O S C A R W I L D E
in
“Divagazioni e delizie”
(Diversions and delights)
di
John Gay
traduzione e adattamento
di
Masolino d’Amico
Una serata con Sebastian Melmoth
(Oscar Wilde) a Parigi, il 28 novembre 1899
NOTA
Sullo stato della salute di Oscar Wilde in questo spettacolo. Wilde soffre di un’infezione all’orecchio che a sua insaputa si è estesa in direzione del cervello e che, con l’ulteriore complicazione della sifilide, causerà la sua morte mediante una meningite cerebrale.
Alto, grosso, imponente, lento nei movimenti, Wilde ha ripreso i chili che aveva perso in prigione e adesso tende alla corpulenza con un volto esangue, glabro, dalla pelle ruvida, naso ben formato e labbra sensuali, spesse, color porpora.
La sua voce nella descrizione di Franklin Dyall, che lo conobbe bene, è del tipo vellutato, melliflua, rotonda, dotata in un certo senso di una qualità affettata un po’ adenoidea ma in pratica, puro violoncello, molto gradevole.
Wilde è stato definito il più grande autoconsapevole deliberato maestro d’arte della conversazione che abbia mai parlato in lingua inglese.
Ma, come si è notato sopra, le sue condizioni di salute non sono buone.
UN TAVOLO CON SOPRA UNA BOTTIGLIA E UN BICCHIERE. SUL TAVOLO UN VASO CON UN GAROFANO VERDE
(da dentro)Pourquoi me demandez-vous? Ne les laissez pas entrer! Fermez les portes ! Appelez la police ! On a bien payé la salle. Ne les permettez de nous déranger !
LUCI SULLA SCENA. ENTRA WILDE.
Buonasera. Mi chiamo Oscar Fingal O’ Flahertie Wilde.
Non sono inglese.
Sono irlandese. Che è tutt’un’altra cosa.
Francais de sympathie, je suis irlandais de race, et les Anglais m’ont condamné à parler le langage de Shakespeare.
Ma non ho bisogno di parlare francese stasera.
Siamo fra compatrioti.
A questo punto forse vi domanderete se io sono Oscar Wilde, chi è questo signore annunciato sul programma come Sebastian Melmoth? Eccolo. Lo avete davanti. Siamo la stessa persona.
Sebastian Melmoth l’ho inventato io. E’ un alter ego che ho dovuto adottare durante questo mio esilio qui in Francia. Più che altro per salvaguardare la verecondia del postino. Sì, per non fare arrossire quel brav’uomo. Che quindi la sera non è costretto a confessare ai suoi cari di aver portato la corrispondenza all’uomo noto come Oscar Wilde. Niente Oscar Wilde. Nessun personaggio spregevole sull’itinerario del postino.
Ma per voi non ci sono segreti.
Siete venuti a vedere in carne e ossa il perverso Oscar Wilde e dunque, eccomi. Sono vostro per tutta la sera.
Uno scandalo vivente. Anche se gli scandali prosperano più per l’odio di chi li inventa… ma andiamo avanti. Devo riconoscere che è alquanto seccante scoprirsi autore di libri che non portano più il proprio nome. “L’importanza di essere onesto” ”Un marito ideale” “Il ritratto di Dorian Grey”. Ora, su tutti quanti c’è scritto “dell’autore del “Ventaglio di Lady Windermere”. Davvero. Perfino sul “Ventaglio di Lady Windermere”: “Il Ventaglio di Lady Windermere, dell’autore del Ventaglio di Lady Windermere”.
PRENDE IL GAROFANO VERDE E SE LO INFILA ALL’OCCHIELLO
Un’asola veramente ben fatta è il solo punto di contatto fra arte e natura.
SI VERSA DA BERE
Vedete questo bicchier d’acqua? Doveva essere un bicchiere di assenzio, ingannando voi. Invece è veramente acqua. Hanno ingannato me.
VERSO LA QUINTA
Où est - il l’absinthe? Vous avez promis un verre d’absinthe. Où est-il ? Vite ! Vite !
RIENTRA
Che cari a venire questa sera. Grazie a tutti voi, che mi fate sentire a casa mia, in questa città. Anche ieri ho colto per strada uno che diceva “Guarda là quel cialtrone di Oscar Wilde”.
Non è straordinario quanto ci si mette poco a diventare popolare?
Io adoro la vostra città. In questo mi sento quasi americano. Lo sapete, no? Gli americani buoni quando muoiono vanno a Parigi e quelli cattivi…be’..quelli cattivi restano in America.
Mi avevano detto che stasera forse sarebbe venuto qualcuno dei miei amici di una volta. Chissà se è vero. Per quanto, Dio solo sa che cosa possono più volere da me. Contrizione? Denunce? Che noia.
Stasera parlerò del più e del meno.
Non è la prima volta che mi pagano per mostrarmi in pubblico.
Molti anni fa ebbi il piacere di intraprendere un giro di conferenze in quei singolari stati cosiddetti uniti, in America. L’invito mi sorprese parecchio, non me l’aspettavo.
Da New York alla California.
Gli Americani non hanno classi inferiori, come non hanno rovine.
Hanno invece molte meraviglie naturali.
Le chiamano così. Il Niagara, per esempio.
Ma per conoscere la vera America bisogna andare nel West.
Dopo sei giorni di treno attaccato a una scatola di latta, una volta finii in un paesino sperduto chiamato Leadville. Oggi Leadville ha fama di essere la città più ricca del mondo. Tutti i suoi abitanti lavorano nelle miniere d’oro e tutti portano la pistola. Mi avevano mandato a dire che se avessi fatto tanto di presentarmi avrebbero sparato a me e al mio impresario. Io risposto che qualunque cosa avessero fatto al mio impresario non avrebbe avuto il potere di intimidirmi. Andò a finire che mi presentai e feci una conferenza sull’Etica dell’Arte. Furono estasiati. Apprezzarono soprattutto una lettura di passi dall’autobiografia di Benvenuto Cellini. Al punto che mi rimproverarono di non averlo portato con me. E quando spiegai che era morto già da qualche tempo, chiesero “chi gli ha sparato?”
