Pagine strappate

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PAGINE STRAPPATE

PAGINE STRAPPATE

L’Alzheimer è come quando da un libro strappiamo una pagina, poi un’altra e

un’altra ancora. Finché non ci sono più pagine e resta soltanto la copertina.

(Elie Wiesel, premio Nobel per la pace 1986)

ATTO UNICO

DI

ALDO CIRRI

PERSONAGGI :

VITTORIA - LA MADRE

PACO - IL FIGLIO

IL MEDICO LEGALE

L’ASSISTENTE SOCIALE

L’azione si svolge ai giorni nostri


SCENA

La scenografia è essenziale e può essere allestita su un palcoscenico vuoto con un fondale scuro ed alcune quinte (almeno due per lato). Vicina al fondale, spostata sulla destra, una finestra è sospesa a mezz’aria sorretta da due fili, uno spot la illumina dall’angolo destro del fondale attraversandola dall’alto verso il basso e disegnandone la griglia sul pavimento. Sulla sinistra della scena una poltrona a schienale alto è rivolta di tre quarti verso il lato destro del fondale. A fianco della poltrona un piccolo e basso tavolo da salotto. La poltrona sarà illuminata da uno spot proveniente dall’alto. Sulla destra della scena un altro tavolo con una sedia, sopra di esso uno stereo portatile. L’inserimento di altri elementi di scena è subordinato ad eventuali necessità.

SIPARIO

SCENA PRIMA

La scena è in penombra. All’apertura del sipario dallo stereo proviene un brano di musica classica che pervade l’intera scena (si suggerisce un’aria dolce per pianoforte ed un altro strumento), Vittoria è seduta immobile sulla poltrona, il pubblico ne distingue solo il braccio destro appoggiato sul bracciolo e, in alcuni brevi momenti, il viso di profilo che sporge dal bordo dello schienale. Lentamente la luce dello spot, che attraversa la finestra, si intensifica progressivamente. Dopo alcuni attimi, anche lo spot in verticale sulla poltrona si intensifica. La voce di Vittoria è registrata e si diffonde per la scena come se fossero pensieri espressi ad alta voce.

VITTORIA                 - (voce registrata) Ogni giorno mi sveglio in questa stanza… io non conosco questa stanza. Le mani che vedo appoggiate sulla poltrona sono vecchie e rugose… non sono le mie, le mie sono giovani e morbide.(angosciata) Ma quelle mani vecchie sembrano attaccate alle mie braccia… mio Dio cosa è successo? E poi chi è quell’uomo che entra con una tazza di tè e dice: “Buon giorno, mamma, oggi è giovedì, il giorno del centro diurno”…io ho solo un figlio di diciassette anni, chi è questo uomo che ne ha più di quaranta e mi chiama mamma? E questa casa?... Chi mi ha portato in questa casa...? Se almeno potessi affacciarmi alla finestra.

Pausa. La musica continua.

VITTORIA        - (voce registrata) Questa è la musica di un pianoforte... dov’è il mio pianoforte? Dove sono i miei spartiti? Qui è tutto diverso... questa sera devono venire i miei amici è tutto da preparare...

Solleva la mano dal bracciolo della poltrona e la rivolge verso la finestra.

VITTORIA        - (voce registrata) Che... ore sono? È ancora giorno?

Poi gira la mano verso di sé e la osserva muovendone a stento le dita.

VITTORIA        - (voce registrata) Non riesco a muovere le dita... come farò a suonare per i miei amici stasera? (angosciata) Oddio... questa mano... queste mani!

SCENA SECONDA

Da sinistra entra Paco sorridente. Lo spot sopra la poltrona si attenua e si accende l’illuminazione su tutta la scena

PACO                - Ciao mamma.

Paco si avvicina alla poltrona e si piega verso la madre (se necessario si inginocchia vicino ad essa).

PACO                - Sai chi viene oggi? Oggi viene il medico, quello che ti accompagnerà al centro... sì, il centro… quello dove vai tutti i giovedì..., sarai in compagnia e poi io ti verrò a trovare tutti i giorni e staremo insieme.

Vittoria allunga lentamente una mano verso Paco come se volesse accarezzargli il viso.

ITTORIA           - (voce registrata) Ma chi sei tu? Che ci fai in casa mia? Sei gentile, ma… dov’è Paco… mio figlio?

Paco afferra le delicatamente la mano e guarda Vittoria negli occhi.

PACO                - Guardami mamma.

Vittoria gira appena la testa dalla parte del figlio.

PACO                - (sorridendo) Vuoi che ti porti del tè? ...Quello profumato... dentro la tua tazza verde! Lo vuoi?

VITTORIA        - (voce registrata) Sì, mi piace il tè... ma aspettiamo... devono venire gli amici…

PACO                - Bene, aspettami torno subito.

Paco esce da sinistra.

VITTORIA        - (voce registrata) L’accordatore per il pianoforte... deve venire l’accordatore... mi raccomando, stasera ci sono i miei amici... devo suonare per loro... devo provare qualcosa di nuovo... qualcosa che non suono quasi mai.

