Pane altrui

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Dramma in due atti

di Ivàn Turghèniev

Traduzione dal russo

con uno studio critico introduttivo

di Carlo Grahber

LA NUOVA ITALIA EDITRICE - VENEZIA

1927


Turghèniev e il suo teatro1.

L'arte di Turghèniev, come si rivela nei primi rac­conti dello scrittore, sembra discendere direttamente dal realismo di Gògol, sebbene un po' ammorbidito nella sua sostanza drammatica, sebbene privato della sua sin­tetica rudezza e specialmente del suo humour. Però se l'arte di Gògol esercitò la sua influenza sulla forma­zione di Turghèniev, non mancano, anche in quei primi racconti, delle tracce visibili del mondo di Puškin2che, nonostante certi tentativi di liberazione, attraverso originali orientamenti realistici, conserva nella sua so­stanza i caratteri comuni e talora convenzionali del grande movimento romantico europeo. Questo romanticismo, a cui Gògol contrappose il suo potente realismo, che, senza angustie folkloristiche attinge valori universali dell'anima stessa del popolo (né Gògol sapeva forse di realizzare,   appunto colla  sua  reazione,   uno  dei  primi postulati  della teoria romantica) questo romanticismo, dicevo, formerà un substrato profondo nell'arte futura di Turghèniev e vi troverà un notevole sviluppo. L'opera di Turghèniev potremmo infatti definirla come la crisi del romanticismo nella letteratura russa; poiché l'anima dello  scrittore,   sebbene  sembri   attratta   dal   dramma nudo della vita che gli si svolge intorno, è percorsa nel suo  fondo da  un'onda  sentimentale schiettamente  ro­mantica, nel scuso tradizionale della parola.  Non per nulla Bazàrov, il protagonista di Padri e figli, l'uomo dei tempi nuovi, il negatore di ogni cosa, finisce la sua vita come un buon romantico d'altri tempi,  anelante, nell'ora della morte, l'illusione di un amore, da cui è stata vinta la sua fittizia anima di ribelle. Alcuni critici russi hanno gridato a torto contro la figura di Bazàrov, affermando che non rispondeva né al tipo della nuova generazione, né a un tipo russo qualsiasi. Questi giudizi, che rispecchiano una falsa tendenza della critica russa, troppo intenta a ricercare nell'opera d'arte delle matematiche rispondenze con determinati problemi sociali e con certe condizioni d'ambiente, esulano dalla valutazione dell'opera d'arte e, nel caso particolare, sono assolutamente fuor di posto. Bazàrov è il tipo di se stesso e nelle sue qualità contraddittorie, rispecchia assai bene la sostanza della scrittore il quale, anche in Bazàrov, ha istintivamente drammatizzato il carattere della sua anima, in cui ogni aspetto della realtà, ogni dramma di pensiero e d'azione, finiscono col naufragare in un ro­mantico mondo ideale, dove tutto s'intenerisce in una malinconica   bellezza,   che  trasforma  i duri  contrasti della vita in un accordo di nostalgiche lontananze. Pure, questo fondo romantico (che si mantiene sempre latente nelle opere di Turghèniev, per esplodere potentemente in tante situazioni e figure che spesso finiscono col dare la nota dominante) appare come qualche cosa di nuovo, nonostante le sue affinità con vecchie situazioni senti­mentali, di cui pure alle volte conserva il tono un po' falso e manierato. Questo elemento nuovo consiste nella sincerità con cui Turghèniev ritorna romantico, nella sincerità e nel candore con cui egli rivive, ricrea, nella sua anima, certe situazioni che hanno l'aria di cose di altri tempi. E veramente d'altri tempi egli appare quando per esempio ci fa assistere al sorgere e al tra­passare di un amore o quando, come alla fine di quasi tutti i suoi romanzi, da Rudin a Terre Vergini, tronca l'azione, per ripresentarci i suoi personaggi dopo uno spazio di tempo, che ha tutto mutato o distrutto e che ci fa ripensare al passato con un senso di accorata tri­stezza. Ma in quell'amore c'è quasi sempre un incanto virginale, sia che torni in anime stanche della vita, come quella di Rudin o di Lavretzkij, sia che sorga per la prima volta in anime ignare come quelle di Natascia, di Lisa, di Elena, di Sciubin.

La definizione di romantico del realismo che egli dava di Nieždànov uno dei personaggi di Terre Ver­gini, pur di intenderla bene, può essere riferita allo stesso Turghèniev. Però, questa tendenza romantica che come noi abbiamo notato, diventa un elemento spesso nuovo e sincero, favorisce in lui una specie di aristocra­tico isolamento dalla realtà delle semplici creature, che sono poi quelle più vicine alla sua anima. Egli allora, esteta e letterato più che artista, vagheggia un mondo manieratamente idealizzato, in cui tutto acquista qual­che cosa di voluto e di meccanico; ed ecco allora il suo delicato sentimento degenerare nel patetico e nel sentimentale, eccolo ricalcare situazioni e figure già altre volte ritratte, cadere nel tipico, nell'imitazione di se stesso; eccolo intento a studiare i particolari e a rifinirli tutti colla stessa cura meticolosa, come se tutti avessero un valore essenziale, eccolo presentarci i personaggi con minuziose descrizioni e con la storia dei loro precedenti, come per adempiere a un obbligo imprescindibile; eccolo infine modellare il periodo e tornirlo perché ogni sua sfumatura, come i particolari della sua visione, vi si innesti in uno stato di perfezione, morbidamente ada­giandosi in una onda musicale piena e continua, simile all'onda sentimentale con cui egli finisce col raccogliere e placare ogni duro contrasto di dramma. Analizzate così, sebbene, per necessità assai brevemente, alcune ca­ratteristiche dell'arte di Turghèniev, daremo un cenno completo del suo teatro di cui ben poco è stato tradotto in italiano e cioè: tre lavori in un atto (Una sera a Sorrento; La provinciale; Al verde1e la commedia in cinque atti:  Un mese in campagna2. Di Pane altrui esiste una vecchia traduzione di D. Oliva, compiuta evi­dentemente dal francese, traduzione che, essendo tutt'altro che fedele e presentando molte arbitrarie mutilazioni, ci ha spinto a compiere questa nuova versione condotta fedelmente sul testo russo.

Premettiamo, intanto, che, eccettuato Pane altrui e, per alcuni aspetti, Un mese in campagna, il teatro di Turghèniev raccoglie varie tendenze dello scrittore, ma in un modo frammentario e nella forma meno perfetta.     Questi  lavori teatrali che vanno dal  1843 al '52 circa, appaiono quasi tutti come degli incerti tentativi, sebbene contemporanei  alle   « Memorie  di  un  cacciatore »  che già comprendono alcune delle cose migliori di  Turghèniev.

 

*

*    *

Una nota assai rara, in questi lavori teatrali, come del resto in quasi tutta l'opera di Turghèniev, è l'elemento comico che, nella sua schiettezza appare come una cosa d'eccezione. Turghèniev non sa ridere a cuor leggero: alla sua anima pensosa e sognante sembra più conforme il riso profondamente serio, che serpeggia in gran parte del romanzo Fumo, in cui, attraverso l'amaro della satira, traspare tutto il disinganno di un sognatore deluso. Ci sono tuttavia dei lavori di carat­tere comico, dei quali il migliore è quello intitolato Una colazione in casa del capo della nobiltà. In questa  commediola, la divisione di un patrimonio tra una donna puntigliosa e suo fratello, dà luogo a una serie di  scintillanti  contrasti,   che  fanno della  figura della donna, una vivente caricatura dello spirito di contraddizione, insito nell'anima umana.

Nella Provinciale, non manca un certo brio; ma la figura della donna, su cui s'impernia il tenue lavoro, come non riesce, colla sua femminile scaltrezza, a creare una autentica vis comica, così col suo  romantico rimpianto per la vita d'altri tempi, non raggiunge toni sen­timentali di efficace contrasto. Accanto ai due precedenti ricordiamo,  al solo scopo informativo,  L' imprudenza, lavoro falso e confuso, che, nato con una situazione ricca di possibili sviluppi comici, volge grottescamente, e senza alcuna preparazione, al romantico e termina in tragedia.

Due altre commedie, sebbene con toni più sobri, ci richiamano questa vena di sentimentalismo: Il Celibe e Una sera a Sorrento. Nel Celibe vediamo un giovane, Vilitzkij, che, alla vigilia del matrimonio, rifiuta im­provvisamente di sposare la sua fidanzata: Màscia, un'orfana allevata da Moškin, buon uomo celibe e cinquantenne. Ecco allora una piccola tragedia nella vita del vecchio scapolo, il quale con un gesto che vor­rebbe essere una sublime protesta e un'affettuosa riabi­litazione, si offre di sposare Màscia. Però, per quanto Turghèniev cerchi di sottolineare il valore puramente spirituale di quel gesto (« Màscia sarà felice.... sarà felice! ») uno sprazzo di grottesco involontario copre la figura di questo vecchio che sposerà una ragazza di­ciannovenne per renderla felice. Quel delicato tono di sentimento che era nell'intenzione dell'autore, dege­nera in sentimentalismo. Né la figura di Vilitzkij è migliore:  questo giovane che rifiuta Màscia senza una ragione e senza saper nemmeno se l'ami ancora o no, non riesce né una piena caricatura dell'uomo indeciso, come il protagonista del Matrimonio gogoliano, né la drammatica incarnazione d'un'anima malata come sarà l'Ivànov di Cècov.

Assai inferiore al precedente è Una sera a Sorrento, visione tutta rosea e oleografica di una Sorrento di ma­niera, in cui le stelle, la luna, il mare e l'immancabile canzonetta napoletana, finiscono col l'unire e rendere fe­lici non una, ma due coppie d'innamorati! 

Al verde e Quando il filo è troppo teso si spezza, non sono altro che una serie di quadretti realistici che sembrano destinati solo a un semplice scopo dimostra­tivo:  nel primo lavoro a illustrare la decadenza della nobiltà terriera che s' è fatta cittadina, nel secondo quasi nient'altro che la verità di un proverbio.

In Un dialogo sulla via maestra ecco tornare, ma con scarsa potenza costruttiva, il Turghèniev delle Me­morie di un cacciatore,il Turghèniev innamorato della sua terra e degli umili contadini. Però, in questo lavoro, che è nient'altro che una scena come l'autore stesso l'in­titola, domina un puro e semplice folklorismo, che si compiace di rappresentare sentimenti e superstizioni po­polari, ma senza nessuna profondità: soltanto come toni di colore.

In Un mese il campagna l'azione è imperniata in­torno alla figura di Natàlia Petròvna, anima di donna un po' leggera in apparenza, ma più che per un senso di vanità, per un inconscio bisogno di qualche illusione. Il fuoco che essa accende intorno a sé, fa soffrire: Rakitin che l'ama con tutta la devozione; il giovane Bieliàiev, che, da lei conquistato, prova il tormento del primo amore, e Vièra a cui Natàlia toglie Bieliàiev. Ecco un delicato scompiglio sentimentale, che si placa infine nella tristezza breve degli addii di coloro che partono perché tutto, nella villa, ritorni come prima. Lasciando da parte la figura del marito di Natàlia, figura mezza delicata, mezza grottesca, colla sua ecces­siva condiscendenza verso la moglie, ci sono in questo lavoro delle scene ariose su cui aleggia un delicato profumo di poesia, ci sono delle figure ben individuate nei loro caratteri e nei reciproci contrasti; ma, a lettura terminata, si sente quel mondo, che ci aveva afferrato in certi istanti, sfuggire senza una profonda risonanza, naufragare in una pittura d'ambiente che domina, più che altro, nei suoi valori episodici. Ci si domanda allora quale sia, al di fuori di questa rappresentazione d'am­biente, la sostanza del lavoro e ci accorgiamo che l'arti­sta non è riuscito a creare né una figura determinata che domini con un suo dramma, né, come piuttosto era sua intenzione, un pathos,uno stato d'animo collettivo. La ragione va ricercata qui, come negli altri lavori, in quella tendenza che non di rado appare accanto al mi­gliore Turghèniev e che è così visibile in tanti suoi la­vori teatrali: la tendenza cioè a studiare e a sviluppare i particolari in sé e per sé; giacché in Turghèniev certe volte la curiosità per il particolare supera l'interesse per la sintesi dell' insieme; e allora l'episodico, il de­scrittivo assorbono l'artista in modo da renderlo pago di quel caleidoscopico succedersi di scene e di figure, attraverso le quali si realizza semplicemente una visione pittoresca della vita. Questo difetto ci spiega come in Turghèniev, e in ispecie nel suo teatro, ci siano non po­che scene superflue, che servono a illuminare il partico­lare, perdendo di vista l'economia dell'insieme, ci spiega come in parecchi luoghi predomini la descrizione ri­spetto all'azione e il monologo rispetto al dialogo (giac­ché il monologo non è che autodescrizione di personag­gi); ci spiega infine l'apparente ricchezza e varietà che tradiscono, spesso, la mancanza di un vero cozzo dram­matico.

*

*    *

Un luogo a parte, nel teatro di Turghèniev, è occu­pato da Pane altrui1,  lavoro in cui  l'autore mira a interiorizzare una più profonda sostanza drammatica nel dolore silenzioso di Kusòvkin, un pover'uomo costretto a ingoiare il pane degli altri, fra scherni e umiliazioni, e a soffocare anche la voce del sangue che lo chiama verso la figlia. Tuttavia anche in questo lavoro, che è il migliore del teatro di Turghèniev, ci sono dei difetti, che si riconnettono direttamente con quanto abbiamo già esposto circa l'arte dello scrittore in generale.

La situazione, nella sua mossa iniziale e in gran parte del suo svolgimento, è drammaticamente una delle più felici. Il vecchio Kusòvkin che, pur essendo il vero padre di Olga, deve celare in cuor suo il terribile segre­to; l'ansia pudicamente nascosta con cui attende Olga, che non sa di essere sua figlia e verso cui egli si trova nella triste situazione di un povero beneficato; il modo crudele con cui il marito di Olga, Ieliètzkij, e special­mente il suo amico Tropaciòv si divertono alle spalle del vecchio, che durante il pranzo hanno fatto ubriacare; e infine lo scatto con cui Kusòvkin, ebbro, svela involon­tariamente il suo segreto, sono situazioni che pongono le basi di un potente dramma di cui vediamo gli svi­luppi nel II atto. Ma appunto in questi sviluppi il dram­ma perde gran parte della sua intensità.

Kusòvkin ora si trova di fronte a un terribile di­lemma:  o negare la verità di quanto ha svelato, rinun­ciando quindi e per sempre a farsi riconoscere dalla figlia, o confermare la sua rivelazione distruggendo però la tranquillità di Olga, che vedrà ora profilarsi un ignorato dramma famigliare. Kusòvkin, nella sua debolezza, non sa resistere e, cedendo al desiderio di farsi finalmente riconoscere dalla figlia più che al biso­gno di placare, sia pure con la cruda verità, gli ango­sciosi dubbi suscitati nell'anima di lei, svela ogni cosa. Olga crede al racconto di Kusòvkin che salva, in ogni modo, la figura purissima della madre di lei. Tuttavia ora, per ovvie ragioni di opportunità verso gli estranei che il giorno avanti avevano sentito le parole di Kusòv­kin ubriaco, il vecchio dovrà allontanarsi per sempre dalla casa dei suoi benefattori, che gli offrono una som­ma per assicurare la sua esistenza. Ma non avrà egli mentito, come cerca dimostrare Ieliètzkij?   Non avrà egli inventato tutta quella storia per carpire del denaro? Certo, se Kusòvkin accetterà questo denaro, dichiarerà implicitamente di aver mentito e se non vorrà accettare, come è suo proposito, lascerà nell'angoscia Olga Petròvna che vedrà il proprio padre andare per il mondo come un mendicante.

Uno dei punti fondamentali del dramma ora sa­rebbe questo:  il contrasto tra la necessità di accettare il denaro per la tranquillità di Olga Petròvna e il dolore che l'accettarlo possa risvegliare il dubbio avanzato da Ieliètzkij, che cioè il racconto del vecchio sia una speculazione. Turghèniev invece rifugge dall'approfondire questo contrasto, come già aveva rinunciato a svi­luppare quello che secondo noi sarebbe stato il più ricco germe drammatico di questo lavoro e cioè la lotta interiore di Kusòvkin tra il bisogno di rivelarsi padre e il dovere di non turbare la tranquillità della figlia ignara; lotta che Kusòvkin avrebbe assai più drammati­camente risolta, sacrificandosi in silenzio, coll'affermare di aver mentito in un momento d'ebbrezza. Si sarebbe avuto così un dramma, più profondo e più intimamente sofferto; Turghèniev invece preferisce lisciare sentimen­talmente la figura di Kusòvkin e trascinarla infine in un patetico ottimismo, mediante un compromesso:  Kusòv­kin accetterà il denaro per amore della figlia e si stabi­lirà nella proprietà dei suoi avi che egli riscatta ap­punto col denaro ricevuto. Questa ottimistica soluzione - Kusòvkin acquista una certa agiatezza e soprattutto l'amore della figlia - attenua la crudezza del dramma che per Kusòvkin si risolve pateticamente nel dolore della separazione dalla figlia e nella tormentosa costri­zione di dover nascondere agli altri il suo amore di padre.

Abbiamo anche qui un esempio di quella tendenza al sentimentale, che abbiamo già notata in Turghèniev. Infatti la figura di Kusòvkin, che dapprincipio si pro­fila semplice ed energica nella sua rassegnazione, nella sua offesa umiltà, talvolta, per amore del patetico, degenera e diventa quasi femminea per certe sue accen-tuate forme di debolezza e disottomissione e per la sentimentale compiacenza con cui contempla le proprie pene, come nel lungo e dettagliato racconto fatto ad Olga, per spiegare il terribile segreto. Anzi, c'è di più: questa deformazione patetica di Kusòvkin non solo guasta il carattere del personaggio, ma qua e là, sebbene quasi impercettibilmente, lo falsa addirittura. Infatti nel II atto ci sono due o tre punti in cui l'esagerata umiltà e debolezza di Kusovkin, si trasformano, invo­lontariamente, in una specie di crudele malizia, come quando, dopo aver svelato ogni cosa a Olga e averle messo l'inferno nel cuore, le dice di star tranquilla, di non credere al suo racconto; o come quando vorrebbe partire senza prendere un soldo, lasciando Olga nella disperante situazione di sapere suo padre nella miseria. Kusòvkin avrebbe dovuto negare fin dapprincipio ciò che gli era sfuggito in un momento d'ebbrezza, poiché ora, senza, volerlo, ripete il caso manzoniano di Don Abbondio sopraffatto da Renzo in casa propria, di Don Abbondio che sembrava l'oppresso ed era l'oppressore. Ho nominato Don Abbondio e difatti in Kusòvkin, nato per compiere un oscuro eroismo, s'insinua quasi impercettibilmente, ma con danno evidente, qualche cosa del curato di manzoniana memoria. « Non so nulla... » risponde Kusòvkin a Ieliètzkij che gli domanda se in­sista ancora nel dire che Olga è sua figlia; e questa ri­sposta, dopo tutte le rivelazioni che Kusòvkin ha fatto, trasforma la sua debolezza in una specie di passiva prepotenza.

Quanto abbiamo ora accennato, non riesce però a distruggere i caratteri fondamentali di Kusòvkin. quelli che formano tutta la sua segreta liricità:  e cioè il tre­more della sua nascosta ansia di padre e la sofferenza della sua stessa debolezza; caratteri che si riassumono con efficacia nel finale del lavoro, quando dolore e gioia si confondono nelle ultime parole di lui, parole a cui dà maggior risalto drammatico, l'involontaria ironia del complimento fatto da Tropaciòv a Ieliètzkij. Conclu­dendo, Pane altrui,supera tutti gli altri lavori teatrali di Turghèniev e contiene nel suo fondo una sostanza drammatica, che nonostante i difetti già notati, crea un mondo ricco di figure vive e di contrasti; e spesso comunica al protagonista un carattere di commossa umanità.

Carlo Grabher.


PERSONAGGI

Paolo Nicolàievič Ieliètzkij

consigliere di collegio; 32 anni. Èun funzionario di Pietroburgo;  freddo, secco, non sciocco, accurato. Veste con semplicità ma con gusto. Èun uomo comune,  non  cattivo,  ma di  poco cuore.

Olga Petròvna Ieliètzkaia:

nata Kòrina, sua moglie, 21 anni. Creatura buona, dolce, sogna la vita mondana e nello stesso tempo la teme; ama il marito ed ha un contegno cor­rettissimo. Veste elegantemente.

Vassilji Siemionyč Kusòvkin

nobile decaduto; vive in casa dei Ieliètzkij, che lo mantengono:  50 anni. Porta una redingote col bavero assai accollato e i bottoni di metallo.

