OTELLO
Il moro di Pisa
In
vernacolo pisano
Tre atti da 'un credisi di
Giorgio Casini
Gente che si vede
OTELLO de' geloni
DESDEMONA tutta casa, Cassio e famiglia
BRAGANZIO doge de' pisani
JAGO ficchino subdolo
EMILIA quella delle mutande
CASSIO il primo amore
GAMBA ministro delle comunïazioni
ARSELLINA ministro dell'eduazione
PATACCA ministro de' detersivi
PELAGATTI ministro dell'alimentazione
BASCHINO ministro senza portafoglio
ELISEO ministro senza portamonete
SCIURZE ministro senza cervello
GERVASIA quella della cintura
BATTIMANO quello della chiave
PEDRO annunciatore
FATTORINO che 'un è un fattore piccino
SUGGERITORE che non parla
Servitori - Soldati - Ancelle - La Banda de' Minorenni
Il balletto dell'Odalische - Li stornelli de' 'acciatori
A Pisa, nel "residence" del Doge
PRIMO ATTO
Una sala nel palazzo del Doge
A sipario chiuso - musica BIMBE DI PISA
SCENA 1
BRAGANZIO, JAGO, GAMBA, ARSELLINA, PATACCA, PELAGATTI, ELISEO, SCIURZE,
BASCHINO, EMILIA
Braganzio, Jago, Gamba, Arsellina giocano a briscola. Coppie: Braganzio-Jago,
Gamba-Arsellina. Gli altri osservano una carta geografica della Turchia,
montata su cavalletto. Emilia rassetta la stanza.
BRAGANZIO- Ma allora, si gioca?… Emilia, porta da bere! un ber fiasco di vino
marca docche! Mïa l'acqua della 'annella, c'è da pigliacci tutte le più peggio
malattie. (Emilia esegue). Vai, Jago, tocca a te… ce l'avreste mïa per le mane,
tante vorte 'un si sa mai, un carïetto?
JAGO- Come no! L'ho pescato ora dar dal mazzo nòvo nòvo.
GAMBA- Arsellina che si fa? Ci metto 'r gobbo?
ARSELLINA- E gioca 'r gobbo, vai.
BRAGANZIO - E io giòo la donna.
ARSELLINA- E questo qui gliè 'r re!
BRAGANZIOA- (A Jago). Te 'un sai proprio gioà', ber mi tegame! 'Un ci sei per
le 'ose penserecce! Ma digià 'un sei davvero proprio bòno a nulla: hai fatto 'r
chierïo senza venì' nemmeno prete, ti messano al mestiere 'un lo imparasti, a
scòla poi eri 'r più ciùo di tutti! Feci un ber capo di lavoro a tenetti
d'intorno. Gni do 'r comando delle 'orazzate e lui corre a toccanne alla
Meloria!
JAGO- E te mi rinfacci sempre quelle lecche! Ma la corpa 'un fu mia, ecco, fu
tua! (Agli altri). Mi dette cinque barche… e un patino…
ARSELLINA- Dïo bene: c'è sempre da pagacci 'r noleggio a quelli del bagno
Urania.
JAGO- Con cinque barche, tutte a culo piatto, senza catrame e con de' marinari
'he quando principionno a sentì' 'r mare mi riempinno la stiva di gattini,
potevo vince'?
GAMBA- Con tutte le barche a culo piatto… come faceva a vince'?
JAGO- O quer citrullo der telegiornale, 'un se n'era avvisto che 'r mare
sobbolliva e 'un c'era verso di stacci 'n calìbrio sulle barche?
BRAGANZIO- E lui dà la corpa a' metrologhi! Devi di' che 'un sei bòno! Te 'un
vincereste nemmeno 'r torneo di briscola ar circolo di Sant'Ermete!
ARSELLINA- Braganzio, 'un t'arrabbià', ti si secca 'r gargherozzo.
BRAGANZIO- A te, ti s'è digià seccato… quarche cos'artro! Devi di' che da
quando gni levai tutto 'r comando e feci Otello capo della trippa… della
truppa, le 'ose andonno meglio, in mare e 'n terra. Hai visto 'he po' po' di
lecche gn'ha rivogato alla Turchia?
GAMBA- Bada lì: uno a zero su rigore…
BRAGANZIO- E ora che ritorna vittorioso, vedrai quante medaglie 'he ni stampo!
Tutto 'r Batini gni voglio appiccïà' sur petto!
JAGO- Goditelo tutto 'r tu' moreccio! (Esce. Suona il telefono)
EMILIA- Allò… Sì, casa der Doge… Che vòle, er minestrone? 'Un è anco pronto, ci
vòle un artro bollorino. Pòle ritelefanà' fra dieci menuti… Cosa?… er
ministero? Allora chiaccheri ammodino… voleva di'… er ministero delle 'onsumazioni.
(Continua le faccende per poco, poi esce).
GAMBA- Allora voglian me. (Al telefono). Allò… personalmente il senatore Gamba…
quale vòle?… quello dell'eduazione?
ARSELLINA- Scrostati! (Lo spinge e gli leva il ricevitore). Er ministro
dell'eduazione sono io. (Sputa rumorosamente). Parla Arsellina… Cosa? Un chilo
e mezzo subito a casa sua?… Guardi che ha preso sbaglio. Io mi chiamo Arsellina
e sono il ministro dell'eduazione… Medie… La voleva superiore? 'Un mi facci
piglià' lo gnocco sennonò n'arronzo una secchiata d'arselle sul muso!… Ma chi
chiacchera?… Cassio? Er lògotenente?… Ho capito, gnene dïo subito. (Attacca).
Ragazzi, la barchetta der moro è a Portammare!
BRAGANZIO- È capace fra poïno sarà allo scalo der Roncioni. Lesti, preparamosi
a ricevéllo! (Gamba e Arsellina escono). Patacca, te prepara tutto ner palagio…
e 'un ti scordà' di legare i cani sennò Otello, lo so, ha paura e ritorna
addietro. Vai! (Patacca esce). Te, Baschino avvisa il còrpo de' pompieri che
tirino fòri tutte le pompe e lustrino l'elmetti.
BASCHINO- Subito, Doge. Gni faccio tirà' fòri anche lo scaleo che riva fino 'n
cima ar campanile! (Esce).
BRAGANZIO- Sciurze! Vai a chiamà' 'r popolo di Pisa: spose, sordati, vedove e
studenti… e raduna anco tutti ' penzionati, lì sulla piazza dell'uccelli morti.
SCIURZE- Iawol. Ich portare mio cane pastora tetesco. Lui annusa, azzanna e
porta qvì tutti uccellini defunti. Macari in carro pestiame con filo spinoso.
Aufwiederseen. (Esce)
BRAGANZIO- Eppure luilì lo devo avé' già incontrato da qualche parte…
Pelagatti, mi raccomando a te: avvisa la banda che si metta a capo der corteo…
E rïordati di sveglià' 'r maestro: 'r Nòcciolo… lo 'onoscio: è capace di
sonammi una lambada sul più bello del discorso!
PELAGATTI- Subito Doge… Ma, per me, 'r Nòcciolo era meglio lasciallo dormì'!
(Esce)
BRAGANZIO- E te, Eliseo, fai stende' alle finestre, ai terrazzi e all'abbaini,
tovaglie, lenzòli, pannolini e gonfaloni; poi passa da Melotto a piglià' una
cassa di bomboline sprai e manda una squadra di bimbetti a scrive' su' muri:
Alé alè alé, arriva 'r prode Otello, gni se ne dà un corbello… 'un si pòle più
aspettà', si rivòle la serie A!… Cosa dici, farà corpo?
ELISEO- Come rime è un troiaio… Prova a mandalla ar Tramme, pòle anche dessi
'he te la stampino. Comunque, Doge: obbedisco, perché l'ordini enno ordini,
come disse 'r priore de' 'Armelitani Scarzi… e s'infilò li scarponi perché
pioveva… ci si vede. (Esce)
BRAGANZIO- (Solo). Però, che generale mi ritroverò per la 'asa… O se, putaàso,
n'entrasse un po' ner capo la mi' figliola?… E dici un bao! Artro 'he vince' ar
superenalotto! Gaoo! Avrei assïurata la vecchiaia! Anderei 'n domo all'Inpisse
e a tutti i sindaàti!
PATACCA- I cani l'ho legati… ma abbaiano.
BRAGANZIO- Dagni una polpetta!
PATACCA- O 'r Moro?
BRAGANZIO- Che Moro?
PATACCA- Otello, il prode vincitor de' mussulmani. Lo devo fa' passà' se si
presenta?
BRAGANZIO- O che lo vòi, tené' sull'uscio? A raffidassi a te c'è da sta'
lustri! Piuttosto, vai di là e fai mette' 'r fracche a' camerieri.
PATACCA- Gliè tutto ar posto, stai sïuro. Perfino ar còo, per comparì' di più,
n'ho fatto mette' la 'orazza: cià 'r collo lungo e la 'hiorba piccina, pare 'na
tartaruga!
BRAGANZIO- O bravo topo. Ora vai al tuo posto e sòna la trombetta appena
arriva. Usci!
PATACCA- Arrivedeglielo… doge! (Esce)
SCENA 2
BRAGANZIO, DESDEMONA
DESDEMONA- (Entra). Babbo, babbo. Gliè vero arriva Otello?
BRAGANZIO- Fra pòo gliè qui, per noi è un grande onore ricevéllo. E bada bene
d'un mi fa' scomparì'. Se 'un c'era 'r Moro, 'r campanile storto a quest'ora,
gliera ritto sì… ma in Turchia! Dunque, guardiamo di fargli festa come merita;
essi riguardosa ma 'un esse' peritosa… 'un ti spenzolà' ma fagni 'apì' che sei…
aperta, accileccolalo con un bel sorriso… Insomma, come faceva tu' ma', Dio l'abbi
'n gloria, che ai mi' amici n'ha sempre voluto bene… anche un po' troppo, a
dilla giusta.
DESDEMONA- Babbo, mi sembra che 'un t'ho mai fatto scomparì'. Di quanti amici
sono venuti in casa, mi pare l'hanno assaggiata tutti.
BRAGANZIO- Cosa?!
DESDEMONA- La mi' bontà.
BRAGANZIO- Ma Otello c'ha qualcosa più dell'altri.
DESDEMONA- Siii? Cosa?
BRAGANZIO- La grolia, le medaglie, er comando della truppa. E se tu potessi
entragni ner pensiero… insomma: se ti riescisse di fallo innamorà'… così, poi
lui ti viene a chiede'… e ci s'assistema tutt'e due. O cosa fai, guardi per
terra? O che 'un lo pòi patì'?
DESDEMONA- 'Un mi sfagiola mïa punto.
