Dramma in due atti
di Ivàn Turghèniev
Traduzione dal russo
con uno studio critico introduttivo
di Carlo Grahber
LA NUOVA ITALIA EDITRICE - VENEZIA
1927
Turghèniev e il suo teatro1.
L'arte di Turghèniev, come si rivela nei primi racconti dello scrittore, sembra discendere direttamente dal realismo di Gògol, sebbene un po' ammorbidito nella sua sostanza drammatica, sebbene privato della sua sintetica rudezza e specialmente del suo humour. Però se l'arte di Gògol esercitò la sua influenza sulla formazione di Turghèniev, non mancano, anche in quei primi racconti, delle tracce visibili del mondo di Puškin2che, nonostante certi tentativi di liberazione, attraverso originali orientamenti realistici, conserva nella sua sostanza i caratteri comuni e talora convenzionali del grande movimento romantico europeo. Questo romanticismo, a cui Gògol contrappose il suo potente realismo, che, senza angustie folkloristiche attinge valori universali dell'anima stessa del popolo (né Gògol sapeva forse di realizzare, appunto colla sua reazione, uno dei primi postulati della teoria romantica) questo romanticismo, dicevo, formerà un substrato profondo nell'arte futura di Turghèniev e vi troverà un notevole sviluppo. L'opera di Turghèniev potremmo infatti definirla come la crisi del romanticismo nella letteratura russa; poiché l'anima dello scrittore, sebbene sembri attratta dal dramma nudo della vita che gli si svolge intorno, è percorsa nel suo fondo da un'onda sentimentale schiettamente romantica, nel scuso tradizionale della parola. Non per nulla Bazàrov, il protagonista di Padri e figli, l'uomo dei tempi nuovi, il negatore di ogni cosa, finisce la sua vita come un buon romantico d'altri tempi, anelante, nell'ora della morte, l'illusione di un amore, da cui è stata vinta la sua fittizia anima di ribelle. Alcuni critici russi hanno gridato a torto contro la figura di Bazàrov, affermando che non rispondeva né al tipo della nuova generazione, né a un tipo russo qualsiasi. Questi giudizi, che rispecchiano una falsa tendenza della critica russa, troppo intenta a ricercare nell'opera d'arte delle matematiche rispondenze con determinati problemi sociali e con certe condizioni d'ambiente, esulano dalla valutazione dell'opera d'arte e, nel caso particolare, sono assolutamente fuor di posto. Bazàrov è il tipo di se stesso e nelle sue qualità contraddittorie, rispecchia assai bene la sostanza della scrittore il quale, anche in Bazàrov, ha istintivamente drammatizzato il carattere della sua anima, in cui ogni aspetto della realtà, ogni dramma di pensiero e d'azione, finiscono col naufragare in un romantico mondo ideale, dove tutto s'intenerisce in una malinconica bellezza, che trasforma i duri contrasti della vita in un accordo di nostalgiche lontananze. Pure, questo fondo romantico (che si mantiene sempre latente nelle opere di Turghèniev, per esplodere potentemente in tante situazioni e figure che spesso finiscono col dare la nota dominante) appare come qualche cosa di nuovo, nonostante le sue affinità con vecchie situazioni sentimentali, di cui pure alle volte conserva il tono un po' falso e manierato. Questo elemento nuovo consiste nella sincerità con cui Turghèniev ritorna romantico, nella sincerità e nel candore con cui egli rivive, ricrea, nella sua anima, certe situazioni che hanno l'aria di cose di altri tempi. E veramente d'altri tempi egli appare quando per esempio ci fa assistere al sorgere e al trapassare di un amore o quando, come alla fine di quasi tutti i suoi romanzi, da Rudin a Terre Vergini, tronca l'azione, per ripresentarci i suoi personaggi dopo uno spazio di tempo, che ha tutto mutato o distrutto e che ci fa ripensare al passato con un senso di accorata tristezza. Ma in quell'amore c'è quasi sempre un incanto virginale, sia che torni in anime stanche della vita, come quella di Rudin o di Lavretzkij, sia che sorga per la prima volta in anime ignare come quelle di Natascia, di Lisa, di Elena, di Sciubin.
La definizione di romantico del realismo che egli dava di Nieždànov uno dei personaggi di Terre Vergini, pur di intenderla bene, può essere riferita allo stesso Turghèniev. Però, questa tendenza romantica che come noi abbiamo notato, diventa un elemento spesso nuovo e sincero, favorisce in lui una specie di aristocratico isolamento dalla realtà delle semplici creature, che sono poi quelle più vicine alla sua anima. Egli allora, esteta e letterato più che artista, vagheggia un mondo manieratamente idealizzato, in cui tutto acquista qualche cosa di voluto e di meccanico; ed ecco allora il suo delicato sentimento degenerare nel patetico e nel sentimentale, eccolo ricalcare situazioni e figure già altre volte ritratte, cadere nel tipico, nell'imitazione di se stesso; eccolo intento a studiare i particolari e a rifinirli tutti colla stessa cura meticolosa, come se tutti avessero un valore essenziale, eccolo presentarci i personaggi con minuziose descrizioni e con la storia dei loro precedenti, come per adempiere a un obbligo imprescindibile; eccolo infine modellare il periodo e tornirlo perché ogni sua sfumatura, come i particolari della sua visione, vi si innesti in uno stato di perfezione, morbidamente adagiandosi in una onda musicale piena e continua, simile all'onda sentimentale con cui egli finisce col raccogliere e placare ogni duro contrasto di dramma. Analizzate così, sebbene, per necessità assai brevemente, alcune caratteristiche dell'arte di Turghèniev, daremo un cenno completo del suo teatro di cui ben poco è stato tradotto in italiano e cioè: tre lavori in un atto (Una sera a Sorrento; La provinciale; Al verde1e la commedia in cinque atti: Un mese in campagna2. Di Pane altrui esiste una vecchia traduzione di D. Oliva, compiuta evidentemente dal francese, traduzione che, essendo tutt'altro che fedele e presentando molte arbitrarie mutilazioni, ci ha spinto a compiere questa nuova versione condotta fedelmente sul testo russo.
Premettiamo, intanto, che, eccettuato Pane altrui e, per alcuni aspetti, Un mese in campagna, il teatro di Turghèniev raccoglie varie tendenze dello scrittore, ma in un modo frammentario e nella forma meno perfetta. Questi lavori teatrali che vanno dal 1843 al '52 circa, appaiono quasi tutti come degli incerti tentativi, sebbene contemporanei alle « Memorie di un cacciatore » che già comprendono alcune delle cose migliori di Turghèniev.
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Una nota assai rara, in questi lavori teatrali, come del resto in quasi tutta l'opera di Turghèniev, è l'elemento comico che, nella sua schiettezza appare come una cosa d'eccezione. Turghèniev non sa ridere a cuor leggero: alla sua anima pensosa e sognante sembra più conforme il riso profondamente serio, che serpeggia in gran parte del romanzo Fumo, in cui, attraverso l'amaro della satira, traspare tutto il disinganno di un sognatore deluso. Ci sono tuttavia dei lavori di carattere comico, dei quali il migliore è quello intitolato Una colazione in casa del capo della nobiltà. In questa commediola, la divisione di un patrimonio tra una donna puntigliosa e suo fratello, dà luogo a una serie di scintillanti contrasti, che fanno della figura della donna, una vivente caricatura dello spirito di contraddizione, insito nell'anima umana.
Nella Provinciale, non manca un certo brio; ma la figura della donna, su cui s'impernia il tenue lavoro, come non riesce, colla sua femminile scaltrezza, a creare una autentica vis comica, così col suo romantico rimpianto per la vita d'altri tempi, non raggiunge toni sentimentali di efficace contrasto. Accanto ai due precedenti ricordiamo, al solo scopo informativo, L' imprudenza, lavoro falso e confuso, che, nato con una situazione ricca di possibili sviluppi comici, volge grottescamente, e senza alcuna preparazione, al romantico e termina in tragedia.
Due altre commedie, sebbene con toni più sobri, ci richiamano questa vena di sentimentalismo: Il Celibe e Una sera a Sorrento. Nel Celibe vediamo un giovane, Vilitzkij, che, alla vigilia del matrimonio, rifiuta improvvisamente di sposare la sua fidanzata: Màscia, un'orfana allevata da Moškin, buon uomo celibe e cinquantenne. Ecco allora una piccola tragedia nella vita del vecchio scapolo, il quale con un gesto che vorrebbe essere una sublime protesta e un'affettuosa riabilitazione, si offre di sposare Màscia. Però, per quanto Turghèniev cerchi di sottolineare il valore puramente spirituale di quel gesto (« Màscia sarà felice.... sarà felice! ») uno sprazzo di grottesco involontario copre la figura di questo vecchio che sposerà una ragazza diciannovenne per renderla felice. Quel delicato tono di sentimento che era nell'intenzione dell'autore, degenera in sentimentalismo. Né la figura di Vilitzkij è migliore: questo giovane che rifiuta Màscia senza una ragione e senza saper nemmeno se l'ami ancora o no, non riesce né una piena caricatura dell'uomo indeciso, come il protagonista del Matrimonio gogoliano, né la drammatica incarnazione d'un'anima malata come sarà l'Ivànov di Cècov.
Assai inferiore al precedente è Una sera a Sorrento, visione tutta rosea e oleografica di una Sorrento di maniera, in cui le stelle, la luna, il mare e l'immancabile canzonetta napoletana, finiscono col l'unire e rendere felici non una, ma due coppie d'innamorati!
Al verde e Quando il filo è troppo teso si spezza, non sono altro che una serie di quadretti realistici che sembrano destinati solo a un semplice scopo dimostrativo: nel primo lavoro a illustrare la decadenza della nobiltà terriera che s' è fatta cittadina, nel secondo quasi nient'altro che la verità di un proverbio.
In Un dialogo sulla via maestra ecco tornare, ma con scarsa potenza costruttiva, il Turghèniev delle Memorie di un cacciatore,il Turghèniev innamorato della sua terra e degli umili contadini. Però, in questo lavoro, che è nient'altro che una scena come l'autore stesso l'intitola, domina un puro e semplice folklorismo, che si compiace di rappresentare sentimenti e superstizioni popolari, ma senza nessuna profondità: soltanto come toni di colore.
In Un mese il campagna l'azione è imperniata intorno alla figura di Natàlia Petròvna, anima di donna un po' leggera in apparenza, ma più che per un senso di vanità, per un inconscio bisogno di qualche illusione. Il fuoco che essa accende intorno a sé, fa soffrire: Rakitin che l'ama con tutta la devozione; il giovane Bieliàiev, che, da lei conquistato, prova il tormento del primo amore, e Vièra a cui Natàlia toglie Bieliàiev. Ecco un delicato scompiglio sentimentale, che si placa infine nella tristezza breve degli addii di coloro che partono perché tutto, nella villa, ritorni come prima. Lasciando da parte la figura del marito di Natàlia, figura mezza delicata, mezza grottesca, colla sua eccessiva condiscendenza verso la moglie, ci sono in questo lavoro delle scene ariose su cui aleggia un delicato profumo di poesia, ci sono delle figure ben individuate nei loro caratteri e nei reciproci contrasti; ma, a lettura terminata, si sente quel mondo, che ci aveva afferrato in certi istanti, sfuggire senza una profonda risonanza, naufragare in una pittura d'ambiente che domina, più che altro, nei suoi valori episodici. Ci si domanda allora quale sia, al di fuori di questa rappresentazione d'ambiente, la sostanza del lavoro e ci accorgiamo che l'artista non è riuscito a creare né una figura determinata che domini con un suo dramma, né, come piuttosto era sua intenzione, un pathos,uno stato d'animo collettivo. La ragione va ricercata qui, come negli altri lavori, in quella tendenza che non di rado appare accanto al migliore Turghèniev e che è così visibile in tanti suoi lavori teatrali: la tendenza cioè a studiare e a sviluppare i particolari in sé e per sé; giacché in Turghèniev certe volte la curiosità per il particolare supera l'interesse per la sintesi dell' insieme; e allora l'episodico, il descrittivo assorbono l'artista in modo da renderlo pago di quel caleidoscopico succedersi di scene e di figure, attraverso le quali si realizza semplicemente una visione pittoresca della vita. Questo difetto ci spiega come in Turghèniev, e in ispecie nel suo teatro, ci siano non poche scene superflue, che servono a illuminare il particolare, perdendo di vista l'economia dell'insieme, ci spiega come in parecchi luoghi predomini la descrizione rispetto all'azione e il monologo rispetto al dialogo (giacché il monologo non è che autodescrizione di personaggi); ci spiega infine l'apparente ricchezza e varietà che tradiscono, spesso, la mancanza di un vero cozzo drammatico.
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Un luogo a parte, nel teatro di Turghèniev, è occupato da Pane altrui1, lavoro in cui l'autore mira a interiorizzare una più profonda sostanza drammatica nel dolore silenzioso di Kusòvkin, un pover'uomo costretto a ingoiare il pane degli altri, fra scherni e umiliazioni, e a soffocare anche la voce del sangue che lo chiama verso la figlia. Tuttavia anche in questo lavoro, che è il migliore del teatro di Turghèniev, ci sono dei difetti, che si riconnettono direttamente con quanto abbiamo già esposto circa l'arte dello scrittore in generale.
La situazione, nella sua mossa iniziale e in gran parte del suo svolgimento, è drammaticamente una delle più felici. Il vecchio Kusòvkin che, pur essendo il vero padre di Olga, deve celare in cuor suo il terribile segreto; l'ansia pudicamente nascosta con cui attende Olga, che non sa di essere sua figlia e verso cui egli si trova nella triste situazione di un povero beneficato; il modo crudele con cui il marito di Olga, Ieliètzkij, e specialmente il suo amico Tropaciòv si divertono alle spalle del vecchio, che durante il pranzo hanno fatto ubriacare; e infine lo scatto con cui Kusòvkin, ebbro, svela involontariamente il suo segreto, sono situazioni che pongono le basi di un potente dramma di cui vediamo gli sviluppi nel II atto. Ma appunto in questi sviluppi il dramma perde gran parte della sua intensità.
Kusòvkin ora si trova di fronte a un terribile dilemma: o negare la verità di quanto ha svelato, rinunciando quindi e per sempre a farsi riconoscere dalla figlia, o confermare la sua rivelazione distruggendo però la tranquillità di Olga, che vedrà ora profilarsi un ignorato dramma famigliare. Kusòvkin, nella sua debolezza, non sa resistere e, cedendo al desiderio di farsi finalmente riconoscere dalla figlia più che al bisogno di placare, sia pure con la cruda verità, gli angosciosi dubbi suscitati nell'anima di lei, svela ogni cosa. Olga crede al racconto di Kusòvkin che salva, in ogni modo, la figura purissima della madre di lei. Tuttavia ora, per ovvie ragioni di opportunità verso gli estranei che il giorno avanti avevano sentito le parole di Kusòvkin ubriaco, il vecchio dovrà allontanarsi per sempre dalla casa dei suoi benefattori, che gli offrono una somma per assicurare la sua esistenza. Ma non avrà egli mentito, come cerca dimostrare Ieliètzkij? Non avrà egli inventato tutta quella storia per carpire del denaro? Certo, se Kusòvkin accetterà questo denaro, dichiarerà implicitamente di aver mentito e se non vorrà accettare, come è suo proposito, lascerà nell'angoscia Olga Petròvna che vedrà il proprio padre andare per il mondo come un mendicante.
Uno dei punti fondamentali del dramma ora sarebbe questo: il contrasto tra la necessità di accettare il denaro per la tranquillità di Olga Petròvna e il dolore che l'accettarlo possa risvegliare il dubbio avanzato da Ieliètzkij, che cioè il racconto del vecchio sia una speculazione. Turghèniev invece rifugge dall'approfondire questo contrasto, come già aveva rinunciato a sviluppare quello che secondo noi sarebbe stato il più ricco germe drammatico di questo lavoro e cioè la lotta interiore di Kusòvkin tra il bisogno di rivelarsi padre e il dovere di non turbare la tranquillità della figlia ignara; lotta che Kusòvkin avrebbe assai più drammaticamente risolta, sacrificandosi in silenzio, coll'affermare di aver mentito in un momento d'ebbrezza. Si sarebbe avuto così un dramma, più profondo e più intimamente sofferto; Turghèniev invece preferisce lisciare sentimentalmente la figura di Kusòvkin e trascinarla infine in un patetico ottimismo, mediante un compromesso: Kusòvkin accetterà il denaro per amore della figlia e si stabilirà nella proprietà dei suoi avi che egli riscatta appunto col denaro ricevuto. Questa ottimistica soluzione - Kusòvkin acquista una certa agiatezza e soprattutto l'amore della figlia - attenua la crudezza del dramma che per Kusòvkin si risolve pateticamente nel dolore della separazione dalla figlia e nella tormentosa costrizione di dover nascondere agli altri il suo amore di padre.
Abbiamo anche qui un esempio di quella tendenza al sentimentale, che abbiamo già notata in Turghèniev. Infatti la figura di Kusòvkin, che dapprincipio si profila semplice ed energica nella sua rassegnazione, nella sua offesa umiltà, talvolta, per amore del patetico, degenera e diventa quasi femminea per certe sue accen-tuate forme di debolezza e disottomissione e per la sentimentale compiacenza con cui contempla le proprie pene, come nel lungo e dettagliato racconto fatto ad Olga, per spiegare il terribile segreto. Anzi, c'è di più: questa deformazione patetica di Kusòvkin non solo guasta il carattere del personaggio, ma qua e là, sebbene quasi impercettibilmente, lo falsa addirittura. Infatti nel II atto ci sono due o tre punti in cui l'esagerata umiltà e debolezza di Kusovkin, si trasformano, involontariamente, in una specie di crudele malizia, come quando, dopo aver svelato ogni cosa a Olga e averle messo l'inferno nel cuore, le dice di star tranquilla, di non credere al suo racconto; o come quando vorrebbe partire senza prendere un soldo, lasciando Olga nella disperante situazione di sapere suo padre nella miseria. Kusòvkin avrebbe dovuto negare fin dapprincipio ciò che gli era sfuggito in un momento d'ebbrezza, poiché ora, senza, volerlo, ripete il caso manzoniano di Don Abbondio sopraffatto da Renzo in casa propria, di Don Abbondio che sembrava l'oppresso ed era l'oppressore. Ho nominato Don Abbondio e difatti in Kusòvkin, nato per compiere un oscuro eroismo, s'insinua quasi impercettibilmente, ma con danno evidente, qualche cosa del curato di manzoniana memoria. « Non so nulla... » risponde Kusòvkin a Ieliètzkij che gli domanda se insista ancora nel dire che Olga è sua figlia; e questa risposta, dopo tutte le rivelazioni che Kusòvkin ha fatto, trasforma la sua debolezza in una specie di passiva prepotenza.
Quanto abbiamo ora accennato, non riesce però a distruggere i caratteri fondamentali di Kusòvkin. quelli che formano tutta la sua segreta liricità: e cioè il tremore della sua nascosta ansia di padre e la sofferenza della sua stessa debolezza; caratteri che si riassumono con efficacia nel finale del lavoro, quando dolore e gioia si confondono nelle ultime parole di lui, parole a cui dà maggior risalto drammatico, l'involontaria ironia del complimento fatto da Tropaciòv a Ieliètzkij. Concludendo, Pane altrui,supera tutti gli altri lavori teatrali di Turghèniev e contiene nel suo fondo una sostanza drammatica, che nonostante i difetti già notati, crea un mondo ricco di figure vive e di contrasti; e spesso comunica al protagonista un carattere di commossa umanità.
Carlo Grabher.
PERSONAGGI
Paolo Nicolàievič Ieliètzkij:
consigliere di collegio; 32 anni. Èun funzionario di Pietroburgo; freddo, secco, non sciocco, accurato. Veste con semplicità ma con gusto. Èun uomo comune, non cattivo, ma di poco cuore.
Olga Petròvna Ieliètzkaia:
nata Kòrina, sua moglie, 21 anni. Creatura buona, dolce, sogna la vita mondana e nello stesso tempo la teme; ama il marito ed ha un contegno correttissimo. Veste elegantemente.
Vassilji Siemionyč Kusòvkin:
nobile decaduto; vive in casa dei Ieliètzkij, che lo mantengono: 50 anni. Porta una redingote col bavero assai accollato e i bottoni di metallo.
