Papà Lebonnard

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Dramma in quattro atti

di JEAN AICARD

Traduzione di Augusto Castaldo

Libreria Cesati – Milano 1951

PERSONAGGI

LEBONNARD, che ha oltrepassato la sessantina

      ROBERTO LEBONNARD, giovane di 20 anni       

IL MARCHESE D'ESTREY, uomo di 46 anni

IL DOTTOR ANDRÉ, fidanzato di Giovannina Lebonnard, gio­vane di 28 anni

UN SERVITORE

LA SIGNORA LEBONNARD, sui 50 anni    

GIOVANNINA LEBONNARD, di 25 anni.     

BIANCA D'ESTREY

MARTA, vecchia domestica di Lebonnard, nutrice di Roberto

La scena si svolge ai nostri giorni, in una piccola città di provincia.


ATTO PRIMO

La scena rappresenta un ricco salone borghese.

SCENA PRIMA

Lebonnard e Giovannina

Giovannina   (entrando) Sempre coi vostri strumenti, papà?

Lebonnard    (seduto presso un tavolino, con un martellino in mano ed una lente all'occhio destro). Certamente. Mi sono tanto cari! Con essi ho fatto tutto, con essi mi sono prodotto, e nulla po­trà mai farmi cambiare! Inventore arricchito, ma piccolo oro­logiaio, antico negoziante conosciuto nella città, io non vedo che il mio martello sia una cosa dispregevole... Con questi strumenti, io, che passo per uno sciocco, ho costruito la casa e accumulata la tua dote.

Giovannina   (con bontà). La mamma non vuole che lavoriate nel sa­lone!... Vi sgriderà...

Lebonnard    Sia duello che sia! Se non piove sul tuo capo, lascerò pio­vere! Nulla mi turba, dal momento che ho la felicità di aver­ti!... Quando penso che, un mese fa, ti ho visto all'agonia!... (si copre gli occhi con la mano) Quest'orribile angoscia, gra­zie a Dio, è finita! E il mio cuore che per te tremò davanti alla morte, oramai sarà forte contro tutto il resto!

Giovannina   Ma...

Lebonnard    (interrompendola). Via, senza questi strumenti, e si dica un po' il contrario! Tua madre potrebbe forse far sposare a tuo fratello (con una lieve vibrazione di sdegno) la figlia di un marchese? (con condiscendenza) Brav'uomo... e anche ricco!... Battendo l'acciaio, io facevo l'oro! (si stropiccia allegramente le mani).

Giovannina   Che cosa avete dunque questa sera? Mi sembrate di umo­re allegro.

Lebonnard    Prima di tutto, benché tu non sia ancora ben rimessa e non abbia riacquistato l'appetito, ti sento via e fuori d'ogni pericolo!... e poi...

Giovannina   (accostandosi). E poi?

Lebonnard    E poi... non so, caspita! Ma, certe volte, ho veramente una gran fermezza d'animo!... Per essere giusto, bisogna essere un po' resistente; e, grazie a te, ho preso vigore!... sono lieto.      

Giovannina   Ah!                                                                                          

Lebonnard    Ma sì!... Nondimeno resta da fare un altro progresso! Cioè di saper parlare saggiamente e posatamente, quale che sia la faccenda... Impossibile! Perché? Gli è che, ancor timido e diffidente di me, come vedi, prendo sempre troppo slancio, e salto troppo su, credendo sempre la barriera troppo alta. Ma so ciò che bisogna dire, e lo dirò. Ecco!

Giovannina   (fra le sue braccia). Quanto vi amo, babbo mio adorato!

Lebonnard    (contemplandola) Ma da chi hai preso codest'anima squisita?

Giovannina   Un po' da voi.

Lebonnard    Oh! no. Vuoi che te lo dica? È vero che ho del buono, tu me l'hai rivelato: io avevo un po' d'oro bruto, e tu l'hai ce­sellato. Tu hai limato e lavorato il cuore del vecchio orefice! Vedi, una volta le parole si fermavano sul mio labbro, parevo muto.

Giovannina   Davvero!

Lebonnard    Anzi bleso! Esitavo timidamente. Quando abbozzavo una parola, ridevano: io spaventato rientravo in me stesso! Ma quando si è ascoltati da qualcuno che ci ami, oh! allora, ci si slancia; e vecchio oramai, tu vedi ch'io sono ciarliero, molto ciarliero con te!                                

SCENA SECONDA

Lebonnard, Giovannina, Marta

Marta            (entrando dalla destra) La signora chiedeva adesso della signorina.

Giovannina   Come! Adesso!... Corro subito... (si allontana correndo)

Lebonnard    Quando ti dicono: « della premura »! (accennando la figlia) ecco un bel modello da copiare! Non è vero?

Marta            Per questo sì.

Lebonnard    Ma che cosa hai costì? Fammi vedere codesta carta!

Marta.           Questo no!... Né voi né io possiamo permetterci di modi­ficare una sillaba, quando la signora ha detto qualche cosa. Qui sono regolati i pasti per otto giorni.

Lebonnard    Su, da'! o mi fai andare in collera.

Marta.           Io— solo per curiosità! — vorrei vedervi adirato.

Lebonnard    Mi ci vedrai, se ti diverti a contrariarmi.

Marta            (incrociando le braccia) Chi dunque comanda qui?

Lebonnard    Marta!  ascoltami bene. Fintanto che si nuoce a me solo, non dico mai niente, ma quando si nuoce a mia figlia, allora divento cattivo! E intendo che alla fine si faccia silenzio, quando la nomino! che ognuno sia cortese e sottomesso... Dammi codesta carta... e saremo buoni amici.

Marta            Che c'entra?

Lebonnard    (strappandole di mano la carta) Proprio questo!... Richelieu! minestra alla reale!... e Larochefoucauld!... È forse un re che dà pranzo? o il signor Lebonnard, un antico orologiaio, che ordina un desinare perché bisogna mangiare?... Mia figlia (capisci, Marta?) mia figlia è ancora malata! Io domando un menu; codesta è una sciarada! ed io non posso metterci tre giorni a indovinare se questa sera avrò del manzo, ben al sangue, per cena!

Marta            Ma!...

Lebonnard    Cercate tutte le nobiltà che volete, siano anche false! Ma, diavolo! non le ficcate nelle mie salse!

Marta            Eccola mia zuppa al latte che si riscalda in un momento!

Lebonnard    Fa' semplicemente un buon arrosto per questa sera.

Marta            Modificar la nota è impossibile!

Lebonnard    Comprendo: la tua condizione è certe volte molto penosa! Ebbene, io ti aiuterò! Giovannina è malata!...

Marta            Oh! No. Pel suo male malattia è una parola troppo brut­ta! Io ho ancora buon occhio, benché un po' sorda e vecchia, e posso parlarvi all'orecchio: ella sta male... da quando sta meglio! Il suo giovane medico non era abbastanza vecchio, ed il medico sarebbe il rimedio!... In quanto a cambiar la nota. per l'amor di Dio! bisogna parlarne prima alla signora.

Lebonnard    Griderà molto...

Marta            (interrompendolo. Ma voi griderete più forte!

Lebonnard    (continuando) ... e non cederà, — mentre facendo come dico io, — griderà lo stesso; ma... la cosa sarà fatta! L'autorità di un fatto compiuto è tutto: uno s'impone, ed il resto viene da sé!...

M.me Lebonnard  (dal di fuori) Marta!

Marta            Ricevetela! imponetevi! — Per me prendo il largo. Ah! noi siamo colti! — attenti alla carica!

SCENA TERZA

M.me Lebonnard e Detti

M.me Lebonnard (a Marta)  Che cosa fate qui? (a suo marito) Perché le parlavi? (a  Marta)  Che  cosa gli dicevate,  con aria di mistero?

Marta            Signora...

M.me Lebonnard Fate silenzio, quando v'interrogo! La serva è  in fallo, e il padrone manca alla sua dignità. (a Marta che fa un gesto) Vi caccerò via!

Lebonnard    No.

Marta            (a Lebonnard) Voi siete troppo buono!

M.me Lebonnard Se date retta a me, credetemi, andatevene con le buone!

(Marta esce piangendo sotto lo sguardo della padrona)

SCENA QUARTA

Lebonnard e M.me Lebonnard

Lebonnard    Ha allevato Roberto, è un'anima buona. Il marito mi ha servito per quarant'anni... Brava donna! I tuoi figli per i primi non vorrebbero...

M.me Lebonnard Perché i « tuoi figli »? Come se fossero solamente miei!

Lebonnard    I nostri figli, credo bene.

M.me Lebonnard Che tu lo creda o non lo creda, è così. I nostri fi­gli sono nostri, suppongo! Tu hai preso Roberto sul naso, ecco tutto.

Lebonnard    Tue lui mi fate perdere la pazienza tutt'i giorni.

M.me Lebonnard Egli vede bene che la sorella è la tua prediletta.

Lebonnard    Predilezione oggi meritata e sacrosanta! Ella sola mi di­fende contro di lui e contro di te. — Ed io dico che sono il figlio di mia figlia!

M.me Lebonnard Benone! — Ma Roberto soffre, ed anch'io soffro a vederti maltrattare un buon figlio, — che ti ama! Ed è stra­no in te, che passi per filosofo, chevanti la tua bontà, che leggi Saint-Simon, Fourier, filantropo avaro! miope moral­mente, come fisicamente! Buono tu?... per pura vigliacche­ria! e dotato per caso di un antipatico nome, che pare fatto apposta: Lebonnard!

Lebonnard    (con bonomia) Sì, è il mio ritratto... in caricatura. (facen­dosi serio) Non fa nulla! io ho sofferto l'ingiuria ben più gra­ve di veder un bravo figlio, che da piccino mi amava, scher­nirmi, perché la madre lo permette!

M.me Lebonnard  (alzando le spalle) Oh!

Lebonnard    Sì, ho dovuto vederlo grande, d'accordo con la madre, ri­dere dei miei difetti, amareggiarmi la vita, e uscirsene così dalle mie povere braccia senili, senza sentirsi il più ingrato degl'ingrati!

M.me Lebonnard È una requisitoria in piena regola!

Lebonnard    Sarà! Ma tutto questo alla fine mi urta.

M.me Lebonnard È terribile! Chi ti ha insegnato queste cose straor­dinarie, caro marito?

Lebonnard    La saggezza! sicché state in guardia!... Un'ultima goccia può far traboccare il bicchiere!... L'agnello più mansueto, se è morsicato e si arrabbia, può metter paura al lupo; i timidi sono spesso i veri arditi, ed all'audacia non resta allora che difendersi! Sono stanco di essere un dabben uomo, sciocco, debole e tenero! Per difender me stesso, sono stato umile e vile; ma non mi spingete a urtarvi di fronte!

M.me Lebonnard Ma, Dio mio! che cos'hai? che cosa ti riscalda così?

Lebonnard    Ho... che mi vergogno di essere pusillanime!... (scoppiando con violenza) ...che Giovannina mi preoccupa!... Insomma tutti i vostri desinari sono combinati in modo che non sono adatti per lei!... L'ho già detto cento volte, ma ve la ridete!... Voglio del manzo al sangue... e delle uova alla coque.

M.me Lebonnard Oh! quanto baccano per nulla! Si farà quello ch'e necessario, senza che tu per questo la prenda così sul serio! (portandosi il fazzoletto agli occhi) Sono forse una cattiva madre?

(si siede con aria afflitta)

Lebonnard    (sconcertato) Scusami, cara mia, avevo paura di un rifiuto a proposito di una minuzia che riprovo! ed ero pronto alla lot­ta... È male rispondere prima d'essere offeso!... Tu capisci, uno che si conosce un po' debole... si allena... ed io non volevo farti compassione.

M.me Lebonnard (indignata, scorgendo il martello ch'egli ha in mano) Già! ma che cosa facevi? lavoravi, immagino!

Lebonnard    (sentenziosamente, con la lente all'occhio) Ci sono più ope­rai che re... io ero orologiaio...

M.me Lebonnard (fieramente)Prego, gioielliere!

Lebonnard    Ma non riesce mica chiunque un buon orologiaio! In quan­to a gioielliere, è vero, vendevamo dei gioielli, e (giacché sia­mo fra noi) tu eri chiamata la bella gioielliera, e quello che ti dispiace, è che mi hanno visto per molti anni dietro la mia vetrina, con la lente all'occhio, e con le pinzette in mano!... Questo mi distrae... Se non lavorasse più Lebonnard morirebbe.

M.me Lebonnard Nasconditi almeno, fa' questo sacrifizio!

Lebonnard    Se lo credessi giusto, lo farei;  (con finezza) ma non riesco a capire... sono stato sempre di mente tarda.

(M.me Lebonnard lancia un'occhiata alla finestra)

M.me Lebonnard Il marchese! Dàgli il tuo titolo, quando gli parli.

Lebonnard    Non se ne fa niente. Io che esco da una bottega, avrei l'aria d'essere il suo servitore.

M.me Lebonnard (con tono confidenziale) Egli pensa di maritare Giovannina.

Lebonnard    (sorpreso) Oh!... Bisognerà vedere!

M.me Lebonnard  (indicando gli strumenti di Lebonnard) Nascondi subito tutto. Io vado a riceverlo.

(Esce, e Lebonnard mette a posto gli strumenti nel tavolino)

SCENA QUINTA

Lebonnard, Giovannina

Giovannina   (entrando) Sono venuti ad invitare Roberto per una pas­seggiata a cavallo!

Lebonnard    (premurosamente) Ma tu no. Io ti sento troppo malata!

Giovannina   (sorridendo) Stavo così bene poco fa, e adesso!

Lebonnard    Tustai bene... non ancora abbastanza... tutto dipende dal momento.

Giovannina   Sia. Resterò.

Lebonnard    Sì.

Giovannina   Eh! ma!... io vi sgrido! Ancora codesto vecchio abito... per ricevere la gente? Ve l'avevo nascosto!

Lebonnard    Che vuoi? ci sono abituato.

Giovannina   Èlogoro, macchiato, siete mal vestito. Che diranno di voi?

Lebonnard    Tutto quello che vorranno dire, piccina mia! Io preferisco empire il tuo salvadanaio piuttosto che quello del mio sarto!

Giovannina   Èvero che dare ai poveri è meglio! E poi appena si fonda un giornale di scienza, si rivolgono a mio padre!... Bisogna che io risponda!... Il salvadanaio è pieno... e d'un colpo mi vien ritolto tutto quello che mi è stato dato a poco a poco!

Lebonnard    È vero, io sono ignorante abbagliato di sapere!... Tutto è dolore quaggiù... Pazienza! Ma il gran rimedio esiste e si dovrà riuscire a trovarlo! Ed io, non sapendo che sognare, aiuto i pensatori!

Giovannina   Sì, ma che cosa si dirà della vostra povera figlia, vedendo con quali abiti si veste questo buon sognatore? Se ne dirà male, senza calunniarmi, papà! Ed io non troverò più marito!

Lebonnard    Allora, dammi subito l'abito!

(ella esce e ritorna con l'abito)

Lebonnard    (che si è tolto il vestito vecchio, mettendosi il nuovo) Venticinque anni, è un'età, e dovresti pensare da te stessa al matrimonio!

Giovannina   (si siede e ricama. Lebonnard s'indugia ad osservarla) Vale a dire a lasciare, un bel giorno, padre mio, una felicità sicura...

Lebonnard    Per un'altra!

Giovannina   Incerta! Oh! io non voglio.

Lebonnard    Le ragioni, di grazia?

Giovannina   Prima, fra qualche giorno mio fratello si ammoglia.

Lebonnard    Ebbene?

Giovannina   Voi perdereste i vostri due figli?

Lebonnard    (aggrottando le ciglia) Come? e tu crederesti di farmi pia­cere con questo sacrifizio! Troppa bontà porta all'infelicità! Eh, che diavolo! Io al contrario avrei un rammarico gran­dissimo a sentire che per me tu rinunzi... Ah! no! (con fi­nezza) Di', amiamo di già qualcuno? (con bonomia) Dimmi il suo nome.

Giovannina   (con vivacità) No, non amo nessuno!

Lebonnard    Oh! ma se indovino, disprezzerò tutte le convenienze so­ciali per collocarti... Vedi bene che io non posso più avere nessun'altra felicità che la tua. Coraggio!... Sussurrami il tuo segreto nell'orecchio...

Giovannina   Non ho nessun segreto.

Lebonnard    (minacciandola col dito) Nasconditi pure!... io veglio!

SCENA SESTA

Il Marchese e Detti.

Il Marchese             (entrando) Buon giorno, caro signor Lebonnard!

Lebonnard    Servo vostro.

Il Marchese (a Giovannina) Buon giorno a voi, adorabile creatura!

Giovannina   Sempre adulatore!

Lebonnard    (al Marchese) E vostra figlia?