Flegònte  Alexàndryč  Tropaciòv:

un vicino dei  Ieliètzkij; 30 anni.   È  un  possidente che  ha quattrocento  contadini ed è scapolo. Alto di statura, di bella presenza, parla forte e prende delle   pose. Ha fatto il servizio militare in cavalleria   ed   è andato in congedo col grado di tenente. Va  spesso a Pietro­burgo ed è in procinto di recarsi all'estero.  Di natura è grossolano e anche vile. Porta un frac verde a falde tonde, pantaloni color pisello, panciotto scozzese, cravatta di seta con una grossa spilla.   Ha degli stivali di pelle verniciata e un bastone col pomo d'oro.  Porta i capelli assai corti, à la malcontent1.

Ivàn Kusmič Ivànov:

altro vicino; 45 anni. È un essere quieto, taciturno, non privo di un certo orgoglio; è amico di' Kusòvkin. Si rattrista con molta facilità. Porta un vecchio frak color cannella,  un  panciotto d'un giallo sbiadito e un paio di pantaloni grigi. È molto povero.

Karpaciòv

altro vicino; 40 anni. Porta i baffi, è assai sciocco ed è qualche cosa come l'aiutante di Tropaciòv. Non è ricco. Indossa uno spencer. Parla con voce di basso.

Narciso Constantinyč Trembïnskij: 

maggiordomo e maître d'hôtel dei signori Ieliètzkij. Intrigante, strillone; non dà pace a nessuno. In sostanza è una gran bestia. È vestito bene, come s'addice al maggiordomo di una ricca famiglia. Parla correttamente, ma con la pronuncia caratteristica dei Russi bianchi.

Iegòr Kartasciòv:

fattore; 60 anni. Uomo grasso, addor­mentato. Quand'è possibile, ruba. Porta una redingote blu, a lunghe falde.

Prascòvia Ivànovna:

una donna a cui è affidata la dire­zione della casa; 50 anni. È secca, cattiva, biliosa. Porta un fazzoletto in testa ed è vestita di scuro. Parla come fanno i vecchi sdentati.

Màscia:    

cameriera;  20 anni. Èuna fresca ragazza.

Ampadist:         

sarto; 70 anni. È un vecchio servo di casa: decrepito, rimbambito, malfermo sulle gambe.

Pietro:    

cameriere; 25 anni. Giovanotto robusto, allegro, chiacchierone.

Vaska:

un ragazzotto addetto ai piccoli servizi;  14 anni.


ATTO I

La scena rappresenta una sala in casa di un ricco possidente; a destra due finestre e una porta che dànno in giardino; a sinistra una porta che mette in salotto; di fronte un'altra che mette all' ingresso. Tra le due finestre:  un tavolo di quelli che si aprono; sul tavolo: una scacchiera. Sul davanti, a sinistra, un altro tavolo e due poltrone. Tra il salotto e l'ingresso si apre un corridoio.

                 

Trembïnskij (dietro le quinte) Che disordine! Non trovo altro che disordine, qui. È proprio imperdonabile!...

(Entra, seguito dal cameriere Pietro e dal piccolo Vaska)

Ho l'ordine formale della padrona! Qui tutti mi debbono obbedire! (a Pietro) Hai capito?

Pietro         Sissignore.

Trembïnskij    Oggi la signora e suo marito si degnano di venire quassù.... e per questo mi hanno mandato innanzi. Noi invece che stiamo facendo qui? Niente! (Volgendosi a Vaska) Tu perché te nestai lì? Ti piace di fare il bi­ghellone, eh? Ti piace di non far niente? (Prendendolo per un orecchio e trattenendolo) Ti piace mangiare il pane a ufo, eh? Ah, questo vi piace a tutti! Vi cono­sciamo bene! Vattene! Torna al tuo posto! (Il ragaz­zetto se ne va. Trembïnskij si siede in una poltrona) Non ne posso proprio più, santo Dio! (Balzando in piedi) Ma perché non mi presentano il sarto? Dove sta, dunque, questo sarto?

Pietro         (Dopo aver dato un'occhiata in anticamera) Il sarto è venuto, signore.

Trembïnskij    E allora perché non entra? Che aspetta? Vieni qua, amico... come ti chiami?...

(Entra Ampadist e si ferma sulla porta, incrociando le braccia dietro la schiena).                     

Trembïnskij    (a Pietro) Questo è il sarto?

Pietro         Precisamente.                              

Trembïnskij    (ad Ampadist) Quanti anni hai, amico?

Ampadist     Sono già arrivato alla settantina, signore.

Trembïnskij  (a Pietro) Ma un altro sarto non l'avevate?

Pietro         Nossignore; proprio nessuno. Un  altro cera, ma non l'hanno ritenuto adatto:   perché balbettava.

Trembïnskij    (levando le mani al cielo)  Che disordine! (ad Ampadist) Di' un po' vecchio: hai fatto quello che ti è stato ordinato?

Ampadist     Tutto fatto, signore.

Trembïnskij    Hai cuciti i colli alle livree?        

Ampadist     Li ho cuciti.  Però il panno giallo non è bastato...

Trembïnskij    E allora  come hai  rimediato?

Ampadist     Eh!... mi hanno dato una veste giallina, una vecchia veste che stava in un ripostiglio...

Trembïnskij    (facendo un gesto colle mani)  Basta, basta!... E così non c'è più niente da fare. Adesso non è possibile mandare in città per il panno. Vattene   (Ampadist  fa l'atto  di  andarsene)   Ohè!... guardami bene! Attento, eh! Se no, amico mio...  Bè, vattene!

(Ampadist esce, Trembïnskij si rimette a se­dere, ma subito dopo balza di nuovo in piedi)

Ah; a proposito! I viali del giardino li stanno pulendo?

Pietro        Diamine!... li stanno pulendo. Hanno mandato dalla campagna tutti i contadini disponibili.

Trembïnskij    (andando verso Pietro)  Ma tu chi sei?

Pietro         (stupito) Cosa comandate?

Trembïnskij  (avvicinandosi ancor di più a Pietro)  Chi sei, ti domando; chi sei tu?

Pietro         (con crescente stupore)  Io?

Trembïnskij    (avvicinandosi fin sotto il naso di Pietro)  Sì; tu, tu, tu... Chi sei tu?

(Pietro si confonde; guarda Trembïnskij e tace).

Trembïnskij    Ma parla, dunque; parla. Chi sei? ti domando.

Pietro         Io sono Pietro.

Trembïnskij    Nient'affatto:  sei un servitore. Ecco chi sei. Badare alle faccende di casa: questo ti riguarda; pulire i lumi anche questo ti riguarda; ma il giardino non ti riguarda affatto. Che abbiano mandato dei contadini o chi altro diavolo sia: non ti riguarda. Questo riguarda il fat­tore. Io non l'avevo domandato a te; non ti avevo comandato di rispondere. Avresti dovuto piuttosto an­dare a cercare il   fattore.  Questo sì che ti riguardava.

Pietro         Ecco; il  fattore sta venendo qua.

(Iegòr entra dall'anticamera)

Trembïnskij Ah, Iegòr Alexièič!... siete venuto proprio a propo-sito. Ditemi per piacere:  avete dato disposizioni laggiù in giardino per...

Iegòr         Tutto disposto, Narciso Constantinyč. Non vi preoc­cupate... Volete una presa di tabacco?

Trembïnskij  (prende il tabacco di Iegòr e lo fiuta) Iegòr Alexieič, non potete credere quanto abbia avuto da fare da questa mattina. Vi confesso sinceramente che in una proprietà importante come questa, non mi aspettavo di  trovare un simile disordine!  Non per quanto dipende da voi, si capisce; non per l'amministra­zione, ma per ciò che riguarda la casa.

Iegòr          Già....               

Trembïnskij    Figuratevi:  tanto per farvi un esempio. Domando: i musicanti ci sono? - Capite bene che i padroni biso­gna riceverli come si deve!  - « Ci sono » - mi ri­spondono - Allora, dico, fateli venire qua. Lo crede­reste? Tutti i musicanti sono addetti ad altre mansioni. Uno è giardiniere, l'altro è calzolaio; il contrabbasso va dietro ai buoi. S'è vista mai una cosa simile? E anche,  gli strumenti tutti in disordine. C'è voluto del bello e del buono per arrangiar le cose alla meglio. (Fiuta un'altra presa di tabacco).

Iegòr          Vi siete degnato di prendere un incarico ben faticoso.

Trembïnskij    Sì; oso dire che il mio pane me lo guadagno... A proposito; i musicanti stanno fuori del portone?

Iegòr          Fuori del portone, diamine! Era cominciata un po' di pioggia e quelli s'erano ritirati nella stanza di servizio, dicendo che la pioggia bagnava gli strumenti. Ma io, a dir la verità, li ho rimandati fuori. Capirete: se l'uomo che è in vedetta non sta bene attento, i padroni potrebbero arrivare all' improvviso. In quanto agli stru­menti, si possono tenere sotto le falde.

Trembïnskij    Giustissimo. Sembra che ora tutto sia in ordine.

Iegòr          State tranquillo, Narciso Constantinovič. (guardando Pietro) E tu perché te ne stai qui? Vattene di là, al tuo posto, mio caro...

(Pietro esce dall'anticamera. Dal cor­ridoio giunge di corsa Màscia)

Ehi, ehi, ehi, signorina! Dove andate così di fretta?

Màscia        Ah, Iegòr Alexieič, lasciatemi stare! Prascòvia Ivànovna non mi dà un momento di pace. (Corre nell'anti­camera).

Iegòr          (La segue collo sguardo, poi si volge a Trembïnskij e strizza l'occhio, Trembïnskij sorride).  Per favore che ora è, Narciso Constantinyč? 

Trembïnskij    (guardando l'orologio)  Le dieci e tre quarti. Da un momento all'altro i si­gnori saranno qui.

(Dall'anticamera compare Kusòvkin; si ferma un momento, fa dei segni a qualcuno che sta dietro di lui al di là della porta,  si avanza con circospezione e si avvia verso il tavolo accanto alle finestre).

Iegòr          Faccio una scappatina in ufficio. Son sicuro che lo stàrosta non si è nemmeno pettinata la barba, eppure vedrete che anche lui vorrà dare ai padroni il bacio del benvenuto.... (Mentre esce, s'incontra faccia a faccia con Kusòvkin).

Kusòvkin   Buongiorno, Iegòr Alexieič.

Iegòr          (Un po' stizzito)  Eh, Vassilij Siemiònyč!... ho altro che da pensare a voi.

(Esce per l'anticamera).

(Kusòvkin continua ad avvicinarsi alla finestra).

Trembïnskij    (Si volta e vede Kusòvkin.  Fra sé)  Ah, ecco questo!

(Kusòvkin fa un inchino a Trembïnskij. Trembïnskij con aria di noncuranza fa un cenno col capo e parla a Kusòvkin voltando appena la testa)

Trembïnskij    Come? Anche voi qui? Anche voi siete venuto a ricevere i signori?... eh?

Kusòvkin    Per l'appunto.                                                     

Trembïnskij    Ebbene; siete contento anche voi? (senza aspettare la sua risposta)  Che lusso!

Kusòvkin     Eh sì... cioè...

Trembïnskij    Bene, bene... Voi potete sedervi lì, nell'angolo.  (Kusòvkin fa un inchino) Ah, a proposito!... dimenti­cavo... Pietro!... Pietro!... Pietruccio!... Come? Non c'è nessuno in anticamera?

Ivànov        (Affacciandosi a metà dalla porta dell'anticamera)  Che volete?

Trembïnskij    (Non senza stupore)  Ma scusate.... Voi.... come mai....

Ivànov        (Senza venire avanti) Io sono Ivàn Kusmìč Ivànov... Ecco.... (indicando Kusòvkin)  sono un suo amico... signore...                 

Kusòvkin     (a Trembïnskij)  È un nostro vicino... È venuto a trovarmi.

Trembïnskij    (Scandendo le parole e scrollando il capo)  Eh; ma non è questo il momento!... non è questo il luogo, signori! 

(Pietro entra dall'anticamera, sfiorando il naso di Ivànov. Ivànov si ritira).            

Trembïnskij    Dove t'eri  ficcato? Vieni con me...  Voglio vedere che hai fatto là nello studio.... Son sicuro che niente  è disposto come avevo ordinato... A fidarsi di voi!...

(Escono tutti e due per il salotto, Kusòvkin resta solo).

Kusòvkin     (Dopo un momento di silenzio)  Vània!... ehi, Vània!1

Ivànov        (Dall'anticamera, senza farsi vedere)  Che vuoi?

Kusòvkin     Entra, Vània; non aver paura; puoi entrare.

Ivànov        (Entrando,  adagio adagio) Sarebbe meglio che me ne andassi.

Kusòvkin     No; resta. Che c'è di male? Sei venuto a trovar me. Su; vieni. Via, siedi qua. È il mio cantuccio.

Ivànov        È meglio andare nella tua camera.

Kusòvkin     Nella mia camera, ora, non si può andare. Ci stanno mettendo tutta la biancheria. Vi hanno portato anche tanti materassi... Si sta male qui?

Ivànov        No; ma preferirei andarmene a casa.                    

Kusòvkin     No, Vània; resta. Siediti qui; siedi. Mi siederò an­ch'io. (Kusòvkin si siede). I nostri stanno per arrivare. Perché non vuoi vederli?

Ivànov        Che c'è da vedere?

Kusòvkin     Come, che c'è da vedere?! Olga Petròvna s'è spo­sata a Pietroburgo. Chissà come sarà il suo sposino.... E poi anche lei e un pezzo che non la vediamo. Sei anni e più. Siediti.

Ivànov        Ma perché Vassilij Siemiònyč?... A dir la verità....

Kusòvkin     Siedi, siedi, ti dico. Non badare se il nuovo mag­giordomo fa la voce grossa. Che Dio lo benedica!... Ce l'hanno messo a posta.

Ivànov        Olga Petròvna, a quanto pare, ha sposato uno ricco; eh? (si siede).

Kusòvkin     Non saprei, Vània; ma dicono che sia un alto fun­zionario. Certo è quel che ci voleva per Olga Petròvna. Non poteva mica restare tutta la vita con sua zia.

Ivànov        Ma di un po', Vassillij Siemiònyč:  il nuovo signore non ci manderà mica via tutti e due?!

Kusòvkin     E perché dovrebbe mandarci via?

Ivànov        Cioè...  io dico per te.

Kusòvkin     (Con un sospiro) Lo so, Vània; lo so. Tu, amico mio, vuoi o non vuoi, sei un possidente. Io, invece, non ho di mio nemmeno i vestiti. Sempre roba degli altri. Però il nuovo pa­drone non mi scaccerà. Il padrone buon'anima, nemmeno lui mi ha scacciato.... Eppure era assai irritabile.

Ivànov        Ma tu, Vassillij Siemiònyč, non conosci quella brava gente di Pietroburgo.

Kusòvkin     Perché, Ivàn Kusmìč?... sarebbero forse così?... 

Ivànov        Dicono che siano un vero castigo. Nemmeno io li conosco ma ne ho sentito parlare.

Kusòvkin     (Dopo un breve silenzio) Bè, vedremo. Io confido in Olga Petròvna. Essa non mi abbandonerà.

Ivànov        Non ti abbandonerà!... Ma se lei, molto probabil­mente, nemmeno si ricorderà di te!... Se non sbaglio, quando partì di qui colla zia, dopo la morte di sua madre buon'anima, era una bambina. Quanto poteva avere? Non avrà avuto nemmeno quattordici anni. Se anche l'hai fatta giocare colla bambola, ti pare una gran cosa? Non ti guarderà nemmeno.

Kusòvkin     Ma no, Vània.

Ivànov        Vedrai.

Kusòvkin     Via; basta Vània; fammi il piacere.

Ivànov        Lo vedrai, Vassilij  Siemiònyč.

Kusòvkin     Davvero, Vània: basta!... Facciamo piuttosto una partita a dama. Eh? Che ne dici? (Ivànov tace) Su, siediti.... Via, amico mio, via. (Prende la scacchiera e dispone le pedine).

Ivànov        (Disponendo le pedine anche lui)  Hai trovato il momento buono; non c'è che dire! Vedrai se te lo permetterà il maggiordomo!        

Kusòvkin     Ma noi,  forse, diamo fastidio a qualcuno?

Ivànov        No; ma i signori stanno per arrivare...

Kusòvkin     Quando arriveranno, smetteremo. Destra o sinistra?

Ivànov        Ci cacceranno via tutti e due, Vassilij Siemiònyč, vedrai. Sinistra. Tocca a te a incominciare.

Kusòvkin    A me... Allora, amico, ecco come incomincio, oggi.

Ivànov        Guarda, che bella trovata! Io,  invece, ecco, come incomincio.

Kusòvkin    E io vado qui.                                                       

Ivànov        E io, qua.

(All'improvviso si sente un frastuono nell'anticamera. Il piccolo Vaska entra di gran corsa e grida)

Vaska         Vengono, vengono! Narciso Koskenkinyč1! Vengo­no!

(Kusòvkin e Ivànov balzano in piedi).

Kusòvkin     (Assai agitato)   Vengono? Vengono?

Vaska         (Grida)  La vedetta ha dato il segnale: vengono!

La voce diTrembïnskij (risuona dal salotto) Che c'è? Vengono? Vengono i signori?»

 

(Egli,  insieme a Pietro, esce di corsa dal salotto).

Trembïnskij    (Grida) I musicanti! I musicanti a posto!

(Corre nell'anticamera; Pietro e Vaska lo seguono. Dal corridoio arriva di corsa Màscia).

Màscia       Vengono?                                                      

Kusòvkin     Vengono, vengono.

(Ivànov con ansia si rannicchia in un angolo. Màscia scappa di corsa nel corridoio gridando: « Vengono! » Dopo un istante sbiecano fuori: dal corridoio Prascòvia Ivànovna e dall'anticamera Trembïnskij).

Prascòvia Ivànovna  Vengono.

Trembïnskij    Le ragazze; chiamate qua le ragazze!

Prascòvia Ivànovna  (Grida nel corridoio)  Ragazze!  Ragazze!

Iegòr          (Entrando di corsa dall'anticamera)  Il pane e il sale1) Narciso Constantinyč!

Trembïnskij    (grida a squarciagola)  Pietro! Pietro! Il pane e il sale! Dov'è il pane, il sale...  

(Dal  corridoio  sbucano  sei  ragazze vestite in gran gala)

Trembïnskij    In anticamera, ragazze, in anticamera!

(Le ragazze corrono in anticamera e sulla porta s'incontrano con Pietro, che reca un vassoio con un gran pane a ciambella e la saliera).

Pietro         Adagio, teste matte!                               

Trembïnskij    (Strappa di mano a Pietro il vassoio e lo affida a Iegòr). Questo a voi.... Andate alla porta; andate.

(Spinge Iegòr verso la scala, con Pietro e Prascòvia Ivànovna; va loro dietro di corsa)

Trembïnskij    (d.d. grida)  E gli altri dove stanno?... tutti qua...

La voce di Pietro  Chiamate Ampadist.

Altra voce    Il segretario comunale gli ha portato via gli stivali...

La voce di Trembïnskij  Qua i cocchieri; qua!

La voce delle ragazze  Vengono,  vengono!

La voce di Trembïnskij  Silenzio, adesso; silenzio!

(Si fa unprofondo silenzio, Kusòvkin, che durante tutto il precedente trambusto è rimasto in grande agi­tazione, ma non si è mai mosso dal suo posto, si mette in ascolto con ansia vivissima. A un tratto la musica, con mille stonature, comincia a suonare la marcia: « Scoppia o tuon della vittoria... ». Una carrozza si avvicina al portone; voci confuse; la musica cessa.  Si sentono saluti, baci... Poco dopo entrano: Olga Petròvna e suo marito, il quale tiene in mano il pane che gli è stato of­ferto; dietro di loro: Trembïnskij, Iegòr col vassoio, Prascòvia Ivànovna e la servitù che resta, però, sulla porta).

Olga          (Al marito con un sorriso)  Eccoci finalmente a casa, Paul1. (Ieliètzkij le stringe la mano) Come sono felice! (Volgendosi ai domestici) Grazie, grazie! (Indicando Ieliètzkij) Ecco il vostro nuovo padrone.... Vi prego di amarlo e di rispettarlo. (Al marito) Rendez cela, mon ami.

(Ieliètzkij restituisce il pane a Iegòr).

Trembïnskij  (Fa un inchino, piegando tutta la parte superiore del corpo)  Desiderate ordinare qualche cosa?... fare uno spuntino... prendere del tè...

Olga          No; grazie.  (Al marito)  Voglio farti vedere tutta la nostra casa, il tuo studio...  Son sette anni interi che non vengo qua... sette anni!

Ieliètzkij      Fammi vedere.

Prascòvia Ivànovna  (Prendendo dalle mani di Olga il cappello e la mantiglia) Siete sempre  la  nostra  buona, la nostra  cara  padroncina....

Olga          (Le risponde con un sorriso, poi volge uno sguardo intorno) È diventata vecchia la nostra casa!... Anche le camere mi sembrano più piccole.

Ieliètzkij      (Con la voce di un amorevole precettore) Si ha sempre quest'impressione. Tu sei partita di qui ch'eri bambina.