Pausa.

VITTORIA        - (voce registrata) Questa musica la conosco… un violino e un pianoforte… un adagio… sì un adagio, forse…

Paco rientra con l’occorrente per il tè su un vassoio.

PACO                - (sorridente) Ecco qua.

Paco posa il vassoio sul piccolo tavolino a fianco della poltrona poi, mentre prepara il tè, parla alla madre.

PACO                - Senti? È una delle tue musiche preferite. Ricordi? Prova ad indovinare… violino e pianoforte… sì…?

Si intravede appena il profilo di Vittoria che fa alcune espressioni e smorfie con il viso, atteggiamenti che solo Paco

riesce a decifrare.

PACO                - (sorridendo) Sonata…. Sì… Beethoven… “La Primavera” 1, brava! Una delle tue preferite.

Paco finisce di preparare il tè, prende la tazza e l’avvicina a Vittoria.

PACO                - Ecco qua… aspetta… è bollente.

Paco soffia sul tè poi lo porge di nuovo a Vittoria, aiutandola a berlo a piccoli sorsi.

PACO                - (guardandola teneramente) Su, coraggio… piano piano… ecco così… brava.

Vittoria tossisce, Paco allontana la tazza.

PACO                - Hei, hei… con calma, prendi fiato.

Le asciuga lentamente le labbra con un tovagliolo.

PACO                - (sommessamente, come se parlasse a se stesso) Io lo so che ci sei. Anche se la tua mente si sta sbriciolando, i tuoi ricordi ci sono ancora. Forse non mi riconoscerai, forse mi prenderai per un altro. (sorride) Stai tranquilla, anche se non è gran che, ti ho lasciato da parte un po’ della mia di mente, usala quando vuoi, te la regalo volentieri, a me non serve, mi basta quella che ho… con tutti i casini che combina.

Suono di citofono.

PACO                - Eccoli! (rassettandole il vestito ed i capelli) Sei pronta?

Vittoria allunga una mano verso il viso del figlio come se volesse accarezzarlo di nuovo.

1 Sonata in Fa maggiore per violino e pianoforte op. 24 “La Primavera” di Ludwig Van Beethoven      - adagio espressivo.

PACO                - Bene, arrivo subito.

Paco appoggia la tazza sul vassoio ed esce da sinistra.

VITTORIA        - (voce registrata) Eccoli, finalmente! I miei amici, ma… è tutto pronto? Il pianoforte… Paco aprimi il pianoforte… voglio subito far sentire ad i miei amici il pezzo che ho preparato per stasera… tira fuori il vino… sì il vino… la tavola, hai preparato la tavola? Ci tengo a far bella figura con loro…

Da sinistra si sentono delle voci.

PACO                - (da fuori scena) Prego accomodatevi…

IL MEDICO      - (da fuori scena) Lei ci scuserà, ma non abbiamo molto tempo, dovremmo vederla subito.

PACO                - (da fuori scena) Certamente, non c’è problema… prego da questa parte.

L’ASSISTENTE SOCIALE - (da fuori scena) Grazie.

SCENA TERZA

Da sinistra entrano il figlio, il medico e l’assistente sociale. Il medico manterrà sempre un atteggiamento insofferente,

quasi infastidito dal compito che gli è toccato, cederà all’emozioni solo durante l’ascolto del brano di musica classica

nonché nell’ultima scena, l’assistente sociale sarà più informale, ma condizionato un po’ dal comportamento del

medico. Entrando il medico lancia un’occhiata fredda a Vittoria, mentre l’assistente sociale si avvicina, si china e la

guarda. Ognuno porta con sé una borsa. Il medico, senza dire niente, si avvicina al tavolo appoggia la borsa e si siede.

Lo stereo è sempre acceso.

PACO                - (ironico) Prego si accomodi.

MEDICO           - (brusco) La prego di scusarmi ma, come le ho detto prima, abbiamo i minuti contati.

Il medico apre la borsa tira fuori una cartella la apre, inforca un paio di occhiali e comincia a leggere la

documentazione.

ASSISTENTE SOCIALE     - (continuando a guardare Vittoria da vicino) Quando si è manifestata per la prima volta la malattia?

VITTORIA        - (voce registrata) Ma chi è questo maleducato? Non è uno dei miei amici! Mandalo via!

Paco lancia un’occhiata alla madre e sorride.

ASSISTENTE SOCIALE     - (volgendosi verso Paco) Le fa tanto ridere la mia domanda?

PACO                - No… mi scusi, è per quello che ha detto mia madre.

L’assistente sociale ed il medico si guardano tra loro stupiti.

MEDICO           - Ci vuole prendere in giro?

PACO                - No, scusate, non mi permetterei mai.

ASSISTENTE SOCIALE     - Ma… sua madre non ha parlato?

PACO                - (guardando Vittoria) Sì, non è più in grado di farlo da molto tempo

ASSISTENTE SOCIALE     - E… lei riesce a capirla?