Il Marchese È in giardino che sta mostrando a Roberto un cavallo, — eccellente acquisto di ieri mattina, — dal pelo tutto nero: si chiama Flora e costa un'inezia, mille scudi soltanto.

Giovannina   Vado a veder Flora!   (esce)

SCENA SETTIMA

Lebonnard, Il Marchese

Il Marchese Sì, caro mio. una bella cavallina!

Lebonnard    Non tutti possono essere ricchi.

Il Marchese Oh! ricco no, caro Lebonnard, giacché la mia fortuna non uguaglia più il mio nome. Voi siete ricco.

Lebonnard    Oh! meno di quanto si suppone! Come inventore, è vero, ho guadagnato qualche cosa, e poi mio fratello maggiore mi ha lasciato tutto il suo, ma in confronto di voi non ho quasi nulla.

Il Marchese             (esclamando) Quasi nulla!

Lebonnard    Un ricco di provincia è un povero a Parigi. Io ho due fi­gli. Roberto ha tutti gusti di un principe la sua maniera di vivere avrebbe forse potuto spaventarvi... È un ragazzo vi­ziato, poco adatto ad ammogliarsi! Infine io sono fortunato...

Il Marchese Non aggiungete nulla, di grazia Roberto è in tutto e per tutto un gentiluomo di razza. Voi parlate come se ci cono­scessimo da ieri... Io che, da molto tempo...

Lebonnard    Sì,voi non siete superbo.

Il Marchese (continuando) ...vengo qui tutt'i giorni... Sono di fa­miglia!... Io ho sempre destinato vostro figlio a mia figlia.

Lebonnard    Davvero?

Il Marchese (da sé) Ho le mie ragioni. (forte) Mia figlia anche più di me tiene alle tradizioni del suo nome, ma. in verità, il vostro è di quelli che vengono proferiti con rispetto.

Lebonnard    Siete troppo buono.

Il Marchese Voi siete una brava persona e vostro figlio un perfetto gentiluomo.                                                

(entra  Roberto)

SCENA OTTAVA

Roberto e Detti

Il Marchese Ah! eccolo!... Buon giorno!... Proprio seducente, colto benché avvocato, e pieno di cuore.

Lebonnard    Spero bene.

Il Marchese È valoroso e buono!... (sorridendo) Buono? scusate, sie­te stato sempre un po' debole, un po' non quanto suo padre, fortunatamente! Voi, mio caro, troppo buono!... Eh! che dia­volo! la vita è un'aspra lotta! Senza dubbio si segue col cuo­re chi soccombe e rimane ferito, ma tanto peggio per chi cade! Bisogna tirar via e camminar magari un po' sopra! « Largo ai forti », dice Darwin.

Il Marchese Toh! vi credevo un libero pensatore arrabbiato!

Lebonnard    Libero sognatore! Ma la vostra tesi è orribile. E sapendovi devoto, ho fatto appello al vostro Dio. Io, se il mio vicino cade, ebbene... cerco di aiutarlo un poco! Io non distinguo la Pasqua dalla vigilia, no, ma ammiro ed amo il Vangelo nel quale soffre un povero Dio, paziente sotto l'ingiuria. È la forza del cuore, caro amico. I mansueti vinceranno.

Il Marchese E bravo l'abate!... Ma...

SCENA NONA

Bianca, Giovannina, M.me Lebonnard in fondo e Detti

Roberto         (muovendo incontro a Bianca) Uno predica e l'altro mot­teggia. Addio passeggiata! Staranno a combattere un'ora!

Il Marchese (a Lebonnard continuando la conversazione) La mecca­nica è in progresso, ma il cuore, no!

Lebonnard    Sì, il cuore cambia, e segue il progresso passo passo!... Ci­viltà, arte, scienza, industria, tutto questo progresso visibile dove va a finire, vi prego? Al crocevia a cui metton capo tutte le vie: all'allargamento dei sentimenti umani!

Il Marchese (attento) Dove diamine andate a pescare queste cose? In qual libro?

Lebonnard    (prendendo la mano della figlia che gli si è accostata) Ma le legge mia figlia. Io la vedo vivere.

Roberto         (avanzandosi) Io sono dell'opinione del signor marchese!... Ci sono due razze: i vincitori e i vinti, i conquistati e i con­quistatori, il debole e il forte ed è debolezza mostrarsi te­nero con chi si offende e ci ferisce: sii forte, se vuoi esistere!

Bianca.          Sì, è bello esser forte.

Lebonnard    (a Bianca con galanteria) Per compiacervi, dirò che ho torto.

Il Marchese Voi siete fatto col legno di cui si fanno gli apostoli. Ma vogliamo andare? (allegramente con un gesto di familia­rità) Vediamo, caspita, siate dei nostri; a cavallo!

Roberto         (ridendo) Vorrei vedere papà a cavallo; sarebbe molto curioso!

Lebonnard    (che ha sentito) In verità!

Giovannina   (sottovoce a Roberto) Ah! Roberto, non sta bene!

Lebonnard    Alla tua età, figlio mio, povero senza speranza di fortuna feci a piedi il giro della Francia, acciocché più tardi tu avessi dei bei cavalli, dello spirito e delle belle qualità, a spese di un vecchio!

M.me Lebonnard Tusorridi tante volte a scherzi più gravi!

Lebonnard    Già!... ma bisogna che ogni cosa una buona volta finisca! E prima di tutto, non m'indispone la sua celia; ma ch'egli eri­ga a diritto la sua ragione di più forte! Se motteggia su que­sto diritto, io lo avverto, per quanto forte e spiritoso, di cam­biare linguaggio.

Bianca           (sottovoce a Roberto) Chiedigli scusa. Roberto; ha proprio ragione.

Roberto         Papà...

Lebonnard    (interrompendo) Oh! ti ho recato dispiacere, figlio mio? perdonami!... Vedi, quando sono severo, è per amor tuo... Un padre è esigente! Si vorrebbe vedere il proprio figlio sempre bello, sempre buono, ed io ti amo molto, caro mio!

Roberto         Perdonami, caro papà!...

Lebonnard    (a Bianca) È opera vostra, signorina! Quando si è bella e buona si è sempre anche più bella. Che egli sia degno di voi, e sarete felici!... Su, su, uscite, vivete, miei fidanzati, e correte a cavallo senza rompervi la testa. È bello questo cavallo?

Bianca           Una bestia magnifica!

Lebonnard    Bene! vi seguo. Voglio vederti, Roberto, sul tuo cavallo fare ottimamente ciò che io farei troppo male. (a sua moglie) Io guardo Giovannina.

Roberto         (che confabula con le ragazze) Andiamo.

M.me Lebonnard (a Roberto) Ancora un momento. (al Marchese sot­tovoce) Può essere imprudente che Lebonnard ignori il mio progetto...

Il Marchese Parlategli.

M.me Lebonnard (al marito) Senti, io ho trovato per Giovannina il partito che ho a lungo sognato: un uomo appena maturo, ma sano e perfetto!

Lebonnard    (inquieto) Chi è?

Il Marchese Martignac.

M.me Lebonnard Èconte.

Lebonnard    (con atto di comica oppressione) Ancora un nobile! (forte) Ah! diavolo! converrà agire! Sia. verrò; ma forse ella ama!...

M.me Lebonnard (tendendo l'orecchio) Eh!

Lebonnard    (timidamente) Il dottor André.

M.me Lebonnard Il dottore, dici?

Lebonnard    Che cosa ti stupisce? È un dotto, un vero dotto; ha una buona clientela; è abile, è molto onesto, e mi è parso di ve­dere che fa volentieri assai più del suo dovere.

M.me Lebonnard Ah?... Ebbene, lo aspetto, che ritorni!

Lebonnard    (fra sé) Non voglio mettere troppo presto in conflitto la mia idea con la sua. (forte) Bisognerà vedere, cara mia, e soprat­tutto pensare ch'egli, quando mia figlia era in pericolo, fu di un'abnegazione...

M.me Lebonnard Mio Dio! la sua professione lo esige: del resto lo si compenserà.

Lebonnard    Tuhai l'anima grande.

Il Marchese (aLebonnard) Martignac è un nome illustre e portato con decoro; se vi piacesse, per me ne sarei felicissimo.

SCENA DECIMA

Un Servitore e Detti

Un servitore            (annunziando) Il dottor André.

(il servitore esce)

M.me Lebonnard (minacciosa) Ah!...

Roberto         (alla sorella, a sinistra) La felicità della vita è amare!... E non te ne viene voglia? Ama, dunque, ti prego! ama, è una cosa dolcissima! Guardami: sono la felicità in persona, sono amante amato: È questa la vita e la gioia!

Bianca           Sciocco!

Roberto        ...Ebbene, questo dottore?

Lebonnard    Eccolo.

Roberto         Vediamolo! e ci lasci in pace!... Se ce ne andassimo?

Giovannina   (in collera) Roberto!

Roberto         (a Giovannina) Toh, toh!, tu arrossisci?... io starò con gli occhi aperti.

SCENA NONA

André e Detti

André             (entrando e ridendo, a Lebonnard che gli è andato incon­tro) Marta mi consultava... (accorgendosi che non sono soli e salutando) Oh! pardon!

Roberto        (spiritosamente, a Giovannina, sottovoce) Non un gesto: sei osservata!

Giovannina   (a Roberto, sottovoce) Taci!

André             Uscivate?

Lebonnard    Ioresto.

M.me Lebonnard  (al marito) Il dottore non viene per voi.

Roberto         (a Giocannina)  Oh! questo è chiaro.

M.me Lebonnard Ma noi conduciamo Giovannina in carrozza all'aria libera; voi avete ordinato delle lunghe passeggiate, e noi vi lasceremo agli altri vostri ammalati.

Lebonnard    Oh! niente affatto! io voglio parlarvi un momento.

M.me Lebonnard (sottovoce al Marchese) Lo liquido io garbatamente e alla svelta.

Il Marchese             (sottovoce alla signora) Con qual pretesto e che cosa ha fatto?

M.me Lebonnard Oh niente ancora, lo prevengo!

(Va a parlare al dottore che chiacchiera con Lebonnard e l'ascolta guardando Giovannina. Lebonnard, in mezzo, sorveglia la moglie con in­quietudine. Giovannina, Roberto, Bianca stanno a sinistra; André e la signora Lebonnard a destra. Il Marchese vicino a Lebonnard)

Bianca           (a Giovannina, sottovoce) Egli con lo sguardo dice che ti adora!

M.me Lebonnard (al dottore) Una parola. Ella non è più malata, è vero?

André             No! io vengo come amico.

Lebonnard    (da sé) Che cosa dice, laggiù?

M.me Lebonnard (al dottor André che ha tirato in disparte) Ebbene, dottore, lo dirò con gran rammarico... la mia riconoscenza credete, è profonda... noi avremmo tutti molto piacere di ve­dervi... ma il mondo è cattivo, ed io ho il dovere di vegliare attentamente sull'onore della famiglia... Voi venite da buon vicino... da una signorina, che sarà fidanzata al massimo fra tre giorni.

André             (turbato) Fra tre giorni!

M.me Lebonnard Così abbiamo progettato e deciso.

André             Possosapere, signora, se anche la signorina è contenta...

M.me Lebonnard (pretenziosamente) La nostra sola volontà guida quella giovane anima... (profittando di un movimento di Gio­vannina che volge gli occhi sotto lo sguardo di André) Vedete quello sguardo che si ritrae...

André             (con sorpresa dolorosa) Ah! Bene.

M.me Lebonnard Allora, non aggiungerò nulla! (gli volge le spalle)

André             (salutandola)Grazie!

Il Marchese (a Lebonnard. mostrandogli il crocchio dei giovani) Guardateli... Ecco chi ci caccia: la loro felicità ci ammazza!

Lebonnard    Sì. ma è una morte dolce.   (al dottore)  Ebbene, dottore, vedere questi ragazzi ridere fra loro, non vi dice nulla? Voi restate buio? Quando vi ammogliate? Alla vostra età. bisogna pensarci!

M.me Lebonnard Che cosa gli va dicendo?

Lebonnard    Di pensare al matrimonio.

André             (a voce alta, in modo che tutti lo sentano) Al matrimonio?... No! io non ci penso affatto; e non ci pensavo neppure quan­do amavo; sono un lavoratore, un po' tetro, quasi austero, e vivo da solo, per inclinazione.

M.me Lebonnard  (da sé) Ci dev'essere un mistero!

André             Ah! certo, qualche volta ho guardato con invidia coloro, che, con l'amore nel cuore e la felicità negli occhi, come quei due giovani, orgogliosi della propria giovinezza, si amano, affinché la speranza eternamente rinasca! Ho provato qual­che volta la nostalgia infinita di un focolare numeroso, dolce e tiepido come un nido. (rivolgendosi alla signora Lebonnard) ma il mio destino non è questo, signora... Io vivrò, vecchio studioso, per i libri, senza moglie! Fra i bei versi che ho letto, ho notato questo così semplice: « Sono stato ferito. non amo più ». Voi uscivate... Io sono atteso... Vi lascio da me.

(saluta ed esce)

SCENA DODICESIMA

Detti, meno André

Lebonnard    (che ha intuito, con veemenza) Perché cacciare quell'uomo? Giovannina lo ama!

Giovannina (con energia) No, no, papà!     

M.me Lebonnard ... Ebbene, io ho, forse un po' troppo tardi, detto il fatto suo al gran professionista. Sono stata un'imprudente, dopo aver visto quel ceffo, ad introdurre in casa quel signore, giac­ché scommetto che non ha più mezzi di quello che non abbia acquistato riputazione, e che sarebbe un genero indegno... del marchese!

Lebonnard    (al Marchese) Scagionatevi, signore.

Il Marchese Anch'io sono sorpreso! Lo conosco poco... ma se vera­mente è amato...

Bianca           (cingendo con le braccia Giovannina, la quale è seduta e nasconde il volto) Non la torturate!... Se anche amasse code-sto dottor André, e questo è il suo segreto, che male ci sa­rebbe, se è un uomo onesto? Io sposo un Lebonnard, ed egli si chiama André. Qualunque nome senza macchia è nobile, e si può andarne fieri. Ieri si parlava di lui in casa Reynold; se ne diceva bene e se ne lodava il coraggio.

Giovannina   (gettandosi al collo di Bianca e sciogliendosi in lacrime) Ah! sorella mia!

M.me Lebonnard (da sé) Lo ama!

Giovannina   (a Bianca sottovoce) Egli ha sentito l'oltraggio.

Roberto        (a Giovannina, con affetto) Il tuo dottore mi piace... è ab­bastanza elegante! (a suo padre) Lasci venir Giovannina?

Lebonnard    Sì.  (a Giovannina) Va'!

M.me Lebonnard (al Marchese che esce con lei) È qualche intrigante.

Roberto         (a Giovannina che va presso il padre) Vieni dunque, Giovannina!  (egli esce con Bianca, Giovannina va presso il pa­dre e gli getta le braccia al collo)

SCENA TREDICESIMA

Lebonnard e Giovannina

Giovannina   (col capo nascosto sulla spalla di Lebonnard) Ah! papà! come sono confusa!

Lebonnard    (tenendola abbracciata) Si ritorna sempre alla felicità che si ricusa! Va', figlia mia, tutti e due sapremo allettarlo!

Giovannina   Ma voi mi perdonate, papà mio, quest'amore!

Lebonnard    (meravigliato sulle prime) Perdonarti?... Ah! sì, comprendo, cara mia!... Come sai cullare la mia vecchiezza! Le tue pic­cole braccia di bimba intorno al mio collo mi sembrano qua­si materne, nel momento di dolore!

(ella si allontana sorridendo)

SCENA QUATTORDICESIMA

Lebonnard solo

Lebonnard    (ritornando ai suoi strumenti, con la lente all'occhio, seduto davanti al suo tavolino) Socrate ha sofferto nell'anima sua più di Gesù: Gesù aveva la madre e Socrate la moglie!

SCENA QUINDICESIMA

Lebonnard e Marta

Marta            (entrando) Signore!

Lebonnard    (voltandosi) Toh! toh! perché tanta eleganza? Accidenti! Che festa è oggi che, senz'essere domenica, né giorno di nozze, Marta si è messa una cuffia così bianca!

Marta            (con una certa stizza) Prima di tutto, signore, la mia cuffia è sempre bianca.

Lebonnard    Su, non andiamo in collera, Marta! stiamo allegri! Vedi, io spero che Giovannina si mariti... Ma che hai? perché hai quella faccia afflitta? Piangi!... che c'è?

Marta            Non è senza una ragione, signore! Pensate un poco! La­scio la casa.

Lebonnard    Sei stata licenziata?

Marta            No! io non aspetto il conto. Me ne vado, per non avere l'affronto d'esser mandata via. Non ne posso più! Me ne sono state fatte troppe. E me ne vado. Vengo a salutarvi.

Lebonnard    Non trovo che sia ben fatto, Marta! Io che ti ho visto, devota e fedele ai ragazzi, curar Giovannina e vegliare accanto a lei per lunghe notti, quando la madre... Andiamo, non è detta l'ultima parola!

