Palummella zompa e vola

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 PALUMMELLA ZOMPA E VOLA

Commedia in tre atti

di ANTONIO PETITO

PERSONAGGI

Palummella, orfana, suonatrice di chitarra.

Rivelli, di lei fratello, suonatore di violino.

Siè Peppe Scarnecchia, fratello di Menella, e di

D. Gigia, ricca vedova, madre di

Felice, amante di Palummella; e di

Lisa, promessa sposa al

Barone Arronza, padre del

Baroncino Arronza, fidanzato di D. Gigia.

D. Luigino, fìnto servo, fidanzato di Lisa.

D. Alessio Contrapunto, maestro di canto.

D. Anselmo, padre di

Giulietta, merciaia, fidanzata di

D. Baldassarre Ricevimento, barbitonsore.

Trummonciello, garzone dì D. Baldassarre.

Madama Ardichella.

Madama Rosmunda.

                                         D. Gigia

                      D. Amelia.            Amici di D.Gigia

D. Adele.

D. Languidezza.

D. Antonino.

I° Facchino.

II° facchino.

Un Ragazzo.

Annetta, amante di Pulcinella.

           Servi, suonatori, popolani monelli e soldati.       Servi di D.Gigia

Commedia formattata da

L'azione si svolge, al I" atto in casa dì D. Gigia; al 2° atto in una piazza del rione della Sanità, in Napoli, al 3 atto nella villa dì D. Luigino, a Posilipo.

(Epoca 1873).

Danza analoga di moretti e di marinai e marinaresse.

ATTO PRIMO

Salotto riccamente mobigliato in casa di D. Gigia. Nel mezzo della parete di fondo porta comune; a destra e a sinistra della stessa due consolle, su ciascuna delle quali una specchiera e candelabri con candele accese. A sinistra dello spettatore due bussole che menano in altre camere in comunicazione fra loro. Sul davanti a destra finestra aperta che guarda sulla via, e, poco discosto, un pianoforte verticale con sediolino davanti e con carte di musica sul leggìo.

Varie sedie tappezzate disposte in ordine per la scena.

D. Gigia, Lisa, Madama Ardichella, Madama Rosmunda, D. Amelia, D. Adele, Baroni- Arronza, Baroncino Arronza, D. Languidezza e D. Antonino tutti in piedi, con carta di musica nelle mani. D. Alessio seduto davanti al pianoforte, e, accosto a lui, Felice, anch'esso in piedi e con carta di musica nelle mani. Pulcinella, Annetta, D. Luigino e quattro servi da comparsa vestiti in livrea di gala disposti davanti la porta

Nel mentre l'orchestra intona le prime battute del Coro nell'atto I scena VI del melodramma « La Son­nambula » si leva la tela.

Tutti                             - (meno i servì, accompagnati da D. Alessio che suona a pianoforte, cantano a coro).

A fosco cielo, a notte bruna

A fioco raggio d'incerta luna,

Col cupo suon di tuon lontano

Dal colle al piano, in ombra appar,

In bianco avvolta, lenzuol cadente,

Col crin disciolto, con occhio ardente,

Qual densa nebbia dal vento mossa

Avanza, ingrossa - immensa par.

Felice (a solo, sbagliando di tono e subito rimettendosi).

Ve la dipinge, ve la figura

La vostra cieca credulità.

Tutti                              - (a coro) Ah! non è fola, non è paura: ciascim la vide: è verità. (Terminato il canto, tutti con elogio a D. Alessio) Bravo. Evviva il maestro.

Alessio                          - (a Tutti) Grazie, grazie. Troppo buoni!

D. Gigia                        - (con goffa galanteria) Bravi, bravi. Tutti questi signori che ogni venerdì onorano la mia casa. Che vo­lete? ... io vorrei che la settimana fosse composta tutta di venerdì.

Annetta                         - (con allusione a D. Gigia, ridendo sottovoce) Ah, ah, quant'è fanateca 'sta cafona pittata a festa!

D. Gigia                        - (pavoneggiandosi; al barone) Non dico bene, barone?

Barone                          - (con boria) Voi dite benissimo, dite! Ed il merito di questa elegante periodica è tutto mio. Io ho avuto l'onore di riunire Tutti questi distinti ed autorevoli signori che passano la sera di ogni venerdì in trattenimento con noi.

Pulcinella                      - (fra sé) Hanno 'nguaiato 'o venerdì! baroncino (con boria) Io poi ho il merito di avervi condotto il primo maestro di pianoforte, Don Alessio Contrappunto, qui presente.

Pulcinella                      - (fra sé) Meno male che non è un contravvirgole!

Alessio                          - (al baroncino) Troppo buono. Io non merito tante lodi.

D. Gigia                        - Ed io vedenno ch'era tanto bravo, l'aggio pigliato pe maestro ai duie figlie micie per farle istruire nella musica.

Luigino                         - (alludendo a D. Gigia, fra sé) Dàlle, dàlle a ddì asinerie.

Alessio                          - (inchinandosi a D. Gigia) Troppa bontà. Io dav­vero non merito tanto. Però, giacché se parla de' figlie vuoste, so' costretto ad accusare Don Felicetto; a signurina Donna

Lisetta                           - se porta bene ma isso nun ne vuole proprio sapere!

D. Gigia                        - (con minaccia a Felice) Chisto ccà allora sarà cuntento quanno 'o metto 'o collegio.

Felice                            - (piagnucolando) Mammà!

Madama Ardichella      - (a D. Gigia) Donna Gigia, non fa niente; e cosa momentanea. Don Felicetto metterà giudizio e cercherà di non darvi più dispiaceri per l’avvenire.

Barone                          - (con boria) Si emenderà.

Pulcinella                      - (al Barone) Che farà?

Barone                          - Emendare, ravvedere! Che avete capito?

Pulcinella                      - E se ve dico c'aggio capito cala 'o sipario!

Barone                          - Non bisogna dar retta a simili corbellerie in pubblico. Ne soffre la mia nobiltà!

Baroncino                     - Ed anche la mia. Quasi quasi mi fareste pentire di avervi data la parola di essere il vostro sposo.

D. Gigia                        - (con tenerezza) No, no, nun mme dì chesti pparole ca mme faie 'ncapriccià!

Pulcinella                      - (con allusione ironica a D. Gigia) Povera criatura; l'afferreno 'e convulsioni!

Barone                          - (a D. Gigia) Ed essendo io contento di sposare, non vorrei pentirmene.

Luigino                         - (sospirando, fra sé) Ah! Io ora mi uccido!

Pulcinella                      - (sottovoce a D. Luigino) Tu che cancre haie? Da stasera mi suspìre sempe da dietro!

Annetta                         - (sottovoce) 'O saccio io che d'è!

D. Gigia                        - (al Barone) Scusami, caro Barone  . Che vuoi? … io lo confesso in pubblico: non conosco troppo bene le convenienze della sogità! La buon'anema de maritemo, di mio marito, quanne me spusaie, mme purtaie ncoppa a na muntagna d'Avezzano, dove tiene tante proprietà, e lla me faceva vivere mmiezze 'e puorce e 'e galline.

Felice                            - (a D. Gigia) Mammà, vuoi dire ca io so nato da nu puorco?!

Lisa                               - (c.s.) E io da na gallina?

Pulcinella                      - (fra sé) E mammeta da na balena.

D. Gigia                        - (indicando Felice e Lisa, a Tutti) Vedete come sono semplici che non sanno nemmeno comme sono nati.

Barone                          - (a D. Gigia) Ed ecco il motivo per cui dopo di di aver fatto la vostra conoscenza, nel vapore, quando venivate in Napoli, dopo la morte di vostro marito, io e mio figlio vi abbiamo affiancata. Io vi ho fatto comprare questo appartamento, io vi ho procurato i maestri per vostro figlio, e io farò il sacrificio di sposare vostra figlia per darle il titolo di Baronessa Ar­ronza.

Pulcinella                      - (alludendo al Barone, fra sé) Co l'intenzione de s'arronza ogne ccosa.

Barone                          - (a D. Gigia) Io vi faccio sposare mio figlio sempre per maggiormente nobilizzarvi, perché così al titolo di Baronessa aggiungerete anche quello di con­tessa non appena vincerò la lite che sta in pendenza con un altro nobile che si voleva appropriare di questa contea.

Annetta                         - (con allusione al Barone, fra sé) Si mine riesce, nun nne farraie niente.

Luigino                         - (fremente, sottovoce) Ah!... ca io mò moro!

Pulcinella                      - (sottovoce a D. Luigino) E n'auta vota mo? Pozz'appurà che cantaro avite?

Languidezza                 - (di Barone) Signor Barone, scusate se m'in­trometto nei vostri affari; queste sono faccende di famiglia, ne discorrerete meglio quando sarete soli. Via, seguitiamo il divertimento; anzi proporrei di rinfrescarci prima un tantino la gola, poi riprenderemo il concerto e quindi il buffet.

Tutti                              - Bravissimo. Approviamo.

Antonino                       - Sì, dice bene il signor Languidezza.

Baroncino                     - Approvo anch'io quello che dice il signor Languidezza, (con simulata espansione a D. Gigia) Che ti pare, cara sposina?

D. Gigia                        - (con effusione) Dici benissimo, diletto del mio cuore.

Baroncino                     - (con intenzione, fra sé) Lassarne ave 'e denaro mmano, ca pò parlammo.

D. Gigia                        - Dunque, signori, sediamo. (tutti seggono, intanto D. Gigia ai servi) A voi, portate delle acquette.

Pulcinella                      - (agli altri servi) Andiamo per le acquette… (Con allusione a D. Gigia, fra sé) Puozz'avé nu caro caro dinto alla nuca. (I servi via per la comune; ritornano subito in scena portando ciascuno un vassoio nei quali diversi bicchieri con sorbetti).

Luigino                         - Hai sentito mammeta c'ha ditto? Val'a ddicaca t’aggio da perdere per sempre! (Nel contempo tutti si servono).

Lisetta                           - (sottovoce a D. Luigino) No, no simpatico mio, piuttosto mi ucciderò, (jospi valido) Ah!

Tutti                              - (a Lisa) Che'è stato?

Lisetta                           - (simulando) Niente, niente. Ho trovato mosca dint' 'a limunata,

Barone                          - (a Lisa) Buttatela via e fatevene dare un'altra (a D. Gigia) Con queste sguaiataggini ne soffre la nostra nobiltà.

D. Gigia                        - (al Barone) È piccerella.

Pulcinella                      - (porgendo un sorbetto a Felice) Favorisca.

Felice                            - (osservando, a Pulcinella) E questa è mezza.

Pulcinella                      - E che buò da me? S'è squagliata p' 'a vide

Felice                            - (sorbendo il rinfresco, con premura, sottovoce a Pulcinella) Pulecené, hai visto a Palummella mia?

Pulcinella                      - (sottovoce a Felice) L'ho vista, e m'ha dittoch'essa nun tene nessuna speranza per combinare sto matrimonio. Te pare ca mammeta, faneteca per nobiltà, te fa spusà a una ca va cantanno ncoppachitarra pe dint' 'e ccantine?

Felice                            - (sconfortato, esclamando) Ah! ...ca io ora mi uccido!

Tutti                              - (a Felice) Che c'è?

Felice                            - Niente. Ho trovato nu ciuccio muorto dinto all'acquetta.

Tutti                              - Booh! È scoppiata 'na bomba!

Alessio                          - 'O scularo mio 'e ddice grosse.

Barone                          - Ma si possono soffrire simili bestialità? Ne soffre la mia nobiltà.

Annetta                         - (alludendo al Barone, fra sé) Vi quantr'è purpetta. (Nel contempo i servi ritirano i bicchieri vuotiriponendoli nei rispettivi vassoi e via per la comune).

Languidezza                 - (a Tutti) Via, canto, canto. A chi tocca?Chi ci regala qualche cosa?

Alessio                          - Se me io permettete voglio farve senti 'o scularo mio; l'ho imparato la cavatina dei Due Foscari, e la canta molto bene.

Antonino                       - Sì, dice bene il maestro.

Tutti                              - Sentiamo, sentiamo.

Alessio                          - (a Felice) Viene ccà, teti; miettete vicino a me,e statt'attiento.

D. Gigia                        - (c.s.) Si te puorte bbuono, mammà, dimane, t'accatte 'e surdatielìe.

Pulcinella                      - (fra sé) Si sapisse che piano 'e guerra sta facenno p'assaltà 'a fortezza.

Felice                            - (a D. Alessio) Eccome ccà. (A Tutti) Ma nunmme guardate, ca mme fate mettere scuorno.

Tutti                              - (a Felice, incoraggiandolo) Non dubitate; nonguardiamo.

Languidezza                 - (alludendo a Felice, fra sé) Quant'è ridicolo.Se non fosse pel buffet che sta preparato andrei subito via.

Felice                            - (si avvicina al pianoforte e, leggendo su di una carta di musica che ha nelle mani, accompagnato da D. Alessio, canta, sbagliando di tono, l'aria finale del baritono nel melodramma I due Foscari:)Questa è dunque l'iniqua mercede...

Alessio                          - (interrompendolo) Tetì, tu non sei entrato in tuono.

Pulcinella                      - Aspetta primma 'o lampo.

Baroncino                     - (a Pulcinella, rimproverandolo) Zitto tu,bestia.

Barone                          - (similmente) Lascia parlare a noi che siamo nobili.

Annetta                         - (fra sé) Mo nce vorrìa nu pernacchio.

Felice                            - (confuso, a D. Alessio) Maesto, aggia saglì oscennere?

Alessio                          - (a Felice) Dovete calare.

Pulcinella                      - Deve andare a fa 'a spesa.

Alessio                          - (a Felice) Figlio mio, non me fa fa una bruttafigura. Chesto che cos'è? Tu 'a carta nnanze perché ‘ab tiene?

Felice                            - Scusate, maestro, nun aveva badato quanta bemolle in chiave nce stevano. A noi. (Accompagnato da D. Alessio che suona comincia a cantare daccapo)

Questa è dunque l'iniqua mercede

Che serbasti al canuto guerriero,

Questo han premio il valore e la fede..

(Nel contempo odesi una voce dalla via cantare a ffigliola in dileggio a Felice d amile sorpreso s'interrompe)

D. Gigia                        - (indignata) Cacciale a quel lazzarone da sotto 'a fenesta,

Felice                            - (incollerito) Mme burlano, mme burlano. (Pia­gnucolando) Ih! ih! ih!

Alessio                          - (rincorandola) Tetillo mio, nun l'hanno cu te.

(La voce seguita a cantare). .

Barone                          - (indignato a Pulcinella) Bestia, ti muovi a cacciarequel lazzarone? .

Pulcinella                      - So lesto. (Avviandosi alla finestra).

Baroncino                     - E digli che, se non va via, il

Baroncino                     - Arronza lo farà stare a dovere. (La voce dalla via seguita a cantare).

Pulcinella                      - (affacciandosi alla finestra) Neh, grannissema bestia, levete da canta 'a ccà sotto.

Voce                             - (con arroganza) Pecche?... c'aggia da cuntu a te?

Pulcinella                      - Sicuro. Ccase sranno cantanno i fosfori. E si nun te ne vaie cala 'o

Baroncino                     - Arronza e te fa stare a dovere. (Odesi un sonoro fischio di dileggio dalla via)

Barone                          - (sorpreso) Cos'è stato?

Pulcinella                      - (al Barone e al Baroncino) Hanno fatto onore al vostro feudo.

Barone                          - (s'alza indignato) Per bacco! A noi questo ol­traggio?!

Baroncino                     - (c.s.) Adesso calo abbasso e lo sfido a duello.

D. Gigia                        - (trattenendolo) No, no, ninno mio, sino mme faie venì na convulzione.

Lisetta                           - (a D. Gigia, sottovoce) Mammà, io me metto paura, (fra sé) Quanto m'è antipatico questo Baroncino col padre.

Felice                            - (a D. Alessio) Maestro, vogliamo seguitare?

Alessio                          - Mò, tu vide che mbruglio he' fatto suc­cedere?

Luigino                         - (con allusione di sdegno al Barone e al Baroncino, sottovoce a Annetta) Ah, l'accedessero.

Annetta                         - (sottovoce a D. Luigino) Sartia proprio buono.

Languidezza                 - (dissuadendo il Baroncino che tenta di svin­colarsi per scendere in via) Ma fermatevi. Non c'è del vostro decoro. Cimentarvi con un facchino? Già, a quest'ora, chi sa da quando tempo sarà fuggito

Pulcinella                      - (alludendo al Baroncino) Ca chillo perciò fa 'o guappo.

MAD. ardichella          - (a Tutti) Seguitiamo il nostro diverti­mento, indi al buffet.

Pulcinella                      - Ecco la cosa essenziale.

Tutti                              - SI, si seguitiamo.

Felice                            - (accompagnato da D. Alessio che suona, leggendo sulla carta di musica che ha nelle mani, ripiglia a cantare).

Chi ha protetto e cresciuto l'impero

A me padre, quel figlio innocente,

A me doge per gli anni cadente

Or del serto si toglie l'onor.

Pace appieno godrai fra i tuoi cari

Cedi alfine, ritorna ai tuoi lari.

Felice                            - (continuando, entusiasmandosi). Ah! Rendetemi il figlio, Il figlio... (S'interrompe udendo il raglio di un asino dalla via).

Alessio                          - Che cos'è?

Pulcinella                      - La voce del figlio che risponde a quella del padre.

Tutti                              - (prorompendo in risa) Ah, ah, ah, ah.

Felice                            - (incollerito, a D. Alessio) Maestro, qua tuttemme cuffeano; nun boglio canta cchiù. (Ripone la carta di musica sul pianoforte e torna a sedere al suo posto).

D. Gigia                        - (a Pulcinella, rimproverandolo) Tu nun 'o ccride ca io te ne manno ci o servizio mio?

Baroncino                     - (similmente) Sei molto arrogante.

Barone                          - (similmente) Comprometti la nostra nobiltà.

Languidezza                 - Via, quello ha scherzato. Seguitiamo il divertimento, indi al buffet.

Annetta                         - (fra sé) Vi che famme ca tene!

Languidezza                 - (a Lisa) Signorina, volete voi regalare qualche pezzo?

Lisa                               - (con ritrosia) Io nun 'o ssaccio fa, nun 'o ppozzo fa e nun 'o bboglio fa.

D. Gigia                        - (esortandola) Via. Core 'e mammà, canta ca dimane...

Pulcinella                      - (interrompendola) Mammà t'accatta 'e surdatielle cu tutte 'e capotammurre.

D. Gigia                        - (a Pulcinella, rimproverandolo) E mò principiammo da capo?

Barone                          - (similmente) Tu capisci che ne soffre...

Pulcinella                      - (interrompendolo, contraffacendolo) La no­stra nobiltà.

Alessio                          - (a Lisa) Mena mò, signurì, cantate voi.

Lisa                               - (con ritrosia)Io nun ‘o ssaccio fa nun ‘o pozzo fà e min 'o bboglio fà.

D. Gigia                        - (a Lisa) Mammà, dimane, t'accatta na bella veste.

Barone                          - (c.s.) Ve ne prega il vostro futuro sposo.

Annetta                         - (alludendo al Barone, fra sé) Nun se ne mettemanco scuorno d' 'o ddicere.

Luigino                         - (fremente, esclamando) Ah!

Pulcinella                      - (alludendo a D. Luigino, fra sé) E chistoda stasera mme sta suspiranno ncoppa 'a noce d' 'ocuollo.

Lisa                               - (persistente) I nun ‘o ssaccio fà, nun 'o pozzo fà...

Pulcinella                      - (contraffacendola) E nun ‘o bboglio fa.

Lisa                               - (continuando) E nun ‘o bboglio fa.

Alessio                          - (a Lisa) Nenné, cantate «'O Pugnaletto » (a tutti) Non potete credere come lo canta bene.

Felice                            - (a D. Alessio) Maestro, che d'è, io ho cantato malamente?

Alessio                          - No, anche voi avete cantato bene.

Pulcinella                      - Si è commosso o’ ciuccio.

Alessio                          - (a Lisa, esortandola) A voi non vi fate più pregare: andiamo.

Lisa                               - (ritrosa) I nun ‘o ssaccio fa…….

Pulcinella                      - (contraffacendola) Nun ‘o bboglio fa.

Lisa                               - (continuando) E nun ‘o bboglio fa.

Alessio                          - (esortandola) Via, cantate.

Lisa                               - (s'alza, si avvicina al pianoforte e, accompagnata da D.Alessioche suona, canta la canzone Il Pugnaletto)

S'egli è ver che in me ti piace

questo sguardo mio loquace

(Sbaglia di tono, s’interrompe e incollerita, scoraggiata) Io nun 'o saccio fa…..

Pulcinella                      - (contraffacendola) Nun ‘o bboglio fa.

Lisa                               - (continuando) E nun ‘o bboglio fa.

Alessio                          - (incoraggiandola) Via, coraggio, seguitate.

Lisa                               - (rincorata, ricomincia a cantare)

S'egli è ver che in me ti piace

Questo sguardo mio loquace

Questo lungo e nero crine

Le mie guance porporine,

Sappi pur che un pugnaletto

Tengo sempre ascoso in petto

Per piantarlo in mezzo al core

D'un amante traditore.

Se il mio dolce e vago aspetto

Fa sembrarmi un angioletto,

Se spiegando il mio sorriso

Ti trasporto in paradiso,

Pensa pur che son spagnuola,

E se manchi alla parola

Cento furie ascondo in core

Per punir un traditor.

Né conosco gelosia;

Ma l'idea d'una rivale

Va congiunta almia pugnale.

Bada dunque ai giuri tuoi.

Come merla un traditore il mio ferro in mezzo al cor.

