Pagare i debiti

Stampa questo copione

PAGARE I DEBITI

Commedia in un atto

di TRISTAN BERNARD

PERSONAGGI

TEODORO

JEANNETTE

NIVOLET

IL SIGNORE BORNARD

LA SIGNORA BORNARD

LA CASSIERA

Commedia formattata da

 (La scena rappresenta la terrazza di un caffè in una città di mare. La Cassiera passa, all'alzarsi del sipario, per andarsi a porre davanti alla cassa, nell'interno del caffè. Una quindicina di tavoli sono disposti nella terrazza. Teodoro aggiusta davanti ad essi le sedie. Mattina).

Cassiera                         - (a Teodoro) Teodoro! Ho una com­missione da farvi da parte del padrone!

Teodoro                        - (avvicinandosi) Di che si tratta?

Cassiera                         - Avete chiesto due giorni di per­messo, vero?

Teodoro                        - Si, signora. Alla fine del mese.

Cassiera                         - Soltanto, il padrone non può lasciarvi .andare.

Teodoro                        - Ah!... è quello che temevo.

Cassiera                         - Ha scritto per avere qual­cuno che vi potesse sostituire. Egli non vuol prendere il primo venuto. Il gar­zone che è stato qui l'anno scorso e che ei trova adesso a Luchon, doveva es­sere libero; ma siccome la stagione si prolunga laggiù, sarà costretto a trat­tener visi ancora un mese.

Teodoro                        - Bene! è quello che temevo.

Cassiera                         - Allora, quanto dovete voi presentemente al padrone?

Teodoro                        - Seicentosessanta franchi.

Cassiera                         - Sì: esatto.

Teodoro                        - Io sono mi giovane ordi­nato. Quando ho dei debiti, so ciò che devo pagare.

Cassiera                         - Il padrone non vuol la­sciarvi andare e baderà che prima vi mettiate in regola.

Teodoro                        - Ma, signora, io potrei fare osservare al padrone che qui d'inverno non viene molta gente. Non vi sono quindi che le famiglie che rimangono in -montagna e vengono raramente al caffè.

Cassiera                         - Vi risponderà che dal mo­mento che rimane aperto, c'è sempre bisogno di qualcuno. E in questo caso, come è giusto, egli preferisce che ci siate voi piut­tosto che dover dare il salario ad un altro: dal momento che voi siete già pagato.

Teodoro                        - - Eppure, signora: è impossibile: io devo andare a Parigi.

Cassiera                         - Amico mio, tutto ciò è seccante; ma che farci? In questa situazione vi ci siete messo voi... Il padrone non può nulla.

Teodoro                        - (tragico) Io vi dico, signora, che il barone ha un cuore di pietra.

Cassiera                         - Sarà vero; ma è il padrone.

(La cassiera torna dentro. Teodoro va a. se­dersi con tristezza ad un tavolo. Entra Nivolet).

Nivolet                          - (che si è seduto ad un tavolo) Teo­doro!

Teodoro                        - Cosa desiderate?

Nivolet                          - Datemi un caffè freddo...

Teodoro                        - Signor Nivolet!... Sono certo che avete passato la notte al baccarà.

Nivolet                          - Sì: ho recitato ieri sera a teatro «Trent'anni o la vita d'un giuocatore». Ero io il giuocatore e mi son capitate, a causa della mia passione, le cose più terribili. Ohi­mè! ciò non mi ha servito di lezione. Sono andato al baccarà e ho perduto i duemila franchi che mi rimanevano. Son rimasto là fino alle cinque del mattino. Poiché, almeno, non ho perduto tutto in una volta: ho avuto cinque ore d'emozione per i miei cento luigi.

Teodoro                        - E vi siete addolorato?

Nivolet                          - Niente affatto. Io non me la prendo mai. La mia passione è pagata, sono scrittu­rato ancora per un mese qui... Non ho più un soldo... Cosicché vado a dormire presto tutte le sere, subito dopo la recita. Recito un giorno su due al teatro della città e l'altro al Gasino. Non mi annoio affatto... e rico­mincio nel pomeriggio... Teodoro, credetemi, io non sono tranquillo che quando non ho più un soldo. Solamente, come dire? a lun­go andare ci si stanca di questa tranquillità. Dopo quattro o cinque giorni comincerò a seccarmi di non avere più un soldo. Allora, proprio in tempo, prenderò la mia quindicina di stipendio...

Teodoro                        - Andrete a giuocare anche quei soldi e li perderete...