BRAGANZIO- 'Un avé' paura che se volesse sposatti, te lo faccio piglià', 'un se
ne narra! Magari coll'imbuto, ma lo pigli!… Avé' quel coso nero per la 'asa: e
dici un bào! E lo vorrei vedé' Livorno colle su' pretese di volé' gioà' 'n
seria "A"… a sòn ti tonfi ni s'entrerebbe 'n porto… e se ne
toccherebbe come ciui.
DESDEMONA- Senti babbino, fammi discorre'; ma 'un t'arrabbià'.
BRAGANZIO- 'Un mi vorrai mïa di' che 'un ti garba? Pisa, lo sai, s'arreggeva
colla tasse 'nsulle cèe, co' turisti 'he montavano sur campanile e coll'affitto
der pietrone alle 'oppiette. Ma ora 'un c'è più nulla.
DESDEMONA- Perché 'un metti la tassa su' becchi?
BRAGANZIO- O come si farebbe a sta' dietro a tutti? Ma poi, te lo 'mmagini?
Quelle lì andrebbano pagate 'n natura: son sïuro che a me, come mazzette mi
toccherebbe una vecchietta dell'ospizio… E poi devi anche sapè' che c'ho
l'arterio screrotïa ner còre e mi basta un'emozione da nulla per mandammi
stecchito a porta inferi.
DESDEMONA- E allora 'un t'aggaià'. Vòr di' che farò di tutto per accontentatti.
BRAGANZIO- Brava! Ora mi svaghi sul serio! Allora vado a fammi tutto ganzo: mi
metto la 'orazza, l'arreggipetto, la 'orona, l'ermetto, 'r pomodoro, la
sciabola e tutto 'ver che trovo. Sono o 'un sono il doge de' pisesi?!
(Dall'orchesrta, la tromba emette una pernacchia. Braganzio va al proscenio e
fa gesti di minaccia. Un violino ripete la pernacchia; Braganzio corre via
spaventatissimo).
SCENA 3
DESDEMONA, EMILIA, GERVASIA
EMILIA- Padrona, di là c'è 'r piedicure: dice se ci hai punti calli da levatti,
leva anco ' denti.
DESDEMONA- Grazie, Emilia. Un callo ce l'avrei ma 'un è sur ditone ce l'ho sur
còre.
GERVASIA- Padrona, quell'òmo lì gliè anche un po' po' 'strolago: fa le 'arte,
indovina le malattie, segna i bachi, ti sa dire se verranno i quattrini, il mal
di pancia, i fortori gastrici, l'amore! (Si siedono tutte a fare la calza)
DESDEMONA- Di quello mi ce ne vorrebbe un po'… Ma lui 'un ce l'ha quel che ci
vorrebbe a me.
GERVASIA- Ma se 'un lo provi come fai a sapello. Anch'io, guarda, se 'un fusse
che fra poïno ritorna il mi' marito, un pensierino ce lo facevo: è tanto un
bell'òmo!
EMILIA- Come facevi a facci 'r pensierino se sei senza cervello. Oddio, magari
per fa' quelle 'ose lì il cervello 'un serve.
DESDEMONA- Bon per voi 'he siete sempre allegre: se avessite i mi' pensieri…
GERVASIA- Padrona, se c'hai pensieri di quel genere lì, ti ci metto una bòna parola
io. E se 'un ti garba 'r callista, ne 'onoscio tanti…
DESDEMONA- Ma cosa 'apisci, citrulla. Volevo di': pensieri ner ceppïone… in
testa.
EMILIA- O cos'hai fatto? Dev'esse' una 'osa grave perché così depressa 'un t'ho
mai vista.
DESDEMONA- Mi raccomando, resti fra di noi: mi padre mi vòle fa' pigliare quel
moreccio.
GERVASIA- E te 'un lo vòi! Fai bene: anche se 'un sono velenosi i funghi,
rimangano sullo stomao. M'arrïordo una mi' amïa…
EMILIA- 'Un riai capito! Quel moreccio… voleva di' Otello.
GERVASIA- Per l'appunto. Come vi stavo a dire, a questa mi' amica il moreccio
gni fece gonfià' la pancia. Gni ci vorsero nove mesi per guarì'! meno male gni
nacque un figliolo, gni passonno tutti i mali. Però era nero… già: aveva
mangiato i morecci. Era meglio se mangiava i pioppini.
DESDEMONA- Noo noo,'un è quistione di funghi… o di baccelli; è che io, il còre
ce l'avevo digià impegnato. Insin da bimbetta, lo sapete, ho sempre avuto
Cassio ner ceppïone. Semo cresciuti assieme, si ruzzava colle stesse bambole.
S'è studiato assieme sul medesimo libro: l'almanacco di Topolino… oh: al còre
'ome quarmente, 'un si 'omanda mïa, noo?!
EMILIA- Certamente. O io, col mi' marito Jago presempio, o 'un fu il colpo del
furmine? S'era sulle carrozzine, sul calcionculo: a furia di pedate mi maolò
tutta la chiappa di mancina e siccome, appena scesi, per vendïammi gni rivogai
un pedatone, gni feci scianguinà' un porpaccio, allora lo portai a casa per
medïallo. Tre mesi ci stiede, nato d'un cane: mangiava e beveva pareva un
lotro; se 'un lo sposavo, mi finiva d'ugni 'osa. Invece ora va sempre a mangià'
fòri coll'amici, perlomeno rispiarmo. D'altronde, cosa dovevo fa', morì'
befana?
GERVASIA- Cor mi' Battimano invece ci s'incontriede sul Lungarno a vedé' il
Giòo del Ponte: io pompavo per ella parte di là, e lui pompava per ella parte
di 'và. Ogni vorta che il carrello pencolava per di 'và, gni veniva fatto di
spinge' e mi strippava contro la spalletta; se il carrello andava in là mi ci
ristrippava per dare l'aire ai combattenti, diceva lui. 'Nsomma si diede barta
e lo sposiedi. Tanto son tutti uguali: o da una parte o da quell'artra, ti
strippano sempre 'n quarche bùo.
DESDEMONA- Il mi' Cassio invece è tanto bòno, gentile, eduàto e da quand'è ito
assieme a Otello a guerreggià' laggiù fra l'infedeli, mi pare che mi manchi
quarcosa. E 'un mi son mai vorsuta accasare; e sì che di partiti me n'eran
capitati ma io aspettavo lui, aspettavo Cassio.
EMILIA- Jago in Turchia 'un c'è ito: 'un gni garba viaggià', ar massimo pòle
fa' le gite de' tegami.
Entrano i servi a preparare la scena per l'arrivo di Otello. Portano fuori i
mobili, mentre dall'alto calano dei festoni. Poi sollevano di peso le tre donne
con le sedie e le portano fuori.
GERVASIA- Er mi' marito lo presero fra' primi. Ni dispiaceva un fottio a
abbandonammi: è dimorto geloso e prima di partì' mi regalò una bella cintola.
DESDEMONA- Per tenetti su i pantaloni?
GERVASIA- Seh… porto le gonnelle… No, è una cintura.
EMILIA- Di sicurezza, per l'automobile?
GERVASIA- 'Un ci s'ha mïa noartri la cinquecento.
EMILIA- Ma allora, che cintola è?
GERVASIA- Sarebbe di quelle… perché le donne 'un possano fare… perché nessuno
le possa sciupare… e si 'onservino 'osì… come 'r marito l'ha lassate: colle
ciccine pure e immaolate 'ome prima.
DESDEMONA- Ho capito: t'ha regalato un barattolo della Simmental.
EMILIA- Ma l'apriscatole te l'ha lasciato?
GERVASIA- Macché. La chiave se l'è portata via. Speriamo che 'un la perda.
EMILIA- Oh, n'andrebbe a male tutta la ciccia!
DESDEMONA- In che mondo c'è toccato vivere… (Vengono portate fuori. Rientrano,
a tempo, con il costume arricchito da veli e passate)
SCENA 4
DETTE, BRAGANZIO, I 7 MINISTRI
Viene sistemato il siparietto e il trono con due sedili ai lati. Squilli di
tromba d.d.
BRAGANZIO- 'Un siete ancora pronti?
SERVO 1- Un'artra diecina di chiodi e siamo ar posto.
SERVO 2- Otello è arrivato. È giù al botteghino… anzi… dice se lo deve pagà'
davvero il biglietto.
BRAGANZIO- Toh, o noi 'un s'è pagato?
PATACCA- Eccoci tutti presenti. Ci sarebbero anche due assenti ma siccome
l'assenti 'un possano risponde' presente, si potrebbe di' che se uno si 'hiama
Assente e risponde presente perché si 'hiama Assente, gliè Assente ma ha detto
presente. 'Un so se ti capacita.
BRAGANZIO- Luilì è sempre brïao di mattinata.
GAMBA- (Entra con Arsellina). Boia! Che po' po' di lucche! (A Braganzio).
ARSELLINA- Che po' po' di ganzaccio!
BRAGANZIO- E tanto, vado a cende' 'r castagnaccio!… Eliseo, favella: festi
tutto per la festa?
ELISEO- Veramente io… le feste… insomma, ner mi' piccolo… m'imbrïao com'un
tegolo, vero!
BRAGANZIO- Voglio di' se hai sistemato!
ELISEO- È tutto a posto, stai sicuro. (Squilli di tromba d.d.).
BRAGANZIO- Lesti, preparamosi, Desdemona, vieni a sedé' in poltrona accanto a
me… voartri state ritti ma, mi raccomando sull'attenti. E 'un v'addormentate
come al solito… si deve fa' un colpo d'occhio. Fermi: ci semo!
PEDRO- (Entra). Uno, due, tre!
BRAGANZIO- Venduto-o!
PEDRO- Otello 'r prode e tutta la su' 'armata!… E questa 'vì gliè tutta la mi'
parte. Bòna bimbi, ci si vede. (Esce levandosi la parrucca e sbottonando il
giubbotto)
BRAGANZIO- (All'orchestra). Maestro, dagni la marcia dell'Otello.
SCENA 5
OTELLO, SOLDATI, E DETTI
"Marcia Trionfale". Un corteo di soldati attraversa la sala e sale
sul palco, portando bandiere turche e oggetti del tesoro del sultano,
"bottino di guerra". Infine Otello, seguito da altri soldati. Giunti
sul palco, saluti fra i presenti ed i nuovi arrivati; qualche soldato corre ad
abbracciare la moglie. Battimano, con una grossa chiave, si mette ad armeggiare
con Gervasia. Finita la musica, Braganzio allontana gli sposi che si
abbracciano, poi saluta Otello.
BRAGANZIO- Vi levate un poïno di tre passi… andate a fa' franella da un'artra
parte!… Otello, sarvia!
OTELLO- Sedano!
DESDEMONA- Finocchio!
BRAGANZIO- Er Gamba… s'avanzi a favellà'.
GAMBA- (Avanza srotolando una pergamena). Otello!