Flegònte Alexàndryč Tropaciòv:
un vicino dei Ieliètzkij; 30 anni. È un possidente che ha quattrocento contadini ed è scapolo. Alto di statura, di bella presenza, parla forte e prende delle pose. Ha fatto il servizio militare in cavalleria ed è andato in congedo col grado di tenente. Va spesso a Pietroburgo ed è in procinto di recarsi all'estero. Di natura è grossolano e anche vile. Porta un frac verde a falde tonde, pantaloni color pisello, panciotto scozzese, cravatta di seta con una grossa spilla. Ha degli stivali di pelle verniciata e un bastone col pomo d'oro. Porta i capelli assai corti, à la malcontent1.
Ivàn Kusmič Ivànov:
altro vicino; 45 anni. È un essere quieto, taciturno, non privo di un certo orgoglio; è amico di' Kusòvkin. Si rattrista con molta facilità. Porta un vecchio frak color cannella, un panciotto d'un giallo sbiadito e un paio di pantaloni grigi. È molto povero.
Karpaciòv:
altro vicino; 40 anni. Porta i baffi, è assai sciocco ed è qualche cosa come l'aiutante di Tropaciòv. Non è ricco. Indossa uno spencer. Parla con voce di basso.
Narciso Constantinyč Trembïnskij:
maggiordomo e maître d'hôtel dei signori Ieliètzkij. Intrigante, strillone; non dà pace a nessuno. In sostanza è una gran bestia. È vestito bene, come s'addice al maggiordomo di una ricca famiglia. Parla correttamente, ma con la pronuncia caratteristica dei Russi bianchi.
Iegòr Kartasciòv:
fattore; 60 anni. Uomo grasso, addormentato. Quand'è possibile, ruba. Porta una redingote blu, a lunghe falde.
Prascòvia Ivànovna:
una donna a cui è affidata la direzione della casa; 50 anni. È secca, cattiva, biliosa. Porta un fazzoletto in testa ed è vestita di scuro. Parla come fanno i vecchi sdentati.
Màscia:
cameriera; 20 anni. Èuna fresca ragazza.
Ampadist:
sarto; 70 anni. È un vecchio servo di casa: decrepito, rimbambito, malfermo sulle gambe.
Pietro:
cameriere; 25 anni. Giovanotto robusto, allegro, chiacchierone.
Vaska:
un ragazzotto addetto ai piccoli servizi; 14 anni.
ATTO I
La scena rappresenta una sala in casa di un ricco possidente; a destra due finestre e una porta che dànno in giardino; a sinistra una porta che mette in salotto; di fronte un'altra che mette all' ingresso. Tra le due finestre: un tavolo di quelli che si aprono; sul tavolo: una scacchiera. Sul davanti, a sinistra, un altro tavolo e due poltrone. Tra il salotto e l'ingresso si apre un corridoio.
Trembïnskij (dietro le quinte) Che disordine! Non trovo altro che disordine, qui. È proprio imperdonabile!...
(Entra, seguito dal cameriere Pietro e dal piccolo Vaska)
Ho l'ordine formale della padrona! Qui tutti mi debbono obbedire! (a Pietro) Hai capito?
Pietro Sissignore.
Trembïnskij Oggi la signora e suo marito si degnano di venire quassù.... e per questo mi hanno mandato innanzi. Noi invece che stiamo facendo qui? Niente! (Volgendosi a Vaska) Tu perché te nestai lì? Ti piace di fare il bighellone, eh? Ti piace di non far niente? (Prendendolo per un orecchio e trattenendolo) Ti piace mangiare il pane a ufo, eh? Ah, questo vi piace a tutti! Vi conosciamo bene! Vattene! Torna al tuo posto! (Il ragazzetto se ne va. Trembïnskij si siede in una poltrona) Non ne posso proprio più, santo Dio! (Balzando in piedi) Ma perché non mi presentano il sarto? Dove sta, dunque, questo sarto?
Pietro (Dopo aver dato un'occhiata in anticamera) Il sarto è venuto, signore.
Trembïnskij E allora perché non entra? Che aspetta? Vieni qua, amico... come ti chiami?...
(Entra Ampadist e si ferma sulla porta, incrociando le braccia dietro la schiena).
Trembïnskij (a Pietro) Questo è il sarto?
Pietro Precisamente.
Trembïnskij (ad Ampadist) Quanti anni hai, amico?
Ampadist Sono già arrivato alla settantina, signore.
Trembïnskij (a Pietro) Ma un altro sarto non l'avevate?
Pietro Nossignore; proprio nessuno. Un altro cera, ma non l'hanno ritenuto adatto: perché balbettava.
Trembïnskij (levando le mani al cielo) Che disordine! (ad Ampadist) Di' un po' vecchio: hai fatto quello che ti è stato ordinato?
Ampadist Tutto fatto, signore.
Trembïnskij Hai cuciti i colli alle livree?
Ampadist Li ho cuciti. Però il panno giallo non è bastato...
Trembïnskij E allora come hai rimediato?
Ampadist Eh!... mi hanno dato una veste giallina, una vecchia veste che stava in un ripostiglio...
Trembïnskij (facendo un gesto colle mani) Basta, basta!... E così non c'è più niente da fare. Adesso non è possibile mandare in città per il panno. Vattene (Ampadist fa l'atto di andarsene) Ohè!... guardami bene! Attento, eh! Se no, amico mio... Bè, vattene!
(Ampadist esce, Trembïnskij si rimette a sedere, ma subito dopo balza di nuovo in piedi)
Ah; a proposito! I viali del giardino li stanno pulendo?
Pietro Diamine!... li stanno pulendo. Hanno mandato dalla campagna tutti i contadini disponibili.
Trembïnskij (andando verso Pietro) Ma tu chi sei?
Pietro (stupito) Cosa comandate?
Trembïnskij (avvicinandosi ancor di più a Pietro) Chi sei, ti domando; chi sei tu?
Pietro (con crescente stupore) Io?
Trembïnskij (avvicinandosi fin sotto il naso di Pietro) Sì; tu, tu, tu... Chi sei tu?
(Pietro si confonde; guarda Trembïnskij e tace).
Trembïnskij Ma parla, dunque; parla. Chi sei? ti domando.
Pietro Io sono Pietro.
Trembïnskij Nient'affatto: sei un servitore. Ecco chi sei. Badare alle faccende di casa: questo ti riguarda; pulire i lumi anche questo ti riguarda; ma il giardino non ti riguarda affatto. Che abbiano mandato dei contadini o chi altro diavolo sia: non ti riguarda. Questo riguarda il fattore. Io non l'avevo domandato a te; non ti avevo comandato di rispondere. Avresti dovuto piuttosto andare a cercare il fattore. Questo sì che ti riguardava.
Pietro Ecco; il fattore sta venendo qua.
(Iegòr entra dall'anticamera)
Trembïnskij Ah, Iegòr Alexièič!... siete venuto proprio a propo-sito. Ditemi per piacere: avete dato disposizioni laggiù in giardino per...
Iegòr Tutto disposto, Narciso Constantinyč. Non vi preoccupate... Volete una presa di tabacco?
Trembïnskij (prende il tabacco di Iegòr e lo fiuta) Iegòr Alexieič, non potete credere quanto abbia avuto da fare da questa mattina. Vi confesso sinceramente che in una proprietà importante come questa, non mi aspettavo di trovare un simile disordine! Non per quanto dipende da voi, si capisce; non per l'amministrazione, ma per ciò che riguarda la casa.
Iegòr Già....
Trembïnskij Figuratevi: tanto per farvi un esempio. Domando: i musicanti ci sono? - Capite bene che i padroni bisogna riceverli come si deve! - « Ci sono » - mi rispondono - Allora, dico, fateli venire qua. Lo credereste? Tutti i musicanti sono addetti ad altre mansioni. Uno è giardiniere, l'altro è calzolaio; il contrabbasso va dietro ai buoi. S'è vista mai una cosa simile? E anche, gli strumenti tutti in disordine. C'è voluto del bello e del buono per arrangiar le cose alla meglio. (Fiuta un'altra presa di tabacco).
Iegòr Vi siete degnato di prendere un incarico ben faticoso.
Trembïnskij Sì; oso dire che il mio pane me lo guadagno... A proposito; i musicanti stanno fuori del portone?
Iegòr Fuori del portone, diamine! Era cominciata un po' di pioggia e quelli s'erano ritirati nella stanza di servizio, dicendo che la pioggia bagnava gli strumenti. Ma io, a dir la verità, li ho rimandati fuori. Capirete: se l'uomo che è in vedetta non sta bene attento, i padroni potrebbero arrivare all' improvviso. In quanto agli strumenti, si possono tenere sotto le falde.
Trembïnskij Giustissimo. Sembra che ora tutto sia in ordine.
Iegòr State tranquillo, Narciso Constantinovič. (guardando Pietro) E tu perché te ne stai qui? Vattene di là, al tuo posto, mio caro...
(Pietro esce dall'anticamera. Dal corridoio giunge di corsa Màscia)
Ehi, ehi, ehi, signorina! Dove andate così di fretta?
Màscia Ah, Iegòr Alexieič, lasciatemi stare! Prascòvia Ivànovna non mi dà un momento di pace. (Corre nell'anticamera).
Iegòr (La segue collo sguardo, poi si volge a Trembïnskij e strizza l'occhio, Trembïnskij sorride). Per favore che ora è, Narciso Constantinyč?
Trembïnskij (guardando l'orologio) Le dieci e tre quarti. Da un momento all'altro i signori saranno qui.
(Dall'anticamera compare Kusòvkin; si ferma un momento, fa dei segni a qualcuno che sta dietro di lui al di là della porta, si avanza con circospezione e si avvia verso il tavolo accanto alle finestre).
Iegòr Faccio una scappatina in ufficio. Son sicuro che lo stàrosta non si è nemmeno pettinata la barba, eppure vedrete che anche lui vorrà dare ai padroni il bacio del benvenuto.... (Mentre esce, s'incontra faccia a faccia con Kusòvkin).
Kusòvkin Buongiorno, Iegòr Alexieič.
Iegòr (Un po' stizzito) Eh, Vassilij Siemiònyč!... ho altro che da pensare a voi.
(Esce per l'anticamera).
(Kusòvkin continua ad avvicinarsi alla finestra).
Trembïnskij (Si volta e vede Kusòvkin. Fra sé) Ah, ecco questo!
(Kusòvkin fa un inchino a Trembïnskij. Trembïnskij con aria di noncuranza fa un cenno col capo e parla a Kusòvkin voltando appena la testa)
Trembïnskij Come? Anche voi qui? Anche voi siete venuto a ricevere i signori?... eh?
Kusòvkin Per l'appunto.
Trembïnskij Ebbene; siete contento anche voi? (senza aspettare la sua risposta) Che lusso!
Kusòvkin Eh sì... cioè...
Trembïnskij Bene, bene... Voi potete sedervi lì, nell'angolo. (Kusòvkin fa un inchino) Ah, a proposito!... dimenticavo... Pietro!... Pietro!... Pietruccio!... Come? Non c'è nessuno in anticamera?
Ivànov (Affacciandosi a metà dalla porta dell'anticamera) Che volete?
Trembïnskij (Non senza stupore) Ma scusate.... Voi.... come mai....
Ivànov (Senza venire avanti) Io sono Ivàn Kusmìč Ivànov... Ecco.... (indicando Kusòvkin) sono un suo amico... signore...
Kusòvkin (a Trembïnskij) È un nostro vicino... È venuto a trovarmi.
Trembïnskij (Scandendo le parole e scrollando il capo) Eh; ma non è questo il momento!... non è questo il luogo, signori!
(Pietro entra dall'anticamera, sfiorando il naso di Ivànov. Ivànov si ritira).
Trembïnskij Dove t'eri ficcato? Vieni con me... Voglio vedere che hai fatto là nello studio.... Son sicuro che niente è disposto come avevo ordinato... A fidarsi di voi!...
(Escono tutti e due per il salotto, Kusòvkin resta solo).
Kusòvkin (Dopo un momento di silenzio) Vània!... ehi, Vània!1
Ivànov (Dall'anticamera, senza farsi vedere) Che vuoi?
Kusòvkin Entra, Vània; non aver paura; puoi entrare.
Ivànov (Entrando, adagio adagio) Sarebbe meglio che me ne andassi.
Kusòvkin No; resta. Che c'è di male? Sei venuto a trovar me. Su; vieni. Via, siedi qua. È il mio cantuccio.
Ivànov È meglio andare nella tua camera.
Kusòvkin Nella mia camera, ora, non si può andare. Ci stanno mettendo tutta la biancheria. Vi hanno portato anche tanti materassi... Si sta male qui?
Ivànov No; ma preferirei andarmene a casa.
Kusòvkin No, Vània; resta. Siediti qui; siedi. Mi siederò anch'io. (Kusòvkin si siede). I nostri stanno per arrivare. Perché non vuoi vederli?
Ivànov Che c'è da vedere?
Kusòvkin Come, che c'è da vedere?! Olga Petròvna s'è sposata a Pietroburgo. Chissà come sarà il suo sposino.... E poi anche lei e un pezzo che non la vediamo. Sei anni e più. Siediti.
Ivànov Ma perché Vassilij Siemiònyč?... A dir la verità....
Kusòvkin Siedi, siedi, ti dico. Non badare se il nuovo maggiordomo fa la voce grossa. Che Dio lo benedica!... Ce l'hanno messo a posta.
Ivànov Olga Petròvna, a quanto pare, ha sposato uno ricco; eh? (si siede).
Kusòvkin Non saprei, Vània; ma dicono che sia un alto funzionario. Certo è quel che ci voleva per Olga Petròvna. Non poteva mica restare tutta la vita con sua zia.
Ivànov Ma di un po', Vassillij Siemiònyč: il nuovo signore non ci manderà mica via tutti e due?!
Kusòvkin E perché dovrebbe mandarci via?
Ivànov Cioè... io dico per te.
Kusòvkin (Con un sospiro) Lo so, Vània; lo so. Tu, amico mio, vuoi o non vuoi, sei un possidente. Io, invece, non ho di mio nemmeno i vestiti. Sempre roba degli altri. Però il nuovo padrone non mi scaccerà. Il padrone buon'anima, nemmeno lui mi ha scacciato.... Eppure era assai irritabile.
Ivànov Ma tu, Vassillij Siemiònyč, non conosci quella brava gente di Pietroburgo.
Kusòvkin Perché, Ivàn Kusmìč?... sarebbero forse così?...
Ivànov Dicono che siano un vero castigo. Nemmeno io li conosco ma ne ho sentito parlare.
Kusòvkin (Dopo un breve silenzio) Bè, vedremo. Io confido in Olga Petròvna. Essa non mi abbandonerà.
Ivànov Non ti abbandonerà!... Ma se lei, molto probabilmente, nemmeno si ricorderà di te!... Se non sbaglio, quando partì di qui colla zia, dopo la morte di sua madre buon'anima, era una bambina. Quanto poteva avere? Non avrà avuto nemmeno quattordici anni. Se anche l'hai fatta giocare colla bambola, ti pare una gran cosa? Non ti guarderà nemmeno.
Kusòvkin Ma no, Vània.
Ivànov Vedrai.
Kusòvkin Via; basta Vània; fammi il piacere.
Ivànov Lo vedrai, Vassilij Siemiònyč.
Kusòvkin Davvero, Vània: basta!... Facciamo piuttosto una partita a dama. Eh? Che ne dici? (Ivànov tace) Su, siediti.... Via, amico mio, via. (Prende la scacchiera e dispone le pedine).
Ivànov (Disponendo le pedine anche lui) Hai trovato il momento buono; non c'è che dire! Vedrai se te lo permetterà il maggiordomo!
Kusòvkin Ma noi, forse, diamo fastidio a qualcuno?
Ivànov No; ma i signori stanno per arrivare...
Kusòvkin Quando arriveranno, smetteremo. Destra o sinistra?
Ivànov Ci cacceranno via tutti e due, Vassilij Siemiònyč, vedrai. Sinistra. Tocca a te a incominciare.
Kusòvkin A me... Allora, amico, ecco come incomincio, oggi.
Ivànov Guarda, che bella trovata! Io, invece, ecco, come incomincio.
Kusòvkin E io vado qui.
Ivànov E io, qua.
(All'improvviso si sente un frastuono nell'anticamera. Il piccolo Vaska entra di gran corsa e grida)
Vaska Vengono, vengono! Narciso Koskenkinyč1! Vengono!
(Kusòvkin e Ivànov balzano in piedi).
Kusòvkin (Assai agitato) Vengono? Vengono?
Vaska (Grida) La vedetta ha dato il segnale: vengono!
La voce diTrembïnskij (risuona dal salotto) Che c'è? Vengono? Vengono i signori?»
(Egli, insieme a Pietro, esce di corsa dal salotto).
Trembïnskij (Grida) I musicanti! I musicanti a posto!
(Corre nell'anticamera; Pietro e Vaska lo seguono. Dal corridoio arriva di corsa Màscia).
Màscia Vengono?
Kusòvkin Vengono, vengono.
(Ivànov con ansia si rannicchia in un angolo. Màscia scappa di corsa nel corridoio gridando: « Vengono! » Dopo un istante sbiecano fuori: dal corridoio Prascòvia Ivànovna e dall'anticamera Trembïnskij).
Prascòvia Ivànovna Vengono.
Trembïnskij Le ragazze; chiamate qua le ragazze!
Prascòvia Ivànovna (Grida nel corridoio) Ragazze! Ragazze!
Iegòr (Entrando di corsa dall'anticamera) Il pane e il sale1) Narciso Constantinyč!
Trembïnskij (grida a squarciagola) Pietro! Pietro! Il pane e il sale! Dov'è il pane, il sale...
(Dal corridoio sbucano sei ragazze vestite in gran gala)
Trembïnskij In anticamera, ragazze, in anticamera!
(Le ragazze corrono in anticamera e sulla porta s'incontrano con Pietro, che reca un vassoio con un gran pane a ciambella e la saliera).
Pietro Adagio, teste matte!
Trembïnskij (Strappa di mano a Pietro il vassoio e lo affida a Iegòr). Questo a voi.... Andate alla porta; andate.
(Spinge Iegòr verso la scala, con Pietro e Prascòvia Ivànovna; va loro dietro di corsa)
Trembïnskij (d.d. grida) E gli altri dove stanno?... tutti qua...
La voce di Pietro Chiamate Ampadist.
Altra voce Il segretario comunale gli ha portato via gli stivali...
La voce di Trembïnskij Qua i cocchieri; qua!
La voce delle ragazze Vengono, vengono!
La voce di Trembïnskij Silenzio, adesso; silenzio!
(Si fa unprofondo silenzio, Kusòvkin, che durante tutto il precedente trambusto è rimasto in grande agitazione, ma non si è mai mosso dal suo posto, si mette in ascolto con ansia vivissima. A un tratto la musica, con mille stonature, comincia a suonare la marcia: « Scoppia o tuon della vittoria... ». Una carrozza si avvicina al portone; voci confuse; la musica cessa. Si sentono saluti, baci... Poco dopo entrano: Olga Petròvna e suo marito, il quale tiene in mano il pane che gli è stato offerto; dietro di loro: Trembïnskij, Iegòr col vassoio, Prascòvia Ivànovna e la servitù che resta, però, sulla porta).
Olga (Al marito con un sorriso) Eccoci finalmente a casa, Paul1. (Ieliètzkij le stringe la mano) Come sono felice! (Volgendosi ai domestici) Grazie, grazie! (Indicando Ieliètzkij) Ecco il vostro nuovo padrone.... Vi prego di amarlo e di rispettarlo. (Al marito) Rendez cela, mon ami.
(Ieliètzkij restituisce il pane a Iegòr).
Trembïnskij (Fa un inchino, piegando tutta la parte superiore del corpo) Desiderate ordinare qualche cosa?... fare uno spuntino... prendere del tè...
Olga No; grazie. (Al marito) Voglio farti vedere tutta la nostra casa, il tuo studio... Son sette anni interi che non vengo qua... sette anni!
Ieliètzkij Fammi vedere.
Prascòvia Ivànovna (Prendendo dalle mani di Olga il cappello e la mantiglia) Siete sempre la nostra buona, la nostra cara padroncina....