Kusòvkin     (che in tutto questo tempo non ha mai allontanato lo sguardo da Olga, le si avvicina)  Olga Petròvna, permettete... (La voce gli si spezza in gola).

Olga          (Che da principio non lo riconosce)  Ah, aah... Vassilij... Vassilij Petròvič, come state? Lì per lì, non vi avevo nemmeno riconosciuto.

Kusòvkin     (Baciandole la mano)  Permettete... che vi faccia le mie congratulazioni...

Olga          (Al marito, indicando Kusòvkin)  È un nostro vecchio amico, è Vassilij Petròvič...

Ieliètzkij      (Inchinandosi)  Molto lieto.

(Ivànov di lontano s'inchina anche lui, sebbene ancora non lo abbiano nemmeno notato).                

Kusòvkin     (Facendo un inchino a Ieliètzkij)  Siate il  benvenuto...  Noi tutti... siamo così contenti....

Ieliètzkij      (Gli fa un altro inchino,  poi alla moglie,  sottovoce)  Chi è?        

Olga          (Anche lei sottovoce)  Un nobile decaduto; vive in casa nostra. (Forte) Bè, andiamo, voglio farti vedere tutta la casa.... Paul,io sono nata qui; qui sono cresciuta....

Ieliètzkij      Andiamo; con piacere...  (Volgendosi a Trembïnskij)  Voi intanto, per favore, date disposizioni al mio domestico.... i miei bagagli sono di là....

Trembïnskij    (Premuroso) Subito, subito, signore...

Olga          Andiamo Paul.

(Ambedue escono per il salotto).

Trembïnskij    (A tutta la servitù, sottovoce)  Ora, amici miei, ognuno al suo posto. Voi, Iegòr Alexièič, restate in anticamera, caso mai il padrone chia­masse.

(Iegòr e i domestici escono per l'anticamera; Prascòvia Ivànovna e le cameriere per il corridoio).

Prascòvia Ivànovna  (di sulla soglia)  Andate, andate.... Ma tu, Mascia, perché ridi? (Esce).

Trembïnskij    (a Kusòvkin e Ivànov)  E voi, signori, restate qui?

Kusòvkin     Noi restiamo qui.

Trembïnskij    Bè, va bene... Però, per piacere... Voi sapete... (Fa dei segni colle mani) Per amor di Dio... altrimenti siamo noi che ne rispondiamo...

(Esce in punta di piedi per l'anticamera).

Kusòvkin     (lo segue con lo sguardo, poi, volgendosi a Ivànov) Vània; hai visto com'è diventata? No, dimmi: hai visto? Com'è cresciuta, eh? Come s'è fatta bella! E non mi ha mica dimenticato! Lo vedi, Vània; lo vedi?! Dunque:  avevo ragione.

Ivànov        Non ti ha dimenticato!?... E allora perché ti ha chiamato Vassilij Petròvič, eh?...              

Kusòvkin     Sei cattivo, Vània! Ma che importa: Petrovič, Siemiònyč... non è lo stesso? Via, dovresti capirlo, tu che sei un uomo intelligente. Mi ha presentato a suo marito. Bell'uomo! È un bel tipo e ha un viso che.... Oh, deve essere un pezzo grosso!... Che ne dici, Vània?

Ivànov        Non so, Vassilij Siemiònyč. Ora è meglio che me ne vada.

Kusòvkin     Come sei, Vània! Ma che ti è successo? Non mi sembri più tu, santo Dio! « Me ne vado, me ne vado... » Piuttosto faresti meglio a dirmi che impressione t'ha fatto la nostra signora.

Ivànov        È bella sì; non c'è che dire.

Kusòvkin     Soltanto il sorriso... basterebbe quello... E la voce eh?  Sembra proprio una capinera, una canarina. E come vuol bene a suo marito!  Si vede subito. Eh, Vània? Non si vede?

Ivànov        Dio solo può conoscerli, Vassilij Siemiònyč.

Kusòvkin     È peccato. Ivàn Kusmìč; è peccato santo Dio! Uno è contento e tu... Ah, ecco che tornano qua.

(Olga e Ieliètzkij entrano dal salotto)

Olga          La nostra casa, come vedi, non è grande; ma bisogna contentarsi di quello che si ha.

Ieliètzkij      Ma che!... È una magnifica casa; è distribuita benissimo.         

Olga          E ora andiamo in giardino.

Ieliètzkij      Con piacere... Però... vorrei dire due parole al tuo fattore.                                                                    

Olga          (in tono di rimprovero) Al tuo?

Ieliètzkij      (con un sorriso) Sì; al nostro. (Le bacia la mano).

Olga          Bè; come vuoi. Io mi farò accompagnare da Vassilij Petròvič. Vassilij Petròvič, andiamo in giardino... Volete? 

Kusòvkin    (col viso raggiante di contentezza)  Figuratevi... io... io...

Ieliètzkij      Mettiti il cappello, Olia1.

Olga          Non occorre. (Si butta la sciarpa sulla testa)  Andiamo, Vassilij Petròvič.

Kusòvkin     Olga Petròvna, permettete che vi presenti un nostro... vicino: il signor Ivànov...

(Ivàn Kusmìč si confonde e fa un inchino).

Olga          Molto lieta...  (A Ivànov)  Vi dispiace venir con noi in giardino?  (Ivànov fa un inchino)  Datemi il braccio Vassilij Petròvič...

Kusòvkin    (Non credendo alle sue orecchie)  Come? 

Olga          (ridendo)  Ecco: così.  (Gli prende il braccio e vi appoggia il suo)  Ricordate, Vassilij Petròvič?...

(Escono dalla porta a vetri. Ivànov li segue),

Ieliètzkij      (Si avvicina alla porta a vetri, segue con lo sguardo la moglie, torna indietro verso il tavolo di sinistra e si siede). Ehi! Chi c'è di là? Giovanotto!

Pietro         (Entrando dall'anticamera) Cosa comanda il signore?

Ieliètzkij      Come ti chiami, caro?

Pietro         Pietro,  per servirla.

Ieliètzkij      Ah! Senti: vammi a cercare il fattore - come dia­volo si chiama? - Iegòr, mi pare...

Pietro         Per l'appunto, signore.                        

Ieliètzkij      Vallo a chiamare.                                  

(Pietro esce. Subito dopo entra Iegòr, che si ferma sul­la porta, tenendo le braccia incrociate dietro la schiena).

Ieliètzkij      (con una voce da capo-divisione)  Iegòr,          domani ho intenzione di vedere la tenuta di Olga Petròvna.

Iegòr         Ai vostri ordini.

Ieliètzkij      Ci sono molti contadini qui?

Iegòr          Nel villaggio di Timofièievo, ce ne sono trecentottantaquattro di sesso maschile, secondo l'ultimo censimento. Effettivamente son di più.

Ieliètzkij      E quanti di più?                                                

Iegòr          (tossisce, riparandosi colla mano)  Una ventina a occhio e croce.                         

Ieliètzkij      Uhm!... Ti prego di assodare la cosa e di riferirmi in proposito. Non ci sono proprietà di altri, in mezzo alla nostra?

Iegòr         Nossignore: il podere ha un confine che lo chiude tutt'intorno.

Ieliètzkij      (Guarda Iegòr con un certo stupore).  Uhm... E la terra coltivabile è molta?

Iegòr         Parecchia. Duecentosettantacinque ettari complessivamente.

Ieliètzkij      (di nuovo guarda perplesso Iegòr)  E la terra non coltivabile quant'è?

Iegòr         (dopo un momento di esitazione)  È difficile dirlo.  A sterpate sono... Ci sono anche dei borri... C’è il terreno occupato dalla fattoria... c'è pure un pezzo a pascolo. (Riprendendo coraggio)  C'è un appezzamento a prato...

Ieliètzkij      (alzando e abbassando le sopracciglia)  Ma quanti ettari, precisamente?

Iegòr         Chi lo sa! Questo terreno non è stato ancora misu­rato. Forse sarà indicato al catasto. Credo che ci avvicineremo ai cinquanta ettari.

Ieliètzkij      (fra sé)  Questo si chiama disordine! (Forte) E terreno boschivo ce n'è?

Iegòr         Ventotto ettari e mezzo.

Ieliètzkij      (forte, scandendo le parole)  Dunque, in tutto sarebbero, un cinquecento ettari.

Iegòr         Cinquecento? Ma saranno duemila.

Ieliètzkij      Come!... se tu stesso... (Arrestandosi)  Già... già... io... anch'io volevo dire così. Capisci?

Iegòr         Sissignore.                                      

Ieliètzkij      (con grande serietà)  Di' un po': questi contadini si portano bene? Sono docili?

Iegòr         Gente buonissima.  Amano di esser trattati severamente.

Ieliètzkij      Uhm... E dimmi: non sono in miseria?

Iegòr          Come sarebbe possibile?! Nemmeno per sogno! Sono contentissimi.

Ieliètzkij     Bè; domani vedrò da me ogni cosa. Puoi andare. Ah, dimmi per piacere:  che persona è, questo signore che vive qui in casa? Chi è?

Iegòr          È Vassilij Siemiònyč Kusòvkin; un nobile. Vive qui in casa. Ci sta dai tempi del padrone buon'anima. Il padrone si può dire che lo teneva con sé per divertimento.

Ieliètzkij     Ed è un pezzo che sta qui?

Iegòr          Eh, tanto! Dalla morte del vecchio padrone son passati un vent'anni e Vassilij Siemiònyč era già qui, quando il padrone buon'anima era ancora vivo.

Ieliètzkij     Va bene.... A proposito: avrete un ufficio d'amministrazione, non è vero?

Iegòr         E come se ne potrebbe fare a meno?...

Ieliètzkij      Domani, vedrò ogni cosa io. Va'. (Iegòr esce) Que­sto fattore mi sembra uno stupido. Del resto, vedremo. (si alza e si mette a camminare in su e in giù)  Ecco che anch'io sono in campagna: nella mia campagna. Strano! Ma è bello!

(Nell'anticamera si sente la voce di Tropaciòv: « Sono arrivati? oggi? »)

Ieliètzkij     (fra sé) Chi è?

Pietro         (entrando dall'anticamera)  È venuto Flegònte Alexàndryč Tropaciòv. Desidera vedervi... Che debbo rispondere?   

Ieliètzkij      (fra sé)  Ma chi diavolo è costui? Il nome non m'è nuovo.  (Forte)  Di' che favorisca.

Tropaciòv  (entrando)  Salute, Paolo Nicolàic, bonjour.  (Ieliètzkij s'inchina con evidente aria di stupore)  Mi sembra che non mi riconosciate... Ricordate, a Pietroburgo dal conte Kuntzòv...

Ieliètzkij     Ah! sì, sì... Prego, prego... lietissimo... (gli stringe la mano).

Tropaciòv   Io sono il più prossimo dei vostri vicini. Sto a due verste da qui. Per andare in città debbo passare proprio accanto alla vostra casa. Sapevo che vi aspettavano... Allora — ho pensato — oggi vado a informarmi. Però, se son capitato in un momento poco opportuno, fatemi il piacere di dirmelo. Entre gens comme il faut,voi capite, non c'è da far complimenti.     

Ieliètzkij      Al contrario: spero anzi che restiate a pranzo con noi... sebbene io non sappia che cosa ci abbia prepa­rato il nostro cuoco di campagna.

Tropaciòv  (mettendosi in posa e giocando  col bastone) Oh, Dio mio! Lo so bene: in casa vostra tutto è su un gran tono. Anche voi, spero che, uno di questi gior­ni, mi farete l'onore di venire a pranzo da me... Voi non potete credere, come sia lieto del vostro arrivo. Qui ce ne sono così poche di persone come si deve, des gens comme il faut. Et madame?Come sta? Io l'ho cono­sciuta bambina. Sì, sì, conosco vostra moglie; la cono­sco benissimo. Mi congratulo con voi, Paolo Nicolàič, mi congratulo sinceramente. Hè-hè!... Ma essa, proba­bilmente non si ricorderà più di me. (Si mette di nuovo in posa e si liscia i favoriti).

Ieliètzkij      Mia moglie sarà molto lieta... Ora è andata a pas­seggiare in giardino con quel... con quel signore che vive qui.

Tropaciòv  (con aria di disprezzo)  Ah! con quello! Mi sembra un mezzo buffone. Però è un uomo quieto. A proposito: con me è venuto un altro nobile... È là in anticamera. Permettete?

Ieliètzkij      Prego, prego...  Ma perché in anticamera?

Tropaciòv  Oh! ne faites pas attention.È uno così... è... è uno che non conta.  Anche lui, essendo in miseria, vive in casa mia. Viene sempre con me... Soli, in istrada, ci si annoia.  Fatemi il piacere, non vi disturbate...je vous en prie.(Avvicinandosi all'anticamera)  Karpaciòv!  Entra, amico.

(Karpaciòv entra e s'inchina)  Ecco, Paolo Nicolàič: ve lo presento.

Ieliètzkij      Felicissimo.

Tropaciòv  (Prende Ieliètzkij sottobraccio e, piano, piano, lo conduce lontano da Karpaciòv, che, timidamente, si tira da parte). C'est bien, c'est bien.Starete un pezzo con noi, Paolo Nicolàič?

Ieliètzkij      Ho preso tre mesi di permesso.

(Ambedue cominciano a passeggiare avanti e indietro).

Tropaciòv  Poco... poco. Capisco che non potete assentarvi di più... e poi credo che vi avranno lasciato venir via a ma­lincuore. Hè-hè!... È necessario che vi riposiate. Dite un po':  vi piace la caccia?

Ieliètzkij      Da quando sono al mondo, non ho mai preso in mano un fucile... Però, prima di partire, mi sono com­perato un cane. Dite un po': c'è molta selvaggina qui?

Tropaciòv  Ce n'è, ce n'è. Se volete, ci penso io. Vi faremo di­ventare un cacciatore. (A Karpaciòv) Di' un po': da noi, a Malinnik ci sono delle nidiate?

Karpaciòv   (dall'angolo con voce di basso) Due ce ne sono; e a Kàmiennaia Griadà: tre.

Tropaciòv  Ah; bene!

Karpaciòv  Anche Fedùl, il guardaboschi, diceva, giorni fa, che a Gorièloie...

(Dal giardino rientra Olga con Kusòvkin e Ivànov. Karpaciòv tace e fa un inchino).

Olga          Ah, Paul;come è bello il nostro giardino!...  (Nel vedere Tropaciòv si arresta).

Ieliètzkij     (a Olga)  Permetti che ti presenti il signor...                     

Tropaciòv   (interrompendo Ieliètzkij)  Scusate, scusate: noi siamo dei vecchi conoscenti...  Olga Petròvna, probabilmente, non mi riconosce... E non c'è da meravigliarsi. L'ho conosciuta (indica colla mano un'altezza di un mezzo metro da terra)  comme ça. (Si mette in posa e continua con un sorriso)  Io sono Flegònte Tropaciòv... vi ricordate del vostro vicino Flegònte Tropaciòv? Ricordate che vi portava i giocattoli dalla città? Voi, allora, eravate una graziosa bambina; ora invece!...  (Insiste, in tono significativo, sull'ultima parola, fa un inchino, un passo indietro, poi si raddrizza, assai soddisfatto di sé).

Olga          Ah, monsieur  Tropaciòv; ma certamente... Ora vi riconosco... (Gli tende la mano) Non potete credere co­me sia felice, da quando son qui.

Tropaciòv  (dolce)  Solo da quando siete qui?

Olga          (gli risponde con un sorriso)  La mia infanzia mi è tornata così viva alla memo­ria... Paul,tu devi assolutamente venire con me in giardino. Ti farò vedere un'acacia, che piantai colle mie mani... Ora è assai più alta di me.

Ieliètzkij      (a Olga, indicandole Karpaciòv) Monsieur  Karpaciòv, un altro vicino.

(Karpaciòv s'inchina e si rannicchia nel cantuccio, dove si sono già affrettati a ritirarsi Kusòvkin e Ivànov).

Olga          Felicissima...

Tropaciòv  (a Olga)  Ne faites pas attention.(A voce alta e stropiccian­dosi le mani)  E così, eccovi finalmente in campagna, nella vostra casa: e da padrona... Come vola il tempo, eh?

Olga          Spero che pranzerete con noi.

Ieliètzkij      L'ho già invitato io il signor...come vi chiamate?

Tropaciòv  Flegònte Alexàndryč.                

Ieliètzkij      L'ho già invitato io, Flegònte Alexàndryč... Solo ho paura che il pranzo...

Tropaciòv   Oh per carità!

Olga          (tirando Ieliètzkij unpo'  in disparte) Questo  signore è venuto  in un momento  poco opportuno...

Ieliètzkij      È vero... Però mi sembra una persona dabbene.

Tropaciòv  (Si tira in disparte e, dondolandosi con disinvoltura e mordendo, di tanto in tanto, il pomo del suo basto­ne, s'avvicina a Kusòvkin e gli dice con voce nasale) Ah, ben trovato! Dunque, come va?

Kusòvkin    Eh, ringraziamo Iddio!                                       

Tropaciòv  (indicando col gomito Karpaciòv)  Voi lo conoscete, mi pare.                   

Kusòvkin    Eh, diamine!... ci conosciamo.

Tropaciòv  Bene, bene, bene... (A Ivànov) Ah!... come diavolo vi chiamate?!...  Anche voi qui?

Ivànov        Anche io...

Olga          (a Tropaciòv) Monsieur... monsieur...Tropaciòv...

Tropaciòv  (voltandosi di scatto)  Madame?

Olga          Noi,  da vecchi amici,  non  facciamo complimenti, vero?                     

Tropaciòv  Prego...

Olga          Permettete che mi ritiri un momento... Siamo arrivati proprio adesso... Bisogna dare un'occhiata...

Tropaciòv  Prego, prego, Olga Petròvna... E anche voi, Paolo Nicolàič, fate il vostro comodo; hè hè!  Noi intanto chiacchieriamo un po' qui con questi signori...

Olga          E poi, sebbene voi siate un vecchio amico, mi vergo­gno... con questo abito da viaggio...

Tropaciòv  (con un sorriso)  Io non accetterei un simile... un simile pretesto... se non sapessi che per le signore... la toilette... è sem­pre... diciamo così... è sempre una cosa che fa pia­cere... (s'impappina, fa un inchino e si mette in posa).

Olga          (ridendo)  Come siete malizioso!... Signori, vi lascio... arrivederci. 

(Esce per il salotto).

Tropaciòv  Paolo Nicolàič, permettete che vi faccia ancora una volta i miei rallegramenti... Si può dire davvero che voi siete un uomo fortunato...

Ieliètzkij     (sorride e gli stringe la mano)  Avete ragione... Taddeo... cioè, Flegònte Alexàndryč.

Tropaciòv  Ma sentite... io,  forse, vi trattengo qui...

Ieliètzkij     Al contrario, Flegònte Alexàndryč. Sapete che vi propongo?... A voi che vi occupate di campagna, non riuscirà sgradito...

Tropaciòv   (stando quasi addosso a Paolo Nicolàič e premendosi sulla pancia la mano di lui) Disponete pure di me, Paolo Nicolàič; ve ne prego.

Ieliètzkij     Prima di colazione, volete che andiamo un po' sul­l'aia? È a due passi di qui: vicino al giardino.

Tropaciòv  Enchanté... figuratevi.

Ieliètzkij     Allora, prendete il vostro cappello. (Forte) Giova­notto, ehi, là! 

(Entra Pietro) Fa' preparare la colazione.

Pietro         Il signore sarà obbedito! (Esce).                    

Tropaciòv  Karpaciòv verrà con noi, se permettete.

Ieliètzkij     Felicissimo...

(Escono tutti e due. Karpaciòv li segue).

Kusòvkin     (volgendosi di scatto a Ivànov)  Ebbene, Vània, dimmi un po' tu adesso: com'è la nostra Olia?

Ivànov        È bella; non c'è che dire.

Kusòvkin     E com'è affabile, eh, Vània?

Ivànov        Sì; è assai diversa da lui.                                             

Kusòvkin     Ma lui è cattivo, forse? Rifletti un po', Vània: è una persona altolocata; ed è abituato, sai, a tenere quel contegno. Se anche avesse voglia di scherzare, tu lo capisci: non può. Questa è un'esigenza di laggiù. Piut­tosto, Vània, hai notato che occhi ha lei?

Ivànov        No; non ci ho badato, Vassilij Siemiònyč.

Kusòvkin     Mi meraviglio di te, santo Dio! Questo, Vània, non è bello; ti dico davvero:  non è bello.

Ivànov        Può darsi; del resto io non dico nientè... Ah, ecco che viene il maggiordomo.

Kusòvkin     (abbassando la voce)  Bè; che importa se viene? Noi non facciamo niente di male.

(Entra Trembïnskij con Pietro. Pietro porta la colazione sopra un vassoio).

Trembïnskij    (spingendo un tavolo nel mezzo della sala)  Ecco; posa qui e bada di non romper niente.