Tutti                              - (applaudendola) Brava. Evviva.

Barone                          - (c.s.) Avete cantato come la Stolz.

Felice                            - S! come la Stolz.

Barone                          - (a Felice) E tu la sai la Stolz?

Felice                            - Sicuro. Era una primaria ballerina.

Pulcinella                      - Era il primo generale dei Croati.

Languidezza                 - (c.s.) Sì, brava, evviva. (Con premura) An­diamo al buffet.

Pulcinella                      - (alludendo a Languidezza, fra sé) Lle pare­vano mill'anne.

Tutti                              - Sì, si, al buffet. (Si alzano; il Barone a braccetto con Lisa, il Baroncino con D. Gigia, Languidezza con Madama Ardichella, D. Antonino con Madama Rosmunda, D. Alessio con D, Amelia, in ultimo D. Adele, Tutti come sopra, via nella 2" camera di sinistra).

Felice                            - E io mò cu chi mme ne vaco?

Pulcinella                      - Se volete, vi servo io.

Felice                            - (risentito) Neh, non te piglia tanta confidenza. (Via anche esso per la 2" bussola a sinistra, e Pulcinella via per la comune).

Luigino                         - (costernato) Annetta mia, io son perduto! Annetta (esortandolo) Calmateve, p'ammore 'o cielo, sino mine facite ammarrunà pur'a me. Vuie sapite quanta papocchie aggio avuto d'atìunentà pe farve trasì pe servitore dint' a sta casa, onde farve parla cu tutte e commode vuoste c"a signurina, la quale, smocca e bbona, sta mantenenno 'o segreto. E mò vurisseve arruinà ogne ccosa?!

Luigino                         - Ma che mi giova il segreto quando colle proprie mie orecchie aggio da sentì che ha da essere mugliera a 'o Barone? Sto facenno sti sorte 'e sacrifizi, e aggio appaura che non nne caccio niente. Io, ricco ereditiera, senza patre e senza mamma, patrone de me stesso, cu nu palazzo a Pusilleco che m'ha rima­sto ziemo, eh è na vera rarità tanto de' bbelle cose ca nce stanno... Che padiglioni! Che giardini! Che fon­tane! Che mobilia sul gusto asiatico!.. Che argenteria!.. So arredutto, pe sta guagliona, a fa 'o servitore, pe starle sempe vicino, e aggio da sufTrl che nu vìecchio mine leva 'a purpetta 'a dinto o piatto!

Annetta                         - Ma comme? Cu tanta ricchezze ca tenite v'ha da manca iusto nu titolo, sino s'avarria potuto ag-ghiustà 'a facenna. Ntanto 'a padrona ch'è fanateca p' 'a nubiltà ha truvato 'o Baroncino che s' 'a sposa; chillo accocchia titole e gioventù. 'A vecchia s'è allum­inata, e perciò poco He mporta de sacrifica 'a figlia c"o Barone patre.

Luigino                         - Ma comme, a sta cancara 'e vecchia nun c'è nisciuno che 'a pò fa sta a dduvere? Annetta Chi vulite che a fa sta a dduvere? Avite da sapé che chesta, in origine, era na spicaiola, e nun teneva ati pariente che nu frato chiamato 'o sié Peppe e na sora chiammata Menella ca venne ancora 'e spighe.

Luigino                         - (meravigliato) Comme! Essa accussì ricca, e a sora...

Annetta                         - (proseguendo) Nun l'ha potuto mai vede. Nu iuorno prinima de mmaretarse, si bisticciò essa e 'a sora, e sta superbiosa d"a mmalora primma 'a vattette e pò 'a scacciaie a chella puverella. 'O frate stesso nun 'a puteva suffri, tanto che nu iuorno lle steva danne na botta 'e curtiello. 'O fatto si è, arrivale 'a guardia ntiempo, e, si nun se ne fuieva, era carcerato di certo. D'allora nun se vedette cchiù. Dicene ca sia partito p'America, pe fa fortuna, comme credono tutte quante; ma ntanto nun se ne so avute cchiù nuove. Povero pazzo! Rinunzià 'a patria soia, rinuncia a odo è nato. Primma, quanno se vuleva castigà a uno se diceva: sia esiliato. E mò, de vuluntà propria, se vanno a ddà dint"e bracce de na terra straniera, e quanno nun nce stanno mezze se mettono a pericolo de i a fa 'e zappature pe fa ngrassà e' tterre de ll'aute e rinunzià 'e tterre d"a patria lloro. Pazze, pazze, dente vote pazze. (Alludendo a D. Gigia) Rimasta sola, nu signore d'Avezzano che se truvaie a Napole de passaggio n'avette cumpassione; e siccomme diciott'anne fa 'a patrona mia era nu piezzo rispettabbele, 'o signore se nne iette 'e capa e s"a spusaie, facennole 'a dunazione d"a mmità d"a rrobba soia senza bada ca era spicaiola. N' anno fa, 'o puveriello murette e, da fora 'a dunazione ca Ile facette quanno spusaie, l'ha rummaso 'o lietto vidovile e na grossa somma 'e denaro, e l'ha dichiarata matre e tutrice de sti ccriature ca so' nnate a Avezzano. Intanto essa, fanateca p"a nobbirtà, si è venduta tutta 'a rrobba soia e se n'è bbenuta a Napole pe se civilezzà essa e 'e figlie, senza vulè cchiù vede sta sora, la quale, ai tutto ca se trova dint1 'a miseria, è cchiù superba d'essa. Io nun saedo comme canuscette stu mmalora 'e Barone, 'o quale mo' sta cummannanno, dinto a sta casa, de sta sciorta 'e mancra; fìgurateve che farrà quanno sarranno succiese 'e matrimmonie.

Luigino                         - Non ddi sta parola che m'accide. Io mme vurria fa conoscere 'amamma, dirle che so ricco...

Annetta                         - (interrompendolo) Ma che ne ricavate quanno chella è fanateca p"a nobbirtà? E pò chella è ricca comme a bbuie, va travanno de se spusà 'o Baroncino ca e figliulo, e poco Ile rattorta d"o riesto.

Pulcinella                      - (ritornando dalla comune, senza accorgersi di D. Luigino e Annetta) Se so' sperdute Annetta e Don Luigino; nun l'aggio visto cchiù. (Nel vedere Annetta e D. Luigino, soffermandosi, inosservato, fra sé) Ah... e bbi lloco. Che d'è,parleno a core a core! (Resta in fondo a spiare).

Luigino                         - Annetta mia, tu sola può truvà 'o mezzo di spegnere sta fiamma ca tengo dinto 'o pietto.

Pulcinella                      - (in disparte fra sé) Mall'arma d' 'a mamma. Perciò mme suspirava 'a dereto, ncoppa 'a noce d"o cuollo?

Annetta                         - (a D. Luigino) Parlate chiano; chest'è cammera de passaggio.

Pulcinella                      - (con allusione a Annetta, fra sé) E tu portatillo dint"a na cammera cchiù remota. Nfama, traditora. E comme!... fa ammorc cu unnico 'a tre anne.

Luigino                         - (a Annetta) Nun mme rispunne? Mme vuò vede muorto!

Pulcinella                      - (alludendo a D. Luigino, fra sé) Vi comme sta nfucato. E io che, ciuccio ciuccio, a chella mpesa la regalai nu fazzoletto 'e seta ca m'arrubbaie 'a diiif'a sacca d"o rnasto 'e musica.

Annetta                         - (a D. Luigino) Vuie alluccate troppo; mme facile cumpromettere a me e ve cumpromettite vuie.

Luigino                         - Che cumpromettere? Io nun nce veco cchiù.

Pulcinella                      - (sempre in disparte, fra sé) Accattete acchiara. (Con proponimento fra sé) Mo mme mengo nnartze e l'accido. (Va per avanzarsi ma preoccupato si arresta)

Luigino                         - (concitato, ad Annetta) Io so addeventato nu pazzo.

Pulcinella                      - (fra sé) Mò 'o scanno.

Luigino                         - Marò, chi mme capita pe nnante l'accido.

Pulcinella                      - (c.s.) 'O bbi... chillo ha preveduto 'o caso. Nun è cosa.

Annetta                         - (infastidita a D. Luigino) Mò ve lasso e mme ne vaco.

Luigino                         - (a Annetta) Haie ragione. Agge pacienza. (cavando di tasca una lettera e mostrandola a Annetta) Tiè... chest'è na lettera. E giacché nun se pò parla in pubblico né mprivato, Iloco ddinto stanne espresse l’urdeme sentimiente mieie.

Pulcinella                      - (fra sé) Anche una corrispondenza lette­raria! Mò nun nne pozzo cchiù. Mò l'accido. (Riflet­tendo) E si chillo accide a mme?

Annetta                        - (prendendo la lettera dalle mani di D. Luigino) Daterne ccà; mò m"a stipo, e stanotte se nne parla p"a leggere. (Conserva la lettera nel corpetto).

Luigino                         - Si, sì, dice buono; stanotte, quanno se so addormute tutte quante. (Sospirando) Ah, si putesse essere presente!

Pulcinella                      - (indignato fra sé) Chesto mò è troppo. Mò l'accido... Mannaggia ca mme metto appaura.

Annetta                         - (a D. Luigino, rincorandolo) Sperate. Chi sa. Lassateme primma cunziglià c"a signurina.

Pulcinella                      - (ancora in disparte, fra sé) C 'a signurina?! E chella smocca lle tene mano? Ah!... e a che epoca siamo ridotti! Li ppatrone se mettono in mezzo agli affari amorosi!

Luigino                         - (allegro, a Annetta) Dici addovero? Stanotte?!... Ah, ca tu mme tuorne da morte nvita. (Abbraccian­dola) Teh, n'abbraccio; t"o mmierete.

Pulcinella                      - (fremente, fra sé) Adesso siamo arrivati al non puls ultra. (Avanzandosi a D. Luigino e a Annetta) Alto là... scarfasegge arrozzii te.

Annetta                         - (confusa, fra sé) Pulecenella!

Luigino                         - (c.s.) Ah! ca so' perduto.

Pulcinella                      - (con rimprovero a D. Luigino) Ed bai l'ar­dire, in pubblica sala da ballo, d'agguantare e spuzzoliare 'e ebesta maniera! Mò vaco a ddicere tuttocosa a 'o Barone, a 'o baruncino e a la signora. (Ad Atw.iiHa) E tu, sgrata briccona, doppo che faie ammore cu nimico da tre anne, te miette a vommecchiarte cu stu franfellicco senza pietto e senza personale ma­ri tesco.

Annetta                         - (sottovoce a D. Luigino) Zitto... c'ha pigliato nu sbaglio. Attaccateve a 'o partito mio. (Con simu­lata determinazione, a Pulcinella) Sì. E che buò? Mine ne so 'nnammurata. 'O voglio bene e m"o voglio spusà. Aggia da cunto a te?

Luigino                         - (a Pulcinella) Ma io...

Pulcinella                      - (interrompendolo, con rimprovero) Tacete voi. Nne parlamme appriesso. (Ad Annetta) A voi, dateme 'o fazzoletto ‘e seta e l'otto pasticciotte ca ve rialaie.

Annetta                         - 'O fazzoletto l'avrete poi.

Pulcinella                      - Lo voglio mò, mò.

Annetta                         - 'E pasticciotte mm' 'e mmagnaie.

Pulcinella                      - Va bene. I pasticcioni sono oggetti già liquidati. Dateme 'o fazzoletto, (a D, Luigino) A te pò, settepanella arruzzuto, domani t'insegnerò i doveri criatorii. Uno di noi è soverchio; di troppo.

Luigino                         - Tu mò te piglie tanta collera pe na cosa 'e niente. Nce vuò fa ammore tu pure?... fancella. le nun nci'attacco idea.

Annetta                         - (secondandolo) Iust'accussì.

Luigino                         - (a Pulcinella) Lle vuò vasà 'a mano?.,. vasancella; io faccio finta ca nun te veco. Lle vuò di' quacche paralella amorosa?... dincella; io faccio cunto 'e nun senti.

Annetta                         - (secondandolo) Proprio accussì.

Pulcinella                      - Mamma mia! E io ma perdo 'a capa. (A D. Luigino) Comme! E tu si cuntento?

Luigino                         - De tutto chello che faie. Nfra servitine e serviture gl'incerti sono comuni. Tu arruobbe ncoppa a spesa?... io pure; tu faie 'o raccorucco a 'o patrone?... io pure; ru faie ammore c"a vaiassa?... io pure; tu t’ ‘a spuse?... io...

Pulcinella                      - (interrompendolo)Ca ccà sta ‘o mbruoglio.

Luigino                         - Eppure non è overo. Chesta ccà, per esempio, vò bene a te; intanto, pe cumbinazione, se sposa a me; siccome chella tene 'o core mpignato cu te, nun pò volé bene a me. Capita che tu 'a ncuntre; te veneno a mmente li belli pparole ca chesta te diceva, li ppro-messe ca t'aveva fatte; tu la rimpruovere, lle dice: E comme, haie avuto 'o miraggio 'e spusarte a n'ato; comme he' potuto scurdarte 'o bbene ca t'aggio voluto sempre bene; si m'aggio spusato a n'ato è stato pe nteresse, ma tu, tu si sempe 'o core mio, tu si chillo ca m'he' levata 'a pace e il riposo. V'abbracciate, ve vasate; io vengo, mine n'addono e nun dico niente, nun nei' attacco idea, nun rnm"o traccio passa manco pe suonno. Io so 'o marito; saccio sr'ammore nfra vuie duie; m'avarria da piglia collera? Ma che!... secondo te, ma secondo me, no. Io so' fTurmato accussì, io nun nci'attacco idea.

Pulcinella                      - Figlio mio, e quanno tiene sti senilmente va te miette nnante 'o cafè d'Europa. Tu ai stì chiac­chiere nun m'adduorme.

Annetta                         - (a Pulcinella) Neh? E quanno nun si' ccuntento fatte l'affare tuoie.

Pulcinella                      - Che' ditto?.,, rame faccio l'affare mieie? A me?! E doppo tanto riempo d'ammore rame ne cacce?! E tutte chelli bbelh pparole doce e azzeccose ca moie dicive?... e tutte li iuramiente ca ro'he' fatto? tutte iettate 'oviento? Pe te spusà a stu coso he1 avuto 'o spinto de cacciarmene. Sissignore, io accetto sta parola, ma ior mo proprio, mann'a chiammà 'o s chi a ttamuorto, mme taccio scava nu tu osso e m in­fosso pecche sta vita mia è fenuta, sta vita ca viveva pe bbuie, st'uocchie ca nun vedono che a bbuie, sta vocca ca nun parlava ca de vuie. E bbuie avite avuto 'o coraggio 'e licenziarme! Chillo, 'o cielo... no, la terra... Che un fulmine possa... Damme 'o fazzoletto.

Lisa                               - (ritornando dalla 2° bussola dì sinistra, portando un pollo cucinato in uri piatto) Annetta mia, aggio po­tuto pe nu mumento liberami e da chillo mportuno d"o Barone; aggio pigliato stu pullo da 'o buffe e te ll'aggio purtato.

Annetta                         - (prendendo il piatto dalle mani di Lisa) Grazie signurì.

Lisa                               - (vedendo D. Luigino, fra sé) Uh! Luigino mio sta ccà.

Luigino                         - (con allusione a Lisa, fra sé) Quant'è bbona, quant'è bbona. (sospirando) Ah.!

Pulcinella                      - (sottovoce a D. Luigino) E mò suspire n'ata vota?

Lisa                               - (c.s. ad Annetta) Anne, 'o saluto, Ile dico quacche parola?

Annetta                         - (c.s. a Lisa) Nò, pe carità! Lla nce sta Pulecenella.

Lisa                               - (c.s. ad Annetta) Cbist'era nu bello mumento. E mo comme faccio?

Pulcinella                      - (a D. Luigino) Domani ti ammazzo.

Luigino                         - (a Pulcinella) Dimane saremme cchiù amice de prirnma.

Annetta                         - (con significato, a Lisa) Signurì, puzzate sta bona, levate vuie sta quistione nfra sti dduie, Chìsto more e spanteca pe mme; cu Pulecenella nce faccio amrnote da tre anne;. Corame m'aggio regulà?

Lisa                               - (secondando Annetta, simulando) Io che saccio mò; rame veco mbrugliata a risponnere. Io mme metto se uomo.

Luigino                         - (a Lisa, esortandola) No, signurina bella; par­late senza vergogna, consolate a stu povero core afflitto e disperato. Si pe me nun nc'è cchiù speranza io mme tiro nu colpo 'e pistola din"a na recchìa.

Pulcinella                      - (perdurando nell'equivoco) Vuie vedile comme è cotto!

Annetta                         - (simulando, a Pulcinella) Chist'è vero ammore.

Pulcinella                      - (adirato, ad Annetta) Ah, chist'è vero ammore?... Damme 'o fazzoletto!...

Lisa                               - (con significato, a D. Luigino, per rassicurarlo) Beilo mio, si vedrà. Io non so pratteca 'e sti ccose; nun saccio comme m'aggia risolvere.

Pulcinella                      - (a Lisa) Che v'avite da risolvere? Non ci sarebbe della vostra dignità. Ccà 'e ccose songhe inol­trate; ci sono anche le corrispondenze letterarie, e, poco primmacavami a me, n ‘avuta una, e ‘a tene mpietto.

Annetta                         - Sì, non lo nego. (Trae dal corpetto la lettera consegnatale da D. Luigino, diretta a Lisa, e, porgen­dola a costei) Eccola ccà. Signurì, leggile.

Luigino                         - (allegro a Pulcinella) Scrivancella pure tu, e bidè si te dico niente.

Pulcinella                      - (a D. Luigino) Voi andate nel numero dei professori giubilati.

Lisa                               - (leggendo la lettera) « Angelo dei miei pensieri... » (S'interrompe e, sospirando) Ah!

Pulcinella                      - VI chest'ata comme saglie 'e pressione!...

Lisa                               - (continuando a leggere) « Se ti perdo, perdo anche la mia vita; non sposare quell'orrido ceffo... »

Pulcinella                      - (perdurando ancora nell'equivoco, interrom­pendola risentito, a D. Luigino) Io so orrido cefalo? Tu mme pare n'anguiUa 'e fiume.

Annetta                         - (a Pulcinella) Statte zitto; lasciami sentire.

Pulcinella                      - Vuò sentere? Ah... briccona, indegna. Damme 'o fazzoletto.

Lisa                               - (proseguendo nella lettura) « A costo di qualunque sacrificio, a costo anche di acquistarti l'odio di rutti, non acconsentire mai a questo matrimonio, poiché quando io vedrò perduta ogni speranza allora tutto sarà finito per me sulla terra; ammazzerò il mio rivale, e cosi finirò la vita sopra un patibolo ».

Pulcinella                      - (a Luigino) Ah, chest'è 'a risoluzione tua? Pigliateli. Fuss'acciso tu e essa. (Ad Annetta) Tienete pure 'o fazzoletto.

Lisa                               - (con espansione, a D. Luigino) No, no. Io a chillo brutto viecchio nun 'ovoglio. (Animandosi) Tu si 'o core mio, 'a sola ancora di speranza ca mme resta. O tua o d"a morte. A costo d'essere cacciata di casa,a vesta nova... nun mme mpotea. Tua, e pe sempe. (Abbraccia con effusione D. Luigino)

Luigino                         - (baciando ripetutamele la mano di Lisa) Ah... ca io mo moro p"a cuntentezza.

Pulcinella                      - Chesto che cos'è?! Siamo arrivi

Lisa                               - (ricomponendosi) Uh! bene mio... rame so scurdatt ca nce steva Pulecenella.

Pulcinella                      - Fate; mo ve truvate. (alludendo a D, Luigino) Adotterò pur'io il sistema dell'amico.

Annetta                         - (chiarendo l'equivoco, a Pulcinella) 'O qualemore c"a signurina, e min s' 'a pò spusà pecche nui è nobile comme vò 'a mamma. Te si persuaso mò e te so stata sempe fedele?

Pulcinella                      - Ah, ca io mo moro p"a contentezza. Tienete 'o fazzoletto. (Nel contempo D. Luigino abbraccia di nuovo Lisa).

Felice                            - (appare dalla 2" bussola di sinistra, sorpreso nel vedere abbracciati Lisa con D. Luigino; risentito a costui) Neh, neh?!... che confidenza è questa?! Un vii servitore ardisce di abbracciare mia sorella?! Mò nci"o ddico a mammà. (Con rimprovero a Pulcinella) E tu n'ato permetti questo scandalo?! Mò nci"o ddico a mammà. (A Lisa) E a te comme te vene ncapo de fa n'azione simile? Mo nei o ddico a mamma. Faccia tosta, te fadve vasà 'a mano da nu criato?! Mò ncì"o dolco a mamma.