Olga (Le risponde con un sorriso, poi volge uno sguardo intorno) È diventata vecchia la nostra casa!... Anche le camere mi sembrano più piccole.
Ieliètzkij (Con la voce di un amorevole precettore) Si ha sempre quest'impressione. Tu sei partita di qui ch'eri bambina.
Kusòvkin (che in tutto questo tempo non ha mai allontanato lo sguardo da Olga, le si avvicina) Olga Petròvna, permettete... (La voce gli si spezza in gola).
Olga (Che da principio non lo riconosce) Ah, aah... Vassilij... Vassilij Petròvič, come state? Lì per lì, non vi avevo nemmeno riconosciuto.
Kusòvkin (Baciandole la mano) Permettete... che vi faccia le mie congratulazioni...
Olga (Al marito, indicando Kusòvkin) È un nostro vecchio amico, è Vassilij Petròvič...
Ieliètzkij (Inchinandosi) Molto lieto.
(Ivànov di lontano s'inchina anche lui, sebbene ancora non lo abbiano nemmeno notato).
Kusòvkin (Facendo un inchino a Ieliètzkij) Siate il benvenuto... Noi tutti... siamo così contenti....
Ieliètzkij (Gli fa un altro inchino, poi alla moglie, sottovoce) Chi è?
Olga (Anche lei sottovoce) Un nobile decaduto; vive in casa nostra. (Forte) Bè, andiamo, voglio farti vedere tutta la casa.... Paul,io sono nata qui; qui sono cresciuta....
Ieliètzkij Andiamo; con piacere... (Volgendosi a Trembïnskij) Voi intanto, per favore, date disposizioni al mio domestico.... i miei bagagli sono di là....
Trembïnskij (Premuroso) Subito, subito, signore...
Olga Andiamo Paul.
(Ambedue escono per il salotto).
Trembïnskij (A tutta la servitù, sottovoce) Ora, amici miei, ognuno al suo posto. Voi, Iegòr Alexièič, restate in anticamera, caso mai il padrone chiamasse.
(Iegòr e i domestici escono per l'anticamera; Prascòvia Ivànovna e le cameriere per il corridoio).
Prascòvia Ivànovna (di sulla soglia) Andate, andate.... Ma tu, Mascia, perché ridi? (Esce).
Trembïnskij (a Kusòvkin e Ivànov) E voi, signori, restate qui?
Kusòvkin Noi restiamo qui.
Trembïnskij Bè, va bene... Però, per piacere... Voi sapete... (Fa dei segni colle mani) Per amor di Dio... altrimenti siamo noi che ne rispondiamo...
(Esce in punta di piedi per l'anticamera).
Kusòvkin (lo segue con lo sguardo, poi, volgendosi a Ivànov) Vània; hai visto com'è diventata? No, dimmi: hai visto? Com'è cresciuta, eh? Come s'è fatta bella! E non mi ha mica dimenticato! Lo vedi, Vània; lo vedi?! Dunque: avevo ragione.
Ivànov Non ti ha dimenticato!?... E allora perché ti ha chiamato Vassilij Petròvič, eh?...
Kusòvkin Sei cattivo, Vània! Ma che importa: Petrovič, Siemiònyč... non è lo stesso? Via, dovresti capirlo, tu che sei un uomo intelligente. Mi ha presentato a suo marito. Bell'uomo! È un bel tipo e ha un viso che.... Oh, deve essere un pezzo grosso!... Che ne dici, Vània?
Ivànov Non so, Vassilij Siemiònyč. Ora è meglio che me ne vada.
Kusòvkin Come sei, Vània! Ma che ti è successo? Non mi sembri più tu, santo Dio! « Me ne vado, me ne vado... » Piuttosto faresti meglio a dirmi che impressione t'ha fatto la nostra signora.
Ivànov È bella sì; non c'è che dire.
Kusòvkin Soltanto il sorriso... basterebbe quello... E la voce eh? Sembra proprio una capinera, una canarina. E come vuol bene a suo marito! Si vede subito. Eh, Vània? Non si vede?
Ivànov Dio solo può conoscerli, Vassilij Siemiònyč.
Kusòvkin È peccato. Ivàn Kusmìč; è peccato santo Dio! Uno è contento e tu... Ah, ecco che tornano qua.
(Olga e Ieliètzkij entrano dal salotto)
Olga La nostra casa, come vedi, non è grande; ma bisogna contentarsi di quello che si ha.
Ieliètzkij Ma che!... È una magnifica casa; è distribuita benissimo.
Olga E ora andiamo in giardino.
Ieliètzkij Con piacere... Però... vorrei dire due parole al tuo fattore.
Olga (in tono di rimprovero) Al tuo?
Ieliètzkij (con un sorriso) Sì; al nostro. (Le bacia la mano).
Olga Bè; come vuoi. Io mi farò accompagnare da Vassilij Petròvič. Vassilij Petròvič, andiamo in giardino... Volete?
Kusòvkin (col viso raggiante di contentezza) Figuratevi... io... io...
Ieliètzkij Mettiti il cappello, Olia1.
Olga Non occorre. (Si butta la sciarpa sulla testa) Andiamo, Vassilij Petròvič.
Kusòvkin Olga Petròvna, permettete che vi presenti un nostro... vicino: il signor Ivànov...
(Ivàn Kusmìč si confonde e fa un inchino).
Olga Molto lieta... (A Ivànov) Vi dispiace venir con noi in giardino? (Ivànov fa un inchino) Datemi il braccio Vassilij Petròvič...
Kusòvkin (Non credendo alle sue orecchie) Come?
Olga (ridendo) Ecco: così. (Gli prende il braccio e vi appoggia il suo) Ricordate, Vassilij Petròvič?...
(Escono dalla porta a vetri. Ivànov li segue),
Ieliètzkij (Si avvicina alla porta a vetri, segue con lo sguardo la moglie, torna indietro verso il tavolo di sinistra e si siede). Ehi! Chi c'è di là? Giovanotto!
Pietro (Entrando dall'anticamera) Cosa comanda il signore?
Ieliètzkij Come ti chiami, caro?
Pietro Pietro, per servirla.
Ieliètzkij Ah! Senti: vammi a cercare il fattore - come diavolo si chiama? - Iegòr, mi pare...
Pietro Per l'appunto, signore.
Ieliètzkij Vallo a chiamare.
(Pietro esce. Subito dopo entra Iegòr, che si ferma sulla porta, tenendo le braccia incrociate dietro la schiena).
Ieliètzkij (con una voce da capo-divisione) Iegòr, domani ho intenzione di vedere la tenuta di Olga Petròvna.
Iegòr Ai vostri ordini.
Ieliètzkij Ci sono molti contadini qui?
Iegòr Nel villaggio di Timofièievo, ce ne sono trecentottantaquattro di sesso maschile, secondo l'ultimo censimento. Effettivamente son di più.
Ieliètzkij E quanti di più?
Iegòr (tossisce, riparandosi colla mano) Una ventina a occhio e croce.
Ieliètzkij Uhm!... Ti prego di assodare la cosa e di riferirmi in proposito. Non ci sono proprietà di altri, in mezzo alla nostra?
Iegòr Nossignore: il podere ha un confine che lo chiude tutt'intorno.
Ieliètzkij (Guarda Iegòr con un certo stupore). Uhm... E la terra coltivabile è molta?
Iegòr Parecchia. Duecentosettantacinque ettari complessivamente.
Ieliètzkij (di nuovo guarda perplesso Iegòr) E la terra non coltivabile quant'è?
Iegòr (dopo un momento di esitazione) È difficile dirlo. A sterpate sono... Ci sono anche dei borri... C’è il terreno occupato dalla fattoria... c'è pure un pezzo a pascolo. (Riprendendo coraggio) C'è un appezzamento a prato...
Ieliètzkij (alzando e abbassando le sopracciglia) Ma quanti ettari, precisamente?
Iegòr Chi lo sa! Questo terreno non è stato ancora misurato. Forse sarà indicato al catasto. Credo che ci avvicineremo ai cinquanta ettari.
Ieliètzkij (fra sé) Questo si chiama disordine! (Forte) E terreno boschivo ce n'è?
Iegòr Ventotto ettari e mezzo.
Ieliètzkij (forte, scandendo le parole) Dunque, in tutto sarebbero, un cinquecento ettari.
Iegòr Cinquecento? Ma saranno duemila.
Ieliètzkij Come!... se tu stesso... (Arrestandosi) Già... già... io... anch'io volevo dire così. Capisci?
Iegòr Sissignore.
Ieliètzkij (con grande serietà) Di' un po': questi contadini si portano bene? Sono docili?
Iegòr Gente buonissima. Amano di esser trattati severamente.
Ieliètzkij Uhm... E dimmi: non sono in miseria?
Iegòr Come sarebbe possibile?! Nemmeno per sogno! Sono contentissimi.
Ieliètzkij Bè; domani vedrò da me ogni cosa. Puoi andare. Ah, dimmi per piacere: che persona è, questo signore che vive qui in casa? Chi è?
Iegòr È Vassilij Siemiònyč Kusòvkin; un nobile. Vive qui in casa. Ci sta dai tempi del padrone buon'anima. Il padrone si può dire che lo teneva con sé per divertimento.
Ieliètzkij Ed è un pezzo che sta qui?
Iegòr Eh, tanto! Dalla morte del vecchio padrone son passati un vent'anni e Vassilij Siemiònyč era già qui, quando il padrone buon'anima era ancora vivo.
Ieliètzkij Va bene.... A proposito: avrete un ufficio d'amministrazione, non è vero?
Iegòr E come se ne potrebbe fare a meno?...
Ieliètzkij Domani, vedrò ogni cosa io. Va'. (Iegòr esce) Questo fattore mi sembra uno stupido. Del resto, vedremo. (si alza e si mette a camminare in su e in giù) Ecco che anch'io sono in campagna: nella mia campagna. Strano! Ma è bello!
(Nell'anticamera si sente la voce di Tropaciòv: « Sono arrivati? oggi? »)
Ieliètzkij (fra sé) Chi è?
Pietro (entrando dall'anticamera) È venuto Flegònte Alexàndryč Tropaciòv. Desidera vedervi... Che debbo rispondere?
Ieliètzkij (fra sé) Ma chi diavolo è costui? Il nome non m'è nuovo. (Forte) Di' che favorisca.
Tropaciòv (entrando) Salute, Paolo Nicolàic, bonjour. (Ieliètzkij s'inchina con evidente aria di stupore) Mi sembra che non mi riconosciate... Ricordate, a Pietroburgo dal conte Kuntzòv...
Ieliètzkij Ah! sì, sì... Prego, prego... lietissimo... (gli stringe la mano).
Tropaciòv Io sono il più prossimo dei vostri vicini. Sto a due verste da qui. Per andare in città debbo passare proprio accanto alla vostra casa. Sapevo che vi aspettavano... Allora — ho pensato — oggi vado a informarmi. Però, se son capitato in un momento poco opportuno, fatemi il piacere di dirmelo. Entre gens comme il faut,voi capite, non c'è da far complimenti.
Ieliètzkij Al contrario: spero anzi che restiate a pranzo con noi... sebbene io non sappia che cosa ci abbia preparato il nostro cuoco di campagna.
Tropaciòv (mettendosi in posa e giocando col bastone) Oh, Dio mio! Lo so bene: in casa vostra tutto è su un gran tono. Anche voi, spero che, uno di questi giorni, mi farete l'onore di venire a pranzo da me... Voi non potete credere, come sia lieto del vostro arrivo. Qui ce ne sono così poche di persone come si deve, des gens comme il faut. Et madame?Come sta? Io l'ho conosciuta bambina. Sì, sì, conosco vostra moglie; la conosco benissimo. Mi congratulo con voi, Paolo Nicolàič, mi congratulo sinceramente. Hè-hè!... Ma essa, probabilmente non si ricorderà più di me. (Si mette di nuovo in posa e si liscia i favoriti).
Ieliètzkij Mia moglie sarà molto lieta... Ora è andata a passeggiare in giardino con quel... con quel signore che vive qui.
Tropaciòv (con aria di disprezzo) Ah! con quello! Mi sembra un mezzo buffone. Però è un uomo quieto. A proposito: con me è venuto un altro nobile... È là in anticamera. Permettete?
Ieliètzkij Prego, prego... Ma perché in anticamera?
Tropaciòv Oh! ne faites pas attention.È uno così... è... è uno che non conta. Anche lui, essendo in miseria, vive in casa mia. Viene sempre con me... Soli, in istrada, ci si annoia. Fatemi il piacere, non vi disturbate...je vous en prie.(Avvicinandosi all'anticamera) Karpaciòv! Entra, amico.
(Karpaciòv entra e s'inchina) Ecco, Paolo Nicolàič: ve lo presento.
Ieliètzkij Felicissimo.
Tropaciòv (Prende Ieliètzkij sottobraccio e, piano, piano, lo conduce lontano da Karpaciòv, che, timidamente, si tira da parte). C'est bien, c'est bien.Starete un pezzo con noi, Paolo Nicolàič?
Ieliètzkij Ho preso tre mesi di permesso.
(Ambedue cominciano a passeggiare avanti e indietro).
Tropaciòv Poco... poco. Capisco che non potete assentarvi di più... e poi credo che vi avranno lasciato venir via a malincuore. Hè-hè!... È necessario che vi riposiate. Dite un po': vi piace la caccia?
Ieliètzkij Da quando sono al mondo, non ho mai preso in mano un fucile... Però, prima di partire, mi sono comperato un cane. Dite un po': c'è molta selvaggina qui?
Tropaciòv Ce n'è, ce n'è. Se volete, ci penso io. Vi faremo diventare un cacciatore. (A Karpaciòv) Di' un po': da noi, a Malinnik ci sono delle nidiate?
Karpaciòv (dall'angolo con voce di basso) Due ce ne sono; e a Kàmiennaia Griadà: tre.
Tropaciòv Ah; bene!
Karpaciòv Anche Fedùl, il guardaboschi, diceva, giorni fa, che a Gorièloie...
(Dal giardino rientra Olga con Kusòvkin e Ivànov. Karpaciòv tace e fa un inchino).
Olga Ah, Paul;come è bello il nostro giardino!... (Nel vedere Tropaciòv si arresta).
Ieliètzkij (a Olga) Permetti che ti presenti il signor...
Tropaciòv (interrompendo Ieliètzkij) Scusate, scusate: noi siamo dei vecchi conoscenti... Olga Petròvna, probabilmente, non mi riconosce... E non c'è da meravigliarsi. L'ho conosciuta (indica colla mano un'altezza di un mezzo metro da terra) comme ça. (Si mette in posa e continua con un sorriso) Io sono Flegònte Tropaciòv... vi ricordate del vostro vicino Flegònte Tropaciòv? Ricordate che vi portava i giocattoli dalla città? Voi, allora, eravate una graziosa bambina; ora invece!... (Insiste, in tono significativo, sull'ultima parola, fa un inchino, un passo indietro, poi si raddrizza, assai soddisfatto di sé).
Olga Ah, monsieur Tropaciòv; ma certamente... Ora vi riconosco... (Gli tende la mano) Non potete credere come sia felice, da quando son qui.
Tropaciòv (dolce) Solo da quando siete qui?
Olga (gli risponde con un sorriso) La mia infanzia mi è tornata così viva alla memoria... Paul,tu devi assolutamente venire con me in giardino. Ti farò vedere un'acacia, che piantai colle mie mani... Ora è assai più alta di me.
Ieliètzkij (a Olga, indicandole Karpaciòv) Monsieur Karpaciòv, un altro vicino.
(Karpaciòv s'inchina e si rannicchia nel cantuccio, dove si sono già affrettati a ritirarsi Kusòvkin e Ivànov).
Olga Felicissima...
Tropaciòv (a Olga) Ne faites pas attention.(A voce alta e stropicciandosi le mani) E così, eccovi finalmente in campagna, nella vostra casa: e da padrona... Come vola il tempo, eh?
Olga Spero che pranzerete con noi.
Ieliètzkij L'ho già invitato io il signor...come vi chiamate?
Tropaciòv Flegònte Alexàndryč.
Ieliètzkij L'ho già invitato io, Flegònte Alexàndryč... Solo ho paura che il pranzo...
Tropaciòv Oh per carità!
Olga (tirando Ieliètzkij unpo' in disparte) Questo signore è venuto in un momento poco opportuno...
Ieliètzkij È vero... Però mi sembra una persona dabbene.
Tropaciòv (Si tira in disparte e, dondolandosi con disinvoltura e mordendo, di tanto in tanto, il pomo del suo bastone, s'avvicina a Kusòvkin e gli dice con voce nasale) Ah, ben trovato! Dunque, come va?
Kusòvkin Eh, ringraziamo Iddio!
Tropaciòv (indicando col gomito Karpaciòv) Voi lo conoscete, mi pare.
Kusòvkin Eh, diamine!... ci conosciamo.
Tropaciòv Bene, bene, bene... (A Ivànov) Ah!... come diavolo vi chiamate?!... Anche voi qui?
Ivànov Anche io...
Olga (a Tropaciòv) Monsieur... monsieur...Tropaciòv...
Tropaciòv (voltandosi di scatto) Madame?
Olga Noi, da vecchi amici, non facciamo complimenti, vero?
Tropaciòv Prego...
Olga Permettete che mi ritiri un momento... Siamo arrivati proprio adesso... Bisogna dare un'occhiata...
Tropaciòv Prego, prego, Olga Petròvna... E anche voi, Paolo Nicolàič, fate il vostro comodo; hè hè! Noi intanto chiacchieriamo un po' qui con questi signori...
Olga E poi, sebbene voi siate un vecchio amico, mi vergogno... con questo abito da viaggio...
Tropaciòv (con un sorriso) Io non accetterei un simile... un simile pretesto... se non sapessi che per le signore... la toilette... è sempre... diciamo così... è sempre una cosa che fa piacere... (s'impappina, fa un inchino e si mette in posa).
Olga (ridendo) Come siete malizioso!... Signori, vi lascio... arrivederci.
(Esce per il salotto).
Tropaciòv Paolo Nicolàič, permettete che vi faccia ancora una volta i miei rallegramenti... Si può dire davvero che voi siete un uomo fortunato...
Ieliètzkij (sorride e gli stringe la mano) Avete ragione... Taddeo... cioè, Flegònte Alexàndryč.
Tropaciòv Ma sentite... io, forse, vi trattengo qui...
Ieliètzkij Al contrario, Flegònte Alexàndryč. Sapete che vi propongo?... A voi che vi occupate di campagna, non riuscirà sgradito...
Tropaciòv (stando quasi addosso a Paolo Nicolàič e premendosi sulla pancia la mano di lui) Disponete pure di me, Paolo Nicolàič; ve ne prego.
Ieliètzkij Prima di colazione, volete che andiamo un po' sull'aia? È a due passi di qui: vicino al giardino.
Tropaciòv Enchanté... figuratevi.
Ieliètzkij Allora, prendete il vostro cappello. (Forte) Giovanotto, ehi, là!
(Entra Pietro) Fa' preparare la colazione.
Pietro Il signore sarà obbedito! (Esce).
Tropaciòv Karpaciòv verrà con noi, se permettete.
Ieliètzkij Felicissimo...
(Escono tutti e due. Karpaciòv li segue).
Kusòvkin (volgendosi di scatto a Ivànov) Ebbene, Vània, dimmi un po' tu adesso: com'è la nostra Olia?
Ivànov È bella; non c'è che dire.
Kusòvkin E com'è affabile, eh, Vània?
Ivànov Sì; è assai diversa da lui.
Kusòvkin Ma lui è cattivo, forse? Rifletti un po', Vània: è una persona altolocata; ed è abituato, sai, a tenere quel contegno. Se anche avesse voglia di scherzare, tu lo capisci: non può. Questa è un'esigenza di laggiù. Piuttosto, Vània, hai notato che occhi ha lei?
Ivànov No; non ci ho badato, Vassilij Siemiònyč.
Kusòvkin Mi meraviglio di te, santo Dio! Questo, Vània, non è bello; ti dico davvero: non è bello.
Ivànov Può darsi; del resto io non dico nientè... Ah, ecco che viene il maggiordomo.