Dopo la conferenza mi invitarono a pranzo in un saloon: un pranzo di tre portate. La prima era whisky, la seconda, whisky e la terza whisky. Quel saloon mi è rimasto impresso perché fu lì che mi imbattei nel solo sistema razionale di critica d’arte che mi senta di condividere. C’era una pista da ballo e c’era un pianoforte. Sul piano era esposto un cartello SI PREGA DI NON SPARARE AL PIANISTA. FA QUELLO CHE PUO’..
Ebbi successo dappertutto, in America. Anche al Sud.
Il Sud è affascinante.
Con un solo difetto: la gente continua ancora oggi a rapportare tutto alla guerra civile. Una volta stavo parlando con un vecchio gentiluomo e dissi “com’è bella la luna, stasera” “sì” rispose lui, “ma doveva vederla prima della guerra”.
Il difetto degli americani? Direi la mancanza di senso dell’umorismo. Sono di una serietà anormale . Forse perché l’America non ha mai perdonato all’Europa di averla scoperta.
SPARISCE IN QUINTA. POI RITORNA LEVANDO IN ALTO IL BICCHIERE DI ASSENZIO
L’assenzio. Brilla nel crepuscolo e si sparge intorno alla seduzione di strani peccati. Può trasportarvi in paesi barbarici dove gli unicorni si accoppiano coi porcospini.
A volte esagero. Anzi, spesso io mento.
Non nel senso in cui mentono per esempio gli uomini politici. Loro non sono mai dei veri bugiardi.. Arrivano all’inesattezza, alla distorsione deliberata, si prendono comunque la pena di dimostrare, discutere, argomentare…c’è una bella differenza tra questo e il temperamento del vero bugiardo! Il bugiardo è impavido, franco, irresponsabile, disprezza qualsiasi tipo di dimostrazione. Una bella menzogna non può essere dimostrata che da se stessa. No, gli uomini politici sono troppo mediocri.
Si potrebbe forse dire qualcosa a favore degli avvocati ma anche loro per quanto si adoperino, di rado riescono a sopprimere completamente la verità.
La gente parla scriteriatamente di “bugiardi nati” così come parla di “poeti nati”. Ma in tutti e due i casi sbaglia. Tanto il mentire quanto la poesia sono arti – arti come capì bene Platone, non prive di punti di contatto fra loro – e richiedono lo studio più attento , la devozione più disinteressata.
Quanti giovanotti vediamo cominciare la vita con un talento naturale per l’esagerazione che se fosse nutrito in un ambiente congeniale e ben disposto potrebbe crescere fino a diventare qualcosa di veramente grande e meraviglioso.
Invece questi giovanotti o prendono la deplorevole abitudine della precisione o si mettono a frequentare persone anziane e bene informate. Entrambe le cose hanno conseguenze disastrose per la loro fantasia. Ed ecco che ben presto in costoro si manifesta una morbosa, malsana propensione a dire la verità.
Cominciano a controllare tutto quanto sentono affermare e spesso finiscono con lo scrivere romanzi talmente simili alla vita che nessuno può credere alla loro plausibilità.
Una volta la menzogna regnava sovrana. Almeno nell’arte. Non dico solo nella poesia: i poeti con poche sciagurate eccezioni, sono sempre stati fedeli alla loro alta missione e godono fama universale di inattendibilità. Ma prendiamo la grande prosa classica: non mancano certo i capolavori in cui i fatti o sono tenuti nella posizione subordinata che loro si addice, ovvero sono esclusi del tutto per via della loro banalità.
Pensiamo a Erodoto, autore che nonostante gli squallidi e ingenerosi tentativi degli storici moderni di verificare i dati delle sue storie, può giustamente aspirare al titolo di padre delle bugie.. pensiamo a Cicerone, a Svetonio, a Plinio, alle vite dei santi, all’Autobiografia di Benvenuto Cellini e alle Memorie di Casanova. Certo, sono costretto a citare solo opere del passato.
A quell’epoca i libri venivano scritti dagli artisti e letti dal pubblico.
Oggi i libri sono scritti dal pubblico col risultato che non li legge più nessuno. Nel mondo di oggi è cambiato tutto.
I fatti non solo trovano posto nella storia ma usurpano addirittura i domini della fantasia; hanno invaso il regno dell’invenzione. Il loro freddo tocco è ormai dappertutto. Stanno involgarendo l’umanità.
Non che manchino di scrittori, soprattutto in prosa.
Ma il guaio con loro è che non inventano più niente.
Invece di correggere la vita, la copiano senza pudore.
Credo che “Capitani coraggiosi” del signor Kipling sia popolarissimo oggigiorno. Non riuscirò mai a capire perché un autore debba scrivere un libro sulla pesca del merluzzo. Sarà perché il merluzzo non lo mangio mai.
E gli americani? Il crudo commercialismo dell’America.
Il suo spirito materialista, la sua indifferenza al lato poetico delle cose e la sua mancanza di fantasia e di ideali alti e irraggiungibili, sono totalmente dovuti al fatto che quel Paese ha adottato come proprio eroe nazionale un uomo che secondo la sua stessa confessione era incapace di dire una sola bugia: George Washington, personaggio che forse ha fatto più male alla letteratura di qualunque altro.
Noi scoraggiamo il bugiardo.
Lo scopo del bugiardo è semplicemente quello di affascinare, di dare piacere. Egli è la base della società civile. Il giorno in cui si ripresentasse fra noi , non soltanto la società dovrebbe corrergli incontro ma l’Arte, sottraendosi alla prigione del realismo lo bacerà sulla bella bocca menzognera.
L’Arte sa benissimo che solo il bugiardo possiede il suo segreto, ossia il segreto che la Verità è solo una questione di stile; mentre la Vita – la povera, probabile, noiosa vita umana, stanca di ripetersi a beneficio degli storici scientifici e dei compilatori di statistiche, lo seguirà a capo chino e cercherà di riprodurre, nel suo modo semplice e ineducato, alcune delle meraviglie di cui egli parla.
Che cos’è la Natura?
La Natura non è la Grande Madre che ci genera.