 

(Pietro depone il vassoio e spiega una tovaglia. Trembïnskij gliela leva di mano)

Trembïnskij    Da' qua... Faccio io; tu va' a prendere il vino.

(Pietro esce. Trembïnskij mette la tovaglia e guarda Kusòvkin di traverso)

 

Eh, guarda un po': ci sono certi che nascono proprio colla camicia. Noi, per un tozzo di pane dobbiamo dar la pelle e loro trovano tutto gratis. Ecco: domando se c'è giustizia a questo mondo. È proprio incredibile!

Kusòvkin     (Tocca concautela la spalla di Trembïnskij; Trembïnskij lo guarda stupito)  Vi siete sporcato... contro il muro.

Trembïnskij    Eh!... figurarsi che disgrazia... lasciatemi stare.

 

(Entra Pietro colle bottiglie e il vaso per mettere in fresco lo Champagne, vaso che depone su un piccolo tavolo, vicino alla porta)

Trembïnskij    Su, cammina; spicciati.  (Prende le bottiglie e le mette sulla tavola)  Su, porta via que­ste pedine... Guarda che bel momento hanno trovato per giocare, i signori... E poi che bel gioco! È un gioco da nobili questo?

(Pietro porta via le pedine).

Ivànov        (sottovoce a Kusòvkin)  Addio, amico mio.

Kusòvkin     (sottovoce)  Dove vai?

Ivànov        (sottovoce)  A casa.          

Kusòvkin    (sottovoce)  Aspetta; resta.

Iegòr         (affacciandosi dall'anticamera) Narciso Constantinovič; ehi! Narciso Constantinovič...

Trembïnskij    (voltandosi) Che c'è?

Iegòr         Dov'è andato il padrone?

Trembïnskij    Sull'aia. Come mai non siete con lui?

Iegòr          Sull'aia?... Ah! mamma mia...

(Fa per correr via, ma immediatamente si rimette diritto, incrocia le brac­cia dietro la schiena e si stringe contro la porta. Entrano:  Ieliètzkij,  Tropaciòv e Karpaciòv).

Ieliètzkij      (a Tropaciòv) E così vous êtes content?            

Tropaciòv  Très bien, très bien; tout est très bien...Ah, Iegòr, buon giorno!

(Iegòr fa uninchino. Tropaciòv gli batte sulla spalla)

Voi avete un gran brav'uomo, Paolo Nicolaič... Potete fidarvi di lui a occhi chiusi.

(Iegòr s'inchina di nuovo ed esce)

Ah!  la colazione è pronta.  (Si avvicina alla tavola) Eh!  ma questo è un pranzo in pie­na regola. Comme c'est bien servi! (Solleva da un piatto il coprivivande d' argento) Beccaccini!...  scusate se è poco... Mi pare d'essere al Restaurant Saint-George!1. Che furfante quel Saint-George!Però vi fa mangiare in un modo!... Quante centinaia di rubli ho buttati da lui in pranzi e in cene...

Ieliètzkij      Vogliamo sederci? Giovanotto,  le sedie...

(Pietro porta le sedie; Trembïnskij si dà da fare in­torno agli ospiti; Ieliètzkij e Tropaciòv si siedono).

Tropaciòv  (a Karpaciòv)  Siediti anche tu Karpacce2...  (A Ieliètzkij)  Cest comme cela que je l'appelle...Vous permettez?

Ieliètzkij      Prego, prego.  (A Kusòvkin e ad Ivànov che, non si muovono dal loro angolo)  Ma voi, signori, perché non sedete?... Prego...

Kusòvkin     (inchinandosi)  Tante grazie...  Staremo in piedi...

Ieliètzkij      Sedete, vi prego.

(Kusòvkin e Ivànov si siedono timidamente a tavo­la. Tropaciòv si siede, rispetto agli spettatori, alla sini­stra di Ieliètzkij; Karpaciòv a destra, a una certa distanza; vicino a lui Kusòvkin e Ivànov. Trembïnskij, colla salvietta sotto l'ascella, sta in piedi dietro Ieliètzkij. Pietro sta accanto alla porta).

Ieliètzkij      (alzando da un piatto il coprivivande)  Bè, signori:  mangiamo quel che la Provvidenza ci manda.

Tropaciòv  (col boccone in bocca) Parfait, parfait:  avete un cuoco meraviglioso, Paolo Nicolàič.                                                        

Ieliètzkij      Troppo gentile!  (pausa) Dunque, voi credete che il raccolto quest'anno sarà buono?

Tropaciòv   (continuando a mangiare)  Questa è la mia opinione.  (Bevendo un bicchiere di vino)  Alla vostra salute! Karpacce, perché non bevi alla salute di Paolo Nicolàič?

Karpaciòv  (balzando in piedi)  Cent'anni di vita, all'illustre padrone di casa... (vuota il bicchiere d'un fiato)  e ogni felicità...  (si siede).

Ieliètzkij      Grazie.    

Tropaciòv   (a Karpaciòv, toccando col gomito Ieliètzkij).  Ecco chi bisognerebbe eleggere capo della nobiltà! Eh? Che ne pensi?

Karpaciòv  Sfido io! Che si potrebbe pretendere di meglio?

Tropaciòv   Eh, infatti, Paolo Nicolàič, se non fosse il vostro servizio - che meraviglioso formaggio! - se non fosse il vostro servizio che vi trattiene a Pietroburgo, dovre­ste essere voi il nostro capo della nobiltà!

Ieliètzkij      Troppo buono...                                        

Tropaciòv  No; non scherzo mica!  (A Kusòvkin)  Ma voi perché non bevete alla salute di Paolo Nicolàič? Eh?  (A Ivànov)  E anche voi, eh?!

Kusòvkin     (con un certo imbarazzo)  Con tutto il piacere...

Tropaciòv   Karpacce, versagli da bere... riempigli il bicchiere. Ecco, così; senza tanti complimenti!

Kusòvkin     (alzandosi in piedi)  Alla salute dell'illustre padrone di casa... e della sua signora.  (Fa un inchino, beve, poi siede. Anche Ivànov fa un inchino e beve senza dire una parola).

Tropaciòv   Ah, bravo!  (a Ieliètzkij).  Aspettate... Nous allons rire. È un tipo molto divertente; solo, bisogna farlo ubriacare.  (A Kusòvkin, giocherellando col coltello). Bè,  come state signor Coso... Ivànyč?  Era un pezzo che non vi vedevo. Piano, piano, si tira avanti eh?

Kusòvkin    Eh, si tira avanti, come dite voi.

Tropaciòv   Sicuro. Benone. E dite  un  po':  il vostro possedi­mento di Vietròvo, ve l'hanno finalmente restituito o no?

Kusòvkin     (abbassando gli occhi)  Avete voglia di scherzare!

Tropaciòv   Per carità; che vi salta in testa? Io m'interesso viva­mente di voi. Non scherzo affatto.

Kusòvkin    (con un sospiro)  Niente di definito ancora; niente.

Tropaciòv  Davvero?

Kusòvkin     Niente di definito.                        

Tropaciòv  Abbiate pazienza; che volete fare!  (A Ieliètzkij, striz­zando l'occhio)  Voi, Paolo Nicolàič, forse non sapete che, nella persona del signor Kusòvkin, avete dinanzi a voi il proprietario, il vero proprietario, il possessore, o meglio... l'erede, il legittimo erede del villaggio di Vietròvo, di Ugaròv... (A Kusòvkin)  Dite un po': quanti contadini avete?

Kusòvkin     Nel villaggio di Vietròvo, secondo l'ottavo censimento, quarantadue; ma il villaggio non spetta tutto a me.

Tropaciòv  (piano a Ieliètzkij)  Vietròvo è la sua fissazione.  (Forte)  E la parte che spetta a voi che estensione ha?

Kusòvkin     (abbandonando a poco, a poco, la sua timidezza)   Fatte le divisioni e pagate lo tasse fiscali, mi resteranno più di ottantaquattro ettari.                

Tropaciòv  E dei contadini, quanti ve ne spettano?

Kusòvkin     Non si può sapere esattamente. Parecchi sono fuggiti.

Ieliètzkìj      Ma perché, dunque, non siete in possesso della vostra proprietà?

Kusòvkin     C'è una causa in corso.

Ieliètzkìj      Una causa? E con chi?                  

Kusòvkin     Ci sono degli altri che si dichiarano eredi. Cisono poi dei debiti col fisco... con privati...

Ieliètzkij      Ed è un pezzo che dura quest'affare?

Kusòvkin     (animandosi a poco a poco)  Eh!  tanto... Da quando era ancora al mondo il  vecchio padrone buon'anima, che Dio l'abbia in gloria! Avrei vinto io, ma senza mezzi!... E poi ho anche poco tempo. Bisognerebbe fare qualche scappata in città, far pressioni, si capisce, darsi da fare... ma non ho tempo. Solo la carta bollata, poi, costa unocchio. E io non ho denari.

Tropaciòv  Karpacce, versagli un altro bicchiere.

Kusòvkin     (cercando di rifiutare)  No; grazie mille...

Tropaciòv   Ma via!  (Beve)  Alla vostra salute!  (Kusòvkin si alza, fa un inchino e beve)  Dunque che intenzioni avete? Così non va bene. In questa maniera perderete la causa.

Kusòvkin     Che debbo fare? È già più d'un anno che non do-mando nemmeno informazioni.  (Tropaciòv scrolla la te­sta in segno di rimprovero)  A dir la verità, laggiù ho un uomo che... Io confido in lui, ma poi... Dio solo può leggergli dentro!

Tropaciòv  (dando un'occhiata a Ieliètzkij)  Ma chi è questo tale; si può sapere?

Kusòvkin    Veramente, non si potrebbe; ma... perché no? ... Sichiama Ivàn Arhipyč Lyčkov. Lo conoscete?

Tropaciòv  Non lo conosco; chi è?  

Kusòvkin    Come!... è l'avvocato distrettuale... cioè.....prima era  avvocato  distrettuale... e,  per essere esatti, non qui, ma a Vièniov. Ora vive così... si occupa specialmente di commercio.

Tropaciòv   (continuando a guardare Ieliètzkij,  che comincia a di­vertirsi con Kusòvkin).  E questo signor Lyčkov vi ha promesso il suo aiuto?

Kusòvkin    (dopo un momento di silenzio)  Me l'ha promesso. Io gli ho tenuto a battesimo il suo secondogenito e così lui mi ha promesso... Aspetta - mi ha detto - ci penso io ad accomodare ogni cosa. Eh! chi non lo conosce? Ivàn Arhipyč è maestro!...

Tropaciòv  Ohi là!                                                     

Kusòvkin    È l'uomo più esperto di tutto il governatorato.

Tropaciòv  Ma mi pare che abbiate detto che è stato messo a riposo e che si occupa di commercio...

Kusòvkin     Già; gli è capitata una disgrazia... ma è un uomo d'oro. Io, però, è un pezzo che non lo vedo.

Tropaciòv  Come?!

Kusòvkin     Sarà ormai un anno.

Tropaciòv  Eh! ma perché?...  signor... come diavolo vi chiamate?... Non va bene.

Kusòvkin     Avete perfettamente ragione. Ma che volete che faccia!

Ieliètzkij      Via, raccontateci come sta la questione.

Kusòvkin     (tossisce, sputa, poi con tono ardito) Ecco di che si tratta, Paolo Nicolàič. Perdonate il mio ardire...  ma giacché voi lo volete...  Ecco come sta la questione:   il villaggio di Vietròvo... Confesso che, in vita mia, non ho mai parlato davanti a un personaggio come voi... mi perdonerete, se io...

Ieliètzkij      Parlate, parlate senza preoccupazione.

Tropaciòv  (indicando a Karpaciòv il bicchiere di Kusòvkin)  Un bicchierino, eh?                       

Kusòvkin     (tentando di rifiutare)  No; ora permettete...

Tropaciòv  Via; per prender coraggio!

Kusòvkin     E vada per il coraggio.  (Beve e si asciuga la fronte col fazzoletto).  Dunque, signori, debbo dirvi che il vil­laggio di Vietròvo, di cui ora appunto si parla... que­sto villaggio passò, in linea discendente diretta, da mio nonno Massimo Kusòvkin, che era un maggiore e che voi forse vi sarete degnati di conoscere, ai due fratelli car­nali, figli di Massimo e cioè:  a mio padre Siemiòn e a mio zio Nictopolione. Mio padre Siemiòn finché fu vivo, lasciò indivisi i beni, tra lui e il suo fratello carnale, che era poi mio zio; mio zio, però, vi prego di notarlo bene, morì senza figli e subito dopo la morte di mio padre Siemiòn.  Essi avevano poi una sorella carnale: Caterina... Questa  Caterina  sposò  Porfirio Iaguškin; e Porfirio Iaguškin dalla prima moglie, che era una Polacca, aveva avuto un figlio di nome Ilià, un ubria­cone, uno sregolato; al quale Ilià, mio zio Nictopo­lione, forse per le pressioni della sorella Caterina, aveva rilasciato una cambiale di millesettecento rubli; inoltre anche Caterina aveva firmato a suo marito Porfirio, una cambiale di millesettecento rubli e da mio padre, colla complicità di Galuškin,  il  giudice del  distretto, si era fatta firmare un'altra cambiale... ma questa volta, di duemila rubli; al quale losco affare partecipò anche la  moglie  di   Galuškin... In quei giorni,   mio padre - che Dio l'abbia in gloria - morì improvvisa­mente. Le cambiali furono protestate. Nictopolione, al­lora, comincia a dire qua, là... i beni sono indivisi... questo podere è anche di mio nipote... eccetera... Cate­rina, a sua volta, dice: datemi la legittima; ecco poi che saltano fuori anche gli arretrati dovuti al fisco. Era la rovina. La moglie di Galuškin all'improvviso ci sbatte in faccia la sua cambiale... Nictopolione dice: mio ni­pote risponde di ogni cosa... ma - giudicate voi, si­gnori - di che doveva rispondere un minorenne? E Galuškin lo cita in giudizio. A lui si unì anche il figlio della  Polacca, che non ebbe un riguardo nemmeno per la sua matrigna:  Caterina... - Non voglio perdonarla nemmeno a lei -  dice... essa - dice - ha avvelenato la mia serva Akulina... - Allora cominciarono i guai. Ricorsi su ricorsi:  in tribunale, in corte d'appello e poi dalla corte d'appello di nuovo in tribunale: tutti re­spinti... Dopo la morte di Nictopolione, successe la catastrofe completa. Io chiedo di entrare in possesso del mio patrimonio ed ecco che vien fuori un'ordinanza: vendere all'asta il villaggio di Vietròvo per pagare gli arretrati dovuti al fisco. Il tedesco Ganginmeister avan­za anche lui i suoi diritti; e allora, capite bene, i conta­dini, come tante pernici, prendono il volo chi di qua, chi di là, mentre il capo distrettuale della nobiltà, mi legge un'ammonizione, gridandomi: « Sotto tutela, sotto tutela! »... Ma perché sotto tutela?... se l'erede legittimo non era nemmeno entrato in possesso del suo patrimonio!... Intanto Caterina, la matrigna, presenta contro Ilià, il figlio della Polacca, una protesta, nientemeno che al Senato...

(Interrotto da una risata generale, Kusòvkin ammu­tolisce e resta terribilmente confuso. Trembïnskij, che, per tutto il tempo, con aria senile e indecisa, ha guar­dato i signori e rispettosamente ha partecipato alla loro allegria, porta una mano davanti alla bocca e scoppia in una stridula risata. Pietro sorride, stupidamente, stan­do diritto accanto alla porta. Karpaciòv sghignazza senza ritegno. Tropaciòv si abbandona a un riso sfre­nato, Ieliètzkij ride con un'aria di disprezzo e strizza gli occhi. Solo Ivànov, che durante il discorso ha tirato più d'una volta le falde a Kusòvkin, che non s'è mai interrotto, siede a testa bassa).

Ieliètzkij      (a Kusòvkin, continuando a ridete)  Continuate; perché vi siete fermato?

Tropaciòv  Fateci il favore, signor... come diavolo vi chiamate?...  continuate.

Kusòvkin     Scusate... vi ho annoiato forse...

Tropaciòv   No, voi avete soggezione,  lo vedo bene... Non è vero che avete soggezione?

Kusòvkin     (con voce spenta)  Eh, sissignore!

Tropaciòv  Bè; a questo guaio ci vuole un rimedio.  (Sollevando la bottiglia vuota)  Cameriere! un po' di vino...  (A Ieliètzkij)  Vous permettez?

Ieliètzkij      Prego, prego... (A Trembïnskij) Champagne non ce n'è?

Trembïnskij  Eh, diamine!...  (Corre a prendere il vaso dello champagne e lo porta subito; Kusòvkin sorride e si tocca i bottoni della redingote).

Tropaciòv  Così non va, egregio amico! Aver soggezione... tra gente comme il faut, non è ammesso.  (A Ieliètzkij indi­cando il vaso dello champagne)  Come! già ghiacciato? Mais c'est magnifique. (Riempie una coppa) Dev'essere meraviglioso. (A Kusòvkin) Questo per voi. E non co­minciate a dir di no...  Via: vi siete confuso un po­chino; poco male! Paolo Nicolàič, ordinategli di bere...

Ieliètzkij      Alla salute del futuro proprietario di Vietròvo! Su; bevete Vassilij... Alexieič.

(Kusòvkin beve).

Tropaciòv  Così mi piace!  (Si alza con Ieliètzkij; tutti si levano e vanno verso il proscenio)  Che squisita colazione!  (A  Kusòvkin)  Bè; allora? Come sta, dunque la questione? Con chi siete in causa, adesso?... Eh?

Kusòvkin     (cominciando ad alterarsi per il vino bevuto) Cogli eredi di Ganginmeister naturalmente...

Tropaciòv  Ma chi è questo signore?

Kusòvkin    Eh, si sa: un tedesco. Egli aveva comperalo le cam­biali; altri invece dicono che se le fosse semplicemente prese. Anch'io, del resto, sono di questa opinione. Dun­que intimorì quelle donne e si prese le cambiali.

Tropaciòv  E quella tale Caterina che stava a fare? E Ilià, il figlio della Polacca?

Kusòvkin    Eh! tutti morti! Il figlio della Polacca è morto an-che lui: bruciato in un incendio, in un'osteria sulla via maestra, mentre era ubriaco. (A Ivànov) Ma smettila di tirarmi le falde. Io credo di spiegarmi come si deve innanzi ai signori. Sono loro che me lo chiedono. Che c'è di male... eh?

Ieliètzkij      Lasciatelo fare, signor Ivànov; ci fa molto piacere sentirlo.     

Kusòvkin    (a Ivànov)  Vedi, vedi?  (A Ieliètzkij e a Tropaciòv)  Ditemi voi, signori: che cosa chiedo io? lo chiedo giustizia, chiedo il rispetto della legge. To non lo faccio per ambizione. Al diavolo, l'ambizione, lo dico: giudicateci. Se ho torto... ho torto! ma se ho ragione, se ho ragione...

Tropaciòv  (interrompendolo)  Un altro bicchieretto...

Kusòvkin     No; grazie tante... Ecco quello che chiedo...

Tropaciòv  Allora, permettete che vi abbracci.

Kusòvkin     (stupito)  Troppo onore... Grazie, grazie...

Tropaciòv  Non c'è da ringraziare; voi mi siete così simpatico... (Abbraccia Kusòvkin, tenendolo stretto per qualche tem­po)  Vorrei anche baciarvi, mio caro; ma no: sarà per un'altra volta.

Kusòvkin     Come volete.

Tropaciòv  (strizzando  l'occhio  a  Karpaciòv)  Via, Karpacce, ora tocca a te...

Karpaciòv  (con una grassa risata)  Venite qua, Vassilij Siemiònyč, lasciate che vi strin­ga  sul  cuore...  (Abbraccia Kusòvkin  e fa due o tre piroette con lui). 

(Tutti ridono: ognuno secondo la sua maniera caratteristica).

                    

Kusòvkin     (liberandosi con forza dall'abbraccio di Karpaciòv)  Ma basta, via!

Karpaciòv   Via; non fare lo scontroso!... (A Tropaciòv) Flegònte Alexàndryč, ordinategli piuttosto di cantare una canzonetta... È il suo forte.

Tropaciòv  Amico, voi cantate?... Ah! fateci la cortesia: dateci un saggio del vostro talento!

Kusòvkin     (a Karpaciòv)  Ma che fandonie inventate? Sono un cantante io?

Karpaciòv  Quand'era vivo il padrone buon'anima, noncantavate a tavola?

Kusòvkin     (abbassando la voce)  Quand'era vivo il padrone buon'anima... Da allora ho fatto in tempo a invecchiare...

Tropaciòv  Vecchio voi!... ma  fatemi il piacere!

Karpaciòv  (indicando Kusòvkin)  Cantava e ballava.                                    

Tropaciòv  Davvero! Eh! Mi accorgo che siete un portento. Via, una canzoncina: in segno d'amicizia...  (A  Ieliètzkij)  C'est un peu vulgaire; ma tanto in campagna... (Forte a Kusòvkin)  Che ci cantate dunque? Via, su: « Andando per la strada... »  (Comincia a cantare la canzone: « An­dando per la strada... »)  Bè?

