Parlo di Gerusalemme

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PARLO DI GERUSALEMME

Trilogia

(Brodo di pollo con l’orzo – Radici)

Commedia in tre atti

Di ARNOLD WESKER

PERSONAGGI

Ronnie Kahn

Ada Simmonds, sua madre

Dave Simmonds, marito di Ada

Due facchini

Libby Dobson, compagno d’armi di Dave

Colonnello Dewhurst, datore di lavoro di Dave

Sammy, apprendista presso Dave

Danny Simmonds, figlio di Dave e Ada

Esther Kahn

Cissie Kahn        zie di Ronnie e Ada

                                       Un postino

Commedia formattata da

La Trilogia è forse l'opera drammatica che più delle altre riesce a darci un quadro preciso e definito di Arnold Wesker. Il cosiddetto carattere neo-naturalistico di queste tre commedie riflette infatti in modo evidente la storia stessa dell'autore e del­la sua famiglia, le sue battaglie politiche, le sue illusioni e le sue delusioni.

Nato nel East End di Londra il 24 maggio 1932 da una fa­miglia di immigrati ebrei russi e ungheresi, termina le scuole a quattordici anni ed è subito costretto a esercitare un mestiere: apprendista in una fabbrica di mobili, aiuto carpentiere, com­messo di libreria, garzone di un idraulico, sguattero, cuoco, pa­sticciere (quest'ultimo lavoro sarà la base della sua prima com­media, The Kitchen, scritta nel 1959). Viene quindi arruolato nella Raf, e da questa esperienza doveva maturare, dodici anni più tardi, uno dei suoi lavori più riusciti, Chips with Everithing. Congedato, riprende il mestiere di pasticciere a Londra, poi la­vora come chef a Parigi, finché nel 1956 entra nella London School of Film Technique, dove incontra Lindsay Anderson; e finalmente prende avvio la sua carriera di drammaturgo. Nel 1958 viene messa in scena a Londra Chicken Soup with Barley - rappresentata in Italia nel febbraio 1963 dal Teatro Stabile di Bologna, protagonisti Gianni Santuccio e Lilla Brignone - e pubblicato il volume di miscellanea Six Sundays in January; nel 1959 è la volta di Roots, e il medesimo anno l'«Evening Standard» proclama Wesker «il più promettente autore teatrale dell'anno».

Queste molteplici esperienze di vita fanno di Arnold Wesker un socialista appassionato, utopista fino all'ingenuità. I grandi problemi sociali si traducono in esperienze dirette: difesa della dignità del lavoro, conquista dei mezzi d'espressione, maggior tempo libero (nel i960 Wesker si fa promotore di un centro ar­tistico culturale, il Centre 42, per la diffusione della cultura, centro che diresse fino al 1971). Nella sua opera la protesta contro la società, l'irritazione nei confronti di tradizioni anacroni­stiche e polverose, la delusione per l'imborghesimento della po­litica progressista, si esprimono con una tristezza amara.

Nella trilogia, comprendente Chicken Soup with Barley (1958), Roots (1959) e l'm Talking about Jerusalem (i960), Wesker descrive dunque un mondo che conosce, esperienze da lui stesso vissute, ideali, sogni e delusioni che sono parte inte­grante della sua vita e del suo carattere. In Brodo di pollo con l'orzo son narrate le vicende dei Kahn, famiglia di immigrati ebrei ungheresi che passano dall'entusiastico comunismo degli anni 30 (guerra di Spagna, scioperi, manifestazioni antifasciste), al rassegnato conformismo del dopoguerra e infine, negli anni 50, e in particolare dopo i fatti d'Ungheria, al triste crollo de­gli ideali e delle speranze. Radici, ambientato nelle campagne del Norfolk, mostra, dopo varie vicissitudini, il risveglio inte­riore di una ragazza di campagna che ritorna da Londra e la sua avversità/diversità nei confronti della ristretta esistenza - ma­teriale e soprattutto morale e politica - della classe contadina. In Parlo di Gerusalemme ritroviamo i Kahn e il loro tentativo, miseramente fallito, di creare una impresa artigianale « sociali­sta» in campagna.

Di Arnold Wesker, oltre alle opere già citate, possiamo ri­cordare: Menace (1963), Their Very Own and Golden City (1964), The Tour Season (1965), The Friends (1970), The Old Ones (1972), The Journalists (1972), The Wedding Feast (1973), The Merchant (1975).

 

ATTO PRIMO

Norfolk. Una casa in mezzo ai campi. Si vede la grande cucina, il giardino, e il fondo di un vecchio capannone. Settembre 1946. Dave e Ada Simmonds stanno arrivan­do. Scatole e casse sono sparse un po' dappertutto. Dave e due facchini stanno scaricando un grosso armadio, stile 1930, da un camion fuori scena. Ada vuota una cassa, Sara Kahn, sua madre, sta imburrando del pane su una tavola. Una radio portatile trasmette un noto passaggio della Nona sinfonia di Beethoven. Ronnie Kahn, fratello di Ada, è in piedi su una cassa e dirige la musica e il traffico degli altri.

Ronnie                          - Pian piano, ora. Non vi affrettate. State per vin­cere.

Dave                             - Invece di star ritto a dar ordini, perché non ci dai una maledetta mano?

Ronnie                          - Non ce n'avete bisogno, di altre mani. Io vi orga­nizzo. Io vi ispiro.

Dave                             - Gesù, quanto pesa! Mettetelo giù un momento.

Ronnie                          - Mettetelo giù piano - attenti agli spigoli. È un'o­pera d'arte.

Dave                             - Te la do io l'opera d'arte. E spengi quella radio. Beethoven riesco a sopportarlo, ma te e lui insieme no davvero.

Ronnie                          - (spegne la radio) Che hai da brontolare. Non ho fatto altro che trascinar roba avanti e indietro. Si o no? e siccome questo è l'ultimo pezzo ho pensato di eserci­tare il mio talento di capo. O che non sono un bravo ca­po? (Chiama) Ehi, mamma, non ti pare che sia un bravo capo?

Sara                               - (venendo dalla cucina) Che hai perso?

Ronnie                          - Sentitela! che hai perso! È come sua figlia, non capisce mai quello che le dicono. Guarda qui. Ehi, Ada lo sai che il mare non è lontano?

Ada                               - Non te ne posso dare perché non ho ancora messo l'acqua sul fuoco.

Ronnie                          - Famiglia di pazzi.

Dave                             - Andiamo. Non finiremo mai. Siete pronti? Si piegano per alzare l'armadio.

Sara                               - torna in cucina.

Ronnie                          - Su. Piano. Senza sforzo. Su. primo facchino Dove si mette?

Dave                             - Di sopra, attraverso la cucina.

Ronnie                          - Non ce la farete a passare dalla cucina. Passate di dietro.

Dave                             - Ce la faremo.

Ronnie                          - (va avanti e spinge via dal passaggio Ada, la cassa, Sara e la tavola) Largo! Largo! L'esercito marcia ven­tre a terra! (Dave e i due uomini son piegati sotto il pe­so). Vedete, non posso aiutarvi. Non c'è posto per quat­tro per passare dalla porta. (Si fermano all'altro lato del­la cucina e metton giù l'armadio).

Dave                             - Bisogna girar di qui e andar giù per il corridoio. secondo facchino Impossibile. Un armadio non si può piegare. primo facchino Si potrebbe segare in due.

Ronnie                          - (fingendo di essere offeso) Buon Dio, brav'uomo. Un autentico pezzo del ventesimo secolo, lo volete se­gare in due. Ahhhhhh! (Ci piange sopra).

primo facchino              - Andate ancora a scuola?

Ronnie                          - E allora?

primo facchino              - Parlate parecchio, no?

Ronnie                          - E che c'entra con la scuola?

primo facchino              - Pensavo che insegnassero l'educazione.

Sara                               - (entrando nella lotta) Perché, vi sembra che non abbia educazione?

secondo facchino          - Parla in un modo. No?

Ada                               - (entra anche lei nella discussione) Però appena ha parlato poi è stato zitto.

Ronnie                          - La mia famiglia di pazzi corre a difendermi.

primo facchino              - Io gli avrei dato uno schiaffone se aves­se detto pazzo a me.

Dave                             - Bisognerà riportarlo indietro e farlo passare dalla porta d'entrata.

Ronnie                          - Che lo faccio a fare il capo se non mi date retta? (Spinge via di nuovo la tavola e la cassa che le donne avevano rimesso a posto) Largo, largo! La ritirata! (Ria­pre la radio e dirige la sinfonia e quelli che lavorano fuo­ri della cucina).

Sara                               - Scherza su tutto.

Gli uomini sollevano l'armadio e vanno faticosamen­te indietro, cercando, questa volta, di girare dietro la casa.

