pietá?... Di chi son figlio?

Io son d'Atride figlio.

CLITENNESTRA

È di catene

giá carco Egisto.

ORESTE

Ancor respira? oh gioja!

A trucidarlo vò.

CLITENNESTRA

T'arresta. Io sola

il tuo padre svenai; svenami:... Egisto

reo non ne fu.

ORESTE

Chi, chi mi afferra il braccio?

chi mi rattiene? oh rabbia! Egisto... io 'l veggo;

qui strascinato ei vien;... togliti...

CLITENNESTRA

Oreste,

non conosci la madre?

ORESTE

Egisto pera.

Muori fellon; di man d'Oreste or muori.

SCENA NONA

Clitennestra, Elettra, Pilade, Seguaci di Pilade.

CLITENNESTRA

Ahi! mi sfuggí!... Tu svenerai me pria.

SCENA DECIMA

Elettra, Pilade, Seguaci di Pilade.

ELETTRA

Pilade, va'; corri, trattienla, vola;

qui la ritraggi.

SCENA UNDECIMA

Elettra.

ELETTRA

Io tremo... Ella è pur sempre

madre: pietade aver sen dee. - Ma i figli

vedea pur ella sulle soglie or dianzi

di morte infame; e il duolo in lei, l'ardire

era allor quanto è per costui? - Ma giunto

è il giorno al fin sí sospirato. Esangue

tu cadi al fin, tiranno. - Un'altra volta

la reggia tutta rimbombare io sento

de' pianti, e gridi, onde eccheggiar la udia

in quella orribil sanguinosa notte,

che fu l'estrema al padre mio. - Giá il colpo,

vibrò il gran colpo Oreste. Egisto cadde;

giá me lo annunzia il popolar tumulto:

eccolo, Oreste vincitor: grondante

di sangue ha il ferro.

SCENA DUODECIMA

Elettra, Oreste.

ELETTRA

O fratel mio, deh! vieni;

vendicator del re dei re, del padre,

d'Argo, di me; vieni al mio sen...

ORESTE

Sorella,...

me degno figlio al fin d'Atride vedi.

Mira, è sangue d'Egisto. Io 'l vidi appena,

corsi a ucciderlo lá; né rimembrai

di strascinarlo alla tomba del padre.

Ben sette e sette volte entro all'imbelle

tremante cor fitto e rifitto ho il brando: -

pur non ho sazia la mia lunga sete.

ELETTRA

In tempo dunque a rattenerti il braccio

non giungea Clitennestra.

ORESTE

E chi da tanto

fora? a me il braccio rattener? Sovr'esso

io mi scagliai; non è piú ratto il lampo.

Piangea il codardo, e piú m'empiea di rabbia

quel pianto infame. Ah padre! uom che non osa

morir, ti uccise?

ELETTRA

Or vendicato è il padre;

tuoi spirti acqueta; e dimmi: agli occhi tuoi

Pilade non occorse?

ORESTE

Egisto io vidi,

null'altro. - Ov'è Pilade amato? e come

a tanta impresa non l'ebb'io secondo?

ELETTRA

A lui la disperata madre insana

dianzi affidai.

ORESTE

Nulla di loro io seppi.

ELETTRA

Ecco, Pilade torna;... oh ciel! che veggio?

Solo ei ritorna?

ORESTE

E mesto!

SCENA ULTIMA

Oreste, Pilade, Elettra.

ORESTE

Oh! perché mesto,

parte di me, se' tu? non sai che ho spento

io quel fellone? vedi; ancor di sangue

è stillante il mio ferro. Ah, tu diviso

meco i colpi non hai! pasciti dunque

di questa vista gli occhi.

PILADE

Oh vista! - Oreste,

dammi quel brando.

ORESTE

A che?

PILADE

Dammelo.

ORESTE

Il prendi.

PILADE

Odimi. - A noi non lice in questa terra

piú rimaner: vieni...

ORESTE

Ma qual?...

ELETTRA

Deh! parla:

Clitennestra dov'è?

ORESTE

Lasciala: or forse

al traditor marito ella arde il rogo.

PILADE

Piú che compiuta hai la vendetta: or vieni;

non cercar oltre...

ORESTE

Oh! che di' tu?...

ELETTRA

La madre

ti ridomando, Pilade. - Oh, qual m'entra

gel nelle vene!

PILADE

Il cielo...

ELETTRA

Ah! spenta forse...

ORESTE

Volte in se stessa infuriata ha l'armi?...

ELETTRA

- Pilade; oimè!... tu non rispondi?

ORESTE

Narra;

che fu?

PILADE

Trafitta...

ORESTE

E da qual mano?

PILADE

- Ah! vieni...

ELETTRA

Tu la uccidesti.

ORESTE

Io parricida?...

PILADE

Il ferro

vibrasti in lei, senza avvederten, cieco

d'ira, correndo a Egisto incontro...

ORESTE

Oh quale

orror mi prende! Io parricida? - Il brando,

Pilade, dammi: io 'l vo'...

PILADE

Non fia.

ELETTRA

Fratello...

PILADE

Misero Oreste!

ORESTE

Or, chi fratel mi noma?

Empia, tu forse, che serbato a vita,

e al matricidio m'hai? - Rendimi il brando,

il brando;... oh rabbia! - Ove son io? che feci?...

Chi mi trattien?... Chi mi persegue?... Ahi! dove,

dove men fuggo?... ove mi ascondo? - O padre,

torvo mi guardi? a me chiedesti sangue:

e questo è sangue;... e sol per te il versai.

ELETTRA

Oreste, Oreste... Ahi misero fratello!...

Giá piú non ci ode;... è fuor di sé... Noi sempre,

Pilade, al fianco a lui staremo...

PILADE

Oh dura

d'orrendo fato inevitabil legge!


[1] Correndo verso Pilade

[2] Raccogliendo il pugnale caduto appiè di Clitennestra.