Kusòvkin (abbassando la voce) Bè; che importa se viene? Noi non facciamo niente di male.
(Entra Trembïnskij con Pietro. Pietro porta la colazione sopra un vassoio).
Trembïnskij (spingendo un tavolo nel mezzo della sala) Ecco; posa qui e bada di non romper niente.
(Pietro depone il vassoio e spiega una tovaglia. Trembïnskij gliela leva di mano)
Trembïnskij Da' qua... Faccio io; tu va' a prendere il vino.
(Pietro esce. Trembïnskij mette la tovaglia e guarda Kusòvkin di traverso)
Eh, guarda un po': ci sono certi che nascono proprio colla camicia. Noi, per un tozzo di pane dobbiamo dar la pelle e loro trovano tutto gratis. Ecco: domando se c'è giustizia a questo mondo. È proprio incredibile!
Kusòvkin (Tocca concautela la spalla di Trembïnskij; Trembïnskij lo guarda stupito) Vi siete sporcato... contro il muro.
Trembïnskij Eh!... figurarsi che disgrazia... lasciatemi stare.
(Entra Pietro colle bottiglie e il vaso per mettere in fresco lo Champagne, vaso che depone su un piccolo tavolo, vicino alla porta)
Trembïnskij Su, cammina; spicciati. (Prende le bottiglie e le mette sulla tavola) Su, porta via queste pedine... Guarda che bel momento hanno trovato per giocare, i signori... E poi che bel gioco! È un gioco da nobili questo?
(Pietro porta via le pedine).
Ivànov (sottovoce a Kusòvkin) Addio, amico mio.
Kusòvkin (sottovoce) Dove vai?
Ivànov (sottovoce) A casa.
Kusòvkin (sottovoce) Aspetta; resta.
Iegòr (affacciandosi dall'anticamera) Narciso Constantinovič; ehi! Narciso Constantinovič...
Trembïnskij (voltandosi) Che c'è?
Iegòr Dov'è andato il padrone?
Trembïnskij Sull'aia. Come mai non siete con lui?
Iegòr Sull'aia?... Ah! mamma mia...
(Fa per correr via, ma immediatamente si rimette diritto, incrocia le braccia dietro la schiena e si stringe contro la porta. Entrano: Ieliètzkij, Tropaciòv e Karpaciòv).
Ieliètzkij (a Tropaciòv) E così vous êtes content?
Tropaciòv Très bien, très bien; tout est très bien...Ah, Iegòr, buon giorno!
(Iegòr fa uninchino. Tropaciòv gli batte sulla spalla)
Voi avete un gran brav'uomo, Paolo Nicolaič... Potete fidarvi di lui a occhi chiusi.
(Iegòr s'inchina di nuovo ed esce)
Ah! la colazione è pronta. (Si avvicina alla tavola) Eh! ma questo è un pranzo in piena regola. Comme c'est bien servi! (Solleva da un piatto il coprivivande d' argento) Beccaccini!... scusate se è poco... Mi pare d'essere al Restaurant Saint-George!1. Che furfante quel Saint-George!Però vi fa mangiare in un modo!... Quante centinaia di rubli ho buttati da lui in pranzi e in cene...
Ieliètzkij Vogliamo sederci? Giovanotto, le sedie...
(Pietro porta le sedie; Trembïnskij si dà da fare intorno agli ospiti; Ieliètzkij e Tropaciòv si siedono).
Tropaciòv (a Karpaciòv) Siediti anche tu Karpacce2... (A Ieliètzkij) Cest comme cela que je l'appelle...Vous permettez?
Ieliètzkij Prego, prego. (A Kusòvkin e ad Ivànov che, non si muovono dal loro angolo) Ma voi, signori, perché non sedete?... Prego...
Kusòvkin (inchinandosi) Tante grazie... Staremo in piedi...
Ieliètzkij Sedete, vi prego.
(Kusòvkin e Ivànov si siedono timidamente a tavola. Tropaciòv si siede, rispetto agli spettatori, alla sinistra di Ieliètzkij; Karpaciòv a destra, a una certa distanza; vicino a lui Kusòvkin e Ivànov. Trembïnskij, colla salvietta sotto l'ascella, sta in piedi dietro Ieliètzkij. Pietro sta accanto alla porta).
Ieliètzkij (alzando da un piatto il coprivivande) Bè, signori: mangiamo quel che la Provvidenza ci manda.
Tropaciòv (col boccone in bocca) Parfait, parfait: avete un cuoco meraviglioso, Paolo Nicolàič.
Ieliètzkij Troppo gentile! (pausa) Dunque, voi credete che il raccolto quest'anno sarà buono?
Tropaciòv (continuando a mangiare) Questa è la mia opinione. (Bevendo un bicchiere di vino) Alla vostra salute! Karpacce, perché non bevi alla salute di Paolo Nicolàič?
Karpaciòv (balzando in piedi) Cent'anni di vita, all'illustre padrone di casa... (vuota il bicchiere d'un fiato) e ogni felicità... (si siede).
Ieliètzkij Grazie.
Tropaciòv (a Karpaciòv, toccando col gomito Ieliètzkij). Ecco chi bisognerebbe eleggere capo della nobiltà! Eh? Che ne pensi?
Karpaciòv Sfido io! Che si potrebbe pretendere di meglio?
Tropaciòv Eh, infatti, Paolo Nicolàič, se non fosse il vostro servizio - che meraviglioso formaggio! - se non fosse il vostro servizio che vi trattiene a Pietroburgo, dovreste essere voi il nostro capo della nobiltà!
Ieliètzkij Troppo buono...
Tropaciòv No; non scherzo mica! (A Kusòvkin) Ma voi perché non bevete alla salute di Paolo Nicolàič? Eh? (A Ivànov) E anche voi, eh?!
Kusòvkin (con un certo imbarazzo) Con tutto il piacere...
Tropaciòv Karpacce, versagli da bere... riempigli il bicchiere. Ecco, così; senza tanti complimenti!
Kusòvkin (alzandosi in piedi) Alla salute dell'illustre padrone di casa... e della sua signora. (Fa un inchino, beve, poi siede. Anche Ivànov fa un inchino e beve senza dire una parola).
Tropaciòv Ah, bravo! (a Ieliètzkij). Aspettate... Nous allons rire. È un tipo molto divertente; solo, bisogna farlo ubriacare. (A Kusòvkin, giocherellando col coltello). Bè, come state signor Coso... Ivànyč? Era un pezzo che non vi vedevo. Piano, piano, si tira avanti eh?
Kusòvkin Eh, si tira avanti, come dite voi.
Tropaciòv Sicuro. Benone. E dite un po': il vostro possedimento di Vietròvo, ve l'hanno finalmente restituito o no?
Kusòvkin (abbassando gli occhi) Avete voglia di scherzare!
Tropaciòv Per carità; che vi salta in testa? Io m'interesso vivamente di voi. Non scherzo affatto.
Kusòvkin (con un sospiro) Niente di definito ancora; niente.
Tropaciòv Davvero?
Kusòvkin Niente di definito.
Tropaciòv Abbiate pazienza; che volete fare! (A Ieliètzkij, strizzando l'occhio) Voi, Paolo Nicolàič, forse non sapete che, nella persona del signor Kusòvkin, avete dinanzi a voi il proprietario, il vero proprietario, il possessore, o meglio... l'erede, il legittimo erede del villaggio di Vietròvo, di Ugaròv... (A Kusòvkin) Dite un po': quanti contadini avete?
Kusòvkin Nel villaggio di Vietròvo, secondo l'ottavo censimento, quarantadue; ma il villaggio non spetta tutto a me.
Tropaciòv (piano a Ieliètzkij) Vietròvo è la sua fissazione. (Forte) E la parte che spetta a voi che estensione ha?
Kusòvkin (abbandonando a poco, a poco, la sua timidezza) Fatte le divisioni e pagate lo tasse fiscali, mi resteranno più di ottantaquattro ettari.
Tropaciòv E dei contadini, quanti ve ne spettano?
Kusòvkin Non si può sapere esattamente. Parecchi sono fuggiti.
Ieliètzkìj Ma perché, dunque, non siete in possesso della vostra proprietà?
Kusòvkin C'è una causa in corso.
Ieliètzkìj Una causa? E con chi?
Kusòvkin Ci sono degli altri che si dichiarano eredi. Cisono poi dei debiti col fisco... con privati...
Ieliètzkij Ed è un pezzo che dura quest'affare?
Kusòvkin (animandosi a poco a poco) Eh! tanto... Da quando era ancora al mondo il vecchio padrone buon'anima, che Dio l'abbia in gloria! Avrei vinto io, ma senza mezzi!... E poi ho anche poco tempo. Bisognerebbe fare qualche scappata in città, far pressioni, si capisce, darsi da fare... ma non ho tempo. Solo la carta bollata, poi, costa unocchio. E io non ho denari.
Tropaciòv Karpacce, versagli un altro bicchiere.
Kusòvkin (cercando di rifiutare) No; grazie mille...
Tropaciòv Ma via! (Beve) Alla vostra salute! (Kusòvkin si alza, fa un inchino e beve) Dunque che intenzioni avete? Così non va bene. In questa maniera perderete la causa.
Kusòvkin Che debbo fare? È già più d'un anno che non do-mando nemmeno informazioni. (Tropaciòv scrolla la testa in segno di rimprovero) A dir la verità, laggiù ho un uomo che... Io confido in lui, ma poi... Dio solo può leggergli dentro!
Tropaciòv (dando un'occhiata a Ieliètzkij) Ma chi è questo tale; si può sapere?
Kusòvkin Veramente, non si potrebbe; ma... perché no? ... Sichiama Ivàn Arhipyč Lyčkov. Lo conoscete?
Tropaciòv Non lo conosco; chi è?
Kusòvkin Come!... è l'avvocato distrettuale... cioè.....prima era avvocato distrettuale... e, per essere esatti, non qui, ma a Vièniov. Ora vive così... si occupa specialmente di commercio.
Tropaciòv (continuando a guardare Ieliètzkij, che comincia a divertirsi con Kusòvkin). E questo signor Lyčkov vi ha promesso il suo aiuto?
Kusòvkin (dopo un momento di silenzio) Me l'ha promesso. Io gli ho tenuto a battesimo il suo secondogenito e così lui mi ha promesso... Aspetta - mi ha detto - ci penso io ad accomodare ogni cosa. Eh! chi non lo conosce? Ivàn Arhipyč è maestro!...
Tropaciòv Ohi là!
Kusòvkin È l'uomo più esperto di tutto il governatorato.
Tropaciòv Ma mi pare che abbiate detto che è stato messo a riposo e che si occupa di commercio...
Kusòvkin Già; gli è capitata una disgrazia... ma è un uomo d'oro. Io, però, è un pezzo che non lo vedo.
Tropaciòv Come?!
Kusòvkin Sarà ormai un anno.
Tropaciòv Eh! ma perché?... signor... come diavolo vi chiamate?... Non va bene.
Kusòvkin Avete perfettamente ragione. Ma che volete che faccia!
Ieliètzkij Via, raccontateci come sta la questione.
Kusòvkin (tossisce, sputa, poi con tono ardito) Ecco di che si tratta, Paolo Nicolàič. Perdonate il mio ardire... ma giacché voi lo volete... Ecco come sta la questione: il villaggio di Vietròvo... Confesso che, in vita mia, non ho mai parlato davanti a un personaggio come voi... mi perdonerete, se io...
Ieliètzkij Parlate, parlate senza preoccupazione.
Tropaciòv (indicando a Karpaciòv il bicchiere di Kusòvkin) Un bicchierino, eh?
Kusòvkin (tentando di rifiutare) No; ora permettete...
Tropaciòv Via; per prender coraggio!
Kusòvkin E vada per il coraggio. (Beve e si asciuga la fronte col fazzoletto). Dunque, signori, debbo dirvi che il villaggio di Vietròvo, di cui ora appunto si parla... questo villaggio passò, in linea discendente diretta, da mio nonno Massimo Kusòvkin, che era un maggiore e che voi forse vi sarete degnati di conoscere, ai due fratelli carnali, figli di Massimo e cioè: a mio padre Siemiòn e a mio zio Nictopolione. Mio padre Siemiòn finché fu vivo, lasciò indivisi i beni, tra lui e il suo fratello carnale, che era poi mio zio; mio zio, però, vi prego di notarlo bene, morì senza figli e subito dopo la morte di mio padre Siemiòn. Essi avevano poi una sorella carnale: Caterina... Questa Caterina sposò Porfirio Iaguškin; e Porfirio Iaguškin dalla prima moglie, che era una Polacca, aveva avuto un figlio di nome Ilià, un ubriacone, uno sregolato; al quale Ilià, mio zio Nictopolione, forse per le pressioni della sorella Caterina, aveva rilasciato una cambiale di millesettecento rubli; inoltre anche Caterina aveva firmato a suo marito Porfirio, una cambiale di millesettecento rubli e da mio padre, colla complicità di Galuškin, il giudice del distretto, si era fatta firmare un'altra cambiale... ma questa volta, di duemila rubli; al quale losco affare partecipò anche la moglie di Galuškin... In quei giorni, mio padre - che Dio l'abbia in gloria - morì improvvisamente. Le cambiali furono protestate. Nictopolione, allora, comincia a dire qua, là... i beni sono indivisi... questo podere è anche di mio nipote... eccetera... Caterina, a sua volta, dice: datemi la legittima; ecco poi che saltano fuori anche gli arretrati dovuti al fisco. Era la rovina. La moglie di Galuškin all'improvviso ci sbatte in faccia la sua cambiale... Nictopolione dice: mio nipote risponde di ogni cosa... ma - giudicate voi, signori - di che doveva rispondere un minorenne? E Galuškin lo cita in giudizio. A lui si unì anche il figlio della Polacca, che non ebbe un riguardo nemmeno per la sua matrigna: Caterina... - Non voglio perdonarla nemmeno a lei - dice... essa - dice - ha avvelenato la mia serva Akulina... - Allora cominciarono i guai. Ricorsi su ricorsi: in tribunale, in corte d'appello e poi dalla corte d'appello di nuovo in tribunale: tutti respinti... Dopo la morte di Nictopolione, successe la catastrofe completa. Io chiedo di entrare in possesso del mio patrimonio ed ecco che vien fuori un'ordinanza: vendere all'asta il villaggio di Vietròvo per pagare gli arretrati dovuti al fisco. Il tedesco Ganginmeister avanza anche lui i suoi diritti; e allora, capite bene, i contadini, come tante pernici, prendono il volo chi di qua, chi di là, mentre il capo distrettuale della nobiltà, mi legge un'ammonizione, gridandomi: « Sotto tutela, sotto tutela! »... Ma perché sotto tutela?... se l'erede legittimo non era nemmeno entrato in possesso del suo patrimonio!... Intanto Caterina, la matrigna, presenta contro Ilià, il figlio della Polacca, una protesta, nientemeno che al Senato...
(Interrotto da una risata generale, Kusòvkin ammutolisce e resta terribilmente confuso. Trembïnskij, che, per tutto il tempo, con aria senile e indecisa, ha guardato i signori e rispettosamente ha partecipato alla loro allegria, porta una mano davanti alla bocca e scoppia in una stridula risata. Pietro sorride, stupidamente, stando diritto accanto alla porta. Karpaciòv sghignazza senza ritegno. Tropaciòv si abbandona a un riso sfrenato, Ieliètzkij ride con un'aria di disprezzo e strizza gli occhi. Solo Ivànov, che durante il discorso ha tirato più d'una volta le falde a Kusòvkin, che non s'è mai interrotto, siede a testa bassa).
Ieliètzkij (a Kusòvkin, continuando a ridete) Continuate; perché vi siete fermato?
Tropaciòv Fateci il favore, signor... come diavolo vi chiamate?... continuate.
Kusòvkin Scusate... vi ho annoiato forse...
Tropaciòv No, voi avete soggezione, lo vedo bene... Non è vero che avete soggezione?
Kusòvkin (con voce spenta) Eh, sissignore!
Tropaciòv Bè; a questo guaio ci vuole un rimedio. (Sollevando la bottiglia vuota) Cameriere! un po' di vino... (A Ieliètzkij) Vous permettez?
Ieliètzkij Prego, prego... (A Trembïnskij) Champagne non ce n'è?
Trembïnskij Eh, diamine!... (Corre a prendere il vaso dello champagne e lo porta subito; Kusòvkin sorride e si tocca i bottoni della redingote).
Tropaciòv Così non va, egregio amico! Aver soggezione... tra gente comme il faut, non è ammesso. (A Ieliètzkij indicando il vaso dello champagne) Come! già ghiacciato? Mais c'est magnifique. (Riempie una coppa) Dev'essere meraviglioso. (A Kusòvkin) Questo per voi. E non cominciate a dir di no... Via: vi siete confuso un pochino; poco male! Paolo Nicolàič, ordinategli di bere...
Ieliètzkij Alla salute del futuro proprietario di Vietròvo! Su; bevete Vassilij... Alexieič.
(Kusòvkin beve).
Tropaciòv Così mi piace! (Si alza con Ieliètzkij; tutti si levano e vanno verso il proscenio) Che squisita colazione! (A Kusòvkin) Bè; allora? Come sta, dunque la questione? Con chi siete in causa, adesso?... Eh?
Kusòvkin (cominciando ad alterarsi per il vino bevuto) Cogli eredi di Ganginmeister naturalmente...
Tropaciòv Ma chi è questo signore?
Kusòvkin Eh, si sa: un tedesco. Egli aveva comperalo le cambiali; altri invece dicono che se le fosse semplicemente prese. Anch'io, del resto, sono di questa opinione. Dunque intimorì quelle donne e si prese le cambiali.
Tropaciòv E quella tale Caterina che stava a fare? E Ilià, il figlio della Polacca?
Kusòvkin Eh! tutti morti! Il figlio della Polacca è morto an-che lui: bruciato in un incendio, in un'osteria sulla via maestra, mentre era ubriaco. (A Ivànov) Ma smettila di tirarmi le falde. Io credo di spiegarmi come si deve innanzi ai signori. Sono loro che me lo chiedono. Che c'è di male... eh?
Ieliètzkij Lasciatelo fare, signor Ivànov; ci fa molto piacere sentirlo.
Kusòvkin (a Ivànov) Vedi, vedi? (A Ieliètzkij e a Tropaciòv) Ditemi voi, signori: che cosa chiedo io? lo chiedo giustizia, chiedo il rispetto della legge. To non lo faccio per ambizione. Al diavolo, l'ambizione, lo dico: giudicateci. Se ho torto... ho torto! ma se ho ragione, se ho ragione...
Tropaciòv (interrompendolo) Un altro bicchieretto...
Kusòvkin No; grazie tante... Ecco quello che chiedo...
Tropaciòv Allora, permettete che vi abbracci.
Kusòvkin (stupito) Troppo onore... Grazie, grazie...
Tropaciòv Non c'è da ringraziare; voi mi siete così simpatico... (Abbraccia Kusòvkin, tenendolo stretto per qualche tempo) Vorrei anche baciarvi, mio caro; ma no: sarà per un'altra volta.
Kusòvkin Come volete.
Tropaciòv (strizzando l'occhio a Karpaciòv) Via, Karpacce, ora tocca a te...
Karpaciòv (con una grassa risata) Venite qua, Vassilij Siemiònyč, lasciate che vi stringa sul cuore... (Abbraccia Kusòvkin e fa due o tre piroette con lui).
(Tutti ridono: ognuno secondo la sua maniera caratteristica).
Kusòvkin (liberandosi con forza dall'abbraccio di Karpaciòv) Ma basta, via!
Karpaciòv Via; non fare lo scontroso!... (A Tropaciòv) Flegònte Alexàndryč, ordinategli piuttosto di cantare una canzonetta... È il suo forte.
Tropaciòv Amico, voi cantate?... Ah! fateci la cortesia: dateci un saggio del vostro talento!
Kusòvkin (a Karpaciòv) Ma che fandonie inventate? Sono un cantante io?
Karpaciòv Quand'era vivo il padrone buon'anima, noncantavate a tavola?
Kusòvkin (abbassando la voce) Quand'era vivo il padrone buon'anima... Da allora ho fatto in tempo a invecchiare...
Tropaciòv Vecchio voi!... ma fatemi il piacere!
Karpaciòv (indicando Kusòvkin) Cantava e ballava.