La Natura è una nostra creazione. Essa vive nel nostro cervello.
Le cose esistono perché noi le vediamo e quello che vediamo e come lo vediamo dipende dalle arti che ci hanno influenzati.
Guardare una cosa è molto diverso dal vederla.
Non si vede niente finché non si è percepita la bellezza. Allora e solo allora le cose cominciano a esistere. Oggi la gente vede le nebbie non perché ci siano delle nebbie ma perché poeti e pittori hanno insegnato la misteriosa grazia di tali effetti. A Londra ci saranno state nebbie per secoli, non lo metto in dubbio. Ma non le aveva mai viste nessuno. Non sono esistite finché l’arte non le ha inventate.
E poi, la varietà dell’Arte! La sua capacità di rinnovarsi!
L’Arte crea un effetto unico e incomparabile e poi passa ad un altro.
Ma la Natura, dimenticando che l’imitazione comincia come omaggio e finisce come insulto continua a ripetere quello stesso effetto finché nessuno ne può più. Per esempio, oggi nessuno che abbia un briciolo di cultura si azzarda a parlare della bellezza di un tramonto. I tramonti sono fuori moda. Appartengono all’epoca di Turner. Ammirarli oggi è da provinciali. Ma loro continuano a manifestarsi, imperterriti. L’altra sera una signora mia amica mi ha costretto ad andare alla finestra , a vedere quello che le sembrava uno spettacolo meraviglioso; ho obbedito e cosa ho trovato? Un quadro di Turner, ma del periodo peggiore, di quelli in cui tutti i difetti del pittore sono moltiplicati per mille…
A questo punto col vostro permesso vorrei leggervi una poesia.
L’ho composta io.
Ho scelto “La casa del peccato”. Titolo che spero non vi deluda.
“La casa del peccato”
ESITA
Ma voi amate la poesia? Io mi meraviglio sempre del fatto che la poesia abbia prosperato in Inghilterra. Credo che la sua salute dipenda dal fatto che il pubblico non la legge…
“La casa del peccato”
….
Spero l’abbiate trovata immorale. Non esiste un solo vero poeta di questo secolo al quale gli inglesi non abbiano solennemente conferito un diploma di immoralità. L’arte, si dice oggi, dovrebbe ammaestrare, dovrebbe migliorarci, farci diventare più.. sani.
Ma vogliamo chiederci che cos’è l’arte? L’arte è una cosa sola . Bellezza. E non c’è niente di sano nella bellezza. La bellezza è troppo splendida per essere sana. Per questo tutta l’arte è inutile. Si può perdonare chi fa un oggetto utile a patto che non lo ammiri. La sola scusa per fare un oggetto inutile è che lo si ammira intensamente.
La visione della vita dell’artista domina su ogni cosa e andrebbe applicata a soprattutto alla religione e alla moralità.
L’artista sa che non esiste una cosa come un libro morale o immorale. I libri sono ben scritti o mal scritti, tutto qua.
Quando si usa il termine immorale per un libro , è perché semplicemente il libro mostra il mondo nella sua vergogna.
Invece la moralità è l’atteggiamento che adottiamo verso le persone che non ci piacciono. Sono i buoni che fanno i danni a questo mondo, e il maggior danno che fanno è di assegnare al male un’importanza così straordinaria.
Io ho avuto dei lavori attaccati proprio da un punto di vista della morale. Il ritratto di Dorian Gray l’hanno definito brutto, volgare, rozzo, putrefazione maleodorante, tale da corrompere qualsiasi giovane mente vi entri in contatto, grufola nel fango, libro effeminato, vizioso, disgustoso, tedioso…
Tedioso? Questo poi no
In quella occasione si arrivò a sostenere che il governo dovrebbe esercitare la censura sulle opere della fantasia. Il governo processerebbe Shakespeare per il Riccardo III?.. Be’ .. certi governi forse sì.
SI PREME L’ORECCHIO
Scusate.. ho avuto un incidente in carcere …
FINISCE L’ASSENZIO, GUARDA VERSO LA QUINTA
Non ci sarebbe per caso un altro bicchiere di assenzio lì fuori, da qualche parte?.. Non! Bene… la vita è piena di piccole delusioni, ma si tira avanti.
Vi dirò una cosa che chiamo poesia in prosa. E’ un racconto. Una parabola. Quello che volete. Dopo, volendo, potete comprarlo all’uscita. Si trova in uno dei miei libri.
Onorio era un eremita di grande santità che viveva solo in una grotta. Forse per essere di grande santità bisogna vivere soli in una grotta. Venne a cercarlo la figlia del re, aveva sentito dire che una volta , prima di abbandonare il mondo, lui era stato molto bello. E non poteva credere che una volta vista lei avrebbe potuto mantenere i suoi voti, perché nessun uomo era mai riuscito a resisterle. E così la figlia del re lasciò la grande città e andò nel deserto a cercare il sant’uomo; dei contadini le indicarono la grotta e lei si fermò lì davanti e lo chiamò per nome.
Quando lui uscì, lei disse che era figlia di un grande re e che se lui l’avesse seguita ad Alessandria lo avrebbe fatto diventare principe.
Ma Onorio l’eremita non le badò e le rispose che c’è un solo Re, e che è morto sulla croce; e c’è un solo amore, l’amore di Dio; e parlò con disprezzo del corpo e delle passioni umane e della bellezza terrena e delle cose di questo mondo.
Mentre parlava una nota di tenerezza si insinuò nella sua voce . Onorio l’eremita ebbe compassione della principessa e le disse di alleggerirsi l’anima, che era carica di peccati e di vivere da allora in avanti come serva di Colui che era morto per lei.
Allora la figlia del re disse a Onorio l’eremita della sua vita nella grande città e, dei re e dei principi che aveva avuto per amanti; gli parlò degli schiavi che avevano obbedito ai suoi ordini, degli uomini che erano morti per lei, della magnificenza della sua reggia, dei suoi abiti e dei suoi gioielli.
Ma ora che aveva ascoltato Onorio l’eremita, disse, aveva deciso di abbandonare la sua vita lussuosa e lussuriosa e di dedicarsi al Signore.
