PADIGLIONE H
Una donna è seduta su di una vecchia panchina e sta parlando con Dio.
Accortasi di essere osservata, si rivolge con stizza direttamente al pubblico.
Allora? Che avete da guardare? Vi piaccio, per caso? Mi trovate carina? Forse mi trovate interessante? Ho capito: vi piaccio.
E Basaglia? Povero Basaglia, dov’è ora Basaglia? Morto. Morto e sepolto. Pace all’anima sua!
Manda due baci con la mano verso l’aria
Sono bella? Posso dire di essere bella? No. Sono una che piace. Non ho mai insistito con i prodotti di bellezza. Creme, profumi, cerette, rossetti, rimmel e via dicendo. Poco. Posso dire di averli usati pochissimo. Adesso non sono bella, sono una che piace. E’ questa la grande differenza! Non mi frega niente di essere bella! Mi frega di essere interessante!
Fissa il vuoto come se le fosse apparso lo spettro del noto psichiatra.
E Basaglia? Povero Basaglia, dov’è Basaglia? Eccolo… eccolo lì…
Sospira e gli manda un paio di baci con la mano; poi con lo sguardo segue lo spirito involarsi.
Morto. Decisamente morto. Notevolmente morto… più che morto, defunto! Molto defunto, defuntissimo. E si vede! Si nota. Non c’è più! Si nota... non c’è più... cucù!
Me lo ricordo benissimo. Bell’uomo. Era alto, parlava con la gente. Era bellissimo e parlava con tutti. Anche con i rompicoglioni! Con gli antipatici... lui sì, era uno che faceva uso di creme, profumi, rasoi e dopobarba, certo… perché era uno che doveva parlare con la gente. Io invece non devo parlare con nessuno! Lui parlava e io taccio! Meglio tacere... sì!
Che cosa ci fate tutti qui? Eh? Che cosa? Terapia? Eh? Terapia.
Indica uno per uno alcune persone del pubblico.
Terapia. Terapia, terapia, terapia. Siete qui per la terapia? Tutti per la terapia... ah ah ah, poveri sciocchi! Non c’è terapia qui, oggi. No! Niente terapia. Schluss! Chiuso. Da anni! Anni annorum che non c’è più terapia. Né oggi, né mai... Basaglia è morto, pace all’anima sua! E qui c’è solo gente che va e gente che viene, gente brutta che non si sa dove vada e non si sa da dove venga… e che si diverte a guardare gli altri quando se ne stanno tranquillamente seduti per i fatti propri! Come me: sono seduta qui e mi faccio i fatti miei! Io sono qui e mi faccio i fatti miei… ma di terapia, neanche l’ombra! Schluss!
Ne ho le tasche piene. Io ne ho le tasche piene. “Di noi? Hai le tasche piene di noi?” No. Chi vi pensa? Chi vi calcola? Non io, di sicuro! Ho le tasche piene di robe da ricordare. Mi devo ricordare di tutto. Di tutto, tranne che delle creme, dei profumi, di cerette, di belletti, di rossetti, delle cosine e delle cosette che si usano per abbellirsi... dei rasoi e dei dopobarba... perché tanto non li uso…
Un sacco di cose mi devo ricordare... ma proprio un sacco! Chi sono e da dove vengo. Anche di questo, mi devo ricordare... Anche di questo.
Come ti chiami?
Finge di non aver sentito la domanda che si è fatta da sola.
Dico a te. Come ti chiami?
Che nome hai?
Fa spallucce.
Insomma! Vuoi rispondere, sì o no?
Si altera e si risponde.
Un momento, no? Un momento! E che cavolo... con tutte queste domande, tutte assieme, vuoi mica farmi diventare scema! Aspetta! Aspetta... che ora ci penso.
Potrei stare qui ferma ad aspettare per delle ore. Che fretta c’è? Non c’è nessuna fretta. No... proprio nessuna fretta. Io devo restare qui ferma ad aspettare, devo aspettare che qualcuno passi e mi riconosca.
Sì, sì... è così! Aspetto soltanto che qualcuno passi e mi riconosca. E’ così… e voi lì, fermi come degli allocchi, con gli occhi sgranati, così, che cosa mi fissate a fare se nemmeno mi conoscete? “Sì, ti conosciamo! Noi ti conosciamo” Mi conoscete? Ma mi conoscete, cosa? Quando mai? “Sì! Sì! Noi ti conosciamo! Ti conosciamo benissimo!” Bugiardi!
E Basaglia? Lui sì che mi conosceva! Altroché... sì, sì! Lui mi conosceva. Ogni giorno passava... per di qua, passava per di qua... ogni giorno lui passava per di qua E MI SALUTAVA! Ogni giorno! Mi salutava E MI PARLAVA! Basaglia mi parlava! Di tutto, mi parlava. Di tutto. Robe interessanti. Come no? Robe... interessanti! Interessantissime! E poi mi diceva: “Ci vediamo!” Così! Così! Mi diceva: “CI VEDIAMO...” e poi… e poi non mi ricordo più. “Ci vediamo...” e non lo so più quel nome lì, che diceva dopo... Ci vediamo... Ci vediamo... cara la mia...
Si sforza per ricordare, si dà dei pugni sulla testa ma alla fine desiste.
Non… io non… e così adesso io aspetto. Sì, io aspetto qui, ferma e non mi muovo... No! No! Non mi muovo! Aspetto... forse passerà qualcuno, qualcuno che mi dirà quel nome. Qualcuno che mi sorriderà e che mi dirà: “Ci vediamo, cara la mia…” e alla fina mi dirà UN NOME!
Riprende il suo colloquio con Dio, poi come all’inizio.
Vi piaccio? Io vi piaccio, per caso? Mi trovate carina? Io non sono bella, sono una che piace. Sono una tipa interessante. Ecco che cosa sono: interessante. Come no? E quindi aspetto. Devo solo aspettare. Aspetto qualcuno che mi dica: “Ci vediamo...” e che poi mi dica un nome. Sì sì… io aspetto qui… aspettate anche voi? Aspettate anche voi. Aspettiamo insieme. Sì! Sì! Aspettiamo insieme... Aspettiamo...
Si accascia sulla panchina con la testa fra le mani. Buio immediato.
Giuseppe De Francesco
Il monologo è stato rappresentato per la prima volta il 6 dicembre 2001, al Teatro dei Fabbri di Trieste, nell’interpretazione di Renata Temini.