OTELLO- Oh.
GAMBA- O generale pregno di prodezze, nella grolia der mondo ci sei te, doppo
Romeo, Panariello e Pippo Baudo… E Pisa accrama…
ARSELLINA- Vai avanti.
GAMBA- 'Un ci capisco, c'è una patacca… Ah, ecco: e Pisa t'accrama com'un
padreterno e m'incarïa di ditti in propio nome. Che già t'ha scelto un posto al
camposanto…
OTELLO- Dove?!
GAMBA- Al camposanto, dove si mettan morti i nostri grandi. Questo è il nostro
saluto, e stai contento.
OTELLO- Grazie di còre e 'un se ne parli pa'. Salute a te, doge de' pisesi,
prode ner guerreggiare e nel toccanne. Ai tuoi piedi fioriti di patate ora mi
chino, se te li sei lavati.
BRAGANZIO- 'Un ti chinà', prode guerriero, piuttosto stringi questa vecchia
mana e bacia quella della mi' figliola.
OTELLO- Troppo grande è l'onore che mi fai. La tua 'un la tocco, perché è
troppo sporca ma questa qui, che sa di brodo Star, starei sera e mattina a
sbaciucchialla. (Insiste nel baciamano)
BRAGANZIO- Otello, gliela sconsumi, poi con cosa la faccio la minestra?
Piuttosto dicci come faceste a piglià' quelle bandiere, che voglio mettere in
chiesa ai Cavalieri. La mi' figliola si strugge di sentittelo di'. Vero Desdy?
DESDEMONA- Eh?… di certamente. 'Un istò più nella pelle.
OTELLO- Desdemona, sei bella e sei gentile e per fatti piacé', dolce biondona,
ti voglio racontà' come gliè ita. 'Un basterebbe Omero o 'r Bruno Vespa a
rccontavvi questa grande impresa. Sull'alba del mattino lasciai Pisa con tutta
la mi' truppa. Le donne, un po' cispiose alle finestre, sventolavano cenci e
asciugamani. Pumidori, fiori, patate e urinali piovevano 'nsull'elmi de'
guerrieri. Messo il piedi laggiù nel continente, il missile bazzuca in du'
balletti, dov'era un monte c'ha stiaffato un piano, dov'era un piano c'ha
stioccato un monte. La 'avalleria, nell'assalto all'avanzata t'infilava 'r
nemïo com'allo spiedo; di dreto la fanteria l'abbrustoliva ar fòo del
lanciafiamme.
ARSELLINA- Che arrostino!
OTELLO- Chi poteva resiste'?! Chie? Chie?… Per er primo viense Maometto a fa'
la pace e per fassi vedé' che s'arrendeva, portava un cencio bianco su una
canna.
DESDEMONA- O che andava, a fa' fìi?
OTELLO- Ma che fìi e che… foglie! Bella mi' Desdè', per te, sappilo, anderei
aguerreggià' anco 'n Papuasia.
DESDEMONA- Davvero hai fatto tutte 'oteste 'ose? Po' po' di brodo! Scusami,
volevo di': che ganzo!
BRAGANZIO- Scusala, Otello, è presa tutta dalla 'ommozione… e anch'io, guà,
c'ho tutt'un tremoto dentro. Ma pensiamo alle 'ose allegre, bisogna fa' festa!
Ora si va tutti giù in cantina e s'apre una botte delle mie. Ma intanto gli si
stiocca un ber balletto: enno odalische che ci mandaste colla galera de'
prigionieri. L'ho ripulite un po' e l'ho mandate a scòla da Sabrina all'Arabescue.
Vedrai 'he po' po' di pirulette sulle punte. Ma prima, bimbi, gni si fa una
'antatina? Forza, Favarotti, fai sentì' che po' po' di stecche hai preparato!
(Coro con solista in onore di Otello, di seguito balletto odalische. Terminato
il balletto). Or che il saluto è dato in canto e in rima, si ritiri la corte
giù 'n cantina e faccia onore a Otello com'al vino. Mi raccomando a voi, Gamba
e Arsellina! (Escono tutti. Si chiude il siparietto, salgono i festoni)
SCENA 6
BRAGANZIO, OTELLO
BRAGANZIO- Otello… Otellino… Mi posso anheo sbaglià' di certamente, un dïo, ma
quer che tu vòi per rïompenza delle tu' vittorie, te l'ho visto scritto sopra
'r muso, ner mentre che la mana rosïavi della mi' Desdemona.
OTELLO- Bòn per te, che sai legge' anco ner nero, ma fra che siamo qui per
parlà' chiaro, ti devo confessà' che c'hai picchiato. Vedi: di certo 'un sono
bello come moro, ma… sarà il fascino, sarà la simpatia… te lo devo di'? Son
tante le ragazze che vorrebbano assaggià'… la cioccolata. Ma la tu' bimba m'ha
riempito l'occhi e guasi guasi, se siamo d'accordo, la piglio a birïucco e 'un
se ne parla pà.
BRAGANZIO- Per me la pòi sposà' quando ti pare. Ma prima sarà meglio 'he tu ci
chiaccheri un poïno. O cosa vòi: di "cioccolata" 'ome dici te, da un
pezzo a questa parte Pisa gliè piena da levassene la voglia e le donne, pòle
dessi che alla cioccolata preferiscano 'nvece un ber pezzo di torrone!
OTELLO- Lassa fa' a me, Braganzio; l'ho capito, n'ho già fatto corpo. E
t'assïuro 'he prima di stasera ci potrai vedé' tutt'appomiciati assieme.
Vecchio: te, tieni pronto 'r prete! E rïordati che 'r moro 'un n'ha bisogno
della provetta, per riempitti la 'asa di figlioli, da fa' crepà' d'invidia un
besfotrosfo… un berfoto… 'nsomma: più peggio d'un asilo! (Escono)
SCENA 7
JAGO, CASSIO
JAGO- (Ha origliato durante la scena precedente, entra furtivo). Brutto
vecchiaccio! Per avè' dato ai turchi quattro bòtte ni dà anco la figliola per
isposa! Ma tutte le ciambelle 'un sortano cor bùo! Lo giuro sur mi' cane che mi
vendïerò di tutt'e due. Brutta ghigna nera 'ome la pece… Dio vogli che tu
ruzzoli le scale!
CASSIO- (Entra). 'Un offende' il mi' generale.
JAGO- Io dïo 'ver che mi pare!
CASSIO- Te 'un lo pòi patire, me n'ero accorto, da quando ti levonno dar
comando. Ma 'n fondo, si pòle sapé' cosa t'ha fatto?
JAGO- M'ha levato d'ugni 'osa. Prima 'r comando delle 'orrazzate e quelle tre
palanche di stipendio e poi, quer vecchio che 'un capisce niente, a lui sì,
gliela dà!
CASSIO- Cosa gli dà?
JAGO- Desdemopna gli dà!
CASSIO - E lei lo piglia?
JAGO- In quanto a pigliallo é affar suo. Ma c'è su' padre che glielo fa
pigliare; magari col bïarbonato! Per 'un perde' la pensione, quell'òmo lì la
stioccherebbe ar monte di pietà!
CASSIO- Questa 'un me l'aspettavo… Ha fatto presto davvero a innamorassi… O che
a lei, gni garba?
JAGO- So assai.
CASSIO- Bisognerebbe avé' la cispia all'occhi, per poté' di' che Otello è un
bel ragazzo!
JAGO- Su' gusti, hai da sapé' che c'è un proverbio… e poi, fai conto che 'un te
l'abbia detto, ci deve aver quarcuno nella testa… Ma 'un mi fa' discorre'.
CASSIO- (Fra sé) Che se la intenda un poïno anche con lui? In tre, a dilla
giusta siamo un po' troppi.
JAGO- Cassio: 'un son più Jago se 'un faccio succede' qualcosa di grosso in
questa 'asa!
CASSIO- Cosa vorreste fa'?
JAGO- Te n'avvedrai quando la testa der tu' generale, butterà fòri qualche
ramoscello.
CASSIO- Sicché, vorreste dà' der becco ar Moro?
JAGO- Becco 'un lo so, ma peoro di certo!
SCENA 8
JAGO, CASSIO, BRAGANZIO
BRAGANZIO- (Entra canticchiando e saltellando). Guà, Cassio. Che mi racconti di
bello?
CASSIO- T'ho portato la nota delle spese da pagare. (Srotola una pergamena
lunga fino a terra). Siamo pieni di chiodi fino al naso, che al su' 'onfronto
il governo, campa di rendita!
BRAGANZIO- (Scorre la pergamena). Nati di 'ani! O che ganasce avete? Con voi
'un si sopperisce! Avevo messo la tassa sull'entrata coll'atomobili ner centro
storïo, ma ora devo mette' anco quella per sorticci!
JAGO- Io l'avevo detto, ma te hai voluto fa' come ti pare. "Spenderà
nemmeno du' palanche, quel generale a fa' la guerra". Pareva ti dovesse
da' le battaglie collo sconto: ne 'ombatti due, ne vinci tre!
BRAGANZIO- La vòi smette'! la politïa 'nterna 'un ti 'ompete! Anzi, fammi un
piacé': vai a fa' una giratina.
JAGO- Vado via, 'un dubità', se ti disturbo.
BRAGANZIO- T'ho detto d'andà' via!
JAGO- Me ne vado, 'un ti scardà'. (Esce)
BRAGANZIO- (Rincorrendolo). T'arronzo una scarpata ner groppone!… Cervello
astemïo! Per 'un di' annacquerito|… Cassio, stasera 'un è serata: son cose che
si devan fa' con calma.
CASSIO- 'Un ti preoccupà', ritorno un artro giorno. (Arrotola la pergamena)
SCENA 9
BRAGANZIO, CASSIO, DESDEMONA
DESDEMONA- Cassio, siei ritornato?
CASSIO- Se son qui.
DESDEMONA- Stai bene? Mamma mia quant'è che 'un ci si vedeva. (Va per abbracciarlo.
Lui la respinge). Fatti guardà'… che po' po' di Rambo che siei doventato! Hai
fatto 'r bodiburdinghe? Fai sentì' che muscoli. (Lo tocca ma lui si ritrae).
Mamma mia 'ome ti siei fatto scorbutïo… se 'un mi vòi abbraccià', armeno
strigimi la mana, come 'ntravviene fra du' vecchi amici.
CASSIO- No, 'un ti voglio toccà'! (Fa per avviarsi)
DESDEMONA- O cotesta! 'Un ho mïa l'aizze! (Cerca di trattenerlo)
CASSIO- Addio Braganzio… Sorti di 'vì, puzzona! (Esce)
DESDEMONA- O quella? O cosa gli piglia? (scoppia improvvisamente a piangere). O
babbo, o cosa gli ho fatto? Si ruzzava da bimbetti… colle bamboline… lui mi
rubava sempre Cicciobello! Come sono disgraziata!