Tropaciòv Davvero! Eh! Mi accorgo che siete un portento. Via, una canzoncina: in segno d'amicizia... (A Ieliètzkij) C'est un peu vulgaire; ma tanto in campagna... (Forte a Kusòvkin) Che ci cantate dunque? Via, su: « Andando per la strada... » (Comincia a cantare la canzone: « Andando per la strada... ») Bè?
Kusòvkin Dispensatemi, fatemi la grazia.
Tropaciòv Che testardo!... Ieliètzkij, ordinateglielo voi...
Ieliètzkij (con voce un po' esitante) Ma perché non volete cantare adesso, Vassilij Siemiònyč?...
Kusòvkin Non è più l'età, Paolo Nicolàič. Dispensatemi.
Trembïnskij (cercando di rendersi gradito ai signori e guardandoli con un sorriso) Eppure, se non sbaglio, poco tempo fa, alle nozze del fratello del signore (indica Ivànov) vi siete compiaciuto di mostrare la vostra abilità.
Tropaciòv Ah, ecco!... vedete?
Trembïnskij Ha traversato tutta una stanza, ballando la prisiadka1.
Tropaciòv Oh, allora non potete più rifiutarvi... Perché volete fare un'offesa a Paolo Nicolàič e a me?
Kusòvkin Allora lo feci spontaneamente.
Tropaciòv E ora siamo noi che vi preghiamo. Considerate almeno questo: che il vostro rifiuto si potrebbe interpretare come un atto d'ingratitudine. E l'ingratitudine... ahi! ahi! è una gran brutta cosa...
Kusòvkin Ma se non ho più voce! In quanto a essere ingrato poi... io son uno che serba gratitudine fino alla morte e sarei pronto a sacrificare ogni cosa.
Tropaciòv Ma noi non vi chiediamo nessun sacrificio... Cantateci solo una canzoncina. Via!... (Kusòvkin tace) Su, via!...
Kusòvkin (dopo un momento di silenzio, comincia a cantare: « Andando per la strada... » ma la voce gli si spezza alla seconda parola) Non posso... in nome di Dio, non posso.
Tropaciòv Via, via: non abbiate soggezione.
Kusòvkin (gettandogli un'occhiata) No; non canterò.
Tropaciòv Non canterete?
Kusòvkin Non posso.
Tropaciòv Allora sapete che faccio? Vedete questa coppa di champagne? Ve la verso tutta giù per il collo.
Kusòvkin (turbato) No; non lo farete. Non lo merito. Nessuno mi ha trattato mai così... Fatemi la grazia. È... una vergogna.
Ieliètzkij (a Tropaciòv) Finissez... Vedete com'è turbato.
Tropaciòv (a Kusòvkin) Non volete cantare?
Kusòvkin Non posso cantare...
Tropaciòv Non volete dunque? (Avvicinandosi a lui) Uno...
Kusòvkin (con voce implorante a Ieliètzkij) Paolo Nicolàič...
Tropaciòv Due... (Si avvicina ancora di più a Kusòvkin).
Kusòvkin (indietreggiando e con voce angosciata dalla disperazione) Per carità!... perché mi trattale così? Io non ho l'onore di conoscervi... Eppoi, anch'io, alla fin dei conti, sono un nobile: vi prego di considerarlo... Cantare, non posso... Avete potuto vederlo voi stesso...
Tropaciòv Per l'ultima volta...
Kusòvkin Basta, vi dico... Io non sono il vostro buffone...
Tropaciòv Come se per voi fosse una cosa nuova!
Kusòvkin (riscaldandosi) Fate il piacere di cercarvi un altro buffone.
Ieliètzkij Davvero, su, lasciatelo!
Tropaciòv Ma vi assicuro che ai tempi di vostro suocero non faceva altro che fare la parte del buffone.
Kusòvkin Son cose passate. (Si asciuga il sudore sul viso) E poi la mia testa oggi non sta bene; veramente.
Ieliètzkij Bè; fate come volete.
Kusòvkin (con ansia) Non vogliate inquietarvi con me, Paolo Nicolàič.
Ieliètzkij Eh, via! Nemmeno a pensarlo.
Kusòvkin Ve lo giuro innanzi a Dio: un'altra volta lo farò con piacere. (Cercando di assumere un'aria gaia) Ma ora siate così generoso di scusarmi se ho mancato in qualche cosa... Mi sono riscaldato un po', signori; che farci? Son diventato vecchio, ecco la questione... E poi non sono più abituato a bere.
Tropaciòv Almeno bevete questa coppa.
Kusòvkin (rallegrandosi) Questo sì, con piacere; con tutto il piacere. (Prende la coppa e beve) Alla salute del nostro rispettabile e caro ospite...
Tropaciòv Bè; ma la canzonetta proprio no?
Kusòvkin (Il vino già da un pezzo lo ha fatto alterare; ma dopo l'ultima coppa e lo scampato pericolo, egli comincia ad ubriacarsi sul serio) In nome di Dio, non posso. (Ride) Sicuro: una volta cantavo... e non tanto peggio degli altri. Ma ora non è più quel tempo. Ora che cosa sono? Uno che non conta nulla: nient'altro. Come lui. (Indica Ivànov e ride) Ora non servo più a niente. In ogni modo, voi mi perdonerete. Sono diventato vecchio: ecco... Vedete, per esempio: potrebbe sembrare che io oggi abbia bevuto troppo. Ho bevuto due o tre bicchieri in tutto e già (indicandosi la testa) questa non sta più a posto.
Tropaciòv (che intanto ha sussurrato qualche, cosa a Karpaciòv) È una vostra impressione; via!... (Karpaciòv esce, ridendo; esce anche Pietro). Ma perché non avete finito di parlarci della vostra questione?
Kusòvkin Ah, è vero! È vero: non ho finito di raccontare. Del resto sono pronto, se lo comandate. (Ride) Però siate così gentile di... permettermi di sedere. Le mie gambe ecco...vedete!... si rifiutano di...
Tropaciòv (dandogli una sedia) Prego, prego signor... - come diavolo vi chiamate?... - accomodatevi.
Kusòvkin (si siede col viso rivolto agli spettatori e parla lentamente, con un'aria stanca, diventando presto del tutto ubriaco) Dunque: dove diamine sono rimasto? Già: a Ganginmeister. Questo Ganginmeister era un tedesco, è chiaro... Egli entrò in servizio... entrò in servizio... nella Commissione delle forniture... - dove senza dubbio ha rubato a man salva - e adesso, dice, la cambiale è mia... Ma io sono un nobile... Già: ma che volevo dire? Ah!... allora mi dice: o paga, o fammi entrare in possesso... o paga, o fammi entrare in possesso... o paga, o fammi entrare in possesso del podere... o...
Tropaciòv Voi dormite, amico mio; svegliatevi.
Kusòvkin (sussulta, poi ripiomba in uno stato di dormiveglia. Egli parla ormai a gran fatica) Chi? io? Per carità! Come potete pensare... ma non fa niente. Io non dormo. Di notte si dorme; ora, invece, è giorno. Che è notte adesso? Io parlo di Ganginmeister. Questo Ganginmeister... Gangin...meister... Gan-gin-meister... questo è il mio vero nemico. Mi dicono questo, quello... no, dico io: Gan-gin-meister. Ganginmei-ster: ecco chi mi fa del male.
(Karpaciòv entra recando un gran cappello, fatto con un cartoccio di quelli per lo zucchero e, scambiata un'occhiata con Tropaciòv, scivola in silenzio alle spalle di Kusòvkin. Trembïnskij non ne può più dal ridere. Ivànov, pallido, abbattuto, guarda di sotto in su).
E io so perché non mi può vedere... Lo so: mi ha avvelenato tutta l'esistenza questo Ganginmeister. Fin dall'infanzia.
(Karpaciòv mette cautamente il cappello di carta sulla testa di Kusòvkin).
Ma io gli perdono... Che Dio pure gli perdoni... Che Dio pure gli perdoni ogni cosa...
(Tutti ridono. Kusòvkin si arresta e, con un'aria da ebete, si guarda intorno).
Ivànov (gli si avvicina, lo prende per un braccio e gli dice tra i denti) Guarda che ti hanno messo in testa... Non vedi che ti prendono per il loro buffone?!
Kusòvkin (porta le mani alla testa, palpa il cappello di carta, abbassa lentamente le mani sul viso, si copre gli occhi e all'improvviso comincia a singhiozzare, mormorando tra le lagrime, senza tuttavia togliersi il cappello di carta)
Perché? Perché? Perché?
(Tropaciòv, Trembïnskijj e Karpaciòv continuano a sghignazzare. Anche Pietro ride, guardando di sulla porta).
Ieliètzkij Via, Vassilij Siemiònyč, come non vi vergognate di piangere per una simile sciocchezza?
Kusòvkin (allontanando le mani dal viso) Per una simile sciocchezza?... No; non è una sciocchezza, Paolo Nicolàič... (Si alza in piedi e getta il cappello di carta sul pavimento) Il giorno stesso del vostro arrivo... Il giorno stesso... (La voce gli si spezza) Ecco, come trattate un vecchio... un vecchio, Paolo Nicolàič! Ecco in che modo! Perché, perché mi gettate nel fango? Che vi ho fatto? Ditemi! E vi aspettavo tanto, ero così contento... Perché, Paolo Nicolàič?
Tropaciòv Via, basta!... Ma cosa dite?!...
Kusòvkin (impallidendo e perdendo il dominio di sé) Io non parlo con voi... Vi hanno permesso di divertirvi alle mie spalle... e voi ne godete. Io parlo con voi, Paolo Nicolàič! Se la buon'anima di vostro suocero, per avermi fatto l'elemosina di un tozzo di pane e di un paio di stivali vecchi, si divertiva alle mie spalle come gli pareva, che bisogno avete anche voi di far lo stesso? Eh sì; quel poco che mi dava l'ho pagato colla mia anima, mi è costato tante lacrime amare... Dite: anche voi avete voglia d' imitarlo' Eh, Paolo Nicolàič!... vi fa vergogna! E poi un uomo istruito come voi; uno che viene da Pietroburgo...
Ieliètzkij (con arroganza) Sentite però: voi state perdendo la testa. Andate in camera vostra e fate una bella dormita. Voi siete ubriaco... Non vi reggete più in piedi.
Kusòvkin (perdendo sempre più la padronanza di sé) Andrò a dormire, Paolo Nicolàič, andrò a dormire... Può darsi che sia ubriaco; ma chi mi ha fatto ubriacare? Del resto questo non c'entra, Paolo Nicolàič. Ecco, piuttosto, quello che dovete notare; ecco: voi, ora, mi avete fatto diventare lo zimbello di tutti; ecco: voi mi avete gettato nel fango... e il giorno stesso del vostro arrivo... Ma se volessi, se dicessi una sola parola...
Ivànov (a mezza voce) Attento, Vassilij...
Kusòvkin Lasciami stare!... Sì, egregio signore, se volessi...
Ieliètzkij Eh! Ma è proprio ubriaco! Non sa nemmeno lui quello che dice.
Kusòvkin Scusate. Io sono ubriaco, ma so quello che dico. Ecco: voi siete un gran signore, un funzionario di Pietroburgo, un uomo istruito, oh certo!... mentre io sono un buffone, uno scemo, uno che non ha un soldo, un accattone, un parassita... Ma sapete chi sono io? Voi avete sposato... Sapete chi avete sposato... eh?
Ieliètzkij (cercando di condur via Tropaciòv) Scusate, vi prego; non mi aspettavo simili sciocchezze...
Tropaciòv A dir la verità, ci ho colpa anch'io...
Ieliètzkij (a Trembïnskij) Portatelo via, per piacere...
(Fa l'atto di andare in salotto).
Kusòvkin Aspettate, egregio signore... Voi non mi avete ancora detto chi avete sposato...
(Olga appare sulla porta del salotto e si arresta stupita. Il marito le fa segno di andarsene. Essa non capisce).
Ieliètzkij (a Kusòvkin) Andate via, andate via...
Trembïnskij (si avvicina a Kusòvkin e lo prende per un braccio) Andiamo.
Kusòvkin (respingendolo) Non mi toccare, tu! (Grida dietro a Ieliètzkij) Voi siete un signore, un uomo illustre non è vero? Voi avete sposato Olga Petròvna Kòrina... della famiglia Korin: casato antico e nobile anche questo... ma sapete dunque chi è Olga Petròvna? È... è mia figlia!
(Olga scompare).
Ieliètzkij (si ferma come fulminato) Voi... voi siete impazzito...
Kusòvkin (dopo un momento di silenzio, afferrandosi la testa fra le mani) Sì, sono impazzito.
(Scappa via, barcollando... Ivànov lo segue).
Ieliètzkij (volgendosi a Tropaciòv) È pazzo...
Tropaciòv Oh!... oh, senza dubbio!
(Ambedue se ne vanno in salotto. Trembïnskij e Karpaciòv si guardano stupiti).
Cala il sipario.
ATTO II
La scena rappresenta un salotto, riccamente addobbalo all'antica. A destra dello spettatore una porta che mette in un'altra sala; a sinistra un'altra porta che mette nella stanza di 0lga Pelròvna. Olga siede sul divano; vicino a lei, in piedi: Prascòvia Ivànovna.
Prascòvia Ivànovna (dopo un breve silenzio) Dunque, signora, quali ragazze comandate di scegliere per vostre cameriere particolari?
Olga (con una certa impazienza) QueIle che vuoi.
Prascòvia Ivànovna Akulina, la guercia, è una brava ragazza; anche Marta, la figlia di Marciuk... Volete queste due?
Olga Sì; va bene. Ma come si chiama quella ragazza... piuttosto carina... vestita di blu?
Prascòvia Ivànovna (come se non capisse) Di blu?... Ah, ho capito! Voi intendete parlare di Mascia. La signora è padrona di fare come crede... però quella è un'insolente che Dio mio!... disubbidisce in tutto e per tutto e poi anche la sua condotta non è buona. Però come vuole Vossignoria!
Olga Il viso m'era piaciuto, ma se ha una cattiva condotta...
Prascòvia Ivànovna Cattiva, cattiva; signora. Non è assolutamente il caso; non vale proprio niente. (Dopo un momento di silenzio) Ah, signora, come vi siete fatta bella! Come siete diventata somigliante alla vostra mamma! Signora cara!... Come non sentirsi felici a guardarvi!... Degnatevi di darmi la vostra manina, che la baci...
Olga Bè, va bene, Prascòvia: va'.
Prascòvia Ivànovna Subito, subito. Ma non occorre altro alla signora?
Olga No; non mi occorre niente.
Prascòvia Ivànovna La signora sarà servita. Allora darò ordine ad Akulina e a Marta...
Olga Va bene; va'. (Prascòvia fa l'atto d'andarsene) Ah! fa' dire a Paolo Nicolàič che desidero vederlo...
Prascòvia Ivànovna Sarà fatto...
(Esce).
Olga (sola) Ma che significa? Che ho mai sentito ieri?... Non ho potuto chiuder occhio tutta la notte. Quel vecchio è impazzito... (Si alza in piedi e passeggia per la camera) « È mia figlia!»... Sì, sì; proprio queste parole. Ma è una pazzia. (Fermandosi) Paul non sospetta ancora niente... Ah, eccolo!...
(Entra Ieliètzkij).
Ieliètzkij (avvicinandosi a lei con un'aria preoccupata) Volevi vedermi, Olia?
Olga Sì... volevo domandarti... Nel giardino, vicino al laghetto, tutti i viottoli sono ingombri d'erba... Quelli davanti alla casa li hanno puliti; là, invece, si sono dimenticati... Da' ordine.
Ieliètzkij Ho già disposto.
Olga Ah! grazie... A proposito: ordina anche di comperare in città i campanellini da mettere al collo alle mie vaccherelle...
Ieliètzkij Sarà tutto fatto. (Fa l'atto d'andarsene) Non hai altro da dirmi?
Olga Di' un po'... di là... hai da fare?...
Ieliètzkij Hanno portato i conti dall'amministrazione.
Olga Ah! Allora non ti trattengo... Prima di pranzo possiamo andare un po' nel boschetto...
Ieliètzkij Sì, sì... (Di nuovo fa per andarsene).
Olga (lasciandolo andare fino alla porta) Paul...
Ieliètzkij (voltandosi) Che vuoi?
Olga Dimmi, per favore... ieri non ho fatto in tempo a domandartelo... che è stata quella scena ieri mattina a colazione?
Ieliètzkij Ah!... Niente. Così... Mi rincresce solo che questo spiacevole incidente sia avvenuto proprio il giorno del nostro arrivo. Del resto un po' di colpa ce l'ho anch'io. Si pensò di far ubriacare quel vecchio: Kusòvkin... Cioè l'idea precisamente venne in lesta al nostro vicino, sai, a Monsieur Tropaciòv... Infatti dapprincipio il vecchio fu abbastanza buffo: ciarlava, raccontava tante cose... dopo, invece, cominciò a far chiasso, a dire ogni sorta di sciocchezze... Ma del resto non è successo niente... Non vale nemmeno la pena di parlarne.
Olga Ah!... Eppure m'era sembrato...
Ieliètzkij Oh! niente, niente... Per l'avvenire bisogna essere più cauti; ecco tutto. (Dopo aver riflettuto un momento) Del resto... ho già preso dei provvedimenti...
Olga Come!?
Ieliètzkij Sicuro. Vedi: sebbene sia stata una cosa di nessuna importanza... tuttavia c'erano delle persone, che hanno visto... che hanno sentito, infine. Questo è sconveniente... in una casa per bene... Perciò ho già dato disposizioni.
Olga Che cosa hai disposto?
Ieliètzkij Io... ecco, vedi... Io... ho fatto capire a quel vecchio che, anche per lui, sarebbe poco piacevole restar qui, in casa nostra, dopo una scena simile, come tu stessa dici... Egli ha convenuto subito con me, appena gli è passata l'ubriacatura...Certo: egli è povero, non ha da vivere... Ebbene: gli si potrà assegnare una cameretta in un'altra delle tue fattorie, fissargli una pensione, dargli da mangiare... Lui sarà contento... Si capisce: non gli si rifiuterà nulla.
Olga Paul, mi sembra che per una simile inezia... tu gli dia una punizione troppo dura. Egli vive qui in casa da tanti anni... Ci si è abituato... mi conosce da bambina... A dir la verità mi sembra che si potrebbe lasciar qui.
Ieliètzkij No... Olia... le ragioni ci sono. Certo; un vecchio non si può punire con troppa severità... tanto più poi che egli non era in sé... ma in ogni modo, permetti che disponga io in proposito... Ripeto che le ragioni ci sono... e abbastanza serie.
Olga Come vuoi.
Ieliètzkij E poi mi pare che abbia già fatto il suo bagaglio.
Olga Ma non andrà mica via senza salutarmi?!
Ieliètzkij Credo che verrà a congedarsi. Del resto, se ti riuscisse spiacevole, puoi anche non riceverlo.
Olga Al contrario; desidererei parlare un po' con lui...
Ieliètzkij Come vuoi, Olia... ma non te lo consiglierei. Tu ti commuoverai... e poi si sa: il vecchio ti ha vista bambina... D'altra parte debbo confessarti che non vorrei mutar decisione.
Olga Oh! no; non aver paura... Però, temo che se ne vada senza salutarmi... Per favore, manda a vedere se non è ancora partito.
Ieliètzkij Subito. (Suona) Vous êtes jolie comme un ange aujourd'hui.
Pietro (entrando) Cosa comanda il signore?
Ieliètzkij Va' di là, caro, e informati se il signor Kusòvkin, non è ancora partito. (Dopo aver dato uno sguardo ad Olia) E se non è partito, che venga a salutare.
Pietro Sarà fatto. (Esce).
Olga Paul...dovrei rivolgerti una preghiera!
Ieliètzkij (carezzevole) Di' pure: cosa vuoi?...
Olga Senti... Quando verrà questo... signor Kusòvkin... lasciami sola con lui.
Ieliètzkij (dopo un momento di silenzio, con un freddo sorriso) Mi sembra... invece... che ti troverai imbarazzata.
Olga No; fammi il piacere; ho da parlargli... Debbo domandargli... Insomma desidero parlare con lui a quattr'occhi.