Pulcinella                      - E ave ragione 'o signurino. Come, un vii servitore abbracciare... (Interrompendosi, contraffa­cendo Felice) Mò nci"o ddico a mammà. (Prose­guendo c.s.) Che scandalo! Mò nci"o ddico a mammà. E tu te faie vasà a mano da nu cristo! Che vergogna, che vergogna per la nostra futura nobiltà! Mò nci"o ddico a mammà. (A Lisa) E facite comme fa isso che, 'a matioa, invece d'andare a l'università, a studia, se ime va a fa ammore dint"a cantina d"o « Pacchiotto » abbascio Puorto, e io pover'ommo ca I'accumpagno tengo 'a cannela. (Contraffacendo Felice) Mò nd"o ddico a mammà. (Proseguendo) E fosse almeno na signora... ma mmece è una che, nzieme c"o frato, vacantanno mmiezo 'a via e pe dint"e ccantìne, essa ncoppa 'a chitarra e 'o frato c"o viulìno. (Contraffa­cendo Felice) Mò nci"o ddico a mammà. (Continuando) Isso se n’è nnammurato comme a na gattad' 'o mese 'e mareo, sentennola canta 'a « Palummella zompa e vola dint"e braccia 'e nenna mia ». (Contraf­facendo Felice) Mò nci"o ddico a mammà. (Prose­guendo) A sera, nvece d'andare a d"o inasto d'astro­nomia a studia 'o sistema planetario, isso s'ha vennuto e libbri; nd avimmo accattate dduie suprabbete e due cappielle viecchie; nce travestimme pe nun ce fa cano-scere e ghiamme dint"a cantina addò chella vene a canta; e 'o barbiere vicino nce tene 'e panne (Contrafacendo Felice) Mò nci"o ddico a mammà.

Tutti                              - (meno Felice, ridendo) Ah, ah, ah, ah.

Felice                            - (risentito) Ma chesta è una prepotenza, mo! (A Pulcinella, esortandolo) Zitto, pe carità; nun nci"o ddicere a mammà. Ma io posso permettere che mia sorella...

Annetta                         - (interrompendolo) O vulite o nun vulite aviic da essere d"o partito nuosto. (Alludendo a D. Luigino) Sappiate ca chistoccà nun è nu servitore ma nu ricco signore, ca s'è finto tale pecche fa ammore c''a sorella

Felice                            - (sorpreso) Nucchiù!... Pulicenè, che te ne pare?... nci"o ddico a mammà?

Pulcinella                      - Tu ncr"o ddice, e io Ile dico Tate affare.

Lisa                               - (a Felice, esortandolo) Frate mio!

Luigino                         - (c.s.) Cugnato mio!

Felice                            - (meravigliato) Cugnato mio?!... Insomma, ve site spusate?! Ora nci"o ddico...

Pulcinella                      - (contraffacendolo) a mammà.

Felice                            - (seguitando) a mammà.

Luigino                         - (protestando, a Felice) Vuie che spusato? Stimo troppo l'onore d"a famiglia per commettere na cosa simile. Ve chiamino cugnato pecche se voi volete ci potete aiutare, e accusai lo diventereste overamente,

Felice                            - E che posso fare? Contraria a mammà? 'O cielo me ne libera. E po' come farei? Io pe qualche regaluccio a Palummella m'alio venmito 'e libre 'e fisica, chimica, e astronomìa,

Pulcinella                      - E si è dedicato interamente alle ruberie!

Felice                            - E se lo viene a sapere mammà?

Annetta                         - Per ora ci basta ca voi nce date braccio forte e mantenite 'o segreto.

Lisa                               - (a Felice) Aiutace, frate mio.

Luigino                         - (c.s.) Cugnà, mi raccomando a te!

Felice                            - Chisto nun m'è niente e mme chiamma a fforza cugnato!

Pulcinella                      - E va buono. Nuie simrne tanto sicure de stu matrimonio che mò diamo appuntamento pure 'a vammana; a levatrice!

Baroncino                     - (da dentro) Ma che diavolo... non ci vedete? Gente senza nobiltà.

Felice                            - (preoccupato) 'O barunrino! Zitto, (a Usa) Met­titi al pianoforte; sona 'a « Palummella » (A Pulcinella, a D. Luigìno e ad Annetta) A voi, mettiteve sott' 'a porta. (Pulcinella, D. Luigìno ed Annetta si dispongono; Felice accompagnato da Lisa canta)

« Pallummella zompa e vola

dint'e bbraccìa 'e nenna mia... »

Baroncino                     - (ricomparendo con una manica del soprabito strappata, nel sentire Felice che canta lo rimprovera) Che cos'è questo canto da trivio?

Felice                            - Barund, nu mumento. (Seguitando a cantare)

«. Vancelte a ddicere ca io mò moro

Palomma mia, palomma mia pensace tu»

Baroncino                     - (adirato a Felice) Vi ho detto tante volte che non voglio sentire cantare queste canzoni lazza-resche, perché mi si attaccano i nervi e ne soffre la mia nobiltà.

Pulcinella                      - (fra sé) A chisto mò nce vurria nu cauce nella nobiltà del buco!

Lisa                               - (al Baroncino) Ma se si canta in tutte le società.

Felice                            - (ex) Perché è bella, è bella assai. E io...

Baroncino                     - (interrompendolo) Voi siete una bestia che vi occupate di queste frivolezze che fanno vergognare alla nostra nobiltà.

Pulcinella                      - (accorgendosi che il Baroncino ha l'abito strappato) Scusi; la vostra nobiltà tiene la giamberga rotta.

Baroncino                     - Lo so. Per la fretta di avvicinarmi al buffet una signora, col braccialetto, mi ha rovinato la giamberga in questo barbaro modo.

Luigino                         - (fra sé) Ben fatto.

Annetta                         - (c.s.) Troppo poco!

Baroncino                     - Intanto, come faccio? posso resta in società di questa maniera? (A Felice) Felicetto, hai un'altra giamberga da prestarmi?

Felice                            - Nossignore. Mammà m'ha fatto sulamente chesta, ca mme serve pe quanno vaco 'a congregazione pe l'esequie, pe l'esame, p"a festa 'e ballo...

Pulcinella                      - (interrompendolo) E p"o battesimo!

Annetta                         - (al Baroncino) Signò, mettite ccà; mò ve la cucio provvisoriamente.

Pulcinella                      - (c,s.) Io 'a faciarria sta accussì; direi che è un nuovo titolo che avete acquistato; Cavaliere d’ ‘o quadretto bianco.

Baroncino                     - (rimproverandolo) Zitto, imbecille; quando parli fai soffrire la mia nobiltà!. (Ad Anneità) Si, accomodala, ragazza mia; quando poi tornerò a casa mi sceglierò un'altra giamberga tra le mille che tengo (Si toglie l'abito e lo consegna ad Annetta).

Pulcinella                      - (fra sé) Chisto tenerrà l'appalto cu S. Genraro 'e povere.

Baroncino                     - (ad Annetta) Fa presto, poiché senza giamberga ne soffre la mia...

Pulcinella                      - (interrompendolo, contraffacendolo) Nobiltà

Annetta                         - (al Baroncino) Nu mumento, quanto piglie l'astuccio. (Trae dalla saccoccia un astuccio, ne toglieun ago con filo e rattoppa l'abito del Baroncino).

Luigino                         - (sottovoce, a Usa) Va te trova quando finiranno stt ppene!

Lisa                               - (c.s. a D. Luigino, rincorandolo) Lassate fa 'o cielo.

Annetta                         - (eseguendo il rattoppo, si accorge di una lettera nella saccoccia interna della giamberga; fra sé) Mmalora dint"a sacca nce sta na lettera. Si fosse amorosa. Sarria bbona pe da gelusia a chella vecchia fanateca. Pigliamoncella. (Furtivamente toglie la lettera dalla saccoccia dell'abito e la intasca, indi riconsegnando l'abito al Baroncino) Signò, è servito. (Mostrando il rattoppo ese­guito) Tenite mente; nun nce pare.

Baroncino                     - (guardando il rattoppo, soddisfatto, ad An­netta) Brava. Non ti regalo perché tengo quattro cu­poni.

Pulcinella                      - (al Baroncino) Quattro caponi? E 'e gallinenun 'e tenite?

Baroncino                     - Bestia. Quattro cuponi, non caponi. Non parlare, altrimenti ne fai soffrire...

Felice                            - (interrompendolo, con boria) La nostra nobiltà. Non dico bene?

Baroncino                     - Benone. Ritorno al buffet. (Via).

Pulcinella                      - (all’indirizzo del Baroncino) Onde finirvi disfamare.

Felice                            - (sottovoce a Pulcinella) Pulecenè, intanto stasera nun putimmo 1 'o vico Sergente maggiore. Chelia nce sta aspettanno.

Annetta                         - (a Tutti) Neh, vuie nun sapite niente? Aggio truvato, dint"a sacca d"o... (S'interrompe nel vedere il Barone che compare)

Barone                          - (venendo, a Lisa e a Felice) Sposina, cognato, ci avete lasciati soli al buffet. E perché? In questi casi ne soffre la mia nobiltà.

Pulcinella                      - (fra sé) Vi che s'nanno fatto afferra lloro 'e 'a nobbirtà.

Barone                          - (a Lisa) Tu specialmente che devi essere la mia sposina hai fatto male ad abbandonarmi; tu che devi essere il più bell'ornamento della mia nobiltà non devi lasciarmi neanche un minuto. Non puoi credere come anelo il momento di farti mia per tutta la vita. (Le bacia con effusione la mano)

Felice                            - Neh!... badate ca sto io ccà.

Barone                          - (a Felice) La nobiltà lo permette.

Luigino                         - (fremente, sottovoce ad Annetta) Io mò l'uccido.

Annetta                         - (sottovoce a D. Luigino) Frenateve. (Simil­mente, a Pulcinella) Pulicenè, scumbina tu.

Pulcinella                      - (secondando Annetta; al Barone) Sapete... se non si continua la festa io spengo 'e ccannele.

Barone                          - Non smorzare, che continua. (Con espansione, a Lisa) Tu sei un gelsomino.

Felice                           - E voi un girasole che le girate attorno.

Barone                          - (con presunzione) Sicuro. E che girasole!

Pulcinella                      - (al Barone) Sapite si 'a festa continua sino

Barone                          - (importunato) Sino a giorno. (Con espansione a Lisa) Dimmi una cara e dolce parolina; così potrò...

Pulcinella                      - (interrompendolo) E domani anche ci sarà festa?

Barone                          - Non lo so (A Lisa) Così potrò essere felice...

Pulcinella                      - Sapete perché ve lo dimando?... perché se domani c'è festa aggia prepara tutto chello ca nce vò.

Barone                          - Domandalo alla tua padrona. (A Lisa) Quando ti avrò sposata...

Pulcinella                      - (interrompendolo) Sapete se...

Barone                          - (indignato, scattando) II diavolo che ti porti. Adesso metto da parte la mia nobiltà e ti prendo a schiaffi. (Contraffacendo) Sapete, sapete, sapete. Non mi hai fatto dire una mezza parola amorosa alla mia futura sposina.

D. Gigia                        - (seguita da D. Alessio, il Baroncino, Madama Ardichella, Madama Rosmunda, D. Amelia, D. Adele, D. Languidezza e D. Antonino, comparendo; al barone) Che cosa è stato? Mio caro genero, che succede?

Alessio                          - (ubriaco, al Barone) Dite voi; vi darò io sod­disfazione.

Pulcinella                      - (alludendo a D. Alessio) Vi cornine s'è arracchiato 'o rnasto. (Conducendolo davanti al pianoforte e aiutandolo a sedere) Asaettete, assettete ccà. (D. Alessio siede e, puntando i gomiti sulla tastiera del piano­forte, sorreggendosi fra le mani il capo, poco dopo si addormenta).

Barone                          - (indicando Pulcinella, a D. Gigia) L'ho conquesta bestia dì servitore che è un seccante senza eguali.

Lisa                               - (giustificando Pulcinella, al Barone) Ma caro sposo, abbi pazienza; quegli ti faceva delle giuste dimande.

Annetta                         - (c.s.) Faceva il dovere suo,

Felice                            - (c.s.) Domande necessarie. Voi vi siete infocato.

Lisa                               - (c.s.) Ingiustamente.

Languidezza                 - È cosa da niente. Barone non ne vale la pena. Seguitiamo a divertirci, e poi, fra le confetture, gelati, rosolii, ecc., ecc., si dimenticherà tutto.

Pulcinella                      - E chisto penza sempe a mmagnà.

Baroncino                     - (al Barone) Perdoni, signor padre, ma ella è troppo epatico. Quando d è il bel sesso bisogna transingere, fare come faccio io con la prossima sposina; sono sempre dolce, la guardo in bocca per la troppa passione.

D. Gigia                        - (vezzosa) Vattene, maleziuso, briccundello, bric­cundello.

Pulcinella                      - (fra sé) Mò se parea 'o buffe cehM in fretta.

Languidezza                 - Signori: ballo, ballo. Facdamo una con­trodanza. (A D. Alessio) Maestro, a voi, suonate.

Pulcinella                      - (chiamando D. Alessio) Maestro, maestro. (Accorgendosi che D. Alessio si è addormentato) 'O masto s'è addormuto. (Scuotendolo) Maestro, maestro.

Alessio                          - (svegliandosi ancora ubriaco, alzandosi per an­dar via) Signori, felicissima notte a Tutti.

Pulcinella                      - (trattenendolo) Addò vuo i? Tu he 'a sunà. Sona.

Alessio                          - Son pronto. (Va per sedere nuovamente da­vanti al pianoforte e urta le carte di musica che vi sono sopra facendole cadere; nel raccoglierle barcolla e cade per terra).

Tutti                              - (a D. Alessio) Ch'è stato? Maestro?

Pulcinella                      - Niente. 'O inasto vo sunà coi piedi.

Alessio                          - (dissimulando il suo stato di ubriachezza). Perdo­nate. Un giramento di testa. (Aiutato da Pulcinella, s'alza da terra, siede di nuovo davanti a' comincia a suonare la marcia funebre).

 Pulcinella                    - C'è esequie, (a D. Alessio) Tu che stai facenno?

Alessio                          - (interrompendosi) Ah, si... avete ragione. (Ricomincia a suonare intonando « Tu scendi dalle stelle »

Pulcinella                      - Oh, mò ha fatto veni Natale primme d' ‘o tiempo. (A D. Alessio, scuotendolo) Masto, tu che staie facenno ‘a novena?

Languidezza                 - Maestro... controdanza.

Alessio                          - Va bene. (Esegue una controdanza, con tempo molto largo).

Languidezza                - (richiamandolo) Maestro, non è questo tempo.

Alessio                          - E che tempo volete?

Pulcinella                      - Tempo scirocco.

Languidezza                 - (a Pulcinella) Zitto tu. (Al Baroncino, indicandogli D. Gigia) Voi ballate con la vostra sposa (al Barone, indicandogli Lisa) e voi con la vostra.

Luigino                         - (sottovoce, a Pulcinella) Pulecenè, chille alballano.

Pulcinella                      - (c.s., a D. Luigino) È controdanza. Si fosse polka a la piemontese ci sarebbe pericolo. (Nel contempo D. Alessio si riaddormenta).

Languidezza                 - (a madama Rosmunda) Voi con me. Madama Ardichella, voi con D. Antonino. D. Amelia D. Adele restano impegnate per la seconda quadriglia.(A D. Alessio) Maestro, a voi.

Alessio                          - (svegliandosi sonnacchioso, alzandosi nuovamente per andar via). Signori, Felice notte.

Languidezza                 - (a D. Alessio) E non volete suonare?

Alessio                          - (stordito) Ah, non è finita la controdanza?

Languidezza                 - Voi non avete ancora incominciato.

Alessio                          - Perdonate. Avevo preso uno sbaglio. (Torna a sedere e comincia a suonare una controdanza ballata da D. Gigia col Baroncino, da Lisa col Barone, a Madama Ardichella con D. Antonino e da D. Languidetta che, chiamando la controdanza, balla con Madama Rosmunda).

Siè Peppe                      - (da dentro) Lassatemi passa; io songo 'frate. (Comparendo dalla porta comune, in abito licero, con cappello logoro in sul capo e con bastone in mano; alludendo a D. Cìgia) Addò sta? (Vedendo D. Gigia che balla fra gli altri, avanzandosi per abbrac­ciarla) Sora mìa, sora mia. (Nel contempo Tutti cessano di ballare).

Barone                          - (indicando Siè Peppe, a D. Gigia) Chi è questo straccione?

Tutti                              - (sorpresi) Chi è?! (D. Alessio cessa di suonare e, poco dopo, si addormenta seduto davanti al piano­forte).

D. Gigia                        - (con disprezzo a Siè Peppe, fingendo di non cono­scerlo) Chi sei, straccione?

Baroncino                     - (con boria) Che vuoi, miserabile accattone?

Barone                          - Un pezzente in pubblica galleria? Ne soffre la mia nobiltà.

Siè Peppe                      - (stupito, a D. Gigia) Corame! Nun mme canusce? Io so frateto...

Tutti                              - (interrompendolo, con stupore) 'O frate?!

Siè Peppe                      - (proseguendo) ...Che, diciott'anne fa mme mbarcaie e gbietie in America pe fa' fortuna.

Pulcinella                      - E bbi comme è tornato ricco!

Siè Peppe                      - (a D. Gigia) So frateto che, nzi a mò nun ha potuto ave nutizie né de te né de Tata sora toia Menella.

D. Gigia                        - (simulando, con alterigia a Siè Peppe) Tu qua Menella, ua frate mme vaie cuntanno? Chi te canosce? È pazzo, è pazzo. Cacciatelo fuori.

Barone                          - Se fosse vero ne soffrirebbe la mia nobiltà.

Baroncino                     - (con ingiunzione a Siè Peppe) Fuori, strac­cione, fuori. Che puzzo di sudiciume.

D. Gigia                        - Cacciatelo fuori. È pazzo, è pazzo.

Siè Peppe                      - (stupefatto) So' pazzo?!

Annetta                         - (sottovoce) Ato che pazzo. Chist'è 'o frate addavero.

Tutti                              - (a Siè Peppe) Fuori, fuori.

Felice                            - (a Tutti) Un momento. Vedete bene.

Lisa                               - (a Felice) Comme Ile pò essere frate si mammà nun se lo ricorda.

Siè Peppe                      - (a Lisa) Nun se n'arricorda?!... nun se n'arricorda?!.. nun mme canosce?!

Pulcinella                      - E pò essere. Sa quanta figli non conoscono i loro veri padri.

Barone                          - Ma questo straccione è venuto a disturbarci nel meglio della festa. Cacciatelo via.

Tutti                              - Cacciatelo.

Siè Peppe                      - A me?! (adirato) Guè, massa de straccioni, mò aizo 'a mazza; accussi m'arricordo 'e tiempi an­tiche.

Barone                          - Sia messo alla porta, e subilo. Ne soffre la mia nobiltà .

Tutti                              - (a Siè Peppe) Fuori, fuori.

Menella                         - (comparendo dalla porta comune, vestita in abito lacero, con scialletto sulle spalle e con fazzoletto legato in sul capo) Ccà m'hanno ditto; ccà ha da sta. (Nel vedere siè Peppe, avvicinandosigli e abbraccian­dolo con tenerezza) Frate mio, frate mio!

Pulcinella                      - S'è compiuta 'a nobiltà.

Baroncino                     - (nel vedere Menella, sorpreso) Più strac­cioni?!

Barone                          - (c.s.) Che orrore, che orrore! fuori.

Luigino                         - (sottovoce ad Annetta) Buono.

Annetta                         - (c.s. a D. Luigino) Nei aggio sfizio.

Siè Peppe                      - (a Menella) Sora mia, tu sola mme si sota; tu subbeto m'ne' cunuscìuto. (Alludendo a D. Gigia) E chtsto casciabbanco m'ha ditto ca nun mme sapeva.

Menella                         - E già, pecche mò è signora e s'è scurdata quanno vennevemo spiche cotte mmiezzo Puorto.

Felice                            - Mammà era spigatola?!

Pulcinella                      - Cioè, nobbile d' 'o tutero e d' 'a caudara.

Menella                         - (a D. Gigia) Signora nobbile, te voglio sver­gognare nnante a tuttuquante.

D. Gigia                        - (fìngendo sempre di non conoscerli) Che ver­gogna. Cacciateli fuori.

Barone                          - (a D. Gigia) Madama, mi pento di avervi affian­cata.

Baroncino                     - (c.s.) Ed io pure. Ne ha sofferto troppo la mia nobiltà.

Lisa                               - (indicando Menella, a D. Gigia) Chesta pure m'è zia.

D. Gigia                        - Vi ripeto che sono pazzi. Cacciateli fuori, questi straccioni.

Siè Peppe                      - (offeso, a D. Gigia) A nnuie, stracchine?!

Menella                         - (cs.) Ah! ca te voglio... (Tenta scagliarsi as­sieme a siè Peppe contro D. Gigia, tua ne vengano trattenuti dagli altri).

Pulcinella                      - (trattenendo siè Peppe) Siè Pè, statte calmo.

Annetta                         - (trattenendo Menella) Via mò.,. prudenza.

D. Gigia                        - (agitata) Oh Dio! Mi sento venire un simpico! (Finge di svenire abbandonandosi su di una sedia). usa (costernata) Oh Dio! Povera madre mia!

Baroncino                     - Presto, adagiamola sul letto. (Le donne sol­levano a braccia D. Gigid, conducendola nella 2" ca­mera di sinistra).

Barone                          - (a Lisa e a Felice) Entrate, entrate dentro.

Lisa                               - (costernata) Mammà mia, mammà mia! (Via se­guita dal Barone, dal Baroncino e D. Antonino).

Felice                            - È bbenuta na convulzione a mammà! E comme se fa, e comme se fa?! (Via).

Languidezza                 - (a Siè Peppe e Menella) Bricconi, bricconi, avete fatto succedere questa mina, (a D. Luigino, ad Annetta ed a Pulcinella) cacciateli, cacciateli. E poi portate i gelati fuori la loggia. (Via anch'esso).

Pulcinella                      - (a Siè Peppe) Via, via, non s'affligga vostra eccellenza. Sedete. Da noi sarete bene accolti. Annetta (a Menella) Lo stesso dico io alla signora prin­cipessa. Segga, segga.

Siè Peppe                      - (risentilo) Comme! Nce sfottete pure appriesso?!