Nivolet                          - Ho fatto giuramento di non giuo­care mai più.

Teodoro                        - A che serve un giuramento?

Nivolet                          - Eh! eh!... Mi fa ritardare di un'ora o due; invece d'andare a giuocare subito ap­pena uscito dal teatro, prima vado gironsando come un uomo ben sicuro di sé per la sala del baccarà, sto più di un'ora prima di get­tare il mio gettone da cinque franchi... E' sempre tanto di guadagnato...

Teodoro                        - Ne avrete viste di tutti ì colori!

Nivolet                          - Da quando ho cominciato a giuo­care nei casinos, e non è cosa di ieri, ho ac­quistato la mia piccola esperienza... Vi sono delle cose di cui io sono perfettamente si­curo... Per esempio, sono sicuro che non gua­dagnerò mai al giuoco...

Teodoro                        - E giocate lo stesso?

Nivolet                          - Sì: gioco lo stesso! Ecco a che serve l'esperienza! Ho fatto almeno l'esperienza che l'esperienza non serve a niente. E' già qualcosa, caro Teodoro...

Teodoro                        - Ognuno ha le sue noie. Anch'io, purtroppo, ho le mie...

(Entra Jeannette, cameriera. Ha un'elegante vestitino nero e un piccolo cappello da viaggio).

Teodoro                        - (vedendo Jeannette si è accasciato su una sedia.. A Nivolet) Vedete quella don­na? (disperato) E' in abito da viaggio...

Nivolet                          - Ebbene? che importa?

Teodoro                        - Oh! è doloroso! Voi non potete ca­pire quanto è doloroso! (S'avvicina a Jeannette) Ebbene, Jeannette?

Jeannette                       - Ebbene, Teodoro, che c'è di nuovo ?

Teoboro                         - Non vogliono lasciarmi partire... ecco! E tu te ne vai! E' oggi che te ne vai?

Jeannette                       - Sì. I padroni avevano deciso di fermarsi in viaggio. Ma il signore vuole che si vada direttamente.

Teodoro                        - (disperato) E tu vai a Parigi senza di me? Ah, Jeannette, come potrai fare?

Jeannette                       - Tu non hai fiducia in me?

Teodoro                        - (lacrimoso) Ah! non hai risposto quello che avrei voluto!

Jeannette                       - Che cosa?

Teodoro                        - Quando tu sei gelosa, io ti rispon­do: « Non esiste che una donna per me ». Tu avresti dovuto dire: « Non c'è che un uomo per me ».

Jeannette                       - Ma io l'ho pensato, Teodoro.

Teodoro                        - (corrucciato) No: in non l'hai pen­sato. L'avresti detto, se no... Oh, Jeannette!

Jeannette                       - Ma, infine, non c’è modo di uscir d'impiccio?

Teodoro                        - (cupo) No. Devo seicentosessanta franchi al padrone. Non posso andarmene senza prima averglieli dati. (.Si siede acca­sciato) Son tenuto d'occhio...

Jeannette                       - E dire che avevi trovato un posto a Parigi!

Teodoro                        - Sì: al « Boef à la Mode », un risto­rante vicino i tuoi padroni...

Jeannette                       - Non potevi chiedere un anticipo per rimborsare il padrone di qui?

Teodoro                        - Ci mancava altro che chiedessi un anticipo al « Boef »! Ho dovuto faticare per accordarmi con loro, quando mi son presen­tato! Pensa che c'erano dozzine di camerieri che aspiravano a quel posto...

Jeannette                       - Nemmeno puoi promettergli che manderai i soldi a un tanto per mese?

Teodoro                        - Macché. Mettiti al posto di. quell'uomo. Egli fa questo ragionamento, che è logico. Si dice: « Se prendo un altro came­riere, devo pagarlo coi miei denari, poiché Teodoro ha già avuto l'anticipo ». Come si può chiedere a questa gente una cosa supe­riore alle loro forze?... Non vi sarebbe che un. rimedio, ma non so se mi riuscirà... Se potessi vendere la mia pelle d'orso.

Jeannette                       - La tua pelle d'orso?

Teodoro                        - Sì: ho una magnifica pelle d'orbo grigio ucciso sulla montagna. Me l'ha rega­lata mio zio prima di lasciare il paese. Vale di certo duemila franchi.

Jeannette                       - Hai provato a disfartene?

Teoboro                         - Certo: ho domandato a dei ba­gnanti di qui.

Jeannette                       - Non c'è affatto da disperarsi. Tu ne vedi della gente! Io l'offrirei a tutti!...