Mentre lei parlava Onorio l’eremita cominciò a desiderare le gioie che non aveva conosciuto e ad accorgersi che senza l’esperienza del piacere cui si rinuncia, non c’è sacrificio. E desiderò il corpo della figlia del re. E disse “Ti seguirò ad Alessandria e insieme assaporeremo i Sette Peccati”.
“No” disse lei “Poiché io so che la mia vita è stata malvagia; dunque non tornerò con te ad Alessandria”
“Quand’è così, andrò da solo” replicò lui “Addio” . E niente riuscì a smuoverlo.
E così la figlia del re che era venuta a tentare il sant’uomo e che ne era stata convertita, rimase nel deserto; mentre il sant’uomo, che aveva rinnegato il mondo finché la figlia de re non gliene aveva rivelate le delizie, si mise in viaggio per Alessandria. Ahimè. Lei morì di stenti. Lui di dissolutezze.
Ecco come si finisce quando si tenta di convertire il prossimo.
Secondo me ogni forma di altruismo andrebbe proibita per legge. E’ talmente demoralizzante per le persone a beneficio delle quali uno si sacrifica e che poi finiscono sempre male lo stesso.
Dimentichiamoci dei martiri, mandiamo avanti tutt’al più dei missionari.
E attenti ai riformatori. Dopo tutte le mie traversie personali non voglio riformare niente a questo mondo.
Nemmeno in Inghilterra vorrei cambiare niente, eccetto il clima.
Spero peraltro che nessuno di voi presenti stasera pensi che io stia tentando di diffamare la chiesa. Al contrario. Non riesco a concepire niente di meglio per la cultura di un paese della presenza in esso di un’organizzazione che si propone di promuovere la fede nel soprannaturale.
Di recente ho avuto occasione di visitare il Vaticano.
Ho ricevuto la benedizione papale ben sette volte, finché cessò di essere una novità.
La prima volta fu un giovedì santo.
Con terrore di tutta la corte papalina, mi trovai in prima fila fra i pellegrini al momento dell’ingresso del Santo Padre.
Papa Leone XIII mi apparve in tutta la sua magnificenza sulla sedia gestatoria, non di carne e sangue, ma bianca anima biancovestita, e artista oltre che santo, l’unico esempio nella storia, almeno secondo i giornali romani.
Non ho mai visto niente di simile alla grazia straordinaria del suo gesto quando si alzava, ogni pochi momenti a benedire, non so i pellegrini, ma certamente me. Un attore avrebbe tutto da imparare.
La mia commozione fu grande.
E il mio bastone da passeggio accennò a germogliare, anzi, sarebbe certamente fiorito se alla porta della cappella un bellissimo fante di picche non mi avesse costretto a lasciarlo al guardaroba.
Invece un episodio autentico, narratomi da un ben noto attore sul valore della presenza di spirito.
Questo attore aveva la parte principale in un dramma di gran successo nel West End, a Londra. Da mesi non si trovava un posto a pagarlo oro.
Una sera, proprio nel momento culminante, quando la fioraia respinge con sdegno le orribili proposte del malvagio marchese, grandi nubi di fumo si riversarono dalle quinte e i fondali furono lambiti da spesse lingue di fuoco.
Benché fosse stato subito abbassato il sipario di sicurezza, il pubblico si terrorizzò e si mise a correre verso le uscite.. seguirono tremende scene di panico con gli uomini che spingevano e si accalcavano, le donne che si aggrappavano e gridavano.
Al culmine del trambusto l’attore che dicevo entrò in sala attraverso la comunicazione con l’orchestra. Uno sguardo gli bastò per impadronirsi della situazione. Si arrampicò sul palcoscenico e lì si fermò davanti al sipario di amianto, con occhio che mandavano lampi e le braccia tese.
La sua voce squillò come una tromba per tutto il teatro, imponendo il silenzio.
Il pubblico conosceva bene quella voce e si sentì subito rassicurato; il panico cessò. Lui disse che non c’era più pericolo per il fuoco che ora era totalmente sotto controllo ma che esisteva un pericolo assai reale e che questo pericolo era il loro terrore. La vita di tutti dipendeva dalla calma di tutti. Che tornassero immediatamente ai loro posti e stessero tranquilli.
Pieni di vergogna tutti obbedirono e quando le uscite furono sgombrate e la gente si fu rimessa a sedere, l’attore scavalcò agilmente le luci della ribalta balzando in platea e scomparve alla prima porta che trovò.
Dopodiché l’auditorio si riempì di fumo; le fiamme penetrarono da ogni lato e nessun altro uscì vivo dalla sala.
Eccolo qui. Il valore della presenza di spirito.
NEL FRATTEMPO HA SPOSTATO LIBRI BICCHIERI ETC
Forse avrete notato questa mia piccola mania..di mettere le cose in ordine.. vedete.. in carcere..nella mia cella…ogni cosa doveva stare esattamente al suo posto. Se così non fosse stato anche per un momento solo, io sarei stato punito, e la punizione era così terribile che spesso mi svegliavo la notte, di soprassalto, per controllare a tentoni che tutto fosse dove volevano i regolamenti e nemmeno di un centimetro più a destra o a sinistra. Francamente quel terrore mi perseguita ancora… così che involontariamente, capite, le mie dita fanno ordine quando..
SBATTE IL BICCHIERE SUL TAVOLO
Ma è intollerabile. Un bicchiere solo di assenzio.
Chiedo scusa, non so che mi ha preso. Credo che i malumori, come i quadri del mio ex amico signor Whistler, non vadano mai esposti in pubblico.
In effetti non ho molti motivi per lamentarmi, dopotutto ho dei ricordi meravigliosi, di una vita ricca e piena.
Quand’ero giovane e appassionato, la vita dei libri aveva già cominciato a colpirmi più di quella vera. Romanzi, poesia… Assorbivo la cultura attraverso il piacere, come dev’essere. Dei miei compagni di scuola nove su dieci pensavano soltanto al football o al cricket o al remo.