Pulcinella                      - Nient 'affatto. Assettateve e faciteve passa 'a collera, (lì fa sedere nel mezzo della scena, indi chiatna l'uno dopo l'altro i servi e, a misura che questi vengono in scena, obbligandoli a sedere) Signor conte Pastenaca, segga. Cavaliere Rapesta, segga. Signor principe Cofenaturo, segga. (Indicando a costoro Siè Peppe e Menella) Vi presento il conte Lampione e la contessa Pignacotta. (Nel contempo compare dalla comune dirigendosi verso la 2" bussola di sinistra un altro servo da comparsa con alcuni gelati in un vassoio; Pulcinella lo ferma e, conducendolo davanti a Siè Peppe, a Menella e ai tre servi, prende dal vassoio un gelato e porgendolo a Siè Peppe) A voi, conte (Offrendo un altro gelato a Menella) A voi, principessina.

Annetta                         - (sollecitamente togliendo il gelato dalle mani di Pulcinella) No, no; servo io la principessa. (Offre il gelato a Menella).

Pulcinella                      - (servendo i gelati ai tre servi) Conte, barone, marchese... servitevi. (Prende dal vassoio un altro gelato e lo scaglia sul viso di D. Alessioche seguita a dormire poggiato col gomito sulla tastiera del pianoforte, indi togliendo a Siè Peppe, a Menella e a tre servi il gelato dai rispettivi piattini che hanno nelle mani e scagliandoglieli l'uno dopo l'altro rispettivamente sul viso) Questo è schiumone, questa è sciarlotta, questa è cassata... Sanfason, sanfason.

Musica, gran cotillon, si gira. Gran confusione mentre cala la tela.

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Piazza nel rione della Sanità.

In fondo due vie laterali. Sul davanti, bottega da merciaio e camera superiore con finestra sulla detta bottega esercitata da D. Anselmo e da Giulietta; a de­stra camera terranea abitata da Menella, e davanti all'uscio un carroccio su cui una caldaia con spighe e con un grosso cucchiaio in legno. Verso il fondo a sinistra bettola, davanti alla quale un tavolo con sgabelli; a destra bottega da « barbi­tonsore v esercitata da D. Baldassarre. Due sedie, una presso la bottega di D. Anselmo, l'altra davanti l'abitazione di Menella,

Giulietta                        - (dall'interno della bottega canta la popolare canzone napolitana «La Palummella »):

«Palumella zompa e vcola

Dint’ ‘e bbraccia ‘e nenna mia

Vancello a ddicere ca io mo moro

Palomma mia, palomma mia dincello tu

Anselmo                        - (compare dalla bottega, seguito da Giulietta) Mannaggia chi ha scritta, sta cancara "e « Palum­mella ». Nun ssient'ato pe tutta Napole che canta 'a « Palummella ». E ncopp"e chitarre, e ncopp'all'organette, e ncopp"e manduline. Tutte 'e signure che danno società nun sonano altro e' 'a «Palummella». «Pa­lummella » sotto, « Palummella » ncoppa. Mannaggia chi v'ha allattato.

Giulietta                        - (risentita) E comme, tuttecose ve da fastidio pure si canto vi da fastidio? Mme pareno millannc ca D. Batassarre ave e' denare 'a fora e rome sposa, pe mme leva da nante all'uocchie vuoste.

Anselmo                        - Pe D. Batassare t' 'o può leva 'a capo. Io so patre, e cumanno io. A chillo tagliacape t' 'o può leva de' cchiocche ca nun fa p"a a casa mia. Nu redicolo ca si bisticcia cu tutte quante e pò abbusca sempe.

Giulietta                        - (protestando) St'abbuscà levatennello 'a miez-zo. Chillo vatte.

Anselmo                        - Abbusca, abbusca; e io stesso l'aggio visto abbuscà. A proposito, aggio ntiso ch'è tornato d'Amereca chillo galantomo d"o siè Peppe, 'o frate d' 'a spicaiola. Vide si sta dinto 'a puteca.

Giulietta                        - Nun credo. 'A caldaia sta ccà. (Avvicinan­dosi all'uscio dell'abitazione di Menella e guardando all'interno) Dinto nun nce sta niscìuno.

Anselmo                        - Sarrà ascmto, 'o galantuomo. Ma subbeto e' 'o veco, si nun me da 'e trenta ducate ca se pigliale, siente 'a risa. Io, 'o cielo 'o ssape, tiro nnante cu sta putechella 'e merceria, e vaco ncopp"o tribunale, ogne gghiurno, pe bedè d'abbuscarme quacche cosa, e chillo mine vò truffa trenta ducate.

Giulietta                        - Spera mine che mò ch'è turnato 'a fora avesse accucchtato quacche cusarella, e accussl ve pava.

Anselmo                        - Basta... appena e' o ncoccio parlamme. Pe mò statt'attienta 'a puteca, ca io mò vaco ntribunale a bedè si nc'è dabbuscà niente, si nc'è quacche causa da fa, il che mme pare difficile pecche da che è avan­zata 'a carta bulkta nisciuno fa cchiù cause. Io mo torno. Mme raccumanno; famine sta' senza penziere. (Via per la strada di sinistra).

Giulietta                        - (sedendo a malincuore davanti la bottega) Statt'attienta 'a puteca. E mme nghianta ccà d"a matina 'a sera! Isso se crede 'e sacrifica 'a giuventu mia?... ma si sbaglia!...

Trummonciello              - (comparendo con un paniere nelle mani; avvicinandosi a Giulietta) D. Giulie, 'a grazia vosta. D. Batassarre, 'o patrone mio, ve manna sti palumme cu dduie picciune. Ha ditto ca v"e ccriscite pecche songne d' 'a razza turca. (Alzando il coperchio del paniere) Tenite mente... hanno 'o tuppo ncapo,so na rarità che sul'isso l'ha avuto. Vedite cumme è bella 'a mamma; è gghianga e cannella. Chest'è 'a primma figliata e'ha fatta. Si fosse stato io 'o pueta d"a « Palummella » ncoppa a chesta avartia fatto 'a canzone.

Giulietta                        - (guardando nel paniere) 'O mascolo pure è bello, ma essa è na cosa rara. Comm'è bello stu tup-pillo ca tene ncapo. Comme so bbelle 'e figlìe. Vera­mente ca mme piacene. Sa che bbuò fa? va ncoppa e miettele dint"a cucina, sotto 'o fuculare; ca si 'e wede paterno accummenza a fa fracasso pecche l'ha d'accatta 'o granoturco.

Trummonciello              - So lesto. D. Giulie, v'arraccumanno o’ regalo mio.

Giulietta                        - T"o dongo. Ma m'he"a fa' n'ato piacere: m'he"a scupà !a cammarella ncoppa, m'he"a luvà 'a porvere d"e mobbele e m'he"a lava 'e piatte dint' 'a cucina.

Trummonciello              - Pe voi che nun fama. Site bbona dinto all'arma d"a mamma vosta, e beato 'o princepsle ca se piglia stu bello piezzo 'e butirro. Site bbona dinto all'arma d"a mamma vosta (Via nella bottega di Giulietta).

Giulietta                        - (sola) Si D. Batassarre mme vò bene overa­mente ha da spiccia st'affare lesto lesto; pare c'accussi mme levo 'a nant' a paterno ca mme brontola d'a matina a sera.

Pulummella                  - (venendo vestita in abito bianco con grem­biule e in sulle spalle uno scialletto in nero; con chi­tarra nella mani, seguita da Rivelli meschinamente ve­stito con berretto con grossa visiera e con violimi nelle mani) Io faggio ditto nun cantamrae ncoppa a chella tratturia, e tu nun m'he' voluto senti. Llà nce vanne tutte piemontise, milanise, veneziane ca min capiscane 'e ccanzone noste; e tu, niente, afforza Uà vuò i. Aggio girato c"o piattino attuorno e, mmiezo a cchiù de trenta perzune, aggio fatto otto centeseme.

Rivelli                           - Tu o schiatte o criepe io llà aggia ì. 'O ccapisce o nun 'o ccapisce ca ogge l'Italia s'è fusa? Nei avimmo da fusa nuie pure.

Palummella                   - E tu rome pare nu vero fuso. Comme! pretienne...

Rivelli                           - (interrompendola) Che, afforza de canta, nu jorno o n'ato nei avarranno da capi.

Palummella                   - E fintantucchè nun ci arrivano a capi nei avimmo da muri 'e famme? Averte da muri mam-mema e paterno p'essere costretta a gghi appriesso a stti maliuorno!

Rivelli                           - Maliuorno?! maliuorno?! Vurria sapè si nun tenive a frateto che nne sartia stato d' 'a vita toia. Nun aie obbricazione a me che t'aggio mparata a sunà a chitarra?... nun so stat'io ca t'aggio mparato 'a «Palummella »? e così i nostri introiti si sono fatti più forti e, a' sera e 'a matina, nei arrivamme a magnarce nu piatto cucenato.

Palummella                   - Ma nuie nei abbuscamme cchiù assaie pe dint' 'e cestitine che ncoppa 'a tratturia; e perciò...

Rivelli                           - (interrompendo) Puorte premura d'i pe' dint' 'e ccantine, pecche iuorne e notte te vene appriesso chillo cancaro 'e signurino e' 'o servitore suio. (Minac­cioso) Ma guè, fila deritta, pecche sino nce guastamme. Penza ca io magno pane e annore.

Giulietta                        - (fra sé) Vi comme so curiose tutte e dduie.

Palummella                   - (risolutamente) Si. 'O voglio bene e nce faccio ammore. Aggia da cunto a te? Chili' 'è signore, ricco assaie e chi sa che, nu iuorno o n'ato, nun mme vedarranno e' 'a carrozza, cu na bella veste e' 'a coda e 'o panato arreto, cu nu bello cappiello fatto a tranne : a cassetta e dduie dietro. ; d'o cuollo!

Giulietta                        - (importunata, interrompendo) Neh, neh? tutte sti trascurze l'avite da fa nnant' 'a puteca mia? Arrassateve; arrassateve; lassate passa l'aria.

Rivelli                           - (a Giulietta) Questa è la strada pubblica, e perciò vulimmo sta addò nce pare e piace.

Palummella                   - Avimmo dato fastidio 'a signora.

Giulietta                        - (altandosi, risentita) 'A signora si tu ca he' 'a i cu nu servitore nnante e dduie arreto. (Deridendola)Ah; ah, ah, ah.

Palummella                   - Guè, nun ridere, ca te scasso 'a chitano ncapo.

Giulietta                        - (inveendo) Guè, ciantella ciantè, a chi scassa 'a chitarra ncapo? Provete, provete, ca te scippo su quatte zirole ca tiene nfronte. Funnachera, sartimbanca.

Palummella                   - (adirata) A me, funnachera, sartibanca! Ah! ca te voglio... (si scaglia contro Giulietta azzuffandosi con essa).

Baldassarre                   - (comparendo con bastone in mano, nel vedere Palummella e Giulietta che sì azzuffano fra di loro, interponendosi, con spavalderia) Alto là. Abbassate le armi.

Rivelli                           - (ironico) È bbenuto 'o capitati generale.

Baldassarre                   - Che d' 'è st'affare? che so sti chiacchiere? De che se tratta? (Le separa, poi con goffa espansione a Giulietta) Parla, angiletto del mio cuore. Che d' 'è, eh' 'è stato?

Giulietta                        - È stato ca sta pettegola...

Palummella                   - (interrompendola) Gue, chi è pettegola

Rivelli                           - A sorema, ciantella?!

Baldassarre                   - (minaccioso a Palummella e a Rivelli) Silenzio. Site muorte tutte e dduie.

Rivelli                           - (ironico) Sapite si ìamme e' 'o carrettone o e l'esequie?

Palummella                   - St'ato imbecille nce mancava e pò eremo tutte.

Baldassarre                   - (minaccia Palummella) Ali, tu mme sfotti (A Giulietta facendosi scudo di lei) Levete 'a nnante quanto Ile levo 'a capa e mme ne faccio nu pomp’ ‘o bastone.

Rivelli                           - Buh, buh, buh... è arrivata 'a grand'ammiraglia.

Giulietta                        - (a Rivelli) Seh, seh, sfotti, sfotti. Tu nu saie quant'è terribbele.

Palummella                   - Sarrà 'o gigante Aulivo.

Rivelli                           - E chiappariello.

Palummella                   - (a Giulietta) Vattenne, vattè tu e isso. Aggio capito. A te nisciuno cane t'ha ausuraata, perciò te si mbarcata cu stu pallone a viento.

Baldassarre                   - (sempre distante, nell'atto dì minacciarla) A me?! Mo si' morta, sutterrata e ridotta in cenere. A D. Batassarre Ricevimento, primmo guappo d' 'a Sanità, ai l'ardire 'e dicere sri parole; a D. Batassarre Ricevimento? !

Rivelli                           - (a Baldassarre) Va trova quanta cauee he' rice­vuto nel mappamondo tino a mo.

Baldassarre                   - A me calci?! (a Giulietta, di cui si fa scudo) Nun mme tenere. Lle voglio leva 'e ppalle 'e Jl'uocchie e une voglio fa nu paro d' orecchini pe quanno facimmo 'a primma asciuta.

Palummella                   - (affrontandolo) E provete, ca cu nu pugno te voglio fa nu bozzolo nfronte ca t'ha da servf p' 'o ' iuorno à' 'o spusarizio.

Giulietta                        - (adirata) Ah! chesto mò è troppo. (Si scaglia . contro Palummella azzuffandosi con essa).

Baldassarre                   - (in distanza, minacciando col bastone Rivelli) A te, piglia, briccone.

Rivelli                          - (spazientito) Mo nun ne pozzo cchiii. (Alza il violino e percuote rìpetutamente Baldassarre) Teh, tiene, acchiappa pe' mo tu.

Baldassarre                   - (indietreggia mentre Rivelli seguita a per­cuoterlo col violino e Palummella continua ad azzuf­farsi con Giulietta) Aie ragione. 'A ntrasatta mme Thè potuto fa.

Felice                            - (compare seguito da Pulcinella, nel vedere Rivelli che col violino percuote Baldassarre, e Palummella e Giulietta che si azzuffano, sorpreso) Che vedo! Palummella mia s'appiceca! (Avanzandosi, a Palummella ed esortandola) Statte. Nun mme fa mettere paura.

Pulcinella                      - (interponendosi, percuotendo alle spalle D. Baldassarre) Stateve sodo. Finitela.

Baldassarre                   - (a Pulcinella) Guè?... tu sparte o mine mazzate?

Pulcinella                      - Io divido.

Baldassarre                   - (c.s.) Ah, ca si nc'era parte offesa mò te faceva riesto pure a te.

Pulcinella                      - (a D. Baldassarre) Si nun sbaglio, voi avete fatto 'o ricevitore.

Baldassarre                   - A me? Io aggio vattuto.

Giulietta                        - Batassarre mìo, levete 'a miezo a sta ciu maglia, sino te cumprumiette, (Lo porta nella bottega

Rivelli                           - (a Baldassarre) Pe mò tienile sta lezione, ca ppariamole.

Felice                            - (offeso, a Giulietta) Badate che io non sonciurmaglia. Mo nci o ddico a mammà.

Baldassarre                   - (a Rivelli) Tu ai ragione ca nun bbogli a mettere paura a l’angelo de’ miei precordii, sinò a te e st'auti ddoie marmotte ca so bbenute, a piezzo a piezzo dint' 'e sacche d'a giacca mme l'avarria mettuto.

Pulcinella                      - (a Baldassarre) Avete delle sacche profonde.

Felice                            - Noi andiamo nel numero delle marmotte? M nci' o ddico a mammà.

Rivelli                           - Fa chiacchiere tu.

Palummella                   - C’appriesso parlamme.

Giulietta                        - Batassà, mme pare c amò ‘a può fenì.

Baldassarre                   - (a Giulietta) Lo vuoi tu? …. m’accoccioleco…Zittisco.

Pulcinella                      - Sarrà cane barbone.

Felice                            - (con espansione) Palummella mia, core 'e Feliciello tuio, comme staie? Io, ieri sera, nun putetto venì'a cantina; era venerdì, e mammà teneva 'a periodica.

Palummella                   - (fraintendendo, premurosa a Felice) Il'avite fatta vede a qualche miedico? Comme sta?

Pulcinella                      - Chesta 'a periodica l'ha pigliata pe' freve intermittente.

Baldassarre                   - (con espansione a Giulietta) Gìuliìquando faremo il congiugnabimini,

Giulietta                        - Da te dipende.

Rivelli                           - Vi' quanta pazienza sto tenenno.

Pulcinella                      - (a Rivelli) Voi siete professore 'e viulino. E fateve na variazione.

Rivelli                           - (a Pulcinella) Aggio appaura ca t’ ‘o scasso ncapo a te e a ‘o patrone tuio.

Felice                            - (meravigliato, a Rivellì) Me ncapo? Mo nci'o dico...

Pulcinella                      - (contraffacendolo) a mammà.

Felice                            - (proseguendo) a mammà.

Pulcinella                      - E che puteva manca?

Palummella                   - (a Rivelli) Neh? tu a chi scasse 'o viulino ncapo? Si te muove, si daie sulo na zingarda a Feliciello mio, te scippo tutta 'a faccia.

Felice                            - (allegro, a Pulcinella) Pillicene, ha ditto: Felicicllo mio.

Pulcinella                      - Mo nci' 'o ddico a mammà.

Felice                            - No. Si chella l'appura me vatte.

Giulietta                        - (alludendo a Felice, in disparte a Baldassarre) Quanto è smocco.

Baldassarre                   - (similmente a Giulietta) Gente 'e nu soldo 'o muntone.

Rivelli                           - (a Palummella) Seh... m'he fatto 'a parte 'e brutto? Embè, già ch'è chesto, cu l'autorità de frate primogenito della famiglia ca t'ha crisciuto senza mamma e senza patre, te dico ca sta storia ha da ferii.

Felice                            - Ha da ferii, ha da fenì.

Palummella                   - (a Rivelli) E comme femesce?

Pulcinella                      - Cu na bona mazziata.

Giulietta                        - (in disparte a Bddassane) Nci’ aggio sfizio.

Baldassarre                   - (c.s. a Giulietta) Chello ca nun l'aggio fatto io nei' 'o sta facenno 'o frate.

Rivelli                           - (a Felice) Alle corte. Don franfellicco mio, io nun saccio chi cancaro site; 'o iuomo tate vestuto 'a galantomo e 'a sera purtate nu soprabbete ca nun va manco nove calle. Vuie e st'ata bestia nce venite se-cutanne pe tutte 'e ccantine adò iamme cantanno, e avite fatt'anrtammurà a sta ciuccia comme a na gatta d’ ‘o mese ‘e marzo.

Pulcinella                      - (a Rivelli) Essendo voi nu gatto maimone.

Palummella                   - (costernata) Ah! Ca so disperata.

Rivelli                           - (a Felice) V'avviso che, si nun ve facite a cunoscere e nun purtate a mammà a parla cu mroico, nunce venite cchiù appriesso, ca passo nu guaio.

Felice                            - E come facciamo? Quella, mammà, non permetterebbe.

Rivelli                           - He 'ntiso, Palummè?... tutto ha da fenì.

Felice                            - Non posso. Io mme ne moro. Vostra sorella ne necessita.

Pulcinella                      - L'ha pigliata pe purga gassosa.

Giulietta                        - (in disparie a Baldassarre) Chest'è bella.

Rivelli                           - (a Felice) E sta necessità ve l'avite fa' passa

Felice                            - (piagnucolando) Ah, ah, ah! Mò nei1 'o ddico mammà.

Palummella                   - (rincorandolo) D. Felice mio, nun chiagnere. Giacché 'a scìorta mme perseguita è meglio finirla na vota pe sempe sta vita mmalorata. (Fugge per la via di destra).

Felice                            - (seguendola) Palummella mia! Palummella mia

Rivelli                           - (trattenendolo) Addò vaie? Don Zizò, tu pe fforza me vuò fa passa nu guaio?

Pulcinella                      - Cancaro! Chistu è nu frate molto rigorosa.

Felice                            - (preoccupato) Chella se nne more.

Rivelli                           - Non avere paura. Chella fa accussl e pò lle passa. Io credo di nun ave parlato turco. Ci siamo intesi? (Via)

Felice                            - Pulicenè, jamme appriesso; truvamme a Palummella.

Pulcinella                      - Guarda ca 'o frate nce rompe 'a capuazella!

Felice                            - Non sento. A costo d'abbuscà io...

Baldassarre                   - (avvicinandosi a Felice) Siete molto imprudente. Questo non sta bene. E io..,

Felice                            - (risentito, assestandogli uno schiaffo) Teh, piglia acchiappa, (esce)

Giulietta                        - Ch'è stato?

Baldassarre                   - Cu nu schiaffo l'ho fatto fui!

Pulcinella                      - (a Baldassarre) Seh? (assestandogli a sua volta una schiaffo) E teh, acchiappa. (Esce)

Giulietta                        - Che d' 'è?

Baldassarre                   - Ah, niente, niente. So' tante marmotte. Basta na parola mia per fare 'o fuggi fuggì!

Giulietta                        - (orgogliosa) Evviva! Male per chi mme dice qualche parola quando addivento 'a mugliera tua!

Baldassarre                   - E si capisce! Diventerai 'a reginella d' 'a Sanità. A proposeto, hai ricevuto chella pareglìa 'e palumme cu tutte 'e figlie?

Giulietta                        - Sicuro.

Baldassarre                   - Chill' è nu regalo che ho avuto 'a Cu­stantinopole; mme l'ha mandato 'o Rre 'e llà, ca simmo quasi parente; perché devi sapere ca noi discennimme d' 'a razza d'Orlando il palatino, il palatino 'e Francia cchiu potente!.,. Ed io perciò sono accussì forte! Guarda, guarda! (Gonfia il petto).

