OTTO SECONDI
Monologo
di ALDO NICOLAJ
PERSONAGGI
GUIDO
Commedia formattata da
I miei genitori erano convinti che ad un bambino non bisogna dare affettivamente più dello stretto necessario, per cui non mi hanno mai viziato. Pensavano che effusioni e tenerezze acuissero la sensibilità, indebolendo il carattere. Un maschietto come me, doveva crescere forte e saper dominare emozioni e passioni, dal momento che la fragilità del carattere impedisce di affrontare e vincere le difficoltà della vita. Consideravano una fortuna che fossi figlio unico e non avessi altri parenti, perché nonne, zie, zii e cugini viziandomi, mi avrebbero guastato l’educazione che loro m’impartivano di comune accordo… I miei genitori, per lo meno durante la mia prima infanzia, erano molto teneri tra di loro, ma non lo erano con me, che venivo trattato, se non duramente, con molta severità. Mai una carezza, mai un sorriso, mai un atteggiamento affettuoso, non si lasciavano andare a tenerezze ed affettuosità che secondo loro, avrebbero avuto effetti negativi sul mio carattere… L’esistenza, in qualsiasi modo la si affronti, è sempre dura e difficile, per cui bisogna essere forti per affrontarla, mi ripetevano. Con me sono sempre stati molto aperti, non mi hanno mai nascosto nulla della vita affinché fossi preparato a tutto… Per fare un esempio, giravano per casa completamente nudi, considerando normale che potessi vedere tranquillamente le parti più intime del loro corpo. Me le esibivano senz’ombra di pudore… spiegandomi che il richiamo dei sensi, che un giorno anch’io avrei sentito, non andava mai abbinato al sentimento perché si trattava di un’esigenza della natura non da respingere, ma da soddisfare. Così non mi nascondevano nemmeno i momenti della loro intimità, invitandomi ad imparare da loro quella specifica ginnastica a cui si sottoponevano perché anch’io, crescendo, potessi essere in grado di compierla accoppiandomi. Poi la loro intesa sessuale, che pareva perfetta ed a prova di bomba, finì all’improvviso trasformandosi in odio. Con la stessa passione e violenza con cui si amavano, cominciarono a litigare insultarsi, picchiarsi selvaggiamente. La notte le loro urla mi svegliavano e mi impedivano di riaddormentarmi. Strepiti, strilli, imprecazioni laceravano la quiete notturna per cui io, spaventato, scoppiavo in singhiozzi e li imploravo di smetterla. Ma mia madre e mio padre s’infastidivano, accusandomi di farmi intimorire dai loro litigi mentre le storie dei grandi dovevano lasciarmi del tutto indifferente. Se loro avessero deciso di scannarsi, lo avrebbero fatto ugualmente, anche se io dal mio letto avessi continuato a piangere e ad implorare. Cercai di dominarmi, ma non era facile. Stringevo i pugni fino a farmi entrare le unghie nelle carni, affinché il dolore diventando fisico fosse più sopportabile. Attraverso le accuse che i miei genitori si scambiavano, capii che mio padre aveva molte amanti, sia fisse che di passo, mentre mia madre accettava aiuti finanziari da vecchi danarosi in cambio di prestazioni sessuali. Tutto questo veniva gridato in piena notte e le urla e gli insulti svegliavano anche i vicini che telefonavano per protestare. In modo particolare minacciava di chiamare la polizia un anziano generale, che si sentiva punto sul vivo, perché veniva citato da mio padre come quel vecchio maiale con le spalline che vive nella palazzina di fronte. Non so cosa non avrei fatto per far smettere quelle liti, almeno avessero trovato il coraggio di ammazzarsi, lasciandomi dormire in pace… Finalmente avvenne il miracolo. Una notte, dopo essersi reciprocamente picchiati a sangue, arrivarono alla decisione di separarsi: ognuno se ne sarebbe andato per la sua strada ed io avrei potuto stare un po’ con l’uno ed un po’ con l’altra, in modo che la mia educazione non ne soffrisse. E