Eravamo dei giovani barbari pieni di salute, niente di più. Sceglievamo gli amici in base all’istinto. Nel mio ultimo anno di scuola in Irlanda, c’era un ragazzo che aveva due anni meno di me ed eravamo grandi amici. Facevamo delle lunghe chiacchierate , delle lunghe camminate, io parlavo interminabilmente di quello che avrei fatto se fossi stato Alessandro o di come avrei fatto il re ad Atene se fossi stato Alcibiade.
Il mio amico sapeva ascoltare.
Ero talmente preso dal piacere di parlargli di me che sapevo pochissimo di lui. E’ strano, ora che ci penso. Ma l’ultimo episodio della mia vita scolastica mi fece pensare che lui fosse una sorta di poeta silenzioso e che avesse dentro molto di più di quanto avessi immaginato.
Fu subito dopo avere vinto una borsa di studio, quando stavo per partire per il Trinity College. Corsi a dare la bella notizia al mio amico.
Ma con mia sorpresa lui parve freddo e un po’ amaro “sembri felice di andartene”, disse.
“ma certo. Pensa, il Trinity College, Dublino. Sono pazzo di felicità. E’ il primo passo verso Oxford, verso la fama”. Sempre con la stessa freddezza, aggiunse: “voglio dire, felice di andartene da qui. Di lasciarci. Di lasciare me” “ma no, che dici, sciocco” spiegai “io sono sempre contento quando sto con te; e forse anche tu verrai al Trinity, un giorno”. “no” disse lui. “temo di no. Ma verrò a Dublino”.
“E allora dovrai venirmi a trovare”.
Lui mi guardò con occhi tristi, pieni di rimprovero. Ma io avevo il futuro che mi chiamava e non potevo fare a meno di parlarne. Avevo in mano la chiave dorata per il paese delle meraviglie ed ero folle di speranze e di desideri. Quella mattina, mentre stavo per dirigermi alla stazione avendo salutato tutti, il mio amico venne da me e disse: “ti accompagno alla stazione, Oscar. Il preside mi ha dato il permesso quando gli ho spiegato com’eravamo amici” “Oh” dissi io “mi fa piacere che le mie ultime ore qui alla scuola rimangano legate a te per sempre”
Lui si limitò a guardarmi e ci avviammo alla stazione.
“E’ vero che mi scriverai, Oscar? E mi racconterai tutto?”
“Oh sì” rispondevo io “appena sistemato. Certo, nei primi tempi avrò tante di quelle cose da fare. Non vedo l’ora. Chissà come mi tratteranno i professori” e continuai a chiacchierare allegramente su questi temi finché d’un tratto la locomotiva fischiò e dopo un attimo il treno cominciò a muoversi.
“Ma devi andare” dissi.
“Si” rispose lui, con una voce strana, rauca, sempre fermo in piedi con la mano sullo sportello.
Poi d’un tratto si voltò verso di me ed esclamò: “Oh, Oscar” e prima che mi rendessi conto di quello che faceva, mi aveva preso il viso fra le mani e mi baciava sulla bocca. Un attimo dopo era scivolato giù dallo sportello, e non c’era più.
Rimasi seduto tutto tremante. Mi resi conto che delle gocce fredde mi scivolavano giù per il viso… le sue lacrime. Mentre le asciugavo, mi dissi stupefatto … ma questo è amore. E’ questo che voleva dire. Amore.
Rimasi seduto per un tempo infinito.
SEMBRA INCAPACE DI CONTINUARE
Signore e signori, vi confesserò che devo procurarmi un altro bicchiere di assenzio. Ragion per cui se aveste la gentilezza di scusarmi per un momento solo… torno subito. Facciamo dieci minuti.
ESCE
FINE PRIMO ATTO
ATTO SECONDO
Vi chiedo scusa, avevo detto dieci minuti. Sono qualcuno di più. Non mi è mai riuscito di essere puntuale.
C’è un volatile in sudamerica che quando viene visto da qualcuno , vola a nascondersi. Ma se invece è stato lui il primo a vedere voi, allora chissà perché è convinto di restare invisibile. Continua a tenervi d’occhio, ma non scappa più. E i cacciatori lo catturano con la massima facilità. Basta andargli incontro avanzando all’indietro. Ecco, senza dubbio, la vera filosofia. Quell’uccello vi ha resi oggetto della sua contemplazione e quindi ha tutte le ragioni di credere che voi non possediate un’esistenza indipendente. Voi siete quello che siete perché lui vi ha resi oggetto dei suoi pensieri; se lui non vi pensa, non esistete. Chissà?. Magari l’uccello ha ragione. Forse può essere che nelle cose non ci sia altra verità al di fuori della loro apparenza.
GLI FA MALE L’ORECCHIO
Il dolore va e viene… per la verità la malattia e la sofferenza mi ispirano sempre la repulsione. Lo so, un uomo con il mal di denti avrebbe diritto alla mia solidarietà ma ve lo confesso, non riesco a provare che ripugnanza.
Le malattie sono indecenti, oscene… andrebbero abolite come tutto quello che è sporco e sordido.
E a chi spetta questo compito? .. io so a chi non spetta. Certamente non spetta ai nostri filantropi, ai nostri altruisti di professione. L’altruismo non risolve mai niente, è il veleno della nostra epoca. La maggioranza dei nostri contemporanei si rovina la vita con un malsano ed esagerato altruismo. Del resto, la gente si trova circondata dalla povertà che è orribile. Dalla bruttura, dalla fame. E’ inevitabile che tutto ciò la commuova E’ più facile stimolare le emozioni dell’uomo che non la sua intelligenza,è molto più facile solidarizzare con la sofferenza che con il pensiero. E di conseguenza con intenzioni ammirevoli, anche se male indirizzate, la gente si accinge molto seriamente e sentimentalmente al compito di rimediare ai mali che vede. Ma i suoi rimedi non curano il male, si limitano a prolungarlo. Anzi: i rimedi fanno parte del male. Si pensa di poter risolvere il problema della povertà limitandosi a mantenere i poveri in vita ; oppure, nel caso di società molto progredite, distraendoli. Ma questo non risolve il problema; al contrario, lo aggrava. Bisognerebbe cercare di ricostruire la società su basi tali da rendere la povertà impossibile. Fino ad oggi l’altruismo ha impedito che tale scopo si realizzasse. Come i peggiori schiavisti erano quelli che trattavano bene i loro schiavi impedendo così di rendersi conto degli orrori del sistema.