Giulietta                        - (compiaciuta) Che bella cosa! È quasi nu miracolo!

Baldassarre                   - Mi raccontava mammema, mia madre, che quann'io ero piccerillo spesso giuocavo ncoppa 'o solaio; a fianco a noi c'era 'o campanaro, embè, non ci crederai, ma io cu na vuttata 'o facettc piegare ed uccise, accerette, 'a coppa 'a trecente perzune. Non andai 'ngalera pecche ero troppo piccolo, sino starei ancora Ila.

Giulietta                        - Ma voi vedete che forza!

Baldassarre                   - Addio bellezza mia: devo andare a Padula a fa na decisione cu trenta perzune. Prega 'o cielo ca nun me ne facesse accidere a quarantina!E statte attenta hai palummi. (Esce)

Giulietta                        - Statte buono, core mio. (Da sola) Quant' 'è aggraziato e che aria 'e smargiasso ca tene!...

Trummonciello             - (appare dalla finestra) Princepà, avisseve visto vulà 'a Palummella? Io l'aggio misa sotto 'o fuculare: so gghiuto a scupà, pò so rumato pe darle 'o granoturco e essa non c'è. Ce sortgo 'o padre e 'e figli!

Giulietta                        - (meravigliata) Tu che ddice?! He' visto p' 'a casa? sotto 'o lietto!

Trummonciello              - Aggio visto a tutte parte; non nce sta.

Giulietta                        - (costernata) E comme faccio?! Chillo nun m'arraccumannato ato. Fosse vulata 'a dinto 'o vico? Scinne; guarda tu 'a puteca, ca vaco a vede io.

Trummonciello              - So lesto. (Rientra).

Giulietta                        - Chi vò sentere a Batassarre!

Trummonciello              - (uscendo dalla bottega di Giulietta) Princepà, eccome ccà.

Giulietta                        - (a Trummonciello) Ma comme l'he' fatta fui? Chella appartene a 'o Rre 'e Custantinopole. Mò siente! Statt'attiento 'a puteca. Mo vado a vede io. (Via)

Trummonciello              - (con panico) Mo vide che madiata aggio da 'o princepale! (Siede davanti la bottega di Giulietta                                  ).

Felice                            - (tornando, sconfortato) Niente, nun l'aggio po­tuta truvà! (Esclamando) Palummella mia, Palummella mia! (Nel vedere Trummonciello, premuroso a costui) He' visto passa Palummella?

Trummonciello              - (fraintendendo, alzandosi, a Felice) Iostesso l'aggio purtata ncoppa. Se nn' 'è fuiuta da sotto'o foculare.

Felice                            - (fraintendendo a sua volta) S'era nascosta pe nun se fa vede a 'o frate. (Premuroso) E addò è gghiuta?

Trummonciello              - (perdurando nell'equivoco) E chi 'o ssape? 'A prencepale è gghiuta a bedè dinto 'o vicolo.

Felice                            - (similmente) Ma comme se n'è fuiuta?

Trummonciello              - P' 'a fenesta d' 'a cucina.

Felice                            - (costernato) Palummella mia, Palummella mia!

Trummonciello              - Chella è na cosa prelibata; discenne d'a razza d' 'o Rre 'e Custantinopole!

Felice                            - (perdurando nell'equivoco) Discenne d' a razza d'o Rre 'e Custantinopole?! (allegro) Mò nei' o ddico a mammà e m' 'a sposo. teummonciello Intanto ha lassato, ncoppa, 'o marito e dduie figlie! Chille, senza mamma, se nne morene.

Felice                            - (stupito) Comme! Era mmaretata?!

Trummonciello              - Già. E ha fatto pure dduie figlie. Si vedile comme chiagnene 'o marito e 'e figlie!

Felice                            - (ancora nell'equivoco; accorato) Ah! Palummelln nfama! E io credeva... Mò moro..., mò moro.

Trummonciello              - Che d'è? Vuie ve pigliate tanta collera? Che s'ha da fa? Cheste so ccose che succedene spisso.

Felice                            - Hai ragione. E io ciuccio ciuccio nei' avevo mettuto 'a passione. Ah! cornine faccio senza Palum-mella mia! Mò moro... mò moro. (Emozionato, è per svenire).

Pulcinella                      - (ritornando, nel vedere Felice, soccorrendolo) Chìà, chià... ca tu vaie nterra.

Felice                            - (prostato) Sto murenno.

Pulcinella                      - Nun muri, sino mme faie passa nu guaie cu mammeta; chella sape ca si gghiuto a l'Università, a studia, e tu invece vaie truvanne a Palummella tua.

Felice                            - Taci. Non mme nommenà cchiii quell'ingrata.

Pulcinella                      - Comme! Chella te vo Canto bene.

Felice                            - Taci, taci. Quella è una briccona; è mtnaretata e Cene dduie fìglie.

Pulcinella                      - Orrore, orrore! E comme 'o ssaie?

Felice                            - (indicando Trummonciello) L'aggio appurato da chìsto guaglione. Quanno se n'è fuiuta da 'o frate, s'è annascosta dint' 'a casa d' 'a zarellara, e' 'o marito e t duie figlie; pò, p' 'a disperazione, pe nun essere surpresa da 'o frate, se n'è ffuiuta p"a fenesta d"a cucina.

Pulcinella                      - Donne, donne, quanto siete pericolose!...

Felice                            - He' 'a di ca discende da una famiglia nobbile; nientemeno da 'o Rre 'e Custantinopole. E mammà sapenno questa discendenza mme l'avrebbe fatta spusà si nun era mmaretata. (Esclamando) Neh, pecche mme l'ha facto?... neh, pecche mme l'ha fatto?

Trummonciello              - Manco male ca 'a princepaìe nun vene ancora. Cielo mio, falla truvà. (Siede nuova­mente davanti alla bottega di Giulietta).

Felice                            - (alludendo a Palummella, con rimpianto) Io ca tu vulevo tanto bene, io ca t'amavo tanto... Ah! pecche mme l'ha fatto? pecche...

Pulcinella                      - (contraffacendolo). Mme l’ha fatto?

Felice                            - (proseguendo) Mme l’ha fatto?

Pulcinella                      - Ah, e quanto si afflettivo. Te l'ha fatto pecche te l'ha voluta fa. Io credo ca 'o frate nun nno sape niente.

Felice                            - E pe chesto vedennose astretta 'e sacche so nn'è fuiuta. Ah, pecchè mme I'he' fatto?... pecchè mme l’hè fatto?

Pulcinella                      - Puozz'essere acciso. Vuie vedite c'afflizione m aggio miso ncuollo.

Palummella                   - (ritornando e vedendo Felice, avvicinandosigli) D. Feli, state ccà?

Felice                            - (fra sé) Essa?! (Con sdegno a Palummella) Scostati. Donna perversa. Pecche mme I'he' fatto? Pecchè mme I'he' fatto?

Pulcinella                      - (a Palummella) Allontanati, perchipetola (contraffacendo) Pecchè nce I'he' fatto?... pecche no l'he' fatto?

Palummella                   - (meravigliata) Neh, che l'aggio fatto?

Pulcinella                      - (a Palummella) Fuggire?!.., (contraffacendo)Pecchè nce l'he' fatto?... pecchè nce I'he' fatto?

Palummella                   - (giustificandosi) Si mme ne so ffiuta l'aggio fatto pe nun vulè sta cchiù suggetta a fraterno. Aggio cumbìnato cu chillo paté e cu 'e duie figlie; chille se pure prufessure bbuone... Putimmo tira 'a campata, e tu staie senza suggezione.

Felice                            - Taci donna orrorosa e traditoria.

Pulcinella                      - Siamo arrivati al comunismo. E 'o pato sarebbe cuntento?

Palummella                   - Avimmo cumbìnato ogne cosa circa nteresse.

Felice                            - Tacete. Oh orrore, orrore! Neh, pecche mme l'he' fatto?... pecchè mme l'he' fatto?

Pulcinella                      - 'O vi lloco e' 'a soleta canzone.

Felice                            - (a Palummella) Io che te voglio tanto bene, io che te puteva spusà, tanto più ca mo saccio che discendi da 'o Rre 'e Custantinopole.

Palummella                   - (sorpresa, interrompendolo) Chi?

Pulcinella                      - Tu, turca annegafede. Comme! Te vaie mmaretà annascuso ‘e frateto, faie duie figlie, inganna stu povero fesso dicennole ca t' 'o vulivo spusà, e po vedennota astretta 'e sacche te nne fuie tu, mariteta e i duie figlie tuoi, t'annascunne sotto 'o fuciliate d' 'a zardlara, pe nun essere surpresa da frateto; te une si ffuiuta p' 'a fenesta d' 'a cucina, e mo viene a farce 'a semprice. Cca s'è revutato nu quartiere.

Palummella                   - (adirata) Tu che stai dicenno? Chi ha in­ventato sti nfamità?

Felice                            - Non negate. (Indica Trummonciello) St'anetna nnucente nun puteva ài bude, (a Trummonciello) Parla tu: Sta ncoppa, 'o pato cu 'e duie figlie?... 'a principale toia è gghiuta truvanno a Palummella ca se n'è ffiuta dinto 'o vico?

Trummonciello              - (volendo chiarire l'equivoco) Gnorsf. Ma vuie...

Felice                            - (interrompendolo) Taci, Mi basta questo.

Pulcinella                      - (a Palummella) Sei convinta?

Palummella                   - (con sdegno a Trummonciello) Ah! nfame briccone, si tu ca mme iieve 'a stima?

Trummonciello              - (giustificandosi) Gnernò, chella, 'a princepale... (S'interrompe nel vedere Giulietta che ri­torna).

Giulietta                        - (ritornando dalla sinistra; costernata, a Trum­monciello). Niente, nun l'aggio potuta truvà.

Palummella                   - (con sdegno a Giulietta) Neh, levastima, cornine t'è bbenuto ncapo 'e ddicere ca io so mmaretata e tengo a maritemo cu dduie figlie nascoste ncoppa

Anselmo                       -  (comparendo, nell'udire le parole testé profe­rite da Palummella all'indirizzo di Giulietta; con rim­provero a costei) Perché hai nascosto 'o marito e i figli de chesta ncoppa 'a casa? Parla.

Felice                            - (vieppiù insospettito dalle parole di D. Anselmo; a Palummella). 'O bbi ca 'o ssanno tutte?... Pecchè...

Pulcinella                      - (contraffacendolo) mme l'he' fatto, pecchè….

Felice                            - (proseguendo)mme l'he' fatto?

Giulietta                        - (a Palummella) Tu c'arma de mammeta dice? Pe chi he' pigliato 'a casa mia?

Pulcinella                      - a Giulietta ) Non negate. Sopra 'a casa nei avete !o contrabanno: duie figlie e 'o marito 'e chesta. (Indica Palummella).

Giulietta                        - (a Pulcinella) 'A mala pasca ca te vatia.

Trummonciello              - Ma lassatone parlà.

Felice                            - Taci.

Baldassarre                   - (comparendo, udendo le parole profferita da Pulcinella all'indirizzo di Giulietta; avanzandosi adirato, a costei) Cornme! Hai l'ardire d'annasconnere 'o marito e i duie figlie 'e chesta? (Minaccioso) Site muorte tutte quante.

Anselmo                        - (a Giulietta, minacciandola) Parla, o passo nu guaio.

Palummella                   - (fremente) Io mo crepo.

Trummonciello              - Ma lassateme parla.

Felice                            - Che he' 'a parla? Chesta è mmaretata e tengo annascuse, ncoppa a d' 'a zarellara, 'o marito e i dui figlie.

Rivelli                           - (ritornando, udendo le parole testé profferite di Felice all'indirizzo di Palummella avanzandosi con stupore) Screma, mmaretata, cu dduie figlie?! (Minaccioso, a Palummella) Ah nfama! Te voglio accidere (Si scaglia contro Palummella).

Pulcinella                      - (trattenendolo) Statte! Che faie?!

Palummella                   - (a Rivelli) Frate mio, fermate! P'ammore 'o cielo!

Anselmo                        - (a Giulietta) Te voglio rompere l'ossa.

Giulietta                        - (giustificandosi) Io nun nne saccio niente.

Trummonciello              - (insistendo) Lassateme parla.

Felice                            - (sconfortato) Io mò moro. (Si abbandona su Pulcinella).

Pulcinella                      - (sorreggendolo) Chiano!... ca iammo nterra.

Palummella                   - (costernata) Che nfierno, che nfierno hanno apierto!

Luigino                         - (comparendo; frapponendosi e trattenendo Rivelli) Chiano! Ch'è stato?

Rivelli                           - (a D. Luìgino) Lassateme, sìgnurì. (Tenta di scagliarsi nuovamente contro Palummella).

Pulcinella                      - (trattenendolo) Statte. T'ho pregato.

Annetta                         - (comparendo; avanzandosi, a Felice) Signurino bello. Ch'è stato?

Pulcinella                      - Niente. Tene 'a machina in rivoluzione

Anselmo                        - (a Giulietta) Parla, o te struppeio; ti facciomale. baldas sarre Parla, sino metto l'ammore da parte et'appenno comma 'a carnevale sotto 'e ffeneste meie.

Palummella                   - Parla, fatt'asci 'o spireto, sino t' 'o faccio ascì io cu na fune ncanna.

Rivelli                           - Parla; fa ambressa. Spicciati.

Tutti                              - Parla.

Giulietta                        - C'aggia parla? Io nun saccio che cancaro v'è afferrato.

Trummonciello              - (impaziente) Aggia parla io, mmalora; aggia parlà io, cancaro. Chist'è nu sbaglio.

Tutti                              - (sorpresi) Nu sbaglio?!

Trummonciello              - Si, nu sbaglio. D. Batassarre, 'o pa­trone mio, m'ha dato na pareglia 'e palumme cu duie figlìc e, siccome veneno d' 'a razza d' 'o Rie 'e Custantinopole, l'ha mannate pe regalo a D. Giulietta. Io nce l'agge purtate. So sagliuto ncoppa 'a casa e nce l'aggio mettute sotto o fiiculare. Nun saccio comme… 'a Palummella se n'è ffuiuta, credo p' 'a fenesta d" 'a cu­cina. Nce l'aggio ditto a D. Giulietta ...

Giulietta                        - (interrompendolo, proseguendo) ...E so gghiuta a vede si era iuta 'a dinto 'o vico, rimanendo a isso a guarda 'a puteca.

Trummonciello              - (proseguendo, indicando Felice) S'è acstato sta turzo 'e carcioffola...

Felice                            - (interrompendolo, risentito) Guè, nun mme chiammà turzo 'e carcioffola. sino nei 'o ddico a mammà.

Tutti                              - (a Felice) Zitto.

Trummonciello              - ...e isso m'ha addimannato si avevo visto 'a Palummella    la l'aggio rispuosto ca se n'era fuiuta e nun se truvava, e che 'o marito e 'e figlie stevano chiagnenno ncoppa. Che saccio... (indicando Felice) Chisto, a sti parole, s'è sturzellato tuttoquanto. È bbenuto 'o compagno suio e ha fatto 'o stesso. (Sospirando) Ah! M'aggio levato nu peso 'a copp' 'a vocca 'o stommaco.

Felice                            - (a Trummonciello) Nzomma tu parlave d' 'a Palummella c'ha fatta 'a cova non già 'e Palummella ia? (Rassicurato) Pulicenè, nun mme l'ha fatto, nun me ll'ha fatto.

Rivelli                           - Rifiato. L’onore mio è salvo.

Annetta                         - Vi che mbruoglio.

Palumella                     - D. Feli, avite visto?... so nnucenta?

Luigino                         - Ccà nc'è da ridere.

Anselmo                        - No, nc'è da chiagnere. Intanto, pe nu sbaglio, Io mò vatteva a figliema.

Giulietta                        - (alludendo a Palummella) E tutto pe sta faccia ..tosta.

Palummella                   - (a Giulietta) E mo tuorne n'ata vota da capo.

Baldassarre                   - (spavaldo) Olà! Site muorte.

Pulcinella                      - 'O vi lloco.

Baldassarre                   - Domani non esiste nisduno echio.

Pulcinella                      - Chisto tene l'appalto cu 'e schiattamuorte.

Baldassarre                   - A te, Trummonciè, va danno 'o hanno pe tutte 'e quartiere, che, chiunque ha truvato 'a Palummella e nun m' 'a cunzegna Ile donco a ffuoco i, 'a puteca e quanto lene, e si attocca pure 'o quartiere addò sta.

Pulcinella                      - Volete che chiamo i pompieri? (Aldassarhe (ammonendolo) Guè, grannissema carogna. iNselmo D. Batassà, siente a me; chesta e na storia , c'ha da feni. Vienetene ncoppa, e vedimmo sì se pò finalizza stu matrimmonio, pecche a me nun mme piace 'e fa parla 'o quartiere. (Entra nella propria bottega).

Baldassarre                   - (a D. Anselmo) Sìmmo lesto. (A Trumoncìello) Trummonciè, va fa chello ca t'aggio ditto.

Trummonciello              - Non dubbiiate. (Via per la strada di destra).

Giulietta                        - (fra sé) Menomale. Nc'è quacchc speranza . pure pe me. (Entra anch'essa nella propria bottega). ialdassahre (a Pulcinella) Aspettarne ccà, Quanno vaco nu mumento ncoppa; pò scengo e t'accido.

Pulcinella                      - Permettete quanto mme vaco a piglia primma nu soldo e cafè?

Baldassarre                   - Mez'ora t'accordo. (Sì avvili per entrare nella bottega di D. Anselmoe di Giulietta).

Pulcinella                      - (chiamando) Sapite... vuie site na marmotta conosciuta, vuie site nu pigliaseli affi e primin'ordine.

Baldassarre                   - A me! (Fa atto di minacciarlo col bastone).

Pulcinella                      - (fìngendo di metter fuori un'arma) Ah, ca te vogìio abbrucia...

Tutti                             - (con panico a Pulcinella) Chiano! Che faie?!

Baldassarre                   - (c.s.) Chiano! Nun spara!

Pulcinella                      - Niente. T'aggia abbrucia.

Tutti                              - (trattenendolo) Sratre!

Baldassarre                   - (con panico) Nun spara! (Fugge nella bot­tega di D. Anselmo) e di Giulietta).

Tutti                              - (a Pulcinella) Posa 'o revolvera.

Pulcinella                      - (cavando di tasca una pipa, mostrandola) Chest'è na pippa,

Tutti                              - (ridendo) Ah, ah, ah, ah!

Luigino                         - (c.s.) Chest'è bbona assaie,

Felice                            - (a D. Luigino) D. Luigi, aiutateme. Chella, Pa­lummella, m'ha messo 'o broncio.

Annetta                         - (a Felice) E n'ave raggione.

Pulcinella                      - (c.s.) Tu l'hai intaccata nel suo scandalo.

Rivelli                           - (minaccioso, a Felice) Io mò che t'avarria fa?

Luigino                         - (dissuadendolo) Statte sodo. Chist'è 'o figlio d' 'a

Palummella                   - (sorpresa) 'O figlio d' 'a patrona vosta?!

Annetta                         - (a Palummella) Sicuro.

Rivelli                           - (sorpreso) E chist'è n'aoto mbruoglio. (A D. Luigino) Cornine! Vuie accussi ricco, e mò, servitore?! Ah, nne so venuto a fa sunate sotto 'o palazzo vuosto.

Luigino                         - (a Rivelli) Zitto. Chisto è nu mistero che pò te spiego. E, fuorze, tu avarraie da contribuì a la feli­cità mia.

Pulcinella                      - (ad Annetta) Neh, che nc'è sotto?

Felice                            - D. Luigi, fatetne fa pace cu Palummella.

Rivelli                           - (adirato, a Felice) Faie pace e' 'o cancaro ca te reseca.

Luigino                         - (sottovoce, a Felice) Arrassete. Mò nce parl'io. (A Rivelli e a Palummella, dopo che Felice si è allontanato), Rivè, siente a me: tu he' fatto 'a fortunatoia e nun te ne si addunato. Chillo mammalucco lì tene 'a mamma ca è na pazza. Abbasta ca tu faie a modo mio, stu matrimmonio succedarrà e te lieve d' ' a miseria.

Palummella                   - (allegra a D. Luigino) Signurì, dicite davvero?!

Annetta                        - Ha da dì pe fforza davvero si se tratta do l’utele suo.

Luigino                         - (a Rivelli) Perciò dalle l'opportunità che cchiù se n'annammora e dimane viene tu e soreta a 'o palazzo mio a Pusilleco. (a Felice invitandolo ad avvicinarsi a Palummella) Va... e quanno nce faie pace?

Felice                            - (esitante) Ma chillo, 'o frate...

Luigino                         - (rassicurandolo) Va bene. È cuntento.

Pulcinella                      - Come cambiano a momenti questi fratelli

Felice                            - (avvicinandosi a Palummella) Palummè, è ove i?... avimmo fatto pace?

Palummella                   - (rassicurandolo, con espansione) Overo Palummiello de stu core!

Pulcinella                      - Speramme che farete subbeto 'a cova come la faremo anche noi. Non è vero, Annetta mia?

Annetta                         - Si. Cetrulillo mio aggraziato.

Rivelli                           - Belli figlili, 'e chiacchiere so bbelle e bbone; ma nuie, da stammatina, pe causa de tutte sti mbruoglie, nun ci avimme abbuscate manco nu soldo.

Palummella                   - (a Rivetti) Sa che bulimmo fa? Jamme a sunà 'a tratturia de Giovanne Sola; llà nce stanno sempre ggente.