Ieliètzkij (guardandola fissamente) Ma forse ieri... hai sentito qualche cosa...
Olga (guardando il marito coll'aria più ingenua) Che cosa?
Ieliètzkij (in fretta) Bè! come vuoi, come vuoi... Ecco, mi pare che venga.
(Entra Kusòvkin; è pallidissimo)
Olga Buon giorno, Vassilij Petròvič. (Kusòvkin s'inchina in silenzio) Buon giorno. (A Ieliètzkij) Eh bien mon ami? Je vous en prie.
Ieliètzkij (alla moglie) Oui, oui. (A Kusòvkin) Siete già pronto per partire?
Kusòvkin (con voce sorda e parlando a fatica) Sono pronto, sissignore.
Ieliètzkij Olga Petròvna desidera parlare con voi...salutarvi... Se vi occorre qualche cosa, ditelo pure a lei... (A Olga) Au revoir... Non resterai mica molto con lui?!
Olga Non so... non credo.
Ieliètzkij Bè; va bene...
(Esce per la sala di destra).
Olga (si siede sul divano e indica una poltrona a Kusòvkin) Sedete, Vassilij Petròvič... (Kusòvkin fa un inchino e rifiuta di sedere) Sedete, ve ne prego.
(Kusòvkin si siede. Olga per un po' non sa come incominciare il discorso) Ho sentito che partite.
Kusòvkin (senza alzar gli occhi). Sissignore.
Olga Paolo Nicolàič mi ha detto... Credetelo, mi dispiace assai...
Kusòvkin Non ve ne date pensiero... Vi sono tanto grato...
Olga Voi... nel vostro nuovo soggiorno vi troverete bene come qui... e anche meglio... state tranquillo... ci penserò io.
Kusòvkin Vi sono riconoscentissimo. Sento... di non meritare tanto. Un pezzo di pane e un cantuccio qualunque... non merito altro, signora. (Dopo un momento di silenzio, si alza) E adesso permettete che mi congedi da voi... Sono stato colpevole, sì... ma perdonate alla mia vecchiaia.
Olga Ma perché tanta fretta... Aspettate.
Kusòvkin Come comandate. (Si siede di nuovo).
Olga (Dopo un altro momento di silenzio) Ascoltate Vassilij Petròvič... ditemi sinceramente: che cosa vi è successo ieri mattina?
Kusòvkin È stata colpa mia, Olga Petròvna; tutta colpa mia.
Olga Però, come mai...
Kusòvkin Non mi domandate niente, Olga Petròvna... Non ne val la pena. La colpa è stata mia e basta. Paolo Nicolàič ha perfettamente ragione. Anzi, avrebbe dovuto punirmi più severamente... Pregherò Dio per lui, finché avrò vita.
Olga Io, per parte mia, confesso che questa gran colpa non la vedo... Voi non siete più giovane... forse non siete abituato a bere e quindi avete fatto un po' di chiasso...
Kusòvkin No, Olga Petròvna, non cercate di giustificarmi. Vi ringrazio di cuore ma... io stesso sento la mia colpa.
Olga Ma forse avete detto qualche cosa di offensivo per mio marito o per il signor Tropaciòv...
Kusòvkin (abbassando la testa) Sono colpevole.
Olga (agitata) Sentite, Vassilij Petròvič: ricordate bene tutte le parole che diceste?
Kusòvkin (sussulta, guarda Olga, poi dice lentamente) Non so... quali parole?...
Olga Dicono che voi avete detto qualche cosa...
Kusòvkin (in fretta) Ho mentito, Olga Petròvna; ho mentito. Dicevo quello che mi veniva sulla lingua. Perdonatemi. Ero fuori di me.
Olga Però... come mai vi è venuto in testa...
Kusòvkin Dio solo lo sa... Un momento di pazzia e nient'altro. Debbo confessare che non sono più abituato a bere. Appena bevo... è finita! Dio sa che cosa andavo farneticando. Cose che capitano! Però la colpa è tutta mia lo stesso... e sono stato punito giustamente. (Fa per alzarsi) Permettete che vi saluti, Olga Petròvna... Non vogliate serbare di me un cattivo ricordo.
Olga Vedo che non volete parlarmi sinceramente. Non abbiate paura di me... Io non sono Paolo Nicolàič... Sì, di lui potrete aver soggezione, ammettiamolo pure... Voi non lo conoscete bene... lui, all'aspetto, sembra così burbero... Ma per qual ragione aver paura di me?... Mi conoscete da bambina.
Kusòvkin Voi, Oiga Petròvna, avete un cuore angelico... Abbiate pietà di questo povero vecchio.
Olga Per carità! Io anzi desideravo...
Kusòvkin Non mi risvegliate il ricordo della vostra gioventù... ho già tanta amarezza nell'anima... oh, tanta!... Ora che son vecchio, dover lasciare per sempre questa casa... e per mia colpa...
Olga Ascoltate, Vassilij Petròvič: c'è ancora il modo dì rimediare a ciò che vi affligge... basta solo che siate sincero con me... Sentite... io... (All'improvviso si alza e si tira un po' in disparte).
Kusòvkin (seguendola collo sguardo) Non vi date pensiero, Olga Petròvna; non ne vale proprio la pena. Anche laggiù, pregherò Dio per voi. E anche voi qualche volta vi ricorderete di me e direte: eh! il vecchio Kusòvkin mi era veramente devoto...
Olga (rivolgendosi di nuovo a Kusòvkin) Vassilij Petròvič, voi mi siete veramente devoto? Mi volete veramente bene?
Kusòvkin Chiedetemi anche la vita...
Olga No; io non chiedo la vostra vita, io. Voglio laverità; voglio sapere la verità.
Kusòvkin Comandate pure.
Olga Io... io ho sentito le vostre ultime parole.
Kusòvkin (articolando appena le parole) Quali... parole?
Olga Ho sentito... quello che avete detto di me. (Kusòvkin si alza dalla poltrona e cade in ginocchio) Dunque è vero?
Kusòvkin (balbettando) Per carità; perdonatemi... È stato un momento di pazzia... ve l'ho già detto. (La voce gli si spezza)
Olga No; voi non volete dirmi la verità.
Kusòvkin Un momento di pazzia, Olga Petròvna; perdonate...
Olga (afferrandolo per la mano) No, no... in nome di Dio... vi scongiuro in nome di Dio... ve ne supplico... ditemi: è vero? è vero? (Silenzio) Perché mi tormentate così?
Kusòvkin Volete dunque saper la verità?
Olga Sì. Ditemi dunque: è vero?
Kusòvkin (alza gli occhi e guarda Olga. Il suo volto esprime una lotta tormentosa. A un tratto abbassa la testa e dice) È vero.
(Olga si allontana rapidamente da lui e resta immobile... Kusòvkin si copre il viso con le mani).
(La porta della sala si apre ed entra Ieliètzkij. Egli dapprincipio non si accorge di Kusòvkin, che è sempre in ginocchio, e si avvicina alla moglie).
Ieliètzkij Ebbene, hai finito? (Si arresta stupito) Ah voilà, je vous ai dit... Eccolo: s'è messo a implorare pietà...
Olga Paul, lasciaci soli...
Ieliètzkij (esitante) Màis, ma chère...
Olga Te ne prego, te ne supplico: lasciaci un momento...
Ieliètzkij (dopo un momento di esitazione) Come vuoi... spero però che mi spiegherai questo enigma...
(Olga china il capo in segno affermativo; Ieliètzkij esce lentamente).
Olga (si avvicina rapidamente alla porta della sala, che chiude a chiave e torna vicino a Kusòvkin che sta ancora in ginocchio). Alzatevi... alzatevi, vi dico...
Kusòvkin (si alza lentamente) Olga Petròvna... (Si vede bene che egli non sa che dire).
Olga (indicandogli il divano) Sedete qui.
(Kusòvkin si siede. Olga si ferma a una certa distanza e restai in piedi di fianco a lui)
Olga Vassilij Petròvič... voi capite la mia situazione.
Kusòvkin (con voce debole) Olga Petròvna, vedo che... Sì, ho perduto proprio la testa... Lasciatemi andar via, altrimenti farò ancora qualche altro male... Nemmeno io so quello che dico.
Olga (respirando affannosamente) No, via, Vassilij Petròvič. Ora la cosa è fatta. Ora non potete più disdire quello che avete detto... Voi dovete dirmi tutto... tutta la verità... adesso.
Kusòvkin Ma se io...
Olga (in fretta) Insomma: cercate di capire la mia posizione e la vostra... Se aveste calunniato mia madre... allora uscite subito di qui e non comparitemi più innanzi... (Olga tende la mano verso la porta... Kusòvkin fa l'atto di sollevarsi, poi abbassa la testa) Ah, ecco! Voi restate; vedete che restate?!...
Kusòvkin (con ansia) Oh Dio mio!
Olga Voglio saper tutto... Voi dovete dirmi tutto... capite?
Kusòvkin (disperato ) Sì... sì... Saprete tutto... giacché mi è piombata addosso questa disgrazia. Però, Olga Petròvna, non mi guardate in quel modo... se no io... io davvero... non posso...
Olga (sforzandosi di sorridere) Vassilij Petròvič, io...
Kusòvkin (timidamente) Mi chiamo Vassilij Siemiònyč, Olga Petròvna...
(Olga si fa rossa e stringe quasi impercettibilmente le spalle. Essa resta sempre in piedi, a una certa distanza da Kusòvkin)
Kusòvkin Ebbene sì... ma di dove... volete che cominci?
Olga (arrossendo, imbarazzata) Vassilij Siemiònyč, come volete... che io...
Kusòvkin (col pianto in gola) Ma io non posso parlare, se voi...
Olga (tendendogli la mano) Calmatevi, parlate... Voi vedete in che stato mi trovo... Fate uno sforzo.
Kusòvkin Vi obbedisco, Olga Petròvna. Ma di dove volete che cominci? Dio mio!... Ebbene; sia pure... Dunque... Se permettete mi rifarò un po' dal principio... Sì, sì... Subito, subito... Avrò avuto poco più di vent'anni... Io, si può dire, ero nato in miseria; poi mi levarono fin l'ultimo tozzo di pane e, diciamolo pure, proprio iniquamente... In quanto poi alla mia educazione, nessuno se n'era occupato... Vostro padre buon'anima (Olga ha un sussulto) che Dio l'abbia in gloria... si degnò di aver compassione di me, altrimenti io mi sarei completamente rovinato... « Vieni - mi disse – vieni a casa mia, finché io non t'abbia trovato un posto ». Così io mi stabilii in casa di vostro padre. Ma, certo, trovare un impiego non è facile e così io restai con lui. Vostro padre allora era ancora scapolo, ma, un paio di anni dopo, chiese la mano di vostra madre e la sposò. Allora cominciò la sua vita coniugale e... e da vostra madre ebbe due bambini, che però morirono presto. Ecco: vi dirò Olga Petròvna... vostro padre buon'anima era un uomo rude, assai rude, che Dio lo perdoni!... era anche un po' manesco, e quando si inquietava, perdeva completamente la testa. Gli piaceva anche bere. Del resto, però, era un buon uomo e fu il mio benefattore. Dunque, nei primi tempi, visse in perfetto accordo colla vostra povera mamma... Ma per poco. Vostra madre... che Dio l'abbia in gloria... era, si può dire, un angelo in persona... ed era anche bellissima... Mah! Era destino!... In quel tempo ecco stabilirsi vicino a noi una nuova vicina... e vostro padre se ne innamora... Olga Petròvna, vogliate perdonarmi se...
Olga Continuate.
Kusòvkin Voi stessa vi siete degnata di chiedermelo. (Si passa una matto sul viso) O Dio mio, aiuta questo povero peccatore! Dunque... ecco che vostro padre s'innamora di quella vicina - che sia maledetta anche all'altro mondo! - comincia ad andare da lei tutti i santi giorni e spesso non tornava a casa nemmeno la notte. La cosa andò sempre peggio. Vostra madre non faceva che starsene sola, soletta, per intere giornate, senza dire una parola; spesso anzi piangeva... Io, si capisce, stando accanto a lei, mi sentivo spezzare il cuore; pure non osavo aprir bocca. A che le servono - pensavo - i miei sciocchi discorsi!... Gli altri possidenti, nostri vicini, anche loro venivano malvolentieri in casa di vostro padre, perché egli, diciamolo pure, li aveva allontanati colla sua arroganza; così vostra madre, di solito, non aveva con chi scambiare una parola... La poveretta stava tutto il giorno accanto alla finestra, senza nemmeno leggere un libro; se ne stava là e guardava la strada, i campi... Intanto vostro padre, chissà mai per qual ragione - giacché mi sembrava che nessuno lo contrariasse - peggiorò ancora di carattere. Diventò terribile: un vero castigo! Ed ecco un'altra cosa strana: gli salta in mente di essere geloso di vostra madre; ma di chi poteva sospettare, santo Dio?! Quando andava via, la chiudeva a chiave!... Insomma, per ogni inezia montava in collera; e quanto più vostra madre si sottometteva, tanto più lui s'irritava. Alla fine cessò del tutto di rivolgerle la parola; la trascurò completamente. Ah, Olga Petròvna.! Olga Petròvna! Quanto ha sofferto allora, vostra madre! Voi non potete ricordarla, Olga Petròvna; eravate troppo piccina, quando morì. Credo che a questo mondo non si possa trovare un'anima più buona di quella. E come amava vostro padre! Egli di solito, non la guardava nemmeno; ed essa, invece, quando lui non c'era, non parlava altro che di una cosa con me: come poterlo secondare, far contento... Improvvisamente, un giorno, vostro padre disse che partiva. Dove andava? « Vado a Mosca - dice - vado per affari... parto solo »... Ma che solo!... Alla prossima stazione la vicina lo aspettava. E così partirono insieme; e passarono sei mesi interi - sei mesi, Olga Petròvna! - senza che scrivesse una sola lettera a casa! Improvvisamente ritornò, ma era d' un umore così nero, era così irritato... La vicina lo aveva abbandonato, come sapemmo poi... Si chiuse in camera e non si fece più vedere. Anche i domestici rimasero tutti stupiti. Alla fine la buon'anima di vostra madre, non poté più resistere... si fece il segno della croce - che paura aveva di lui poveretta! - ed entrò in camera sua. Tentò di persuaderlo, ma lui a un tratto si mise a urlare contro di lei e afferrato un bastone... (Kusòvkin volge uno sguardo ad Olga) Perdonatemi, Olga Petròvna.
Olga È vero quello che dite, Vassilij Siemiònyč?
Kusòvkin Che Dio mi fulmini in questo istante!
Olga Continuate.
Kusòvkin Allora lui... Proprio così! Ah! Olga Petròvna; egli offese mortalmente vostra madre... e non solo a parole... La poveretta, mezza impazzita, scappò nella sua camera, mentre lui, chiamati i domestici, se ne andava a caccia... Allora... allora... accadde... la cosa. (La sua voce si affievolisce) Non posso, Olga Petròvna; in nome di Dio, non posso...
Olga (senza guardarlo) Parlate! (Dopo un breve silenzio, con impazienza) Parlate!
Kusòvkin Come volete, Olga Petròvna... Bisogna proprio credere che vostra madre buon'anima, dopo questa offesa sanguinosa, perdesse la ragione... e fosse come colpita da un male... La vedo come fosse ora... Entrò nella cappella, si mise dinanzi alle sacre immagini, alzò la mano per farsi il segno della croce, quando, all'improvviso, si voltò indietro ed uscì... Si mise perfino a ridere sommessamente... Il demonio s'era impadronito anche di lei. Provai un senso di terrore, a guardarla. A tavola non volle mangiar niente; taceva e mi guardava fisso... La sera, poi... Di sera, Olga Petròvna, io ero solito starmene con lei, proprio in questa camera; e allora per la noia, sapete, qualche volta si giocava a carte, qualche volta si chiacchierava un po', così... Dunque quella sera... (Egli comincia a respirare affannosamente) Vostra madre buon'anima, dopo un lungo, un lungo silenzio, si rivolge a me d'improvviso... Io, Olga Petròvna, amavo tanto vostra madre che ci mancava solo di rivolgerle la mia orazione come alla Madonna... Dunque essa mi dice all'improvviso: «Vassilij Siemiònyč, io so che tu m'ami mentre lui, invece, mi disprezza, mi ha respinta, m'ha offesa... Anch'io farò lo stesso» ... Senza dubbio, l'offesa subita, le aveva sconvolta la ragione, Olga Petròvna; essa non era più in sé... Anch'io, anch'io... non capivo più nulla... e sentivo girarmi la testa; e fu allora - il solo ricordo mi spaventa - fu in quella sera che lei... Olga Petròvna abbiate pietà d'un vecchio... Non posso... Che piuttosto mi si secchi la lingua! (Olga tace e si volta, Kusòvkin la guarda e continua vivamente) Il giorno dopo, Olga Petròvna, io non ero in casa - ricordo che sull'aurora ero fuggito nel bosco - il giorno dopo, dunque, tutt'a un tratto arriva di galoppo in cortile un guardacaccia... Che era successo? Il padrone era caduto da cavallo, era rimasto ferito mortalmente, aveva perduto la conoscenza... Il giorno dopo, Olga Petròvna; proprio il giorno dopo!... Vostra madre allora prende una carrozza e corre da lui... Egli stava in un piccolo villaggio della steppa, in casa d'un prete, a quaranta verste di qui... Però, per quanto la poveretta cercasse di far presto, lo trovò già morto... Dio mio! tutti credemmo che diventasse pazza... Fino al giorno della vostra nascita, stette sempre male e nemmeno dopo si rimise più in salute... Voi stessa sapete... che non sopravvisse a lungo... (Egli abbassa la testa).
Olga (dopo un lungo silenzio) Dunque... io sono vostra figlia... Ma quali sono le prove?
Kusòvkin (seriamente) Le prove? Di grazia, Olga Petròvna, che prove? io non ho prove da darvi! Ma come avrei potuto osare?... Se ieri non mi fosse capitato quello sfortunato incidente, nemmeno sul letto di morte, avrei detto una parola, a costo di strapparmi la lingua. Ah, se fossi morto ieri stesso! Fino a ieri non c'era anima viva che lo sapesse, Olga Petròvna... Io stesso, quand'ero solo, avevo paura perfino di pensarci... Dopo la morte di vostro... padre... io volevo fuggire, non importa dove... ma ho questa colpa, sì; non ne ebbi la forza; ebbi paura della povertà, della miseria... Restai... ho questa colpa... Però quando mi trovavo in presenza di vostra madre buon'anima, non solo non potevo parlare o che so io... ma osavo appena respirare, Olga Petròvna. Le prove!... Nei primi mesi, vostra madre io non la vidi mai: s'era chiusa in camera sua e, eccettuata Prascòvia Ivànovna, nessuno poteva entrare da lei... Poi... poi la rividi ma, lo giuro dinanzi a Dio, avevo paura perfino di guardarla in faccia... Le prove!... Scusate, Olga Petròvna; mi pare di non essere né un ribaldo né uno scemo: so stare al mio posto. E se voi stessa, non me lo aveste ordinato... No, non vi agitate, Olga Petròvna, per carità... Perché volete starvi a tormentare? Che prove ci sono infine? Non dovete credermi, ecco; non dovete credere a questo vecchio imbecille... Ho mentito: ecco tutto... Alle volte non so nemmeno io quello che dico... Sono uscito di cervello... Non dovete credermi, Olga Petròvna; ecco tutto. Che prove posso darvi?
Olga No, Vassilij Siemiònyč, io non userò delle astuzie con voi... Voi non avreste potuto... inventare una cosa simile... Calunniare i morti... no, sarebbe troppo spaventoso... (Allontanandosi) No; io vi credo...
Kusòvkin (con voce fievole) Mi credete?...
Olga Sì... (Dopo aver guardato Kusòvkin; con un fremito) Ma è spaventoso, è spaventoso!... (Si tira rapidamente da parte).
Kusòvkin (tendendo le inani verso di lei) Olga Petròvna, non vi agitate... Io vi comprendo... Voi, così istruita... mentre io... Se non fosse per un riguardo a voi, vi avrei detto che cosa sono io... io mi conosco bene... Credete forse che io non senta tutto questo? Io vi amo come una figlia... E poi, in fondo voi... (Si alza rapidamente) Non temete, non temete: questa parola non uscirà dalla mia bocca... Dimenticate tutta la nostra conversazione; io parto oggi... subito... Ora non posso più restare qui; non è assolutamente possibile... Che importa! anche laggiù io pregherò per voi... (gli vengono le lacrime agli occhi) ovunque pregherò per voi e per vostro marito... Sì; la colpa è mia, se ho perduto - si può dire - l'ultima mia gioia... (Piange).