Teodoro                        - Sì, ma se il padrone mi sorprende, non sarà certo contento: mi dirà che non sono qui per fare il mercante di pellicce...

Jeannette                       - Oh, non ti metterà alla porta!

Teodoro                        - Questo no; ma può seccarsi e pre­tendere che paghi subito il debito... Mi farà l'imposizione per mezzo dell'usciere, mi farà un sacco di storie, di processi...

Jeannette                       - Ma il padrone di mattina non viene e la cassiera che fa i conti è dentro la sala. Sai? Io a tutte le persone che vengono dentro farei la mia piccola offerta. To', lag­giù c'è uno ch'è in fama di spendaccione: perché non gli offri la tua pelle d'orso?

Teodoro                        - Oh, quello là è il signor Nivolet, l'attore del Casino... Egli comprerebbe certo la pelle d'orso; ma... non ha da pagarla...

jeannette                       - Ma conoscerà molta gente: po­trebbe occuparsene, offrirla a suoi conoscenti.

Teodoro                        - Potrei provare a dirglielo...

Jeannette                       - Vai subito. L'hai qui la pelle?

Teodoro                        - Sì, sì. Tu sai dov'è... Oh, Jeannette! tu sai bene dov'è la mia piccola ca­mera. E devi lasciarmi!...

Jeannette                       - Sì: bisogna che me ne vada.

Teodoro                        - E non ritornerai?

Jeannette                       - Partiamo fra due ore. Io vado per far portare i bagagli alla stazione e per farli registrare. Potrò ripassare di qui quando ver­rò per prendere la signora.

Teodoro                        - (languido) Oh!... Jeannette!

Jeannette                       - (indicandogli Nivolet) Vagli a parlare, su.

Teodoro                        - Vado a cercare la mia pelle...

(Escono. Entrano il signore e la signora Bornord. Nivolet è sempre al suo tavolo. I due Bornard si siedono. Lui ha una cinquantina d'anni; lei circa quaranta).

Signora                          - (al marito) Senti, io trovo che tu hai torto a venir qui tutte le mattine per prendere un vermut grenadine, invece di an­dare allo stabilimento...

Bornard                         - Ma è eccellente.

Signora                          - Tuttavia il dottore non te l'ha con­sigliato.

Bornard                         - Perché non lo conosce e perché ci tiene che si vada a spendere quei soldi allo stabilimento. Ma io preferisco venir qui a prendere una consumazione. Del resto, ho già preso cinquanta cachets allo stabilimento e, ci vada o non ci vada, ho pagato e il medico è contento. Che mi lasci dunque bere il mio vermut... E tu lo prendi?

Signora                          - Tu sai che al mattino non mi piace bere. Tuttavia, prenderò una bibita.

Bornard                         - Bene. (Chiama) Cameriere! (Teo­doro è tornato con un grosso pacco che ha de­posto su una sedia) Cameriere, portatemi un vermut grenadine, e per la signora... (alla moglie) dunque, cosa prendi?

Signora                          - Una bibita alla paglia.

Teodoro                        - Un limon's squash?

Signora                          - Cosa c'è dentro?

Teodoro                        - Frutto di limone.

Signora                          - No. Niente limone.

Teodoro                        - Allora, un whisky and soda?

Signora                          - Con che cosa lo fate?

Teodoro                        - Con la soda, che è acqua di seltz.

Signora                          - Oh, no! Niente acqua gassosa.

Teodoro                        - Uno sciroppo con acqua pura ghiac­ciata?

Signora                          - Oh, l'acqua pura, l'acqua del paese! Non ne voglio: mi fa male.

Teodoro                        - Bene, signora! Una bibita senza acqua pura e senza acqua gassosa... Vuole del kummel? Anche questo si prende con la paglia.

Signora                          - Oh, il kummel è alcoolico! Non ne voglio.

Teodoro                        - Un caffè ghiacciato?

Signora                          - Si prende con la paglia?

Teodoro                        - Sì, signora. C'è del ghiaccio tritato.

Signora                          - No, caffè non ne voglio: mi rende nervosa... Datemi una bibita alla paglia, non importa quale... (Al marito) Assaggerò un poco del tuo vermut...

Bornard                         - Gli è che tu con una sorsata me ne berrai mezzo bicchiere. Posso ordinarne uno per te?

Signora                          - Lo lascerei. Difatti non. ho per niente sete.