Rivelli                           - Si, ddice buono. (A D. Luigino) Signuri, di­mane, immancabilmente, sarraggio da vuie. Sta te ve buono. (Via).

Palummella                   - (a Felice) Pò da llà turnamme ccà. (Con espansione) Statte buono. Core mio. (Via anch'essa).

Felice                            - (allegro) Pulicinè, he' ntiso?... vanno a du Sola.

Pulcinella                      - O a du miezotacco.

Felice                            - (premuroso) lammc nuie pure.

Annetta                         - (a Felice) Vuìe avite da i a studià. Si l'appura mammà?

Luigino                         - (ad Annetta) Lass' 'o fa. 'A passione è nu brutta bestia; e sul’io 'o pozzo cumpatì.

Felice                            - Pulicinè, 'a passione è na bestia.

Pulcinella                      - E tu si mi ciuccio, e avite fatta 'a pareglia. (Dissuadendolo) Iamm'a studià.

Felice                            - Niente. Aggia i appriesso a essa. (Via per la strada di destra).

Pulcinella                      - E gghiamme. A nomme d' 'e ramazzate. (Via anch'esso).

Annetta                         - (a D. Luigino) Vuie pecche l'avite cunzigliatod' i appriesso a Palummella?

Luigino                         - Pecchè 'o mbruoglio fa pe me. Aggio marmato | I'ordcne, a 'o casino mio, da mettere sotto 'e cavalle e 'a meglia carrozza 'e gala che tengo e che serveva 'a buonanima de ziemo quann'era gala e aveva i a Pa­lazzo Reale; aggio ordinato a 'e serviture de vestiise cu 'e livree antiche e cu 'e pperrucche; aggio mannato a piglia diversi vestite da omino e da femmena pure antiche. 'O masto *e casa mia è n'ommo attivo, e so certo ca tutto riuscirà bene. (Indicando la via di si­nistra) Mme dispiace ca dinto a stu vicolo min c'entra 'a carrozza. Basta... farò gran pubblicità e spero d'arrivare a li ntiente mieie.

Annetta                                   - Sìgnuri, vuie fusseve asciuto pazzo? Io nun ve capisco.

Luigino                         - Io pazzo? 'O vedarrai si so pazzo. Lisa mia sape tutto. 'A mamma ha d'ave na lezione comme se mmereta, e ‘o  Barone e 'o Baroncino hanno da rum mane cu na vranca e mosche mmano.

Annetta                         - A proposito d' 'o baruncino: (cavando di tasca una lettera) Aieresera, quanno l'accunriaie ' giacca, Ile truvaie sta lettera dint' 'a sacca. (Porgen­dogli la lettera) Leggite. Fosse quacche lettera amorosa? Andrebbe a puntino pe fa succedere nu mbruoglio.

Luigino                         - (leggendo sulla busta) Al Signor Baroncino- Arronza ». (Spiega la lettera e legge) « Caro Mineco... » (interrompendo, meravigliata) C'aggia fa! Meneco?!

Luigino                         - (seguitando a leggere) « Finalmente aggio apparato che te truove dìnto 'a casa de D. Gigia Sciosciai mocca, sotto 'o tìtolo de Baruncino Arronza; accu: posso darte nutizia che 'o duca addò stiveve tu pateto a fa 'e cuoche... »

Annetta                         - (interrompendo, sorpresa) Nucchiù?!

Luigino                         - (continuando a leggere) « ...appena s'è addunaca 'o servizio d'argenteria era stato cagnato e nce n'a'vveve puosto n'ato fauzo, n'ha dato subbeto parte a giustizia, la quale ha già cacciato l’ordene d’arrespe te e pateto; perciò statt'attiento a nun farvi se pare; e sarria meglio ca cagnasseve cieb, accussì sta risseve 'o ssicuro. Te saluto caramente, l'amico tui Antonio Raù ».

Annetta                         - All'anima d' 'a nobirtà!

Luigino                         - Buono, buono. Oh! che consolazione, che piacere! (Abbracciando Annetta) Annetta mia cara, tu mi hai data la vita cu sta lettera.

Annetta                         - Signò vuie che facite?! Stamme mìezo 'a voi. Vuie pe chi mme facite piglia?

Luigino                         Scusami. Chiù ttarde D. Gigia col Barone  col Baroncino veneno dìnto a sta cantina.

Annetta                         - Dinto a sta cantina?! E comme?

Luigino                         - (narrandole) Devi sapere che l'aggio mann; na lettera anonima nella quale aggio scrino che D. Felice, 'o figlio, invece d'andare a studia vene dinto a so cantina a fa l'ammore cu Palummella.

Annetta                         - E comme v'è bbenuto ncapo? Mo nne nas nu mbruoglio; D. Felice abbusca e nne sarrà caccia chillo povero Pulicenella.

Luigino                         - (rassicurandola) Non t'affliggere pe' chesto sorde mieie acconciano tutto.

Annetta                         - Ma pecchè tutto chesto?

Luigino                         - Quanno è tiempo 'o saparraie. (Scorgendo: Peppe che viene con Menella) Zitto. Veneno da chesta parte 'o siè Peppe nzieme e' 'a sora, Menella. Vie ccà; siente. (La trae in disparte verso il fondo a sinistra dove restano a spiare e a parlare sottovoce fra di essi).

Siè Peppe                      - (compare seguito da Menella; adirato) Las­sarne sta. Ca comme stongo arraggiato mme te magno viva cu tutta 'a caudara de' spighe. Quanno penzo a stanotte, a l'azione ca m'ha fatto cheila nfama 'e so-rema, tutte 'e nierve miele oscillano da sotto e da coppa.

Menella                         - Te nne faie maraviglia? Cheila da piccerella è stata sempe na birbante, e s'ha purtata 'a malignità e 'a ngratitudine nfìno 'a vicchiaia; peazenta, era su­perbiosa; figurete mò ch'è ricca. Io so mmorta de famme ma nun Ile so gghiuta maie suggetta pe nu centesimo; e mme dispiace ca nun te ncuntraic prmima

Siè Peppe                      - Chi puteva mmagenarse che na sora, dopo diciottenne ca nun mme vedeva, m'accuglieva 'e cheila manera!

Menella                         - Nun t'affliggere, frate mio. 'A caudara d' 'e spiche darrà a mmagnà a me e a te.

Siè Peppe                      - Sora mia, 'a caudara toia nun pò avastà pe tutte 'e dduie.

Menella                         - Ma comme si tturnato accusai miserabbele? Dicene ca chi va in America fa fortuna.

Siè Peppe                      - Io so rumato negoziante de panne estere e nnustrale. (Indica il suo abito rattoppato) Vide che ri­camo a chippì. (Narrando) Diriott'anne fa io vennette 'o stiglio d' 'a puteca ca teneva, e e' 'a paura ncuorpo d'essere arrestato pe l'appiceco ca nc'era stato ai cheila bona pezza 'e sorema rome mbarcaie e gghiette in America. Arrivato (là, 'o console nun mme vuleva fa ruminane pecche diceva ca io era troppo curro, e lloro avevano esiliata 'a razza dei nani per avere nella nuova generazione uomini alti e robusti. Nce vulette 'o bbello e 'o bbuono pe rummanè; e non putennome occupa 'e nisciuna maneia pecche tutte mme fuievano e nun mme vulevano ammettere nelle loro fila, penzaie de metterme a fa 'o negoziante 'e puorce, onde nun farce na cattiva figura. 'E nteresse ievene bbuone, e pareva che quella razza avesse fatta la mia fortuna. Facette omuscenza cu na negoziante de purchesse; e siccomme era vedova mme ne nnamnuraie pazzamente di quel­l'angelo di bellezza. Era prossema l'unione de li ddoie razze. Quando tutto nzieme sopraggiunge 'a malattia d' 'a mbolla sotto 'a coda de puorce e nne murettene sette otto 'o iuorno. Dint'a nu mese, de tutte e ddoie 'e razze nun nne rumtnanette che io e essa; e si nun fuievo a riempo sarria muorto e' 'a stessa malattia. Vengo a Napole... Che d'è... (Commosso, s'interrompe).

Menella                         - (rincorandolo) Che d'è? Se tirarrà nnante 'o meglio ca se pò. Nun t'abbeli.

Luigino                         - (in disparte ascoltando con Annetta, sottovoce costei) Hai capito mò?

Annetta                         - (c.s. a D. Luigino) Aggio capito. Facimmece nnante.

Luigino                         - (avanzandosi a siè Peppe) Schiavo di vostra ec­cellenza.

Annetta                         - (c.s.) Strissemo. Lassate ca ve vaso 'e mmane. (a Menella) E a bbuie pure, princepessina. (Bacia la matto di siè Peppe e a Menella).

Siè Peppe                      - (sorpreso) Vuie che ddicite?!

Menella                         - (c.s.) Cu chi l'avite?

Luigino                         - (simulando a siè Peppe) Con voi, grand'ammiraglio d'America.

Annetta                         - (c.s. a Menella) Cu bbuie c'avite da fa stu gran matrimonio e' 'o primrepe americano amico vuosto.

Anselmo                        - (ricomparendo dalla propria bottega, seguito da Baldassarre; a costui) Mò va bene; mò se pò cumbinà. (Nel vedere siè Peppe, saffermandosi in disparte con Baldassarre) 'O vi lloco stu mbmglione.

Baldassarre                   - (a D. Anselmo) Ah... è turnato 'a fora.

(Resta a parlare in disparte con D. Anselmo rimanendo entrambi inosservati agli altri).

Siè Peppe                      - (a D. Luigino) Iatevenne. Io so nu povero straccione.

Menella                         - (c.s.) Nuie mò nce ne murimme allerta allerta

baldassarre                   - (a D. Anselma) Insomma aggia perdere pur'io 'a speranza d'ave 'e dente ducale ca mprestaie

Luigino                         - (simulando a Menella) Vuie cche ddicite? Ah, pecche 'o vedite accussi vestuio, ve credìte ca nun tene cornine fa? Chist'è nu sbaglio. Ccà si è saputo tutto. Stu signore ccà s'è finto puveriello pe scanaglia 'o core d' 'a sora vosta, ma è ricco, ricco sfunnato.

Annetta                         - (c.s. a sìè Peppe) È inutele; nun ve putite annasconnere. Ccà sapimme tutto. Ma ve pare, nun se sapeva che bbuìe e 'o cumpagno vuosto avite truvato na miniera d'oro in America; che ve site fatto riccone; che 'o bastimento che sta dinto 'o puorto è robba vosta; che 'o socio vuosto s'ha accattato nu prencepato in Amereca e mò e prenccpe; che stu prencepe cum­pagno vuosto tene na bella figlia, e sta principessina...

Luigino                         - (interrompendola, proseguendo) Che site venute apposta a Napole pe farla spusà e' 'o figlio d' 'a sora vosta signora, e pe stregnere cchiù 'a parentela cu stu cumpagno vuosto prencepe ch'è vìdovo Ile farìte spusà Il'ata sora vosta qui presente e accettante.

Menella                         - (esultante per la gioia) Neh, neh? Vuie che dicite?!

Siè Peppe                      - Mò se nne va 'e capa sorema. Io nun arrivo a capì si so pazzo o sto mbriaco.

Anselmo                        - (ascoltando in disparte con D. Baldassarre) Viè trumato ricco!

Baldassarre                   - (a D. Anselmo) Chisto ha da essere mi­lionario.

Annetta                         - (continua a simulare, a siè Peppe) Ve credite ca min sapimme ca mannasteve l'incaricato vuosto a Napole p'accattarve chillo gran palazzo a Pusilleco che sta appriesso a chillo de Roccaromana?

Luigino                         - (c.s.) Che l'avite fatto monta sul gusto asiatico, con tende, mobilia, giardini, fontane ecc. ecc. Vera­mente sorprendente! E v'avite purtato 'e schiavotu ca ve serveno nel vostro appartamento.

Anselmo                        - (sempre in disparte con D. Baldassarre) Che ricchezze!

Baldassarre                   - (similmente a D. Anselmo) Che tesoro!

Menella                         - (esultante, a siè Peppe) Frate mio riccone. E cumme, nun me dicive niente?

Siè Peppe                      - E vide st'ata bestia cornine s' 'o ccrede

Luigino                         - Vostra eccellenza aspetta 'a carrozza 'e gala, abiti e i servitori, per far l'entrata nel suo nuovo palazzo?

Siè Peppe                      - No... dint"a 'a purtella.

Annetta                         - E chesto 'o ffacite pe da na risposta a chella

Menella                         - (c.s.) Frate mio riccone, frate mio riccone! sìè peppe Vi chesta nce sta tutta. So pazzo o sto mbriaco? !

Anselmo                        - (sa disparte a Baldassarre) Mò vene pure 'a arrazza!

Baldassarre                   - (similmente a D. Anselmo) Stammece. Vedimme.

Luigino                         - (a siè Peppe) Eccellenza, state senza penziere; mo vaco io a sollecita 'a carrozza.

Annetta                         - (a Menella) Eccellenza, trasite dinto. Entrate, Favorite. Ve voglio fa 'a capa, ve voglio lava 'a faccia, primma ca veneno 'e vestite.

Menella                         - (allegra) Bene mio. Io nun nce capo dint' e' panne p'allegria. (Entra seguita da Annetta nella sua abitazione).

Luigino                         - (a siè Peppe) Eccellenza, nun ve muvite, ca io mo vengo. (Via)

Siè Peppe                      - (stupefatto) Bene mio! Fosse capitato dinto ‘a spitale de' pazze senza addunarmene?

Anselmo                        - (avanzandosi) Siè Peppe de stu core.

Baldassarre                   - (c.s.) Siè Peppe bello. Commc staie?

Siè Peppe                      - (preoccupato, fra sé) D. Anselmo   ! Mò vide ca mine cerca 'e trenta, ducate ca mme prestale, eD. Baldassarre 'e dente ca lle truffate!...

Anselmo                        - (sottovoce a D. Baldassarre) Facimmo abbedé ca nun sapimmo niente. Si, dice buono. (A siè Peppe) Siè Pè, finalmente si turnato? Si stato diciott'anne in America.

Baldassarre                   - E si tturnato...

Siè Peppe                      - (interrompendolo) Cchiù mìserabbele 'e primma.

Anselmo                        - (sottovoce a D. Baldassarre) Nce vò scanaglia.

Baldassarre                   - (c. s., a D. Anselmo) Comme ha fatto e' 'asora.

Anselmo                        - (c.s. a D. Baldassarre) Assecunnammelo. Asse­cunnammelo.

Siè Peppe                      - Perciò, pe chilli trenta ducate c'aggia da a bbule e pe chilli dente c'aggia restituì a D. Baldassarre, avite d'aspetta nu poco; subbeto ca mme metto a fatia...

Anselmo                        - (interrompendolo) Tu che bbaie dicenne. Fra amice se badano a sti ccose? Tu saie corame faggio stimato. Anze, se t'abbesognasse quacch'ata cosa... parla. Dici. Avanza.

Baldassarre                   - Ccà sta D. Batassarre pe te; 'a sacca mia sta a disposizione toia; e nun sulo 'a sacca ma pure 'a mazza si quaccuno te facesse quscche ngiuria. siè Peppe E io te ne ringrazio. Che buone amice, che brave amice!

Anselmo                        - (sottovoce a D. Baldassarre) S'è commosso.

Baldassarre                   - (similmente a D. Anselmo ) S'è nteneruto.

Anselmo                        - (offre del danaro a siè Peppe) Tiene ccà... chiste so ri'ati cciente ducate.

Baldassarre                   - (c.s.) Teh... chiste so n'ati bbinte. T'avastano?

Siè Peppe                      - (prendendo la moneta e intascandola) Bravo. Mò aggio visto 'o core vuosto; tutto 'o ccuntrario de chella nfama 'e sorcina. E mò ca v'aggio scanagliate...

Anselmo                        - (interrompendo, ansioso) Nce faie addeventà ricche pure a nnuie?

Baldassarre                   - (similmente) Mme dai nu mpiego dinto 'o palazzo tuoio a Pusilleco?

Anselmo                        - A me famme segretario tuo. Io so bbuono

Baldassarre                   - (abbracciando siè Peppe) Cumpagnonc de sru core.

Anselmo                        - (c.s.) Te mmeritave sti ricchezze ca hai acqui­state.

Baldassarre                   - Crepa la mmidia. Crepa!...

Anselmo                        - E 'a superbia.

Baldassarre                   - (mostrando il bastone) E 'a mazza pe te.

Siè Peppe                      - (fra sé) E ccà accussi finisce a mazzi f si nun vaco Averza oggi nun nce vaco cchiù. Me capito. Assecunnamme.

Luigino                         - (ritornando seguito da quattro servi vei livrea di gala che portano due ricchi abiti, uno perPeppe e uno per Menella, premuroso a siè Eccellenza, la carrozza è all'ordine, gli abiti sono Presto, presto; andatevi a vestire.

Siè Peppe                      - (confuso) Ma io...

Luigino                         - (interrompendolo, premurandolo) Non ta… non tardate, eccellenza. (Entra con siè Peppe, dai servi nell'abitazione di Menella).

Anselmo                        - (indicando, a D. Baldassarre) Viche livrea….

Baldassarre                   - (similmente a D. Anselmo) Vi che ca sfarzosa!

D. Gigia                        - (comparendo col Barone e col Baroncino; dando e indicando ad essi) Che cos'è st'ammoina

Baroncino                     - (guardando anch'esso verso le quinte) Che significa quella carrozza dì gala?

Barone                          - (c.s.) Con quei magnifici bai dorati.

Anselmo                        - (a D. Gigia) Che cos'è?... è che 'o frate ve nun e overo ca e tturnato miserabbìle...

 Baldassarre                  - Ma si è fìnto tale pe scanaglia 'o vuosto.

Anselmo                        - È tturnato milionario.

Baldassarre                   - Chillo vasciello americano ca sta din puorto è robba soia.

Anselmo                        - E mo... iesce e va a piglia pussesso do gran palazzo ca se mannaie accatta a Pusilleco.

Baldassarre                   - E c'ha muntato tutto sul gusto asia

Anselmo                        - S'ha pumto persino 'e schiavi 'a fora.

Luigino                         - (ricomparendo dall'abitazione di Menella) La.. largo, fate largo al grande ammiraglio. (D. Gigi, Baronee il baroncino si ritirano in fondo verso sinistra. D, Anselmo e D. Baldassarre si dispongono poco nascosto; D. Luigino invitando siè Peppe e Menella ad uscire) Favorite, favorite, eccellenze. (Compariscono dall'abitazione di Menella: siè Peppe vestito elegan­temente in lungo abito guarnito di pelle bianca con lacci d'oro e cappello a staio in sul capo; Menella pestila in caricatura in abito da amazzone, seguiti da Annetta che le regge il lungo strascico e dai quattro servi che portano ciascuno un cero acceso in mano).

Anselmo                        - (inchinandosi a siè Peppe) Eccellenza, arricurdateve de me.

Siè Peppe                      - (dirigendosi seguito da Menella, da Annetta e servi verso sinistra; con boria a D. Anselmo) Vieni stasera a 'o palazzo.

Baldassarre                   - (a siè Peppe) Eccellenza, e io?

Siè peppe                      - Vieni al palazzo.

Menella                         - Venite al palazzo.

Anselmo                        - (allegro, fra sé) Oh, che fortuna, che fortuna!

Baldassarre                   - (c.s.) Mò moie sposo cchiii ambressa.

Luigino                         - (a Tutti) Largo, largo, (avviandosi)

D. Gigia                        - (con premura, a D. Luigino) Neh, Luì?

Luigino                         - (a D. Gigia) Signò, vaco 'e fretta. Nu mumento, (Via seguito da siè Peppe, da Menella, da Annetta e dai servi).

Barone                          - (a Annetta) Annetta?

Annetta                         - (al Barone) Signò, nu mumento; nun pozzo lassa. (Via appresso ai precedenti).

Baroncino                     - (unito al Barone e a D. Gigia meravigliati, indicando siè Peppe e Menella) Si mettono in carrozza. Quante riverenze, quanti inchini!

Barone                          - (c.s.) Partono. (A D. Gigia) Ma come tante ric­chezze?

D. Gigia                        - (con stupore) E chi 'o ssape?

Luigino                         - (ritornando con Annetta, avvicinandosi a D. Gigia) Signò, scusateme si nun v'aggio potuto da retta; ma se tratta d' 'a felicità d' 'a famiglia vosta.

Annetta                         - E nnuie, serviture affeziunate, nce simme prestate cu tutto ‘o core.

D. Gigia                        - (ansiosa a D. Luigino e ad Annetta) Ma de che se tratta? Chill'era fraterno.

Barone                          - (c.s.) Parlate, Ne soffre...

Baroncino                     - (c.s.) La nostra nobiltà.

Annetta                         - (a D. Gigia) Sicuro che è 'o frate vuosto. (Si­mulando) E, aiere ssera, venette a du vuie accussi vestuto, pe scanaglia 'o core vuosto e chillo d' 'e partente e chillo de l'amice.

Luigino                         - (similmente) 'O bastimento che sta dinto 'o puorto è suo e isso n'è 'o grand'ammiraglio. S'accattato nu gran palazzo a Pusilleco, appriesso a chillo de Roccaromana, e l'ha arredato tutto sul gusto asiatico.

Annetta                         - (c.s.) È bbenuto a Napole pe fa sposa 'a figlia d' 'o principe cumpagno suo a D. Felice, e 'a sora e' 'o princepe stesso che è viduvo. Pare e' 'accussi fa una famiglia.

Barone                          - (a D. Luigino) Ma la sorella è più vecchia di madama.

Annetta                         - Llà, in Amereca, teneno l'uso de se piglia ‘e mugliere quanno so stantive.