BRAGANZIO- Facciamosi a capissi e smetti di frignà'! E se una volta t'avesse
dato anco nell'occhio, ora lascialo perde' e cerca di scordallo. 'Un enno più i
tempi di ruzzà' co' trenini e colle bamboline. Otello ha digià fatto la su'
chiesta e non vorrei vedello rigirato avanti tempo.
DESDEMONA- Sicché dovrei proprio pigliallo? O se 'un mi svaga? Eppoi sono digià
impegnata.
BRAGANZIO- Se 'un la smetti di di' le bischerate, cor un golino nella gola ti
levo i ragnateli dal cervello! Ma lo capisci che se dïo ar Moro che 'un lo vòi
più prende', mi combina un altro sessantotto, così ora che l'hanno in simpatia,
lo fanno doge e me, mi stioccano di corsa ar reusorio. 'Un ci pensi al tu'
vecchio genitore? (Finge di piangere). Desdy… Desdina… Desdy, ci posso
contà'…
DESDEMOPNA- O via, babbo, come sei citrullo. O 'un lo sai che ti voglio bene e
alla fine faccio sempre come vòi te. 'Un avé' paura, 'un ti ci lascio
nell'ambasce.
BRAGANZIO- O brava la mi' bimba! O 'un lo vedi, anche te, alla fine, mi dài
ragione. E poi, in fondo 'un è mïa da buttassi via. Gliè di colore un po'
sostenuto ma 'un lo pòi mïa mette' nell'acquetta! Devi di' che, di notte sarà
un po' difficile vedello; ammenoché 'un gni venga 'na lucciola sullo stomao…
'Un si sa mai… Ora te lo chiamo.
D3SDEMONA- No, oggi no, 'un me la sento. Aspetta domani.
BRAGANZIO- O che ti vergogni, bimbettona?
DESDEMONA- Devo finì' di vedé' la telenovella sul Canale 50. C'è l'ultima
puntata fra poïno. (Si apre il siparietto e appare la camera di Desdemona. La
luce si attenua lentamente)
BRAGANZIO- Te lo chiamo! (In quinta). Otello… (A Desdemona). Bada, è un po'
brïao. Enno ' fumi della grolia che gli hanno dato al capo… Otello, vieni di
qua (Va incontro a Otello), la mi' figliola ti vòle parlà'. (Lo introduce con
mimica ruffianesca, li osserva per poco, quindi esce)
DESDEMONA- Vai, ci semo! È bell'e cche ita!
SCENA 10
DESDEMONA, OTELLO
OTELLO- (Entra ubriaco). Mi volevi vedé', bella biondona?
DESDEMONA- Mamma mia, Otello, come siei brïao! (Al pubblico). Luilì è come la
radio: va avanti a onde… Bòno Utellino, stioccati a sedé'… lo vedi 'un ti reggi
ritto!
OTELLO- Mi vorreste da' der brïao? A me? Che ho combattuto in Terra Santa… per
liberà' 'r vin santo…
DESDEMONA- O cosa dici? Lo vedi svagelli.
OTELLO- Hai ragione Desdè'… vado fòri di cervello… ma mïa perché ho bevuto,
perché sei tanto bella… Desdè', se tu 'un vòi, t'imprometto che il vino in
bocca mia, d'ora in avanti 'un c'entra più… Desdè…
DESDEMONA- Eccolo. Ora ci semo.
OTELLO- Desdè', mi permetti?… O via… o di' di sì!
DESDEMONA- Cosa devo di' di sì?
OTELLO- Di be' un artro bicchierotto di vino.
DESDEMONA- Hai voglia di be'! affogatici! Così finisce d'imbrïaàssi, mi 'asca a
birïucco… e mi sarvo 'n cornere.
OTELLO- (Beve). Ahh! Ora sì, che mi sento 'n gamba! (Traballa)
DESDEMONA- E si vede…
OTELLO- Desdemona mi garbi… vieni qui, ti voglio fa' vedé' il colpo di
reni!
DESDEMONA- 'Un fa' lo scemo, potreste restà' a buo punzoni! (Voci d.d.
inneggiano a Otello). Affacciati, Otellino. Il popolo ti vòle; dammi retta.
OTELLO- Nati di 'ani, proprio sul più bello. (Si affaccia). Popolame incolto e
ignorante! Pisesi di Pisa e sparpagliati nelle 'ontrade rurali di foravia:
com'esse' 'r Ceppe, i Passi e Pisanova. Grazie a tutti per la vostre manate
d'applausi ma 'un è questo il momento di venimmi a rompe' sul più bello. A
dissela fra noartri, c'ho per le mani un pezzettino di figliola che la Parietti
ar su' 'onfronto, doventa la recrame dell'ospizio di via Garibaldi… Sicché,
l'affari dello stato possano aspettà' un altro gocciolino. Ora andate a spigà'
e a letto ' brïai!
VOCI d.d.- Viva Otello, evviva 'r Moro!
OTELLO- A letto, peoroni!… E ora, Desdemona, tocca a noartri… Me lo dai un
bacino?
DESDEMONA- E 'un hai vizi! Prima c'è da fa' l'analisi der sangue per vedé' se
semo 'ompatibili. (Otello la rincorre). Otellino smettila! Mi va via il latte!…
Deve venì' la pettinatrice… anco la manicure, ciò da fammi ll'ugne… Aspetta, ti
'anto una 'anzoncina.
OTELLO- O cotesta?
DESDEMONA-O 'un lo sai 'he quando finisce l'atto cantano sempre una canzone.
'Un si pòle mïa essere di meno dell'artri. Vieni, canta con me. (Duetto con
intervento delle ballerine che fanno evoluzioni intorno ai due. Al finale,
Otello bacia Desdemona). Mamma mia, Otellino, puzzi di vino appesti! (Fugge,
inseguita da Otello)
SECONDO ATTO
A sipario chiuso, breve introduzione musicale.
Si apre il sipario sulla stessa scena del primo atto.
SCENA 1
EMILIA, GERVASIA, BATTIMANO
Voce d.d. canta una "maggiolata"
Battimano entra con un asse da stiro, che dispone a destra. Emilia lo segue con
un ferro da stiro, Gervasia, con una cesta di panni che posa su una sedia.
Durante il canto, Emilia stira i vari indumenti passandoli a Gervasia che li
piega. Battimano si sistema in disparte, aggeggiando con alcuni arnesi sulla
chiave.
EMILIA- O chi era che gorgheggiava? Tutti i giorni a quest'ora c'ha da fa' la
cantatina.
GERVASIA- Dev'esse' Sbuzzagrilli: è innamorato della Grillaia e gni fa la
serenata. Com'avrà fatto a innamorassi di quella donna brutta come il peccato?
E invece lui è dimolto un bel giovane, somiglia a quell'artista… come si
chiama, che fece quel filme… che lui e lei si volevan bene ma però lei scappò
con un altro e lui andò a vende' le statuine di gesso in Australia… che 'un
gnene comprava nessuno…
EMILIA- Ah, io 'un me ne intendo di filmi, 'un ci vado mai al cine; c'ho tanto
da fa' per la casa. Guarda qui che barca di panni! Come faranno a insudiciassi
tanto?
GERVASIA- Con tutti l'òmini che son ritornati dalla guerra, c'è più sconsummìo
di biancheria. Fra lenzòli, franelle, mutande… pare d'esse' alla fiera del
bianco. Al lavatoio c'è sempre una coda lunga, pare che regalino qualcosa… che
tutte le donne, mentr'aspettano, si raccontano di come fanno l'òmini a
intrugolassi tanto.
EMILIA- Chissà te, come ti ci sgrogioli a sentì' tutti que' discorsi.
GERVASIA- Macché… o cosa vòi: col mi' Battimano, da quand'è ritornato, 'un s'è
ancora potuto fa' nulla… Perché, dovete sapé', che nel mentre guerreggiava
laggiù nell'Oriente, lo colze una palla del nemico.
EMILIA- Nelle pa… parti… deretane?
GERVASIA- No, lo chiappò sur petto dove ci teneva la chiave… sai quella famosa…
Lui si salvò ma la chiave si torse. Gliè du' mesi che cerca d'addirizzalla, (A
Battimano). Battimano, a che punto sei? 'Un viene?
BATTIMANO- Pòo! 'Un mi riesce di falla venì' diritta… Quando si dice che uno
nasce disgraziato! Con tanti cristiani che c'erano, o 'un ti venne a beccà'
proprio me, quella palla vagante. Almeno m'avesse preso nel di dietro, nelle
spalle, nelle lonze… pazienza: son cose che capitano; nella vita bisogna esse'
pronti a tutto. Si sa: si patisce un poïno ma poi… la vita continua come si
dice. Invece no; mi beccò sul petto, mi fece anche impressione quella
pallaccia.
EMILIA- O dove eri a guerreggià'?
BATTIMANO- Sotto le mura di Gerusalemme. Avevano detto che c'era un
sottopassaggio segreto che andava a rifinì' dall'altra parte, proprio nella
cantina del sultano. Allora il sergente, un tipaccio alto du' metri e grosso
così, con certi baffacci rossi. Bimbe, 'un lo incontrate di notte perché vi fa
paura: è un bell'òmo ma è tanto triviale! Insomma questo sergente volle andà' a
vedere questa cantina: una botte per uno s'imbriacaron tutti! Che schifo! Ora,
io, se sono in casa d'altri posso accettare, 'un so… una coppa di sciampagne,
francese vero, un bicchierino di Porto, così, tanto per gradire… Sul più bello
t'arrivò il sultano con tutte le su' gente. Andai per fa' le presentazioni:
permette, Battimano, piacere… gni scappò una palla, me la sentii sbatte' sul
petto dove c'avevo la chiave attaccata alla catenina. Me la storse tutta!
(Piange)
EMILIA- Poverino, chissà che impressione ti fece. Enno tremende le pa… pallottole
de' sultani! Ora però, 'un t'aggaià', in qualche modo rimedierete. O dai
pompieri avete provato?
GERVASIA- Me la volevano taglià' colla fiamma ossidrica.
BATTIMANO- Poverina, mi dispiace per lei. Io, si fa per dire, posso trovà'
altre consolazioni nella vita, ma lei… come siamo disgraziati! (Piange)
GERVASIA- Scusa, Emilia, bisogna che lo porti di là sennò lo so come va a
finì'. Le conosco quell'altre soddisfazioni. Finisci te qui?
EMILIA- Vai vai, 'un ti preoccupà'.