Ronnie                          - (si ferma e sorveglia la scena) 1946. La guerra è finita davvero, eh, mamma? non sei orgogliosa che i tuoi figli siano i primi a ricostruire sulle rovine?

Sara                               - Sicuro che sono orgogliosa. (Chiude la radio).

Ronnie                          - Orgogliosa, naturalmente. Abbiamo mandato al potere i laburisti, no? È giusto che i pionieri siano lo­ro. Benone. Tut-ti ricostruiscono. Abbasso le baracche! Via! E arriva l'assistenza medica nazionale. Il millennio è qui, e poi ancora brontolate. Che c'è? Non vi piaccio­no le fragole con la panna?

Sara                               - (guardandosi attorno) Le fragole con la panna?

Ronnie                          - E va bene, allora per il momento saranno aringhe e plum-pudding. Ma state assistendo a una grande saga. L'ebreo errante torna all'attacco. Per lui non c'è vita fa­cile, nemmeno il conforto della luce elettrica.

Sara                               - Sono pazzi.

Ronnie                          - Delle strade non ne hanno bisogno. Gli basta un viottolo pieno di fango.

Sara                               - Ada, dimmi un po' una cosa. Come farete per an­dare al villaggio? Non c'è nemmeno una strada. Campi e basta. Una casa in mezzo al nulla.

Ada                               - Ronnie, va' a prendere un po' d'acqua per il tè.

Ronnie                          - E nessuna delle soddisfazioni che dà l'acqua cor­rente, hanno questa brava gente. Un pozzo. Un pozzo biblico. Ada, mi par di vederti come Miriam al pozzo eDave che arriva come Mosè a cacciare gli stranieri, e ti-rerà su l'acqua per te e tu lo amerai e lo sposerai e gli partorirai un bambino che si chiamerà Adamo, e il bam­bino crescerà forte e la terra d'Israele crescerà potente intorno a lui.

Sara                               - Si, qui! (Si muove per buttar qualcosa su un muc­chio di spazzatura, fuori di portata della Voce).

Ada                               - Semmai erano Zipporah e Mosè.

Ronnie                          - Zipporah, che bel nome! Ho sempre desiderato di scriverla io, la Bibbia. Ada, hai mai sentito la voglia di mettersi a scrivere qualcosa che è già stato scritto? Dio, quante volte avrei voluto scrivere il «Giornale d'Autun­no».

Sara                               - torna in tempo per sentire queste parole.

Ada                               - Che cosa?

Ronnie                          - Sai, Louis MacNeice:

O passato,

o peccati miei,

dormite fra nevi lontane e rose appassite sotto la luna,

perché il bozzolo della notte si schiuderà

all'apparire del giorno.

Ada                               - Capisco quel che vuoi dire.

Sara                               - (sorpresa) È bellissimo, Ronnie.

Ronnie                          - Vero, mamma? Son versi che si possono dire, non c'è bisogno di recitarli. (Come se le dicesse qualcosa)

Dormi al rumore dell'acqua che scorre

e che domani dovremo traversare anche se è fonda:

questo non è fiume di morti, Lete,

stanotte dormiamo

sulle sponde del Rubicone - il dado è tratto -

avremo tempo di rivedere i conti più tardi, più tardi ci sarà la luce del sole e finalmente l'equazione sarà risolta, Dio, ho voglia di scriverli e di riscriverli sempre.

Sara                               - Ma Ronnie, questa non me l'avevi mai letta. Que­sta si, cerca di fartela pubblicare. (A quest'uscita, Ronnie e Ada scoppiano in una risata incontrollabile. Sara non capisce perché) E che c'è di buffo?

Ronnie                          - Oh, mamma, ti adoro, ti adoro! (L'abbraccia).

Sara                               - (spingendolo via perché la soffoca) E va bene, mi adori, mi adori, ma che c'è di buffo?

Ronnie                          - (raccoglie il secchio e va per l'acqua) Mia madre m'incoraggia - fattela pubblicare, dice. (Esce ridendo).

Sara                               - È matto, o che gli succede?

Ada                               - Oh, mamma, sei buffa. Lui citava un poeta famoso.

Sara                               - Ma come ho fatto ad avere dei figli tanto intelli­genti?

Ronnie                          - (da fuori) Ehi, Ada. Come faccio a tirar su l'ac­qua da questo pozzo?

Ada                               - (gridando) Alza il coperchio e attacca il secchio al gancio e lascialo andar giù.

Ronnie                          - (dopo un secondo) Ehi, Ada, in questo pozzo non c'è acqua.

Ada                               - (gridando) Ma sicuro che c'è, idiota.

Ronnie                          - Ma io non la vedo.

Ada                               - È molto giù, nel fondo.

Ronnie                          - Si muore di sete prima di arrivare in fondo.

Sara                               - (sospirando) Ada! Ada! Siete due matti.

Ada                               - La prossima volta ti faremo trovare dei migliora­menti.

Sara                               - Io non ci capisco niente, non capisco proprio che ci siete venuti a fare qua. E che a Londra ci si sta tanto male? Ci vivono milioni di persone.

Ada                               - Tante grazie.

Sara                               - Tutt'a un tratto piglian su e vanno.

Ada                               - (chiamando) Dave, dov'è il petrolio?

Dave                             - (da fuori) L'ho messo nell'angolo.

Ada                               - Eccolo, l'ho visto. (Prende il petrolio e incomincia a accendere il «Primus»).

Sara                               - Un fornello «Primus». E a che scopo? Quanta fatica! Non ci son strade, niente elettricità, niente gabinetto - questo è Medioevo. E dimmi un po', perché vo­lete tornare al Medioevo?

Ada                               - Più avanti compreremo una cucina a bombola.

Sara                               - II progresso.

Ada                               - Mamma, per favore - per favore, mamma, aiutaci. Per nessuno di noi è facile questo cambiamento. Non ti passa per la mente che abbiamo disperatamente bisogno del tuo incoraggiamento - per favore.

Sara                               - Son qui, no? Sciocchina. Ma come faccio a incorag­giarvi. Ho tirato su due buoni figli e me li vorrei vedere intorno. Che c'è di male? E va bene, ve ne volete anda­re, volete farvi la vostra vita altrove, ma proprio qui! Perché qui? Spiegamelo, forse sarò più contenta. Perché qui?

Ronnie                          - (di fuori, gridando) Ehi, Da ve, ce la fate?

Dave                             - (da fuori) Ce la facciamo. Un altro po' di scale.

Ronnie                          - Bravi ragazzi. Su. Su!

Dave                             - Ti scaravento in testa la prima cosa che trovo se non stai zitto. Vattene e fa' il tè.

Ronnie                          - (entrando) Gli uomini vogliono il tè. Cibo ai la­voratori. Ehi, Adina, lo sai cosa ho scoperto vicino al pozzo? Ti puoi mettere a gridare. È una cosa stupenda. Puoi gridare e nessuno ti sente.

Ada                               - (trionfante) È naturale.

Sara                               - (canzonatoria) È naturale.

Ronnie                          - È naturale - ascoltate. (Va in giardino, sale su una cassa e grida) Abbasso il capitalismo! Viva la rivo­luzione della classe operaia! Vedete? Viva anche Ronnie Kahn! (Aspetta una risposta) Nessuno ti contraddice. Nessuno fiata. Libertà! Puoi saltare (salta giù dalla cas­sa), puoi far la ruota (salta e gira con le braccia aperte). Puoi far salti mortali. (Si rotola nell'erba gridando) Iiiih! Puoi picchiar sulla terra (batte il suolo coi pugni, al colmo della gioia). Dio! Che meraviglia! Puoi anche diventar matto tutto per conto tuo, che nessuno ti dice nulla. (Si raddrizza, gli occhi spalancati).

Sara                               - Non è mio figlio quello. Ve lo giuro che non è mio figlio.

Ronnie                          - (andando a quattro zampe fino alla porta della cu­cina) Certo che non son tuo figlio. La mia vera geni­trice era una zingara e viveva in un carrozzone, e un giorno bussò alla tua porta e tu invece di comprar dei fiori comprasti me. E tutti ci credettero. Guardavano te, poi guardavano me e dicevano: «No, no, è proprio vero che non ti somiglia».

Sara                               - Fa il tè.

Ronnie                          - (salta su) Dov'è il bollitore?

Ada                                         - In una delle casse.

Ronnie                          - Par d'essere a un campeggio.

Sara                                         - Un campeggio!

Ada                               - L'hai finito il pane?

Sara                               - Si. E la minestra?

Ada                               - La minestra?

Ronnie                          - Iersera ha fatto un brodo di pollo e l'ha messo in bottiglia. Mette tutto in bottiglia. (Guarda nella borsa di Sara).

Sara                               - E ho fatto anche un pasticcio di carne.

Ada                               - Mamma, non dovevi.