PACO                - Sì, certo

MEDICO           - Sta scherzando, spero?

PACO                - (sorridendo) Oh no! Sapete, in tanti anni di immobilità, silenzio e malattia, ci sono molte cose nuove che si scoprono. Uno di questi è il modo di comunicare. Voi non avete idea di quanti modi esistono per farlo: gli occhi, la mani, le dita, le labbra, ma… il più efficace sono le emozioni.

Il medico guarda di traverso Paco e poi l’assistente sociale.

MEDICO           - (quasi infastidito ritornando ad esaminare le carte) Sì, certo, certo, ma non si faccia illusioni, l’Alzheimer è una malattia che non lascia spazio, che corrode la mente e che…

PACO                - (di getto) Ma io non stavo parlando di mia madre!

ASSISTENTE SOCIALE     - Scusi, ma non riesco a capire.

PACO                - So benissimo che mia madre è malata e che non potrà mai tornare quella che era, ma io stavo parlando di me!

MEDICO           - Ma cosa dice?

PACO                - Sono io che in questi anni ho imparato altri modi per comunicare, ma il bello è che è stata lei ad insegnarmeli!

MEDICO           - (alzandosi in piedi irritato) Ma, sta scherzando?

PACO                - Per niente, vede è come se tutti noi fossimo dei piccoli ragni.

ASSISTENTE SOCIALE     - (stupito) Ragni?

PACO                - Sì… ognuno dei quali occupa una delle maglie di una sterminata ragnatela chiamata realtà. Se uno dei ragnetti si muove e tira i fili, quello più vicino se ne accorge, ma via via che ci si allontana sempre di più, la vibrazione della ragnatela diminuisce, finché non si perde. Ma ci sono dei ragnetti che hanno una sensibilità particolarmente allenata e riescono a percepire ed a leggere anche le vibrazioni più lievi, più impalpabili, quelle sconosciute alla maggior parte degli altri ragni.

ASSISTENTE SOCIALE     - (c.s.) E questo che significa?

PACO                - (avvicinandosi alla madre e guardandola) … che quel moto sottile e delicato, quella vibrazione impalpabile e leggera, porta con sé molti più messaggi delle parole. Bisogna solo imparare a leggerla.

Il medico e l’assistente sociale hanno un moto di imbarazzo.

MEDICO           - (formale, leggendo le carte) Quanto tempo fa sua madre ha presentato i primi sintomi della malattia?

PACO                - (malinconico) Sono ormai... ventiquattro anni… io ne avevo diciassette.

MEDICO           - (c.s.) E da quanto è entrata nell’invalidità totale?

VITTORIA        - (voce registrata) Perché questo signore fa tutte queste domande? Cos’è un rappresentante? Vuole venderci qualcosa? Che cosa ci ha portato… un’aspirapolvere?

Paco reprime un sorriso.

ASSISTENTE SOCIALE     - Ma cosa ci trova ancora da ridere?

MEDICO           - (alzandosi seccato chiudendo la cartella) Senta signor… (non gli viene il nome) io non ho tempo da perdere, o chiudiamo la pratica o se la vedrà direttamente con il centro!

PACO                - No… dottore, mi scusi… è solo che…

MEDICO           - Che?

PACO                - Mia madre…

MEDICO           - Beh?

PACO                - (imbarazzato) La crede un rappresentante… di aspirapolveri.

L’assistente sociale, voltandosi verso il pubblico, reprime una risata.

MEDICO           - (furibondo) Non accetto queste battute!

PACO                - La perdoni dottore…

MEDICO           - (c.s.) E non mi venga a raccontare altre storie sui metodi di comunicazione!

PACO                - (mortificato) No… mi scusi…

MEDICO           - (c.s.) E spenga questa musica!

PACO                - (precipitandosi a spegnere lo stereo) Mi… scusi.

VITTORIA        - (voce registrata) La mia musica! Il mio pianoforte… perché non vuoi ascoltare la musica… la musica è come una voce…

Nel tentativo di calmarsi il medico comincia a scribacchiare sulle carte. L’assistente sociale si avvicina quasi

furtivamente a Paco.

SCENA QUARTA

ASSISTENTE SOCIALE     - Mi scusi… ma lei veramente riesce a comprendere sua madre?

Paco sorride.

PACO                - Vede, quando si vive con una persona cara che si porta dietro questa malattia, la sensazione, la frustrazione più tremenda che si possa provare è quella di avere davanti un guscio vuoto. Un fantoccio privo di sensazioni, emozioni, memoria, coscienza ma, la peggiore, è il peso del rimpianto di cose non dette, di momenti persi e non vissuti,… di una vita ferma a troppi anni fa.

Pausa. Paco fa qualche passo meditabondo

PACO                - Certe volte c’è da impazzire… e c’è un solo modo per non cadere nel baratro della disperazione (rivolgendosi di scatto verso l’assistente sociale) imparare da loro! Imparare il loro modo di comunicare.