SI PORTA IL FAZZOLETTO ALL’ORECCHIO
Un po’di sangue, un incidente. Il secondo anno che ero in carcere sono caduto a terra, sulla pietra. Ero molto debole e ho battuto la testa.
A quanto pare, ho battuto la testa.
A quanto pare, mi sono rotto il timpano e non mi hanno curato.
Ora i medici dicono che non devo più bere assenzio e nemmeno champagne. Strano quante persone considerano i nostri piaceri come loro nemici naturali.
Per me una vita senza piaceri non vale la pena di essere vissuta.
Il primo dovere nella vita è di goderla. Il secondo non l’ha mai scoperto nessuno. Prendiamo il piacere che possiamo nei giorni che volano via; perché scenderà la notte e con lei il silenzio che non si romperà più.
La gente ha paura. Il coraggio ha abbandonato la nostra razza. Se mai ce n’è stato. La paura della società, che è alla base della moralità , e la paura di Dio, che è alla base della religione. Ecco le due cose che ci governano.
La paura, la prudenza e il buon senso. A quanto pare si muore di una specie di intossicazione da buon senso. Solo quando è troppo tardi si scopre che le sole cose che non si rimpiangono mai sono i propri sbagli. Resistete alla tentazione e la vostra anima si ammala del desiderio delle cose che si è negata.
Una sera entrò nell’anima di un artista il desiderio di foggiare un’immagine. Così l’artista uscì nel mondo per cerare il bronzo poiché egli sapeva pensare solo in bronzo. Ora, tutto il bronzo del mondo era scomparso, con l’eccezione del bronzo di una statuetta chiamata “il dolore che dura in eterno” Questa immagine l’aveva foggia egli stesso per deporla sul sepolcro di una persona che aveva amato. In tutto il mondo non era rimasto altro bronzo che il bronzo di questa statua. Quindi l’artista prese la statua e la mise in una grande fornace per fonderla. Dal bronzo del “Dolore che dura in eterno” egli foggiò un’immagine nuova “il piacere che si ferma un attimo” . Vedete, l’artista sa.
Nel marzo dell’anno 1895 sporsi denuncia per diffamazione nei confronti del marchese di Queensberry. Costui mi aveva indirizzato un messaggio aperto, un biglietto da visita su cui era scritto “a Oscar Wilde che si atteggia a somdomita”. Scrisse proprio così “somdomita”. Sua Grazia non era molto istruito e del resto era giusto che si sbagliasse proprio qui. Perché la sua accusa conteneva un travisamento grossolano del mio rapporto con suo figlio.
Mi sembrò che mi rimanesse una sola cosa da fare.
Ma adesso so che quell’azione fu l’unico gesto vergognoso, imperdonabile ed eternamente spregevole di tutta la mia vit. Perché? Perché mi permisi di appellarmi alla società onde riceverne aiuto e protezione. Dio mio. Che colossale stupidaggine.
Naturalmente il processo mi si rivoltò contro e quasi subito mi trovai nei panni dell’accusato. Voi non potete nemmeno concepire l’odio, la vergogna, il tedio di tutta la faccenda. Vedere quella gente sfilare sul banco dei testimoni, ad accusarmi. Mio Dio, mi sento ancora male quando ci penso.
La’ in quell’aula di tribunale , la vendetta si era destata e aveva sciolto i suoi cani contro il mondo.
Per che cosa? Per l’amore che non osa pronunciare il proprio nome; così lo chiamano. Un affetto profondo. Condannato prima ancora di essere stato processato. Il processo vero e proprio, una farsa.
Il giudice si dichiarò ufficialmente dispiaciuto di non potermi mandare alla forca.
Non mi fu consentito di dire una sola parola.
Io avrei voluto dirgli che l’uomo può obbedire alle leggi ed essere lo stesso un uomo meschino. Come può infrangere la legge e a avere una sua nobiltà. Che può essere cattivo senza aver mai compiuto una sola azione cattiva. Che si può essere un grandissimo poeta come un guardiano di pecore. Non importa che cosa si è fintanto che si realizza la perfezione della propria anima.
I peccati della carne non sono niente. Mali da far curare al medico se pure vanno curati. I peccati dell’anima sono vergognosi. I genitori del delitto sono la crudeltà e la fame.
Anticamente gli uomini avevano la gogna e altri strumenti di tortura.
Oggi abbiamo la stampa d’informazione.
Un progresso? Non credo. La stampa assomiglia alle donne della nostra epoca che trovano un nuovo scandalo altrettanto indispensabile di un cappellino nuovo e che sfoggiano entrambi ogni pomeriggio, nel parco, alle cinque e mezza.
La vita privata di uomini e donne non dev’essere oggetto di pubblica discussione. Il pubblico ha una curiosità insaziabile di sapere tutto meno quello che vale veramente la pena di sapere.
E la compassione? Esiste?
Ricordate Narciso? Il giovane innamorato del suo riflesso che annegò?
Allora, quando Narciso morì, lo stagno dove aveva tanto amato specchiarsi, cambiò; le acque da dolci diventarono salate come lacrime e le ninfe vennero piangendo dai boschi a consolarle.
Quando videro che lo stagno era cambiato , le ninfe si sciolsero le trecce verdi e piansero chine sulla superficie e dissero “Hai ragione a addolorarti così per Narciso. Era di tale bellezza”
“Davvero era bello Narciso?” chiese lo stagno.
“Chi può saperlo meglio di te?” dissero le ninfe “a noi non ci degnava di uno sguardo ma te ti cercava, si stendeva sulle tue sponde, ti fissava e nello specchio delle tue acque contemplava la sua bellezza”
E lo stagno rispose “ma io amavo Narciso perché quando si stendeva sulle mie sponde e mi fissava, nello specchio dei suoi occhi io contemplavo la mia bellezza”.