Olga (presa da una indescrivibile agitazione) Che fare? In fondo egli è mio padre... (Si volge e vede Kusòvkin che piange) Piange... Non piangete, via... (Gli si avvicina).
Kusòvkin (tendendo le mani verso di lei) Perdonate, Olga Petròvna...
(Olga, esitante, gli tende anche lei la mano e fa come uno sforzo su sé stessa per gettarglisi al collo; ma all'improvviso, scossa da un fremito, si volta e scappa nella sua stanza, Kusòvkin resta allo stesso posto).
Kusòvkin (portandosi una mano al cuore) Dio mio, Dio mio; che mi succede!
La voce di Ieliètzkij (da dietro la porta) Hai chiuso a chiave; Olia!... Olia!...
Kusòvkin (tornando in sé) Chi è?... È lui... Sì... Che vorrà?...
La voce di Ieliètzkij È venuto il signor Tropaciòv. Je vous l'annonce... Olia, ma rispondimi, dunque... Vassilij Siemiònyč, siete lì?
Kusòvkin Sissignore.
La voce di Ieliètzkij E Olga Petròvna dov'è?
Kusòvkin È uscita.
La voce di Ieliètzkij Ah! Apritemi voi, allora.
(Kusòvkin apre; entra Ieliètzkij).
Ieliètzkij (guardandosi intorno; fra sé) Tutto questo è assai strano! (A Kusòvkin, freddo e burbero) Partite?
Kusòvkin Sissignore.
Ieliètzkij Ah! Allora com'è finito il vostro colloquio?1
Kusòvkin Un colloquio?... veramente non è stato un colloquio; io ho chiesto soltanto scusa ad Olga Petròvna.
Ieliètzkij E lei che ha detto?
Kusòvkin La signora si è degnata di dirmi che non è più in collera... ed io ora mi preparo a partire...
Ieliètzkij Dunque, Olga Petròvna ha approvato la mia decisione?
Kusòvkin Sissignore: completamente.
Ieliètzkij Ehm! Mi rincresce assai... ma voi stesso, Vassilij Siemiònyč, capite che-e-e...
Kusòvkin Ma certo, Paolo Nicolàič; io sono perfettamente d'accordo con voi! Anzi, vi siete degnato di essere anche troppo buono... Vi ringrazio di tutto cuore...
Ieliètzkij Mi fa piacere constatare che, almeno, sentite la vostra colpa. Allora: addio... Se avrete bisogno di qualche cosa, vi prego di non far complimenti... Sebbene abbia già dato ordini, voi potete rivolgervi a me direttamente in qualunque momento...
Kusòvkin Grazie, grazie! (S'inchina).
Ieliètzkij Addio, Vassilij Siemiònyč... Ma no: aspettate un momento... Eh - eh - eh... il signor Tropaciòv è venuto a trovarci e tra poco sarà qui... Desidererei che ripeteste in sua presenza quello che avete detto a me stamattina...
Kusòvkin Ai vostri ordini.
Ieliètzkij Benissimo. (A Tropaciòv che entra) Mais venez donc; venez donc! (Tropaciòv si avanza, prendendo la sua solita posa). Ebbene? Chi ha vinto?
Tropaciòv Io, si capisce. Il vostro biliardo è meraviglioso. Però figuratevi: il signor Ivànov ha rifiutato di giocare con me! Mi dice: « Ho male alla testa ». Il signor Ivànov... che ha male alla testa! eh? Et madame? Spero che stia bene.
Ieliètzkij Sì, grazie a Dio! Ora viene.
Tropaciòv (con amabile familiarità) Ma sapete che il vostro arrivo è una vera fortuna per noi che dobbiamo vivere nella steppa!... Hè - hè!... une bonne fortune... (Si guarda intorno e si accorge di Kusòvkin) Ah, Dio mio!... anche voi qui?
(Kusòvkin s'inchina in silenzio).
Ieliètzkij (forte a Tropaciòv, indicando Kusòvkin con una mossa del mento) Sì... oggi, capite bene, è terribilmente confuso, dopo le sciocchezze di ieri... Da questa mattina non fa che scusarsi con noi, con tutti...
Tropaciòv Eh! si vede che col vino non ci ha troppa confidenza... Che ne dite?
Kusòvkin (senza alzar gli occhi) Scusatemi signore: si può dire che è stato proprio un accesso di pazzia.
Tropaciòv Aha! Senti, senti il proprietario di Vietròvo... (A Ieliètzkii) Ma che idee che vengono in testa!... Dopo di ciò non c'è proprio da meravigliarsi di nessun pazzo, anche se si creda - che so io - imperatore della Cina, o immagini - come raccontano - di avere nella pancia il sole, la luna o quello che volete... Hè, hè!... Sicuro, sicuro: proprietario di Vietròvo!
Ieliètzkij (che desidererebbe cambiar discorso) Già... Ma che diavolo volevo domandarvi, Flegònte Alexàndryč?... Ah!... quando andiamo a caccia?
Tropaciòv Quando volete... Vedete bene che... io non faccio complimenti con voi... Ieri sono stato qui e oggi sono tornato... Dunque anche voi dovete fare lo stesso con me... Aspettate; domando a Karpaciòv: è più pratico di me. Lui ci dirà dove si può andare. (Si avvicina alla porta della sala) Karpaciòv! vieni qua, amico! (A Ieliètzkij) È un tiratore eccellente; a biliardo però lo vinco io. (Entra Karpaciòv) Karpaciòv; Paolo Nicolàič domani vorrebbe anelare a caccia; dove si potrebbe andare, eh?
Karpaciòv Andiamo a Kolobièrdovo da Vohriàk. Là ci debbono essere molti galli di montagna.
Ieliètzkij Ma è lontano?
Karpaciòv Per la via maestra saranno un trenta verste, ma per le scorciatoie sarà meno.
Ieliètzkij Bè, va bene.
(Dalla stanza di Olga Petróvna entra Prascòvia Ivànovna).
Ieliètzkij Che c'è?
Prascòvia Ivànovna (con un inchino a Ieliètzkij) La signora vi desidera.
Ieliètzkij Che vuole?
Prascòvia Ivànovna Non so.
Ieliètzkij Di' che vengo subito. (A Tropaciòv) Permettete?
(Prascòvia Ivànovna esce)
Tropaciòv (scrollando il capo) Eeh, Paolo Nicolàič: come non vi vergognate di domandarmi permesso!... Andate pure, santo Dio!...
Ieliètzkij Non vi faremo aspettare molto.
(Esce).
(Kusòvkin che in tutto questo tempo è restato in piedi, poco lontano dalla porta della sala, vorrebbe approfittare di questo momento per uscire).
Tropaciòv (a Kusòvkin) Dove andate, caro, dove andate? Restate qui: faremo due chiacchiere.
Kusòvkin Debbo andare...
Tropaciòv Eh, via!... che avrete mai da fare? Voi, forse, vi vergognate... Che sciocchezze! Son cose che capitano a tutti! (Lo prende sottobraccio e lo conduce sul proscenio) Sicuro: volevo dirvi che a tutti può capitare di alzare un po' il gomito... Confesso però che ieri ci avete fatto rimanere proprio stupiti! Che razza di parentela siete andato a scovare, eh? Guarda un po' che fantasia!
Kusòvkin Stupidaggine, piuttosto.
Tropaciòv Oh, sì; ma molto sorprendente. Perché proprio: figlia? È buffo! però, dovete confessare che non vi dispiacerebbe di avere una figlia come quella; eh? (Gli dà un colpetto al fianco) No, eh? dite un po'. (A Karpaciòv) Non ha mica cattivo gusto, no? Che ne dici? (Karpaciòv ride).
Kusòvkin (cercando di liberare il braccio da Tropaciòv) Permettete..,.
Tropaciòv Ma perché ieri vi siete tanto inquietato con noi... eh? No, rispondetemi!
Kusòvkin (voltando la testa; a mezza voce) Perdonate, signore.
Tropaciòv Senti, senti! Ma sì: il Signore vi perdonerà... Dunque: figlia, eh? (Kusovkin tace) Sentite, caro, perché non venite qualche volta da me? Vi ospiterei volentieri.
Kusòvkin Tante grazie.
Tropaciòv Da me si sta bene; domandatelo a quello là. (Indica Karpaciòv) Mi potreste raccontare un'altra volta la questione di Vietròvo.
Kusòvkin (con voce sorda) Va bene...
Tropaciòv Oggi, però, mi sembra che non abbiate salutato Kar-paciòv (A Kar paciòv) Karpacce; tu non hai mica salutato Vassilij Siemiònyč, come ieri!
Karpaciòv Nossignore.
Tropaciòv Eh, amico, non va bene.
Karpaciòv Ma io, scusate, sono pronto...
(Si avanza verso Kusòvkin colle braccia aperte. Kusòvkin indietreggia. La porta della stanza di Olga Petròvna si apre improvvisamente ed entra Ieliètzkij, pallido e agitato).
Ieliètzkij (stizzito) Se non sbaglio Flegònte Alexàndryč, a voi avevo rivolto la preghiera di lasciare in pace il signor Kusòvkin...
(Tropaciòv si volta sorpreso e guarda Ieliètzkij. Karpaciòv resta immobile).
Tropaciòv (un po' sconcertato) A me-e?... Non ricordo...
Ieliètzkij (continuando secco e reciso) Sì; signor Flegònte Alexàndryč, confesso che mi meraviglio come voi, colla vostra educazione... colla vostra istruzione... possiate provar gusto a certi... diciamolo pure... a certi stupidi scherzi... e poi per due giorni di seguito...
Tropaciòv (facendo, colla mazzo, un segno a Karpaciòv, che subito fa un salto indietro, e si mette sull'attenti). Ma permettete, Paolo Nicolàič... Io veramente... Del resto vi dò perfettamente ragione... sebbene, d'altra parte... Ma dite un po': vostra moglie sta bene?
Ieliètzkij Sì... viene subito. (Sorridendo e stringendo la mano a Tropaciòv) Vogliate scusarmi... Oggi non sono del solito umore.
Tropaciòv Eh, via, Paolo Nicolàič; niente di male... E poi avete ragione... con certa gente non è proprio il caso di prendere confidenza. Che tempo magnifico, oggi! (Un momento di silenzio) Sì, avete proprio ragione... vivere a lungo in campagna, è un gran guaio! On se rouille à la campagne... È terribile... Ci si annoia, ecco... E si dimenticano certe forme...
Ieliètzkij Non ne parliamo più, Flegònte Alexàndryč, fatemi il piacere...
Tropaciòv No, no, dico così... in generale... è un'osservazione di carattere generale. (Di nuovo, un breve silenzio) Mi pare di non avervelo ancora detto... L'inverno prossimo farò un viaggio all'estero.
Ieliètzkij Ah! (A Kusòvkin che di nuovo fa per andarsene) Restate Vassilij Siemiònyč:... debbo dirvi due parole.
Tropaciòv Ho intenzione di restare all'estero un paio d'anni... Ma la signora, oggi, avremo il piacere di vederla?
Ieliètzkij Diamine! Ma perché, intanto, non fate una passeggiata in giardino? Vedete che tempo? un petit tour? Permettetemi però di non accompagnarvi. Debbo parlare un momento con Vassilij Siemiònyč... Del resto, fra pochi minuti vi raggiungerò...
Tropaciòv Hè-hè! fate il comodo vostro mio caro Paolo Nicolàič! Fate pure senza nessuna fretta; noi due intanto, io e questo mortale ci godremo le bellezze della natura… La natura è la mia passione! Venez-ici, Karpacce!
(Esce con Karpaciòv)
Ieliètzkij (li segue, chiude a chiave la porta, torna verso Kusòvkin e incrocia le braccia) Egregio signore! ieri vi ho conosciuto come uno sciocco e un intemperante; oggi debbo considerarvi come un calunniatore e un intrigante... Non m'interrompete!... un intrigante e un calunniatore. Olga Petròvna mi ha detto tutto. Voi forse non ve lo aspettavate, egregio signore! Come mi spiegherete la vostra condotta? Questa mattina avete confessato a me personalmente, che quanto avevate detto ieri è una pura e semplice invenzione... Adesso invece, parlando con mia moglie...
Kusòvkin Sono colpevole... Ma il mio cuore...
Ieliètzkij Il vostro cuore non mi riguarda; piuttosto vi domando ancora una volta: non è vero che avete mentito? (Kusòvkin tace) Avete mentito?
Kusòvkin Vi ho già dichiarato che ieri non sapevo quello che dicessi.
Ieliètzkij Oggi, invece, sapevate queIlo che dicevate. E dopo ciò, avete ancora il coraggio di guardare in faccia una persona che si rispetti? Non vi sentite ancora annichilito dalla vergogna?
Kusòvkin Paolo Nicolàič, in nome di Dio, voi siete troppo severo con me. Degnatevi benignamente di considerare questo: che giovamento avrei potuto trarre dal mio colloquio con Olga Petròvna?
Ieliètzkij Ve lo dirò io. Con quella stupida frottola, speravate di suscitare la sua compassione. Voi contavate sulla sua generosità... Del denaro volevate, del denaro... Sì, sì; del denaro. E io vi debbo dire che il vostro scopo è stato pienamente raggiunto. Ascoltate: io e mia moglie abbiamo stabilito di darvi la somma necessaria per assicurare la vostra esistenza; con questo patto però...
Kusòvkin Ma io non voglio niente!
Ieliètzkij Non m'interrompete, egregio signore! (Continuando) ... col patto però che scegliate la vostra residenza lontano da qui. Io poi, per mio conto, aggiungo che, accettando questa somma, verrete implicitamente a confessare la vostra menzogna... o, giacché vedo che questa parola vi dispiace, la vostra invenzione; e di conseguenza rinuncerete ad avanzare qualsiasi diritto...
Kusòvkin Ma io da voi non accetterò nemmeno un centesimo!
Ieliètzkij Come, signore!? Dunque insistete? Dunque debbo credere che avete detto la verità? Vogliate spiegarvi una buona volta.
Kusòvkin Io non posso dir niente. Pensate di me quello che volete; soltanto, però, io non accetto niente.
Ieliètzkij È una cosa inaudita! Voi, dunque, resterete ancora qui!
Kusòvkin Me ne andrò oggi stesso.
Ieliètzkij Ve ne andrete! Ma in quale condizione lascerete Olga Petròvna? Almeno questo dovreste pensare, se vi restasse ancora un briciolo di sentimento.
Kusòvkin Lasciatemi andare, Paolo Nicolàič. In nome di Dio: la mia testa non regge più! Che volete da me?
Ieliètzkij Voglio sapere, se accettate questi denari o no. Credete forse che si tratti d'una somma trascurabile? Vi daremo diecimila rubli.
Kusòvkin Non posso accettare niente.
Ieliètzkij Non potete? Dunque mia moglie sarebbe vostra... La lingua mi si rifiuta di pronunciare questa parola.
Kusòvkin Io non so niente... Lasciatemi andare. (Fa per andarsene).
Ieliètzkij È troppo! Ma sai1 che posso costringerti ad obbedire?
Kusòvkin E in che modo, se è lecito?
Ieliètzkij Non mi fate perdere la pazienza... Non mi costringete a ricordarvi chi siete.
Kusòvkin Io sono un nobile e d'antica famiglia... Ecco chi sono io...
Ieliètzkij Un bel tipo di nobile, non c'è che dire!
Kusòvkin Comunque sia, non mi vendo.
Ieliètzkij Ascoltate...
Kusòvkin Certi modi vogliate usarli coi vostri subalterni di Pietroburgo.
Ieliètzkij Ascoltate, vecchio ostinato! Voi non vorrete offen-dere la vostra benefattrice! Voi avete confessato già una volta, che le vostre parole non erano vere; che vi costa tranquillizzare definitivamente Olga Petròvna e prendere i denari che vi offriamo? Oppure siete così ricco che diecimila rubli per voi sono una cosa trascurabile?
Kusòvkin Non sono ricco io, Paolo Nicolàič; ma il vostro dono è terribilmente amaro. Ho già inghiottito tante umiliazioni... tante!... Voi dite che ho bisogno di denaro; non ne ho bisogno. Per andar via non accetterò da voi nemmeno un soldo.
Ieliètzkij Oh, capisco il vostro calcolo! Voi vi fingete disinteressato; sperando di guadagnare di più. Ve lo dico per l'ultima volta: o prendete questo denaro alle condizioni che vi ho detto o ricorrerò a misure tali... a misure tali che...
Kusòvkin Ma che volete da me, Signore Iddio! Non vi basta che me ne vada; volete che mi copra di fango, volete comperarmi... Ah no, Paolo Nicolàič, questo non sarà mai!
Ieliètzkij Che il diavolo ti porti! Io ti...
(In quest'istante si sente sotto le finestre, in giardino, la voce di Tropaciòv che canta:
« Io sono qui Iňesilla
sto sotto al tuo verone »).
Ieliètzkij È insopportabile! (Avvicinandosi alla finestra) Vengo subito... subito... (A Kusòvkin) Vi dò un quarto d'ora per riflettere... ma poi non ve la prendete con me se... (Esce).
Kusòvkin (solo) Dio, Dio; che cosa stan facendo di me! Meglio esser seppellito vivo! Io sono stato la causa della mia rovina. La mia lingua: ecco il mio vero nemico. E questo signore... ha parlato con me come con un cane... Come se non avessi un'anima anch'io!... Preferirci che m'ammazzasse...
(Dalla sua stanza, esce Olga portando in mano delle carte. Kusòvkin si guarda intorno)
Kusòvkin Dio mio!
Olga (avvicinandosi indecisa a Kusòvkin) Desideravo rivedervi, Vassilij Siemiònyč...
Kusòvkin (senza guardarla) Olga Petròvna... perché... avete voluto dir tutto... a vostro marito?...
Olga Non gli ho mai nascosto nulla, Vassilij Siemiònyč.
Kusòvkin Sì, sì...
Olga (in fretta) Egli mi ha creduta... (Abbassando la voce) Ed è d'accordo in tutto.
Kusòvkin D'accordo? E in che cosa è d'accordo?
Olga Vassilij Siemiònyč, voi siete così buono... avete un animo nobile. Voi mi comprendete. Ditelo voi stesso: è possibile che rimaniate qui?
Kusòvkin Non è possibile.
Olga No, state a sentire... Voglio sapere esattamente quello che ne pensate... Io ho avuto modo d'apprezzarvi, Vassilij Siemiònyč... Parlate, parlate sinceramente...
Kusòvkin Io sento la vostra bontà, Olga Petròvna; anch'io, credetelo, so apprezzare... (S'interrompe, e poi continua con un sospiro) No, non posso restare; non posso: assolutamente. Potrebbero anche battermi, ora che sono vecchio. E poi perché non dire la verità? Ora certo faccio una vita più dignitosa, inoltre è un pezzo che qui non c'è più un padrone... quindi non c'era nessuno a cui, sapete... I vecchi servitori però sono ancora vivi e non hanno dimenticato... che facevo da buffone al padrone buon'anima. Spesso ho fatto il pagliaccio sotto la minaccia del bastone e qualche volta anche... (Olga si volta) Non vi affliggete Olga Petròvna... In fin dei conti io... io sono un estraneo per voi... non posso rimanere...
Olga E allora... accettate... questo... (Gli porge una carta).
Kusòvkin Cos'è?
Olga Noi... vi assegniamo una somma per riscattare il vostro podere di Vietròvo... Spero che non ci... che non mi opporrete un rifiuto...
Kusòvkin (lascia cadere la carta e si copre il viso colle mani) Olga Petròvna, perché anche voi, volete offendermi?
Olga Come?
Kusòvkin Voi volete liberarvi di me. Ma io vi ho già detto che non ho nessuna prova... Inoltre voi sapete chetutto questo io l'ho inventato, che insomma io non avevo nessuna intenzione di...
Olga (interrompendolo vivacemente) Se non vi avessi creduto, io e mio marito avremmo forse presa di comune accordo questa decisione?