Marta            Signore, gli addii più lunghi sono i peggiori. Lasciatemi andar via, o non potrò più!

Lebonnard    Vediamo, cara Marta!

Marta            Ah! tacete, per carità, voi mi schiantate il cuore. Quan­do la signora mi tratta con tanta severità, ad ogni proposito, per niente, senza giustizia sapendo quello che sono stata per Roberto, la nutrice, la madre, la schiava, e che, a non più vederlo, morirò certo di dolore; io sento quello che perdo si­gnore, vedendovi così buono e vedo che ho misconosciuto trop-po a lungo un padrone come voi.

Lebonnard    Non parliamo di questo.

Marta            Ma sì... La vecchia parte per il suo paese... Bisogna ben morire in qualche posto... Ebbene in quest'istante un rimorso mi tormenta, signore: io sono stata per voi una serva indegna!

Lebonnard    Se si tratta solo di questo!

Marta            Ah! Signore, se sapeste tutto!... se potessi parlare!...

Lebonnard    Va', taci fino all'ultimo, e non te ne andare!

Marta            Come?

Lebonnard    Sì, rimani, soffri, espia, ti dico; e rimani anche se sei li­cenziata. Chi sa? la tua sola partenza, il tuo rammarico, i tuoi stessi rimorsi potrebbero tradirci fuori.

Marta            (con stupore) Voi sapevate?...

Lebonnard    Ciò che è!... Come tu fosti complice: tutto!... E quando appresi il segreto, sì, io ho lasciato rispettare la madre più che me!... Roberto non è colpevole.

Marta            È ingrato.

Lebonnard    Perché egli non sa niente.

Marta            Dio buono! Voi siete un santo!

Lebonnard    No; io sono un buon vecchio... che vaneggia forse!... Ma non bisogna andar via, Marta. Tutto lo vieta! Sì, io l'amo... e so che non è figlio mio!

Fine atto primo


ATTO SECONDO

La medesima scena.

SCENA PRIMA

Lebonnard, a sinistra, intento ad accomodare la pendola del ca­minetto;

Giovannina, che ricama a sinistra, presso un tavo­lino;

Roberto, dirimpetto a lei, con un libro in mano.

Roberto         Ma che cosa ha dunque mamma che vuole un futuro genero come Martignac, quel giovane piuttosto maturo? In quanto al dottore, — bisogna vedere com'essa si oppone, — l'ho vi­sto parecchie volte, da lontano, molto triste e malinconico! D'altronde... un medico!... Quasi un funerale!

Giovannina   (con tono di rimprovero) Vediamo!

Roberto         È un bel giovane... non troppo allegro, ma simpatico!

Giovannina   Maligno! io ti ho dato il resto dei miei risparmi, e non va bene neppure: ecco i miei poveri senz'aiuto! E tu mi dici... delle cortesie, per interesse, briccone!

Roberto         Ebbene! no, non è per interesse. Maligno, passi; ma bric­cone no; io ti debbo una bella somma, è vero: tuttavia sono un uomo onesto, e non lusingo mia sorella per un po' di da­naro!... Parola!

Giovannina  Io ho voluto scherzare.

Roberto        Èun'offesa! Ma ciò non toglie che il tuo André mi piaccia...

Giovannina   Basta che piaccia a me.

Roberto         Ne parli liberamente, signorina! — Tuttavia è necessario che un cognato piaccia all'altro... — Ebbene! io sono contento.

Giovannina   Ed io adoro Bianca.

Roberto         Oh! questo è naturale! Sfido io. un angelo!... come te!

Giovannina   (dandogli il suo borsellino) Maligno. Ecco il resto.

Roberto         (sollevando la borsa) Solo questo! (l'intasca)

Lebonnard    (alla pendola) È la tua giornata. (la monta) Movimento ginevrino: movimento eccellente. (La pendola suona) Come amo questa voce! è quella della mia giovinezza!

Giovannina   (a Roberto, che le parla sottovoce, ridendo) Zitto!

Roberto         Via, è ridicolo! Come vuoi? quando fa le cerimonie alla sua pendola, m'indispone!

Giovannina   Vattene.

Roberto         In tutta la casa, pendole da rivendere, orologi in abbon­danza, regolatori, sveglie, tutto l'antico fondo di bottega!

Giovannina   Risparmia, almeno con lui. la tua vena derisoria.  Ridi con me della fissazione innocente di un buon vecchio.

Roberto         Tusei migliore di me!

Giovannina   No!

Roberto         Sì, tu vali più di me.

Lebonnard    (sempre intorno alla sua pendola) Un po' d'olio alle molle.

Giovannina   (al fratello) Giacché sei diventato giudizioso vallo ad ab­bracciare!

Roberto         Perché? No! Che fanciullaggine!

Giovannina   Ènervoso.

Roberto         Tu sai che le fissazioni, i tic fanno male ai ner­vi. Io mi secco; poi mi scappa qualche parola pungente. Egli s'arrabbia, io rispondo.

Giovannina   Ècosì debole; è proprio una vigliaccheria. Col padre non si deve aver tanto orgoglio. Va' ad abbracciarlo.

Roberto         E se mi fa cattiva accoglienza?

Giovannina   Lui? Sai bene ch'è impossibile!

Lebonnard    (ritornando) A meraviglia! Una pendola simile non si fa più! È dei bei tempi scorsi!

Roberto         (andando verso di lui) Papà, abbracciatemi!

Lebonnard    Come?

Roberto         Volete abbracciarmi?

Lebonnard    Figlio mio! certamente! Ero sorpreso, vedi. Ci ho perduto l'abitudine. Forse qualche volta ti parlo un po' seccamente... Ma tu!

Roberto         Non ci pensate più, papà mio!

Lebonnard    Con tutto il cuore! So bene che lo spirito è facilmente bef­fardo, che io sono una bestia, e che presto il fianco al ridi­colo! Non fa nulla!... È lo stesso, posso ben dirlo; io però rimpiango il tempo, quando tu, fanciullo, mi amavi!... (movimento di Roberto) Tu mi amavi in ben altra maniera!

(Giovannina si avvicina. Lebonnard si trova in mezzo ai due figli) Tua madre, trascinata di divertimento in divertimento, mi affidava suo figlio, e, Giovannina essendo la maggiore, noi due, caro piccino, ti divertivamo molto!... Poi io vi sospen­devo tutti e due al mio collo! (I due figli si sospendono al suo collo) Sì, sì, ma è un po' diverso: tu ragioni! Gli spiriti forti sono belli, figlio mio... ma le anime buone sono migliori.

(Roberto, a questa parola di rimprovero, vuole sciogliersi da suo padre. Giovannina lo tiene fermo appoggiando la propria mano sul capo del fratello)

La più gran forza è ancora la dolcezza... Ed io ti sento piegato dalla mano di tua sorella!

                        (Distacca da sé i due figli) Sì, hai dato una gioia al mio cuore, caro mio giovanotto! Corri dunque ai tuoi piaceri... (aprendo un cassetto) Ho qui una certa somma che Giovannina mi chiede... È un debito di giuoco?

Giovannina   (con aria confusa. abbassando il capo)   Sì!

Lebonnard    Va bene; ma alla fine pensa a lavorare un pochino! Per­ché vuoi restare un avvocato senza cause? Sei disposto ad ammogliarti?... allora bisogna che pensi ad altro che a far debiti... Scrivi... Difendi gl'infelici! I più degni di compas­sione sono muti. Parla per loro... Ah! s'io fossi al tuo posto!... Andiamo, sì, va' pure! Tuo malgrado la tua mordacità e lì che si prepara! Vattene!

Roberto         Papà mio buono!... E grazie, Giovannina!  (esce)

SCENA  SECONDA

Lebonnard e Giovannina

Giovannina   Vedete ch'è buono.

Lebonnard    Tanto meglio se ha cuore!

Giovannina   È un po' leggero; è l'età.

Lebonnard    Oh! la vecchietta!

Giovannina   Voi burlate!

Lebonnard    Va', giudica, biasima, consiglia, io sorrido: la tua aria di mammina è deliziosa! In quanto a Roberto, se mi ama e se ti ama veramente, lo saprò presto... forse oggi stesso.

Giovannina   Come?

Lebonnard    Lo soio. — E s'egli è buono, se t'ama, se ha cuore...

Giovannina   Ebbene?

Lebonnard    Ebbene, io ne converrò.

Giovannina   Davvero!... è una fortuna!... (con civetteria) Padre sna­turato!

Lebonnard    I tuoi figli saranno il progresso della mia anima! Dio mio, sì... tu sarai fra breve una donna, una madre, e il figlio tuo sarà buono e bello. La sua piccola anima in fiore crescerà sulla mia tomba; quel fiero giovanotto avrà le tue virtù e la tua grazia; io sono un pover'uomo, e sarà questa la mia razza!

Giovannina   (malinconicamente) Ma prima di tutto, sapete se io mi sposerò?                                                  

Lebonnard    Tu! (sospirando)

Giovannina   Che avete dunque?

Lebonnard    Ho... Che aspetto il tuo André!

Giovannina   Lui!... Quando? Come? Perché? ah! io, temo e spero! Ritorna da se stesso o siete voi, papà? Sì, siete voi!.. Ma, dopo la bomba dell'altro giorno, senza osarlo sperare aspettavo il suo ritorno... Ignoro ciò che la mamma ha potuto dirgli. Che mi amasse, ne sono sicura, e non so ancora nulla! Io ho paura soprattutto che, s'egli ha creduto ch'io l'amassi, sia adesso più infelice che mai.

Lebonnard    Sta bene. La tua scelta è buona, figliuola mia, molto buo­na, ed io l'avevo subito indovinata. Adesso ho le informazioni, e sono ottime! I suoi maestri lo stimavano molto. Del resto, è povero, timido, onesto e fiero. Ho pesato tutto, immagina! la sua età e il suo merito... Egli ha degli attestati d'onore per i suoi lavori e per il suo coraggio...

Giovannina   Sapevo bene!

Lebonnard    Tupuoi amarlo, e molto! È bene ed è giusto che lo si ami. So ciò che dico: egli è l'onestà in persona... È un cuore un po' solitario come il mio, che bisogna salvare! E tu sei ca­pace di farlo! Ma egli che cosa ti ha detto?

Giovannina   (con malizia) Quando si ama, s'indovina.

Lebonnard    (scuotendo la testa) La malizia del diavolo qualche volta è anch'essa indovina.

Giovannina   (continuando) Ho letto nel suo cuore, senza ch'egli me lo aprisse; ed ho indovinato ch'egli ha sempre sofferto! Avevo ben visto che mi ama e non osa dirmelo: è come me...

Lebonnard    Davvero! Ebbene ho scritto a quel bravo giovane che venga. Starà per venire. In causa di tua madre, bisogna finirla su­bito. Io intendo fidanzarvi e darvi l'uno all'altra. Tuttavia sono un po' geloso!... Che supplizio è quello di noi altri padri, quando dobbiamo dar via i nostri figli!... Io voglio che Marta, appena suonerò, ti chiami subito; avvisala: (sorridendo) potrei aver bisogno del tuo soccorso... Lasciami. È l'ora.

SCENA TERZA

Marta e Detti

Marta            C'è il dottore, che aspetta.

Lebonnard    Fallo entrare.

Marta            Aspetterà un poco... Signore, avete dunque avuto la mia stessa idea. Allora io ho visto bene?... E voi vi siete decisa, signorina? Ebbene avete avuto buon gusto. Il primo giorno che venne, vi piacque subito di primo colpo, ed io l'ho capito... Certe volte l'amicizia viene presto! Tanto vero che a me stes­sa è piaciuto alla prima per voi! Ve lo dico per incoraggiarvi, giacché la signora, certamente, vi farà arrabbiare: ella non lo vede di buon occhio!

Lebonnard    Ah! tu sai qualche cosa?

Marta            Qualche volta parla con Roberto... qualche volta ragiona da sola...

Lebonnard    E Roberto che dice?

Marta            (a Lebonnard) Oh! quel caro ragazzovi ama... e rispon­de molto bene. (a Giovannina) Vi difende sempre. Infine, ecco: io dico quello che bisogna dire. Anch'egli si ammoglia: ho dunque finito di ridere, signore, e resteremo ben soli...

(Lebonnard le stringe la mano in silenzio. Marta si allontana)

Lebonnard    (alla figlia che si allontana anch'essa) Non mi dimenti­cherai troppo presto?

Giovannina   (ritornando verso di lui per abbracciarlo) Oh! caro papà! (esce)

SCENA QUARTA

Lebonnard e André

André             (entrando) Mi avete chiamato; vengo all'ora fissata. Nien­te d'increscioso richiede la mia visita, spero?

Lebonnard    Nossignore... mia figlia sta molto bene. Tuttavia si tratta di lei... (Movimento di André) Non temete nulla! (Dopo un mo­mento di esitazione, bruscamente) Voi l'amate.

André             (alzandosi) Io, signore!

Lebonnard    Sì, voi! Anche lei vi ama.

André             Lei!

Lebonnard    Lei, sì! Dio mio. l'ho sentito dalla sua bocca!

André             Oh!

Lebonnard    Mia moglie, non sapendo nulla, avrà potuto sbagliarsi sul proprio dovere, l'altro giorno. Di quello che vi ha detto, non so niente, benché io lo supponga. Lasciamo stare il passato, e andiamo avanti!... Voi amate mia figlia, e ne siete amato... e non mi sbaglio! Ebbene, io che vi so un uomo degno di lei, vi dico: amatela, fedelmente, figlio mio; è la mia sola e mi­gliore ricchezza: prendetela, ve la dono: è vostra.

André             (abbastanza freddamente) Sono sorpreso.

Lebonnard    (unpo' sconcertato) La sorpresa, va bene... ma io aspet­tavo la gioia... Ho forse sbagliato strada? In verità, voi acco­gliete le mie parole con un'aria... No, capperi, voi l'amate!...

André             (con fermezza) Sì, il vostro cuore vede giusto, ma io ave­vo giurato di soffrire in silenzio.

Lebonnard    E perché? Quel cuore si slancia verso il vostro. Perché dun­que esitare? vi sarà così dolce!

André             Io non posso entrare in lotta...

Lebonnard    Con mia moglie? Su dunque!... Vi credevo di maggior for­za d'animo!

André             Ella ha già scelto un altro fidanzato per vostra figlia... Ed io!

Lebonnard    Martignac?... Voi siete amato!... Così...

André             Ma...

Lebonnard    (con calore) Ma perdio! non è così che si ama! Quello ch'io dico per voi, ditelo dunque voi stesso!... Quando si ama che importano i parenti! i loro motivi, ed i più grandi ostacoli! E voi mi opponete le mie ragioni di famiglia. È assurdo! Qui io  solo amo mia figlia!... Sì, io solo! e voglio assicurata la sua felicità! E a malgrado di mia moglie e di mio figlio... vostro malgrado!... io l'avrò e  la farò!...  Guardate, io, se ragiono, temo d'aver paura!  non prendo più consiglio da nessuno e vado diritto, sull'ostacolo, senza vedere, senza riflettere...  Ecco l'amore, e il dovere.

André             Ah! non è il mio cuore che vi fa resistenza!

Lebonnard    Alla fine!... Via...

André             Ma io debbo confidarvi un triste segreto che metterà fra di noi un ostacolo decisivo, e, se ci soffrirete, è pur colpa vostra!

Lebonnard    Su!...

André             Ah! certamente, io amo!  e con tutta l'anima. Sì, quella dolce creatura, seria come una donna, ha preso, e per sempre il mio cuore!... sì, io ho sognato la felicità, sì, io ho fatto que­sto sogno irraggiungibile: e mi sono detto: Ecco l'amore e l'onore, la famiglia! l'amore e l'orgoglio nel dovere.

Lebonnard    Oh! la mia figliuola!

André             Quante volte, stringendole la mano, sono stato lì per dire: «stiamo insieme per sempre!», invece di dirle: « Arrivederci a domani! ». Ma subito pensavo: «Questa città è piccola, la Chiesa vi domina, il pregiudizio l'abita. » Ero amato?.. Che cosa ne sapevo?... e, ignorando, custodivo il mio segreto per conservarmi la speranza. Se il mio cuore si è tradito, non è colpa mia!

Lebonnard    Bene.

André             Sì, io so quanto sia elevato l'animo vostro! Ma quando saprete voi stesso...

Lebonnard    Sposàtela prima! — Ritorneremo dopo su tutto questo. Basta.  (tendendogli la mano) Voi avete agito da uomo onesto.

André             Ma... voi ignorate...

Lebonnard    Io? niente affatto! So che vi chiamano André, Pietro, Fran­cesco, — che avete avuto il premio Rollin. Ho lì tutti i vo­stri documenti nel cassetto. Medico, siete stato di una va­lentia... Pensate che quando si marita una figlia, uno si cir­conda di cento precauzioni... Si spera sempre in un ostacolo! Si esita. Si chiamano in soccorso tutte le informazioni, i giornali, mille cose... E tutto è li.         (accenna al suo scrigno)

André             No.