(Teodoro si allontana. Apre il pacco, estrae la pelle d'orso e la lascia sulla sedia).

Teodoro                        - (a Nivolet) Signor Nivolet, cono­scete qualcuno tra i vostri amici che compre­rebbe la mia pelle d'orso?

Nivolet                          - Una pelle d'orso?

Teodoro                        - Sì: avrei proprio bisogno di ven­derla. Sono molto sfortunato, signor Nivolet! Pensate: la mia amichetta va a Parigi e io non posso raggiungerla perché ho un debito col padrone di qui... Ora, io amo molto la mia piccola e lei ama molto me, come dice. Ma voi lo sapete, laggiù a Parigi ci sono tanti uomini, tanti uomini ed ella è così ca­rina che non so proprio cosa succederebbe se non potessi esserle vicino... Oh, signor Ni­volet, io darei la testa contro il muro!...

Nivolet                          - Sarebbe una cosa poco comoda. Non si sbatte mai con abbastanza forza per morire e si resta tutt'al più con un bernoccolo... Del resto, quanto dovete al padrone?

Teodoro                        - Seicentosessanta franchi dei quali me ne mancano seicentottanta...

Nivolet                          - E che cos'è questa pelle d'orso?

Teodoro                        - Ora ve la faccio vedere. Varrà certo duemila franchi: se me ne dessero anche solo la metà, la cederei volentieri.

Nivolet                          - Vediamola un po'.

Teodoro                        - (porta la pelle) Vedete, signore, che quando ho detto che vale duemila franchi non ho mentito affatto. Qua e là ci son sì dei peli che si staccano; ma senza di ciò varrebbe cinque o seimila franchi una pelle d'orso di questo genere...

Nivolet                          - Sì: li vale così com'è millecinque­cento franchi.

Teodoro                        - Vorrei offrirla a quei signori laggiù.

Nivolet                          - Provate; ma sapete bene quando si ha bisogno di disfarsi di una cosa, i com­pratori...

Teodoro                        - (avvicinandosi ai Bornard) Ebbene, signori?

Bornard                         - E il mio vermut grenadine?

Teodoro                        - Perbacco! Me n'ero scordato... (Si allontana e ritorna con due bottiglie e una caraffa d'acqua).

Teodoro                        - Ecco il vermut, ecco la grenadine.

Signora                          - (tra i denti) E' vergognoso che in un caffè come questo non si possa avere una consumazione alla paglia!

Bornard                         - Cosa dici?

Signora                          - Niente...

Teodoro                        - (esitante) Signori, vorrei chiedere una cosa... se alle volte, comprerebbero una bellissima pelle d'orso...

Signora                          - Una pelle d'orso?

Teodoro                        - Sì: vado a prenderla. (S'allontana e ritorna con la pelle) Eccola...

Bornard                         - (guardandola) E' davvero bella.

Signora                          - Bellissima.

Teodoro                        - E' una pelle che vale almeno due­mila franchi.

Bornard                         - Non dico di no. E' molto bella.

Teodoro                        - Per caso, il signore, non vorrebbe comprarla?

Bornard                         - Oh, no!

Signora                          - Duemila franchi tutti in una volta! Ammetto che li valga, ma pagare duemila franchi una pelle d'orso!...

Bornard                         - Per millecinquecento si potrebbe cominciare a discutere...

Teodoro                        - (decidendosi) Ebbene, signore la potrei lasciare per mille franchi...

Bornard                         - E' ancora un po' troppo.

Teodoro                        - Ma se il signore diceva che per mil­lecinquecento franchi si poteva comprale!

Bornard                         - Sì: ho detto che si poteva compra­re, ma non che l'avrei comprata. Tanto più che non è in perfetto stato...

Teodoro                        - E se ve la fasciassi per meno di mille franchi?

Bornard                         - E' ancora molto cara.

Teodoro                        - (sospirando) Ottocento franchi... sei­centottanta...

Bornard                         - No, no: niente (alla moglie, piano) Che ne pensi?

Signora                          - (c. s.) Cosa ne vuoi fare di quella pelle d'orso?

Bornard                         - Non starebbe male nel mio studio come tappeto...

Signora                          - Sì, ma è troppo cara.

Bornard                         - (a Teodoro) Quale è il vostro ul­timo prezzo?

Teodoro                        - Vi ho già detto, signore, che non posso a meno di seicentottanta.

Bornard                         - La lascereste per seicento?