Sara                               - Non dovevo, non dovevo. Tutto quello che ho fatto non l'avrei dovuto fare. Ma ci avevi pensato a quello che avreste mangiato arrivando qui?

Ada                               - Ho portato pane, pomodori, frutta e formaggio.

Ronnie                          - Formaggio!

Sara                               - Come se non lo sapessi quello che porti.

Ronnie                          - Quando ho fame mi mette sempre davanti il for­maggio.

Ada                               - Siete matti tutti e due.

Sara                               - Siamo noi i matti. I miei figli non sanno ancora or­ganizzarsi per vivere.

Ronnie                          - (sollevando una bottiglia) Brodo di pollo in botti­glia, sembra - eh... ah... si... speriamo che abbia un altro sapore...

Ada                               - Abbiamo un «Primus» solo e cosi dovete aspettare finché bolle l'acqua. Ronnie, tira fuori una tovaglia.

Ronnie                          - Una tovaglia? che? qui? ora?

Ada                               - Questo posto

Sara                               - una rovina, ma non ho intenzione di vivere rovinosamente.

Dave e i facchini sono tornati e Ronnie stende la tova­glia aiutato da Sara.

primo facchino              - È un bel problema vivere qui, eh?

secondo facchino          - Non è molto moderno, eh, Jim?

Ronnie                          - L'avete messo a posto l'armadio?

secondo facchino          - Ce l'abbiamo fatta a passare la porta,

Dave                             - Mi aiuterai poi a metterlo a posto, Ronnie.

primo facchino              - E che ci siete venuti a fare qui, voi? Non per metter il naso nei fatti vostri, ma è una scelta un po' buffa per una casa nuova.

Dave                             - È una storia lunga.

primo facchino              - E un posto meglio non lo trovavate? Con più comodità? Voglio dire, non è molto igienico, eh?

Dave                             - Non è facile trovare il posto adatto con pochi soldi. Ho visto un'offerta di lavoro, con una casetta a buon mercato vicino e l'ho acchiappata.

Sara                               - Tutto difficile. Tutto difficile si devon trovare!

primo facchino              - Ma son giovani, signora, no? Bisogna riconoscere che qui c'è aria fresca.

secondo facchino          - Maledettamente fresca, secondo me.

Ronnie                          - Su Dave, rispondi. È un'occasione d'oro. Il mon­do ti chiede perché sei venuto qui. Là c'è il mondo (ac­cenna ai due facchini) e qui ci siete voi. Compagno, sei sotto processo.

Ada                               - Non far lo stupido Ronnie, gli uomini vogliono il tè.

Ronnie                          - Ma sono serissimo, ragazza mia, anch'io voglio sapere. Siete sempre stati i miei eroi, ora però siete cam­biati. Vi siete lasciati il comunismo alle spalle. E ora?

primo facchino              - Sei un comunista, no?

secondo facchino          - Questa è una parolaccia, eh?

Ronnie                          - Dave, il mondo attende.

Dave                             - Non ho intenzione di far un discorso, Ronnie.

Sara                               - E che è fare un discorso dire le tue ragioni?

Dave                             - Non puoi parlare di ragioni, Sara, cosi semplice­mente. Una decisione cresce pian piano - e a un certo punto scopri...

Ronnie                          - Ma questa dov'è cominciata?

Ada                                          - A Ceylon...

Dave                             - quando ero là di guarnigione. Ero con i reparti di salvataggio dell'Aviazione, e costruivo natanti.

primo facchino              - Noi eravamo in India. Ci siamo cono­sciuti là, Ted e io. E là ci si decise a far questo lavoro.

Dave                             - Io ci son stato per un po' in India. Dove eravate voi?

secondo facchino          - A Bombay.

Dave                             - Io a Karachi. È li che ho conosciuto Libby Dobson, te lo ricordi Ada? Ti scrivevo sempre di Libby Dob­son. Io e lui si pensava di far tutto insieme quando si tornava borghesi. Come voi due. Ma quello fu un castel­lo in aria.

Ada                               - Però ti faceva una grande impressione.

Dave                             - Mi insegnò tante cose. Quando saremo a posto gli diremo di venire - non dovrebbe esser difficile ritrovar­lo. Diceva sempre che voleva far qualcosa di questo ge­nere, insieme a me. L'approverà, questa mossa. Il vec­chio Libby ci si divertirebbe un mondo quaggiù.

primo facchino              - Com'era Ceylon?

Dave                             - Un'isola bellissima. Facevo il falegname e guardavo i falegnami del posto quando lavoravano. Si fabbricava­no i loro arnesi e qualche volta mi facevano vedere come li fabbricavano. Si sedevano sulla spiaggia a costruire le barche, o fuori dalle case a piallare e intagliare il legno, e mi lasciavano stare con loro quando seppero che anch'io costruivo barche. E sapete, un giorno mentre li os­servavo feci una scoperta - quel genere di scoperta che riesci a fare soltanto due o tre volte nella vita. Scoprii una vecchia verità: che un uomo è fatto per lavorare e che quando lavora dà qualcosa di se stesso, qualcosa di infinitamente prezioso...

secondo facchino          - Veramente noi di prezioso non ci si vede nulla, a vivere in capanne di fango e a lavorare col male addosso.

Dave                             - No, no, non avete capito. Io parlo del modo in cui lavoravano, non delle condizioni. Lo so anch'io delle ma­lattie e delle capanne di fango, ma quello che cercavo di farvi capire...

Ada                               - Non vale la pena far fatica a spiegare. Siamo qui, e

Sara                               - (arrabbiata) Ada, piantala. Piantala! L'impazienza'' Che ti succede tutto a un tratto? Non bisogna spiegare' Non vuole spiegare nulla! Basta con le parole. Soltanto una frase fredda, da inglese: «Va' per i fatti tuoi che i0 vo per i miei». Perché?

Ada                               - Perché le parole non servono a niente. Perché noi parliamo di una cosa e tu ne intendi un'altra. Ecco per-che.

Ronnie                          - Su Dave, non hai detto abbastanza. Il mondo non ti crede...

Ada                               - II mondo!

Ronnie                          - Continua a spiegare.

Ada                               - Spiegare che cosa? Abbiamo cambiato casa, che c'è da spiegare? Che c'è di straordinario?

Sara                               - (ponendo finalmente la domanda essenziale) Che c'è di sbagliato nel socialismo, che siete costretti a scap­pare in una torre d'avorio?

Dave                             - Non c'è nulla di sbagliato nel socialismo, Sara, sol­tanto c'è che noi lo vogliamo vivere, non parlarne e ba­sta.

Sara                               - Viverlo? Qui?

Ada                               - Oh! Perché la città secondo te è un paradiso.

Sara                               - La città vuol dire gli esseri umani. Ditemi un po', che è il socialismo senza gli esseri umani?

Dave                             - La conosco la città, Sara. Credimi, cara. Da che mi hanno smobilitato, ho lavorato in una fabbrica, sfornan­do porte e telai per finestre, ed ho visto uomini che odia­vano se stessi mentre facevano quel lavoro. Una mattina dopo l'altra, arrivavano con un odio freddo negli occhi, abbrutiti, avevan perduto ogni umanità. E questi li chia­mi uomini? Per tutta la vita butteranno le loro energie dentro qualcosa che in cambio non gli dà nulla. Perche pensi che questi due (indicando i facchini) abbiano de­ciso di mettersi in proprio? Eh? Te lo dico io.

Sara                               - Ma la società non è ancora socialista.

Ada                               - E che diavolo di differenza credi che faccia. Tutti par­lano di prendere il posto della società capitalista, ma nessuno parla di cambiarla.

secondo facchino          - E voi la cambierete?

primo facchino              - Da solo, capo?

Dave                             - No, naturalmente non la possiamo cambiare. Ma lo vedete quel capanno là? Io lavorerò da carpentiere per un anno qui nella fattoria del colonnello, e poi fra un anno quel capanno diventerà il mio laboratorio. Io lavo­rerò là, e la mia famiglia starà qui, a dieci metri da me, dove li posso vedere e sentire. E loro divideranno il mio lavoro e io dividerò la loro vita. Non voglio esser spo­sato a degli sconosciuti. Ho visto la città ridurre marito e moglie due sconosciuti, ma non succederà a me, non a me e a mia moglie.

Sara                               - Parole, parole.

Ada                               - Non sono parole. Finalmente, qualcosa di più delle sole parole.

Pausa. La loro sfida penetra.

Ronnie                          - (ai facchini) E cosi ora voi sapete (a Ada e a Da­ve) e ora anche il mondo lo sa. E il mondo vi terrà d'oc­chio.

primo facchino              - Vieni via. È l'ora di andarcene. Questi socialisti non son nemmeno buoni a darci una tazza di tè.