ASSISTENTE SOCIALE     - Capisco.

PACO                - È come se un nuovo legame prendesse il posto di quello naturale.

ASSISTENTE SOCIALE     - Cioè?

PACO                - (guardandola) Lei ha ancora sua madre?

ASSISTENTE SOCIALE     - S… sì.

PACO                - Ed ha un buon rapporto… spero?

ASSISTENTE SOCIALE     - Sì, certo.

PACO                - Ecco, provi a pensare di invertire i ruoli.

ASSISTENTE SOCIALE     - In che senso?

PACO                - Provi a pensare di diventare lei… madre di sua madre!

L’assistente sociale resta un attimo pensierosa.

PACO                - (continuando)… provi a pensare a trovarsi, d’un tratto, con una figlia mai partorita… o con un figlio mai concepito!

ASSISTENTE SOCIALE     - (quasi imbarazzata) A… questo non avevo mai pensato.

PACO                - (meditabondo) Eppure questa è la realtà. Con l’Alzheimer ti ritrovi ad avere cura di un figlio che non crescerà mai, ma che occuperà tutto il tuo tempo per il resto della sua vita… con l’unica differenza che invece di lui, dovrai educare te stesso ad una nuova realtà, a un nuovo modo di comunicare, di vivere… ad un nuovo modo concepire l’intera umanità.

ASSISTENTE SOCIALE     - (c.s.) Sarebbe bello poter trasmettere agli altri questa sua esperienza.

PACO                - (sorridendo) Non è necessario, tutti coloro che vivono con una persona cara, ammalata di questa devastazione, hanno creato un loro piccolo mondo imparando a convivere insieme ad essa. Le esperienze sono diverse certo, ma il dolore e le emozioni sono le stesse.

SCENA QUINTA

Il medico legale finisce di scrivere.

MEDICO           - (scorrendo il documento) Bene, mi sembra che ci sia tutto… vediamo… (legge velocemente)… sì, allora: come stabilito, entro la prossima settimana, sua madre sarà ricoverata al centro. Per i primi tre giorni sarà tenuta in osservazione da un’equipe di medici e neurologi che dovrà stabilire se il suo stato di salute può giustificare la degenza a tempo illimitato presso la struttura stessa, oppure il diritto ad usufruire di un’assistenza domiciliare. Nel secondo caso, la commissione stabilirà anche le ore di assistenza, a carico dell’assistenza sanitaria, a cui avrà diritto sua madre, inoltre…

PACO                - (interrompendolo) Dottore, mi scusi…

MEDICO           - Dica.

PACO                - In caso di disturbi, di malattia… mia madre sarà assistita?

MEDICO           - (stupito) Che domanda! Certo, mi sembra ovvio visto che si tratta di una struttura sanitaria!

PACO                - Sì… certo… mi scusi, ma in questi casi… se dovesse succedere… come farete a capire che cos’ha?

MEDICO           - (cominciando a innervosirsi) Abbiamo sistemi diagnostici all’avanguardia, strumenti che ci permettono di stabilire la natura e l’ubicazione della patologia, non solo, ma…

PACO                - Sì, certo, non lo metto in dubbio, ma… com’è possibile capire una sofferenza che non si può raccontare?

MEDICO           - (imbarazzato) Beh… l’esperienza ci permette di riconoscere reazioni e sintomi che…

PACO                - (interrompendolo) La prego… dottore… quando si presenteranno questi problemi, mi faccia chiamare, so benissimo che non potrò fare nulla, ma almeno ci sarà qualcuno che le parlerà.

Nella stanza c’è un momento di imbarazzo.

ASSISTENTE SOCIALE     - Stia tranquillo, provvederò io stessa a chiamarla quando ce ne sarà bisogno.

Pausa.

MEDICO           - Hem…venga, mi deve firmare il foglio di ricovero per sua madre.

SCENA SESTA

Il medico posa il foglio sul tavolo, Paco si avvicina e il medico, porgendogli la penna, gli mostra dove deve firmare.

Prima di firmare, Paco solleva lo sguardo verso la madre.

VITTORIA        - (voce registrata) Attento! Non firmare! Quello ti vuole vendere un’aspirapolvere balorda! Quello è lo stesso che è venuto ieri… voleva vendermi l’enciclopedia medica… a me?! Stai attento! Guarda la garanzia! Ti dicono che hanno i pezzi di ricambio e poi se li vendono!…

Paco sorride.

VITTORIA        - (voce registrata) Aspetta… no… non è quello dell’enciclopedia… no… oddio… credo di conoscerlo… forse è il ragazzo che porta le pizze a domicilio, ma non ha nessuna pizza… che è venuto a fare?

Il medico e l’assistente sociale guardano Paco e Vittoria.

ASSISTENTE SOCIALE     - (accennando un sorriso a sua volta) Che… che cosa le ha detto?

PACO                - (nascondendo un sorriso) No… niente…

ASSISTENTE SOCIALE     - Beh, qualcosa le avrà… hem… detto, visto che ha sorriso?