Kusòvkin Se mi credete, che altro mi occorre? A che cosa mi serve questo pezzo di carta? Io sono abituato agli stenti fin dall'infanzia... e ora che son vecchio non è più il caso di... Che cosa mi occorre? Un pezzo di pane: ecco tutto. Se è vero che mi credete... (S'interrompe).
Olga Sì... sì... vi credo. No, voi non m'ingannate, no... Io vi credo...
(All'improvviso lo abbraccia e gli posa il capo sul petto)
Kusòvkin Olga Petròvna... è troppo... è troppo... Olga... (Barcollando, si lascia cadere nella poltrona di sinistra).
Olga (tiene Kusòvkin con una mano, mentre coll'altra, con mossa rapida, raccoglie da terra la carta e si stringe a lui).
Voi avreste potuto dir di no a una estranea, avreste potuto dir di no a mio marito; ma alla figlia, a vostra figlia, voi non potete, non dovete opporre un rifiuto... (Gli mette in mano la carta).
Kusòvkin (prendendo la carta, colle lacrime agli occhi) Olga Petròvna, fate come volete, ordinate quello che volete, io sono pronto, io sono contento; ordinatemi di andare in capo al mondo. Ora posso anche morire, ora non ho più bisogno di nulla... (Olga gli asciuga le lacrime col fazzoletto) Ah, Olia, Olia!...
Olga Non piangete, non piangere... Ci rivedremo... Tu verrai...
Kusòvkin Ah! Olga Petròvna; Olia... non è un sogno, non è un sogno?
Olga Basta, su, basta!...
Kusòvkin (Improvvisamente, parlando in fretta) Olia, alzati; vengono.
(Olga che gli si era quasi seduta sulle ginocchia, balza in piedi)
Kusòvkin Datemi almeno la mano, la mano per l'ultima volta.
(Egli le bacia in fretta la mano. Olga si tira da una parte. Kusòvkin fa per alzarsi ma non può.
Dalla porta di destra entrano Ieliètzkij) e Tropaciòv; dietro di loro: Karpaciòv. Olga va loro incontro passando accanto a Kusòvkin e si ferma tra lui e loro).
Tropaciòv (inchinandosi e mettendosi in posa) Enfin, abbiamo la fortuna di vedervi, Olga Petròvna. Come state?
Olga Bene, grazie.
Tropaciòv Avete il viso un po'...
Ieliètzkij (replicando) Oggi non stiamo troppo bene nessuno dei due...
Tropaciòv Eh; simpatia anche in questo!... Hè-hè!... Ma sapete che avete un giardino meraviglioso!
(Kusòvkin si alza con uno sforzo sovrumano).
Olga Sono assai lieta che vi sia piaciuto.
Tropaciòv (come offeso) Ma vi dico che è una meraviglia... mais c'est très beau, très beau... I viali, i fiori, tutto insomma... Sì, sì. La natura e la poesia: ecco i miei deboli. Ma che vedo? Degli album! Come in un salotto della capitale!
Ieliètzkij (scandendo bene le parole e guardando la moglie in modo significativo)
Sei riuscita ad accomodare la cosa?
(Olga china il capo in segna affermativo, Tropaciòv per delicatezza si tira in disparte)
Ieliètzkij Ha accettato? Ehm! Va bene. (Conducendola un po' da parte) Ti ripeto che io non credo a questa questa storia, ma ti approvo. La pace domestica vale assai più di diecimila rubli.
Olga (tornando verso Tropaciòv, che ha cominciato a guardare gli album che stanno sul tavolo) Che c'è che v'interessa tanto, Flegònte Alexàndryč?
Tropaciòv Eh... il vostro album: vedete. È molto grazioso. Dite: non siete in relazione coi Kovrinskij?
Olga No, affatto.
Tropaciòv Come; nemmeno prima eravate in relazione con loro? Vi consiglio di far la loro conoscenza. Sono la migliore famiglia del distretto, o, per meglio dire, erano la migliore fino a ieri; ah, ah!
Ieliètzkij (che intanto s'è avvicinato a Kusòvkin) Accettate il denaro?
Kusòvkin Accetto.
Ieliètzkij Dunque, avete mentito?
Kusòvkin Ho mentito.
Ieliètzkij Ah! ( Volgendosi a Tropaciòv che si fa in mille davanti ad O1ga e che si piega di qua e di là con moto ondulatorio) Vedete, Flegònte Alexàndryč; noi ieri ridevamo di Vassilij Siemiònyč... ed ecco invece che ha vinto la causa. Ha ricevuto ora la notizia. Mentre passeggiavamo in giardino.
Tropaciòv Ma che dite!
Ieliètzkij Sì, sì. Me lo ha detto Olga proprio ora. E poi domandatelo a lui.
Tropaciòv È vero, Vassilij Siemiònyč?
Kusòvkin (che per tutta la durata della scena sorride come un bambino e parla con una voce tremolante per le lacrime contenute) Sissignore, sissignore! Ho vinto, ho vinto!
Tropaciòv Rallegramenti, Vassilij Siemiònyč, rallegramenti! (Sottovoce a Jeliètzkij) Capisco... dopo la scena di ieri, delicatamente lo allontanate... (Ieliètzkij tenta di assicurare che non è vero) Ma sì... sì... e con quanta nobiltà, con quanta generosità, con quanta delicatezza... Molto, molto bene, io sarei pronto a scommettere che quest'idea... (Volgendo un dolce sguardo verso Olga) è venuta a vostra moglie... sebbene anche voi, certo... (Ieliètzkij sorride. Tropaciòv continua forte). Bene, bene. E così ora, Vassilij Siemiònyč, dovete trasferirvi laggiù... per sorvegliare le vostre cose...
Kusòvkin Eh sicuro!
Ieliètzkij Vassilij Siemiònyč mi ha detto poco fa che vuol partire oggi stesso.
Tropaciòv Sfido io! Capisco benissimo la sua impazienza. Eh, corpo d'un diavolo!... Lo hanno portato per il naso tanto tempo e ora che è riuscito ad avere il podere... È naturale che si abbia voglia di guardar la propria roba. Non è vero Vassilij Siemiònyč?
Kusòvkin Eh già; proprio così.
Tropaciòv Allora dovrete fare una scappata anche incittà.
Kusòvkin Senza dubbio: bisogna sistemare ogni cosa.
Tropaciòv Allora non c'è tempo da perdere. (Strizzando l'occhio a Ieliètzkij). Ma guarda l'avvocato Lyčkov!... Probabilmente è stato lui ad ottenere ogni cosa... (A Kusòvkin ) E voi siete contento.''
Kusòvkin Diamine! Come non dovrei esser contento?
Tropaciòv Mi permetterete di venirvi a trovare nella vostra nuova residenza... no?
Kusòvkin Troppo onore, Flegònte Alexandryč.
Tropaciòv (volgendosi a Ieliètzkij) Paolo Nicolàič, bisognerebbe bagnare l'acquisto di Vietròvo, non vi pare?
Ieliètzkij (un po' indeciso) Sicuro... con piacere... sicuro... (Avvicinandosi alla porta della sala) Chiamatemi Trembïnskij.
Trembïnskij (entrando con un balzo dalla porta). Cosa comandate?
Ieliètzkij Ah! siete qui?... Una bottiglia di champagne!
Trembïnskij (uscendo di corsa) Subito, signore.
Ieliètzkij Sentite! (Trembïnskij ricompare di nuovo) In salotto mi sembra di aver visto il signor Ivànòv: pregatelo di venir qui.
Trembïnskij Subito.
(Esce di corsa).
Tropaciòv (avvicinandosi a Olga che per tutto questo tempo è restata in piedi vicino al tavolo degli album, ora abbassando gli occhi, ora alzandoli lentamente verso Kusòvkin)
Madame Kòvrinskaia sarà lietissima di conoscervi... enchantée, enchantée. Spero che vi piacerà... Io, da lei, sono come di casa... È una donna intelligente e sapete... (Fa girare la mano in aria).
Olga (con un sorriso) Ah!
Tropaciòv Vedrete.
(Trembïnskij entra con bottiglie e coppe su un vassoio)
Tropaciòv Ah! Allora, Vassilij Siemiònyč, permettete che vi faccia le più sincere congratulazioni...
(Ivànov entra, si ferma presso la porta e fa un inchino).
Olga (affabilmente ad Ivànov) Buon giorno, sono molto lieta di vedervi... Voi avrete sentito... che il vostro amico è riuscito ad ottenere Vietròvo.
(Ivànov fa un altro inchino e si dirige verso Kusovkin. Trembïnskij offre a tutti le coppe).
Ivànov (sottovoce e in fretta a Kusòvkin) Vassilij, ma che fandonie stanno dicendo?
Kusòvkin (anche lui sottovoce) Taci Vània, taci; io sono felice...
Tropaciòv (colla coppa in mano) Alla salute del nuovo proprietario!
Tutti (eccetto Ivànov che ancora non ha accostato alle labbra la sua coppa). Alla sua salute! Alla sua salute!
Karpaciòv (con voce di basso, ripete da solo) Che possiate campare mill'anni!
(Tropaciòv guarda severamente Karpaciòv, che si confonde. Kusòvkin ringrazia, s'inchina, sorride, Ieliètzkij sta sostenuto; Olga si sente a disagio: le viene da piangere. Ivànòv è stupito e guarda di sotto in su).
Kusòvkin (con voce tremante) Permettetemi ora... in questo giorno così solenne per me... di esprimere la mia gratitudine per tutte le cortesie...
Ieliètzkij (interrompendolo in tono severo) Ma di che, di che ci ringraziate, Vassilij Siemiònyč?...
Kusòvkin Sì, sì... Voi siete i miei benefattori... Per quanto poi riguarda, la mia... - diciamo così - la mia condotta di ieri, siate così generosi di perdonare a un vecchio... Dio sa perché ieri mi sono offeso e ho detto certe...
Ieliètzkij (interrompendolo di nuovo) Ma va bene, va bene.
Kusòvkin Che c'era poi da offendersi?! Che male c'era!... I signori scherzavano... (Dopo aver dato uno sguardo ad Olga) Ma non è questo che volevo dire... addio miei benefattori; che possiate star sempre bene, allegri, felici...
Tropaciòv Ma perdio salutare in questo modo, Vassilij Siemiònyč!? Non partite mica per la Siberia...1.
Kusòvkin (commosso, continua) Che Dio vi conceda ogni bene... in quanto a me... non ho più niente da chiedere a Dio... o sono così felice, così... (S'interrompe e si sforza di non piangere).
Ieliètzkij (da parte, fra sé) Che scena!... Quando se ne andrà?...
Olga (a Kusòvkin) Addio, Vassilij Siemiònyč... Quando sarete a casa vostra, non ci dimenticate... Sarò lieta di vedervi (abbassando la voce) di parlare un po' con voi da sola...
Kusòvkin (baciandole le mani) Olga Petròvna... Che Dio ve ne renda merito.
Ieliètzkij Va bene, va bene; addio...
Kusòvkin Addio...
(Fa un inchino, poi, con Ivànov, s'avvia verso la porta della sala. Tutti lo accompagnano).
Tropaciòv (di sulla soglia, esclama ancora una volta) Evviva il nuovo proprietario!
(Olga rientra in fretta nella sua stanza).
Tropaciòv (volgendosi a Ieliètzkij e battendogli sulla spalla) Sapete che vi dico? Voi siete il più nobile degli uomini.
Ieliètzkij Per carità! Voi siete troppo buono...
(Cala la tela).
IL TEMPOGiovedì 24 Marzo 1983
teatrodi giorgio prosperi
Come un clown
tragico
Randone
in «Pane altrui»
Al Valle « Pane altrui » di Turghèniev, con Salvo Randone. Regia di Nello Rossati. Si replica fino al 3 aprile.
Siamo andati anche noi a rendere omaggio all'arte del grande vecchio, Salvo Randone, all'avanguardia nel suo tempo di mattatori, per il suo modo spoglio e quasi schivo di recitare, e all'avanguardia anche oggi, quasi per le medesime ragioni, rispetto a certi tronfi e stentorei moduli recitativi delle giovani scuole. E riascoltando tutto il grande repertorio dei suoi sussurrati, delle sue pause, delle intonazioni perforanti, che si inseriscono a fatica nella routine dell'altrui parlare quotidiano, si provava il piacere rassicurante di quando si ascolta una grande musica conosciuta: la soddisfazione di non perderne una nota. Se poi dobbiamo dire che cosa specificamente ci ha colpito in Pane altrui, nella interpretazione che Randone dà di Vassilij Semionic Kusovkin, il nobile decaduto che fin da giovane ha trovato una sistemazione nella casa che lo ospita, e che ora, vecchio, vi si attacca per ragioni che costituiscono il cuore del dramma, noteremo che, senza dubbio, è struggente nell'attore un'aria da clown invecchiato, un po' appesantito ed affaticato, con bagliori drammatici degli occhi sul volto lucido e tondo, il cranio calvo con una coroncina di capelli, proprio da clown.
Nel 1848, quando Turgheniev compose il dramma, subito bocciato dalla censura perché i nobili erano messiin cattiva luce, gli diede il titolo classico Il parassita, un ritratto non esente da critica di un mondo, ma anche di un personaggio. Il fatto poi che consegnò il copione all'attore Scepkin, grande specialista del genere comico, ci lascia capire come l'autore vedesse il suo personaggio; come una vittima drammatica ravvolta in motivi di commedia e addirittura di farsa. Si ride alle sue spalle e quel riso non è del tutto gratuito.
La proprietà di cui Kusovkin vive, e di cui fa parte all'inizio del dramma, è fatiscente, popolata di topi in veste di maggiordomi, di camerieri e di vicini di casa. E non ha tutti i torti Ielietzski, fresco sposo di Olga, verso la quale Kusovkin manifesta una attenzione particolare, di preoccuparsi dello stato della proprietà anche se è legittimo supporre che abbia sposato Olga per le sue sostanze. Il protagonista è così ambiguo con il suo vizio del bere, il ritorno ossessivo ad un processo che lo reintegrerà nei suoi beni, che i vicini si sentono in qualche modo autorizzati a prendersi giuoco di lui. Anche perché luial giuoco ci sta o finge di starci. E' solo quando il giuoco degenera che Kusovkin fa esplodere la mina , finora accuratamente nascosta nel parassita invecchiato: Olga è sua figlia. Dal comico al tragico il salto di un istante. Naturalmente, nel secondo atto, Olga insiste per sapere la verità e anche qui il racconto dell'antefatto non è proprio una pagina di amore romantico assoluto. Kusovkin rimpiazza un marito infedele nel letto di una moglie disperata. Il parassita è parassita anche nell'amore. Cosi è nata Olga. E una delle cose più belle di Randone è la fatica, la difficoltà, il pudore della confessione di un avvenimento non esemplare. Qui il clown è classico, con il suo dolore interno o l'aspetto interiore un po' ridicolo e pietoso.
Non so che cosa abbia spinto Turgheniev a cambiare il titolo in Pane altrui. Forse considerazioni di opportunità, per ottenere il visto di censura (che ebbe solo nel 1861 con le riforme liberaleggianti dello zar Alessandro) o per il gusto sempre più diffuso di un socialismo umanitario. Certo il titolo Pane altrui sposta totalmente l'ottica dello spettatore, rispetto a Il parassita da un punto di vista critico a una «captatio benevolentiae» di carattere pietistico sentimentale e sociale. Il grande merito di Randone è di non esser caduto nel trabocchetto della lacrima facile; la sua accettazione del gruzzolo offerto dal genero e patrocinato dalla figlia per riacquistare la proprietà, a condizione che si tolga di mezzo, è giocata dall'attore alla perfezione, nella ambiguità tra un comprensibile piacere e una disperazione senza conforti.
Se tutto questo è vero, perché il regista Nello Rossati, che pure nomina Gogol, Puskin e persino Cechov, come esempi, immaginiamo di un’alternanza continua nella drammaturgia russa di umorismo e tragedia, perché dicevamo, Rossati comprime il tutto in un contenitore dalle tinte romantiche, con le tappezzerie rosso sangue delle scene di Toni Rossati, il finale di notte anziché di giorno, col caminetto acceso e il vento che ulula?
Perché appesantisce il pranzo (che poi è una merenda) con le risate fastidiose e non sempre giustificate di Tropaciov (Paolo Lombardi) e leinsistenti battute di tacchi di Karpaciov (Lamberto Consani)? Perché fa di Trembinski (Enzo Spitaleri) uno(scolorito maggiordomo di maniera, anziché il perno su cui ruota l'allegro e vivace inizio del dramma? Perché ha eliminato scenette gustose, come quella del sarto, tanto più che il dramma non è lungo?
Certo, se Randone avesse avuto attorno più aria, un clima più quotidiano e disteso, che all'improvviso si intorbida fino al dramma, il suo giuoco sottilissimo avrebbe avuto una cornice più giusta. E anche avrebbero a
vutoun rilievo più esatto i personaggi di Olga, una Maria Teresa Bax irretita nel difficile contrasto tra l'amore filiale e gli interessi di facciata, e quello di suo marito, un Giulio Platone non più che corretto. Da lodare invece Edoardo Borioli, lo amico Ivànov, che segue con affettuosa e riservata apprensione le sorti di Kusovkin e Giuseppe Lelio, per la sintetica verità con cui disegna il fattore Kartasciov. Carlo Properzi Curti, il cameriere Piotr, è come continuamente trattenuto dall'entrare in un vaudeville, che infatti non c'è più. Paola Pieracci è la governante Prascovia Ivànovna. La scorrevole traduzione. è di Neda Naldi ed Eraldo Miscia.
Con questo diluvio di prime c'era rischio di una serata in minore. Ma è evidente che all'ultimo momento molti hanno optato per Randone, e il teatro si è quasi totalmente riempito, con le conseguenze che si possono immaginare: applausi a scena aperta e ovazioni alla fine, specie quando Randone è apparso solo a riscuotere la sua giusta parte di gloria.
giorgio prosperi
1 Questo saggio, è stato parzialmente pubblicato nella Fiera Letteraria del 1° agosto 1926;vi ho qui apportato alcune modificazioni evi ho aggiunta tutta la parte che riguarda Pane altrui.
2 Per facilitare la lettura e la retta trascrizione dei nomi russi diamo qui la spiegazione di alcuni segni convenzionali che avremo spesso occasione di usare:
š = ch francese — č = c dolce — ž — je francese.
1 Una sera a sorrento — La provinciale — Al verde — Bozzetti teatrali di I. Turghèniev - Trad. di E. Damiani - G. Carabba. Ed. Lanciano.
2 I. S. Turghèniev— Un mese in campagna. Introd. e Trad. di E. Damiani — Vallecchi — Ed. Firenze.
1 Ho tradotto il titolo russo Nahlièbnik,con Pane altrui, non solo per non mutare un titolo già noto, ma perché esso esprime perfettamente il significato della parola russa, intraducibile con una parola italiana. Infatti qui nahlièbnik indica una persona che vive a casa d'altri e a loro spese; non ci sembra quindi esatto adottare il titolo Il pensionato,proposto da E. Damiani nella sua prefazione alla versione dei tre bozzetti teatrali già citati.
1 Tutte le parole francesi che s'incontrano nella presente traduzione sono nel Testo. (N.d.T.).
1 Vània è il diminutivo di Ivan. (N.d.T.).
1 Vaska, che è un contadinello, così deforma il patronimico: Constantinyč. (N.d.T.).
1 Secondo un'antica tradizione, i Russi accolgono gli ospiti con l'offerta del pane e del sale. (N.d.T.).
1 Come già abbiamo accennato, tutte le parole francesi che s' incontrano nella presente traduzione, sono nel testo. (N.d.T.).
1 Diminuitivo di Olga. (N.d.T.).
1 Uno dei più rinomati restaurants di Pietroburgo, (N.d.T.).
2 Scherzosa deformazione del nome Karpaciòv. (N.d.T).
1 Ballo che si eseguisce a ginocchia piegate. (N.d.T.).
1 Quando più è trascinato dalI' ira, Ieliètzkij da del tu a Kubovkin. (N.d.T.).
1 Nel testo: Astrakan, che ho sostituito con Siberia per usare un'espressione più famigliare al lettore italiano (N.d.T.).