Lord Alfred Douglas. A proposito di Narciso. Lord Alfred Douglas l’ho amato. Una volta.
E’ un amore che da parecchio tempo si è estinto, per le menzogne e l’inimicizia. Lord Alfred Douglas. Detto Bosie.
Com’è strano voltarsi e guardare una vita così piena di intensità emotiva e di gioia , e trovare che sembra solo illusione. La vita ci imbroglia con ombre e in qualche grigia, ventosa alba di silenzio, ci sorprendiamo a guardare con meraviglia un cuore di pietra che una volta avevamo così follemente venerato e così pazzamente coperto di baci. Bosie.
Due anni di prigione.
La prima sera mi fecero spogliare davanti a loro e quindi entrare dentro un’acqua sudicia che chiamavano bagno, asciugarmi con uno straccio scuro, umido, e indossare quella divisa di vergogna. La mia cella era buia, non potevo respirare. Il cibo mi rivoltava lo stomaco. Non riuscii a mangiare per giorni e pensai che se questo è il modo con cui Sua maestà tratta i suoi criminali, non se li merita. Nemmeno Dante potrebbe immaginare l’inferno come una prigione inglese.
La prima visita del cappellano cominciò con queste parole “signor Wilde, lei la mattina aveva l’abitudine di dire le preghiere con la sua famiglia?”
“No” risposi io. “Temo di no”:
“Bene, signor Wilde” , disse lui. “Lo vede dove si trova, ora”.
Una volta mentre prendevamo l’aria un uomo mi rivolse la parola. Era proibito, ma lui riusciva a sussurrare senza muovere le labbra. Mi disse che gli dispiaceva per me. Che sperava che riuscissi a farcela.
Io gli tesi la mano e dissi “Oh grazie. Grazie”. La gentilezza della sua voce mi fece salire le lacrime agli occhi: Naturalmente mi sentirono. E mi videro. Mi punirono immediatamente. Una punizione terribile. Non oso pensarci nemmeno oggi. Sono di un’abilità infinita, con la loro crudeltà.
Prima ti spogliano d’ogni speranza, poi ti governano con la paura. La paura e basta. E’ diabolico quello che ottengono con la paura.
Alla fine del mio primo anno mi trasferirono nel carcere di Reading. In divisa da detenuto e ammanettato, dovetti sostare sulla piattaforma della Clapham Junction e aspettare una coincidenza per quasi un’ora. Fui riconosciuto fra due secondini. Di tutte le possibilità, la più grottesca. Un viavai continuo di persone mi ingiuriavano e sbeffeggiavano. Il pubblico cresceva ad ogni treno che arrivava. Non avrebbero potuto divertirsi di più.
Si fermavano davanti indirizzandomi epiteti e sputando in terra.
Non potei fare a meno di chiedermi quale castigo al mondo avrebbe potuto insegnare a quella gente un poco di umanità.
Mi consentirono dei libri, nel carcere di Reading.
Leggevo Dante ogni giorno, in italiano. Non tanto il purgatorio o il paradiso. Ma l’inferno. L’inferno lo divorai. Sembrava scritto apposta per me.
Quando pronunciano la sentenza
Quando ti dicono due anni di lavoro duro
Non è il lavoro che è duro
E’ la vita lì dentro.
Quella vita ti spezza corpo e anima.
Caro Bosie. Mi avevano avvisato, naturalmente. Delle persone mi avevano consigliato di lasciare l’Inghilterra e di sottrarmi al processo. Di venire qui, in Francia, dove gli ideali umani contano e così la vita umana. Ma non diedi retta. Ascoltai lui. Che mi spingeva a lottare contro suo padre. Che mi diceva con disprezzo che suo padre non poteva provare nulla e che perciò era mio dovere impedirgli di diffondere la sua calunnia. Che se non l’avessi fatto tutti avrebbero riso di me e mi avrebbero considerato un vigliacco. Oh, Bosie. E così, restai. Fui incarcerato. E solo in seguito scoprii la ragione. Scoprii che
l’ odio per suo padre era molto più profondo del suo amore per me. Che la sola idea di essere oggetto di una contesa fra suo padre e un uomo della mia posizione lo deliziava. Fiutò l’occasione di una lite pubblica e vi si gettò. Una battagli in cui l’unico al sicuro sarebbe stato lui.
L’unico difetto nell’impeccabile simbolismo del racconto evangelico è che Gesù sia stato tradito da Giuda, lo straniero, quando avrebbe dovuto tradirlo Giovanni, il discepolo più amato. Solo coloro che amiamo possono tradirci.
Due anni. Proprio prima del mio rilascio vidi entrare in carcere un bambino, non aveva più di dieci anni. Il viso, un triangolo bianco di terrore allo stato puro. Lo sentivo gridare nella sua cella. Gridare che lo facessero uscire. Che voleva i genitori. Gridava al buio, tutta la notte. Per tre notti sentii la sua voce.
Il mio secondino mi disse che non riusciva a mangiare niente della robaccia che passavano . E allora piuttosto che vedergli soffrire la fame questo secondino, si chiamava Martin, gli portò di sua iniziativa due biscotti.
La cosa si seppe e di conseguenza Martin fu licenziato su due piedi. Che cosa ne fu del bambino non lo so.
Mandai una lettera al Daily Chronicle per parlare dell’influsso nefasto, corruttore che ha il carcere, soprattutto sui bambini. Tutto il sistema carcerario è assurdo e crudele. Soprattutto è di una totale inefficacia. La crudeltà spesso è parente stretta della stupidaggine.
SI CITA
A Reading Gaol, vicino a Reading…
……..
Era la ballata del carcere di Reading
Quella poesia la composi a Berneval sur Mer all’Hotel de la Plage e la completai a Napoli. Sì , a Napoli. Perché a Napoli io e Bosie ci rimettemmo insieme. Vivemmo di nuovo insieme per poche brevi settimane.
Nient’altro che cenere. Niente denaro, niente progetti. Menzogne senza fine.
Feci quello che potevo , ma quando i miei mezzi furono esauriti cominciarono i giorni brutti. Avrei potuto scrivere qualche altra commedia ma non me la sentivo. E allora , da ultimo, fui abbandonato, lasciato solo alle mie risorse. Caro Bosie.