PACO                - Beh, vede il dottore… sempre come un rappresentante…

MEDICO           - (ironico, ma seccato) Di cosa, questa volta? Cibo per cani?

PACO                - No…

MEDICO           - (seccato) Beh… me lo dica ormai… (ironico) visto che è in grado di fare la traduzione simultanea!

PACO                - Beh… di enciclopedie.

MEDICO           - Ah bene, e nient’altro?

PACO                - Di… enciclopedie mediche.

L’assistente sociale, trattenendosi dal ridere, si volta verso il pubblico dando le spalle a Paco e al medico.

MEDICO           - (ribollendo) Senta… signor…

PACO                - Paco!… solo Paco.

MEDICO           - … signor Paco, questa storia di tradurre i gesti di sua madre potrà anche essere vera… (alzando la voce) MA NON HO NESSUNA INTENZIONE DI FARMI PRENDERE IN GIRO DA LEI!

PACO                - Ma…

MEDICO           - E questa è l’ultima volta che accetto questi commenti!

PACO                - Sì… ce… certo…

MEDICO           - Ora se non le dispiace, firmi questo documento!

PACO                - Su… subito.

Paco si avvicina e firma il foglio.

MEDICO           - (cercando di calmarsi e porgendogli una copia del documento) Questa è la sua copia. Bene, con questo le pratiche sono completate.

PACO                - Ora che succede?

MEDICO           - (riacquistando la calma) Sarà il centro stesso a mettersi in contatto con lei per organizzare il ricovero, nel frattempo ogni giovedì potrà continuare a portarci sua madre per la riabilitazione.

Il Medico comincia a raccogliere le carte e a riporle dentro la borsa. L’assistente sociale si avvicina e porge un

biglietto da visita a Paco.

ASSISTENTE SOCIALE     - (sorridendo) La prego, per qualsiasi cosa mi chiami. (poi sommessamente) Credo di aver… molte cose da impara da lei e … da sua madre.

PACO                - (con gli occhi che gli brillano) Grazie. (voltandosi verso la madre) Hai sentito mamma? Siamo riusciti a sistemare tutto!

VITTORIA        - (voce registrata) Sono contenta di rivedere i miei amici… come state cari? Rimanete un po’ con noi… offri loro una tazza di tè… ma dov’è andato il ragazzo delle pizze? Ed il rappresentante? Falli tornare, prendiamo il tè tutti insieme…

PACO                - Hem, mia madre vorrebbe che… vi fermaste un minuto per una tazza di tè.

MEDICO           - (sollecito e infastidito) No, mi dispiace, non ci è possibile, abbiamo moltissime cose da fare, io devo ritornare in ambulatorio e poi al centro…

PACO                - Vi prego… è lei che vi ha invitato.

Pausa. Un attimo di imbarazzo.

ASSISTENTE SOCIALE     - (impacciata) Beh, dottore… forse un minuto… non credo che ci crei troppi problemi.

PACO                - Abbiamo un tè tailandese di un profumo eccezionale! Vi prego (voltandosi verso Vittoria)… mamma ne sarà felice.

VITTORIA        - (voce registrata) Mettetevi comodi amici, gustate il vostro tè… ora suonerò per voi.

MEDICO           - Va… va bene, cinque minuti soli però!

PACO                - (entusiasta prende il vassoio con l’occorrente per il tè) Vado subito a preparare il tè, mettetevi comodi intanto… hem, mia madre vorrebbe suonare per voi.

ASSISTENTE SOCIALE     - Cosa?

PACO                - Vedete… mia madre era una pianista molto brava, era il suo lavoro, ma lei non lo considerava tale.Una volta a settimana adorava riunire tutti gli amici più cari per un tè e per dedicare loro qualche ora della sua musica… lo so che non sarà lei a suonare, ma vi prego ascoltatela attraverso la musica, forse riuscirete a capirla come la capisco io.

Paco accende lo stereo e le note di Beethoven si spandono dolcemente per la scena. Paco esce da sinistra con il

vassoio.

SCENA SETTIMA

La scena resta così per qualche attimo. Il medico e l’assistente ascoltano in silenzio la musica.

VITTORIA        - (voce registrata) Ecco, sentite amici? Non vi sembra di sentire acqua limpida che scorre?

Ancora la musica. Per un attimo tutti ascoltano la sonata.

ASSISTENTE SOCIALE     - (ascoltando) Non sono molto esperta in musica classica, ma… caspita, questo brano è stupendo.

MEDICO           - (assorto) È Beethoven… sonata in Fa maggiore per violino e pianoforte... meglio conosciuta come “La primavera”.

Breve pausa. C’è un accento diverso nelle parole del medico, l’assistente sociale avverte il cambiamento.

ASSISTENTE SOCIALE     - Non sapevo che fosse un esperto in musica classica dottore?

MEDICO           - Beh… proprio un esperto no… fu mio padre a darmi le prime lezioni di pianoforte…

ASSISTENTE SOCIALE     - Lei suona?