Lebonnard    Sì... Gli Annali delle cause celebri... il processo...

André             (impressionato) Ah!

Lebonnard    Vostro padre, anche se avesse avuto mille volte ragione, fece male senza dubbio a gridarlo così forte. Egli aveva una figlia, ed io dico che, per lei, doveva evitare quell'orribile lite, quei dettagli... Ma alla fine, voi non c'entrate per nulla.

André             Egli dice che non sono figlio suo.

Lebonnard    Sì? Ebbene, e poi? (suona il campanello)

André             La vergogna essendo troppo grande, io ho creduto di dover lasciare il suo cognome per uno de' nomi che porto. (pren­dendo un giornale) E poi non vi pare niente l'oltraggio trion­fante della loro falsa pietà sulle mie sventure di fanciullo? Guardate. L'avvocato versa prima una lacrima. La mia com­movente infanzia lo disarma per un momento... Un po' più in là riprende lo stile ingiurioso; ecco: (leggendo) «Povero sco­laro, che sarai ben presto grande, maledirai per tempo la vita! Sogna e trastullati... e ti desterai lordato da questo fan­go!» (getta il giornale sulla tavola) Infatti, lì c'è tutto, nel minimi particolari. Che cosa potevo dunque fare? mi restava il lavoro! e non ho conosciuto che esso. Niente amore. Il mio dovere. Nessuna amicizia: il lavoro senza posa. E nella mia sete d'oblio, forte della vergogna e della grande disperazione, mi è stato pungolo il dovere! Ma lì tutto è stampato!... Que­sta storia è scritta!... (rilegge con gli occhi) Fino al trave­stimento della colpevole in fuga!... Ah! io riscatterei col mio sangue queste linee! Ma non vede dunque che condanna l'in­nocente chi lo denunzia alla pubblica pietà? (getta di nuovo il giornale spiegazzato sulla tavola) Ecco la mia piaga e il mio unico pensiero, signor Lebonnard! Ed io non offrirò mai, — l'amore me lo vieta, — la dote della mia disgrazia a vostra figlia...

(Giovannina appare sulla soglia della porta, a destra)

SCENA QUINTA

Giovannina e Detti

Lebonnard    Figlia mia, tutto è pronto, il velo e la corona! (la prende per mano) Sei contenta?

Giovannina   (nascondendo il capo sul petto del padre) Oh! sì!

André             Mio Dio!

Lebonnard    (commosso) Io ve la dono.

André             Ionon so dirvi nulla in questo momento, neppure una pa­rola, nulla. Sono felice... troppo improvvisamente! Io ho sem­pre vissuto solo, sepolto nello studio; il mio cuore non è espansivo, per abitudine... Mi pare che scoppi!... Ah! signor Lebonnard. nessuno finora, uomo o donna che fosse, mi ha mai amato... Grazie! (afferra con effusione la mano di Lebonnard)

Lebonnard    Abbracciatela, figlio mio! è la vostra fidanzata!

André             (in ammirazione, in piedi davanti a Giovannina a cui non si avvicina) Mia fidanzata? fidanzata mia?... Ah! la notte è passata! ed io vedo nel mio cuore il raggio del mattino. Un incantatore trasforma il mio destino! Da ieri a oggi che dif­ferenza! Io cerco invano il posto dove sentivo dolore! Voi vedete un moribondo che si sveglia stupito di sentirsi per miracolo guarito di tutti i suoi mali.

Giovannina   Mi avevate rimproverato qualche cosa l'altro giorno? Non fu detto nulla a nome mio, suppongo!

André             Mi era stato detto, ed in verità ci credevo,  che un amore più felice era stato accettato! Ed io, che volevo vivere e mo­rir solitario, ho sofferto la gelosia, senza potervelo tacere come se da lunga pezza, solo abbassando gli occhi, voi a me aveste accordato dei diritti misteriosi!

Giovannina   Ed erano accordati, il mio cuore era vostro: io li avevo sentiti consacrarsi l'uno all'altro.

André             Il vostro troverà pertanto nel mio l'amara reminiscenza della mia antica sventura.

Giovannina   Qual ch'essa sia, ho compreso ch'eleva la vostra anima: e la donna deve aiutar l'uomo a soffrire.

Lebonnard    (congiungendo le loro mani) Confondete le vostre mani, poiché i vostri cuori si erano uniti! Ah! figli miei, siate felici e benedetti!

SCENA SESTA

M.me Lebonnard e Detti

M.me Lebonnard (entrando) È molto commovente... si fanno gli sponsali, senza di me!

Lebonnard    (ammiccando l'occhio) Ecco i grandi cavalli... per le grandi battaglie!

M.me Lebonnard No! io non ho mai visto simile modo di procedere! Che! Senza consenso né consiglio da parte mia, tu, a capric­cio tuo, disponi di nostra figlia in favore del signore, senza ch'egli, per educazione, me l'abbia domandata! Questo non può andare così caro mio! Adagino!... Ragioniamo un poco insieme tutti e quattro.

Lebonnard    Tusapevi, mi pare, i miei progetti! Io te li ho lasciati in­travedere chiaramente.

M.me Lebonnard E ti ho forse dato il mio consenso? No! ed il mio disegno su mia figlia è tutt'altro: io ho il mio futuro sposo, se tu hai il tuo!   

Lebonnard    Ioho quello della futura sposa! ed è il buono.

Giovannina   Signor André!...

André             Signor Lebonnard, permettetemi, con licenza della Signora, di non rimaner più a lungo. Un matrimonio si suggella di comune accordo, e vostra figlia — ne sono sicuro, — non vorrebbe che il nostro si effettuasse con tali contrasti. Io avevo le mie ragioni per non osar pretendere all'onore e alla felicità di essere un giorno vostro genero; ma siccome amo davvero e profondamente, accettavo, mio malgrado, questo seducente avvenire. (a M.me Lebonnard) Benché ieri l'avessi presentito, ignoravo il rigore della vostra antipatia: spero che il tempo riuscirà un giorno a vincerlo; intanto aspetterò. Ma il tempo non può nulla sull'amore.

Giovannina   (ad André) Grazie. (a sua madre) Noi aspetteremo.

Lebonnard    Voi avete la mia parola.                                

(André esce)

SCENA SETTIMA

Lebonnard, M.me Lebonnard, Giovannina

M.me Lebonnard  Ioti trovo insensato!

Lebonnard    Ioti trovo pazza.

M.me Lebonnard  Ma...

Lebonnard    Tumi ficchi i tuoi nobili dappertutto! Ma per Dio, questa volta non ti riuscirà! il tuo Martignac, barone, marchese o conte, non lo voglio affatto!

M.me Lebonnard Intanto il dottore ha avuto il fatto suo! E in quan­to a Martignac, vedremo! Un conte è qualcuno. Ma che cosa è un dottore? nulla!

Lebonnard    Un conte non è nulla! Nella mia povera testa, stimo più di un principe e di un re un uomo semplice e onesto, che la­vori, come me, con le sue braccia! L'uomo che crea o fa il bene, quello è il re! E tu mi circondi di nobiltà di provincia! Che cosa fanno, di grazia, i tuoi conti o se fanno qualche cosa, è forse col loro nome? no! È col loro ingegno; l'inge­gno anzi fa un nome, e più di tutti i tuoi duchi, compari della tavola, amerei un dottore che guarisse la rabbia!... Forse ti potrebbe addolcire l'umore.

M.me Lebonnard Essi non hanno mai salvato un vero moribondo!

Lebonnard    Si deve morire, è chiaro! Del resto, questa disputa è stu­pida. Mia figlia, a malgrado della tua fissazione, sposerà co­lui che ama. Egli, benché giovane, è uno scienziato. Tu sa­presti quello che vale, se leggessi un po' più spesso. (le dà un opuscolo) In grazia degli scienziati, il dolore dappertutto diminuisce! L'avvenire si approssima!... La mia fede sociale è conosciuta, in questa città, — ed io voglio farne un deputato uno di quei buoni, che parlano!

M.me Lebonnard (agitando con la mano un giornale che ha preso di mezzo ad altre carte) Di lui in verità, si parla!

Lebonnard    Con qual diritto?

M.me Lebonnard Un giornale tutti lo possono leggere. (con voce alta, a Giovannina, che pare assorta nel suo pensiero) Figlia mia!

Lebonnard    Tunon ha il diritto di dirle...

M.me Lebonnard Chi è il suo fidanzato? che il suo nome è mac­chiato? che un processo scandaloso?... Sì, glielo dirò!

Giovannina   Che cosa si dice lì contro André?

Lebonnard    Niente contro di lui, figlia mia!

M.me Lebonnard  Ma egli è di una famiglia anormale!

Lebonnard    Egli non è che disgraziato... fino alla disperazione!

Giovannina   Fino alla disperazione!... Io concepisco diversamente il mio dovere, mamma mia! Poco prima avevo detto: « aspet­terò »... Adesso lo sposo.     

M.me Lebonnard  Ed io...

Lebonnard    Giovannina è maggiorenne! ed io sono disposto a proteggerla.

M.me Lebonnard  Tusei un vecchio cretino!

Lebonnard    (con noncuranza) Tu puoi insultarmi quanto ti pare.

Giovannina   Scusate, mamma, io ho visto sempre pagar di dura ingra­titudine papà, ch'è paziente e martire della sua bontà. Lo vedo soffrire ogni giorno, ed essere anche insultato! Ebbene io non avrò la sua mite e debole bontà, e, poiché ci sono spinta, mi ribello finalmente. Io vi amo, e pertanto, da oggi, la giustizia dell'animo mio misurerà il mio affetto.

M.me Lebonnard  Vi farò pentire di aver intrapreso questa lotta.

Giovannina   (supplichevole) Oh! mamma!

(M.me Lebonnard esce)

SCENA OTTAVA

Lebonnard e Giovannina

Lebonnard    Come ti avvilisci! Io invece mi agguerrisco! (ad alta voce dal lato donde è uscita la moglie) Noi siamo maggiorenni! E si farà del chiasso! Un buon principio d'azione, ed il resto viene da sé: uno s'impone. Su, non piangere, sciocca!

Giovannina   Dio! che afflizione!

Lebonnard    Oh, per me. La lotta mi eccita! È vero, è tua madre... ed è mia moglie, capisci! Per la prima volta, mi son battuto bene!... Ed io divento cattivo con impeto, figlia mia! È il mio Ottantanove, e ho preso la mia Bastiglia! Domani, sarà il Novantatré! Ah! vedi, io sono stupido e comprendo gli ec­cessi! Sorridi dunque!...

Giovannina   (uscendo) Sorrido.

Lebonnard    (accompagnando la figlia) Ça ira, ça ira, sii un uomo. che diavolo!

SCENA NONA

Lebonnard solo

Lebonnard    Come sono deboli le donne, è incredibile! (canticchia fra i denti):

Les aristocrates à la lanterne,

Les aristocrates on le pendra!

Ah! Ça ira,. ça ira, ça ira.

Ah! ça ira, ça ira, ça ira.

Ho paura che le venga l'idea di mandarmi Roberto! Oh lo rice­verò come si conviene. L'ho troppo tollerato!

SCENA DECIMA

Lebonnard e Roberto

Roberto         Giovannina non è più qui?

Lebonnard     (senza voltarsi) Lui! (brontolando) No!... Lasciami tranquillo, tutto ciò che vorresti dirmi è inutile!

Roberto         Che cosa avete dunque?

Lebonnard    (voltandosi) Credevo che tu sapessi...

Roberto         Io, niente! Cercavo Gìovannina.

Lebonnard    (da sé) Andiamo, poco fa mi amava tanto. Non potrei tro­vare un'occasione migliore... (forte) Che cosa diresti se tu ora apprendessi che un tuo amico, perfetto gentiluomo, è figlio di un amore colpevole condannato dalle leggi e dalla morale?

Roberto         (attento) Oh! è grave!... pare che ciò abbia fatto scandalo?

Lebonnard    Loscandalo non è nulla. È un po' di rumore, uscito da una parola! (gli porge il giornale) Ecco quello che dopo tutto ti verrebbe detto quanto prima.

Roberto         (legge in silenzio con espressione di crescente tristezza e disgusto) Compiango mia sorella!  (getta via il giornale)

Lebonnard    Perché? Quest'uomo avrà mia figlia...

Roberto         (stupito, violentemente)i Voi mettereste quest'ambiguo ba­stardo nella mia famiglia! È una pazzia!...

Lebonnard    (con violenza) Ah!... (con dolcezza) Taci, povero figlio mio! Il mio cuore ha meditato la causa che difende! Ed io dico che quel padre avrebbe dovuto lasciare la moglie, senza get­tare sopra un bravo figlio quel dubbio infame. Io dico che questo bravo figlio vive con dignità, e che mai una sventura fu così poco meritata!

Roberto         Iogli levo mia sorella, e non la mia stima!

Lebonnard    Benone! ma l'innocente sarà la tua vittima! Tu non gli togli niente altro... che la sua felicità! Perché? Questa ti­mida stima... è indegna di te.

Roberto        Ioho trovato le leggi del mondo già fatte.

Lebonnard    Tutti così! Ah, cuori spietati che siete; e tutti rispondereb­bero tranquillamente così! Ma l'uomo ha la sua ganza!... e la donna un amante! Va', disgraziato! condanna a voce meno alta non solo il figlio nato dalla colpa, ma anche i colpevoli... Essi hanno sofferto, vedi: la felicità non è altro che uno sforzo di virtù!

Roberto         Iosto per la legge. Dura verso i figli illegittimi, per salva­guardar la famiglia, fa delle vittime. È quello che ci vuole, e nulla è più giusto.

Lebonnard    (guardandolo fisso) Ah! credi?

Roberto         Ioamo i pregiudizi che difendono le leggi.

Lebonnard    Iom'inchino alle leggi, ma protesto, quando vedo che col­piscono l'innocente fino nell'anima!.. Ricordati che le leggi non c'impediscono di accordare ai vinti la pietà dei vincitori!

Roberto         Ma!...

Lebonnard    Non accetto la sentenza che pronunzi. Cerca di darmi delle risposte più giuste, in avvenire... e segui allora i consigli di tua sorella: usa nel parlarmi un po' più di dolcezza. Tu ti lagni di vedermi in collera qualche volta. Ah! se ti sforzassi sempre di compiacermi; se io sentissi verso di me il tuo ri­spetto filiale, se tutto ciò che dico non ti sembrasse cattivo, se tu non mi lanciassi mai la parolina pungente, se tu mo­strassi qualche volta di scusare la mia vecchiezza, la mia goffaggine — e la mia ignoranza, dopo tutto — ti amerei di più — giacché ti amo assai!

Roberto         (commosso, tenendogli le mani)  Papà mio!

Lebonnard    (tirandoselo sulle ginocchia) Ah! Su, dimmi, che cosa mi rimproveri?... Dev'esser brutale? Sì, quando rispondo alle tue sfide. (a queste parole, Roberto si alza impazientito) Troppo debole?...

Roberto         (che ha ripreso il giornale che dianzi gettato via)  Sì, per Giovannina!...

Lebonnard    (colpito, con la mano sul cuore) Ah, basta! Va', figlio mio!

(Lebonnard esce. Roberto, mentre sta per uscire verso il fon­do della scena, s'imbatte in André che entra)

SCENA UNDICESIMA

Roberto, André

André             (entrando e tendendo la mano a Roberto che finge di non accorgersene) Buongiorno... Io vengo a dire a  vostro padre una parola di premura, e che v'interessa, mio caro Roberto... Ma... non vedete che vi stendo la mano?

Roberto         Iosarei venuto a dirvi domani una parola, che preferisco dirvi subito, e che, se mi esprimo chiaramente, renderà certo superflue le vostre conversazioni con mia madre, di modo che dopo non ci si ritornerà più sopra.

André             Allora sono io che vi prego, o che all'occorrenza v'intimo di parlare.

Roberto         Volentieri... Da uomo a uomo... Voi sognate di sposare mia sorella, con il consenso di mio padre... Solamente...

André             Solamente?

Roberto         Mia madre, il cui parere mi preme di più, non approva affatto questo matrimonio, signore. Noi non lo vogliamo: e voi non lo vorrete.

André             (calmo) Quando si alza tanto la voce, ve lo dico umilmente, si agisce a colpo sicuro contro ciò che si enuncia, ed è inutile rispondere pregando.

Roberto         Noi impediremo tutto, io impedirò tutto!

André             Come e a qual titolo?

Roberto         A qual titolo e... perché? Non l'avrei detto, ma, dal momento che mi s'interroga, sia... A titolo di capo della casa, titolo che spetta ad un figlio che conosce bene tutto il suo dovere, quando il padre è debole e senza autorità... Come e perché? Sappiate dunque, signore, che da mio padre ho appreso ogni cosa... Ciò vi basterà, spero. Risparmiate a tutti e due maggiori spiega­zioni. Senza dubbio sarete contento che sorvoliamo.