A queste parole tutta la famiglia Kahn si butta all'azio­ne, con proteste di scusa, e caricano tramezzini e frutta sulle braccia dei due uomini stupefatti.

secondo facchino          - Ohe! Ohe! Evviva! Buon Natale.

primo facchino              - Pensate a noi poveri diavoli di città! Buona fortuna.

I due vanno verso il camion. Si sente che lo mettono in moto. Il motore si scalda e il camion parte. La famiglia sta là in piedi a guardare, e saluta con la mano e grida «arrivederci», restando in ascolto finché si ode il rumore.

Silenzio.

Il camion è partito e con esso sembra partita la vecchia vita. Fa scuro.

Ronnie                          - Ecco... ci siete. Siete arrivati. Benvenuti alle Ro­vine!

Dave va verso Ada e la bacia. Ronnie li guarda. Da una parte Sara siede scontenta su una sedia.

Dave                             - Abbiamo una casa.

Ada                               - Abbiamo una casa.

Dave                             - Sei stanca, tesoro?

Ada                               - Un po'.

Dave                             - Non è poi tanto schifosa.

Ada                               - Lo so.

Dave                             - Magari sembra, ma non è tanto schifosa.

Ada                               - Lo so, angelo.

Dave                             - Ti senti a posto?

Ada                               - Mi sento a posto.

Dave                             - Ti amo molto.

Ada                               - Ti amo molto.

Ronnie                          - (avvicinandosi a Sara) E anche io ti amo, amore (la circonda col braccio). Guarda mia sorella (con esage­rata passione) quant'è bella!

Sara                               - Non capisco che cosa le sia successo, non capisco come fa ad essere cosi.

Ada                               - (allontanandosi da Dave) Non sono in nessun modo, mamma, son soltanto tua figlia (bacia Sara). Puoi venire a trovarci. Guarda (muove le braccia con gesti studiata­mente regali), una villa in campagna. Possiamo ricevere in grande stile. Tutti possono venirci in vacanza - ver­ranno le zie zitelle! La zia Cissie e la zia Esther posson venire qui a strapparci le erbacce.

Ronnie                          - Questi idealisti son proprio dei borghesi.

Sara                               - Ma tanto lontano.

 

Ada                               - Soltanto cento miglia.

Sara                               - Cento miglia! è facile a dire, e come si fa se Harry peggiora? Non ci si ferma al primo colpo, tuo padre è sempre stato poco forte.

Dave                              - Vado di sopra a sfare le valige.

Ada                               - Accendimi il lume, tesoro, prima di salire. Fra poco è pronta la cena.

Dave accende.

Ronnie                          - Io vado a vedere i dintorni. Scommetto che ci sono tesori nascosti e nascondigli segreti.

Sara                               - Prendi l'impermeabile.

Ronnie lo prende.

Dave                             - Mi toccherà portar su una candela.

Ada                               - Su, mamma, prepariamo un po' di cena.

Sara                               - Devi proprio lavorare ancora, Dave? Non ti potre­sti riposare un momento?

Dave                             - Vado a fare i letti e tirar fuori un po' di vestiti. Poi piano piano ci metteremo a posto. Non c'è fretta. Que­ste lampade sono buone. Ecco, è accesa.

Una luce dolce illumina parte della cucina.

Ada                               - Che bella luce!

Sara                               - Qualcuno ha perso tanto tempo ad inventare l'elet­tricità. Poteva farne a meno! (Dave sorride, scuote la testa e va di sopra. Le donne si danno da fare. Riordi­nano la confusione generale, poi apparecchiano. I movi­menti di Ada sono lenti e calmi.

Sara                              - è mutevole e agi­tata, per quanto riesca, in qualche modo, a parlare lenta­mente e con fermezza sotto Voce . L'atmosfera si conso­lida). E a Dave non gli piaccio - lo sapevi? (Ada non ri­sponde. Silenzio. Continuano a muoversi attorno). Non so perché non gli debba piacere. Non credo di avergli mai fatto niente. (Pausa). Forse è per questo che ti por­ta via, perché non gli piaccio. Chi lo sa! (Ada tace ancora - comincia invece a canticchiare sotto Voce). È cambiata. Dave è cambiato molto dai vecchi tempi, Ada (Pausa). O forse no, forse sono cambiata io, chi lo sa. Io so che ha combattuto in Spagna, davvero è un bravo ragazzo, ma - Ada, i figlioli! Li tiri su, gli insegni questo e quello, fai quel che credi più giusto, e ancora non serve a nulla. Crescono e se ne vanno, e ti lasciano con -con! Da che vengono le loro pazzie? E chi lo sa. Io non lo so perché a Dave non gli piaccio. (Ancora nulla da Ada. Canticchia un po' più forte). Cos'è questo cantic­chiare? Tutt'a un tratto si mette a canticchiare quando le parlo. Una nuova fissazione. Piantala, Ada! piantala sciocca!

Un anziano signore compare. È il colonnello Dewhurst l'agricoltore per il quale Dave lavorerà. Viene dal viot­tolo e bussa alla porta della cucina proprio mentre Sara sta per finire.

Colonnello                    - (mentre gli aprono la porta) Signora Simmonds? Sono il Colonnello Dewhurst.

Ada                               - Oh, buonasera. Entri, prego. Stiamo ancora disfa­cendo i bagagli, ci scusi...

Colonnello                    - Ma capisco bene, signora, soltanto pensa­vo...

Ada                               - Questa è mia madre, Colonnello. Mamma, il Colonnello Dewhurst, il padrone di Dave.

Colonnello                    - (stringendole la mano) Come sta, signora? Deve essere molto stanca. Ha fatto un viaggio lungo, og­gi, è vero?

Ada                               - (chiamando) Dave, Dave! C'è il

Colonnello                    - Dew­hurst.

Dave                             - Scendo fra un minuto.

Ada                               - Si accomodi, prego.

Colonnello                    - Dicevo a sua madre che avete fatto un lun­go viaggio, oggi.

Ada                               - Eh, sì!

Colonnello                    - Vi deve sembrar strano.

Sara                               - Ci sembra molto strano.

Ada                               - Colonnello, mia madre ci crede pazzi!

Colonnello                    - Perché siete venuti in campagna? Ma è una bella vita, una bella vita.

Sara                               - Senza gabinetti e senza luce elettrica?

Colonnello                    - Ci sono migliaia di posti come questo, mi­gliaia! Ma è una casa grande, l'aria è fresca...

Sara                               - A Londra ci sono tanti parchi.

Colonnello                    - Io non farei più il cambio.

Sara                               - Forse lei ha delle comodità che i miei figli non han­no. -

Colonnello                    - Ma loro sono giovani, no? E bene che inco­mincino con le difficoltà, cosi apprezzeranno la vita.

Sara                               - (a Ada) T'abbiamo allevata nelle ricchezze, forse?

Dave                             - (entra e stringe la mano al Colonnello) Buonasera,

Colonnello                    - Dewhurst.

Colonnello                    - Ho pensato di passare a vedere se eravate arrivati bene.

Dave                             - Molto gentile.

Colonnello                    - Vi abituerete presto. La vita in campagna fa bene.

Dave                             - Ce la prendiamo comoda. Penso che ce la caveremo.

Colonnello                    - Ma certo, sicuro! Quando pensate di poter cominciare - be'! - sapete, quando posso contare...

Dave                             - Veramente speravo che non le importasse lasciarci qualche giorno per sistemarci e orientarci.

Colonnello                    - Si, bene, non c'è bisogno che veniate do­mani, credo che andrà bene - si, che andrà bene. Ma il mio capo aspetta per incominciare certi steccati, vuol rinchiudere qualche altra scrofa. È un pezzo che aspetta un falegname. No, non c'è bisogno che veniate domani -andrà bene anche dopodomani mattina presto.

Dave                             - Grazie.

Colonnello                    - Si, già, ho pensato di fare un salto a vedere se eravate arrivati bene. Venite al momento buono. Ab­biamo avuto un po' di pioggia, ma ora è finita. Fa male, troppa pioggia.

Ada                               - (non sapendo proprio che rispondere) Certo fa male, no?

Colonnello                    - A proposito, Simmonds, vi consiglio di comperarvi un cassone per raccogliere l'acqua piovana, ft buona, quella. E vi risparmia fatica. Meno acqua da tirar su dal pozzo. Comprate un cassone con un rubinetto è più facile. Ma non la bevete. Usatela per lavare e co'se simili.

Dave                             - Grazie del consiglio.

Colonnello                    - Vi aiuterò. (Esce in giardino. Dave e Ada lo seguono fin sulla porta). Col tempo imparerete un sacco di cose (guarda in giro). Un buon giardino questo Coltivate i vostri erbaggi. Qui c'è un melo: potatelo un po'. Il capanno è solido, avrà un paio di secoli. Adope­ratelo per i polli e costruiteci una stia dentro. La sapete fare da voi, no? Fabbricarvi una stia per i polli?