GERVASIA- Gnamo te, ripiglia i tu' aggeggi e ritorna a casa, Battimano… va a
finì', te lo batto io qualche cos'artro! (Escono a soggetto)
EMILIA- (Sola, continua a stirare). Però, che ber corredino c'ha la mi'
padrona: certe camicine col pizzo, flanelle… quando s'è sposata, al Moro, in dote
gli ha portato dodici di tutto… guarda un po' che belle mutandine, che smerli,
che stoffina delïata… Al contrario delle mie: tutte ricucite, rammendi,
pillacchere e qualche bùo. Eppoi n'avessi tante, n'ho due sole… Guasi guasi
gnene fo sparì'. 'Un verrà mïa a scovalle sotto le gonnelle. (Le nasconde)
SCENA 2
EMILIA, CASSIO, DESDEMONA
CASSIO - (Entra). Emilia, che fai? Desdemona s'è levata?
EMILIA- L'ho sentita traffià' or ora nella su' camera.
CASSIO- E Otello?
EMILIA- Ha preso il cane sull'albore, le cartucce e lo stioppo der ventotto per
vedé' se tirava a du' beccacce. Vedrai ritornarà verso le dieci.
CASSIO- Guarda se Desdemona è lesta. Digni che c'ho un affare per le mani,
dimorto urgente per er su' marito; e già che lui 'un c'è, voglio un po' lei.
EMILIA- (Chiama in quinta). Padrona, pòle venì' di qua? C'è Cassio la voleva.
DESDEMONA- (d.d.). Vengo…
EMILIA- Bòn per lei… (a Cassio). Arriva… intanto smonto ll'abbaino; ci credi
'un n'ho più voglia di stirà'. Mi s'è curvata la schiena. Oimmei! (Smonta l'asse
da stiro e rimane ad osservare i due)
DESDEMONA- (Entra). Guà, Cassio, mi volevi? Stioccati a sedé'.
CASSIO- No, grazie: Cassio sta bene ritto!
DESDEMONA- Se lo dici te… c'avevi da parlammi?
CASSIO- C'avevo roba segreta… per er tu' marito. (Ammicca Emilia)
DESDEMONA- Ho capito. Emilia, vai a rifà' ' letti; e batti bene le materasse…
vòta i vasi… e sveglia mi' pa' se dorme.
EMILIA- Subito padrona. (Esce portando gli attrezzi da stiro e borbottando)
DESDEMONA- Siamo soli, chiacchera. Ma davvero 'un ti ci vòi mette' a sedé'?
CASSIO- Te l'ho detto: Cassio sta bene ritto!
DESDEMONA- Un'artra vorta? Fai 'ome ti pare.
CASSIO- Quello che c'ho da di' riguarda te e Otello c'entra proprio di
straforo. Ho saputo che in casa eri sola e son venuto a sfogammi, perché 'un
posso più sta' senza vedetti!
DESDEMONA- Gnamo, Cassio, 'un ti scardà', oramai gliè ita. Vorse così il
destino e così sia.
CASSIO - Il destino? No! Fosti te, che per sentitti accanto un generale, più
nero d'una cappa di 'amino, metteste sottosopra 'r municipio, 'r prete,
l'arciprete, 'r sagrestano per fa' presto a sposallo! 'Un ti scappava, sta'
sïura! E se 'un lo pigliavi te, io dïo 'un la trovava nemmeno se metteva
l'annuncio su "Famiglia Cristiana"!
DESDEMONA- Rifletti, Cassio: l'ho sposato, è vero, ma per salvà' Pisa; per 'un
vedé' più turchi e fiorentini venissi a spidocchià' sul campanile o cercà' di
levacci l'arioporto. Per facci lascià' almeno la stazione… di Sarrossore, toh…
se quell'altra gni pare troppo.
CASSIO- Per cotesto, o 'un c'è la Regione che ci difende, cosa c'incastri te?
Desdè, vieni via con me: si scappa 'n Argentina (reazione di Desdemona) a
Orzignano… al fossovecchio. Dove ti pare , Desdy. Te dimmelo, io compro '
biglietti.
DESDEMONA- Falla finita, Cassio, 'un mi tentà'. Sono onesta.
CASSIO- Ma 'un te ne ricordi di quando, da bimbetti, si ruzzava co' trenini e
co' pelusci… E si giaceva nell'istesso letto: te dormivi da capo, e io da
piedi…
DESDEMONA- I nostri sogni ar cacio gorgonzola. Enno rïordi dolci ma lontani,
s'era bimbi a quel tempo, ora siamo cresciuti… e anche parecchio.
CASSIO- Ma cosa c'hai ner còre, una cipolla? S'innamora la vacca del su' toro,
la gallina del gallo nel pollaio, il ciuo della ciua ella stalla, il maiale…
DESDEMONA- Eh! Stai attentino!
CASSIO- Ma te 'un fai nemmeno come le bestie perché cresci, amoreggi insieme a
me, poi tagli la corda e m'abbandoni.
DESDEMONA- Cassio… Cassiuccio… Cassino…
CASSIO- Quante esse c'hai messo?
DESDEMONA- Due.
CASSIO- Allora va bene. Tira avanti.
DESDEMONA- Ti volevo di' che anch'io ti voglio bene e t'ho nel còre; ma oramai
'un si rimedia.
CASSIO- 'Un si rimedia? 'Un si rimedia?! Dovento nero anch'io se mi ci fisso!
(Tenta di abbracciarla. Desdemona lo sfugge)
DESDEMONA- Via, stai bòno, 'un esse' mandrillone… Se stai bòno ti faccio un
piacé'. Stai a sentì'. Otello ieri 'n là m'ha confidato, nel mentre che beveva
il su' caffè, che ti vòr mandà' a istruire le reclute a Colignola
CASSIO- O come faccioc'on questi calli a' piedi?
DESDEMONA- Ma lui ce l'ha con te per l'artro giorno, che un po' brïao, in un
branco di ragazzi, sui carri al carnevale di Vecchiano, tiravi fave invece di
confetti.
CASSIO- Mi danno del brïao? O se non bevo! Qui sotto c'è di certo la calunnia
di qualche infame che m'invidia il posto!
DESDEMONA- 'Un ti preoccupare, ci penso io. Otello, è brutto, ma in fondo è
bòno.
CASSIO- Fallo esse' anche 'attivo! Allora me ne vo, dolcezza, col còre
infranto, esulcerato. Però, un bacino me lo potreste anche dà'.
DESDEMONA- 'Un mi tentà'. Son già tutt'un bollore: mi sembra d'esse' una
pentola a pressione.
CASSIO- Lagostina?
DESDEMONA- No, Gostina, la lavandaia di sur Portone, no: c'ha le gambe storte!
CASSIO- Allora, Aeternum.
DESDEMONA- Ecco, bravo. Volemosi bene a eternumme per onnia asseula asseoloru.
CESSIO- Amme! (Esce)
SCENA 3
DESDEMONA, OTELLO, JAGO, GAMBA, ARSELLINA, BASCHINO, SCIURZE, PELAGATTI, ELISEO
indi PATACCA
Breve Marcia d'entrata
DESDEMONA- Uh, eccoli che ritornano! (Entrano, tutti vestiti da caccia, con
fucili. Alcuni servi recano sagome di animali uccisi, uscendo poco dopo)
BASCHINO- 'Un ci vado più! Ma che si fa la figlia d'un can della burletta!
PELAGATTI- Levassi dal calduccio, la mattina, col capo gonfio e colla cispia
all'occhi, per 'un iscarïà' nemmen lo schioppo!
DESDEMONA- (A Otello che, appena entrato è corso a salutarla. Poi si è seduto,
stanco). Otellino, sei stracco? Ma io te l'avevo detto: 'un sortì' c'è tutta la
brinata. Aspettami, ti vado a fa' un bello zabaione; la contadina delle Rene,
stamani m'ha portato un cesto d'òva 'osì: dev'an' esse' di papero… di struzzo…
di carcestruzzo, so una semprice. (Esce)
Alcuni servitori aiutano Otello a togliere i vestiti da caccia per indossare
quelli da palazzo.
ELISEO- Ma io l'avevo detto stamattina: ragazzi 'un è giornata per la caccia!
PELAGATTI- S'è incontrato anche i Verdi che c'hanno sdubbiato du' lepri a furia
di fa' baccano.
SCIURZE- Ia: animalo, qvi in bosco, molto intellighente. Meno male, mia cane
pastora tetesco, buono naso, anusa uccellino und achiappa e porta qvi!
BASCHINO- Ma cosa annusa; si mette a rincorre' le galline, arza la zampa a
tutti l'arginelli. A un certo punto, 'un ci stavo attento, o 'un me l'ha fatta
sopra un calzerotto. Figliol d'un gatto!
ARSELLINA- E meno male s'è trovato quell'omino che vendeva le bestie
imbarzamate. Di fronte alle gente ci s'è fatta una bella figura.
STORNELLI DEI CACCIATORI
DESDEMONA- (Entra con una coppa enorme. Durante la scena seguente, cerca di far
bere Otello con battute a soggetto: "Buttalo giù ti fa bòno" -
"Un'artra gozzatina" - "O bravo, l'hai bevuto tutto").
Otellino, lesto, senti come è bòno; ti c'ho messo anche mezzo litro di marsala!
(Otello si ritrae). 'Un unvià' a fa' l'infingardo: vedrai quando l'hai 'n corpo
ce lo senti! (Gli mette un bavaglio)
PATACCA- (Entra). O cosa ci fate costì senza fa' niente? Giù all'ufficio c'è un
buggerio di gente, enno tutti arabbiati da aspettà'! Accidenti alla caccia e a
chi 'nventò il fucile!
GAMBA- O chi c'è che vòle vedemmi? Oggi 'un è mïa giorno di mercato.
PARTACCA- C'è Sergio 'r Carlesi, 'r Conte Golino, Uguccione, 'n via della
Faggiola dice c'hanno messo il senso unïo 'un pòle più sortì' di 'asa. C'è
Tigrin della Sassetta e la consorte. Galileo del Galilei c'ha un giambo
dirottato su Peretola. Andrea da Pontedera dice di fa' presto perché l'Atippe
gli parte fra poïno.
GAMBA- Lui, lo so cosa vòle: vòr saper chi si manda a Colignola a istruì la
classe che vien sotto. Otello, s'ha a decide', fra che siamo qui?
OTELLO- Per quest'anno ho deciso: ci mando Cassio.
DESDEMONA- O perché ni vòi da' l'umiliazione di fa' la parte del semplice
sergente? Eppoi, fallo assentà' dalla su' mamma che regge appena l'anima coi
denti…
OTELLO- O che ti sta tanto a còre?
DESDEMONA- No, ma ner mondo bisogna compatissi. Fallo per me: per la tu'
mogliettina.
OTELLO- Guarderò di potetti accontentà'.
DESDEMONA- O bravo topo! Ti vado a preparà' un artro bello zabaione.
(Rimostranze di Otello). C'ho sempre du' coppie d'òva… quelle di calcestruzzo.