Kusòvkin     Dispensatemi, fatemi la grazia.

Tropaciòv  Che testardo!... Ieliètzkij, ordinateglielo voi...

Ieliètzkij      (con voce un po' esitante)  Ma perché non volete cantare adesso, Vassilij Siemiònyč?...

Kusòvkin    Non è più l'età, Paolo Nicolàič. Dispensatemi.

Trembïnskij    (cercando di rendersi gradito ai signori e guardandoli con un sorriso)  Eppure, se non sbaglio, poco tempo fa, alle nozze del fratello del signore  (indica Ivànov)  vi siete compia­ciuto di mostrare la vostra abilità.

Tropaciòv  Ah, ecco!... vedete?

Trembïnskij    Ha traversato tutta una stanza, ballando la prisiadka1.

Tropaciòv  Oh, allora non potete più rifiutarvi... Perché volete fare un'offesa a Paolo Nicolàič e a me?

Kusòvkin     Allora lo feci spontaneamente.

Tropaciòv  E ora siamo noi che vi preghiamo. Considerate al­meno questo:  che il vostro rifiuto si potrebbe interpre­tare come un atto d'ingratitudine. E l'ingratitudine... ahi! ahi! è una gran brutta cosa...

Kusòvkin     Ma se non ho più voce! In quanto a essere ingrato poi... io son uno che serba gratitudine fino alla morte e sarei pronto a sacrificare ogni cosa.

Tropaciòv   Ma noi non vi chiediamo nessun sacrificio... Cantateci solo una canzoncina. Via!... (Kusòvkin tace)  Su, via!...

Kusòvkin     (dopo un momento di silenzio, comincia a cantare: « Andando per la strada... »   ma la voce gli si spezza alla seconda parola)  Non posso...  in nome di Dio, non posso.

Tropaciòv  Via, via:   non abbiate soggezione.

Kusòvkin     (gettandogli un'occhiata)  No; non canterò.

Tropaciòv  Non canterete?

Kusòvkin     Non posso.

Tropaciòv  Allora sapete che faccio? Vedete questa  coppa di champagne? Ve la verso tutta giù per il collo.        

Kusòvkin     (turbato)  No; non lo farete. Non lo merito. Nessuno mi ha trattato mai così... Fatemi la grazia. È... una vergogna.

Ieliètzkij      (a Tropaciòv)  Finissez...  Vedete com'è turbato.

Tropaciòv  (a Kusòvkin)  Non volete cantare?

Kusòvkin     Non posso cantare...

Tropaciòv  Non volete dunque?  (Avvicinandosi a lui)  Uno...

Kusòvkin     (con voce implorante a Ieliètzkij)  Paolo Nicolàič...

Tropaciòv  Due...  (Si avvicina ancora di più a Kusòvkin).

Kusòvkin     (indietreggiando e con voce angosciata dalla disperazione)  Per carità!... perché mi trattale così? Io non ho l'ono­re di conoscervi... Eppoi, anch'io, alla  fin dei conti, sono un nobile: vi prego di considerarlo... Cantare, non posso... Avete potuto vederlo voi stesso...

Tropaciòv  Per l'ultima volta...                                     

Kusòvkin     Basta, vi dico...  Io non sono il vostro buffone...

Tropaciòv  Come se per voi fosse una cosa nuova!

Kusòvkin     (riscaldandosi)  Fate il piacere di cercarvi un altro buffone.

Ieliètzkij     Davvero, su, lasciatelo!

Tropaciòv  Ma vi assicuro che ai tempi di vostro suocero non faceva altro che fare la parte del buffone.

Kusòvkin     Son cose passate.  (Si asciuga il sudore sul viso)  E poi la mia testa oggi non sta bene; veramente.

Ieliètzkij      Bè; fate come volete.

Kusòvkin     (con ansia)  Non vogliate inquietarvi con me, Paolo Nicolàič.

Ieliètzkij     Eh, via! Nemmeno a pensarlo.

Kusòvkin     Ve lo giuro innanzi a Dio:  un'altra volta lo farò con piacere.  (Cercando di assumere un'aria gaia)   Ma  ora siate così generoso di scusarmi se ho mancato in qual­che cosa... Mi sono riscaldato un po', signori; che farci? Son diventato vecchio, ecco la questione... E poi non sono più abituato a bere.

Tropaciòv   Almeno bevete questa coppa.                 

Kusòvkin     (rallegrandosi)  Questo sì, con piacere; con tutto il piacere. (Prende la coppa e beve) Alla salute del nostro rispettabile e caro ospite...

Tropaciòv  Bè; ma la canzonetta proprio no?

Kusòvkin     (Il vino già da un pezzo lo ha fatto alterare; ma dopo l'ultima coppa e lo scampato pericolo, egli comincia ad ubriacarsi sul serio)  In nome di Dio, non posso.  (Ride)  Sicuro: una vol­ta cantavo... e non tanto peggio degli altri. Ma ora non è più quel tempo. Ora che cosa sono? Uno che non conta nulla: nient'altro. Come lui.  (Indica Ivànov e ride)  Ora non servo più a niente. In ogni modo, voi mi perdonerete. Sono diventato vecchio: ecco... Vedete, per esempio: potrebbe sembrare che io oggi abbia be­vuto troppo. Ho bevuto due o tre bicchieri in tutto e già (indicandosi la testa) questa non sta più a posto.

Tropaciòv  (che intanto ha sussurrato qualche, cosa a Karpaciòv)  È  una vostra impressione; via!...  (Karpaciòv esce, ridendo; esce anche Pietro).  Ma perché non avete finito di parlarci della vostra questione?

Kusòvkin     Ah, è vero! È vero:  non ho finito di raccontare. Del resto sono pronto,  se lo comandate.  (Ride)  Però siate così gentile di... permettermi di sedere.  Le mie gambe ecco...vedete!... si rifiutano di...

Tropaciòv   (dandogli una sedia)  Prego, prego signor...  - come diavolo vi chiamate?... - accomodatevi.

Kusòvkin     (si siede col viso rivolto agli spettatori e parla lenta­mente, con un'aria stanca, diventando presto del tutto ubriaco)  Dunque: dove diamine sono rimasto? Già: a Ganginmeister. Questo Ganginmeister era un tedesco, è chiaro... Egli entrò in servizio... entrò in servizio... nella Commissione delle forniture... - dove senza dubbio ha rubato a man salva - e adesso,  dice,   la cambiale è mia... Ma io sono un nobile... Già: ma che volevo dire? Ah!... allora mi dice: o paga, o fammi entrare in possesso... o paga, o fammi entrare in possesso... o paga, o fammi entrare in possesso del podere... o...

Tropaciòv  Voi dormite, amico mio; svegliatevi.         

Kusòvkin     (sussulta, poi ripiomba in uno stato di dormiveglia. Egli parla ormai a gran fatica)  Chi? io? Per carità! Come potete pensare... ma non fa niente. Io non dormo. Di notte si dorme; ora, invece, è giorno. Che è notte adesso? Io parlo di Ganginmeister. Questo Ganginmeister... Gangin...meister...   Gan-gin-meister... questo è il mio vero nemico. Mi dicono que­sto, quello... no, dico io: Gan-gin-meister. Ganginmei-ster: ecco chi mi fa del male.

(Karpaciòv entra recando un gran cappello, fatto con un cartoccio di quelli per lo zucchero e, scambiata un'occhiata con Tropaciòv, scivola in silenzio alle spalle di Kusòvkin. Trembïnskij non ne può più dal ridere. Ivànov, pallido, abbattuto, guarda di sotto in su).

 

E io so perché non mi può vedere... Lo so: mi ha avvelenato tutta l'esistenza questo Ganginmeister. Fin dall'infanzia.

(Karpaciòv mette cautamente il cappello di carta sulla testa di Kusòvkin).

 

Ma io gli perdono... Che Dio pure gli perdoni... Che Dio pure gli perdoni ogni cosa...

(Tutti ridono. Kusòvkin si arresta e, con un'aria da ebete, si guarda intorno).

Ivànov        (gli si avvicina, lo prende per un braccio e gli dice tra i denti)  Guarda che ti hanno messo in testa... Non vedi che ti prendono per il loro buffone?!

Kusòvkin     (porta le mani alla testa, palpa il cappello di carta, abbassa lentamente le mani sul viso, si copre gli occhi e all'improvviso comincia a singhiozzare, mormo­rando tra le lagrime, senza tuttavia togliersi il cappello di carta)

Perché? Perché? Perché?

(Tropaciòv, Trembïnskijj e Karpaciòv continuano a sghignazzare. Anche Pietro ride, guardando di sulla porta).

Ieliètzkij      Via, Vassilij Siemiònyč, come non vi vergognate di piangere per una simile sciocchezza?              

Kusòvkin     (allontanando le mani dal viso)  Per una simile sciocchezza?... No; non è una sciocchezza, Paolo Nicolàič... (Si alza in piedi e getta il cappello di carta sul pavimento)  Il giorno stesso del vostro arrivo... Il giorno stesso... (La voce gli si spez­za) Ecco, come trattate un vecchio... un vecchio, Paolo Nicolàič! Ecco in che modo! Perché, perché mi gettate nel fango? Che vi ho fatto? Ditemi! E vi aspettavo tanto, ero così contento...  Perché, Paolo Nicolàič?

Tropaciòv  Via, basta!... Ma cosa dite?!...

Kusòvkin     (impallidendo e perdendo il dominio di sé) Io non parlo con voi... Vi hanno permesso di diver­tirvi alle mie spalle... e voi ne godete. Io parlo con voi, Paolo Nicolàič! Se la buon'anima di vostro suocero, per avermi fatto l'elemosina di un tozzo di pane e di un paio di stivali vecchi, si divertiva alle mie spalle come gli pareva, che bisogno avete anche voi di far lo stesso? Eh sì; quel poco che mi dava l'ho pagato colla mia anima, mi è costato tante lacrime amare... Dite: anche voi avete voglia d' imitarlo' Eh, Paolo Nicolàič!... vi fa vergogna! E poi un uomo istruito come voi; uno che viene da Pietroburgo...

Ieliètzkij      (con arroganza)  Sentite però: voi state perdendo la testa.  Andate in camera vostra e fate una bella dormita. Voi siete ubria­co... Non vi reggete più in piedi.

Kusòvkin     (perdendo sempre più la padronanza di sé)  Andrò a dormire, Paolo Nicolàič, andrò a dormire... Può darsi che sia ubriaco; ma chi mi ha fatto ubriacare? Del resto questo non c'entra, Paolo Nicolàič. Ecco, piuttosto, quello che dovete notare; ecco:  voi, ora, mi avete fatto diventare lo zimbello di tutti; ecco: voi mi avete gettato nel fango... e il giorno stesso del vo­stro arrivo... Ma se volessi, se dicessi una sola parola...

Ivànov        (a mezza voce)  Attento, Vassilij...                            

Kusòvkin     Lasciami stare!... Sì, egregio signore, se volessi...

Ieliètzkij      Eh!  Ma è proprio ubriaco!  Non sa nemmeno lui quello che dice.

Kusòvkin     Scusate. Io sono ubriaco, ma so quello che dico. Ec­co: voi siete un gran signore, un funzionario di Pietroburgo, un uomo istruito, oh certo!... mentre io sono un buffone, uno scemo, uno che non ha un soldo, un accattone, un parassita... Ma sapete chi sono io? Voi avete sposato... Sapete chi avete sposato... eh?

Ieliètzkij      (cercando di condur via Tropaciòv)  Scusate, vi prego; non mi aspettavo simili sciocchezze...                                                    

Tropaciòv  A dir la verità, ci ho colpa anch'io...

Ieliètzkij      (a Trembïnskij)  Portatelo via, per piacere...

(Fa l'atto di andare in  salotto).

Kusòvkin     Aspettate, egregio signore... Voi non mi avete an­cora detto chi avete sposato...

(Olga appare sulla porta del salotto e si arresta stu­pita. Il marito le fa segno di andarsene. Essa non capisce).

Ieliètzkij     (a  Kusòvkin)  Andate via, andate via...

Trembïnskij    (si avvicina a Kusòvkin e lo prende per un braccio)  Andiamo.

Kusòvkin     (respingendolo)  Non mi toccare, tu!  (Grida dietro a Ieliètzkij) Voi siete un signore, un uomo illustre non è vero? Voi avete sposato Olga  Petròvna Kòrina... della  famiglia Korin: casato antico e nobile anche questo... ma sapete dunque chi è Olga Petròvna? È... è mia figlia!

(Olga scompare).

Ieliètzkij      (si ferma come fulminato)  Voi... voi siete impazzito...

Kusòvkin     (dopo un momento di silenzio, afferrandosi la testa fra le mani)  Sì, sono impazzito. 

(Scappa via, barcollando... Ivànov lo segue).

Ieliètzkij      (volgendosi a Tropaciòv)  È pazzo...

Tropaciòv  Oh!... oh, senza dubbio!

(Ambedue se ne vanno in salotto. Trembïnskij e Karpaciòv si guardano stupiti).

Cala il sipario.

ATTO II

La scena rappresenta un salotto, riccamente addob­balo all'antica. A destra dello spettatore una porta che mette in un'altra sala; a sinistra un'altra porta che mette nella stanza di 0lga Pelròvna. Olga siede sul divano; vicino a lei, in piedi: Prascòvia Ivànovna.

Prascòvia Ivànovna (dopo un breve silenzio)  Dunque, signora, quali ragazze comandate di scegliere per vostre cameriere particolari?

Olga          (con una certa impazienza)  QueIle che vuoi.

Prascòvia Ivànovna  Akulina, la guercia, è una brava ragazza; anche Marta, la figlia di Marciuk... Volete queste due?

Olga          Sì; va bene.  Ma come si chiama quella ragazza... piuttosto carina... vestita di blu?

Prascòvia Ivànovna  (come se non capisse) Di blu?... Ah, ho capito! Voi intendete parlare di Mascia. La signora è padrona di fare come crede... però quella è un'insolente che Dio mio!... disubbidisce in tutto e per tutto e poi anche la sua condotta non è buona. Però come vuole Vossignoria!

Olga          Il viso m'era piaciuto, ma se ha una cattiva condotta...

Prascòvia Ivànovna  Cattiva, cattiva; signora. Non è assolutamente il caso; non vale proprio niente. (Dopo un momento di silenzio) Ah, signora, come vi siete fatta bella! Come siete diventata somigliante alla vostra mamma! Signora cara!... Come non sentirsi felici a guardarvi!... De­gnatevi di darmi la vostra manina, che la baci...

Olga          Bè, va bene, Prascòvia: va'.                    

Prascòvia Ivànovna  Subito, subito. Ma non occorre altro alla signora?

Olga          No; non mi occorre niente.

Prascòvia Ivànovna  La signora sarà servita. Allora darò ordine ad Akulina e a Marta...                                        

Olga          Va bene; va'.  (Prascòvia fa l'atto d'andarsene)  Ah! fa' dire a Paolo Nicolàič che desidero vederlo...

Prascòvia Ivànovna   Sarà fatto...

(Esce).

Olga          (sola) Ma che significa? Che ho mai sentito ieri?... Non ho potuto chiuder occhio tutta la notte. Quel vecchio è impazzito... (Si alza in piedi e passeggia per la camera) « È mia figlia!»... Sì, sì; proprio queste parole. Ma è una pazzia. (Fermandosi) Paul non sospetta ancora niente... Ah, eccolo!...

(Entra Ieliètzkij).

     

Ieliètzkij      (avvicinandosi a lei con un'aria preoccupata) Volevi vedermi, Olia?                                     

Olga          Sì... volevo domandarti... Nel giardino, vicino al laghetto, tutti i viottoli sono ingombri d'erba... Quelli davanti alla casa li hanno puliti; là, invece, si sono di­menticati... Da' ordine.             

Ieliètzkij      Ho già disposto.                           

Olga          Ah! grazie... A proposito: ordina anche di comperare in città i campanellini da mettere al collo alle mie vaccherelle...                                                             

Ieliètzkij      Sarà tutto fatto. (Fa l'atto d'andarsene)  Non hai altro da dirmi?

Olga          Di' un po'... di là... hai da fare?...

Ieliètzkij      Hanno portato i conti dall'amministrazione.

Olga          Ah! Allora non ti trattengo... Prima di pranzo possiamo andare un po' nel boschetto...                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                       

Ieliètzkij      Sì, sì... (Di nuovo fa per andarsene).

Olga          (lasciandolo  andare fino  alla porta)  Paul...                                                              

Ieliètzkij      (voltandosi)  Che vuoi?                                                                                     

Olga          Dimmi, per favore... ieri non ho fatto in tempo a domandartelo... che è stata quella scena ieri mattina a colazione? 

Ieliètzkij      Ah!... Niente. Così... Mi rincresce solo che questo spiacevole incidente sia avvenuto proprio il giorno del nostro arrivo. Del resto un po' di colpa ce l'ho anch'io. Si pensò di far ubriacare quel vecchio:  Kusòvkin... Cioè l'idea precisamente venne in lesta al nostro vicino, sai, a Monsieur Tropaciòv... Infatti dapprincipio il vecchio fu abbastanza buffo: ciarlava, raccontava tante cose... dopo, invece, cominciò a far chiasso, a dire ogni sorta di sciocchezze... Ma del resto non è successo niente... Non vale nemmeno la pena di parlarne.

Olga          Ah!... Eppure m'era sembrato...

Ieliètzkij      Oh!  niente,  niente... Per  l'avvenire bisogna essere più cauti; ecco tutto.  (Dopo aver riflettuto un momento) Del resto... ho già preso dei provvedimenti...

Olga          Come!? 

Ieliètzkij      Sicuro. Vedi: sebbene sia stata una cosa di nessuna importanza... tuttavia c'erano delle persone, che hanno visto... che hanno sentito, infine. Questo è sconvenien­te... in una casa per bene... Perciò ho già dato disposizioni.

Olga          Che cosa hai disposto?

Ieliètzkij     Io... ecco, vedi... Io... ho fatto capire a quel vec­chio che, anche per lui, sarebbe poco piacevole restar qui, in casa nostra, dopo una scena simile, come tu stessa dici... Egli ha convenuto subito con me, appena gli è passata l'ubriacatura...Certo: egli è povero, non ha da vivere... Ebbene: gli si potrà assegnare una cameretta in un'altra delle tue fattorie,  fissargli una pensione,  dargli da mangiare... Lui sarà contento... Si capisce: non gli si rifiuterà nulla.

Olga          Paul, mi sembra che per una simile inezia... tu gli dia una punizione troppo dura.  Egli vive qui in casa da tanti anni... Ci si è abituato... mi conosce da bambina... A dir la verità mi sembra che si potrebbe lasciar qui.

Ieliètzkij     No... Olia... le ragioni ci sono. Certo; un vecchio non si può punire con troppa severità... tanto più poi che egli non era in sé... ma in ogni modo, permetti che disponga  io in proposito... Ripeto che le ragioni ci sono... e abbastanza serie.

Olga          Come vuoi.

Ieliètzkij      E poi mi pare che abbia già fatto il suo bagaglio.

Olga          Ma non andrà mica via senza salutarmi?!                    

Ieliètzkij      Credo che verrà a congedarsi.  Del resto, se ti riuscisse spiacevole, puoi anche non riceverlo.

Olga          Al contrario; desidererei parlare un po' con lui...

Ieliètzkij      Come vuoi, Olia... ma non te lo consiglierei. Tu ti commuoverai...  e poi si  sa: il vecchio ti ha vista bambina... D'altra parte debbo confessarti che non vorrei mutar decisione.

Olga          Oh! no; non aver paura... Però, temo che se ne vada senza  salutarmi... Per favore, manda a vedere se non è ancora partito.

Ieliètzkij      Subito.   (Suona)   Vous  êtes  jolie comme  un ange aujourd'hui.

Pietro        (entrando) Cosa comanda il signore?

Ieliètzkij      Va' di là, caro, e informati se il signor Kusòvkin, non è ancora partito. (Dopo aver dato uno sguardo ad Olia)  E se non è partito, che venga a salutare.

Pietro         Sarà fatto.  (Esce).

Olga          Paul...dovrei rivolgerti una preghiera!

Ieliètzkij     (carezzevole)  Di' pure:  cosa vuoi?...

Olga          Senti... Quando verrà questo... signor Kusòvkin... lasciami sola con lui.

Ieliètzkij      (dopo un momento di silenzio, con un freddo sorriso)  Mi sembra... invece... che ti troverai imbarazzata.

Olga          No; fammi il piacere; ho da parlargli... Debbo do­mandargli... Insomma desidero parlare con lui a quattr'occhi.

Ieliètzkij      (guardandola fissamente)  Ma forse ieri... hai sentito qualche cosa...

Olga          (guardando il marito coll'aria più ingenua)  Che cosa?

Ieliètzkij      (in fretta)  Bè! come vuoi, come vuoi... Ecco,  mi pare che venga.                            