Dave                             - Direi di sì. Con un po' di cervello si può far tutto.

Colonnello                    - (a un tratto diventa il padrone) Allora, Simmonds, alle otto mercoledì mattina. Buonanotte a tutti e due. (Va via).

Dave e Ada si guardano per un momento.

Sara                               - Quell'uomo è il tuo padrone?

Ada                               - (a Dave) Non ti ha dato troppo tempo per sistemarti,

eh?

Dave                             - No, non me l'ha dato.

Sara                               - Avrai poco tempo per grattarti, te lo dico io.

Ada                               - Forse ha bisogno di te.

Dave                             - (sicuro) Di certo! (Non tanto sicuro) Ma pensavo che ci avrebbe dato un paio di giorni per sistemarci.

Ada                               - Si che avrebbe potuto.

Dave                             - Stiamo ancora correndo.

Ada                               - Cosi pare.

Sono disillusi.

Sara                               - (li guarda tristemente) Figlioli, figlioli! Vogliono entrare in paradiso di corsa. Forse è un bene che tu co­minci subito il lavoro, vi sistemerete in casa a poco a po­co e il lavoro ti terrà al passo, ti darà una regola. Biso­gna sempre avere una regola.

Ada                               - (rallegrandosi a queste parole) Forse la mamma ha ragione, tesoro. Forse è meglio cominciare subito.

Dave                             - Vuoi dire senza avvilirsi?

Ada                               - Voglio dire non aver tempo per pensare che forse ab­biamo fatto uno sbaglio.

Dave                             - Ma tu non lo pensi che abbiamo fatto uno sbaglio, eh tesoro?

Ada                               - No davvero.

Dave                             - Ti amo (la bacia in fretta).

Ada                               - Vieni ora, finiamo di mangiare. Dov'è Ronnie?

Sara                               - Cerca un tesoro nascosto.

Dave                             - Cerca - che cosa?

Sara                                             - È andato ad esplorare - là sulle montagne (accenna vagamente).

Ada                               - Nel Norfolk le montagne non ci sono, mamma.

Sara                               - Mi sorprende proprio.

Dave                             - Cos'è quel fuoco? (Tutti guardano una luce rossa che vien da dietro il capanno. Dave e Ada corron fuori verso un lato del capanno). Spero che quell'imbecille non ne abbia combinata una delle sue.

Sara guarda verso di loro.

Ronnie                          - (entra dopo pochi secondi, venendo dall'altro lato del capanno. Cammina come in sogno, stringendo in ma­no un ramo, guardando nel vuoto) Si può accendere il fuoco sotto il cielo di notte.

Sara                               - Cosa hai combinato, pazzo?

Dave                             - Ci sono sterpi in tutte le siepi, e ci si può fare un fuoco.

Sara                               - Hai dato fuoco al capanno?

Ronnie                          - È proprio bello.

Sara                               - Per amor di Dio, smetti di far lo scemo e rispondi.

Ronnie                          - (guardandosi attorno) Tutto è bello.

Ada e Dave tornano.

Ada                               - Ronnie, sei uno scimunito, potresti aver dato fuoco a tutto quanto.

Ronnie                          - No, no, me ne intendo di queste cose.

Sara                               - Ma che ha fatto? Non mi riesce di farmi rispondere a tono.

Dave                             - Va bene, ha fatto un falò, non abbiate paura, non brucia nulla, mangiamo.

Si siedono a tavola, eccetto Ronnie, che per il momento resta appoggiato a una cassa, incantato.

Sara                               - È cosi matto! A volte mi ci arrabbio. Ma guardatelo un po', sogna! Togliti l'impermeabile e mettiti a tavola.

Ronnie si siede, ma non si toglie l'impermeabile.

Ada                               - Ma perché ti siedi con l'impermeabile addosso?

Ronnie                          - Non so perché, mi sento... mi sento... (non sa spiegare).

Ada                               - Si, si, ma mi vuoi dire perché mangi con l'impermea­bile addosso?

Sara                               - Un'altra pazzia! ogni tanto gli entra un'idea in te­sta e non c'è modo di fargliela uscire. Mi fa una rabbia! Ronnie, togliti l'impermeabile!

Dave                             - Ma perché vi scaldate tanto? Il ragazzo vuol man­giare con l'impermeabile addosso, e lasciatelo mangiare con l'impermeabile.

Ada                               - Ma non è normale.

Dave                             - E va bene, non è normale, e che te ne importa?

Ada                               - Me ne importa. A tavola con lui non mi ci metto fin­ché tiene l'impermeabile.

Ronnie continua a mangiare.

Sara                               - Perché sia cosi proprio non lo so. Ronnie, togliti l'impermeabile!

Ada                               - É cosi testardo! Ronnie!

Dave                             - Tu e tua madre siete le stesse. Ma perché non lo la­sciate in pace? Che cosa fa di male a tenersi l'impermea­bile?

Ada                               - Perché mi dà noia, ecco perché. (A Dave) Non ti mettere dalla sua, Dave, perché se ti metti dalla sua, sa che l'avrà vinta.

A questo punto Sara si alza, e va in un angolo e prende un ombrello.

Dave                             - E ora, guardaci un po'. Stiamo litigando fra noi so­lo perché tuo fratello si è seduto a tavola con l'imper­meabile! Ma si è mai sentito niente di più scemo? Che sta facendo tua madre? (Sara si siede a tavola, apre l'om­brello e si mette a mangiare. Tutti la guardano stupiti. Ad un tratto Ronnie scoppia a ridere, salta su dalla se­dia, la bacia e si toglie l'impermeabile. Dave si accorge di quel che è accaduto e ride anche lui. Grande allegria). Siete una bella manica di matti, voi Kahn.

Tutti mangiano.

Sara                               - (gira l'ombrello sulle spalle, sporge la mano per sen­tire se la «pioggia» è cessata, chiude l'ombrello e man­gia) Conosco bene i miei figli.

Dave                             - Perché vi assomigliate tutti, ecco.

Mangiano in silenzio finché Sara, a un tratto, si alza e va di corsa dalla cucina in giardino, prendendo un fazzolet­to dalla tasca del suo grembiule. Piange un po'.

Ronnie                          - (si alza e va alla porta) Sara?

Sara                               - Tutto bene, sto bene, lasciami, torna dentro e fini­sci di mangiare.

Ronnie                          - (rientra) Piange di nuovo.

Ada                               - Me l'aspettavo. Forse era meglio che non venisse.

Dave                             - Come fai a biasimarla, tesoro? Ronnie, siediti e finiamo di mangiare.

Ronnie                          - Veramente ho poca fame. (Un po' seccato) Sem­bra sempre che sia la fine del mondo quando piange.

Sara                               - (dal giardino) Sapete, mi ricorda l'Ungheria, dove sono nata.

Ada                               - Ecco, le è passata.

Sara                               - C'era una montagna alta e un fiume e una cascata­; mio fratello Hymie una volta ci cascò dentro e io lo ripescai. A momenti affogava. E sui monti c'era la neve.

Ronnie                          - (a lei) Ma qui non ci sono né montagne né casca­te, mamma.

Sara                               - (dopo un po', petulante) Mi ricorda lo stesso l'Un­gheria.

Ada                               - Tutto le ricorda l'Ungheria. L'altra sera stavamo ascoltando Beethoven, e quella a giurare e spergiurare che il pezzo era costruito su un canto popolare unghe­rese.

Ronnie                          - Mi metto a rigovernare.

Dave                             - Su, finiamo di disfare le valige.

Ronnie versa dal bollitore il rimanente dell'acqua nel catino, ci butta dentro la polvere di sapone, e incomin­cia a rigovernare. Ada e Dave tolgono gli oggetti da una delle casse, li svolgono e li mettono da una parte. Sara entra, prende un asciugatoio ed incomincia ad asciugare le stoviglie lavate da Ronnie; intanto canta una canzone popolare ebraica, dolce e melodiosa. Ma non ricorda più in là del primo verso. Ronnie le suggerisce. Cantano in­sieme. Ronnie fa cenno a Ada di unirsi a loro, essa canta con loro e ben presto Dave si unisce agli altri. La nuova vita ha cosi inizio, portando con sé un po' della vita pas­sata.

Sipario.

 

ATTO SECONDO

SCENA PRIMA

Luglio 1947. C'è più ordine. Sono passati dodici mesi e con essi il primo inverno. Una targa recante Y.H.A. con una freccia è appoggiata al muro, pronta per essere pian­tata in terra. La scena è vuota. Dave compare cantando Linden Lea e portando un rotolo di linoleum che appoggia alla porta di dietro. È appena tornato dal lavoro. Si ferma sulla porta e guarda fuori, scrutando la campagna. Da una stanza di sopra Ada chiama.