André             Voi, figlio mio, siete un po' troppo giovine per condannare così arditamente il cuore d'un uomo, e per giudicare questo: l'amore nel dolore... Due profonde parole che vi renderanno migliore... Intanto, voglio tener presente la vostra età: con­siderandone l'irriflessione, non si sente più l'offesa.

Roberto         Noi non abbiamo sottoscritto il vostro compromesso. Voi restituirete la sua parola a mio padre...

André             Ah! veramente? ma la domanda è stupida dal momento che mi offende e che io non posso più obbedirle... senza bassezza!...

Roberto         Non dite la parola bassezza!...

André             Perché?

Roberto         Perché, senza il nostro consenso, sapendo bene quello che un giorno avrebbe detto la famiglia, vi siete accaparrato la volontà di un vecchio debole e di una giovanetta, voi, dottore ch'eravate entrato in casa nostra per fare il vostro dovere! voi...

André             Silenzio, signore! io vi faccio sapere che tutto quello che viene da voi può addolorarmi, ma non irritarmi, e che dunque insultarmi più a lungo sarebbe una vigliaccheria, poiché, sen­tite bene? io non mi batterò mai con voi... Io non intendo battermi, in nessun caso, col fratello della donna che amo che mi ama e che sposerò!... Tuttavia mi conviene aggiungere che per voi stavo spontaneamente rimettendo in questione un caro impegno... Il cuore è molto più profondo dell'occhio che si spinge in esso... Adesso io custodisco la parola avuta!

Roberto         (con un movimento di minaccia) Ah!                              

André             Ragazzo!... che vorrebbe cambiare la mia volontà! Ho detto e ripeto che non mi batterò. Dunque gesti provocanti o parole offensive, qualunque attacco è per conseguenza ignobile, pen­sateci, e senza nessuna utilità come senza nessun rischio. Sic­ché, tutto sommato, il progetto si realizzerà, a meno che ra­gioni, indipendenti da voi, non cambino tre volontà così de­cise come oneste. Pesate tutto, fate tutto quello che vorrete; ma niente la spunterà... A rivederci, caro mio!           (esce)

Roberto         Per dio! la vedremo.

Fine atto secondo

ATTO TERZO

La medesima scena.

SCENA PRIMA

Lebonnard, Giovannina seduta e malinconica, poi Marta

Lebonnard    (passeggiando con agitazione) È strano, non abbiamo visto nessuno. Chissà che burrasca prepara questo silenzio!... Sono otto giorni che nessuno dice niente contro il tuo matrimo­nio... E possibile che non stiano macchinando qualche cosa?... è strano!...

(Giovannina scoppia in lagrime, si alza nascon­dendo il viso con le mani e va frettolosamente verso la porta dove incontra Marta che l'accoglie a braccia aperte e sulla quale ella si abbandona un momento)

Ebbene, figlia mia! eb­bene?... (prende il cappello e il bastone) È tempo di farla finita!

Giovannina   (svincolandosi dalle braccia di Marta che vuol trattenerla) No! lasciami! (esce)

SCENA SECONDA

Lebonnard, Marta

Marta            (a Lebonnard che sta per uscire) Calma, signore!

Lebonnard    Tubada al tuo servizio!

Marta            Ci sto badando. Ma è anche mio dovere, sapendo quello che so, di aprir gli occhi e stare attenta.

Lebonnard    Che cosa dici? mischiati di ciò che ti riguarda?

Marta            È quello che sto facendo. Io vi dico: state in guardia!

Lebonnard    Perché? io non ho più paura di niente!

Marta            E per questo appunto io temo per voi, adesso!

Lebonnard    Ah! veramente? e che cosa può succedere?

Marta            La collera è cattiva. Ho visto Roberto cupo e adirato.

Marta            Si sdegna parlando... di un processo... E siccome non sa ciò che so io, vedo purtroppo che ha preso partito contro se stesso! E qualche volta ho paura di voi, per lui...

Lebonnard    Ne sono ben contento. Che cosa dice?

Lebonnard    (gravemente) Iol'amo quanto te anche più di te, Marta. Pensaci bene: per cinque anni l'ho creduto mio e l'ho amato come mio fin troppo: questo non si può cancellare più!

Marta            Che Dio consideri!... e benedica!

Lebonnard    Ioti capisco. Va' dunque, e non temer nulla.

Marta            Ah! ora contate interamente sul mio cuore. (esce)

SCENA TERZA

Lebonnard, Il Marchese

Lebonnard    (al marchese che entra, Venivo da voi; venivo a parlarvi del dottore.

Il Marchese Da otto giorni vivo a cacca, come un selvaggio. Sono arrivato stamattina.

Lebonnard    (da sé) Non sa nulla; coraggio!

Il Marchese Roberto non vi ha fatto i miei saluti?

Lebonnard    Ma no, signore, io non ho saputo la vostra partenza.

Il Marchese Toh!... Ebbene, la voce del cuore è la migliore: essi si amano: sposateli dunque!

Lebonnard    (stupito) Alla buonora! Al diavolo, Martignac!... Vi ringra­zio di cuore;  vedete, io temevo il vostro parere!

Il Marchese Mia figlia ve l'ha detto essa stessa l'altro giorno, — dal momento che un nome è puro...

Lebonnard    Possiede la suprema nobiltà.

Il Marchese Per lo meno quella indispensabile. Ah! se si venisse a scoprire una macchia in quel nome, non so qual increscioso segreto...

Lebonnard    Avete visto poco fa mia moglie, prima della messa?

Il Marchese Aveva promesso a Bianca di venirla a cercare per andar tutte e due, questa mattina, alla predica di quel famoso padre che parla sul divorzio, un argomento alla moda, ma che mi annoia non poco!

Lebonnard    (risoluto, a voce alta) Ebbene!... (si accorge che il marchese, tutto intento a guardare dalla finestra, non lo ascolta. — Da sé) La cosa non è molto comoda; da che cosa incominciare?

Il Marchese (guardando dalla finestra) È la fine della predica: gli angeli stanno uscendo, pensando al diavolo! (rientrando) Ve­diamo, voi non avete amato che vostra moglie?

Lebonnard    Sì. È una di troppo.

(entrano Roberto e la signora Lebonnard)

SCENA SESTA

M.me Lebonnard e Detti

Il Marchese Ebbene, cara signora, e mia figlia?

M.me Lebonnard Ancora in chiesa, per un momento.

Il Marchese Ah bene!... in fede mia, la chiesa è senza dubbio la Borsa delle donne ed il luogo dove apprendono tutte le notizie.

M.me Lebonnard Che orrore!

Il Marchese Che cosa c'è di nuovo? Eravate voi le più belle? La si­gnora X o la signora Z ha quel cappello che le sta male? Qual è la pecora del gregge che vede il lupo? Sentiamo.

M.me Lebonnard Volete tacere?

Il Marchese Mio nonno si esilarava a citarmi Voltaire.

M.me Lebonnard Va bene, ma lo scherzo viene in cattivo punto.

Il Marchese Ah! ah! qual è la notizia del giorno? Vediamo un poco!

M.me Lebonnard Si tratta di uno scandalo orribile e spaventevole che decisamente renderà inaccettabile, Lebonnard, un progetto al quale tu tenevi molto, ma al quale io ebbi buon fiuto ad oppormi subito, (con sentimento) grazie al sublime e misterioso istinto materno!... Del resto, questo scandalo non ti stupirà troppo, giacché tu sapevi bene ch'era imminente.

Il Marchese Sentiamo.

M.me Lebonnard Ma ciò che vi farà meraviglia, è di vederlo stigmatiz­zare con tanta forma... Il nostro predicatore ha parlato del divorzio.

Lebonnard    Il divorzio è in molti casi un ottimo rimedio.

M.me Lebonnard Dici?

Lebonnard    Niente. Io penso e non parlo: aspetto.

M.me Lebonnard Bisogna vedere che sacra eloquenza! Specialmente quando l'oratore ha detto: «In conseguenza, fratelli miei!... » Ho perduto il resto del discorso, ma che gesto! che anima! lo si ascolterebbe sempre! Anche senza capirlo, si è conquistati e si ascolta. (indicando Roberto che entra) Mio figlio vi dirà questo meglio di me.

SCENA QUINTA

Roberto e Detti

Roberto         (avanzando) Senza dubbio, ha molto talento. E la conclu­sione è stata bella, semplice e vigorosa; è un ottimo oratore; già, è un domenicano. Ha delle mani bianchissime, fini, ari-stocratiche, e quando con le larghe maniche ha levato al cielo le braccia, profittando di un raggio che, entrando dalle vetrate, lo illuminava tutto quanto con una luce multicolore, per dire: « Io ho gridato dalla parte dell'aurora... ». c'è mancato poco che le donne applaudissero... Che eloquenza!

M.me Lebonnard  Si vede ch'è convinto di quello che dice.

Roberto  È vero!

M.me Lebonnard  Come resistere a quell'uomo? (a Lebonnard) Com­piango il tuo dottore.

Lebonnard  (impazientito) Perché?

Roberto Perché insomma tutto ciò che ha detto il predicatore è stato diretto contro di lui che è oggi il discorso e lo scandalo di tutta la città; i giornali di Parigi prendono ironicamente per argomento di cronaca il suo vero nome. Suo padre... putativo è un senatore, naturalmente vecchio. Saranno circa sedici anni che un processo odioso l'ha separato dalla giovane e procace signora. Il processo rivelò più di un dettaglio osceno, da porte chiuse... Sorvoliamo. I cantastorie ci hanno fatto sopra delle canzoni. Il senatore, benché legislatore, cercò con tutti i mezzi di rinnegare il figlio, ma is pater; — insomma è una cosa molto triste!... Ora tutto è rivenuto a galla, giacché il nostro uomo ha votato il divorzio, e subito ne ha profittato. È un grande scandalo!

Il Marchese Questo è tutto?

M.me Lebonnard La superiora del convento di San Luigi ha licenziato immediatamente il dottore.

Lebonnard Oh!

M.me Lebonnard  Era in diritto e in dovere di farlo... Le alunne già se lo mostravano a dito, quest'eroe della triste avventura.

Roberto         Per essere giusti, bisogna dire, a quanto si assicura, ch'essa aveva chiesto garbatamente al dottore le dimissioni.

M.me Lebonnard  Bene! Riconosco il tuo cuore, Roberto, ma il risultato, dopo tutto, è il medesimo. Egli è un uomo perduto

Roberto         (calcando) Perduto.

Lebonnard    Mia figlia lo ama. Colui che voi chiamate l'eroe di un ro­manzo, non ne è che la vittima, ed io lo compiango.

M.me Lebonnard  Come! Vittima quanto si vuole, ma egli è avvolto da un biasimo, di cui soffrirebbe mia figlia se diventasse sua mo­glie; e questo non può essere.

Lebonnard    Un biasimo, dici? Quale giustizia è dunque la tua?

M.me Lebonnard  Caro mio, è la giustizia del mondo, che tu non puoi mutare e che vale bene la tua. La giustizia del mondo stima nobili o vili i figli, secondo i meriti degli antenati.

Il Marchese Certamente, qualche cosa di vero c'è, che diavolo! Oggi anche la scienza, — e questo non si può negare — è d'accordo coi nostri... pregiudizi! L'eredità non è una parola.

Lebonnard    Voi pertanto derogate, dando vostra figlia...

SCENA SESTA

Bianca e Detti

Bianca           (ch'é entrata all'ultima parola del marchese) Papà, tu non cederai né discuterai, spero. (a Roberto) Io seguo i consigli del predicatore, e ho preso il mio partito! Dovesse la mia fe­licità essere distrutta, Roberto, io che voglio diventar fiera­mente tua moglie, metto nel mio rifiuto la medesima fermezza, se mi si vuole imporre un tal cognato. Ah! no! Un nome senza titoli, passi, ma non un nome con una macchia! Infine, la parola divorzio offende la mia coscienza! E io non cedo più, quando sono offesa: mai.

Roberto         (a Lebonnard) Udite, papà.

M.me Lebonnard (al figlio, guardando Lebonnard, che pare immerso in meditazioni) Sta' sicuro, che cederà. Egli è tutt'altro che un cuore duro.

Lebonnard    (da sé) S'egli sapesse!...

Il Marchese             (a Lebonnard) Che cosa avete?

Lebonnard    (balbettando per l'indignazione) Vorrei... poter parlare... È un'ipocrisia orribile, e non c'è nulla di peggio! La giustizia del mondo, ah sì! il convento di San Luigi (alla signora Lebon­nard) dove tu sei stata educata! Parliamone un poco!... Lo scandalo è infame: il peccato, no!... Ecco il principio, moglie mia! Cacciare il dottore?... Sarai stata tu a macchinar tutto questo!... lo indovino!... e ne sono indignato!... Sta' in guar­dia!... E intanto... l'onore della mia famiglia... (a Roberto e Bianca) A voi la vostra felicità. (esce in grande agitazione) Ah! figlia mia! figlia mia!

SCENA SETTIMA

Detti, meno Lebonnard

M.me Lebonnard  È vinto, siatene certo, lo conosco bene.

Bianca           Giovannina, al pari di me, non cederà mai. La sua ostina­zione è temibile per lei.

Roberto         Qualsiasi rigore la renderebbe ribelle; ma per perorar la mia causa con dolcezza, farò chiamar qui mia sorella... (an­dando alla porta di sinistra) Voi rimanete tutti di là, — af­finché al minimo vantaggio l'aiuto della vostra approvazione venga a sostenermi e l'impegni.

M.me Lebonnard (vedendo entrar Giovannina dalla porta di destra) Ella viene... Lasciamoli.                                           

(escono)

SCENA OTTAVA

Roberto, Giovannina

Roberto        (a Giovannina, che accomoda un canestro lavorato) Era­vate alla predica, questa mattina, tu e Marta?

Giovannina   No. Fortunatamente no. Ma so tutto. È questo che volevi, senza dubbio. Vediamo dunque, parla franco, senz'ambagi. Io ascolto.

Roberto         Ah! tu sai tutto? Ebbene? la tua decisione?

Giovannina   Si rinsalda. Io sposo André.

Roberto         Come?

Giovannina   Vediamo, dovrei abbandonarlo nella sventura, fratello mio?

Roberto         Ma tu non pensi alle conseguenze?

Giovannina   Al contrario; ci penso, e le voglio tutte! sì, tutte!

Roberto         Tudunque vuoi mettermi alla disperazione, Giovannina?

Giovannina   Scusa, non ti capisco più. Dimmi tutto il tuo pensiero. È forse Bianca?

Roberto         Sì, io perdo la mia fidanzata per causa del tuo matrimonio!

Giovannina   Oh! mio povero fratello! Che dici? Bianca farebbe que­sto?... Tu dunque dovresti soffrire! Ma allora...

Roberto         Ah! io avevo contato sulla nobiltà del tuo cuore!

Giovannina   (irrigidendosi) Ebbene! no, no! Sarebbe vigliaccheria! Io sono stanca di questi complimenti dell'astuto egoismo che spinge al sacrifizio! Io sento che perdo tutto per un punto che cedo, e la sola ostinazione può aiutarmi! Ah! Bianca ha detto questo! Bianca farebbe questo! In tal caso, sii contento, fratello mio, e piangila! Piangi, perché ti amava poco e non è generosa; sii contento, perché te ne accorgi a tempo... io ne sono felice!

Roberto         Sciocca!

Giovannina   Basta! Non accetto né offese né consigli; io sento destarsi la mia volontà e la mia collera... Rispetta in me, Roberto, la tua sorella maggiore.

Roberto         No! non sarai ostinata fino a questo punto! Tu che l'inco­raggiasti, tu sai che quest'amore non è un sogno, né il ca­priccio di un giorno, ma un amore serio e nobile, che mi salvaguarda dai pericoli ai quali talvolta ci si espone alla mia età... Io ero leggiero, oh! molto più leggiero di adesso, in passato! ma da quando sento, ripetuti dalla sua voce, i tuoi buoni consigli, tu sai, Giovannina, che io mi sto accomodando. È amica tua, per me è un vero angelo. Potresti e vorresti dun­que privarmi dell'avvenire, che ho quasi in mano, e gettar lei nella disperazione, spezzandomi il cuore?

Giovannina   Ma è il tuo egoismo solamente che protesta, fratello mio! E se io vengo a dirti, a mia volta: « Anch'io amo, e ho diritto all'amore!» è forse questo i! momento che tu compia a tua volta un sacrifizio.

Roberto         Sia. Ma Bianca per lo meno, bisogna renderle questa giu­stizia, non ha i torti che ho io. Tu lo confesserai, ella mi ama e soffre.

Giovannina   Ella non ti ama affatto!