così avvenne. Dovevo sempre tenere la valigia pronta perché quando la mia presenza dava noia a mia madre, mi trasferivo da mio padre che mi rimandava da lei appena si scocciava di avermi tra i piedi… Entrambi erano convinti che, come tutti i bambini, mi divertissi un mondo a cambiare continuamente domicilio, mentre io ne soffrivo terribilmente. Oltretutto ognuno aveva l’abitudine di farsi trovare a letto con l’amante di turno affinché fossi aggiornato sulle continue variazioni dei loro incontri erotici… Mia madre aveva ben motivo di affermare che mio padre cambiasse continuamente di partner, perché lo trovavo sempre a letto con una donna diversa… Lei, invece, un uomo se lo teneva anche per un paio di mesi. Devo dire che gli ospiti che trovavo nei letti dei miei genitori, con me erano carini: mi facevano grandi sorrisi, mi portavano dolci, mi offrivano regali. Riconosco che mio padre a volte si accompagnava a certe puttane, di una volgarità quasi imbarazzante, ma allegre e generose. Mi ispiravano fiducia… Mamma ha invece sempre scelto distinti professionisti di mezza età che, quando li vedevo tra le lenzuola, per timidezza diventavano, nervosi, insofferenti, si sentivano a disagio. La mamma ha avuto soltanto una storia con un bel ragazzo, muscoloso ed ardente, che faceva l’idraulico, ma il giorno in cui entrai nella camera da letto dove lui era disteso completamente nudo se ne ebbe a male, per cui si rivestì e se ne andò sbattendo la porta, dicendo che un bambino avrebbe dovuto ignorare la vita sessuale della propria madre, anche se questa era una puttana. Devo dire che vedere i miei genitori coi reciproci amanti non mi ha mai scandalizzato più di tanto, così che ci feci l’abitudine. Tanto è vero che trovandoli soli nel letto, mi meravigliavo e cercavo di capire cosa mai fosse successo. Questo anche per spiegare che non ho mai idealizzato né le persone né i loro sentimenti e non mi sono mai fatto alcuna illusione sull’umanità in genere… Poi, quando con la fine dell’adolescenza cominciarono a farsi sentire i primi pruriti dell’età, mi parve giusto non respingerli e cercare di soddisfarli, come mi avevano insegnato i miei genitori Così, saltato il fosso, ci ho provato con le varie ragazzette che mi sono venute a tiro. Questi incontri li trovavo piacevolissimi, ma mi stupiva la rapidità del piacere che mi davano. Erano più veloci di un fulmine gli otto secondi di orgasmo che concludevano un amplesso. Mi rendevo conto che era inutile impegnarsi a far durare a lungo una relazione quando più o meno le stesse sensazioni si potevano trovare con qualsiasi partner. In principio mi venne il dubbio che fossi io a bruciare in pochi istanti il mio piacere e che per una malformazione o un disturbo spegnessi sul nascere la gioia di un incontro. Ma uno specialista mi rassicurò, dicendomi che ero perfettamente normale perché il tempo del piacere avrebbe potuto durare anche meno… E così mi sono abituato a pensare al sesso così come si pensa ad un gelato che in un giorno d’estate ci rinfresca, ma una volta consumato, non lascia sul palato neanche l’ombra del suo sapore. Infatti, otto secondi di piacere sono brevi, brevissimi… provate a contare… uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto ed il momento di ebbrezza è già scomparso senza lasciare traccia. Ed io mi domandavo come avessero mai potuto i grandi amanti come Giulietta e Romeo, Eloisa ed Abelardo, Tristano e Isotta, Paolo e Francesca soffrire tanto per una storia d’amore… Come fosse stato possibile uccidere, tradire, mentire… rovinarsi l’esistenza per una sensazione così maledettamente effimera. Meritavano tanti sacrifici e rinunce, otto secondi di piacere? Forse così pensavo a causa dell’educazione ricevuta: non essendo un sentimentale, non sentivo trasporto amoroso per nessuno. Ma all’improvviso