Ada                               - Dave?

Dave                             - Si, cara.

Ada                               - Santo Cielo, che ore sono?

Dave                             - Circa le cinque e un quarto. È qui Libby?

Ada                               - No, torna fra poco. Sto finendo una lettera.

Dave                             - Va bene, non ti affrettare.

Ada                               - Dave, quando siamo arrivati qui?

Dave                             - Circa dodici mesi fa. (Resta sulla porta e comincia a slacciarsi gli stivali).

Poco dopo compare Ada. È incinta. Saluta Dave con un bacio, poi lui accenna con la testa alla campagna. Ambe­due guardano fuori e respirano profondamente.

Ada                               - II grano è giallo, ora.

Dave                             - Ogni stagione ha il suo colore. Ai bambini piacerà.

Ada                               - Insegneremo ai bambini a guardare le cose, vero? In­venterò per loro una specie di gioco, gli insegnerò ad osservare (scherzosamente pomposa). Non lasciate che il mondo vi lasci indietro - gli dirò (respira profondamente) respirate - dirò - respirate fino in fondo ed empitevi i polmoni ed aprite gli occhi. Per il sole - gli dirò - aprite gli occhi per quel graaande sole.

Dave                             - Poco tempo fa la campagna era marrone. Che ne dice Libby, ora che ha avuto il modo di guardarsi attor­no? Abbiamo potuto parlare poco, iersera. È venuto tan­to tardi.

Ada                               - È uno strano tipo quel tuo Libby Dobson. Somiglia poco a come l'avevi descritto, non ti pare?

Dave                             - Proprio cosi. Che ha fatto tutto il giorno?

Ada                               - Gli ho incartato dei panini ripieni e se ne è andato a passeggiare per tutto il giorno. Dio sa dove. Si mise qui impalato e si guardò intorno, e disse: «Non c'è che cie­lo, vero? » e poi se ne andò con un «arrivederci».

Dave                             - Povero vecchio Libby, sembra triste e malridotto -mai avrei pensato che finisse come... cosa ha detto che è?

Ada                               - Un consulente commerciale.

Dave                             - Era un gran bravo meccanico nella Raf.

Ada                               - Ci sei rimasto male, vero, tesoro?

Dave                             - Sì

Sara                               - una scemenza, ma ci sono rimasto male. C'è sempre una persona alla quale vorresti mostrare la tua vita - far vedere quello che hai fatto - ed io pensavo sempre che Libby Dobson fosse lui - pensavo che avreb­be capito - accidenti, quell'uomo mi ha dato una mano a formarmi un cervello - la gente! pazienza, forse la gen­te è fatta così.

Ada                               - Forse starà meglio dopo che ha camminato tutto il giorno. Guarda, dammi un po' d'acqua, sennò ritorna e non ci

Sara                               - niente di pronto, e allora si arrabbierà.

Dave                             - Si arrabbierà! Sei già diventata una vera ragazza del Norfolk (l'abbraccia). Facciamo finta che non ci sia, an­diamo a letto e restiamoci.

Ada                               - Prima finiamo questo.

Dave                             - Lasciamogli un biglietto, al vecchio Dobson. La ce­na se la può fare da sé.

Ada                               - Caro, l'acqua.

Dave                             - Ormai è grande, può far da sé.

Ada                               - E poi io - noi - abbiamo fame.

Dave                             - Acqua. (Esce cantando «Linden Lea»).

Ada entra per preparare l'insalata.

Dave                             - (le parla dal retro della casa) Tesoro, dobbiamo fa­re dei progetti nuovi.

Ada                               - Per cena faccio l’insalata.

Dave                             - Che?

Ada                               - L'insalata.

 Dave                             - Progetti.

Ada                               - Che?

Dave                             - Progetti!

Ada                               - No, insalata!

Dave                             - (compare alla finestra di cucina) Mettiamoci d'ac­cordo - tu di che stai parlando?

Ada                               - Ho detto che facevo un'insalata per cena.

Dave                             - Oh! e io dicevo che dovevamo fare dei progetti nuovi. Ricominciamo da capo. (Torna al pozzo).

Ada                               - (aspetta, poi grida) Che progetti?

Dave                             - Voglio costruire un pollaio.

Ada                               - Bello...

Dave                             - E poi voglio gettare un impiantito di cemento nel capanno cosi ci posso fare un laboratorio come si deve.

Ada                               - L'hai mai fatto un impiantito di cemento?

Dave                             - Ma neanche i mobili li avevo mai fatti. Si impara. Ci pensi e impari. Cristo, quanti altri secchi di acqua ti servono?

Ada                               - Empi soltanto lo scaldabagno.

Dave                             - L'ho riempito stamani.

Ada                               - E io stamani l'acqua l'ho adoprata. (Dave entra, scal­manato, con un secchio d'acqua). Qua, metti il resto nel­la brocca (tira fuori una brocca da sotto l'acquaio).

Dave                             - E poi un'altra cosa, voglio portare un tubo dall'ac­quaio al pozzo, e farlo correre nello scarico fuori.

Ada                               - Fai anche l'idraulico.

Dave                             - E poi bisogna incominciare a pensare alla compera di un cassone per l'acqua piovana, che ci risparmierà le braccia al pozzo.

Ada                               - Tesoro, ho bisogno di una dispensa. Quella credenza che hai fatto non basta.

Dave                             - A suo tempo, cara, a suo tempo. Il giardino l'abbia mo fatto crescere, no? E i buchi del tetto li abbiamo riparati. Ho chiuso colle assi la vecchia stalla e ho messo via il legno per lavorare. Ho imbiancato le stanze e quasi tutte le finestre hanno le tende, e fra tre mesi credo di potermi mettere da me. Guarda, soltanto le siepi sono incolte; tutto a suo tempo, tesoro.

Ada                               - E la mamma ci domanda che ne facciamo del nostro tempo. Son matti.

Dave                             - Credi che ci resisteremo?

Ada                               - Che diavolo di domanda è codesta?

Dave                             - Rilassati, Ada - sei tutta tesa - finirai per partorire un attizzatoio.

Ada                               - Dave, e poi c'è un'altra cosa. Sto in pensiero per il bambino. Ho letto...

Dave                             - Qualunque cosa hai letto, dimenticatene. E guar­dati, come stai bene! Hai la pancia alta e il bambino è forse cosi grosso che si è stufato (mette l'orecchio sulla pancia di Ada e parla al bambino). Ascolta, sta par­lando.

Ada                               - Tu sei pazzo, caro!

Dave                             - Ti dico che sta parlando! Si, si, ti sento - sembra una dozzina di pompe che si scaricano - che hai detto? Che non vuoi uscire? Ma dovrai uscire. Lo so, che ci stai bene, ma ti verrà un crampo. Nossignore, non te lo man­do il taxi, vieni a piedi. Ora sta' a sentire, esci fuori quando te lo dicono, o ti tappo dentro a vita, mi senti?

Ada                               - Per amor di Dio, non esser volgare, Dave.

Dave                             - (la abbraccia) Si, siamo volgari!

Ada                               - In mezzo ai campi?

Dave                             - Proprio in mezzo ai campi, una notte di luna piena.

Dobson                         - (compare in quel momento. È tarchiato, di circa trent’anni e ha l'aspetto di uno che voglia sembrare un pescatore e non riesca che a sembrare un tipo in vacan­za) Avete un bel nascondiglio, qua.

Dave                             - (con ottimismo) Che te ne pare, Libby, ora che l'hai visto?

Dobson                         - Che ne fai? Un albergo per la gioventù?

Dave                             - In qualche modo bisogna che faccia un po' di de­naro in più.

Dobson                         - Questi posti sono quello che ci vuole per i gio­vani sani e robusti, no? Ecco (mette due bottiglie sul ta­volo), vino per la tavola e whisky per me. Salgo a cam­biarmi. (Esce).

Dave                             - Mi domando proprio che razza di serata passeremo.

Ada                               - (raccogliendo un secchio di spazzatura da sotto l'acqua­io e vuotandolo fuori della porta di dietro) Andrà be­ne, Dave. La gente non è mai come te la ricordi - ba­sterà che facciate di nuovo conoscenza. (Vede i rotoli di linoleum. Posa il secchio e li svolge) Che roba è, caro?

Dave                             - Del vecchio linoleum buttato via dal

Colonnello                    - . Si potrebbe usarlo nell'entrata.

Ada                               - L'ha buttato via?

Dave                             - Be', l'ho visto sotto la tettoia. C'è stato per dei mesi.

Ada                               - Ma glielo hai chiesto?

Dave                             - Ma son secoli che è buttato là.

Ada                               - Dave, non ho molti scrupoli a prender roba vecchia dai padroni, ma non mi piacerebbe che...

Dave                             - Va tutto bene, tesoro, te lo dico io.