(Entra Kusòvkin; è pallidissimo)         

Olga          Buon giorno, Vassilij Petròvič. (Kusòvkin s'inchina in silenzio)  Buon giorno. (A Ieliètzkij)  Eh bien mon ami? Je vous en prie.

Ieliètzkij      (alla moglie)  Oui, oui. (A Kusòvkin)  Siete già pronto per partire?

Kusòvkin     (con voce sorda e parlando a fatica)  Sono pronto, sissignore.

Ieliètzkij      Olga Petròvna desidera parlare con voi...salu­tarvi... Se vi occorre qualche cosa, ditelo pure a lei...  (A Olga)  Au revoir... Non   resterai  mica  molto  con lui?!

Olga          Non so... non credo.                                                                            

Ieliètzkij      Bè; va bene... 

(Esce per la sala di destra).

Olga          (si siede sul divano e indica una poltrona a Kusòvkin)  Sedete, Vassilij Petròvič...  (Kusòvkin fa un inchino e rifiuta di sedere)  Sedete, ve ne prego.

(Kusòvkin si siede. Olga per un po' non sa come incominciare il di­scorso)  Ho sentito che partite.

Kusòvkin     (senza alzar gli occhi).  Sissignore.

Olga          Paolo Nicolàič mi ha detto... Credetelo, mi dispiace assai...

Kusòvkin     Non ve ne date pensiero... Vi sono tanto grato...

Olga          Voi... nel vostro nuovo soggiorno vi troverete bene come  qui... e anche meglio... state  tranquillo... ci penserò io.

Kusòvkin     Vi sono riconoscentissimo. Sento... di non meritare tanto. Un pezzo di pane e un cantuccio qualunque... non merito altro, signora.  (Dopo un momento di silen­zio, si alza)  E adesso permettete che mi congedi da voi... Sono stato colpevole, sì... ma perdonate alla mia vecchiaia.

Olga          Ma perché tanta fretta... Aspettate.

Kusòvkin     Come comandate.  (Si siede di nuovo).

Olga          (Dopo un altro momento di silenzio)  Ascoltate Vassilij Petròvič... ditemi sinceramente: che cosa vi è successo ieri mattina?                    

Kusòvkin     È stata colpa mia, Olga Petròvna; tutta colpa mia.

Olga          Però, come mai...

Kusòvkin     Non mi domandate niente, Olga Petròvna... Non ne val la pena. La colpa è stata mia e basta. Paolo Nicolàič ha perfettamente ragione. Anzi, avrebbe dovuto punirmi più severamente... Pregherò Dio per lui, finché avrò vita.

Olga          Io,  per parte mia,  confesso che questa gran colpa non la vedo... Voi non siete più giovane... forse non siete  abituato a bere e quindi avete  fatto un  po'  di chiasso...

Kusòvkin     No, Olga Petròvna, non cercate di giustificarmi. Vi ringrazio di cuore ma...  io stesso sento la mia colpa.

Olga          Ma forse avete detto qualche cosa di offensivo per mio marito o per il signor Tropaciòv...

Kusòvkin     (abbassando la testa)  Sono colpevole.

Olga          (agitata)  Sentite, Vassilij Petròvič: ricordate bene tutte le parole che diceste?

Kusòvkin    (sussulta, guarda Olga, poi dice lentamente)  Non so...  quali parole?...

Olga          Dicono che voi avete detto qualche cosa...

Kusòvkin     (in fretta)  Ho mentito, Olga Petròvna; ho mentito. Dicevo quello che mi veniva sulla lingua. Perdonatemi. Ero fuori di me.

Olga          Però... come mai vi è venuto in testa...

Kusòvkin     Dio solo lo sa... Un momento di pazzia e nient'altro. Debbo confessare che non sono più abituato a bere. Appena bevo... è finita! Dio sa che cosa andavo farne­ticando. Cose che capitano!  Però la colpa è tutta mia lo stesso... e sono stato punito giustamente.  (Fa per alzarsi)  Permettete che vi saluti, Olga Petròvna... Non vogliate serbare di me un cattivo ricordo.

Olga          Vedo che non volete parlarmi sinceramente. Non abbiate paura di me... Io non sono Paolo Nicolàič... Sì, di lui potrete aver soggezione, ammettiamolo pure... Voi non  lo conoscete bene... lui, all'aspetto, sembra così burbero... Ma per qual ragione aver paura di me?... Mi conoscete da bambina.

Kusòvkin     Voi, Oiga Petròvna, avete un cuore angelico...  Abbiate pietà di questo povero vecchio.

Olga          Per carità!  Io anzi desideravo...

Kusòvkin     Non mi risvegliate il ricordo della vostra gioventù... ho già tanta amarezza nell'anima... oh,  tanta!... Ora che son vecchio, dover lasciare per sempre questa casa... e per mia colpa...

Olga          Ascoltate, Vassilij Petròvič: c'è ancora il modo dì rimediare a ciò che vi affligge... basta solo che siate sincero con me... Sentite... io...  (All'improvviso si alza e si tira un po' in disparte).

Kusòvkin     (seguendola collo sguardo)  Non vi date pensiero, Olga Petròvna; non ne vale proprio la pena. Anche laggiù, pregherò Dio per voi. E anche voi qualche volta vi ricorderete di me e direte: eh! il vecchio Kusòvkin mi era veramente devoto...

Olga          (rivolgendosi di nuovo a Kusòvkin)  Vassilij Petròvič, voi mi siete veramente devoto? Mi volete veramente bene?

Kusòvkin     Chiedetemi anche la vita...

Olga          No; io non chiedo la vostra vita, io. Voglio laverità; voglio sapere la verità.

Kusòvkin     Comandate pure.                                 

Olga          Io... io ho sentito le vostre ultime parole.

Kusòvkin     (articolando appena le parole)  Quali... parole?

Olga          Ho sentito... quello che avete detto di me. (Kusòvkin si alza dalla poltrona e cade in ginocchio) Dunque è vero?

Kusòvkin     (balbettando)  Per carità; perdonatemi... È stato un momento di pazzia... ve l'ho già detto. (La voce gli si spezza)

Olga          No; voi non volete dirmi la verità.

Kusòvkin     Un momento di pazzia, Olga Petròvna; perdonate...

Olga          (afferrandolo per la mano)  No, no... in nome di Dio... vi scongiuro in nome di Dio... ve ne supplico... ditemi: è vero? è vero?  (Silenzio)  Perché mi tormentate così?

Kusòvkin     Volete dunque saper la verità?

Olga          Sì. Ditemi dunque:  è vero?  

Kusòvkin     (alza gli occhi e guarda Olga. Il suo volto esprime una lotta tormentosa. A un tratto abbassa la testa e dice)  È vero.

(Olga si allontana rapidamente da lui e resta immobile... Kusòvkin si copre il viso con le mani).

(La porta della sala si apre ed entra Ieliètzkij. Egli dapprincipio non si accorge di Kusòvkin, che è sempre in ginocchio, e si avvicina alla moglie).

Ieliètzkij     Ebbene, hai finito?  (Si arresta stupito)  Ah voilà, je vous ai dit...  Eccolo: s'è messo a implorare pietà...

Olga          Paul, lasciaci soli...

Ieliètzkij      (esitante)  Màis, ma chère...

Olga          Te ne prego, te ne supplico: lasciaci un momento...

Ieliètzkij      (dopo un momento di esitazione) Come vuoi...  spero però che mi spiegherai questo enigma...

(Olga china il capo in segno affermativo; Ieliètzkij esce lentamente).

Olga          (si avvicina rapidamente alla porta della sala, che chiu­de a chiave e torna vicino a Kusòvkin che sta ancora in ginocchio). Alzatevi... alzatevi, vi dico...

Kusòvkin    (si alza lentamente)  Olga Petròvna...  (Si vede bene che egli non sa che dire).                                                                                                                                                                                        

Olga          (indicandogli il divano)  Sedete qui. 

(Kusòvkin si siede. Olga si ferma a una certa distanza e restai in piedi di fianco a lui)

Olga          Vassilij Petròvič... voi capite la mia situazione.

Kusòvkin     (con voce debole)  Olga Petròvna, vedo che... Sì, ho perduto proprio la testa... Lasciatemi andar via, altrimenti farò ancora qualche altro male... Nemmeno io so quello che dico.

Olga          (respirando affannosamente) No, via, Vassilij Petròvič. Ora la cosa è fatta. Ora non potete più disdire quello che avete detto... Voi dovete dirmi tutto... tutta la verità... adesso.

Kusòvkin     Ma se io...              

Olga          (in fretta)  Insomma: cercate di capire la mia posizione e la vostra... Se aveste calunniato mia madre... allora uscite subito di qui e non comparitemi più innanzi...  (Olga tende la mano verso la porta... Kusòvkin  fa l'atto di sollevarsi, poi abbassa la testa) Ah, ecco! Voi restate; vedete che restate?!...

Kusòvkin    (con ansia)  Oh Dio mio!  

Olga          Voglio saper tutto... Voi dovete dirmi tutto... capite?

Kusòvkin     (disperato )  Sì... sì... Saprete tutto... giacché mi è piombata addosso questa disgrazia. Però, Olga Petròvna, non mi guardate in quel modo... se no io... io davvero... non posso...

Olga          (sforzandosi di sorridere)  Vassilij Petròvič, io...

Kusòvkin    (timidamente)  Mi chiamo Vassilij Siemiònyč, Olga Petròvna...

(Olga si fa rossa e stringe quasi impercettibilmente le spalle. Essa resta sempre in piedi, a una certa distanza da Kusòvkin)

Kusòvkin     Ebbene sì... ma di dove... volete che cominci? 

Olga          (arrossendo, imbarazzata)  Vassilij Siemiònyč, come volete... che io...

Kusòvkin     (col pianto in gola)  Ma io non posso parlare, se voi...

Olga          (tendendogli la mano)  Calmatevi,  parlate...  Voi vedete in che stato mi trovo... Fate uno sforzo.

Kusòvkin     Vi obbedisco, Olga Petròvna. Ma di dove volete che cominci? Dio mio!... Ebbene; sia pure... Dunque... Se permettete mi rifarò un po' dal principio... Sì, sì... Subito, subito...  Avrò avuto poco più di vent'anni... Io, si può dire, ero nato in miseria; poi mi levarono fin l'ultimo tozzo di pane e, diciamolo pure, proprio iniquamente...  In quanto poi alla mia educazione, nessuno se n'era occupato... Vostro padre buon'anima (Olga ha un sussulto)  che Dio l'abbia in gloria... si degnò di aver compassione di me, altrimenti io mi sarei completamente rovinato... « Vieni - mi disse – vieni a casa mia, finché io non t'abbia trovato un posto ». Così io mi stabilii in casa di vostro padre. Ma, certo, trovare un impiego non è facile e così io restai con lui. Vostro padre allora era ancora scapolo, ma, un paio di anni dopo, chiese la mano di vostra madre e la sposò. Allora cominciò la sua vita coniugale e... e da vostra madre ebbe due bambini, che però morirono presto. Ecco: vi dirò Olga Petròvna... vostro padre buon'ani­ma era un uomo rude, assai rude, che Dio lo perdoni!... era anche un po' manesco, e quando si inquietava, per­deva completamente la testa. Gli piaceva anche bere. Del resto, però, era un buon uomo e fu il mio bene­fattore. Dunque, nei primi tempi, visse in perfetto ac­cordo colla vostra povera mamma... Ma per poco. Vostra  madre... che Dio l'abbia in gloria... era, si può dire, un angelo in persona... ed era anche bellissima... Mah! Era destino!... In quel tempo ecco stabilirsi vicino a noi una nuova vicina... e vostro pa­dre se ne innamora... Olga Petròvna, vogliate perdonarmi se...

Olga          Continuate.                                     

Kusòvkin     Voi stessa vi siete degnata di chiedermelo.  (Si passa una matto sul viso)  O Dio mio, aiuta questo povero pec­catore! Dunque... ecco che vostro padre s'innamora di quella vicina - che sia maledetta anche all'altro mon­do! - comincia ad andare da lei tutti i santi giorni e spesso non tornava a casa nemmeno la notte. La cosa andò sempre peggio. Vostra madre non faceva che star­sene sola, soletta, per intere giornate, senza dire una parola; spesso anzi piangeva...  Io, si capisce, stando accanto a lei, mi sentivo spezzare il cuore; pure non osavo aprir bocca.  A che le servono - pensavo - i miei sciocchi discorsi!... Gli altri possidenti, nostri vicini, anche loro venivano malvolentieri in casa di vostro pa­dre, perché egli, diciamolo pure, li aveva allontanati colla sua arroganza; così vostra madre, di solito, non aveva con chi scambiare una parola... La poveretta stava tutto il giorno accanto alla finestra, senza nem­meno leggere un libro; se ne stava  là e guardava la strada, i campi... Intanto vostro padre, chissà mai per qual ragione - giacché mi sembrava che nessuno lo contrariasse - peggiorò ancora di carattere. Diventò terribile: un vero castigo! Ed ecco un'altra cosa strana: gli salta in mente di essere geloso di vostra madre; ma di chi poteva sospettare, santo Dio?! Quando andava via, la chiudeva a chiave!... Insomma, per ogni inezia montava in collera; e quanto più vostra madre si sotto­metteva, tanto più lui s'irritava. Alla fine cessò del tutto di rivolgerle la parola; la trascurò completamente. Ah, Olga Petròvna.! Olga Petròvna! Quanto ha sof­ferto allora, vostra madre! Voi non potete ricordarla, Olga Petròvna; eravate troppo piccina, quando morì. Credo che a questo mondo non si possa trovare un'anima più buona di quella. E come amava vostro padre! Egli di solito, non la guardava nemmeno; ed essa, invece, quando lui non c'era, non parlava altro che di una cosa con me: come poterlo secondare, far contento... Im­provvisamente, un giorno, vostro padre disse che par­tiva. Dove andava? « Vado a Mosca - dice - vado per affari... parto solo »... Ma che solo!... Alla pros­sima stazione la vicina lo aspettava. E così partirono insieme; e passarono sei mesi interi - sei mesi, Olga Petròvna! - senza che scrivesse una sola lettera a casa! Improvvisamente ritornò, ma era d' un umore così nero, era così  irritato... La  vicina  lo aveva abbandonato, come sapemmo poi... Si chiuse in camera e non si fece più vedere. Anche i domestici rimasero tutti stupiti. Alla fine la buon'anima di vostra madre, non poté più resistere... si fece il segno della croce - che paura aveva di lui poveretta! - ed entrò in camera sua. Tentò di persuaderlo, ma lui a un tratto si mise a urlare contro di lei e afferrato un bastone...  (Kusòvkin volge uno sguardo ad Olga)  Perdonatemi, Olga Petròvna.

Olga          È vero quello che dite, Vassilij Siemiònyč?

Kusòvkin    Che Dio mi fulmini in questo istante!

Olga          Continuate.                                          

Kusòvkin     Allora lui... Proprio così! Ah! Olga Petròvna; egli offese mortalmente vostra madre... e non solo a pa­role... La poveretta, mezza impazzita, scappò nella sua camera, mentre lui, chiamati i domestici, se ne andava a caccia... Allora... allora... accadde... la cosa.  (La sua voce si affievolisce)  Non posso, Olga Petròvna; in nome di Dio, non posso...

Olga          (senza guardarlo)  Parlate!  (Dopo un breve silenzio,  con impazienza) Parlate!

Kusòvkin     Come volete, Olga Petròvna... Bisogna proprio cre­dere che vostra madre buon'anima, dopo questa offesa sanguinosa, perdesse la ragione... e fosse come colpita da un male... La vedo come fosse ora... Entrò nella cappella, si mise dinanzi alle sacre immagini, alzò la mano per farsi il segno della croce, quando, all'improv­viso, si voltò indietro ed uscì... Si mise perfino a ridere sommessamente... Il demonio s'era impadronito anche di lei. Provai un senso di terrore, a guardarla. A tavola non volle mangiar niente; taceva e mi guardava fisso... La sera, poi... Di sera, Olga Petròvna,  io ero solito starmene con lei, proprio in questa camera; e allora per la noia, sapete, qualche volta si giocava a carte, qualche volta si chiacchierava un po', così... Dunque quella sera...  (Egli comincia a respirare affannosamente)  Vo­stra madre buon'anima, dopo un lungo, un lungo si­lenzio, si rivolge a me d'improvviso... Io, Olga Pe­tròvna, amavo tanto vostra madre che ci mancava solo di rivolgerle la mia orazione come alla Madonna... Dunque essa mi dice all'improvviso: «Vassilij Siemiònyč, io so che tu m'ami mentre lui, invece, mi di­sprezza, mi ha respinta, m'ha offesa... Anch'io farò lo stesso» ... Senza dubbio, l'offesa subita, le aveva scon­volta la ragione,  Olga Petròvna;  essa non era più in sé... Anch'io, anch'io... non capivo più nulla... e sentivo girarmi la testa; e fu allora - il solo ricordo mi spaventa - fu in quella sera che lei... Olga Pe­tròvna abbiate pietà d'un vecchio... Non posso... Che piuttosto mi si secchi la lingua!  (Olga tace e si volta, Kusòvkin la guarda e continua vivamente)  Il giorno dopo, Olga Petròvna, io non ero in casa - ricordo che sull'aurora ero fuggito nel bosco - il giorno dopo, dunque, tutt'a un tratto arriva di galoppo in cortile un guardacaccia... Che era successo? Il padrone era caduto da cavallo, era rimasto ferito mortalmente, aveva per­duto la conoscenza... Il giorno dopo, Olga Petròvna; proprio il giorno dopo!... Vostra madre allora prende una carrozza e corre da lui... Egli stava in un piccolo villaggio della steppa,  in casa d'un prete,  a quaranta verste di qui... Però, per quanto la poveretta cercasse di far presto, lo trovò già morto... Dio mio! tutti cre­demmo che diventasse pazza... Fino al giorno della vostra nascita, stette sempre male e nemmeno dopo si rimise più in salute... Voi stessa sapete... che non sopravvisse a lungo...  (Egli abbassa la testa).

Olga          (dopo un lungo silenzio)  Dunque... io sono vostra figlia... Ma quali sono le prove?

Kusòvkin     (seriamente)  Le prove? Di grazia, Olga Petròvna, che prove? io non ho prove da darvi! Ma come avrei potuto osare?... Se ieri non mi fosse capitato quello sfortunato inci­dente, nemmeno sul letto di morte, avrei detto una pa­rola, a costo di strapparmi la lingua. Ah, se fossi morto ieri stesso! Fino a ieri non c'era anima viva che lo sa­pesse, Olga Petròvna... Io stesso, quand'ero solo, avevo paura perfino di pensarci... Dopo la morte di vostro... padre... io volevo fuggire, non importa dove... ma ho questa colpa, sì; non ne ebbi la forza; ebbi paura della povertà, della miseria... Restai... ho questa colpa... Però quando mi trovavo in presenza di vostra madre buon'anima, non solo non potevo parlare o che so io... ma osavo appena respirare, Olga Petròvna. Le prove!... Nei primi mesi, vostra madre io non la vidi mai:  s'era chiusa in camera sua e, eccettuata Prascòvia Ivànovna, nessuno poteva entrare da lei... Poi... poi la rividi ma, lo giuro dinanzi a Dio, avevo paura perfino di guar­darla in faccia... Le prove!... Scusate, Olga Petròvna; mi pare di non essere né un ribaldo né uno scemo:  so stare al mio posto. E se voi stessa, non me lo aveste ordi­nato... No, non vi agitate, Olga Petròvna, per carità... Perché volete starvi a tormentare? Che prove ci sono infine? Non dovete credermi, ecco; non dovete credere a questo  vecchio imbecille... Ho mentito: ecco tutto...  Alle volte non so nemmeno io quello che dico... Sono uscito di cervello... Non dovete credermi, Olga Pe­tròvna; ecco tutto. Che prove posso darvi?

Olga          No, Vassilij Siemiònyč, io non userò delle astuzie con voi... Voi non avreste potuto... inventare una cosa simile... Calunniare i morti... no, sarebbe troppo spa­ventoso...  (Allontanandosi)  No; io vi credo...

Kusòvkin    (con voce fievole)  Mi credete?...    

Olga          Sì...  (Dopo aver guardato Kusòvkin; con un fre­mito)  Ma è spaventoso, è spaventoso!...  (Si tira rapidamente da parte).

Kusòvkin    (tendendo le inani verso di lei)  Olga Petròvna, non vi agitate... Io vi comprendo... Voi, così istruita... mentre io... Se non fosse per un riguardo a voi,  vi  avrei  detto che cosa sono io...  io mi conosco bene... Credete forse che io non senta tutto questo? Io vi amo come una figlia... E poi, in  fondo voi...  (Si alza rapidamente)  Non temete, non temete: questa parola non uscirà dalla mia bocca... Dimenti­cate tutta la nostra conversazione; io parto oggi... su­bito... Ora  non  posso  più   restare  qui;  non è  assolutamente possibile... Che importa! anche laggiù io pre­gherò per voi...  (gli  vengono le lacrime agli occhi) ovunque pregherò per voi e per vostro marito... Sì; la colpa è mia, se ho perduto - si può dire - l'ultima mia gioia...  (Piange).