qualcosa è successo nella mia vita… Una sera tornando a casa in motorino investii un passante. Mi parve una bambina quella che sbattei per terra, non essendo riuscito a frenare. Mi misi ad inveire contro di lei come fosse stata sua la colpa, ma vedendola immobile sul marciapiedi, scesi dal motorino e mi avvicinai a quel fagottino che era a terra, con la paura di averla ammazzata. Invece era viva e nemmeno svenuta. Se ne stava sdraiata nel suo cappottino rosso, stordita con gli occhi spalancati… Era pallidissima, sembrava di madreperla e mi guardava con due pupille color del fiordaliso. Sentendo che la mia voce si era addolcita, sul suo viso apparve un dolcissimo sorriso. Tentò di rialzasi, ma non ce la faceva. La presi tra le braccia e quel corpicino mi parve leggero come quello di un passerotto. Sentii come un grande senso di tenerezza per quella creatura che aveva risposto con un sorriso alla mia violenza. La portai in un caffè vicino e la feci sedere su di un divanetto, sul quale, piccola com’era, quasi spariva… Ancora spaventata non parlava, si guardava attorno, poi i suoi occhi si posarono su di me con una dolcezza che non conoscevo. Prendemmo una cioccolata calda e la bevemmo in silenzio. Lei la sorseggiava con la golosità di una bambina. Restammo accanto in silenzio. Poi cercai di scusarmi addossandomi la responsabilità dell’incidente. Lei non rispose e continuò a guardarmi, tormentandosi con le dita la cintura del cappottino rosso. Poi alzò una mano e mi accarezzò. Ebbi una sensazione mai provata prima, un senso di gioia e di dolcezza. Disse che non dovevo preoccuparmi, si era presa soltanto un bello spavento, una grande paura. Il mio motorino le era sembrato un immenso bolide puntato verso di lei, che non era riuscita a scansarlo e si era trovata per terra. Ma non si era fatta male ed ora, dopo una buona cioccolata di cui mi ringraziava, avrebbe ripreso la sua strada verso casa. Mi offrii di riaccompagnarla in motorino, ma sul primo momento rifiutò, accettando solo dopo molte insistenze Quando si alzò, mi accorsi che era poco più alta del tavolino al quale eravamo seduti, Come una bambina mi diede la mano che strinsi nella mia. Era una manina piccola, piccola, morbida, morbida. Ma quello che in lei più mi colpiva era lo sguardo così azzurro ed innocente, che non la faceva sembrare una creatura di questo mondo. Sul motorino sentii contro la schiena il suo calore di pulcino, era come uno zainetto, lieve, senza peso. Per scendere si aggrappò a me e la dovetti prendere tra le braccia per metterla a terra. Mentre mi chinavo, mi fece una carezza e mi diede un bacetto sulla guancia. In quel momento non ebbi dubbi, capii che mi ero innamorato di lei. E lo sono ancora e lo sarò sempre, per tutta la vita. Mio padre dice che sono un degenerato, mia madre che ho bisogno di uno psichiatra. Entrambi sono convinti che nella mia psiche ci sia stata una deviazione che la loro educazione non prevedeva. Non riescono a capire questa mia improvvisa passione. E non la giustificano. Io, invece, non sono mai stato così felice, mi sento cambiato, diverso, pieno di allegria e di voglia di vivere, dopo che ho incontrato lei. Perché mi ha fatto capire che in questo mondo si può essere felice dentro, dandosi agli altri e volendosi bene. I miei non vogliono nemmeno che ne parli e negano l’importanza che ha nella mia vita. Non si rendono conto che lei mi ha dato quello che non ho mai avuto e di cui sentivo il bisogno: la tenerezza di un amore vero. Una gioia immensa. Sembra impossibile che una creatura così piccola ed indifesa abbia potuto provocare questo sentimento che non riempie soltanto il tempo effimero di otto secondi, ma ogni attimo della mia esistenza, ogni momento della mia giornata. Lei ama me ed io amo lei. Che importanza può mai avere il fatto che sia nana?
FINE