Ada                               - Dici che va bene, ma...

Dave                             - Ada, la cena. Libby ha fame, e anch'io. Mi voglio lavare. (Versa l'acqua in un catino e si spoglia fino alla cintola per lavarsi).

Ada                               - (continua ad apparecchiare) Devo tirar fuori i bic­chieri da vino?

Dave                             - Tira fuori i bicchieri da vino.

Ada                               - Tesoro, non essere offeso.

Dave                             - Ma dici certe cose...

Ada                               - Non voglio che succeda niente di male.

Dave                             - Molte cose andranno male - e poi? Te la prenderai ogni volta?

Ada                               - Ti rincresce di accendere il lume quando hai finito?

Dave                             - Voglio dire che tante cose andranno male, no?

Ada                               - Questo è diverso. Io... (Dobson ritorna e si siede, aspettando. Ricordate che li ha già sorpresi mentre si abbracciavano. Dave e Ada si guardano. Dave scrolla le spalle. Ada tira fuori una camicia pulita per Dave, il quale si mette a preparare l'insalata, che non verrà mangiata). Dave, per favore, non ti dimenticare la lampada quando hai finito.

Dobson                         - Anche le lampade a petrolio! L'avete presa sul serio, questa marcia indietro, eh? Proprio sul serio.

Dave                             - Libby, che c'è compagno? Su, sputa fuori, che ti punge?

Dobson                         - No, Simmonds, ti prego. Basta col « vecchio mio» e i ricordi di guerra. Sono in vacanza. Ti aiuterò a spac­care la legna - magari ballerò con te intorno all'albero della cuccagna, ma niente esami di coscienza.

In un silenzio imbarazzante la lampada viene accesa. Nella scena seguente Dobson beve il suo whisky, e pian piano si sbronza.

Dobson                         - (ora guarda il cielo) La campagna puzza di vacca con la diarrea.

Ada                               - Forse ha ancora il fumo e il puzzo di benzina nel naso.

Dobson                         - Gesù! Questa risposta la riconosco da lontano un miglio. Se non l'avessi saputa, mi avrebbe raccontato tutta la vostra storia. Questa orrenda civilizzazione in­dustriale! Odiamo le grandi città disumane! Si ritorna alla natura, eh ragazzi!

Ada                               - (a Dave) Oggi ho avuto una lettera da Ronnie.

Dave                             - Che dice quel matto di tuo fratello?

Ada                               - Te la ricordi la sua ragazza, Jacqueline? Quella che sapeva tutto, come diceva lui? Be', è arrivato alla con­clusione drammatica che i simili non stan bene insieme, e cosi ha deciso di sposare una prostituta!

Dobson                         - Oh Dio! Scommetto che vostra madre è nell'E­sercito della Salvezza!

Dave e Ada ridono a crepapelle.

Ada                               - Te la figuri Sara nell'Esercito della Salvezza! «Com­pagni, Gesù Cristo è stato il primo comunista! »

Dobson                         - Ora il quadro è completo. Due ex comunisti! Non c'è niente che faccia più pena della risata di quelli che hanno perduto la fede.

La risata muore. Le parole di Dobson sono state come una bomba.

Dave                             - Ma che diavolo hai, Libby? In pochi minuti ci hai chiamati idealisti come se ci lanciassi un'ingiuria, e ora ti disgustiamo perché pensi che abbiamo perduto la fede.

Ada                               - Beviamo un po' del suo vino, su!

Dobson                         - Si, beviamolo!

Dave                             - Libby, ci stai offendendo.

Dobson                         - (stancamente) Oh, piantala! Sono un cinico. Lo riconosci un cinico se lo vedi, no? Dovresti servirti di me, affinare le tue idee su di me. Più divento scettico io più le tue idee dovrebbero salire in alto, non ti pare? Eh? E allora, spingile in alto, spingile! Fai l'eroe! Non c'è nulla di male nell'idealismo se non è molle e flaccido. Puzzo di benzina nel naso! E allora? Non si può cam­biare il mondo solo perché puzza di benzina.

Ada                               - E chi parla di cambiare il mondo?

Dobson                         - E allora andate a casa. Fate i bravi ragazzi e an­date a casa, perché non ce la farete mai a costruire la bella tenuta rustica!

Ada                               - Dio mio, tesoro, siamo arrivati al punto che ci rido­no dietro perché desideriamo le cose belle!

Dobson                         - Perché è una menzogna. Fuori moda. Perché non è una novità.

Dave                             - Novità! Novità! Tutto deve essere nuovo, contem­poraneo! Potresti camminare sulle mani tutto il giorno -sarebbe questa la novità? Ma raggiungeresti poco, no?

Dobson                         - Ora va meglio. Ti stai svegliando, ti stai sve­gliando! Presto mi potrai divorare. Ecco a che serve un cinico, Dave, serve a esser mangiato, inghiottito.

Dave                             - (a Ada) Tesoro, non ci capisco nulla. Tutti ci ac­cusano di esser questo o quello, campagnoli, rinunciatari, fessi. (A Dobson) Credi che qui non ci siano difficoltà?

Ada                               - La serva per tirar su l'acqua, non c'è, lo sa?

Dave                             - O un giardiniere per l'orto.

Ada                               - E crede che avrò la bambinaia per il piccolo?

Dave                             - O che abbiamo rendite personali?

Ada                               - A Londra perdete il tempo a risolvere problemi sba­gliati.

Dave                             - Partir la mattina presto per prender l'autobus! La chiami vita?

Ada                               - Ma Dio ci guardi dal credere che si cambi il mondo vivendo qui.

Dobson                         - E allora a che serve vivere a questo modo?

Dave                             - Neanche su un piano individuale?

Dobson                         - Cosa significa, piano individuale?

Dave                             - Per Dio, smettila di domandarci che cosa significa­no le frasi più semplici.

Dobson                         - Ecco il punto. Son semplici frasi. Semplici, inu­tili e irresponsabili. Il piano individuale! Le vostre idee, le avete mai condotte alla loro conclusione? E allora? Gli operai di una fabbrica non ti hanno mai guardato come se fossi matto? Un po' scemo, almeno? Vorresti che il mondo facesse senza automobili, senza aeroplani, senza luce elettrica, case, strade? Perché questa è la con­clusione. Se non si dovesse costringere nessuno ad avvi­tar bulloni tutta la vita, sai che vorrebbe dire? Niente bulloni - niente trasporti - niente strade. Niente ban­che o uffici - niente commercio. Niente mestieri noiosi -niente del tutto. Eccoti, risolvilo! Su, pensaci. Riorga­nizza il mondo in modo che ognuno possa fare il lavoro che gli piace, che possa «esprimersi». Su. La gioia gene­rale? Prenditela!

Dave                             - Ora chi è che fa pena? La felicità? (Facendogli il verso) Che intendi per felicità? È l'azione, l'azione! Cre­di che ce ne importi se la città è grande o puzza di ben­zina? È la noia, caro mio, la sola noia. Dalle nove alle cinque. Produzione in massa. Te lo ricordi? Ci rimbecil­liva, ci rendeva stupidi e molli. Ecco! Questo voleva dire, essere stupidi e molli. La felicità! Dio, voi cinici siete i più stupidi di tutti.

Dobson                         - Bene, bene, Dave. Guarda, mi son rimaste sol­tanto la testa e le braccia.

Ada                               - Parla come se credesse davvero in Gerusalemme.

Dobson                         - Furba lei! Sicuro che ci credo in Gerusalemme, soltanto che io, personalmente, non ce la faccio.

Ada                               - Perché i tipi come lei provano sempre a vincere con le parole, ecco perché, ma non agite mai, non vi impe­gnate mai abbastanza.

Dobson                         - (l'asprezza è scomparsa) L'idillio si era proprio rotto, vero? Ve l'ho visto in faccia. Il vecchio fratello di sangue di Dave si è venduto l'anima. Ma che ne sapete voi di me, che vi permettete di parlare cosi?

Dave                             - Non abbiamo avuto troppo incoraggiamento, no, compagno! Non direi che tu sia stato tanto cordiale.