Olga          (presa da una indescrivibile agitazione) Che fare? In fondo egli è mio padre...  (Si volge e vede Kusòvkin che piange)   Piange...   Non piangete, via...  (Gli si avvicina).

Kusòvkin    (tendendo le mani verso di lei)  Perdonate, Olga Petròvna...

(Olga, esitante, gli tende anche lei la mano e fa come uno sforzo su sé stessa per gettarglisi al collo; ma all'improvviso, scossa da un fremito, si volta e scappa nella sua stanza, Kusòvkin resta allo stesso posto).

Kusòvkin     (portandosi una mano al cuore)  Dio mio, Dio mio; che mi succede!

La voce di Ieliètzkij  (da dietro la porta)  Hai chiuso a chiave; Olia!... Olia!...

Kusòvkin     (tornando in sé)  Chi è?... È lui... Sì... Che vorrà?...

La voce di Ieliètzkij  È venuto il signor Tropaciòv. Je vous l'annonce... Olia, ma rispondimi, dunque... Vassilij Siemiònyč, siete lì?

Kusòvkin     Sissignore.

La voce di Ieliètzkij  E Olga Petròvna dov'è?               

Kusòvkin     È uscita.

La voce di Ieliètzkij  Ah! Apritemi voi, allora.  

(Kusòvkin apre; entra Ieliètzkij).

Ieliètzkij      (guardandosi intorno; fra sé) Tutto questo è assai strano! (A Kusòvkin, freddo e burbero) Partite?

Kusòvkin     Sissignore.

Ieliètzkij      Ah! Allora com'è finito il vostro colloquio?1

Kusòvkin     Un colloquio?... veramente non è stato un colloquio; io ho chiesto soltanto scusa ad Olga Petròvna.   

Ieliètzkij      E lei che ha detto?                       

Kusòvkin     La signora si è degnata di dirmi che non è più in collera... ed io ora mi preparo a partire...

Ieliètzkij      Dunque, Olga Petròvna ha approvato la mia decisione?                                            

Kusòvkin   Sissignore:  completamente.                  

Ieliètzkij      Ehm! Mi rincresce assai... ma voi stesso, Vassilij Siemiònyč, capite che-e-e...               

Kusòvkin     Ma certo, Paolo Nicolàič; io sono perfettamente d'ac­cordo con voi! Anzi, vi siete degnato di essere anche troppo buono... Vi ringrazio di tutto cuore...

Ieliètzkij      Mi fa piacere constatare che, almeno, sentite la vo­stra colpa. Allora: addio... Se avrete bisogno di qual­che cosa, vi prego di non  far complimenti... Sebbene abbia già dato ordini, voi potete rivolgervi a me diret­tamente in qualunque momento...

Kusòvkin     Grazie, grazie!  (S'inchina).

Ieliètzkij      Addio, Vassilij Siemiònyč... Ma no:  aspettate un momento... Eh - eh - eh... il signor Tropaciòv è venuto a trovarci e tra poco sarà qui... Desidererei che ripete­ste in sua presenza quello che avete detto a me stamattina...

Kusòvkin     Ai vostri ordini.

Ieliètzkij      Benissimo.  (A Tropaciòv che entra)  Mais venez donc; venez donc!  (Tropaciòv si avanza, prendendo la sua solita posa).  Ebbene? Chi ha vinto?

Tropaciòv  Io, si capisce. Il vostro biliardo è meraviglioso. Però figuratevi: il signor Ivànov ha rifiutato di giocare con me! Mi dice: « Ho male alla testa ». Il signor Ivànov... che ha male alla testa! eh? Et madame? Spero che stia bene.

Ieliètzkij      Sì, grazie a Dio!  Ora viene.

Tropaciòv  (con amabile familiarità) Ma sapete che il vostro arrivo è una vera fortuna per noi che dobbiamo vivere nella steppa!... Hè - hè!... une bonne fortune...  (Si guarda intorno e si accorge di Kusòvkin) Ah, Dio mio!... anche voi qui?

(Kusòvkin s'inchina in silenzio).

Ieliètzkij      (forte a Tropaciòv, indicando Kusòvkin con una mossa del mento)  Sì... oggi, capite bene, è terribilmente confuso, do­po le sciocchezze di ieri... Da questa mattina non fa che scusarsi con noi, con tutti...

Tropaciòv  Eh! si vede che col vino non ci ha troppa confidenza... Che ne dite?

Kusòvkin     (senza alzar gli occhi)  Scusatemi signore: si può dire che è stato proprio un accesso di pazzia.

Tropaciòv  Aha! Senti, senti il proprietario di Vietròvo...  (A Ieliètzkii)  Ma che idee che vengono in testa!... Dopo di ciò non c'è proprio da meravigliarsi di nessun pazzo, anche se si creda - che so io - imperatore della Cina, o immagini - come raccontano - di avere nella pancia il sole, la luna o quello che volete... Hè, hè!... Sicuro, sicuro: proprietario di Vietròvo!

Ieliètzkij      (che desidererebbe cambiar discorso)  Già... Ma che diavolo volevo domandarvi, Flegònte Alexàndryč?... Ah!... quando andiamo a caccia?

Tropaciòv  Quando volete... Vedete bene che... io non faccio complimenti con voi... Ieri sono stato qui e oggi sono tornato... Dunque anche voi dovete fare lo stesso con me... Aspettate; domando a Karpaciòv: è più pratico di me. Lui ci dirà dove si può andare.  (Si avvicina alla porta della sala)  Karpaciòv! vieni qua, amico!  (A Ieliètzkij)  È un tiratore eccellente; a biliardo però lo vinco io.  (Entra Karpaciòv)  Karpaciòv; Paolo Nicolàič do­mani vorrebbe anelare a caccia; dove si potrebbe andare, eh?

Karpaciòv  Andiamo a  Kolobièrdovo da Vohriàk. Là ci deb­bono essere molti galli di montagna.

Ieliètzkij      Ma è lontano?

Karpaciòv  Per la via maestra saranno un trenta verste, ma per le scorciatoie sarà meno.                        

Ieliètzkij      Bè, va bene.

(Dalla stanza di Olga Petróvna entra Prascòvia Ivànovna).

Ieliètzkij      Che c'è?                 

Prascòvia Ivànovna  (con un inchino a Ieliètzkij)  La signora vi desidera.                     

Ieliètzkij      Che vuole?

Prascòvia Ivànovna  Non so.

Ieliètzkij      Di' che vengo subito.  (A Tropaciòv)  Permettete?

(Prascòvia Ivànovna esce)

Tropaciòv  (scrollando il capo)  Eeh, Paolo Nicolàič:  come non vi vergognate di domandarmi permesso!... Andate pure, santo Dio!...

Ieliètzkij      Non vi faremo aspettare molto.

(Esce).

                 (Kusòvkin che in tutto questo tempo è restato in piedi, poco lontano dalla porta della sala, vorrebbe approfittare di questo momento per uscire).

Tropaciòv  (a Kusòvkin)  Dove andate, caro, dove andate? Restate qui: faremo due chiacchiere.

Kusòvkin     Debbo andare...

Tropaciòv   Eh, via!... che avrete mai da fare? Voi, forse, vi ver­gognate... Che sciocchezze! Son cose che capitano a tutti!  (Lo prende sottobraccio e lo conduce sul prosce­nio)  Sicuro: volevo dirvi che a tutti può capitare di alzare un po' il gomito... Confesso però che ieri ci avete fatto rimanere proprio stupiti!  Che razza di  parentela siete andato a scovare, eh? Guarda un po' che fantasia!

Kusòvkin     Stupidaggine, piuttosto.      

Tropaciòv  Oh, sì; ma molto sorprendente. Perché proprio: fi­glia? È buffo! però, dovete confessare che non vi dis­piacerebbe di avere una figlia come quella; eh?  (Gli dà un colpetto al fianco)  No, eh? dite un po'.  (A Karpaciòv)  Non ha mica cattivo gusto, no? Che ne dici?  (Karpaciòv ride).

Kusòvkin    (cercando di liberare il braccio da Tropaciòv)  Permettete..,.                               

Tropaciòv  Ma perché ieri vi siete tanto inquietato con noi... eh? No, rispondetemi!

Kusòvkin     (voltando la testa; a mezza voce)  Perdonate, signore.                                           

Tropaciòv  Senti, senti! Ma sì: il Signore vi perdonerà... Dun­que: figlia, eh?  (Kusovkin tace)  Sentite, caro, perché non venite qualche volta da me? Vi ospiterei volentieri.

Kusòvkin    Tante grazie.                                                 

Tropaciòv  Da me si sta bene; domandatelo a quello là.  (Indica Karpaciòv)  Mi potreste raccontare un'altra volta la questione di Vietròvo.                                  

Kusòvkin    (con voce sorda)  Va bene...

Tropaciòv  Oggi, però, mi sembra che non abbiate salutato Kar-paciòv (A Kar paciòv) Karpacce; tu non hai mica salutato Vassilij Siemiònyč, come ieri!

Karpaciòv  Nossignore.                                             

Tropaciòv  Eh, amico, non va bene.

Karpaciòv  Ma io, scusate, sono pronto...

(Si avanza verso Kusòvkin colle braccia aperte. Kusòvkin indietreggia. La porta della stanza di Olga Petròvna si apre improvvisamente ed entra Ieliètzkij, pal­lido e agitato).

Ieliètzkij      (stizzito)  Se non sbaglio Flegònte Alexàndryč, a voi avevo rivolto la preghiera di lasciare in pace il signor Kusòvkin...

(Tropaciòv si volta sorpreso e guarda Ieliètzkij. Karpaciòv resta immobile).

Tropaciòv  (un po' sconcertato)  A me-e?... Non ricordo...

Ieliètzkij      (continuando secco e reciso)  Sì;  signor  Flegònte  Alexàndryč, confesso che mi meraviglio come voi, colla vostra educazione... colla vostra istruzione... possiate provar gusto a certi... di­ciamolo pure... a certi stupidi scherzi... e poi per due giorni di seguito...

Tropaciòv   (facendo, colla mazzo, un segno a Karpaciòv, che subito fa un salto indietro, e si mette sull'attenti). Ma permettete,   Paolo  Nicolàič... Io  veramente... Del resto vi dò perfettamente ragione... sebbene, d'al­tra parte...  Ma dite un po': vostra moglie sta bene?

Ieliètzkij      Sì... viene subito.  (Sorridendo e stringendo la mano a Tropaciòv)  Vogliate scusarmi... Oggi non sono del solito umore.

Tropaciòv  Eh, via, Paolo Nicolàič; niente di male... E poi ave­te  ragione... con certa gente non è proprio il caso di prendere confidenza.  Che tempo magnifico, oggi!  (Un momento di silenzio)  Sì, avete proprio ragione... vivere a lungo in campagna, è un gran guaio! On se rouille à la campagne... È terribile... Ci si annoia, ecco... E si dimenticano certe forme...

Ieliètzkij      Non ne parliamo più, Flegònte Alexàndryč, fatemi il piacere...

Tropaciòv  No, no, dico così... in generale... è un'osservazione di carattere generale.  (Di nuovo, un breve silenzio)  Mi pare di non avervelo ancora detto... L'inverno prossimo farò un viaggio all'estero.

Ieliètzkij      Ah!  (A Kusòvkin che di nuovo fa per andarsene) Restate Vassilij  Siemiònyč:...  debbo dirvi due parole.

Tropaciòv  Ho intenzione di restare all'estero un paio d'anni... Ma la signora, oggi, avremo il piacere di vederla?

Ieliètzkij      Diamine! Ma perché, intanto, non fate una passeg­giata in giardino? Vedete che tempo? un petit tour? Permettetemi però di non accompagnarvi. Debbo parlare un momento con Vassilij  Siemiònyč... Del resto, fra pochi minuti vi raggiungerò...

Tropaciòv  Hè-hè! fate il comodo vostro mio caro Paolo Nicolàič! Fate pure senza nessuna fretta; noi due intanto, io e questo mortale ci godremo le bellezze della natura… La natura è la mia passione! Venez-ici, Karpacce! 

(Esce con Karpaciòv)

Ieliètzkij     (li segue, chiude a chiave la porta, torna verso Kusòvkin e incrocia le braccia)  Egregio signore! ieri vi ho conosciuto come uno sciocco e un intemperante; oggi debbo considerarvi co­me un calunniatore e un intrigante... Non m'interrom­pete!... un intrigante e un calunniatore. Olga Petròvna mi ha detto tutto. Voi forse non ve lo aspettavate, egre­gio signore!  Come mi spiegherete la vostra condotta?  Questa mattina avete confessato a me personalmente, che quanto avevate detto ieri è una pura e semplice in­venzione... Adesso invece, parlando con mia moglie...

Kusòvkin     Sono colpevole... Ma il mio cuore...

Ieliètzkij      Il vostro cuore non mi riguarda; piuttosto vi doman­do ancora una volta: non è vero che avete mentito? (Kusòvkin tace)  Avete mentito?

Kusòvkin     Vi ho già dichiarato che ieri non sapevo quello che dicessi.

Ieliètzkij      Oggi, invece, sapevate queIlo che dicevate. E dopo ciò, avete ancora il coraggio di guardare in faccia una persona che si rispetti? Non vi sentite ancora annichilito dalla vergogna?

Kusòvkin     Paolo Nicolàič, in nome di Dio, voi siete troppo severo con me. Degnatevi benignamente di considerare questo: che giovamento avrei potuto trarre dal mio col­loquio con Olga Petròvna?

Ieliètzkij      Ve lo dirò io. Con quella stupida frottola, speravate di suscitare la sua compassione. Voi contavate sulla sua generosità... Del denaro volevate, del denaro... Sì, sì; del denaro. E io vi debbo dire che il vostro scopo è stato pienamente raggiunto. Ascoltate: io e mia moglie abbiamo stabilito di darvi la somma necessaria per assi­curare la vostra esistenza; con questo patto però...

Kusòvkin     Ma io non voglio niente!

Ieliètzkij      Non m'interrompete, egregio signore!  (Continuando) ... col patto però che scegliate la vostra residenza lon­tano da qui. Io poi, per mio conto, aggiungo che, accet­tando questa somma, verrete implicitamente a confessare la vostra menzogna... o, giacché vedo che questa parola vi dispiace, la vostra invenzione; e di conseguenza rinuncerete ad avanzare qualsiasi diritto...

Kusòvkin     Ma io da voi non accetterò nemmeno un centesimo!

Ieliètzkij     Come, signore!? Dunque insistete? Dunque debbo credere che avete detto la verità? Vogliate spiegarvi una buona volta.                                  

Kusòvkin     Io non posso dir niente. Pensate di me quello che vo­lete; soltanto, però, io non accetto niente.

Ieliètzkij      È una cosa inaudita! Voi, dunque, resterete ancora qui!

Kusòvkin     Me ne andrò oggi stesso.

Ieliètzkij      Ve ne andrete!  Ma in quale condizione lascerete Olga Petròvna? Almeno questo dovreste pensare, se vi re­stasse ancora un briciolo di sentimento.

Kusòvkin     Lasciatemi andare, Paolo Nicolàič. In nome di Dio: la mia testa non regge più! Che volete da me?

Ieliètzkij      Voglio sapere, se accettate questi denari o no. Cre­dete forse che si tratti d'una somma trascurabile? Vi daremo diecimila rubli.

Kusòvkin    Non posso accettare niente.                               

Ieliètzkij      Non potete? Dunque mia  moglie sarebbe vostra... La lingua mi si rifiuta di pronunciare questa parola.

Kusòvkin    Io non so niente... Lasciatemi andare. (Fa per andarsene).

Ieliètzkij      È troppo!  Ma sai1 che posso costringerti ad obbedire? 

Kusòvkin    E in che modo, se è lecito?

Ieliètzkij      Non mi  fate perdere la pazienza... Non mi costrin­gete a ricordarvi chi siete.

Kusòvkin    Io sono un nobile e d'antica  famiglia...   Ecco chi sono io...                                                                   

Ieliètzkij      Un bel tipo di nobile, non c'è che dire!

Kusòvkin    Comunque sia, non mi vendo.      

Ieliètzkij      Ascoltate...

Kusòvkin     Certi modi vogliate usarli coi vostri subalterni di Pietroburgo.

Ieliètzkij  Ascoltate, vecchio ostinato! Voi non vorrete offen-dere la vostra benefattrice! Voi avete confessato già una volta, che le vostre parole non erano vere; che vi costa tranquillizzare definitivamente Olga Petròvna e prendere i denari che vi offriamo? Oppure siete così ricco che die­cimila rubli per voi sono una cosa trascurabile?

Kusòvkin     Non sono ricco io, Paolo Nicolàič; ma il vostro dono è terribilmente amaro. Ho già inghiottito tante umi­liazioni... tante!... Voi dite che ho bisogno di denaro;  non ne ho bisogno. Per andar via non accetterò da voi nemmeno un soldo.

Ieliètzkij     Oh, capisco il vostro calcolo! Voi vi fingete disin­teressato; sperando di guadagnare di più. Ve lo dico per l'ultima volta: o prendete questo denaro alle condi­zioni che vi ho detto o ricorrerò a misure tali... a misure tali che...

Kusòvkin     Ma che volete da me, Signore Iddio! Non vi basta che me ne vada; volete che mi copra di fango, volete comperarmi... Ah no, Paolo Nicolàič, questo non sarà mai!

Ieliètzkij     Che il diavolo ti porti!  Io ti...

(In quest'istante si sente sotto le finestre, in giardino, la voce di Tropaciòv che canta:

« Io sono qui Iňesilla

sto sotto al tuo verone »).

                

Ieliètzkij      È insopportabile!  (Avvicinandosi alla finestra)  Ven­go subito...  subito... (A Kusòvkin)  Vi dò un quarto d'ora per riflettere... ma poi non ve la prendete con me se... (Esce).

Kusòvkin     (solo)  Dio, Dio; che cosa stan facendo di me! Meglio esser seppellito vivo! Io sono stato la causa della mia rovina. La mia lingua: ecco il mio vero nemico. E questo signo­re... ha parlato con me come con un cane... Come se non avessi un'anima anch'io!...  Preferirci che m'ammazzasse...

(Dalla sua stanza, esce Olga portando in mano delle carte. Kusòvkin si guarda intorno)

 

Kusòvkin     Dio mio!

Olga          (avvicinandosi indecisa a Kusòvkin) Desideravo  rivedervi, Vassilij Siemiònyč...

Kusòvkin     (senza guardarla) Olga Petròvna... perché... avete voluto dir tutto... a vostro marito?...

Olga          Non gli ho mai nascosto nulla, Vassilij Siemiònyč.

Kusòvkin     Sì, sì...

Olga          (in fretta)  Egli mi ha creduta...  (Abbassando la voce)  Ed è d'accordo in tutto.

Kusòvkin     D'accordo? E in che cosa è d'accordo?

Olga          Vassilij Siemiònyč, voi siete così buono... avete un animo nobile. Voi mi comprendete. Ditelo voi stesso: è possibile che rimaniate qui?

Kusòvkin     Non è possibile.

Olga          No, state a sentire... Voglio sapere esattamente quel­lo che ne pensate... Io ho avuto modo d'apprezzarvi, Vassilij  Siemiònyč...  Parlate,  parlate sinceramente...

Kusòvkin    Io sento la vostra bontà, Olga Petròvna; anch'io, cre­detelo, so apprezzare...  (S'interrompe, e poi continua con un sospiro)  No, non posso restare; non posso: asso­lutamente. Potrebbero anche battermi, ora che sono vecchio. E poi perché non dire la verità? Ora certo faccio una vita più dignitosa, inoltre è un pezzo che qui non c'è più un padrone... quindi non c'era nessuno a cui, sapete... I vecchi servitori però sono ancora vivi e non hanno dimenticato... che facevo da buffone al padrone buon'anima. Spesso ho fatto il pagliaccio sotto la mi­naccia del bastone e qualche volta anche...  (Olga si volta) Non vi affliggete Olga Petròvna... In fin dei conti io... io sono un estraneo per voi... non posso rimanere...

Olga          E allora... accettate...  questo...   (Gli porge una carta).

Kusòvkin     Cos'è?                                                                                                                                 

Olga          Noi... vi  assegniamo una somma per riscattare  il vostro podere di Vietròvo... Spero che non ci... che non mi opporrete un rifiuto...

Kusòvkin     (lascia cadere la carta e si copre il viso colle mani)  Olga Petròvna, perché anche voi, volete offendermi?

Olga          Come?

Kusòvkin     Voi volete liberarvi di me. Ma io vi ho già detto che non ho nessuna prova... Inoltre voi sapete chetutto questo io l'ho inventato, che insomma io non avevo nessuna intenzione di...

Olga          (interrompendolo vivacemente)  Se non vi avessi creduto, io e mio marito avremmo forse presa di comune accordo questa decisione?