Luigino                         - E da l'Amereca ca venette 'o mutto: Gallina vecchia fa buon brodo. (A D. Gigia) 'O frate vuosto nei ha raccuntato ogne ccosa. 'A sora vosta, s'ha da di 'a verità, ha pigliate 'e pparte voste e l'ha ditto ca nun era chella 'a maniera de presentarse mmiezo a tanta signure.

Baroncino                    - (con boria) Nobili come noi.

Barone                          - (c.s.) Ne soffriva la nostra nobiltà.

D. Gigia                        - (al Barone e al Baroncino) Non parliamo adesso della vostra nobiltà che mi avete rinfacciata più d'una volta; adesso anch'io sono nobile; mio fratello è grand 'ammiraglio. .

Annetta                         - (fra sé) De lupine sicche.

D. Gigia                       - Mia sorella sposerà nu principe americano, e, sì 'a sorte m'aiuta, anche figliemo, Feliciello, si nobi­literà spusannose na principessina.

Barone                          - Troppo giusto, madama.

Baroncino                    - Così si rinforzerà la nostra nobiltà.

Annetta                         - (fra sé) Mettennoìa dim'acito.

Luigino                         - (simulando, a D. Gigia) Avite ditto si se fa 'o matrimonio? Chesto dipende da vuie. Io, poco primma, aggio fatto abbraccia e vasà D. Felice e' 'o zio 'o quale, chiagnenno p' 'a cuntentezza, diceva: Doppo didoti'anne rivedo la mia famiglia e sorcina mme tratta 'e chella manera! Nepote mio, persuade a mammeta; io so venuto apposta per fare la tua fortuna; io la perdono; dille ca venesse dint' 'e bbracria meie.

D. Gigia                        - O veramente?

Barone                          - Benissimo, Questo è un colpo di fortuna. E, sposando io sua nipote, voglio credere che l'adotterà.

Baroncino                     - E, a morte sua, non avendo altri figli, lascerà tutte le sue ricchezze ai parenti.

Annetta                         - (fra sé) Vi quanta castielle in aria.

Barone                          - (a D. Gigia) Madama, qui non bisogna perdere tempo; bisogna riunire tutta la nostra società e partire per Posillipo.

Baroncino                     - (c.s.) Far pace con vostro fratello e stabilire subito i contratti di matrimonii.

Barone                          - (c.s.) Anzi porteremo con noi il notaio e gl'incar­tamenti.

Luigino                         - P' 'o nutaro non c'è bisogno pecche 'o tene ; dinto 'o palazzo suo stesso; pe l'incartamento va bene. Ma o mbruoglio nun sta ccà. Comme facite cu D. Felice ca tene n'ata passione p' 'a capa?

Annetta                         - Fa ammore cu na stracciona ca va sunanno'a chitarra nzieme e' 'o frate pe dint' 'e ccantine, e Pulicenella He da mano, e, mmece d' 'o purtà a studia...

Luigino                         - (interrompendola, proseguendo) 'O porta facenno ammore pe dint' 'e ccantine.

Baroncino                     - Orrore, orrore!

Barone                          - Ne soffre la nostra nobiltà.

D. Gigia                        - (meravigliala) Che sento! (Cavando di tasca una lettera) Allora perciò m'hanno mannaia sta lettera ano­nima la quale m'avvisa che figliemo fa ammore dint'a sta cantina cu na certa Palumella, e che si mme ne vuleva assicura cu ll'uocchie mieie nce fosse venuta subbeto ca l'avarria ncastagnato nzieme cu Pulicenella.

Annetta                         - Chillo, e' 'a passione ca tene cu chella, ve pare abbuie che cundiscenne a spusare 'a figlia d' 'o princepe, a principessina d' 'o caracallo?

Luigino                         - Mme pare na cosa difficile. Intanto 'o zio ha parlato di vulerlo fa spusà 'a principessina; isso steva respunnenno, e 'o zìo l'ha ditto: silenzio; se non obbe­disci ti faccio fucilare a bordo d' 'a legno che tengo dint' 'o puorto.

Barone                          - Qui bisogna riparare.

D. Gigia                        - Ci vuole il riparo.

Baroncino                     - Altrimenti ne soffre la mia nobiltà.

Luigino                         - (a D. Gigia) Signò, si credile, mò corro a d' 'o frate vuosto; He dico ca vuie ve site persuasa, e che stasera iate a 'o palazzo pe cumbinà 'o ttutto.

D. Gigia                        - Sì, sì; corri. A figliemo nun nce penzà ca nce penz'io.

Luigino                         - So lesto. (Fra sé) L'affare cammina buono. Sorte nun m'abbandunà che sto mpuorto. (Via)

D. Gigia                        - Intanto nun saccio camme avarria fa p'avè . chillo meuzillo dint' 'e ramane.

Baroncino                     - Per bacco. Con l'autorità di suo secondo padre, se mi capita, lo faccio stare a dovere.

Barone                         - Assolutamente bisogna metterci un riparo.

Annetta                         - 'O riparo è chisto: pe mò Ievammoce da stu pizzo e annascunnimmece addereto a stu vico; quanno veneno li ncuedammo dint' 'a cantina.

Baroncino                     - Dice bene Annetta.

Barone                          - Approvo.

D. Gigia                        - Mme stanne frienne 'e mmane. (Alludendo a Felice e a Pulcinella) Lle voglio fa na mazziata all'uso

Annetta                         - (fra sé) Povero Pulicenella!... ha d'abbusca nnucentemente. Pacienza. Appriesso avarrà 'a ricom-penza soia. (A D, Gigia, al Barone e al btifoftciìio) Iamme; nun perdirorae celiili riempo. (Via, seguita da D. Gigia, dal Barone e dal Baroncino).

I° Facchino                   - (comparendo, avvicinandosi all'uscio della bettola, chiamando.) Giuvannìè, nu litro d'otto. (Siede sullo sgabello presso il tavolo davanti alla bettola).

2° Facchino                  - (c.s.) Siè Giuvanniè, nu quintino 'e seie. (c.s.)

Ragazzo                       - (comparendo con un bottiglione per vino nelle mani, dirigendosi presso la bettola, chiamando) Siè Giuvanniè, fia ditto mammà damme duie litre de sette dint' a stu peretto (Entra nella bettola).

Palummella                   - (ritorna seguita da Rivelli, con rispettivi strumenti musicali nelle mani) Hai visto? A du Giuvanne Sola nei avimmo abbuscate quatte lire.

Rivelli                           - E tu min hai vista 'a cannela ca m'he' fat tene cu chillo cancaro de D. Felice che maie te lassa?

Palummella                   - Freddure, fratello, freddure. Accorda va; nce puiesseme abbuscà quacch'ata cosa. (Accordano i loro strumenti ed avvicinandosi davanti la bettola suonano un preludio. Nel contempo compariscono alcuni popolani che formano gruppo attorno a Palummella e a Rivelli).

Giulietta                        - (affacciandosi dalla finestra della sua abitazione; all'indirizzo di Palummella) 'A vi lloco sta faccia tosta; è tturnata a bbeni,

Palummella                   - (interrompendosi dal suonare; a Giulietta) E c'aggia da cunto a te? 'A strada è pubblica. Schiatta, (Seguita ad accompagnare Rivetti che suona).

Giulietta                        - (risentita) A me, schiatta? Va bene, va bene.!

Baldassarre                   - (ricomparendo dalla sinistra, a Giulietta) Nenna mia, na bona nutizia: nce spusamme cchiu ambressa.

Giulietta                        - (adirata) 'O cancaro. Guè, si nun faie levi da ccà bbicino a chella pettegola, nun te sposo.

Baldassarre                   - Nun nce vurria niente pe levarte stt sfizio; una mazzata e, essa, 'o frate, ‘o viulino, 'ì chitarra, 'a cantina e 'e sciacquante iarriano pe l'aria. Ma nun 'o ppozzo £à pecche 'a cantina è sussistenza prubbeca.

Giulietta                        - Vi comme he' 'a fa. Nun sento raggioce.

Baldassarre                  - Nun nce penzà ca te contento io (Via)

Palummella                   - (canta assieme a Rivelli:, accompagnandosi sui rispettivi strumenti, la I' strofa della popolare canzone napoletana « La Palummella »), Palummella zompa e vvola

Dint' 'e bbraccia 'e nenna mia

Vancello a ddicere ca io mo moro

                                      Palomma mia, palomma mia penzace tu

Baldassarre                   - (mentre Palummella, terminata la I° strofa i Rivelli il ritornello, ricompare seguito da due suonatori, un cieco con violino e l'altro con il mandolino; alludendo a Palummella) Mò t'acconcio io. (ai suonatori) Venite ccà. (Li fa collocare sotto la finestra di Giulietta, indi a costoro) Sunate e ccantate 'a « Palumella a dispietto ccà sotto. (Via. I sonatori eseguono insieme a Palummella e a Rivelli il ritomello richiesto).

Felice                                        - (comparendo assieme a Pulcinella, soffermandosi in disparte e, indicando Palummella, sottovoce a Pulcinella) Pulicenè, 'a vi llà; sta cantanno.

Pulcinella                      - (sottovoce a Felice) Tu non 'o ccride ca mine faie passa nu guaio a me puveriello?

Baldassarre                   - (torna seguito da un suonatore di organetto d'altri suonatori da comparsa; nel mentre Palummella, Ripelli e i due suonatori eseguono il ritornello) Sunate e ccantate tuttequante 'a «Palummella». Scumbinate.

Felice                            - (in disparte con Pulcinella) Pulicenè, chillo ha ditto scumbinate.

Pulcinella                      - (a Felice) Oh mmalora, ccà s'agisce a dispietto! Viene cu mmico. (Via, seguito da Felice),

palummella                    - (canta assieme a Rivelli e ai suonatori accompagnandosi sui rispettivi strumenti la 2' strofa della detta canzone);

So bbenuto da Palermo

Pe vede a nenna mia

Stuocchie moie so mmalandriae

Hann'arrubbato, hann'arrubbato 'o core a me.

Pulcinella                      - (ritornando assieme a Felice, travestiti con lunghi soprabiti e con cappelli logori, l'uno con chitarra e l'altro con mandolino, seguiti da alcuni monelli) Guagliù, cantate tutruquante cu nimico. (Tutti accom­pagnandosi sui rispettivi strumenti assieme ai monelli cantano la 3° strofa della detta canzone):

Cacciatore che bbaie a caccia

A sta quaglia impertinente

Essa ha ngannate a tanta ggente

E mò te nganna, mò te nganna pure a te.

Annetta                         - (ricomparendo assieme a D. Gigia, al Barone e al Baroncino, indicando ad essi Felice che canta e suona assieme a Tutti) 'O vedite llà.

D. Gigia                        - (adirata prende il cucchiaio di legno dalla caldaia davanti all'abitazione di Menella e percuote Felice ) Assassino, disonore d' 'a casa mia... teh, afferra.

Felice                            - (gridando) Misericordia!... Mammà! mammà!

Baroncino                     - (percotendo Pulcinella) E tu, mascalzone prendi.

Pulcinella                      - (gridando) Mannaggia chi t'ha allattato. Mi­sericordia!

Annetta                         - (trattenendo il Barone) Chiano! chiano! Vuie che facite?! Povero Pulcinella mio!

Giulietta                        - (dalla finestra, all'indirizzo di Palummella)Tutto pe chella vrenzulosa. (Scaglia alcune pignatte su Palummella).

Barone                          - (colpito e ferito al capo da una pignatta lanciata da Giulietta a Palummella; gridando) Ah! Misericordia!

Pulcinella                      - (al Barone) Mo ne soffre la tua nobiltà.

Baldassarre                   - (alza il bastone; minaccia Tutti) Arreto lloco. Nun ve inuvite ca ve subisso.

Pulcinella                      - E teh, acchiappa, (Alza la chitarra e con questa percuote ripetutamente in sul capo D. Baldas­sarre fintantoché la cassa della chitarra si sfonda e D. Baldassarre vi rimane col capo conficcato dentro).

Quadro generale animatissimo e concerto mentre cala la tela.

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

Salone nobilmente decorato e mobigliato nel palazzo dì D. Luigino a Posillipo.

In fondo, nel mezzo, alcova con cortina in velluto con lacci e fiocchi in oro che a suo tempo… aprirà mettendo in comunicazione con una terrazzina parapettata dalla quale si scorge parte del litorale , Posillipo illuminato.

A destra e a sinistra della parete di fondo due consolle dorate su ciascuna delle quali uno specchio e due candelabri con candele accese.

Nel centro della soffitta un grosso lampadario dorate con candele accese.

Nel mezzo della scena una poltrona dorata e tredici sedie tappezzate, pure dorate, delle quali otto a sinistra e cinque a destra. Quattro porte, due a sinistra e due a destra.

Luigino                         - (uscendo dalla 2° bussola di destra, vestito da servo in livrea di gala, seguito da Pulcinella) Trastrase c'accussì vestuto vaie a ciammiello.

Pulcinella                      - (comparendo vestito in caricatura da militante inglese, con tunica rossa in oro e con pettìglia di velluto in nero con lacci dì argento sulla parte sinististra della pettiglia, in sul capo grosso keppi con pennacchio guardando attorno nel salone) Che bella casa! Quante ricchezze! (A D. Luigino) E cchesto è tutta robba toia?

Luigino                         - E cchesto è niente. Avisse da vede che tengo fora; tutta robba ca m'hanno lassate l'antenate mieie.

 Pulcinella                     - Che bella villa!... che palazzo!... che mobili! E buie, p"ammore, ve ireve iuto a fa servitori nzieme mmico?! Oh ammaore ammore e quanto sei perchipetoloso! Nzomma venimme a nnuie: quanno succedette 'o fracasso, 'a patrona se portale 'o figlio ncoppa, e a me puverieìlo mme ne cacciale da 'o ser­vizio suio. Annetta m'ha mparato 'o palazzo vuosto, e io nce so bbenuto. M'avite voluto fa vesti 'e chesta manera, e io rome so bbestuto. Diriteme mò c'aggio fa?

Luigino                         - Tu devi ricevere tutte chille ca venene e l'he' 'a da a intendere ca tutta sta robba appartiene a 'o siè Peppe, e che, tu cssenno stato cacciato da 'o ser­vizio ci "a sora, isso pe cumpassione t ha fatto cerimoniere d'o palazzo suio e aiutante 'e crampo quanno va in battaglia.

Pulcinella                      - Io mò rappresento l'aiutante 'e campo d"o siè Peppe? Che brutta condizione! (Siede in fondo).

Luigino                         - Aiere ssera venettene ccà D. Batassarre D. Anselmo a raccuinmannarse p'avè n'impego; e ii mezziaie 'o siè Peppe e l'aggio fatte ruminane ccà i come cavalieri e ufficiali d"o grand'ammiraglio. L'aggio vestute tale e quale comme a te. Nce ne vulimme fa rise.

Annetta                         - (venendo dalla 2' bussola di destra e non accor­gendosi di Pulcinella) D. Luigi, eccome ccà a me?

Luigino                         - (premuroso ad Annetta) E Lisa mìa?

Annetta                         - Sta dint' 'a stanza d' 'a zia. Nun putite cre­dere quant'abbracce lle anno a dato 'o siè Peppe Menella. 'A guagliona è rimasta storduta. Già... nun se ne vuleva fui d' 'a casa. Nc'è bbuluto 'o bbello e 'o bbuono p' 'a persuadè. 'A signora, 'o Barone, Baroncino e D. Felice se sobbestute 'e gala, se so mettute ncarrozza e so gghiute a piglià l'ati cummutate. 'A signora se vuleva purtà afforza 'a figlia ma 'o baruncino nun ha voluto dicenne ca trattannese 'e na figliola zetella nun cummeneva 'e farla ì a 'e spusarizie che dovevano succedere, e nei hanno nchiuse 'a dinto. Io aggio fatta 'a spia e, quanno se nne so gghiute, aggio aperta 'a porta cu oa chiava fauza, aggio pigliata na carrozza nchiusa, e simme venute ccà. Aggio cunzignata 'a signurina 'a zia. Pare c'accusi è sarva la mia reputazione.

Luigino                         - Brava Annetta. Quanne te mmarite te darragge per ricumpenza na bbona dota.

Annetta                         - (accorgendosi di Pulcinella) Guè, Pillicene!... io nun t'aveva canusciuto accussi bbestuto. Tu quanto si ccuriuoso!

Pulcinella                      - (alzandosi) So ccuriuso? Io so aiutante d' 'o siè Peppe.

Annetta                         - (ridendo) Ah, ah, ah!... io mò crepo d' 'a risa. Che te pare d' 'o talento mio?

Pulcinella                      - Troppo talento. Nun vurria però che spusannote acquistassi qualche altro grado onorifico e da maestro di cerimonie del grand 'ammiraglio nun avesse da passa maestro de cerimonie d' 'a congregazione 'e San Martino.

Luigino                         - (ridendo, a Pulcinella) Ah, ah, ah! Tu quanto si gustoso! (Ad Annetta) Dimme na cosa: tu he' ditto niente d' 'o mbruoglio a D. Felice? Saie ca chillo è nu scemone, vocca apierto e, parlanno, scumbinarriaogne ccosa.

Annetta                         - Vuie che ddicite? Chillo addavero se l'ha creduto. E quanno 'a mamma l'ha ditto: gue, t'he' a devà chella vrenzulosa pettegola 'a capo e p'ordene e zieto t'he' 'a spusà 'a principessina d' 'o caracallo e capille, dicenno: voglio a Palummella mia. E quanno po ha ntiso 'o Barone ca l'ha ditto: se non obbedite vostro zio ha detto che vi fa fucilare sopra lento... s'è ramuorto d' 'a paura e nun ha parlato cchiù.

Pulcinella                      - L'affare cammina bbuono.

Luigino                         - Voglio i dinto a d' 'o nutaro pe' ddirle 'o 'modo comme ha da fa firmà a D. Gigia 'o cunsenzo e chillo 'e D. Felice.

Pulcinella                      - (a D. Luigino) Ma a D. Felice         chi Ile date?... iddò stà sta principessina d' 'o caracallo?

Annetta                         - 'A principessina è bbenuta e' 'o pato, e io sso l'aggio vista dint' 'a cammera d' 'o siè Peppe.

Pulcinella                      - (meravigliato) Dint' 'a cammera d' 'o siè Peppe?! Ma comme? è grand'ammiraglio e nun s'ha cagliato 'o nomme?

Luigino                        - Avìsse avuto da sta ccà aiere ssera; pareva nu stunato. E Menella, 'a sora, se l'aveva creduto overamente e se vuleva mmaretà pe fforza. (Ridendo) Ah, ah, ah!

Pulcinella                      - Vedete che casciabanco vizioso!

Annetta                         - (con curiosità a Pulcinella ) E pò, e pò?

Luigino                         - Quanno pò llè dicette 'o tutto, 'o siè Peppe, pigliato sciato, dicette: bello currivo; bravo, nce vò a chella pazza 'e sorema.

Annetta                         - (c.s.) E 'a siè Menella?

Luigino                         - Rummanette cu nu nuozzolo ncanne.

Pulcinella                      - Povera piccerella 'e diece anne. Ll'è rum maso ncanne.

Luigino                         - Io vaco dinto a prepara 'o riesto e 'a vede si so wenute tutte 'e ggente c'aggio nvitate. 'O siè Peppe è nfurmato de tutto chello c'ha da fa. Coraggio, e niente paura. (Via per la 2' bussola),

Annetta                         - (a Pulcinella) Io vaco a d' 'a signurina. (Con espansione) Statte buono, surdatiello mio. (Via per la. 2' bussola di sinistra).

Pulcinella                      - Statte bona. Basta ca nun mme faie mi 'e fazione.

Anselmo                        - (uscendo dalla 2' porta a destra seguito dal D. Baldassarre, entrambi vestiti in uniforme, pressocchè simili a quella di Pulcinella, con mazzette invece dei lacci d'argento) Pulicenè, 'o grand'ammiraglio m'ha mannato a du te per ricevere le istruzioni necessarie.

Baldassarre                   - E a mme pure m'ha ditto 'o stesso. Iol l'aggio ditto che p' 'a tranquillità prubbeca nun ncel penzasse; che si primroa senza uniforme ero terribbele, mo...

Pulcinella                      - (interrompendolo) Cu st'uniforme abbusche cchiù ambressa.

Baldassarre                   - Guè, marmotta, carogna, nun mme mettere in ridicolo, ca cu nu sciuscio, mi sciato votto a te e 'a casa pe ll'aria.

Pulcinella                      - Holà!... a posto vostro; la subordinazione… Subordinatevi!...

Anselmo                        - Zitto... ca si vene 'o grand'ammiraglio ncuietamme. Nuie dimane avimme da piglia posse della carica sul bastimento. Che ommo 'e core è che Siè Peppc!... nci à dato a tutte dduie 'o grado capitane d"a grand'ammiraglia cu mille ducate 'o me vestiario e rrazione.

Pulcinella                      - (fraintendendo) Badate ca 'a razione l'ada’ cantà ogne sera; e 'o pagamento v"o faccio io onese in polizza di carta straccia pagabile a d' mne banchiere ca truvate appena sbarcate.

Baldassarre                   - Tu che nne dice? Nuie cantamme rrazione?!

Anselmo                        - (a Pulcinella) 'A razione se ntenne 'o mrnag (Proseguendo) E m'ha ditto ca l'ufficiale magna bbuono.

Pulcinella                      - Sicuro. Hanno sei piatti, ‘a pusata e sarvietta, ‘o bicchiere, ‘a salera e nu mazzo ‘e fiammifere ‘a fora.