Teodoro                        - Vediamo. Permettete che faccia i miei calcoli. (A parte) Forse dando al mio padrone seicento franchi mi lascerebbe par­tire. (Forte) Ebbene, signore, per seicento franchi potete prendercela.

Bornard                         - Un momento, un momento... Io vi ho chiesto se l'avreste lasciata; ma non v'ho detto che l'avrei presa io...

Signora                          - Spendere seicento franchi per un tappeto! Quello che abbiamo è sufficiente.

Bornard                         - (alla moglie) Per cinquecento non sarebbe troppo cara...

Teodoro                        - Cinquecento? Oh, signore: non so se potrei...

Bornard                         - (persuasivo) Cinquecento... vedia­mo... (alla moglie). Per cinquecento ee la lascia.

Signora                          - Ebbene: a quel prezzo non voglio: se la cede per così poco, vuol dire che c'è sotto qualche cosa... Lasciamogliela pure la sua pelle d'orso,...

Teodoro                        - Signore, non la prende nemmeno per quattrocento? (a parte) darò al padrone la metà di quanto gli devo: mi lascerà par­tire, spero... (forte) Trecentoquaranta?

Bornard                         - Niente, niente... non la voglio... Tenete, ecco il prezzo della consumazione. (Teodoro si va a sedere disperato su. una sedia presso Nivolet).

Nivolet                          - Ebbene? Sembra che non vada, eh?

Teodoro                        - Purtroppo...

Nivolet                          - Rinunciate definitivamente?

Teodoro                        - Che volete? Per forza debbo rinunciare...

Nivolet                          - Ebbene: mi occupo io del vostro affare. Ma anzitutto, nascondete quella pelle d'orso che mai avreste dovuto mostrare... e toglietevi dalla circolazione... lo li conosco un poco questi Bornard che sono frequenta­tori del teatro e lui, anzi, mi ha già offerto l'aperitivo... Egli è sempre lieto di parlare con un attore... Via, sparite... (s'avvicina ai Bornard) Buongiorno, signori... come stanno?

Signora                          - Mio marito dovete averlo visto che non è molto tempo: è stato al baccarà tutta la notte.

Bornard                         - Fino alle due...

Nivolet                          - Posso dirvi, signora, che è stato anche molto saggio. Credo che non abbia ri­schiato nemmeno cento soldi...

Signora                          - Se sapessi che gioca, non lo lascerei certo andare al baccarà... Lui dice che ci va per distrarsi...

Nivolet                          - Sicuro: per distrarsi...

Bornard                         - E se anche fosse per giuocare, non avrei molto piacere di vincere.

Nivolet                          - Perché avete i mezzi...

Bornard                         - E, d'altra parte, non mi dispiace­rebbe nemmeno tanto di perdere.

Nivolet                          - Sempre perché ne avete i mezzi...

Bornard                         - E poi, a dirvela franca, non è mol­to interessante rischiare cento soldi per gua­dagnarne, in caso di vincita, altrettanti... Preferisco la roulette...

Signora                          - Oh, sì: la roulette è interessante. Io che pure non sono giuocatrice, sento che gio­cherei tutta una giornata alla roulette...

Nivolet '                        - E' una bella fortuna la vostra, signo­ra, di non essere giocatrice!... Quando penso che io sono rimasto fino alle cinque al bac­carà!...

Signora                          - E siete già alzato?

Nivolet                          - Sono ancora alzato!... Ho preferito di non andare nemmeno a letto. Ho dovuto parlare con un amico di un piccolo affare. Sì: un amico deve venir qui fra poco e al quale faccio guadagnare sette od ottomila franchi... E mi interessa come se invece dovessi guada­gnarli io...

Bornard                         - (interessato) Ah! E come glieli fa­rete guadagnare?

Nivolet                          - Con una pelle d'orso... Oh! è una storia curiosa!

Signora                          - To', il cameriere proprio adesso vo­leva vendermene una!

Nivolet                          - Oh, sì: la conosco quella pelle. Vo­leva venderla anche a me... Non è brutta: è una pelle d'orso che li vale i suoi duemila franchi...

Bornard                         - Ce l'avrebbe lasciata a buon mer­cato...

Nivolet                          - Non capisco come si facciano certe cose. E' una pelle che vale, mettiamo, due­mila franchi. Vendendola ci si farà sopra un piccolo guadagno... Ma la pelle di cui mi han­no parlato è qualcosa di più interessante...

Bornard                         - Di che si tratta?

Nivolet                          - (facendoli alzare e attirandoli con aria, di mistero in fondo olla scena) Guardate lassù...