Roberto         Si regola secondo il suo dovere, e la nobiltà ha le sue esigenze.

Giovannina   Il suo dovere sarebbe di amarti di più, ti dico; ella non ti ama o ti ama molto poco... Quando la fortuna ci lega ad un fidanzato, è per renderlo più forte in tutte le battaglie, e il giorno della sconfitta è giorno di nozze!

Roberto         Che testa dura!

Giovannina   Ioho capito che ci vuole questo per difendere un cuore troppo debole e troppo tenero. Tu lo dicevi l'altro giorno e me l'hai fatto meglio comprendere, che si è vili per troppa tene­rezza. Il sacrifizio non è utile se non quando produce il bene. Sì, è bello esser forti! Io non cederò punto!

Roberto         In nome dell'affetto che ci lega, Giovannina!

Giovannina   Non temere ch'io lo dimentichi. Roberto!

Roberto         In nome dell'affetto che fin qui nulla è mai venuto a turbare.

Giovannina   Qualche volta ho sofferto un poco per questo.

Roberto         In nome di nostra madre!...

Giovannina   Ah! il nome di tuo padre ci avrebbe avvicinati di più!...

Roberto         Ella mi mette alla disperazione!

(Esce. Appena è uscito, ella si porta convulsamente il fazzoletto agli occhi, e piange in silenzio per un momento; ma all'entrata di Bianca, dissimula rapidamente le lacrime)

SCENA NONA

Giovannina e Bianca

Giovannina   Vieni da amica?

Bianca           Certamente: perché dovrei venir da nemica?

Giovannina   Sei contro di me o no?

Bianca           Iosono per te, contro il tuo matrimonio.

Giovannina   Sei contro e sei per me! Sii più franca nel parlare. Tu ti opporrai al mio matrimonio?

Bianca           Sì. O meglio. — non avendo questo diritto — da oggi...

Giovannina   Lo so... Tu rinunzi... alla felicità di mio fratello!..

Bianca           La dolcezza ti si addice meglio!

Giovannina   La mia forza è il contrario della tua, che sa respingere irre­missibilmente! La mia energia è ancora l'amore!

Bianca           Vediamo, tu lo conosci appena quel giovane: dove e quando l'hai giudicato? Credi di amarlo? Insomma, tu non puoi an­cora amarlo così fortemente! È la tua pietà che ti fa piegare verso di lui!... Guardati dall'abnegazione! perché non si può essere sublime a lungo.

Giovannina   Sai tu da quanto tempo io l'amo e lo stimo?

Bianca           (sprezzante) Dal giorno della prima ricetta?

Giovannina   Ma sì! E che vale contro di lui questo motto di spirito? Tu mi affliggi ed il motteggio mi sorprende sulle tue labbra... Io soffrivo mille  morti, col sangue arso dalla febbre; egli mi aiutava a soffrire e combatteva il mio male. Sì, le miserie del corpo sono una cosa volgare. Ma sa amare davvero solo colui che le sopporta in una donna, e l'ama anche malata e moribonda!

Bianca           Molto bene, ma...

Giovannina   Era l'angina, un male orribile... Mamma e Roberto erano stati allontanati tutti e due. Marta non mi volle lasciare, povera vecchia, ed il bravo dottore, che non avevo mai visto prima di allora, con mio padre e solo... curvo sul mio capez­zale, respirava l'agonia spaventevole!... e mi ha salvata!... Ah! io stimo al suo giusto valore il calmo e freddo coraggio, che combatte senza rumore, senza ostentazione e senza strepito, che si sacrifica ogni ora. e che all'occorrenza muore firmando la ricetta al farmacista! Io non ti credevo capace di sorriderne.

Bianca           Noi ci allontaniamo assai da ciò che si doveva dire. Tu co­nosci quel processo scandaloso...

Giovannina   Di cui egli è la vittima, sì.

Bianca           Bene, e credi che i tuoi amici vorranno ricevere?...

Giovannina   Iorinunzio volentieri a siffatti amici!

Bianca           Bella risposta! Ma, Giovannina, chi dunque sarai ridotta a vedere?

Giovannina   Dei vinti come noi, dei cuori abbandonati.

Bianca           Tutta la gente come si deve, la buona clientela vi fuggiranno.

Giovannina   Noi avremo quella che non è la buona, quella che voi di­sprezzate, non la gente come si deve!

Bianca           Sì,tu rispondi a tutto! ma cederai a noi, Giovannina, perché tu finalmente ci ami, me e tuo fratello, sì, anche me! E tu sai se lo amo!

Giovannina   Sposalo dunque.

Bianca           Se tu persisti, mai!

Giovannina   Tudunque non lo ami. Bianca! Se tu lo amassi, nulla, nulla al mondo t'impedirebbe di essere sua! Di che cosa lo incolpi? Vorrei che il tuo cuore mi rispondesse! Che cosa ha commes­so? È forse egli diverso oggi da ieri, perché io, suo malgrado. sposo da brava fidanzata e da buona e onesta ragazza, un uomo sventurato, ma retto, la cui famiglia commise dei falli?... Toh. io mi meraviglio!... In che cosa mio fratello Roberto ha demeritato di te?

Bianca           Figlia di un'antica e nobile famiglia, io non ci vedrò mai per colpa mia una macchia. Io non ci voglio un nome che turbi i miei antenati e richiami a tutti gli occhi un passato di vergogna!

Giovannina   Èil tuo orgoglio che si gonfia e sale in alto.

Bianca           Bisogna fuggire lo scandalo, il quale aggrava la colpa.

Giovannina   Fuggi solo il colpevole!

Bianca            Solo! ma fin nel suo nome!

Giovannina   (con una specie di pietà sprezzante e irritata) Ah, tu! tu non puoi cambiare la tua razza, no!... Voi ignorate ancora la nuova giustizia! Voi non avete più per voi il Dio che si rivela e non credete più, ma non pensate neanche! Voi, davanti al crocifisso che tende le braccia, ripetete quello che vi hanno insegnato i vostri libri di preghiera, ma siete senza fede senza ragione e senza lume! In quanto alla carità, per voi è carità dare qualche volta ai poveri qualche soldo, ma la santa pietà che parte dall'anima e arriva all'anima, che all'occorrenza sa­prebbe avvicinare un reo, e che prende parte ai mali altrui, che cosa è per voi?... Sorella mia, in nome della pietà!...

Bianca            (allontanandosi) Addio...

Giovannina   No! suquesta parola, dobbiamo intenderci!

Bianca           È già troppo tardi per tornare alla tenerezza, e tu mi hai offesa prendendola su questo tono!

Giovannina   Lasciami fare in pace il mio dovere: è necessario, Bianca! Ti ho offesa... ebbene, te ne supplico, perdonami. È stato nella collera. Dimentica; e anch'io dimenticherò, te lo prometto

Bianca           Mi dispiace tanto per te, ma Bianca d'Estrey non avrà mai quell'uomo per cognato. Fra un istante lascerò, con mio padre, questa casa, per non più rientrarci. Addio.

Giovannina   Eccolo, vedi!, l'orgoglio di razza! Oh, Dio mio, sì, ed avevo ben ragione poco fa di parlarne! Eccolo tutto intero. Io supplico e piango, io parlo col cuore alla mano... e l'orgoglio solo mi risponde. Senti, Bianca, vedendo l'egoismo profondo op­porre all'amore titoli di nobiltà, qualche parte di te mi ferisce in fondo all'anima... Io mi sento popolo!... Ed ho quasi un rimorso cristiano a odiare il vostro sangue, nella fierezza del mio!

Bianca           Codeste violenze non possono toccarmi. Noi sappiamo disprezzare.

Giovannina   E noi sappiamo compatire.

(Le due signorine fanno un movimento per separarsi. Bianca si rivolta vivamente)

Bianca           Ah! Giovannina. compiangimi dunque! compiangimi con tutto il cuore, perché io amo! e mi costringo a soffrire con ri­gore. Compiangimi con tutto il cuore, perché ho l'anima ferita! Io esco esaurita da questa lotta crudele; sì, l'educazione, i miei pregiudizi, la mia fede, la fierezza ereditaria si rivoltano in me. Giovannina E non posso rintuzzarli! È impossibile! Io ho fatto un lungo sforzo per parere insensibile. A qual pro intenerirmi? Io sono debole qui nell'intimità: è già troppo... Compiangimi, Giovannina... Non posso!

(Bianca fa per uscire, ma il marchese entra ed allora Giovannina esce)

SCENA DECIMA

Il Marchese, M.me Lebonnard,  Bianca, indiLebonnard eRoberto

Bianca           Ah! papà mio!

Il Marchese Ebbene?

Bianca           Andiamocene, basta!

Lebonnard    (entrando) Chi dunque ha fatto piangere mia figlia?

M.me Lebonnard  Non incolparne che la tua ostinazione e la tua so­lenne imprudenza!

SCENA UNDICESIMA

André  e Detti

André             (rivolgendosi a Lebonnard)i Perdonatemi, signor Lebonnard. se ho forzato la consegna.

Lebonnard    Vi è stata chiusa la mia porta! Oh! questo è troppo!

André             Io,nonostante tutto, sono passato ed i vostri di casa non hanno torto. (scorgendo il movimento che fa il marchese verso l'uscita) No, signor marchese; l'argomento che mi conduce qui soffre la presenza di voi tutti: e nessuno mi mette in sogge­zione: tutt'altro. È bene anzi che ci siate tutti. (a Lebonnard) Io avevo la vostra parola; ebbene! ve ne sciolgo! Il fidanzato stesso vi scioglie dall'impegno. Io rinunzio alla mano di vostra figlia, che amo; e ciò per dei motivi... (a Roberto con intelli­genza) che non avete creato voi, (rivolgendosi di nuovo a Le­bonnard) e di cui io debbo sopportare tutti gli effetti. Il nostro accordo scambievole mi sarebbe parso legittimo col consenso unanime della famiglia, e certamente, io avrei allora accettato, a braccia aperte, la felicità e l'onore che mi avete offerto... Ma è stato altrimenti. E inutile dirvi il dispiacere che si prova a dover fuggire ciò che si desidera, né se io debba serbarne un rimpianto perenne... Io mi licenzio solamente... ma in modo formale.  (fa un profondo saluto e si muove verso la porta)

(Lebonnard appare costernato. Il marchese si avanza verso André)

Il Marchese Ed è un agire da perfetto gentiluomo, dottore. In fondo tutti siamo sostanzialmente dello stesso avviso:  senza  am­metter nulla, noi soffriamo, al pari di voi. dei pregiudizi anti­quati, che tutti condanniamo, ma la provincia è la provincia: essa è caparbia e il numero degli sciocchi è grande... ed è quello che ammazza. Il mondo bisogna prenderlo com'è anche se non è migliore di così. In quanto a me, che sono un po' filo­sofo e sono abbastanza vecchio e conoscitore del cuore umano, vi esprimo tutta la mia stima e la mia approvazione.

André             Quando la mia coscienza, signor marchese, mi assicura il proprio suffragio, non ho più il bisogno dell'approvazione di nessuno... Tuttavia, non ricuso nulla di ciò che, in fatto di sentimenti, offre un cuore alto e sincero.

Bianca           (che esamina attentamente André) Ella lo sposerà!

Lebonnard    (molto commosso, fermando André davanti alla porta) Si­gnore, un'ultima parola:  la mia porta è aperta per voi, in qualunque ora! Noi abbiamo per ciò un'ottima ragione, non essendo mutato nulla fra noi... Io sono qui il solo padrone della casa... Non uscite così... O per lo meno sappiate bene, dal capo della casa, che voi siete, per lui, il futuro sposo di sua figlia!

André             (risolutamente) Grazie, signor Lebonnard. Addio.  (esce)

SCENA DODICESIMA

Detti, meno André

Bianca           Andiamocene, papà. Arrivederci, signora. Addio, Roberto. (a Lebonnard) Arrivederci, signore. (a Roberto) Io me ne vado disperata e decisa. Andiamo, papà.               (si allontana)

Roberto         (fermando il marchese che segue la figlia)  Ah! signor marchese, ditemi in che cosa posso sperare?

Il Marchese Voi la conoscete poco, se credete che io ci possa qual­che cosa! (esce)

(Roberto s'incammina dalla stessa parte)

Roberto         (voltandosi rabbiosamente verso suo padre) Ecco l'opera vostra! (esce)

SCENA TREDICESIMA

Lebonnard e M.me Lebonnard

Lebonnard    (con malizia) Eh, s'intende, gli altri propongono, ed io dispongo!

M.me Lebonnard  Cosìtu perdi tranquillamente la  tua speranza e la mia.

Lebonnard    Oh! io non perdo nulla!

M.me Lebonnard     Come?

Lebonnard    Mia figlia avrà quanto prima lo sposo che ama, e anche tu lo accetterai di buon grado!

M.me Lebonnard Mai! Che! avrò dunque custodito gelosamente la mia riputazione, per perdere in un momento il frutto di tanti sacrifizi? Avrò dunque, durante tutta la mia vita, mirato unica­mente verso uno scopo prefisso, accarezzando l'idea d imparen­tarmi con qualche nobile casato, per arrivare a macchiare il nostro nome, no, no  mille volte no!

Lebonnard    (con calma) Al contrario!

M.me Lebonnard  Non sarà mai, ti dico!

Lebonnard    Ma il padrone sono io! e così voglio!

M.me Lebonnard  No, mai, mai, mai! E andrò fino in fondo! Ah! la tua volontà si sveglia tutta in una volta! Ah! tu vuoi parlar da padrone, tu così remissivo! Ma io rinunzierò piuttosto al tuo nome, che cedere alle repentine velleità di un vecchio balordo! E, se tu resisti, obbedendo senza dubbio alla lezione mal imparata da mia figlia, io ti riserbo delle sorprese! E, se occorre, abbandonerò la casa, mi capisci? piuttosto che darti ragione!

Lebonnard    Possiamo anche dividerci, è una cosa semplicissima! E a quest'idea, sono calmo, molto calmo; vedi! — io che per tanto tempo fui atterrito dalle tue grida! È che allora io evitavo uno scandalo, ad ogni costo! e fu la mia volontà che ti lasciò così forte! Oggi mia figlia è maritata... Che cosa m'importa del resto? Ella ha saputo scegliere un uomo come si deve. Prima, io ho saputo tacere e non veder niente, e tremare innanzi a te, temendoti per lei! A costo di morire io soffocavo la ribel­lione, e — per quindici anni — ti ho perdonato il tuo amante!

M.me Lebonnard  Che dici?

Lebonnard    Che io fui semplicemente un buon padre, e non già, cara mia, un marito compiacente!

M.me Lebonnard Ripeti dunque quello che hai detto, tanto per ve­dere! ma è infame!... Veramente, ho capito male!

Lebonnard    Ma che sfrontatezza, che strana forza di audacia hai tu dunque? Sempre l'ipocrisia, e mai un po' di vergogna!... Quan­do il tuo nobile amante morì... il Conte!... capii ch'era il tuo amante!... Quando le tue lagrime scorrevano qui per lui, io andavo a piangere altrove!... E dal primo giorno che egli scrisse. — io, senza leggere la sua lettera — avevo intuito che cosa diceva!

M.me Lebonnard  Tuvaneggi!

Lebonnard    Ed è in nome della virtù, e solo perché il marito, essendo padre, ha saputo tacere, che tu osi contare ancora sul mio silenzio, quando è in pericolo il bene di mia figlia? Ma se il marito è stato zitto, ha taciuto per questa figlia! Vedrai come il padresaprà difenderla!

M.me Lebonnard  Tusei pazzo!... Del resto, si può paragonare la donna che non ha avuto nell'anima che un solo amore, — sia pure colpevole! — con quella che si è fatta dire pubblicamente dal marito: Mio figlio è figlio del vostro amante!

Lebonnard    E se io non l'ho detto pubblicamente, come lui, — tu nondi­meno sei caduta nella medesima colpa!

M.me Lebonnard  Tudunque credi?

Lebonnard    No! Io so!

M.me Lebonnard  Che cosa?

Lebonnard    Roberto, disgraziata!

M.me Lebonnard  È falso!

Lebonnard    Vedi se ho sofferto!

M.me Lebonnard  Dove sei andato a prendere quello che dici?

Lebonnard    Ne ho, da quindici anni, la prova! Come vedi, il dolore non è recente! Una lettera smarrita ha svelato il segreto! Tu po­tevi chiudere con maggior cura il tuo scrigno! Io ho lì, da quindici anni, questo segreto che mi brucia! E tu cieca trat­tavi da marito ridicolo un padre di cui non si riderà più! Tuo figlio può schernirmi, per imitare sua madre! ma tu non at­tenterai più ai diritti del padre... indietro! Io mi riprendo mia figlia!... Mi ci si costringe? tanto meglio! tu pensa al figlio dell'altro!

M.me Lebonnard  Ah! no! è odioso!