Aspettami qui. Otellino, ti ci sgocciolo tutta la boccia del marsala. Topino
nero! Ma sarà bellino! (Esce)
OTELLO- Dolce creatura, per lei darei il còre, le vene varicose e il mal di
denti. (Agli altri). O bimbi, andate a vedé' di fa' qualcosa! Lo stato deve
funzionà'… magari a spinte ma guardiamo di fallo andà'… Siete sempre qui? E ve
l'ho bell'e dati l'assegni familiari! Fòri tutti! (Escono i ministri)
SCENA 4
OTELLO, JAGO
OTELLO- O te, 'un ci vai a lavorà'? Sennò lo stipendio chi te lo paga? 'Un son
mïa la banca de' monchi.
JAGO- Vado, Otello, vado… ma prima ti volevo chiede' una 'osa.
OTELLO- Basta che 'un sian quarini.
JAGO- Quando te ritornaste di Turchia, era avvisato Cassio che Desdemona doveva
venì' con te, in ginocchioni davanti al prete?
OTELLO- Lo seppe uno de' primi. Ma cosa c'incastra?
JAGO- No, nulla… ripensavo a un discorso che mi fece…
OTELLO- Che discorso?
JAGO- Un discorso?
OTELLO- O 'un l'hai detto?
JAGO- L'ho detto?
OTELLO- O torzolone! Che mi fai: l'eco? Te ci devi avé' nel buzzo, da diverso
tempo, qualche mistero che ti tormenta dentro. Ma c'è rimedio: a digiuno, la
mattina, un par di bocce d'acqua d'Uliveto.
JAGO- Se dovessi liberammi di questo mistero, farei uno spicinìo! Ma dimmi un
poïno: sei geloso?
OTELLO- Esse' geloso io? Se m'accorgessi un giorno che la mi' moglie, se la
intende cor un altro sotto sotto, la piglio calda calda in camicia e la stendo
co' nasini alla finestra; e 'un ce la levo finché laggiù, dove 'un ci batte il
sole, 'un c'ha fatto il su' nido un rondinaccio!
JAGO- Bada, t'avverto solo per il tu' bene: 'un ti fa' scappà' d'occhio la tu'
moglie. Mi pare che con Cassio ci stia un po' troppo volentieri sola… que' due
hanno fatto l'amore da bimbetti… e il primo amore, si sa, 'un si scorda mai…
jamais… never!
OTELLO- Chiacchera 'ome l'òmini! No, Desdemona è onesta e, al mi' parere
l'anima sua è senza grinze: più bianca d'un cencio di buàto steso al sole.
JAGO- Che 'un s'insudici mai la tu' sposina, e tu gni creda sempre carne bruna,
quello che è sudiciume da lavassi.
OTELLO- Ma se me le facesse sotto sotto…
JAGO- Questo gliè 'r bello! Ma non ti sei avvisto come gli sta a còre che
Cassio 'un vada a istruì' le reclute laggiù, a Colignola?
OTELLO- E si starà a vedé' quello che nasce. Te stacci attento, e cerca di
scoprì' se sono o 'un sono… Se scoprissi davvero che la mi' moglie mi mettesse
in cornice col sor' Cassio, la butto fòri subito di 'asa; anco se questo còre
mi sortisse, tutto d'un corpo, fòri dar bellïo!
JAGO- Io vado, Otello. Indagherò, sbircerò, origlierò, ascorterò, annasperò,
annuserò, attesterò… per fatti sapé' quarcosa. Per ora, stammi bene, topo!
(Esce)
OTELLO- Gliè pensier mio. Quell'òmo lì t'ha più politïa d'Andreotti. (Voce di
Braganzio d.d.). Guà, decco 'r mi' sòcero! Bòno anche lui!
SCENA 5
OTELLO, BRAGANZIO, indi GAMBA, ARSELLINA, PATACCA, SCIURZE, PELAGATTI, ELISEO,
BASCHINO
BRAGANZIO- (Entra saltellando e ballando). Guà, Otello, come stai? Ti vedo
palliduccio, ti ci vorrebbe un bello zabaione.
OTELLO- 'Un me ne ragionà'! La tu' figliola, dianzi, me n'ha fatto ingollà' un
laveggio!
BRAGANZIO- Gliè tanto bòna la mi' figliola, fatta e messa lì: tutta su' ma'!
OTELLO- Dev'esse' stata anche lei, una bòna donna.
BRAGANZIO- La stiappa, caro mio, somiglia al legno… e come ti vòr bene.
OTELLO- Sì sì… e me n'avvedo.
BRAGANZIO- Dovevi vedé' com'era 'ontenta la sera 'he veniste a chiede' la su'
mano.
OTELLO- O che si mise, a fa' le 'apriole?
BRAGANZIO- Credi, prima di sposatti gliera una bimba ingenua: 'un guardava
nemmeno "Uccelli di Rovo" alla tivvù.
OTELLO- Bella a quel modo lì, 'un so capì' come 'un c'avesse nessuno alle
gonnelle.
BRAGANZIO- 'Un è che 'un ce l'avesse ma, prima di tutto non fu mai civetta,
eppoi 'un eran gente di su' pari.
OTELLO- Eran di qui der posto, o foravia?
BRAGANZIO- Dentro casa?
OTELO- Con Cassio, per esempio… a me mi pare, sbaglierò non dïo, ma mi pare che
lo tratti un po' troppo a confidenza.
BRAGANZIO- O cosa vai a cercà': enno cresciuti assieme, hanno puppato alla
listessa puppa.
OTELLO- Sicché, se hanno il latte eguale tutt'e due, devan venì' a fa' la
ricotta in casa mia?
BRAGANZIO- Macché rïotta e cacio peorino… O cosa ti sarta per er capo?
PTELLO- Per ora nulla! Ma, te capisci, alle volte è meglio avé' paura che
toccanne.
BRAGANZIO- 'Un avé' paura Otello: colla mi' bimba sei cascato bene.
OTELLO- (Fra sé). A buo punzone!
BRAGANZIO- Allora, vado in pace a be' un poncino. Vieni anco te? (Diniego di
Otello). Te lo lasso pagato?… Allora lo faccio mette' sur tu' conto?… Grazie,
Otellino, ma 'un dovevi. A buon rendere. (Esce canticchiando)
Entrano i sette ministri
GAMBA- Otello, siamo qui per il conziglio.
OTELLO- Che conziglio?
GAMBA- Il conziglio de' ministri.
OTELLO- O che giorno è, oggi?
ARSELLINA- È il ventotto.
PATACCA- Ogni ventotto del mese si fa il conziglio.
BASCHINO- Lo dice anche il proverbio: di ventotto ce n'è uno.
OTELLO- (Minaccioso). Eh? Cosa vorreste insinuare?
BASCHINO- Io nulla: s'era deciso così. Ma per me si pòle fa' il ventinove.
PELAGATTI- Eppoi il proverbio 'un dice mïa così. Dice: di ventotto… e ce n'è
uno…
OTELLO- Scusate, ma oggi 'un cìho 'r capo. Il conziglio fatilo da voartri,
tanto, a decide' tutte quelle bischerate, siete bòni anche senza di me. Io vado
a piglià' una boccata d'aria perché c'ho 'r capo mi scoppia.
ELISEO- Ti pesa?… A proposito: si voleva decide' di fa' mette' una diecina di
corna al muro dell'entratura, per attaccacci i cappotti.
OTELLO- (Gli va vicino, vorrebbe strozzarlo, si trattiene ed esce furibondo)
ELISEO- O cosa gli ho fatto? 'Un ho mïa attraversato col rosso! Da un pezzo 'n
qua, è doventato fumino sul serio!
PATACCA- Allora, bimbi: s'ha a vedè' di decide' qualcosa? Arsellina, tira fòri
l'ordine del giorno.
STORNELLI DEI MINISTRI
SCENA 6
MINISTRI, EMILIA, JAGO
EMILIA- (Entra al termine della cantata). Allora bimbi! Si guarda un po' di
falla finita? Io c'ho da spazzà' la stanza, poi devo dà' 'r cencio in terra e
ci devo passà' l'aspiraporvere. Guardate che troiaio! Fra cicche, sputi,
briciole di pane, par d'esse' nel castro del maiale!
PATACCA- Stai bòna, Emilia, poi ti si compra una boccia di detersivo, quello al
limone verde: basta una passata, fa brillà' tutta la 'asa!
PELAGATTI- Ci s'ha da finì' 'r conziglio.
EMILIA- Andatelo a fa' da un'artra parte! Nell'orto dreto 'asa sotto 'r fïo. E
speriamo ve ne caschi qualcuno sulla chiorba! Di quelli baàti! Fòri! March! (I
ministri escono). E poi tocca a me a mette' al posto. Meno male 'un è andato
tutto storto. (Tira fuori le mutande). Guarda belline. Di queste ne vo' tené'
di conto: me le metto soltanto la domenïa, per Ceppo, per Pasqua e per Befana…
anche per er primo maggio, tante volte si va in campagna per qualche
picchinìcche. Quando si riva più sotto l'inverno, me ne stacco un bel paio di
peloncino; così ci vado avanti per un pezzo. D'estate 'un le porto: il
maestrale deve entrà' bene sotto le gonnelle, per sentì' 'r refrigario nelle
cicce.
JAGO- (Entra). O coteste mutande? Dove l'hai rubbate?
EMILIA- Io… no… veramente… l'ho trovate.
JAGO- (Prende la mutande e le osserva). Sono di Desdemona… Il tu' viziaccio
infame ci manderà in galera tutt'e due! Sorti di qui! Vai via!
EMILIA- Scusami Jago, io credevo…
JAGO- Vai via! E 'un rifiatà'!
EMILIA- O dove devo andà'?
JAGO- … a confessatti.
EMILIA- Dove?
JAGO- Da' frati all'Alberone!
EMILIA- E mi ci mandi senza le mutande? (Esce piangendo)
SCENA 7
JAGO, OTELLO
JAGO- È proprio 'r cacio sopra i maccheroni. (Nasconde le mutande). Voglio
andà' nella camera di Cassio, a rimpiattalle nel comodino. Ora principia il
bello! (Entra otello). Comandante, com'è? Ti senti meglio?
OTELLO- Ho bevuto un catino di poncini, ma 'un mi riesce di trovà' conforto.
Ber mi' Jago, e me l'hai fatto fa' un tredici miliardario!
JAGO- Ti pesa sempre il capo?
OTELLO- E tanto, mi c'hai messo sopra una paglietta! Oramai 'un c'è più
speranza: Otello il prode, Otello il vittorioso… Otello il gran cornuto!
JAGO- O come te n'accorgi?
OTELLO- Sento le barbe!… Jago, voglio le prove di tutto e tira via! Se dïo ne
guardi 'un è vero niente, colla tu' ciccia ci faccio le sarcicce! (Lo afferra
per il collo)
JAGO- Otello mi fai male! Gnamo, sei un òmo serio! Mettiti a fa' di queste
cose…
OTELLO- Dammi una prova subito, o ti sgargàno!