Signora                          - Dove?

Nivolet                          - Sulla montagna. Vedete quella pic­cola casa tra gli abeti?

Bornard                         - Sì, sì, la vedo...

Nivolet                          - Ebbene, a qualche centinaio di me­tri, più in alto, c'è un'altra piccola casa che non potete vedere... è un luogo inaccessibile. I turisti più intrepidi non vi si azzardano... In quei boschi sta un cacciatore d'orsi che è un uomo straordinario. Sapete quanti orsi h* ucciso nell'annata?

Bornard                         - Non saprei...

Nivolet                          - Dite un numero...

Bornard                         - Ebbene... quindici, trenta, trenta-due...

Nivolet                          - Cinquant'otto.!... E deve cacciarne in questi giorni uno magnifico... Una belva sen­za l'eguale... Come non se ne sono mai viste.

Bornard                         - Grossissima?

Nivolet                          - No, non grossissima, di proporzioni normali. (Con autorità) Gli orsi molto grossi non hanno una pelle bella; mentre questo ha la più splendida pelle che il cacciatore abbia visto... Me lo diceva poc'anzi... è una pelle che vale... no, non ha prezzo. Da vent'anni a questa parte non è stato ucciso sulla monta­gna un orso simile. Il cacciatore si è trovato davanti alla belva ieri, a cinque metri...

Bornard                         - E non l'ha ucciso?

Niyolet                          - Non ha voluto farlo col fucile che ha attualmente. Dice che il proiettile avrebbe ri­schiato di guastare la pelle. Allora ha fatto venire da Parigi un altro fucile... un modello nuovo... con dei proiettili come anguille: fo­rano la pelle impercettibilmente... E' con questo fucile che ucciderà l'orso... Soltanto egli ai trova alle prese con una difficoltà stupida... Figuratevi che il fucile è alla stazione e lui non ha i denari -per ritirarlo... Voi lo sapete, questi cacciatori vendono le pelli a poco prez­zo... a loro basta d'aver di che vivere. E così si trova momentaneamente senza danari... Al­lora, mi ha pregato di anticipargli i mille franchi che sono necessari per ritirare l'arma; e lui mi darà la pelle... Io non volevo accet­tare perché mi pareva di strozzarlo... ma lui ha insistito... m'ha detto che mille franchi per lui sono sufficienti e che non domandava altro... Avrà la soddisfazione di possedere un bel fucile e ciò gli basta... Io d'altro canto, mi trovo senza un soldo; lo sapete, ho giuocato al baccarà. Allora, invece di tener per me l'affare, ne parlerò a un amico... (sì al­lontana e va a bere il resto della sua bibita).

Bornard                         - Sì; ma se il cacciatore manca il col­po?... tutto può capitare... Il vostro amico ci rimetterà i mille franchi...

Nivolet                          - No, perché in tal caso avrà il fucile ed esso vale tre volte tale somma... La casa che lo ha spedito, gli fa un ribasso considere­vole... Quel cacciatore gli serve di reclame... Lui manderà un'attestazione... Insomma, quell'arma che lui paga mille franchi, in realtà ne vale quattromila...

Bonnard                        - Andrà a ucciderlo subito?

Nivolet                          - Oh, si affretterà certo. Vi sono mol­ti inglesi qui: essi vanno nella foresta, lassù... Sono inglesi che cacciano anch'essi gli orsi... E quando dei cacciatori inglesi come... (cer­cando nella memoria) come... Buckingham... Lo conoscete?

Bornard                         - Sì: questo nome non mi è nuovo.

Nivolet                          - Oppure Glocester... Lo conoscete, signora?

Signora                          - Mi pare di averlo sentito altre vol­te... non sapevo che fosse un cacciatore ma il nome l'ho già udito altre volte...

Nivolet                          - Ebbene, se Glocester o Buckingham vengono a conoscere, ed è probabile che lo sappiano già, la presenza dell'orso... poiché sono in relazione con le più grandi case di pel­liccerie inglesi, saranno subito sul posto...

Mornard                        - Sarebbe seccante che fossero degli inglesi ad uccidere quell'orso...

Signora                          - Già: sarebbe seccante...

Nivolet                          - State tranquilli: non lo prenderanno perché il fucile sta per essere ritirato oggi stes­so ed è probabile che il nostro cacciatore uc­cida l'orso questa notte; così il mio amico lo avrà fra tre o quattro giorni.

Bornard                         - E credete che ci guadagnerà qual­che migliaio di franchi?