Lebonnard    (afferrandole e torcendole le mani)  Odioso? veramente! chi? che cosa dunque? Di chi la colpa? E perché proprio tu, colpevole, te ne vieni con la testa alta a invocare con voce grossa questa legge crudele del disonore, che ricade sull'innocente? (la respinge violentemente. Ella cade sopra una poltrona nel momento in cui Roberto entra)

M.me Lebonnard  Mi batterà! Ho paura!

SCENA QUATTORDICESIMA

Lebonnard, La Signora Lebonnard e Roberto

Roberto         (entrando di furia) Mia madre!... che cosa dice? Anch'io ho dei diritti!... Da che proviene questo litigio?

Lebonnard    Domandalo a lei!

Roberto         Che! la minacciavate, voi!... Ella ha paura di voi! Ecco i cuori dolci, che all'occorrenza sanno torturare una donna! Ma io la difenderò contro di voi, che riprovo! Giacché, certamente, parlavate ancora di André, ma io so il mio dovere, ed il mio diritto è sacro!

M.me Lebonnard  (spaventata e supplichevole) Tu sta' zitto, Roberto!

Roberto         (a Lebonnard) Non debbo stare zitto!... Ah! sappiatelo, io ho sempre temuto il vostro carattere: la vostra bontà non è debolezza, questo è certo! E quando, una bella mattina, vi salta il ticchio di agire e di volere, — è ancora debolezza!

M.me Lebonnard  Te ne prego, per carità, sta' zitto tu!

Roberto         Se Giovannina si marita secondo il suo primo capriccio, voi, vedete, avrete ridotto alla disperazione quattro persone: Giovannina, che non sarà felice, me, Bianca, e mia madre!... E volete che vi dica francamente la verità? tutto questo è ancora debolezza da parte vostra... (fra i denti) e vigliaccheria!

Lebonnard    (fuori di sé)  Basta!... taci! bastardo!

Roberto         Ma papà!...

Lebonnard    (con una voce sorda che s'alza a poco a poco) Non ti voglio più vedere né sentire! basta! Io ero un cuore troppo debole, sì, troppo tenero! ed ho avuto torto, sapendoti bastardo, di chiamarti mio figlio! Lo vedo bene che avevo torto di amarti! di amar te, che mi abbeveravi ancora di amarezza, — capisci, tu che sei onorato dal mio nome! e che mi devi di non parere un bastardo! uno di quei poveri figli della vergogna, del caso e dello scandalo, ai quali i padri di famiglia, e specialmente i nobili, non danno le proprie figlie!

M.me Lebonnard  Oh Dio mio! Dio mio!

Lebonnard    Fu debolezza e vigliaccheria l'averti adottato, lo vedo e ne convengo! Debolezza e vigliaccheria fu subire, in silenzio, i tuoi scherni a qualunque proposito e il  tuo riso beffardo, quando potevo schiacciarti con un solo sguardo, o figlio del conte d'Aubly, che sei chiamato Roberto Lebonnard per la carità di un vecchio stupido, debole e vile!

Roberto         Oh! che cosa mi succede! Non ci vedo più!

Lebonnard    Iocerco di comprendere perché tu mi odii!... Lo vedo bene: il tuo sangue ha intuito l'ignobiltà del mio... È questo! l'esser io operaio ti disonora! tu ne prendi beffe! Ebbene, io avrei sopportato ancora, e sempre, i tuoi scherni di ragazzo un po' cattivo, per pietà di te! ma con qual diritto, te ne vieni, fiero e reciso, ad opporti alla felicità di mia figlia? Di', con qual diritto, tu, come custode dell'onore della famiglia, respingi colui che ella ama, e dimmi perché? Perché egli è un figlio na­turale... come te? È con qual diritto vieni tu a dare all'espe­rienza, al sacrifizio, alla mia età e alla mia tolleranza una lezione da figlio insubordinato?... Basta! Io non ho che una sola figlia!... obbedite! Tacete voi! io solo ho il diritto di di­sporre di lei! Io sono il padre! Basta! (esce)                        

SCENA QUINDICESIMA

La Signora Lebonnard, Roberto e Marta, che è accorsa alle grida,

assistendo alla scena precedente

Roberto         Mamma! (si rivolge a Marta che gli si è avvicinata) E tu, fedele Marta, eri qui, di'! Tu non mi rispondi, nutrice mia? Oh! dunque è tutto vero? Ohimè! Ma allora io che sono? che cosa posseggo? Io ci rifletto! Quell'uomo mi ha dato... tutto e per compenso dei suoi benefizi... Io sono un miserabile. Sì. e derubo mia sorella! E, per di più, le schiantavo il cuore! Ella vuole sposare quell'uomo, ed io la condanno perché egli è.... ed io!... Quanto soffro! Oh mamma! mamma mia! mamma mia! oh, mio Dio! quanto soffro, e quanto devi soffrire tu... Addio.

(corre verso la porta)

M.me Lebonnard  (alzandosi) Dove vai?

Roberto         Ad arruolarmi, mamma, è necessario ch'io parta. Voglio es­sere soldato.                                                                    (esce, rincorso da M.me Lebonnard)

SCENA SEDICESIMA

Marta e Giovannina

Giovannina   (entrando) Marta! che cosa ha dunque mio fratello, che uscito con aria disperata?

Marta            Egli va a commettere qualche sciocchezza, è chiaro! Sono sbalordita e più morta che viva! Ohimè, signorina! è avvenuta la catastrofe che prevedevo da tanto tempo!

Giovannina   Lesta!

Marta            È un segreto che io sola posso dirvi. Nessuno oserebbe. Ma io lo debbo.

Giovannina   Ebbene?

Marta            È un segreto terribile, di cui ho paura per voi che siete cosi sensibile! Roberto apprendendolo...

Giovannina   Ah! come mi fai soffrire!

Marta            Vuol farsi soldato... ma ha intenzione di morire!... Sal­vatelo voi!... E' sempre vostro fratello?

Giovannina   Come farebbe a non essere più mio fratello?

Marta            Egli vi ama. Ha parlato di voi. Ha detto: povera sorella mia! Salvatelo!

Giovannina   Ma, insomma?

Marta            Voi avete tanto cuore! Dio mio! Come dirvi una tal cosa? E non pertanto sono costretta e bisogna che osi. Bisogna sal­varlo contro se stesso...

Giovannina   Ma alla fine, che cos'è?

Marta            Vostro padre... non è...

Giovannina   (che ha letto in uno sguardo) Marta!...

Marta            (cadendo in ginocchio e baciandole il lembo della veste) Perdonatemi! Vi ho recato dolore, povera innocente, cara anima mia! Ma chi poteva parlare, se non la vecchia dome­stica che vi ha tenuto tutti e due nelle braccia, cari figliuoli? Egli non merita d'essere così disgraziato! Ah! Giovannina. salvate Roberto... Egli è sempre vostro fratello!

Giovannina   (immobile in piedi, con gli occhi asciutti, guardando di­ritto innanzi a sé) Papà mio buono! ohimè! povero papà mio!

Fine dell'atto terzo


ATTO QUARTO

La medesima scena.

SCENA PRIMA

Lebonnard e Marta

Lebonnard    Va', lasciamelo vedere! Da una settimana vado e vengo, e sono come un'anima in pena... Vediamo un sol momento, se dorme, Marta! Vediamo se dorme.

Marta            (respingendolo dolcemente) ... Sta meglio. Il più forte è passato. Il dottor André permette che esca oggi stesso, ma non a lungo, giacché è di un'estrema debolezza.

Lebonnard    Ah! come l'uomo più dolce può diventare così cattivo?

Marta            Si ripara forse il male, rimproverandoselo? No, signore; ma si può ancora rimediar tutto!

Lebonnard    Quello che ormai sa, non posso farglielo ignorare.

Marta            Finché gli estranei non ne sanno niente, potete sempre far tutto quello che volete...

Lebonnard    Non capisco bene.

Marta            Ammogliatelo...

Lebonnard    (con vivacità) Ma Giovannina allora?... è impossibile! Al­lora avrei dunque fatto inutilmente questa cosa terribile! No, no!

Marta            Se sapeste, com'è cambiato, è diventato mite... ha deposto interamente la sua fierezza!... Anche nel suo delirio, voleva quel dottore... Capite che cosa voleva dire ciò? Egli pensava alla sorella!... La sventura vuole un gran perdono.

Lebonnard    Ah!

Marta            Non ho mai visto una pazienza simile: vedete, la notte, certe volte, odo che si sveglia, piange e mi chiama: «Marta»! Al primo rumore, accorro. Ah come si sente bene che chiede soccorso! arrivo, e lo vedo, sotto la lampadina, — pallido, appoggiato sui gomiti, con l'occhio, troppo vivo, spalancato. — e quando gli tendo la mia povera mano, egli la stringe e mi dice: « Quanti dolori si hanno, Marta, quando si è gran­di:   io voglio credermi  ancora  bambino,  — canta,  nutrice mia! » Ah! come mi guarda! e bisogna ch'io gli obbedisca, e gli canti le nenie di un tempo, — e vedo che addormento le sue angosce con la mia voce senile.

Lebonnard    Ma che cosa fare? Hai qualche idea?

Marta            La sua fidanzata non è stata avvertita: la si faccia venire.

Lebonnard    E poi?

Marta            Egli la vedrà. Il solo vederla sarà sempre una cosa.

Lebonnard    Ci vado, Marta, ci vado... Tu sei la madre vera!  (esce)

SCENA SECONDA

Marta e Giovannina

Giovannina   (entrando) Ebbene, Marta, che cosa dice il dottore di mio fratello?

Marta            Tutto va bene. Eccolo che esce.  (esce)

SCENA TERZA

Giovannina e André

André             (entrando) È fuori di pericolo! Non piangete più.

Giovannina   Insomma, che fa? che dice?... Ci vado.

André             Bisogna che non parli e non si agiti. Io ordino soprattutto il riposo... Ohimè! senza saperlo, indovino facilmente che sono io che, dopo tutto, vi dò questo tormento. Ma alla fine che cosa gli si è potuto dire di così grave da colpire a tal punto un giovane così robusto? Se lo sapete, potete molto più di me.

Giovannina   Sì, è stato terribile, e voi sapete perché. Noi dunque ricu­seremo, — a malgrado di Roberto medesimo, — di accettare una felicità che gli toglie colei ch'egli ama; e così gli salve­remo la vita e la ragione!

André             Ah! io avevo lasciato fieramente questa casa... e c'è voluto che ci fossi richiamato, per mia disgrazia!

Giovannina   André!

André             Via, siete ben crudele! Egli mi ha voluto: sono venuto!... ci ritornerò, ma, per il momento, lasciatemi andar via..

Giovannina   André!

André             Tutto per lui: fidanzata e sorella, padre e madre! E per me niente! Io sono stanco, ed ho la bocca amara.

Giovannina   A voi niente?

André             Niente.

Giovannina   Ingrato! Per che cosa contate dunque il mio amore?

André             Ah!  è vero!

Giovannina   Iovi amo.

André            Ah! scusate!

Giovannina   Bisogna ch'io vi dica che vi amo! Voi non potevate dir­melo? Io aspettavo, e credevo che questa parola vi sarebbe venuta!... ma noi lo conosciamo così bene il nostro segreto!... Sì, e ancora, benché non sembri, un segreto, poiché è noto il nostro amore, ma non la mia tenerezza!

André             Ingrato, sì... io dovrei essere felice poiché vi vedo, e sento il vostro cuore cantare nella vostra voce! — Ah! se sono stato ingiusto, ed ho mosso un rimprovero... tanto meglio! — Ho potuto sentire più da vicino la vostra bontà e respirare queste parole d'ineffabile dolcezza che la vostra purissima bocca ha alitato sul mio cuore!

Giovannina   Io sobene che cos"a ci vuole per la vostra anima ferita: una voce lusinghevole, qualche cosa di dolce, come un vago bacio che. scivolando sulle dita, voli senza posarsi, o come una ninna nanna, calma e buona, cadenzata al dondolio monotono di una culla!

André             Istinto sublime! è dunque questo l'amore santo? io non ne avevo la mia parte, ma l'avrò!... La vostra materna e su­blime tenerezza ha saputo cullare in me il povero fanciullo ch'essa indovina, il quale, sotto la mia dura maschera di virile lavoratore, conserva l'ingenuo terrore di non so qual pericolo ignoto, e l'eterno rimpianto, pungente come un'offesa, che una madre  non abbia amato la mia vera infanzia!

Giovannina   Sì, io le so le parole di cui voi avete bisogno, e voi le sen­tirete sempre...  anche di lontano!

André             (ritornando in sé) Di lontano!... Ah! sì, è giusto! nel più dolce dell'estasi, il mio destino riafferra la mia chimera e la schiaccia! Io non ho diritto che al sogno, e voi mi ritogliete tutte  codeste  nuove  felicità  che  mi  parevano donate!

(siede col capo fra le mani)

Giovannina   No,io non vi ho ritolto nulla: voi avete tutta la mia anima.

André             Lodimenticavo!... voi non sarete mai mia moglie!

Giovannina   Noi restiamo fidanzati!

André             (abbandonandosi alla piena del suo cuore) Ah! sventurato! E come ho potuto sognare per un momento la felicità?.. Po­vero paria senza amici e senza famiglia, io sognavo, al suono della voce di questa fanciulla, un avvenire di amore, di ri­scatto, l'oblio. Stolto! già consolato degli abbandoni di ieri, appoggiavo la mia pallida fronte alla seducente sua testa, e, per amare di più, avevo una famiglia amorosa! e vedevo, — lieto d'invecchiare per vederli, — dei biondi bimbi chini la sera sotto la lampada accesa!...

Giovannina   Non è già niente il mio cuore puro, che vi rimane?

André             Andiamo! io sono di quelli pel quali la vita è funesta!

Giovannina   No! se pur un tempo ce ne furono, non esistono più i ma­ledetti! Sapersi amato, è tutto il paradiso!... Ascoltate, po­vero cuore, dovunque, checché accada, voi sentirete il mio pensiero rivolto sopra di voi; mi udrete parlar sommessa­mente nel vostro cuore; vorrete essere solo, e non lo potrete! Io mi do a voi, in vita e in morte, come un'anima immortale e fedele!

André             Ella mi dischiude ancora il cielo, con una parola!... Perdo­nate al fanciullo, che cullavate poco fa, un momento di de­bolezza... un grido di gelosia! Io vi debbo nuovamente la mia forza ricuperata... Non sono che un vinto caduto per la via, ma voi mi rialzate così dolcemente con la vostra mano, che io sento, al posto della ferita, una dolcezza! (si alza pren­dendola per la mano) Qual balsamo avete posto nel mio cuore?  (accorgendosi ch'ella piange) Una lacrima?

Giovannina   (abbandonandosi col capo sulla spalla di André) Prende­tela, caro, con un bacio sui miei occhi... È così triste il bacio dell'addio!

André             (appassionatamente) ... Nessun addio, tu l'hai detto! Que­sto bacio io lo porto con me! esso mi seguirà dovunque, la mia anima s'invigorisce, e, grazie ad esso, non può essere strappata a te! Esso mi da l'orgoglio, il coraggio, la fede. tutta la speranza invincibile che fa amare la vita! Io ripren­derò lietamente la mia strada e la proseguirò meglio. Come venir meno? qualche cosa vuol ch'io sia vincitore! Io non sono più solo; ho il tuo cuore sul mio! La tua soave forza si aggiunge alla mia: la sventura, la collera e il dubbio sono finiti! Io t'amo! Ho tenuto la tua testa fra le mie braccia.

(Si separano. André la lascia frettolosamente e, sul punto di uscire, si volge verso di lei)

Giovannina  Io non dimenticherò mai: e tu neppure dimenticherai.

(André esce)

 

SCENA QUARTA

Giovannina e Il Marchese

Il Marchese Ah! buon giorno!., debbo vedere Roberto, cara signo­rina... Così almeno desidera la mamma, che lascio or ora Diteglielo.

Giovannina   Vado subito. (esce)

SCENA QUINTA

Il Marchese solo

Il Marchese Povera ragazza davvero! Ah!... e come sa soffrire!... Ma quale stupore quando io ho risposto a quella confessione così dolorosa!...  Ella ha ben  espiato, se esiste la giustizia!

SCENA SESTA

Il Marchese e Roberto

Il Marchese (a Roberto che entra) Che cosa mi avevano mai det­to?... Eccovi saldo e diritto, amico mio!... eccovi fuori di pericolo, si vede: come ne sono contento!

Roberto         Sì, sto meglio, senza dubbio, marchese... desideravo parlarvi.

Il Marchese Vi ascolto. E, prima di tutto, per togliervi d'impaccio, vi dirò ch'io so come e perché il vostro cuore ha sofferto... La vostra malattia non sarà lunga... io ne vedo già la fine...

Roberto         Ah! signor marchese!

Il Marchese Iovi sono amico fedele e sincero. Parlate. Dunque vo­lete fare il soldato? È un po' duro.