Baldassarre                   - Aggio avuto ‘a stanza sola pe qual viaggio, per portarci la mia prossima sposa.

Pulcinella                      - E fate bene. È sempre un aiuto per l’equipaggio.

Baldassarre                   - Io l'aggio ditto famme cumannante e faccio sparagna 'a porvere de' cannune. Io nun agge aabbesuogno de fa carrecà 'e ppalle dint' 'e carmu i 'e mmengo cu 'e minane. Na vota, pe pazzia, tu menaie una 'a copp'arena nfaccia a 'o castiello 'o Comene e accedette a trenta muonece ca stevene a reforio. Va vide. A palla, pe rarità, l'hanno ncatene e l'hanno appesa dinto 'o chiostro.

Anselmo                        - Buh! D. Batassà, è grossa. Grossa assaie

Pulcinella                      - 'A palla ncatenata nce sta; avimme voi l'ha menata isso. Venimme a nnuie: (A D. Baldassarre) Per ordine dell'ammiraglio, capita Baldassà, dovete mettervi in faccia ai vasi

Baldassarre                   - Qua vase?

Pulcinella                      - Quelli con l'emblema d' 'o siè Peppe gelati da dentro; e li farete distribuire a suo tempo.

Baldassarre                   - Che m'ha pigliato pe surbettiere? Oh cancaro. Villano!

Pulcinella                      - Guè, non mancate di subordinazione; ca ccà nc'è 'a pena d' 'a fucilazione Subordinatevi ho detto!...

Baldassarre                   - (spavaldo) 'A fucilazione, a me? E che mme fanno? Lloro spararriano e io acchiapparria 'e ppalle e m' 'e mmettarria dint' 'e sacche. Manco n'esercito nce po’.

Pulcinella                      - A voi, capitano Anselmo, vi ha destinato pe ricevere 'e mbridle e 'e bastane 'a porta. Daretedenaro perché forma i proventi del proprietario.

Anselmo                        - (protestando) Ma chesto rame pare che...

Pulcinella                      - (interrompendolo) Zitto. Nei 'o ddico 'o siè Peppe.

Anselmo                        - (a Pulcinella) Mo mine faie furila pure a me.

b Baldassarre                - (spavaldo) E si te fucilano...

Pulcinella                      - (interrompendolo) Chisto arrepara 'e ppalle. (Odesi rumore di carrozza) Nu nimmore 'e carrozza! (Frettolosamente entra nella 2' camera di destra),

Anselmo                        - Pe st'affare de sti mpieghe nei avimme d'accuncìà.

Baldassarre                   - Chesto è pe stasera surtanto; domani incominceremo le nostre funzioni sul bastimento.

Pulcinella                      - (ricomparendo dalla 2' camera di destra) Largo, largo. A voi, fate cerimonie assaie. Amvene 'a sora 'e l'ammiraglio e' 'o figlio e 'o riesto a" 'a nubìrtà.

Anselmo                        - (avvicinandosi alla 2° bussola di destra) Favo­rite, favorite.

D. Gigia                        - (uscendo dalla 2' camera di destra, vestita goffa-mente in ricco abito in seta, con pettinatura a fronzoli sulle (empie, con grosso cappello, con guanti e ven­taglio nelle mani, seguita da Madama Ardichella e da madama Rosmunda vestite elegantemente, dal Barone, dal Baroncino, da Felice e da D. Languidezza vestiti in marsina con guanti e cappello e gibus) Grazie signori. E vi ringrazio con la bocca.

Pulcinella                      - Era meglio c’ 'o naso. .

Barone                          - (guardando attorno nella sala) Che lusso! Che ricchezze!

Baroncino                     - (c.s.) Per bacco! Costui è diventato un secondo Montecristo.

D. Gigia                        - Sicuro: un secondo cammorrista.

Baroncino                     - (riprendendola) D. Gigia! Montecristo, è camorrista.

Madama Ardichella      - (guardando attorno nella sala) Magnifica.

Madama Rosmunda     - (c.s.) Stupenda.

Languidezza                 - (avvicinandosi alla I°bussola di destra dopo di aver guardato all'interno; agli altri) E aveva visto quel buffet?

Pulcinella                      - 'O ssoleto 'e chisto; penza sempe 'o buffet.

MadamaArdichella     - (accostandosi anch'essa alla 1° isola di destra; guardando all'interno) Tutta roba magnifica.

Madama rosmunda      - (c.s.) E in grande abbondanza.

D. Gigia                        - (c.s.) Sicuro. Tutta roba magnafica.

Baroncino                     - (riprendendola) Donna Gigia!

D. Gigia                        - (al Baroncino) N'avarraggio ditto n'ata?

Pulcinella                      - (a Tutti) L'ammiraglio m'ha dato 'e biglietto pe distribuirle p' 'o buffè.

D. Gigia                        - (a Pulcinella) Mascalzone, staìe ccà?

Felice                            - (fra sé, allegro) Pulcinella    ccà?! Rifiato.

Barone                          - (a Pulcinella) Come ti trovi qua?

Baroncino                    - (c.s.) E con quale ardire?

Pulcinella                      - 'A signora mme ne cacciaie, e io me presentaie a ‘o frate; isso m’ha messo al suo servizio e mo so cerimoniere eaiutante d' 'o siè Peppe.

D. Gigia                        - Quanto è generoso mio fratello.

Baroncino                     - Ha un cuore da Carlomagno.

D.Gigia                         - Sì, è vero; da Carlomangio.

Baroncino                     - (riprendendola) D. Gigia! Magno, Magno. In italiano si dice mangio.

Barone                          - (ammirando l'addobbo nel salone) Da Tito Ve­spasiano!

Baldassarre                  - E a nuìe, corame antiche cumpagne suoie, nei à fatte capitane d' 'a gran d'ammiraglia.

Pulcinella                      - È direttore dei vasi. A vostra disposizione.

D. Gigia                        - A la faccia vosta.

Anselmo                        - Io pure sono capitano.

Barone                          - (alludendo a siè Peppe) Ma è un uomo eccentrico.

Baroncino                     - (c.s.) Numero uno.

Languidezza                 - (c.s.) Ha preparato quel buffer!

Pulcinella                      - E bì si chisto min penza sempe 'o mmagnà.

Felice                            - (avvicinandosi a Pulcinella  ) Pulicenè.

Pulcinella                      - Che bbuò?

Felice                            - Hai visto che tradimento m'hanno fatto?

Pulcinella                      - E c'aggia fa?

Felice                            - Io 'a principessina d' 'o casecavallo nun 'a voglio,

Pulcinella                      - E tu pigliate 'a duchessa d' 'e pprovole. (Odesi suonare una marcia militare. Pulcinella, premu­roso, a Tutti) Largo, largo; arriva il grande ammiraglio col seguito.

Anselmo                        - Signori, ammuntunateve tutte da chella parte.

Pulcinella                      - L'ha pigliate pe pportualle, 'e Palermo, (Tutti si traggono a sinistra; Pulcinella, D. Anselmo e D. Baldassarre si collocano davanti la 2" bussola di destra).

Compariscono dalla 2° camera di destra otto moretti eseguendo giucchi ginnastici al suono di una marcia militare eseguita dall'interno; indi quattro soldati da comparsa vestiti in caricatura ciascuno con moccolo di cera acceso in una lanternina attaccata al keppy e seguiti da siè Peppe vestito in caricatura da grande ammiraglio inglese con tunica rossa gallonata in oro, periglia e montatura in velluto nero, spalline di can-nottiglie in oro e decorazioni in sul petto, calzoni corti bianchi, calze in seta e cappello con fiocchi in oro e con piuma bianca; Menella vestita goffamente in ricco abito di seta; Rivelli truccato con parrucca e folti Baffi, vestito in caricatura in uniforme da colonnello di marina inglese a braccetto di Palummella vestita da sposa in abito di velo bianco con ricami in argento, diadema in brillanti e velo che la ricoprono tutta.

Siè Peppe invitando gli altri a sedere prende posto sulla poltrona nel mezzo avendo alla sua destra D. Gigia, il Barone, Madama Ardichella, Madama Rosmunda, D. Languidezza, e a sinistra Menella, Paummella, Rivelli, il Baroncino e D. Felice, Dopo che Tutti si sono seduti, i moretti eseguono una danza americana con accompagnamento di orchestra, fin la quale i moretti e i soldati vanno via per la bussola di destra.

Siè Peppe                      - (alzandosi, con boria a D. Gigia) Sorella finalmente posso stringerti la zampa.

Pulcinella                      - (fra sé) L'ha pigliata pe gatta.

Menella                         - (alzandosi anch'essa, indirizzandosi a D. Gigia)E io pure ti dò un osculo.

Pulcinella                      - Bella parola americana.

D.Gigia                         - (confusa, a Siè Peppe e a Menella) Fratello... sorella...

Pulcinella                      - (interrompendola) Dimane nc'è cungregazione.

D.Gigia                         - (proseguendo) Perdonate. Ma io credeva... !

Siè Peppe                     - (interrompendola) Via, sorella, non tinfonnere. Non bagnarti.

Pulcinella                      - Pigliate 'o mbrello.

Menella                         - Non essere più fuso con noi.

Pulcinella                     - Ma conocchia.

Siè Peppe                     - (a D. Gigia, indicando Rivelli) Ti presento il mio socio e cognato che, sposerà, stasera, nostra sorella.

Pulcinella                      - (con allusione a Rivelli, fra sé) He' 'a vesesi chillo campa nfino a dimane.

Siè Peppe                      - (proseguendo) Il quale è padre della principessina del Caracallo, (indica Palummella) che io ho destinata in ìsposa a nostro nipote onde formare una sola famiglia.

Pulcinella                      - Di porci.

Felice                            - (sottovoce a Pulcinella) Pulicenè, io nun 'o voglio 'o casecavallo.

Pulcinella                      - E tu pigliete 'a muzzarella.

D. Gigia                        - (confusa, a siè Peppe) Frate mio, quante obbligazioni. Mi pento d'averti ricevuto in quel modo, e te ne cerco scusa. Ti presento il Baroncino Arronza...

Pulcinella                      - (interrompendola, vociando) Arronza, ar­ronza, nu soldo 'o piattiello.

D. Gigia                        - (continuando) Mio prossimo sposo, e il suo rispettabile padre, il Barone Arronza, futuro sposo di mia figlia, che per riguardi del mondo, trattandosi di matrimonii, non l'ho portata. (Indicando gli altri amici suoi) Questi sono Tutti nobili amici miei. Vedi bene che anch'io sono nobile, e non faccio disonore ai titoli.

Menella                         - (con boria a D. Gigia) Oh... anzo.

Siè Peppe                      - (indirizzandosi al Barone, al Baroncino e a Tutti) Signori, 'a faccia vosta....

Pulcinella                      - (interrompendolo) 'A faccia 'e mammeta.

Siè Peppe                      - (proseguendo) 'A faccia vostra indica molta nobiltà, e specialmente, (marcato) Barone, la vostra e quella di vostro figlio.

Barone                          - Troppo buono.

Baroncino                     - Troppo gentile.

Siè Peppe                      - (a Felice) A te, nepote mio, fatte sotto. Ccà sta 'o siè Peppe tuo zio che vuoi formare la tua felicità.

Felice                            - (esitante) Zizì, io.,, voi...

D. Gigia                        - (rimproverandolo) Parla buono. Coraggio.

Baroncino                     - (sottovoce a Felice, minacciandolo) Ricordati della fucilazione.

Felice                            - (fra sé, esclamando) Palummella mia, Palummella mia!

Siè Peppe                      - (additando Palummella, a Felice) Ti presentola tua nobile sposa. (Palummella fa un inchino colcapo a Felice).

Felice                            - (malvolentieri inchinandosi anch'esso a Palummella) Signora... (Interrompendosi, esclamando fra sé) Palummella mia, Palummella mia!

Siè Peppe                      - (a D. Gigia) Sorella, andate a sottoscrivere frattanto il consenso di vostro figlio. (Con ingiunzione a D. Anselmo e a D. Baldassarre) Ehi... a voi.

Anselmo                        - (a Siè Peppe) Ammiraglio.

Baldassarre                   - (c.s.) Eccellenza.

Siè Peppe                      - Accompagnate mia sorella dentro dal notaio.

Baldassarre                   - Subito, ammiraglio.

Anselmo                       - Lesto, Eccellenza. ( Via con D. Baldassarre, seguendo entrambi D, Gigia nella 2" camera di sinistra). A (a Felice) Nipote, non saccio come ti veggiolo.

Pulcinella                      - (fra sé) 'O saccio io.

Felice                            - (simulando, a Menella) Niente, zizia. (Fra sé, esclamando) Palummella mia, Palummella mia!

Rivelli                           - (contraffacendo la propria voce, a Felice) Che!Forse non siete contento di sposare mia figlia?

Barone                          - (sollecito, a Rivelli) Al contrario. È la soverchiata gioia.

Baroncino                     - (c.s.) È il troppo onore. (Sottovoce a Felice, minacciandolo) Ammazzato. Di, di si, altrimenti ne soffre la mia nobiltà.

Felice                           - (malvolentieri, a Rivelli) È la troppa gioia.

Pulcinella                      - E se vede d' 'a faccia.

Languidezza                 - Signori miei, io direi andiamo al buffet.

Madama Ardichella              - Approvo.

Madama Rosmunda      - E io pure.

Siè Peppe                     - Pulcinella, accompagna questi signori al buffet. Servili bene. (Con significato marcato) E specialmente 'o Baronee ‘o baruncino. T

Pulcinella                      - (c.s.) So lesto. Saranno serviti.

Siè Peppe                      - (c.s.) Dagli le cose le più squisite.

Pulcinella                      - (c.s.) Stanno ben raccomandali.

Barone                          - (a siè Peppe) Permesso.

Baroncino                     - (c.s.) Con licenza.

Languidezza                 - Licet. (Pulcinella precede; con Madama Ardichella, Madama Rosmunda, il Barone e il Baroncino, via, Tutti insieme, nella I° camera di destra).

Rivelli                           - (a Felice) Io vi vedo con una faccia piagliucolosa. Parlate chiaro. Se amate qualche altra, ditelo; io non voglio sacrificarla.

Felice                            - (risoluto) Vulite sapè 'a verità? Nun mporta ca zizio mme fa fucilà; io non posso sposare vostra figlia. (Animandosi) Aggia fa stu matrimonio afforza? Quando il cuore non vuole... non si può. non si può.

D. Gigia                       - (ritornando seguita da D. Anselmo e da D. Baldassarre dalla 2" camera di sinistra; udendo le parole testé profferite da Felice, rimproverandolo) Che cosa, non si può? (agli altri) Che dice sta bestia?

Siè Peppe                      - (con simulata minaccia a Felice) Ti faccio fucilare.

Menella                         - (c.s.) Ti diseredo.

D. Gigia                        - Io ho già firmato il consenso.

Anselmo                       - E noi abbiamo fatto da testimoni.

Baldassarre                   - Io pe nfonnere 'a penna cu fforza aggio sfunnato ‘o calamaio.

Siè Peppe                      - (a D. Baldassarre) Da sopra 'o prestito pagherete 'a sfonnatura d' 'o calamaro. (A D. Gigia) Ma qual è la ragione per la quale non vuole sposare la principessina del caracallo?

D. Gigia                        - Pecche s'è ncapunuto cu na zantraglia ca va sunanne pe dint' 'e ccantine. (A Felice) Vergogni Ne soffrirebbe la nostra nobiltà. Questi pezzenti mi­serabili debbono stare lungi da noi.

Felice                            - Sarrà pezzenta, ma io voglio a Palummella mia.

Siè Peppe                      - (a Felice) Presto. Da la mano alla princi­pessina.

D. Gigia                        - (c.s.) Presto. Ubbidisci.

Felice                            - (esitando, esclamando) Palummella mia, Palummella mia!

Palummella                   - (togliendosi il velo dal volto, prende la sua chitarra nascosta dietro la I° bussola di destra mentre Rivelli, togliendosi la parrucca e i baffi, prende a sua volta il violino nascosto dietro la detta bussola e accompagna Palummella che, arpeggiando sulla chitarra canta).

Palummella zompa e vola, ecc.

Felice                            - (esultante di gioia, abbracciando Palummella) Pa­lummella mia, Palummella mia!

Anselmo                        - (stupefatto) C'aggia fa?!

Baldassarre                   - (c.s.) E 'a nubbirtà?!

D. Gigia                        - (c.s.) Che tradimento è questo?!

Barone                          - (comparendo dalla 1" camera di destra, vesti­to in abito da cuoco con una padella in mano, trascinato pel colletto da Annetta; facendo sforzi per svincolarsi. Chiano. Lasciateme.

Baroncino                     - (comparendo dalla detta camera, vestito anch'esso da cuoco con una casseruola in mano, trascinato da Pulcinella che lo tiene fermo pel colletto) Non m'affucà. Mall’arma de mammeta.

Pulcinella                      - (tenendolo fermo) Nun te movere.

Nannetta                       - (al Barone) Cammina. Farabutto, mbruglìon

D. Gigia                        - (sorpresa) Che? 'O Barone  e 'o baruncino!

Pulcinella                      - (a Tutti) Eccoli nel loro vero aspetto.

Luigino                         - (uscendo dalla I" bussola di destra, vestito in marsina e seguito da Lisa vestita elegantemente; indicando il Barone e il Baroncino, a D. Gigia) Songhe duie cuoche che arrubbajene l'argenteria a nu due patrone lloro, e se ne fuiettere. E la lettera che attesta sta ccà. (Cava di tasca una lettera e la consegna a D. Gigia).

D. Gigia                        - (dopo aver letto la lettera; stupita) E fraterno nun è ammiraglio?!

Siè Peppe                     - Ma mmece è na capa d'aglio.

Menella                         - Che cu na bella cepolla e quatte pummaronce facimme na bella nzalata all'uso americano.

Baroncino                     - (facendo sforzi per liberarsi dalla stretta di Pulcinella        ) Lasseme fuì.

Pulcinella                      - (tenendolo fermo) Statte.

Barone                          - (facendo atto per svincolarsi da Annetta che lo trattiene) Lasseme.

Annetta                         - (tenendolo fermo) Nun te movere.

Baldassarre                   - (stupefatto, a siè Peppe e a Menella) Va a ddi ca nci avite burlate pure a nnuie?

Anselmo                        - (c.s.) E comme!... nce fate fa chesta figura!

Baldassarre                   - (minaccioso) Arreto lloco. Site tutti muorte.

Pulcinella                      - (a D. Baldassarre) Si te muove dong'ordene a 'e surdate e te faccio mena a mare.

Baldassarre                  - Non vi incomodate. Mi dimetto.

D. Gigia                        - E fìgliema e Annetta, corame ccà?!

Siè Peppe                      - P'ordene mio.

Annetta                         - Cu na chiava fauza avimme aperta e ncc ne simme fuiute.

Lisa                               - (supplichevole a D. Gigia) Mamma!... perdonatemc.

D. Gigia                        - E o cunsenzo ca aggio firmato?

Luigino                         - (a D. Gigia) Sono stati due, uno per lo sposa­lizio di Felice con Palummella che è una giovane onoratissima e che lo può far Felice, l'altro per me che ho sposato vostra figlia. Insotnma a monte le finzioni. Io non sono un servitore, sono un ricchissimo pro­prietario. Stu palazzo è mio, e tengo tanta denare da non sapè io stesso che farne. Aggio fatto tutto chesco per farve arapi ll'uocchie e costringervi a darmi vostra figlia che, prima, con tutte le ricchezze mie, non m'avarrisseve accurdate maie, pe chille cancare 'e fummo 'e nubiltà che ve passavene pe capo.

D. Gigia                       - Mamma mia! E che colpo m'hanno sparato!.

Pulcinella                      - (indicando il Barone e il Baroncino a D. Luigino) De chisti ddoie che n'avimma fa?

Luigino                         - Cacciateli fuori. E, se vogliono cambiar vita, meglio per loro.

Pulcinella                      - (lasciando in libertà il Baroncino mentre a sua volta Annetta lascia libera il Barone) Baroni, v'hanno sfondato i feudi.

Baroncino                     - Gamme meie aiutatane. (fugge precipitoso)

Barone                          - (c.s.) Scappa, scappa.

D. Gigia                        - Ah! ca so disperata. Bene mio! Ah! ca io mo crepo.

Felice                           - (supplichevole a D. Gigia) Mammà, mò è fatto.

Palummella                   - (c.s.) Signò, perdunatece.

Lisa                               - (cs.) Mammà!

Annetta                         - (c.s.) Signò!

Luigino                         - (c.s.) D. Gigia, ve ne prego.

Siè Peppe                      - (c.s.) Sorella, te ne prega l'ammiraglio.

Menella                         - (c.s.) E l’ammiragliessa.

pulcinella                      - Mena mò. Facite pace, e facimme u sola famiglia.

D. Gigia                        - E 'a nobbirtà?

Pulcinella                      - Tu qua nobbirtà mme vaie cuntanno. Ar­ricordate ca si nnata spicajola.

D.Gigia                         - Si, haie raggione. Mme n'arricordo, e ve perdono. Allegramente. Cantate e abballate, e faciteme passà sta ipucundria ca m’è bbenuta.

Tutti                              -Brava, evviva. (Nel contempo si apre la cortina dell’alcova e vedesì la terrazzina parapettata dalla quale scorge parte del litorale di Posillipo illuminato. Compariscono quattro coppie di marinai e marinaresse da comparsa ed eseguono un grazioso balletto mentre Palummellaarpeggiando sulla sua chitarra e accompagnata col violino da Ravelli, canta «La Palummella» 'assieme a Tutti che, ballando, cantano anch'essi).

Tra la generale allegria, cala la tela.

FINE