Nivolet                          - Sì; ma non subito... Lascerà la pel­le dell'orso in un luogo né troppo freddo, né troppo caldo e attenderà gli avvenimenti... Da qui a tre mesi quasi certamente il suo valore sarà triplicato, perché, come mi diceva il cac­ciatore, quella varietà di orsi diventa di mo­mento in momento più rara... E' insomma, una piccola fortuna in prospettiva...

Bornard                         - E al vostro amico avete già parlato della cosa?

Nivolet                          - Sì... Cioè, non gli ho detto di che si tratta, ma soltanto che gli farò guadagnare una buona somma.

Signora                          - Però, lui non sa ancora precisamente di che si tratta ?

Nivolet                          - No, signora. Ma perché questa do­manda?

Bornard                         - Ebbene... Se trovaste un altra per­sona disposta a prender per sé l'affare, credo che non avreste bisogno di dirlo al vostro amico.

Nivolet                          - Oh! E' un po' difficile... quando si è già accennato di una cosa, anche senza avere precisato...

Signora                          - Gli potrete dire che per esempio l'or­so appena ucciso è cascato in un precipizio senza fondo... Oppure che è stato ucciso da un altro cacciatore...

Nivolet                          - Oh, signora, a me non piace men­tire... quando dico delle bugie, divento rosso come una giovinetta...

Bornard                         - Voi siete molto premuroso col vo­stro amico.

Nivolet                          - Egli è venuto qui per riposarsi e si è detto: « La stagione mi costerà duemila o duemilacinquecento franchi ». Ora trova il modo di guadagnarne sette od ottomila... è molto vantaggioso...

Bornard                         - Ma il vostro amico tratterà col cac­ciatore?

Nivolet                          - No, no. Darà i denari a me e io li rimetterò al cacciatore. Poi fra quattro o cin­que giorni io riceverò o la pelle o il fucile... Oh, quel cacciatore è un montanaro onestis­simo... Ma comincio a credere che il mio amico non abbia compreso il luogo dell'ap­puntamento e sia andato al Casino. Vado a farlo chiamare... (va nell'interno del caffè).

Bornard                         - Signor Nivolet!

Nivolet                          - Vengo subito!

Bornard                         - (alla moglie) Che ne pensi?

Signora                          - Non sappiamo che farcene di que­sta pelle d'orso.

Bornard                         - Non è per averla; ma per venderla, se ha tanto valore...

Signora                          - Ti vuoi mettere a fare il mercante di pellicce ?

Bornard                         - Le donne non capiscono mai niente! Non si tratta di diventare mercante di pellic­ce: si tratta di fare un magnifico affare. Del resto, vuoi che non me ne occupi?

Signora                          - Sì; ma poi non devi farmi dei rim­brotti.

Bornard                         - Ali! se verrò a sapere che un altro ci ha guadagnato qualche migliaio di franchi non sarò certo contento... Ma, tanto peggio, lascerò di occuparmene...;

Signora                          - Ripeto che poi non voglio dei rim­brotti.

Bornard                         - Non te ne farò, stai tranquilla.

Signora                          - Tu dici così e poi me li farai.

Bornard                         - Non è che mi interessi di guada­gnare qualche migliaio di franchi; ma mi secca se dovrò rimpiangere di non averli gua­dagnati...

Signora                          - Se è così, fai pure quello che credi...

Bornard                         - Ma non è ancor detto che lui accon­sentirà...

Signora                          - Prova ad offrirgli milleduecento franchi.

Bornard                         - Non basta: non è certo per duecento franchi che cambierà idea. Vorrà almeno cin­quecento franchi...

Signora                          - Cinquecento? E' una somma.

Bornard                         - Allora, lascia andare!

Signora                          - Ebbene, fai quel che credi...

Bornard                         - (alzandosi) Signor Nivolet! Signor Nivolet, avrei qualcosa via dirvi...

Nivolet                          - Ai vostri ordini, signor Bornard. Cosa desiderate? Volete qualche schiarimen­to sulla rappresentazione di stasera?

Bornard                         - No, no...

NlVOLET                     - Volete che vi indichi una bella escursione?

Bornard                         - No, no: abbiamo già terminato le escursioni... Si tratta di quella pelle... Il vo­stro amico non vi darà che mille franchi e non è giusto che voi non abbiate a guada­gnarci niente.

Nivolet                          - Oh! ma io non io faccio per inte­resse...

Bornard                         - Insomma, se io vi dessi milledue­cento franchi... duecento di più... trecento?