Roberto         Il soldato almeno è onorato. Io voglio fare il soldato; e vi prego, signor marchese, voi che avete tanta influenza su mia madre, di farle capire la ragione. Vediamo, io non posso restare in casa. Voi ne convenite, non potrei rimanere qui senza vergogna, e conto solamente sopra di voi, perché voi solo comprendete il mio dovere e il mio diritto di non vivere più un sol giorno sotto questo tetto. Bisogna che, per opera vostra, mia madre si rassegni... che... suo marito acconsenta, e da domani io mi arruolo. Vado in Algeria, con la speranza di morire laggiù.

Il Marchese Ma...

Roberto         Oh!  io non ammetto che approviate!

Il Marchese Ma vediamo, correte forse un po' troppo! Riflettete, ponderate.

Roberto         Hoponderato troppo a lungo e con calma la mia condotta, nelle notti d'insonnia. Di grazia, risparmiatemi un indugio antipatico... Se dovessi aspettare un altr'anno, che cosa fa­rei? Un soldato, vedete, è rispettato; si dice: «È un giovane di coraggio; fa il suo dovere!» Se la mia condotta è buona, approvatela, o insegnatemi un'altra strada, ed io la seguirò. Per carità, una vostra parola può rendermi la vita! Se faccio bene, bisogna dirlo! Il giovane perduto ha bisogno di consiglio!

Il Marchese Ah   bravo figliuolo, dammi la mano e vieni ch'io ti abbracci!

Roberto         Oh!

Il Marchese Tupuoi camminare diritto e con la fronte alta... Sen­timi... È una storia di soldati: eravamo sotto Parigi. Io mi battevo laggiù, al fianco di un amico di infanzia, di un fra­tello d'armi, al quale non posso pensare ancora senza lacrime, il conte Saint-Aubly, simpatico, bravo e leale. Egli ricevette a Buzenval una scheggia d'obice. Io accorsi. Egli si medicava da sé la ferita ricevuta in pieno petto... « Andiamo, mi disse, la morte è inevitabile, ma abbiamo il tempo di scambiarci un addio... Io, riprese, ho un figlio! » (movimento di Roberto) Sì, Roberto.

Roberto         Oh! Dio mio!

Il Marchese E ti nominò. « Desidero che questo figlio sia un uomo. Egli è mio figlio, a malgrado del nome che porta sappilo! Tu amalo per me... » Aspetta. Egli mi disse ancora: « Io ho fatto testamento, legandoti, senz'alcun vincolo, tutti miei beni... Questi potranno ritornare un giorno a Roberto, egli se ne renderà degno » capisci ... « S'egli meriterà l'amore di tua figlia!...» Sorrise, strinse dolcemente con la sua mano la mia. dicendo: «Io muoio», e morì serenamente..

Roberto         Ah! marchese!

Il Marchese Quando si ha del coraggio, niente è perduto! Vorrei che mia figlia un momento fa ti avesse udito. Chi sa? Riab­bracciami!... e questa volta, per tuo padre!  (si stringono di nuovo)  E adesso parliamo d'affari...  Dunque spera! Tutto questo può accomodarsi... me ne incarico io! Ma soprattutto non una sola parola a mia figlia!

Roberto         Ah! perché?

Il Marchese Che cosa t'importa?

Roberto         È un inganno.

Il Marchese Questo riguarda me. Un amico mi confida un segreto. Io lo custodisco. Ecco tutto. Io sono uomo, ed ho esperienza: mia figlia è una ragazza, ed ha la severità morale, che si addice ai giovani ed in special modo alla donna! Ella giudi­cherebbe male... La gioventù declama troppo facilmente in nome del dovere, senza sapere come la passione si svincoli dal dovere! Tu troverai in me il solo e vero rifugio. Mia figlia giudicherebbe male: intendo esser io solo giudice! ed acco­moderò tutto... se tu non le dici niente.

Roberto         Iopoco fa le ho detto tutto, e credo che sia bene.

Il Marchese Ah! E allora che cosa ti ha detto?

Roberto         È stata muta, immobile, in piedi, trasformata in una sta­tua, con gli occhi fissi, e quando sono uscito come annientato, non osando più parlarle, ella non si è neppure voltata verso di me. In quel punto mi è parso sentirla. Mi sono fermato. Ella ha detto:  «Poiché era già tutto perduto!»

Il Marchese Nient'altro?

Roberto         Avevo già udito abbastanza! Sono venuto a vedervi. E la fedele Marta è andata adesso per ordine mio da lei. Vedete dunque, marchese, che tutto è finito, e che io debbo partire come un bandito! Colui ch'io credevo mio padre, mi odia. Io ho perduto tutto: famiglia e speranza, mi resta solo il dovere; e voi mi aiuterete. Grazie.

Il Marchese (tenendo stretta la mano che Roberto gli ha steso) Sta' pur sicuro che al bisogno farò tutto.

(Roberto esce dalla destra, accompagnato dal marchese che, sulla soglia, gli strin­ge ancora la mano. Intanto appare in fondo Lebonnard, che parla con Marta)

SCENA SETTIMA

Il Marchese solo, indiLebonnard

Lebonnard     (in un angolo parlando con Marta) Va!  Roberto se n'è andato... Procura che ci lascino soli.

Il Marchese (scorgendo Lebonnard) Ecco l'uomo... C'è da aspettarsi un ritorno di debolezza!

SCENA OTTAVA

Il Marchese e Lebonnard

Lebonnard    Vi cercavo.

Il Marchese Iovenivo da voi.

Lebonnard    Sapete che Roberto ci mette tutti alla disperazione? Egli vuol fare la sciocchezza d'arruolarsi. Dio mio, checché si dica esser semplice soldato è un brutto mestiere quando si è stato ricco e si hanno abitudini da ufficiale! Egli farà infelice i vostri buoni consigli potranno fargli cambiar parere ed impedire che si allontani.

Il Marchese (freddamente) Quel giovane ha subito un crudele af­fronto, caro signore; — io non debbo entrare in questa fac­cenda, — ma la sua partenza in ogni caso diventa necessa­ria. Egli ha del cuore. Oggi si trova privo di fortuna, e forse voi siete stato un po' crudele con lui!... Per qual mancanza ogni caso diventa necessario. Egli ha del coraggio! nel più bello delle sue speranze, perché gli avete ritolto, così tardi, l'onore del nome, di questo voi solo siete giudice, ed io non oso metterci bocca. Roberto deve partire. Egli è pieno di forza e faccia il soldato! Io sono del parere che si arruoli, ma occorre il vostro consenso...

Lebonnard    (con gioia) Infatti!... Ah! tanto meglio: io rifiuto!

Il Marchese Come! Il suo dovere, pensateci! ed il suo diritto, com'egli dice, è di liberarvi...

Lebonnard    (scoppiando) Di lui! io! ma io lo amo! e credo di avergli dimostrato molto affetto, per quindici anni, senza mai smen­tirmi un sol giorno! Ciò non mi ha impedito quel momento di collera... Pensate... Stavo parlando con la madre... Tutti e due volevano maritar Giovannina a loro talento... Roberto entra, e vedendo piangere la madre, m'insulta!... credendo d in-sultare suo padre! — Che cosa fa un padre vero, quando il fi­glio lo esaspera? Che cosa fa? e soprattutto, che cosa dice, se lo ama? Io non so più che cosa ho risposto, ma confesso che, fremente d'indignazione e furente di rabbia, sono uscito dai gangheri, e, per la prima volta, ho visto impallidire alla mia voce lui e la madre!... Forse avrei potuto dominarmi, soffrire ancora e tacere; ma il cuore umano è un mistero! E così la mia opera e il mio silenzio di quindici anni sono stati distrutti dall'urlo di un momento! (cade abbattuto sulla poltrona e si asciuga la fronte con angoscia)

Il Marchese (osservando da sé) Gli  vuol bene,  pover'uomo!

Lebonnard    No. non è possibile! Roberto non può essere insensibile fino al punto di non comprendere il mio dolore... e il mio rincre­scimento! Vedete, io non connetto più... ditegli che ho tor­to... che lo sento... che ho sofferto per lui un lungo marti­rio!... Io non so che cosa dirgli!... Che per mia figlia, e per lui, per tutti e due, ho tenuto nascosto tanto tempo il se­greto, che oggi lo fa soffrire!.. Ed io dovrei ora perdere il frutto di un così lungo martirio! No, no, mi perdoni... Ecco il suo dovere!... Se sapesse!... ma non potrà mai sapere!

(si vede comparire in fondo Roberto, e malgrado gli sforzi di Marta alla quale egli fa cenno di ritirarsi)

SCENA NONA

Il Marchese, Lebonnard e Roberto

Lebonnard    (alzandosi senza vedere Roberto) Lo vedo: anche voi, sa­pendo che io so la sua nascita non capite agevolmente come e perché io l'ami: è semplice! Il giorno in cui, per la prima volta, l'appresi, appresi contemporaneamente che il padre era morto! Dove passa la morte, tutto per un istante si cal­ma, ed il più iracondo sente il dovere di tacere!.. Roberto aveva cinque anni: Giovannina dieci; erano due diavoli! Non si può dire né spiegare come si amino i figli! Sono le nostre viscere che li amano! Ah! il mio cuore fu come attana­gliato, quand'io geloso, stupefatto, furente, dubbioso, appre­si, una mattina, da una lettera smarrita, che questo figlio... non era mio. Oh! che vertigine! Fu un miracolo se non im­pazzii! Nondimeno io sapevo che ella non mi amava... Ma che un altro!... E mi presi fra le braccia quel bimbo!

Il Marchese Oh!

Lebonnard    Con qual diritto — pensavo — vieni tu ad usurpare a mia figlia una parte dei suoi beni, tu, figlio di nessuno, senza nome e senza famiglia?... bastardo! Avevo il cuore pieno di queste invettive! Ma il bimbo mi rideva. Chiamava la so­rella... Che cosa mi aveva fatto? Non lo amavo forse il gior­no prima? Egli mi porgeva la sua bocca vermiglia, e quan­do mi attaccava al collo le sue tenere braccine come scio­glierlo brutalmente, tutto d'un colpo? Come render respon­sabile quell'innocente? E quest'amore paterno era inguaribile!

Il Marchese Pover'uomo!

Lebonnard    Hocercato di guarire, volevo guarire! Ma gli sono avvin­to dal dolore! Allontanandolo da me, il cuore mi sanguina troppo... Io gli voglio bene avendo trovato una certa dol­cezza ad amarlo nonostante tutto! E, mio Dio! ciò che rende così cari i figli alla donna, è il dolore del parto: eb­bene! mi capite? i grandi dolori mi hanno fatto restar padre di quel ragazzo!

(A questo momento, Roberto non resiste più. Si avanza senz'esser visto da Lebonnard e gli afferra la mano. Lebonnard si volta rapidamente e gli mette le mani sulle spalle)

Figlio mio! Figlio mio!... Tu resti, non è vero? Bisogna dimenticare... Dimmi che resti...

Roberto         È impossibile. No. Ma la mia anima non è più quella di prima, essa è rinata, dal momento che ho guardato nella vostra.

Lebonnard    Via, resta... per tua madre!... Resta per tua sorella.

Roberto         No. La vostra rettitudine approva in fondo la mia deci­sione.

Lebonnard    Sì, intendo, comprendo la fierezza che ti spinge, e nondimeno...

Roberto         Lasciate ch'io ricuperi la vostra stima.

Lebonnard    (come colpito da un'idea) Aspettami un momento.

SCENA DECIMA

Il Marchese e Roberto

Roberto         Che cosa va a fare?

Il Marchese Credo d'intuirlo.

SCENA UNDICESIMA

Lebonnard, che conduce per mano la figlia, e Detti

Lebonnard    (alla figlia) Solo il tuo cuore può renderci il suo. Va', va'!...  (esce)

SCENA DODICESIMA

Il marchese, Roberto e Giovannina

Giovannina   Io sono e resto tua sorella, Roberto. Fratello mio, io ti amo più di prima, te lo assicuro. Tutto quello che ho, è tuo per metà:  da una sorella si accetta.

Roberto         Oh! Giovannina! per pietà!... Voi mi torturate tutti quan­ti! Ti ho ispirato tanta compassione, mentre avrei dovuto attirarmi il tuo odio e il tuo disprezzo. Lasciami! Tanto amore, non meritato, mi fa male, vedi!

Giovannina  Di' che resterai.

Roberto         Non posso, no, no! (al marchese) Spiegatele, per favore, marchese. Che cosa si vuole ch'io faccia? Bisognerebbe pure lasciarmi... Non è giusto insistere. Non è facile esser forte! La mia partenza, del resto, è motivata anche da un'altra ragione suprema: io ho perduto per sempre colei che amo: sicché... (vedendo entrare Bianca) Dio! eccola!... Che cosa succede?

Giovannina   Ioti amo. Roberto e te lo dimostrerò.

SCENA TREDICESIMA

Bianca, accompagnata da Lebonnard, e Detti

Lebonnard    (tenendo Bianca per la mano) Mia figlia vi aspetta.

Giovannina   Bianca, ami sempre mio fratello?

Bianca           Sì.

Giovannina   Gli levi la tua stima?

Bianca           Al contrario. So ch'egli ha mostrato del coraggio nel dolore.

Giovannina   Bianca, s'egli ti perde, è perduto. Può morirne. Ascolta. Il segreto del suo profondo dolore non sarà mai conosciuto da nessuno. Se ti rimane ancora un solo motivo per rifiu­tare, sarà eliminato anche quello! Mentre mio fratello era felice,  era  forse giusto ch'io sacrificassi completamente la mia felicità alla sua? Non mi pareva! Ma oggi tutto è cambiato. Non si tratta della rovina che gli piomba addosso, s'io mi ostino a maritarmi... No! Bianca, le mie nozze sareb­bero tristi, e noi soffriremmo un eterno rimorso... Io parlo a nome di André, giacché siamo d'accordo.

Il Marchese Voi siete un angelo!

Roberto         Oh! sorella mia!

Bianca           Qual donna sarei se non sentissi la tua grandezza d'a­nimo? Vedi, quando tu ieri parlavi per te, il tuo cuore buo­no urtava contro il mio, troppo fiero, ed io trovavo il tuo troppo facile e tenero. Oggi è il mio cuore che s'intenerisce. Il dolore e l'amore sottomettono il mio spirito: soffro dove e come soffrivi tu, ed ho vergogna d'aver respinto la tua preghiera. Prima non capivo, perché non avevo sofferto. Adesso che il dolore mi ha colpita, il mio cuore si apre interamente; per te e per... colui che ti ama! grazie... Vedi, io stessa te lo nomino! Rendimi la mia fierezza, e ripren­diti il tuo sacrifizio. Capisco e vedo ora che, quando uno ama, è debole... o meglio è forte! Ebbene, sorella mia di-letta, sposa André, se vuoi che anch'io mi mariti!

(Le due signorine si abbracciano. Roberto commosso afferra la mano stesagli dal marchese. Lebonnard è rimasto solo, un poco in disparte dai due gruppi e molto lontano da Roberto)

Lebonnard    Roberto! (gli stende le braccia)

Roberto         (vi si precipita con un grido) Oh!

Lebonnard    (tenendolo abbracciato) Di'? è tutto dimenticato, comple­tamente, spero!

Roberto         Ah! signore!

Lebonnard     (alla figlia)  Digli dunque di chiamarmi suo padre! (si svincola) Ora che siamo felici, su, si vada ad avvertire...

Bianca            (sorridendo) Il dottor André...  Io ho creduto bene di trattenerlo... Marta sa ch'è di là...

SCENA QUATTORDICESIMA

Marta e Detti

Marta            (aprendo la porta) Sì, ci vado subito.   (scompare)

Bianca            (a Giovannina) Ero pronta.

Il Marchese Eccomi contento!

Bianca           E io sono fiera della mia disfatta!

Lebonnard    Ebbene, miei buoni amici, andate adesso dalla madre. Andateci tutti.   (a Roberto)  Accompagnali, figlio mio. 

(Tutti escono, ad eccezione del marchese e di Lebonnard)

SCENA  QUINDICESIMA

Lebonnard e il Marchese

Lebonnard    Bisogna bene che lo sappia al più presto... È la madre.

Il Marchese             Con chi vivrà essa?

Lebonnard    Con me... Come fare? Che c'è di mutato? Per me vi pro­metto di ritornare debole e vecchio più di prima!... Biso­gna saper morire... È una povera donna!

Il Marchese Mia figlia ha detto la parola: è grandezza di animo la vostra! caro signor Lebonnard!

Lebonnard    (lusingato)  Oh! signor marchese!

Il Marchese Voi ci avete vinto e conquistato tutti! La vostra bon­tà trionfa: insomma, essa ha fatto tutto.

Lebonnard    (raggiante) Ah!... signor marchese... voi siete un genti­luomo!

F i n e