Anche ora non è che nuoti nell’oro. E’ per questo che ci siamo riuniti stasera. E’ sempre spiacevole trovarsi indebitati, si deve pur avere sempre un’occupazione di qualche tipo.
SI COMPRIME L’ORECCHIO
Qui a Parigi tutto costa un occhio della testa.
Dicono che nessuno si può rovinare se non per mano propria. Fin qui sono d’accordo. Ma ho anche la netta sensazione che l’Inghilterra non abbia ancora finito, con me. Se sarò ancora vivo l’anno prossimo, all’inizio di un altro secolo, credo veramente che sarà di più di quando gli inglesi possano tollerare. Vorrei poter provare dei rimorsi nei miei confronti, sarebbe un bel lusso.
Pochi letterati inglesi hanno mai occupato una posizione paragonabile a quella che ho occupato io , incontrando un paragonabile riconoscimento. Gli dei mi avevano dato tutto. Un nome distinto, ardimento intellettuale, posizione sociale. Feci un’arte della filosofia e una filosofia dell’arte.
Trattai l’arte come realtà suprema e la vita come una semplice finzione. Risvegliai l’immaginazione del mio secolo, così che esso creò leggenda e mito su di me. Niente di quello che dicevo o facevo lasciava indifferente il pubblico.
Peccai di superbia, mi lasciai attirare in lunghi periodi di ozio insensato e sensuale. Mi circondari di nature più piccole e insignificanti. Diventai lo sperperatore del mio stesso genio.
Provai una curiosa gioia nel farlo.
Stanco di trovarmi sulle vette, guardai negli abissi, in cerca di una sensazione nuova. E consentii al piacere di dominarmi. Ora concepire la felicità mi è difficile. Devo imparare. Ma quelle stanze umide, squallide, strette, dove devo vivere adesso, se solo potessi dimenticarle… se solo potessi andare in Riviera per l’inverno e abitare in qualche paesino di mare, tra i latini, col mare azzurro ai piedi e il cielo sulla testa e il sole divino tutt’intorno e nessuna preoccupazione per il denaro, allora so che scriverei di nuovo, ne sono certo. Solo un’altra bella opera d’arte.. una sola.
Oh, dico alla gente che mi rimetterò a scrivere. Lo dico a tutti. E’ una cosa che ripeto ogni giorno e che ho sempre intenzione di fare il giorno dopo. Ma so che non lo farò mai. E quell’orribile salottino dove torno la sera, senza un po’ di vista … è così difficile.
Bosie, con la sua giovinezza rossa come una rosa, con la sua rosea adolescenza. La sua ombra mi accompagna ogni giorno. Mi ha tradito…
E come osano punire gli uomini in nome di una moralità senza nome?
Non impariamo niente dall’esperienza.
L’esperienza è il nome che gli uomini danno ai loro errori, e serve a dimostrare una cosa sola: che il nostro futuro sarà lo stesso del nostro passato e che i peccati che commettemmo una volta con ripugnanza li commetteremo molte altre volte ancora, con gioia.
Volevano cambiarmi.
Come se si potesse cambiare qualcuno.
Col carcere.
Mi hanno rovinato; questo sì. Ma non mi hanno cambiato.
Il carcere non ha mai cambiato nessuno. I patrioti imprigionati perché amavano la patria, amano la patria anche in prigione. E i poeti incarcerati perché amavano i ragazzi ...continuano ad amare i ragazzi.
L’anno scorso a Calais ero seduto a un bar quando è passato un soldatino. Ci siamo guardati negli occhi. I suoi erano grandi, neri. Aveva una carnagione olivastra, un bronzo fiorentino del Rinascimento.
E’ ancora così bella , la vita.
Questa primavera sono stato in Sicilia.
Il sole, i profumi. Che splendore.
Anche lì ho incontrato un ragazzo. Era un seminarista e abitava nella cattedrale di Palermo con altri undici della sua età, in una stanzetta sotto il tetto, come uccelletti.
Ogni giorno mi mostrava tutta la Cattedrale e io mi inginocchiavo davanti al massiccio sarcofago di porfido nel quale giace Federico Secondo. E’una cosa sublime, quel sepolcro, nudo e mostruoso, color sangue, sorretto da dei leoni che hanno colto un po’ dell’ira dell’animo del grande Imperatore.
Giovanni aveva quindici anni, era molto dolce. La ragione per cui era entrato nella Chiesa era singolarmente medievale “mio padre fa il cuoco” mi disse “ed è povero, a casa siamo in tanti. Era meglio una bocca in meno da sfamare, io mangio come un lupo”.
Io gli dissi di consolarsi perché Dio si serve spesso della povertà per portare gli uomini a sé; della ricchezza non si serve quasi mai. Gli regalai un libriccino di devozioni contenente assai più figure che preghiere, adatto a lui che aveva degli occhi così belli.
Ogni giorno lo baciavo dietro all’altar maggiore.
Gli diedi anche molte lire e gli predissi che un giorno avrebbe avuto un cappello cardinalizio, se fosse rimasto molto buono e non mi avesse dimenticato.
Ma sì, mi rimetterò a scrivere. A scrivere di tutto quanto è bello in questo bellissimo mondo.
Però mi hanno preso e torturato.
Vi siete mai destati da una di quelle notti di orrore solo per vedere le forme nere, fantastiche, le ombre mute entrare strisciando nella vostra stanza e acquattarvisi? Mentre il sospiro del vento che scende dai colli si aggira nella stanza silenziosa, come temendo di destarvi?
GUARDA IL BICCHIERE
La mia opera è finita e così l’assenzio. Oh, lo so che fra voialtri c’è qualcuno che considera il consumo dell’assenzio alla stregua di un lusso. Beh..ha ragione. A lui io dico, nella vita datemi il superfluo e rinuncerò al necessario.
Niente ha successo come l’eccesso.
SI TOGLIE IL GAROFANO DALL’OCCHIELLO
La serata è finita. Buonanotte.
ESCE
SIPARIO