Signora                          - (a mezza voce) Non vale la pena...

Bornard                         - (alla moglie) Sì che ne vale la pena!

Nivolet                          - Ecco... non è il mio mestiere... k> lo facevo per togliere d'impiccio il caccia­tore...

Bornard                         - Ebbene: permettete vi dica che io late molto male... dal momento che non vo­lete accettare un'offerta migliore. Voi non avete il diritto, trattandosi di un povero dia­volo, di rifiutare, col pretesto di proporre lo affare ad un amico...

Signora                          - Al vostro posto io mi farei scrupolo...

Nivolet                          - No: quel cacciatore non è un uomo interessato: cinquecento franchi di più o di meno è lo stesso... Vive con niente; due pa­tate, un uovo... Tuttavia il vostro ragionamen­to mi ha colpito; sì, avete ragione. Vuol dire che dirò al mio amico che il cacciatore può trarne un utile e mi farò dare, se lo vorrà, di più...

Bornard                         - (vivamente) Ma il vostro amico au­menterà l'offerta se glielo direte! Ma non è questo che gli dovete dire, non bisogna par­largli della mia offerta. Oh! come si vede che non siete un uomo d'affari!

Nivolet                          - Mi sembra difficile non parlargliene.

Bornard                         - E' un piccolo caso di coscienza per voi. Io vi ho fatto un'offerta; ma non è detto che se il vostro amico non trova conveniente tale somma, io sia poi disposto a darvela...

Nivolet                          - Signor Bornard, voi mi confondete... mi fate dei discorsi troppo sottili... Ingomma, se ho ben capito, voi volete che io non dica nulla al mio amico e che accetti la vostra of­ferta di millecinquecento franchi...

Signora                          - Oh, no! non millecinquecento fran­chi. Trecento...

Ntvouet                         - (stupito) Trecento?... Oh, no! per trecento franchi di più non vale la pena che io faccia, quest'azione verso il mio amico... Tan­to più che sono sicuro di avere ugualmente trecento franchi da lui... Non me ne darà cin­quecento, ma trecento sì... So che ce li ha... Ieri ha vinto al Casino... No, no! E poi nem­meno per cinquecento franchi io gli farei un insulto simile...

Bornard                         - (estraendo i biglietti dal portafoglio) Ecco: millecinquecento. Voi non sapete se il vostro amico li avrà. Sono qui, a vostra dispo­sizione (glieli métte davanti) Fate quel che credete; ma io non esiterei...

Nivolet                          - No, non posso... Mi secca di rifiu­tare, ma non posso...

Bornard                         - (mettendogli i biglietti in tasca) Ecco: li avete incassati. Non potete più ri­tirarvi!

Nivolet                          - Oh, siete un bel tipo, signor Bor­nard! Giocate con me come il gatto gioca col topo... Infine, la pelle dell'orso l'avrete voi... Ma posso dirlo lo stesso al mio amico?

Signora                          - Ditegli quello che volete... Oh! che scrupoli esagerati!

Nivolet                          - In tutti i casi è meglio che non mi veda insieme a voi: potrebbe sospettare qual­che cosa...

Signora                          - Noi ce ne andiamo. E appena avrete la pelle...

Bornard                         - Vi ringrazio, signor Nivolet.

Nivolet                          - Ah! ma io non ringrazio voi! Mi avete messo in un certo imbarazzo... Oh!

Signora                          - (al marito) Andiamo via, se no è ca­pace di pentirsi!... (Escono. Entra Jeannette).

Nivolet                          - Ah, ecco, ecco la piccola amica di Teodoro, (chiama) Teodoro!

Teodoro                        - (entrando) Eccomi...

Nivolet                          - Potete andare a Parigi con in vostra amica. (Estrae di tasca i biglietti) Ecco mille­cinquecento franchi! la vostra pelle d'orso è venduta!

Teodoro                        - Come? Millecinquecento?

Nivolet                          - Sì. Voi me la darete subito e io fra quattro o cinque giorni la porterò a quei si­gnori. Del resto, non è questa che hanno com­prato, ma un'altra...

Teodoro                        - E non la riconosceranno?

Nivolet                          - No. Basterà strappare qualche pelo ancora...

Jeannette                       - Tuttavia, signore, dice il prover­bio che fino a quando l'orso non è stato ucciso, non si deve venderne la pelle...

Nivolet                          - I proverbi non sanno quel che dico­no... Del resto, come vedete, non si trovano compratori che a quella condizione...

FINE