MEDICO           - (pacato, accennando un sorriso) Pochissimo, la nostra professione ci concede troppo poco tempo extra.

ASSISTENTE SOCIALE     - Dev’essere bello suonare uno strumento.

MEDICO           - (assorto) Già… invidio quelli che sono riusciti a farne il proprio mestiere.

ASSISTENTE SOCIALE     - Perché dottore non…

Il medico, che da quando è acceso lo stereo ha un orecchio per la conversazione ed uno per la musica, fa un gesto

all’assistente sociale per farla tacere.

MEDICO           - (interrompendola) Shhhh… ascolti!

Ancora la musica.

VITTORIA        - (voce registrata) Ecco… sentite questo passaggio… è una frase di una dolcezza straordinaria. Dopo vi farò sentire un altro brano…

MEDICO           - (assorto) Ha sentito questo passo?

ASSISTENTE SOCIALE     - S… sì… sa, io non mi intendo molto di musica…

MEDICO           - (quasi ispirato) Ha sentito la semplicità del tessuto musicale?

ASSISTENTE SOCIALE     - Ma… veramente…

MEDICO           - Ecco… ascolti…

Ancora la musica.

MEDICO           - Questa è uno dei brani dell’aspetto meno conosciuto del grande musicista, quello più semplice, più immediato.

Ancora la musica.

ASSISTENTE SOCIALE     - (assorta) È… struggente…

Ancora la musica.

MEDICO           - Ricordo ancora un descrizione che Margaret Kennedy fece di questa sonata nel suo romanzo “A Long Time Ago”.

Pausa.

MEDICO           - (ispirato ricordando le parole) “Il limpido fiume di questa musica riempie le nostre anime di una tormentosa dolcezza. Ci parla di un’epoca della nostra vita che non tornerà mai. Nella nostra giovinezza il mondo non fu mai così tenero e così vivo….

Il medico si ferma come se cercasse di ricordare la parole.

ASSISTENTE SOCIALE     - Bellissimo…

MEDICO           - … dice ancora qualcosa, ma non ricordo le parole.

ASSISTENTE SOCIALE     - Non importa…

VITTORIA        - (voce registrata) “Ma nelle profondità della nostra memoria…”

MEDICO           - Aspetti! Ecco… “ma nelle profondità della nostra memoria…”

VITTORIA        - (voce registrata) “…riusciamo a ritrovare quelle tinte celesti e ci pare di sapere quel che abbiamo perduto”

MEDICO           - “…riusciamo a ritrovare quelle tinte celesti e ci pare di sapere quel che abbiamo perduto.”

ASSISTENTE SOCIALE     - Sono magnifiche!

Nota: le parole di Vittoria e quelle del medico potrebbero anche essere recitate all’unisono.

MEDICO           - (frastornato) Io… avevo dimenticato le parole del libro…

ASSISTENTE SOCIALE     - Evidentemente le sono tornate subito alla mente quando ha ascoltato Beethoven.

MEDICO           - (c.s.) Sì… ma io ho sentito…

ASSISTENTE SOCIALE     - Cosa?

MEDICO           - Non so…

SCENA OTTAVA

Da sinistra rientra Paco con il vassoio e tutto l’occorrente per il tè.

PACO                - Ecco qui.

Si avvicina al tavolo di destra, posa il vassoio e comincia a versare il tè.

PACO                - (all’assistente sociale) Zucchero?

ASSISTENTE SOCIALE     - (sorridendo) Due grazie.

Porge la tazza all’assistente sociale e fa la stessa operazione con il medico.

PACO                - (al medico) Lei dottore?

MEDICO           - (ancora frastornato) Due anch’io grazie.

Porge la tazza al medico. I due cominciano a sorseggiare godendosi per un attimo la musica.

ASSISTENTE SOCIALE     - Buono, anzi, ottimo… a che cosa è?

VITTORIA        - (voce registrata) Al gelsomino, vi piace?

Paco sorride.

MEDICO           - (riprendendosi) Sì ottimo, infatti mi pareva di riconoscere il gusto.

ASSISTENTE SOCIALE     - (stupita) Che gusto?

MEDICO           - (senza pensarci) Gelsomino no?

ASSISTENTE SOCIALE     - Complimenti, s’intende anche di tè, dottore?

PACO                - Anche?

ASSISTENTE SOCIALE     - Sì, il dottore è anche un esperto di musica classica, ha individuato subito il brano che… (rallentando stupita di se stessa) su… suonava sua… madre.

MEDICO           - (impacciato) Ma… no… è solo…

PACO                - (con gli occhi che brillano) Sensibilità, dottore, solo sensibilità! (guardando l’assistente sociale) Comunque ha ragione, questi sono gusti per intenditori!

MEDICO           - (senza pensarci) Ma no, me l’ha detto…

Il medico istintivamente indica Vittoria, ma resta con il gesto a mezz’aria e con la bocca aperta.