Kusòvkin     Se mi credete, che altro mi occorre? A che cosa mi serve questo pezzo di carta? Io sono abituato agli stenti fin dall'infanzia... e ora che son vecchio non è più il caso di... Che cosa mi occorre? Un pezzo di pane: ecco tutto. Se è vero che mi credete... (S'interrompe).

Olga          Sì... sì... vi credo. No, voi non m'ingannate, no... Io vi credo...

(All'improvviso lo abbraccia e gli posa il capo sul petto)

Kusòvkin     Olga Petròvna... è troppo... è troppo... Olga...  (Barcollando, si lascia cadere nella poltrona di sinistra).

Olga          (tiene Kusòvkin con una mano, mentre coll'altra, con mossa rapida, raccoglie da terra la carta e si stringe a lui).

Voi avreste potuto dir di no a una estranea, avreste potuto dir di no a mio marito; ma alla figlia, a vostra figlia, voi non potete, non dovete opporre un rifiuto...  (Gli mette in mano la carta).

Kusòvkin     (prendendo la carta,  colle lacrime agli occhi) Olga Petròvna, fate come volete, ordinate quello che volete, io sono pronto, io sono contento; ordinatemi di andare in capo al mondo. Ora posso anche morire, ora non  ho più bisogno di  nulla...  (Olga gli asciuga le lacrime col fazzoletto) Ah, Olia,  Olia!...

Olga          Non piangete, non piangere... Ci rivedremo... Tu verrai...

Kusòvkin     Ah! Olga Petròvna; Olia... non è un sogno, non è un sogno?

Olga          Basta, su, basta!...

Kusòvkin     (Improvvisamente, parlando in fretta)  Olia, alzati; vengono.

(Olga che gli si era quasi seduta sulle ginocchia, balza in piedi)

 

Kusòvkin     Datemi almeno la mano, la mano per l'ultima volta.

(Egli le bacia in fretta la mano. Olga si tira da una parte. Kusòvkin fa per alzarsi ma non può.

Dalla porta di destra entrano Ieliètzkij) e Tropaciòv; dietro di loro: Karpaciòv. Olga va loro incontro passando accanto a Kusòvkin e si ferma tra lui e loro).

Tropaciòv  (inchinandosi e mettendosi in posa) Enfin, abbiamo la fortuna di vedervi, Olga Petròvna. Come state?                                                                    

Olga          Bene, grazie.

Tropaciòv  Avete il viso un po'...

Ieliètzkij     (replicando)  Oggi non stiamo troppo bene nessuno dei due...

Tropaciòv  Eh; simpatia anche in questo!... Hè-hè!... Ma sapete che avete un giardino meraviglioso!

(Kusòvkin si alza con uno sforzo sovrumano).

Olga          Sono assai lieta che vi sia piaciuto.                                                                   

Tropaciòv  (come offeso) Ma vi dico che è una meraviglia... mais c'est très beau, très beau... I viali, i fiori, tutto insomma... Sì, sì. La natura e la poesia:  ecco i miei deboli. Ma che vedo? Degli album! Come in un salotto della capitale!

Ieliètzkij      (scandendo bene le parole e guardando la moglie in mo­do significativo)

Sei riuscita ad accomodare la cosa?

(Olga china il capo in segna affermativo, Tropaciòv per delicatezza si tira in disparte)

Ieliètzkij      Ha accettato? Ehm! Va bene. (Condu­cendola un po' da parte) Ti ripeto che io non credo a questa questa storia, ma ti approvo. La pace domestica vale assai più di diecimila rubli.

Olga          (tornando verso Tropaciòv, che ha cominciato a guardare gli album che stanno sul tavolo)  Che c'è che v'interessa tanto, Flegònte Alexàndryč?

Tropaciòv  Eh... il vostro album: vedete. È molto grazioso. Dite: non siete in relazione coi Kovrinskij? 

Olga          No, affatto.     

Tropaciòv  Come; nemmeno prima eravate in relazione con lo­ro? Vi consiglio di far la loro conoscenza. Sono la mi­gliore famiglia del distretto, o, per meglio dire, erano la migliore fino a ieri; ah, ah!

Ieliètzkij     (che intanto s'è avvicinato a Kusòvkin)  Accettate il denaro?

Kusòvkin     Accetto.

Ieliètzkij     Dunque, avete mentito?                            

Kusòvkin     Ho mentito.   

Ieliètzkij     Ah!  ( Volgendosi a Tropaciòv che si fa in mille davanti  ad O1ga e che si piega di qua e di là con moto ondulatorio) Vedete,  Flegònte Alexàndryč; noi ieri ridevamo di Vassilij Siemiònyč... ed ecco invece che ha vinto la causa. Ha ricevuto ora la notizia. Mentre pas­seggiavamo in giardino.

Tropaciòv   Ma che dite!  

Ieliètzkij     Sì, sì. Me lo ha detto Olga proprio ora. E poi domandatelo a lui.

Tropaciòv  È vero, Vassilij Siemiònyč?                             

Kusòvkin     (che per tutta la durata della scena sorride come un bambino e parla con una voce tremolante per le lacrime contenute) Sissignore, sissignore! Ho vinto, ho vinto!

Tropaciòv  Rallegramenti, Vassilij Siemiònyč, rallegramenti! (Sottovoce a Jeliètzkij)  Capisco... dopo la scena di ieri, delicatamente lo allontanate... (Ieliètzkij tenta di assi­curare che non è vero)  Ma sì... sì... e con quanta nobil­tà, con quanta generosità, con quanta delicatezza... Molto, molto bene, io sarei pronto a scommettere che quest'idea...  (Volgendo un dolce sguardo verso Olga)  è venuta a vostra moglie... sebbene anche voi, certo...  (Ieliètzkij sorride. Tropaciòv continua forte).  Bene, be­ne. E così ora, Vassilij Siemiònyč, dovete trasferirvi laggiù... per sorvegliare le vostre cose...

Kusòvkin     Eh sicuro!

Ieliètzkij     Vassilij Siemiònyč mi ha detto poco fa che vuol partire oggi stesso.

Tropaciòv  Sfido io! Capisco benissimo la sua impazienza. Eh, corpo d'un diavolo!... Lo hanno portato per il naso tanto tempo e ora che è riuscito ad avere il podere... È natu­rale che si abbia voglia di guardar la propria roba. Non è vero Vassilij Siemiònyč?

Kusòvkin     Eh già; proprio così.                            

Tropaciòv  Allora dovrete fare una scappata anche incittà.

Kusòvkin     Senza dubbio: bisogna sistemare ogni cosa.

Tropaciòv  Allora non c'è tempo da perdere. (Strizzando l'occhio a Ieliètzkij). Ma guarda l'avvocato Lyčkov!... Probabilmente è stato lui ad ottenere ogni cosa...  (A Kusòvkin ) E voi siete contento.''

Kusòvkin     Diamine! Come non dovrei esser contento?

Tropaciòv  Mi  permetterete di venirvi a trovare nella vostra nuova  residenza... no?

Kusòvkin     Troppo onore, Flegònte Alexandryč.     

Tropaciòv  (volgendosi a Ieliètzkij)  Paolo Nicolàič, bisognerebbe bagnare l'acquisto di Vietròvo, non vi pare?                                                    

Ieliètzkij      (un po' indeciso)  Sicuro... con piacere... sicuro...  (Avvicinandosi alla porta della sala)  Chiamatemi Trembïnskij.

Trembïnskij    (entrando con un balzo dalla porta). Cosa comandate?                           

Ieliètzkij      Ah! siete qui?... Una bottiglia di champagne!

Trembïnskij    (uscendo di corsa)  Subito, signore.

Ieliètzkij      Sentite!  (Trembïnskij ricompare di nuovo)  In salotto mi sembra di aver visto il signor Ivànòv: pregatelo di venir qui.

Trembïnskij    Subito. 

(Esce di corsa).                               

Tropaciòv  (avvicinandosi a Olga che per tutto questo tempo è re­stata in piedi vicino al tavolo degli album, ora ab­bassando gli occhi, ora alzandoli lentamente verso Kusòvkin)

Madame Kòvrinskaia sarà lietissima di conoscervi... enchantée, enchantée. Spero che vi piacerà... Io, da lei, sono come di casa... È una donna intelligente e sape­te... (Fa girare la mano in aria).                    

Olga          (con un sorriso)  Ah!                                                                   

Tropaciòv  Vedrete.

(Trembïnskij entra con bottiglie e coppe su un vassoio)

Tropaciòv     Ah! Allora, Vassilij Siemiònyč, permettete che vi faccia le più sincere congratulazioni...

(Ivànov entra, si ferma presso la porta e fa un inchino).

Olga          (affabilmente ad Ivànov)  Buon giorno, sono molto lieta di vedervi... Voi avrete sentito... che il vostro amico è riuscito ad otte­nere Vietròvo.

(Ivànov fa un altro inchino e si dirige verso Kusovkin. Trembïnskij offre a tutti le coppe).

Ivànov        (sottovoce e in fretta a Kusòvkin)  Vassilij, ma che fandonie stanno dicendo?

Kusòvkin     (anche lui sottovoce)  Taci Vània, taci; io sono felice...

Tropaciòv  (colla coppa in mano)  Alla salute del nuovo proprietario!

Tutti          (eccetto Ivànov che ancora non ha accostato alle labbra la sua coppa). Alla sua salute! Alla sua salute!

Karpaciòv   (con voce di basso, ripete da solo) Che possiate campare mill'anni!

(Tropaciòv guarda severamente Karpaciòv, che si confonde. Kusòvkin ringrazia, s'inchina, sorride, Ieliètzkij sta sostenuto; Olga si sente a disagio:  le viene da piangere. Ivànòv è stupito e guarda di sotto in su).

    

Kusòvkin     (con voce tremante) Permettetemi ora... in questo giorno così solenne per me... di esprimere la mia gratitudine per tutte le cortesie...

Ieliètzkij     (interrompendolo in tono severo)  Ma di che, di che ci ringraziate, Vassilij Siemiònyč?...

Kusòvkin     Sì, sì... Voi siete i miei benefattori... Per quanto poi riguarda, la mia...  - diciamo così - la mia con­dotta di ieri, siate così generosi di perdonare a un vec­chio... Dio sa perché ieri mi sono offeso e ho detto certe...

Ieliètzkij      (interrompendolo di nuovo)  Ma va bene, va bene.

Kusòvkin     Che c'era poi  da offendersi?! Che male c'era!... I signori scherzavano...  (Dopo aver dato uno sguardo ad  Olga)  Ma non è questo che volevo dire... addio miei benefattori; che possiate star sempre bene, allegri, felici...

Tropaciòv  Ma perdio salutare in questo modo, Vassilij Siemiònyč!? Non partite mica per la Siberia...1.             

Kusòvkin     (commosso,  continua)  Che Dio vi conceda ogni bene... in quanto a me... non ho più niente da chiedere a Dio... o sono così felice,  così...  (S'interrompe e si sforza di  non piangere).

Ieliètzkij     (da parte,  fra sé)  Che scena!...  Quando se ne andrà?...

Olga          (a  Kusòvkin)  Addio, Vassilij Siemiònyč... Quando sarete a casa vostra, non ci dimenticate... Sarò lieta di vedervi  (ab­bassando la voce)  di parlare un po' con voi da sola...

Kusòvkin     (baciandole le mani)  Olga Petròvna... Che Dio ve ne renda merito.

Ieliètzkij      Va bene,  va bene; addio...

Kusòvkin     Addio...                                    

(Fa un inchino, poi, con Ivànov, s'avvia verso la porta della sala. Tutti lo accompagnano).

Tropaciòv  (di sulla soglia, esclama ancora una volta) Evviva il nuovo proprietario!

(Olga rientra in fretta nella sua stanza).

                                           

Tropaciòv  (volgendosi a Ieliètzkij e battendogli sulla spalla)  Sapete che vi dico? Voi siete il  più  nobile degli uomini.

Ieliètzkij     Per carità! Voi siete troppo buono...

(Cala la tela).

IL TEMPOGiovedì 24 Marzo 1983

teatrodi giorgio prosperi

Come un clown

tragico

Randone

in «Pane altrui»

Al Valle « Pane altrui » di Turghèniev, con Salvo Randone. Regia di Nello Rossati. Si replica fino al 3 aprile.

Siamo andati anche noi a rendere omaggio all'arte del grande vecchio, Salvo Randone,  all'avanguardia nel suo tempo di mattatori, per il suo modo spoglio e quasi schivo di recitare, e all'avanguardia anche oggi, quasi per le medesime ragioni, rispetto a certi tronfi e stentorei  moduli recitativi delle giovani scuole. E riascoltando  tutto il grande repertorio dei suoi sussurrati, delle sue pause,  delle intonazioni perforanti, che si inseriscono a fatica nella routine dell'altrui parlare quotidiano, si provava il piacere rassicurante di quando si ascolta una grande musica conosciuta: la soddisfazione di non perderne una nota. Se poi dobbiamo dire che cosa specificamente ci ha colpito in Pane altrui, nella interpretazione che Randone dà di Vassilij Semionic Kusovkin, il nobile decaduto che fin da giovane ha trovato una sistemazione nella casa che lo ospita, e che ora, vecchio, vi si attacca per ragioni che costituiscono il cuore del dramma, noteremo che, senza dubbio, è struggente nell'attore un'aria da clown invecchiato, un po' appesantito ed affaticato, con bagliori drammatici degli occhi sul volto lucido e tondo, il cranio calvo con una coroncina di capelli, proprio da clown.

Nel 1848, quando Turgheniev compose il dramma, subito bocciato dalla censura perché i nobili erano  messiin cattiva luce, gli diede il titolo classico Il parassita, un ritratto non  esente da critica di un  mondo, ma anche di un personaggio. Il fatto poi che consegnò il copione all'attore Scepkin, grande specialista del genere comico,  ci lascia capire come l'autore vedesse il suo personaggio; come una vittima drammatica ravvolta in motivi di commedia e addirittura di farsa. Si ride alle sue spalle e quel riso non è del tutto gratuito.

La proprietà di cui Kusovkin vive, e di cui fa parte all'inizio del dramma, è fatiscente, popolata di topi  in veste di maggiordomi, di camerieri e di vicini di casa. E non ha tutti i torti Ielietzski, fresco sposo di  Olga, verso la quale Kusovkin manifesta una attenzione particolare, di preoccuparsi dello stato della proprietà anche se è legittimo supporre che abbia sposato Olga per le sue sostanze. Il protagonista è così ambiguo con il suo vizio del bere, il ritorno ossessivo ad un processo che lo reintegrerà nei suoi beni, che i vicini si sentono in qualche modo autorizzati a prendersi giuoco di lui. Anche perché luial giuoco ci sta o finge di starci. E' solo quando il giuoco degenera che Kusovkin fa esplodere la mina , finora accuratamente nascosta nel parassita invecchiato: Olga è sua  figlia. Dal comico al tragi­co il salto di un istante. Naturalmente, nel secondo atto, Olga insiste per sapere la verità e anche qui il racconto dell'antefatto non è proprio una pagina di amore romantico assoluto. Kusovkin rimpiazza un marito infedele nel letto di una moglie disperata. Il parassita è parassita anche nell'amore. Cosi è nata Olga. E una del­le cose più belle di Randone è la fatica, la difficoltà, il pudore della confessione di un avvenimento non esemplare. Qui il clown è classico, con il suo dolore interno o l'aspetto interiore un po' ridicolo e pietoso.

Non so che cosa abbia spinto Turgheniev a cambiare il titolo in Pane altrui. Forse considerazioni di opportunità, per ottenere il  visto di censura (che ebbe solo nel 1861 con le rifor­me liberaleggianti dello zar Alessandro) o per il gu­sto sempre più diffuso di un socialismo umanitario. Certo il titolo Pane altrui sposta totalmente l'ottica dello spettatore, rispetto a Il parassita da un punto di vista critico a una «captatio benevolentiae» di carattere pietistico sentimentale e sociale. Il grande merito di Randone è di non esser caduto nel trabocchetto della lacrima facile; la sua accettazione del gruzzolo of­ferto dal genero e patroci­nato dalla figlia per riacquistare la proprietà, a condizione che si tolga di mezzo, è giocata dall'attore alla perfezione, nella ambiguità tra un comprensibile pia­cere e una disperazione sen­za conforti.

Se tutto questo è vero, perché il regista Nello Rossati, che pure nomina Gogol, Puskin e persino Cechov, come esempi, imma­giniamo di un’alternanza continua nella drammatur­gia russa di umorismo e tra­gedia, perché dicevamo, Rossati comprime il tutto in un contenitore dalle tinte romantiche, con le tap­pezzerie rosso sangue delle scene di Toni Rossati, il fi­nale di notte anziché di giorno, col caminetto acceso e il vento che ulula?

Per­ché appesantisce il pranzo (che poi è una merenda) con le risate fastidiose e non  sempre giustificate di Tropaciov (Paolo Lombardi) e leinsistenti battute di tacchi di Karpaciov (Lam­berto Consani)? Perché fa di Trembinski (Enzo Spitaleri) uno(scolorito maggior­domo di maniera, anziché il perno su cui ruota l'allegro e vivace inizio del dramma? Perché ha eliminato scenette gustose, come quella del sarto, tanto più che il dramma non è lungo?    

Certo, se Randone avesse avuto attorno più aria, un clima più quotidiano e di­steso, che all'improvviso si intorbida fino al dramma, il  suo giuoco  sottilissimo  avrebbe avuto una cornice più giusta. E anche avrebbero a

vutoun rilievo più esatto i personaggi di Olga, una Ma­ria Teresa Bax irretita nel difficile contrasto tra l'amo­re filiale e gli interessi di facciata, e quello di suo ma­rito, un Giulio Platone non più che corretto. Da lodare invece Edoardo Borioli, lo amico Ivànov, che segue con affettuosa e riservata apprensione le sorti di Kusovkin e Giuseppe Lelio, per la sintetica verità con cui disegna il fattore Kartasciov. Carlo Properzi Curti, il ca­meriere Piotr, è come conti­nuamente trattenuto dall'en­trare in un vaudeville, che infatti  non c'è più. Paola Pieracci è la governante Prascovia Ivànovna. La scorrevole traduzione. è di Neda Naldi ed Eraldo Miscia.

Con questo diluvio di prime c'era rischio di una se­rata in minore. Ma è evidente che all'ultimo momen­to molti hanno optato per Randone, e il  teatro si è quasi totalmente  riempito, con le conseguenze che si possono   immaginare: ap­plausi a scena aperta e ovazioni alla fine, specie quan­do Randone è apparso solo a riscuotere la sua giusta par­te di gloria.

giorgio prosperi

                                                                                                     

       


1 Questo saggio, è stato parzialmente pubblicato nella Fiera Letteraria del 1° agosto 1926;vi ho qui apportato alcune modificazioni evi ho aggiunta tutta la parte che riguarda Pane altrui.

2 Per facilitare la lettura e la retta trascrizione dei nomi russi  diamo qui la spiegazione di alcuni segni convenzionali che avremo  spesso occasione  di usare:

š   = ch  francese — č   = c dolce —   ž   — je francese.

1 Una sera a sorrento — La provinciale — Al verde — Bozzetti teatrali di I. Turghèniev - Trad. di E. Damiani - G. Carabba.  Ed.  Lanciano.

2 I. S. Turghèniev— Un mese in campagna. Introd. e Trad. di E. Damiani — Vallecchi — Ed. Firenze.

1 Ho tradotto il titolo russo Nahlièbnik,con Pane altrui, non solo per non mutare un titolo già noto, ma perché esso esprime perfettamente il significato della parola russa, intraducibile con una parola italiana. Infatti qui nahlièbnik indica una persona che vive a casa d'altri e a loro spese; non ci sembra quindi esatto adottare il titolo Il pensionato,proposto da E. Damiani nella sua prefazione alla versione dei tre boz­zetti teatrali già citati.

1  Tutte le parole francesi che s'incontrano nella pre­sente traduzione sono nel Testo. (N.d.T.).

1   Vània è il diminutivo di Ivan.  (N.d.T.).

1   Vaska, che è un contadinello, così deforma il patronimico: Constantinyč. (N.d.T.).

1   Secondo un'antica tradizione, i Russi accolgono gli ospiti con l'offerta del pane e del sale.  (N.d.T.).

1   Come già abbiamo accennato, tutte le parole francesi che s' incontrano nella presente traduzione, sono nel testo. (N.d.T.).

1   Diminuitivo di Olga. (N.d.T.).

1   Uno dei più rinomati restaurants di Pietroburgo, (N.d.T.).

2   Scherzosa deformazione del nome Karpaciòv. (N.d.T).

1   Ballo che si eseguisce a ginocchia piegate. (N.d.T.).

1   Quando più è trascinato dalI' ira, Ieliètzkij da del tu a Kubovkin.   (N.d.T.).

1   Nel  testo: Astrakan, che  ho  sostituito con Siberia  per usare un'espressione più famigliare al lettore italiano (N.d.T.).