JAGO- Di questi mestieracci 'un n'ho mai fatti; ma te lo voglio raccontà'
listesso. Stanotte ero di guardia nel palazzo e nel silenzio, m'ha fatto anche
paura, dalla porta della camera di Cassio, l'ho sentito in sogno che diceva:
"Dolce Desdemona, 'un te ne fa' accorge' " E dopo un pezzettino,
sospirando: "O che ti prese di sposà' quel moro?"
OTELLO- Figlio d'un cane!
JAGO- Sognava eh… sognava…
OTELLO- Sognava un par di zeri! Cosa vòr di': se di giorno si fanno, di notte
poi si sogna e si rifanno!
JAGO- Lascia perde', Otello… lascia perde'.
OTELLO- 'Un è che perdo… il male gliè che acquisto.
JAGO- Ascolta me: alla tu' moglie, gliel'hai mai viste un par di mutandine
rosse, cogli smerli, le trine, le cifre rïamate e una foglia di fïo sur una
parte?
OTELLO- Gnen'ho regalate io. Gliele comprai orellanno a Sarranieri. Eran sul
banco della roba usata.
JAGO- Proprio stamani, quando Cassio è sceso giù allo spaccio, a prende' 'r
cappuccino come fa sempre, l'ho viste in camera sua, sopra al su' letto!
OTELLO- Ah! Testa di… Cassio! Lo stiaccio com'un bao! Oramai l'oriolo ha sònato
l'ora della vendetta mia, aspra e selvaggia! Col su' sangue ci faccio il
mallegato e sii testimonio il Cèlo del mi' giuro, le stelle e la luna, dove c'è
Caino colla padella a còce' le frittelle!
JAGO- Mi fai paura, Otello… ma se hai bisogno d'una mana, son qui per aiutatti.
E già che semo in argomento, ti devo di' che 'un c'enno soltanto le mutande.
OTELLO- N'ha dato anco l'arreggipetto? No, 'un pol'esse' (mimica) sennò le
semina.
JAGO- Devi anche sapé' che l'altra notte l'ho visto scivolà' nella su' camera.
OTELLO- E lei?
JAGO- Lei prima e doppo, dietro, lui.
OTELLO- Ah, la mi' testa è un attaccapanni! Li voglio strucidà'! Gli voglio
rompe' l'ossi a pezzettini, da facci i ciondoli per le 'atenine da vendili in
Borgo e alla Stazione, a mille lire al pezzo, vo' comprà'.
JAGO- Bisogna avé' fermezza e sangue freddo. Bisogna esse' scentifichi! Per
Cassio, sta' sïuro, ci penso io e se vòi la prova che gliè proprio defunto, ti
porto un fagottino di frattaglie!
OTELLO- Zitto, sento venì' gente.
JAGO- Gliè Desdemona.
OTELLO- Ora gni do!
JAGO- Piano! Sciupi d'ugni 'osa. Aspettamo stasera, per il fresco, sarà più
bella e più dolce la vendetta.
OTELLO- È ragionata. (Esce Jago). Aspetterò fin'a stasera, fin'a dopo il tiggì.
Poi, appena invia il filme, la sgargàno fin'all'ultimo gocciolino del su'
sangue!
Jago fa capolino per tutta la scena seguente.
SCENA 8
OTELLO, DESDEMONA
DESDEMONA- Otellino, sei qui? T'ho cercato per ogni dove. T'avevo preparato un
altro zabaione. L'ho ficcato dentro la ghiacciaia, aspettami te lo vado a
piglià': ti fa bòno.
OTELLO- 'Un ti preoccupà'! Piuttosto, dimmi un po' una 'osa: quelle mutande
rosse, che ti comprai orellanno su' banchi a Sarranieri, ce l'hai sempre?
DESDEMONA- Di certo, o cosa vòi: che l'abbi vendute? Piuttosto, ti volevo
chiede' di Cassio: cos'hai deciso, di fallo restà' qui?
PTELLO- Dov'enno le mutande? Bada Desdè'!
DESDEMONA- Un' òmo che ha diviso con te la grolia, er mar di mare, le puci…
OTELLO- Voglio sapé' dov'enno le mutande!
DESDEMONA- Mamma mia come ti sei fatto scorbutïo! Erano ner buàto di stamani…
Dicevo di Cassio: come farebbe a andà' su e giù a Colignola; c'ha anche la
biciretta forata… Già, ma il buàto l'ho rimesso ar posto or ora e le mutande
'un c'eran mïa nel canterale.
OTELLO- Dunque, sono sparite! L'avrai lasciate da qualche parte?… Dove?
Dimmelo! Fursi fursi in camera di…
DESDEMONA- O cosa vai a cercà'… saranno volate via mentr'asciugavano, sul filo
coi nasini, stese al sole. Un po' po' di vento, i nasini 'un acchiappan bene,
saranno volate lì sotto, nel campo delle fave; ma ora le vado a cercà'… Ma di
Cassio 'un m'hai vorsuto anco risponde'.
OTELLO- Voglio le mutande!
DESDEMONA- Parlami di Cassio.
OTELLO- Rivoglio le mutande!
DESDEMONA- Ma la vòi smette'! C'hai sempre le mutande sulla lingua! Fossero
state almeno di bandone!
OTELLO- Di bandone? Di bandone sarebbe troppo pòo! A te ti ci vorrebbero di
ferro, abbottonate colla 'hiave 'ngrese! (Vorrebbe aggredirla, si trattiene ed
esce)
SCENA 9
DESDEMONA, CASSIO, JAGO, poi OTELLO e TUTTI
DESDEMONA- O cosa gli è preso? 'Un era mai stato così!
CASSIO- (Entra). Desdemona, c'ho da parlatti: una cosa importantissima.
DESDEMONA- Cassio, vai via, 'un ti fa' trovà' qui assieme a me. Otello è geloso
e si dev'esse' messo nel capo cert'idee…
CASSIO- Fallo pensà' quello che vòle, 'un me ne importa nulla. Mi basta di
sapé' che mi vòi bene, eppoi succeda un po' quel che gni pare.
JAGO- (Che aveva spiato). Deccolo svelato l'arcano! A dilla giusta, mi pareva
che tu ci venisse un po' troppo volentieri da queste parte.
DESDEMONA- Jago, cosa ci fai te, qui? Nato d'un cane sta sempre rimpiattato
dietro l'usci! Gnamo, vai di là!
JAGO- Di certo. Vòi rimané' qui sola, cor tu' amïone.
CASSIO- Jago finiscila, e guarda di portà' rispetto.
JAGO- A chi? A te? Bel mi' lecchino, con du' diti t'aggrovigliolo!
DESDEMONA- O via, state bòni! Fate corre' gente.
CASSIO- E allora, se mi vòi aggrovigliolà', deccomi pronto. (Assume posizione
da boxeur, imitato da Jago. Movimenti tipici dei pugili)
DESDEMONA- (Sul fondo, chiama). Babbo, gente, correte! Si spicinano! (Entra
Braganzio, seguito dai ministri; i servi, separano i contendenti. Le donne
vanno a consolare Desdemona)
BRAGANZIO- O che fate, la boxe in casa mia? Te, Cassio, che ci fai nel mi' palagio?
E lui, cosa voleva fa'?
CASSIO- Dev'esse' già briao di mattinata.
JAGO- E invece lui è sano! E difatti, chiedigli un po' perché veniva qui.
BRAGANZIO- Cassio, lo dïo per il tu' bene: 'un ti fa' più trovà' da queste
parte. Pòr nasce de' sopsetti.
CASSIO- Ma io venivo soltanto a riportà' le mutandine. Erano, rincartate,
drento la mi' 'omodina.
DESDEMONA- Le mi' mutande!
JAGO- Guarda: ero io briao! Almeno le facesse più pulite!
CASSIO- Maligno!
BRAGANZIO- Desdè', spiegaci l'arcano: c'è qualcosa sotto?
DESDEMONA- No, sotto 'un c'è nulla: erano volate via perché i nasini 'un
acchiappavan tanto bene… Chissà Otello com'è contento, ora che Cassio l'ha
ritrovate, stava tanto 'n penziero, poveròmo. Ma ora lo vado a cercà' e gnene
dïo, così gni faccio piglià' anco lo zabaione: poverino, n'ha tanto di bisogno.
(Va per uscire, si imbatte in Otello che entra). Otellino, come sono 'ontenta!
Te lo dicevo che tanto lontane 'un erano. Il vento deve avé' fatto un mulinello
e l'ha fatte rifinì' dentro la 'omodina di Cassio.
OTELLO- (Vede le mutande in mano a Cassio. Grida). Le mutande! Guarda se gli è
vero! Donna fedigrafa e senza prudore! E te, òmo farabutto e senza un po' po'
di coscenza… ascoltatemi tutti: mi sento ribollì' il sangue de' baluba nelle
vene, che dalla pressione fa stiantà' la macchinetta1e allora giuro su queste
mutande, che vi spello, v'arrostisco e poi vi mangio! E mi ciuccio anco le
dita!
MUSICA
IRA DI OTELLO - CORO
TERZO ATTO
Un violino suona una melodia molto dolce
Canto che invita alle mollezze di una notte d'amore
Camera di Desdemona. Letto avvolto nei tendaggi. Una cassapanca.
SCENA 1
DESDEMONA, EMILIA, GERVASIA
Entrano durante la canzone. Emilia e Gervasia tolgono il vestito a Desdemona,
che rimane con mutandoni e busto steccato; le fanno indossare una veste da
notte. L'operazione continua durante la scena.
DESDEMONA- (Finito il canto). Bella canzone… ma qui 'un fanno altro che cantà'!
Pare d'esse' a Sarremo!
GERVASIA- T'hanno fatto la serenata, padrona.
EMILIA- Era il menestrello della bònanotte: sòna 'r ballo liscio.
GERVASIA- Domattina, quello della sveglia, sòna il roccherròlle.
DESDEMONA- (Svestita, ammirandosi). Dite la verità: per esse' una donna
sposata, 'un mi sono mïa sfiancata tanto, vero? Magari, qui su' fianchi bisogna
che ci faccia du' applicazioni.
EMILIA- Di cosa?
DESDEMONA- So assai… di qualcosa… lo dïano sempre alla televisione.
EMILIA- O cosa dici: sei sempre un figurino.
GERVASIA- Ne onosco tante, più giovani di te, grasse pionze da fa' schifo!
DESDEMONA- Bisogna che mi metta a dieta. Anche stasera, t'ho mangiato una
piattata così di cacio coi baccelli.
EMILIA- Le fave fanno male sulla sera.
GERVASIA- C'è da sta' tutta la notte a rigirassi, a aveccele sulla pamncia.