ASSISTENTE SOCIALE     - (guardandolo esterrefatta) Mi… scusi dottore, ma… ne… nessuno lo ha detto.

Il medico guarda l’assistente sociale, poi di nuovo Vittoria.

MEDICO           - (sbalordito) I… io… non…

Paco si avvicina.

PACO                - (avvicinandosi al medico) Lei ha percepito il linguaggio di mia madre.

MEDICO           - Io…

PACO                - (sorridendo) Complimenti, dottore, lei è un ragno molto sensibile!

L’assistente sociale si tappa la bocca per non ridere in faccia al medico.

MEDICO           - (c.s.) Io… stavo solo ascoltando la musica…

PACO                - Soltanto?

MEDICO           - (c.s.) Sì…ma… non so… il tè…

PACO                - Sì, lo so lei non ha sentito le parole, ma ha percepito un linguaggio nuovo. Stia tranquillo, non ci si scervelli sopra, non ci costruisca teorie neurologiche, lo viva così com’è, come un piccolo regalo che le fa la vita.

Il medico guarda tutti stupito.

MEDICO           - (c.s.) So… sono anni che seguo i malati di Alzheimer, non ho mai… sentito… né avvertito niente…

PACO                - Forse è la sua preparazione medica che glie l’ha impedito. Noi ci portiamo dietro molte incrostazioni che ci impediscono di tornare ad utilizzare i nostri sensi… una di queste si chiama civiltà.

ASSISTENTE SOCIALE     - (guardando assorta Vittoria) Un’altra si chiama presunzione. Presunzione di poter spiegare tutto con la mente, con la scienza… con le parole.

MEDICO           - (rivolto a Paco) Io… non credevo… non so nemmeno come sia accaduto.

PACO                - (sorridendo) Con due cose semplicissime dottore.

L’Assistente sociale e il medico lo guardano quasi apprensivi.

MEDICO           - Sa… sarebbero?

PACO                - (c.s.) Un CD di Beethoven e un tè al gelsomino.

Pausa. Tutti guardano Vittoria.

SCENA NONA

L’assistente sociale si avvicina alla poltrona, si china guardando Vittoria in viso.

ASSISTENTE SOCIALE     - (assorta) Sapete, questi malati perdono la cognizione del tempo, le coscienza della propria vita, non riconoscono più il luogo dove si trovano, la memoria del momento appena svanito, la consapevolezza dell’essere. (sospirando) Infine regrediscono ritornando come bambini.

L’assistente sociale si alza e fa qualche passo per la stanza, poi si volta verso Paco ed il medico.

ASSISTENTE SOCIALE     - (c.s.) Sapete, una volta lessi di un bambino che, con un gioco, riuscì a risvegliare per un attimo la coscienza sopita di un vecchio malato. Fu l’incontro di due innocenze che si capirono senza bisogno di parole, ma solo attraverso la magia di alcuni semplici gesti, attraverso un dialogo che non richiede parole. (guarda di nuovo Vittoria) Ricordo ancora le ultime parole di quel breve racconto: “Fu l’incontro di due cuori semplici: quello del bambino non ancora profanato dalla vita, quello del vecchio riscattato dalla malattia”.

Pausa.

ASSISTENTE SOCIALE     - (c.s.) Ho sempre pensato che, se per aver diritto ad entrare nel regno dei cieli bisogna tornare ad essere come bambini… (pausa) le persone malate di Alzheimer sono le più privilegiate.

Pausa.

VITTORIA        - (voce registrata) Che bello, amici, avervi qui stasera! Vi prego restate ancora, godiamoci ancora un po’ di musica è così bello stare tutti insieme in compagnia. Suonerò ancora per voi!

MEDICO           - (sorridendo a Vittoria) Torneremo signora, glielo prometto. (poi rivolgendosi a Paco) Mi scusi, ma ora dobbiamo veramente andare… le farò sapere appena possibile l’esito delle decisioni della commissione.

PACO                - (stringendo la mano al medico) Grazie

ASSISTENTE SOCIALE     - La prego, mi chiamo quando vuole, l’esperienza di oggi è stata… (non trova le parole)

PACO                - (stringendo la mano anche all’assistente sociale) Grazie.

MEDICO           - Arrivederci.

ASSISTENTE SOCIALE     - A presto.

PACO                - Certamente… arrivederci!

Il medico e l’assistente sociale fanno per uscire di scena, ma il medico si ferma un attimo pensieroso voltandosi verso

Paco.

SCENA DECIMA

MEDICO           - (meditabondo) Mi scusi…

PACO                - Prego!

Breve pausa. Il medico si avvicina a Paco.

MEDICO           - Posso farle una domanda?

PACO                - Ma certo!

Breve pausa.

MEDICO           - (impacciato) Non vorrei sembrarle troppo razionale… troppo freddo nel mio ragionamento…

PACO                - Non si preoccupi, dica pure.

MEDICO           - (c.s.) Ebbene… io capisco tutto… so benissimo che ci sono modi per esorcizzare il dolore morale,

l’angoscia, l’impatto con un morbo devastante come questo, che è un dovere per ognuno di noi fare quanto è in nostro potere per alleviare la sofferenza di queste persone… tutte belle parole, ma… perché lo fa?

Pausa. Paco sorride.

MEDICO           - Mi scusi non voglio offenderla…

PACO                - Nessuna offesa.

MEDICO           - … non che… ovviamente debba abbandonare sua madre… ma, sapendo che non c’è nessuna

possibilità di uscirne, sapendo che la sua mente svanirà… (impacciato) nel nulla. Perché insiste a cercare di costruire qualcosa con sua madre… posso capire questa sorta di… sistema di comunicazione, posso capire l’amore che prove per sua madre, posso capire il desiderio di averla ancora vicina, posso capire tutto… ma mi viene da pensare: se la qualità della vita di sua madre si è spenta… perché vuol far schiacciare anche la sua? Sua madre ha tutto il diritto di essere

assistita, ma lei non può addossarsi il suo dolore, non può condizionare la sua vita!

PACO                - (sorridendo) Perché… prima che scenda il buio totale… c’è ancora una cosa che devo scoprire, che devo trovare. So benissimo che non avrò più mia madre com’era prima e che non posso fare molto per la sua salute… (guardando il medico) e nemmeno voi potrete fare molto più di me…

ASSISTENTE SOCIALE     - S… sì, certo, ma la scienza non si può fermare, se esiste una minima possibilità…

PACO                - Certo, certo… ma prima che mia madre… mi lasci, devo trovare questa piccola cosa.

Pausa.

MEDICO           - Posso… saper di che si tratta.

Pausa. Paco sorride.

PACO                - Sapete Eli Wisel, un premio Nobel diceva: “L’Alzheimer è come quando da un libro strappiamo una pagina, poi un’altra e un’altra ancora, finché non ci sono più pagine e resta soltanto la copertina”... io credo che di tutte la pagine che vengono strappate una sola ne rimane.

ASSISTENTE SOCIALE     - E … sarebbe?

PACO                - Quella dei ringraziamenti.

Pausa.

PACO                - Quell’ultima pagina in cui l’autore ringrazia tutti coloro che l’hanno aiutato a scrivere il libro o che gli hanno fornito notizie utili per raccontare la sua storia.

Pausa, Paco guarda la madre.

PACO                - (sommessamente) La tempesta della malattia spazza via i loro ricordi, fustiga i loro cuori creando una sofferenza che non possono raccontare. Quella pagina c’è ancora… lo so, è lì da qualche parte… chiede di essere letta per ringraziarci di tutto quello che facciamo e che faremo per loro. Finché esisteranno quelle righe, finché esisterà anche una sola virgola, dobbiamo fare di tutto perché l’inchiostro non sbiadisca, perché il ricordo non si perda.

Pausa, Paco volta verso il medico e l’assistente sociale.

PACO                - Vedete, noi abbiamo parlato, ci siamo parlati e non ci siamo capiti. Abbiamo tirato fuori parole e non abbiamo comunicato. L’umanità intera ha smesso di capirsi perché parla a sé stessa utilizzando delle etichette. (indica la madre) Io da lei in questi anni, attraverso i suoi occhi ed i suoi miseri gesti, ho imparato ad ascoltare, ad osservare, ad attendere… ad amare. Questo è un linguaggio senza parole, provate ad ascoltarlo, provate a viverlo senza farvi domande, senza giudicare né giudicarvi, possiede una semplicità straordinaria che non finirà mai di stupirvi… ed ha un nome… si chiama amore.

Pausa, Paco si rivolge di nuovo verso la madre.

PACO                - Spero di poterti accompagnare ancora a lungo in questo nostro cammino… per imparare ancora da te… così come sei.

Paco è rimasto assorto guardando la madre. Il medico e l’assistente sociale si guardano impacciati e commossi.

MEDICO           - (impacciato) Hem… penso che… dobbiamo andare

ASSISTENTE SOCIALE     - Sì, credo… si sì…

L’assistente sociale si avvicina a Paco.

ASSISTENTE SOCIALE     - (allungando una mano a Paco) Mi spiace, ma dobbiamo salutarla… la… prego… ci venga a trovare al centro.

PACO                - (riscuotendosi) Oh, beh, sì certo, verrò spesso a trovarla.

ASSISTENTE SOCIALE     - Venga per sua madre, ma venga anche per noi.

PACO                - Non dubiti.

MEDICO           - Se… non le dispiace, vorrei dire una cosa a sua madre.

PACO                - (stupito) Ce… certo…

Il medico si avvicina a Vittoria, le prende una mano e gliela bacia.

MEDICO           - Signora, voglio ringraziarla, questa sera ha suonato divinamente.

I tre guardano ancora per un attimo Vittoria poi escono da sinistra. Le luci in scena si abbassano, resta acceso lo spot

sulla poltrona.

SIPARIO

FINE