EMILIA- Ti vado a piglià' un po' di citrato?
DESDEMONA- No, è meglio di no: se poi mi vien da fa' un ruttino, quando riva
Otello… se mi chiama la su' cocca. Cosa dite: ci verrà a trovammi?
EMILIA- Era dimolto nero.
GERVASIA- Pareva una stringa di regolizia. Proprio una stringa, magari no… un
cordino… un canapo.
DESDEMONA- Ma in fondo, lo so io come pigliallo: gni faccio du' complimenti,
du' moine, un po' di solletico; doventa un bimbetto.
EMILIA- Di certo, l'òmini sono tutti compagni. Allora noi si va.
GERVASIA- Vado a vedé' se il mi' marito s'è addormentato; m'è toccato dagli la
capomilla. Da quando gni s'è storta la chiave, mi si sveglia la notte, picchia
'r capo nelle palle del letto… e io, invece, con una forcella da capelli la
posso aprì' quando mi pare.
DESDEMONA- Sicché te, vorreste di'…
GERVASIA- Di certo, 'un potevo mïa aspettà' che fusse ritornato. Anzi, fammi
andà' via, c'ho da passà' dal maniscalco, gli deve fa' una chiave nòva. Oh,
n'ha digià sbagliate quattro! E anche questa, mi sa che 'un verrà tanto bene…
Ma gli viene bene qualcos'altro a quell'òmo lì! Bònanotte. (Esce)
EMILIA- Hai capito? E pareva tanto una santarellina! Beh, se 'un hai bisogno
d'altro me n'anderei anch'io. Prima d'andà' a casa devo passà' da Collotorto,
sai quello che addirizza le canne de' fucili. Al mi' marito gli s'è un po' consumato
e via via fa cilecca. Invece Collotorto… se l'addirizza lui… regge! Hai bisogno
di nulla: un libbro giallo, un'aradina colle 'anzone della bònanotte?
DESDEMONA- No no, vai da Collotorto. 'Un ho bisogno di nulla.
EMILIA- Allora vado, bisogna che faccia presto perché se ritorna Jago e in casa
'un mi ci trova, è capace letïa. Bònanotte padrona… Il fornellino per la
zanzare ce lo devo mette'?
DESDEMONA- No, mi piacciano crude. Bònanotte. /Emilia esce). Almeno mi
riescisse dormì' un'oretta… (Si sdraia sul letto). 'Un mi riesce chiude'
occhio. 'Un dormo mai. (Comincia immediatamente a russare).
SCENA 2
DESDEMONA, OTELLO
OTELLO- (Entra con le mutande in mano). Russa! Ora la chiappo calda calda… Ohe!
Svegliati, cignala!… No, ammazzalla così 'un istà bene. (La scuote). Deve patì'
di più, deve svegliassi.
DESDEMONA- (Nel sonno). Si dà barta… vai piano… stai attento ar muro.
OTELLO- Gni par d'esse' sur camionne di Cassio.
DESDEMONA- (Si sveglia). Emilia, ci sei ita da Collotorto? Guà, Otello, sei
te?… ti vado a fa' un bello zabaione.
OTELLO- 'Un n'ho bisogno di zabaioni!
DESDDEMONA- Un ovino affrittellato?
OTELLO- Chetati! La gente ride tutta alle mi' spalle e la mi' testa pesa più
del piombo.
DESDEMONA- Ho capito, ti ci vòle un bel cucchiaino di magnesia.
OTELLO- Eri una rosa bella e delïata, ma l'intemperia ti sciupò le foglie,e 'un
c'è rimasto altro che il gambaccio.
DESDEMONA- O mamma mia, svagella! Otellino…
OTELLO- 'Un mi chiamà', e preparati a morì'.
DESDEMONA- Io? O cosa t'ho fatto?
OTELLO- Chiedi perdono di tutti i tu' peccati ar Padreterno, per vedé' se,
invece che all'inferno, ti rimediasse 'un posticino 'n purgatorio.
DESDEMONA- Otello, ma chiaccheri proprio d'ammazzammi?
OTELLO- Sì! Eccolo il corpo del reato: queste mutande cogli smerli in fondo,
l'hai ragalate a rïordo della tresca, al tu' amïone, al dolce drudo: Cassio!
DESDEMONA- 'Un è vero! Cassio l'ha trovate ma 'un c'ha corpa! Gli voglio bene,
sì, come a un fratello… poverino anche lui.
OTELLO- Brutta befana, t'hai a mette' a piange' per lui! Lo sai 'osa faccio?
Ora t'ammazzo e 'un se ne parla pà!
DESDEMONA- Aspetta a domani. Devo andà' dar dentista: c'ho un canino carïato.
OTELLO- Te lo scarïo io a sòn di golini!Gnamo, preparati!
DESDEMONA- Ti faccio lo spogliarello? Lo strippetisïo?
OTELLO- Per carità! Dammi il gargherozzo! /L'afferra alla gola)
DESDEMONA- Aiuto, soccorso! Gente correte!… oimmena mi manca il fiato! San
Ranieri, aitami te… arrivo… beccami, Sarranieri. (Muore)
OTELLO- Ora, il capo me lo sento più leggero.
SCENA 3
TUTTI
EMILIA- La mi' padrona!
CASSIO - Morta!
BRAGANZIO- Me l'hai ammazzata! Brutto assassino delinguente!
OTELLO- 'Un ti rivorge' a me! Guarda lì Cassio 'ome piange: pare un
annaffiatoio da giardinieri!
CASSIO- Sì, n'ho vorsuto bene com'al sole. Ma lei è sempre stata di buàto.
OTELLO- Allora ripiglia queste per rïordo, mettile nel taschino e facci 'r
gallo. (Gli getta le mutande)
EMILIA- Queste mutande, lo sentivo dentro, ch'eran la fonte di tutte le
disgrazie. Ma ora vo' discorre'.
BRAGANZIO- Sapevi qualcosa e stavi zitta?
EMILIA- Queste mutande l'ho rubate io, quando stiravo i panni del buàto. Poi
viense Jago e me le portò via.
OTELLO- Jago!… 'Un pol'esse'! Patacca, Baschino: andate a cercallo e
portatimelo 'vì. (Via i due ministri). No 'un ci 'redo, sarebbe troppo grossa…
Te l'immagini la figura da bischero che ci farei davanti alla storia.
PATACCA- (Rientra con Baschino. Portano Jago che ha una valigia ). Deccolo, s'è
fatto appena in tempo. Era già all'arioporto che stava per montà' sul giambo.
BASCHINO- Anche la valligia c'aveva. È piena di 'varini. Voleva scappà' di
sïuro in qualche posto, dove 'un lo 'onosce nissuno e campacci tranquillo
chissà quanto.
OTELLO- Allora gliè vero?! Chiacchera! Discorri!
EMILIA- Dignene, che le mutande me l'hai pigliate te di prepotenza.
OTELLO- O cosa ci volevi fa', eh, mascalzone?
JAGO- Io? 'Un me ne rïordo mïa.
OTELLO- Ah, delinguente, ma io ti strapàno!
JAGO- Desdemona è innocente… Gnamo, Otello, o che t'arrabbi? Mi son'inventato
tutto, ma per ruzzà'… sai la sera, a veglia, per Ceppo, che risate…
OTELLO- Ma ora 'un ridi più, stai sïuro! A Ceppo 'un ci rivi, te lo dïo io,
perché ti mando subito all'inferno; e senza pagà' 'r biglietto! (Lo uccide con
il pugnale)
BRAGANZIO- Cassio, corri lesto da' 'arabinieri, sennò luilì ci strapàna anco noartri.
OTELLO- Fermati Cassio! 'Un avete paura: fra poïno anch'io anderò a ingrassà'
la terra. Mi dispiace sortanto che 'un potrò vedé' 'r Pisa che ritorna in seria
A.
SUGGERITORE- (Sporgendosi dalla cuffia). In serie C.
OTELLO- Cosa dici?
SUGGERITORE- Qui c'è scritto in serie C.
OTELLO- C uno o c due?
SUGGERITORE- Qui 'un lo dice ma positivo sarà in C… diciassette.
OTELLO- Allora posso morì'. Arrivedessi gente, Otello vi fa l'urtimo piacerino:
vi voglio fa' vedé' come si fa a taglià' la testa ar toro. (Si uccide cadendo
sul letto accanto a Desdemona)
BRAGANZIO- Era destino che questa tragedia si consumasse fino all'ultima riga
del suo tremendo copione. Questa storia servirà ai posteri di monito e di
insegnamento… (Mentre parla, entra un fattorino con un carretto da supermercato
carico di fiaschi di vino e bicchieri. Il carretto è decorato con bandiere e
stemmi del Gioco del Ponte)
FATTORINO- Scusate, sta qui un certo Otello de' Mori. (Legge su una bolla di
consegna). Di anni ventotto,coniugato, di professione cornettista
nell'occhestra di Cornovaglia, diretta dar maestro Cornetti?
BRAGANZIO- Cha sònava sempre "La Cornacchia del Canadà"?
FATTORINO- Corno solista prima, e poi tutti l'ottanta elementi della banda
BRAGANZIO- Sì, è lui, ma ora 'un c'è più.
FATTORINO- Peccato, c'avevo da consegnagli questa roba da bere, dimolto bòna.
C'è anche un biglietto. (Mostra una pergamena)
BRAGANZIO- Fammi vedé'. (Legge). "Er comando della parte di Tramontana,
manda questa roba a Otello, in rïonoscenza perché gni fece vince' il Giòo del
Ponte. Difatti s'ingrufiò di porri e di cipolle, si mise sul ponte e principiò
a fischià' la 'anzonccina che fa: "A me la minestrina 'un me la incaci,
trullallà…". I combattenti di Mezzogiorno principiarono a rinculà', li
fermonno alla stazione, ché volevano pigliare il treno per La Vettola, ma 'un
c'avevano il biglietto. Il generale, l'imbasciatore, il sergente, i capitani e
tutti i pigiatori col targone, regalano a Otello questo carretto pieno di vino,
perché possi imbrïaàssi, assieme a tutte le su' gente".
OTELLO- (All'inizio della lettura, si è seduto sul letto ascoltando. Ora si
alza e corre fra gli altri). È tutta da bessi, questa roba? Maremma fradicia,
sarà meglio aspettà' un altro po', prima di morì'? Desdemona, Jago, su
alzativi, si rimòre quest'altra vorta! Forza: tutti a be'! (Entrano soldati,
servi, ancelle. Tutti in scena). Maestro: gni s'ha a da' 'r corettino per
finì'? Poi vieni su anco te a be' un gotto, con tutta la tu' banda. E chiamate
anche le ballerine!
CORO DI CHIUSURA E BALLETTO
Mentre si stappano i fiaschi, si brinda in allegria, quindi tutti al proscenio
per cantare
INNO GOLIARDICO