Dobson                         - Ci ho provato, Dave - ascoltami e torna a casa -ci ho provato e ho perduto. Il socialismo? Non mi sono lasciato smontare tanto facilmente. Tu sei tornato a Wil­liam Morris, ma io son tornato addirittura al vecchio Robert Owen. Cinquemila sterline mi aveva lasciato mio padre, e quando lo seppi mi vergognai. Ma rimasi della mia idea. Non è roba mia, pensai, i profitti dello sfruttamento, dicevo. Va bene, rendili! E cosi feci un progetto. Trovai quattro altri meccanici bravi come me, che buttavano via il loro talento per fare dieci sterline la settimana nel garage di un altro, e dissi: «Ecco mille sterline per ciascuno. Nessun impegno, nessun prestito, son vostre. Apriamo un garage nostro, e sfruttiamo sol­tanto noi stessi. C'è solo una condizione, dissi, una so­la: appena avremo un profitto di mille sterline troviamo un altro che le rilevi e cosi ci allarghiamo». Lo capisci il piano? Una catena di garage di proprietà degli operai stessi e mandati avanti da loro. La vera soluzione, e la realizzo io. Lo puoi immaginare che razza di cretino mi devono aver creduto? Te lo immagini quanto ci hanno lavorato per cercar di farmi fuori? Democrazia, compa­gno? Ci sputo sopra. Dittatura benevola per me. Vuoi Gerusalemme? Ordinala con un pugno di ferro - nessuna domanda, nessun discorso pro o contro - bang! Ec­cola! Non lo capisci? Non la vuoi? Sei stato sfortunato compagno - la vorranno i tuoi figli. (A Ada) Poco impegno? Ha ragione, signora Simmonds. Mi sono sporcato Dammi retta, Dave, e torna a casa prima di sporcartici

Ada                               - Libby, si è scolato quasi tutto il whisky.

Dobson                         - Non ha altro da dire? Le ho appena presentato una tragedia moderna, e lei mi fa la predica contro l'alcool. Questa tua Ada è una vera donna. Ma anche una donna ti può sporcare, come il resto. Lei e il mondo ti cambiano, ti schiacciano, ti sporcano, vedrai, fra loro due.

Dave                             - E tu chiami molli e flaccidi gli idealisti?

Ada                               - Piantiamola, Dave. Direi che Libby ne ha avuto ab­bastanza.

Dobson                         - No, vuol dire che voi ne avete avuto abbastanza. La piccola donna annusa il pericolo - meraviglioso istin­to di conservazione. Penso che voi due vi credete felice­mente sposati per i secoli nei secoli. (Pausa). Anch'io son stato sposato, Dio sa come successe - subito dopo la smobilitazione. La guardavo, una settimana dopo l'altra, un mese dopo l'altro: stavo li seduto e la guardavo, at­tratto e atterrito via via che si trasformava. Questo suc­cedeva prima che il mio vecchio morisse e si andasse tut­ti e due al lavoro. Dopo cena si rigovernava e lei si sede­va accanto al fuoco e si addormentava. Si addormentava cosi, nient'altro. Qualche volta scorreva un giornale o faceva due punti a maglia, ma nient'altro, nulla che mi ricordasse che era viva. E il suo volto diventava rosso dal fuoco, e ciondolava ed era sciatta. E io la guardavo e basta. Tutto il tempo masticava qualcosa. Non ci cre­dete? Masticava tutto il tempo. Anche a letto, prima di addormentarsi, una mela o una fetta di torta, come se avesse paura di non aver ingollato abbastanza per quel giorno. E diventò cosi volgare, cosi indelicata, cosi in­sensibile a tutto. La grazia che aveva se ne andava, e al suo posto le cresceva la carne tutto attorno. Io stavo li seduto e guardavo la carne crescere. Cristo, come fa uno a sapere che la donna porta in sé i germi di un tale disfacimento? Poi provai a fare quel che vuol fare tuo fratel­lo - una ragazza semplice, una ragazza d'ufficio, vivace, ordinata. Moglie numero due! Su per giù quando eredi­tai le cinquemila sterline. Un'impresa socialista e una moglie semplice. Che ironia! Ecco che mettevo in prati­ca un altro sogno, e lei mi sorvegliava per paura che guardassi le altre donne - mi faceva sentire sporco e col­pevole. È il tipo che ti sporca. Ed eccomi là a dividere la mia ricchezza, e lei che voleva sempre possedere nuove cose, spaventata di dover fare da sé. Sposa un uomo per avere qualcosa da attaccare a se stessa, una cosa di sua proprietà. L'uomo procura una casa - bang! conquista qualcos'altro. Il suo mobilio, le sue pentole, la sua cu­cina - bang, bang, bang! E poi ha un bambino — ancora bang! Tutta proprietà. E cresce cosi. Cresce, e cresce, e cresce, e porta via all'uomo tutto ciò che glielo aveva fatto amare, perché nessun altro l'abbia. Perché, vedete, più lei cresce, e più ha bisogno di proteggersi. Furba? Maledettamente furba, direi. Io le donne le odio perché non hanno la facoltà di vedere. Ricordatelo, Dave, non ce l'hanno proprio questa facoltà, hanno solo un istinto di conservazione, e tu diventerai sempre più piccolo e lei crescerà, crescerà, e non potrai spiegarle nulla perché

Sara                               - come se parlassi un'altra lingua. Sai, quegli occhi innocenti Non-so-di-che-stai-parlando ?

Dave                             - Cosa ne diresti di andare a letto presto, Libby.

Dobson si alza ad un tratto, furente di esser stato man­dato a letto. Ma si trova a confronto con la sua tremenda onestà. Si rattrappisce, li guarda quasi per farsi perdo­nare, e poi scrollando le spalle si volta e va via, prenden­do dal tavolo qualcosa da masticare.

Ada                               - Ti rendi conto, caro, che mi stava dicendo come po­trei diventare? bave Te ne importa?

Ada                               - Ma vi sembriamo proprio cosi, a voi uomini?

Dave                             - Allora te ne importa.

Ada                               - A un tratto mi par d'essere sporca.

 Dave                            - Un cinico fa così, cara. Forse ha ragione quando di­ce che ci si dovrebbe servire di lui, affilarci sulla sua pei" le. Non so che dire - quel poveraccio ne ha buscate, non ti pare? E non so proprio se ci si può fare più assegnamento o no.

Ada                               - L'inutile inseguimento di un ideale. E a un tratto mifa venire la nausea. Come mangiar troppo di roba troppo buona.

Dave                             - È proprio cosi. E ora smettiamo di pensarci. Non dobbiamo più farci trascinare in questa discussione. Non abbiamo mica da giustificarci per il nostro modo di vivere. Se si ascolta la gente, si diventa matti. Ora ba­sta!

Qualcuno giunge dal sentiero. Brilla la luce di una tor­cia elettrica. Una Voce chiama, È il Colonnello Dewhurst.

Colonnello                    - C'è nessuno in casa? Ehi! Simmonds.

Ada                               - È Dewhurst. A quest'ora? (Apre la porta) Siamo qui, Colonnello, entri pure.

Colonnello                    - Buonasera.

Dave                             - Buonasera, Colonnello, si accomodi. Vuole un po' di vino?

Colonnello                    - Non vengo a farvi una visita da amici, Sim­monds.

Dave                             - Brutto segno.

Ada                               - La prego,

Colonnello                    - , prenda un po' di vino. È buono.

Colonnello                    - Mi scusi, signora Simmonds, non mi renda la cosa più difficile.

Dave                             - Difficile?

Colonnello                    - L'ho sempre trattata bene, Simmonds. Ve­ro?

Dave                             - (non sapendo dove vuole arrivare) Si...

Colonnello                    - Certo che l'ho trattata bene. L'ho aiutata quando arrivò. Le ho dato dei consigli.

Dave                             - E gliene son grato, Colonnello, ma...

Colonnello                    - Ma non me lo dimostra.

Dave                             - Mi scusi, non so di cosa parla.

Colonnello                    - II linoleum - il linoleum. Ecco di cosa parlo e lo sa benone. Guardi, Simmonds, lei è un uomo in­telligente, diverso dagli altri che lavorano per me. Una menzogna da lei non me l'aspettavo. Tanto meno mi aspettavo che rubasse, e invece l'ha fatto. Non stia a perder tempo, risponda e poi vedrà come aggiustarla. Li ha presi si o no due rotoli di linoleum dalle baracche vi­cino al laboratorio?

Dave                             - Quei rotoli che lei buttò via e disse che non servi­vano?

Ada                                                              - Dave.

Dave                             - Tesoro... lascia parlare me. No, Colonnello, non li ho presi.

Colonnello                    - Io non capisco perché mentisca. Anzi, non la capisco affatto. Che ci siete venuti a fare in campa­gna? Qui la vita è diversa, sapete? Quelli di campagna son lenti, ma onesti. E con loro so sempre a che punto sto, e loro sanno stare al loro posto. Ma con lei non son mai riuscito...

Dave                             - A stabilire la giusta relazione fra padrone e servi­tore?

Colonnello                    - Si, se le va. Ma non le va no? Lei ha sempre parlato con me come se fossi...

Dave                             - Un mio pari.

Colonnello                    - Non mi piace, Simmonds. Non sono un ne­griero, ma credo che ognuno abbia il suo posto.

Dave                             - Lei è una persona decente, ma sembra che...

Colonnello                    - Vuol parlare di decenza a me, Simmonds?

Dave                             - Via, non mi dica che ha fatto tutta questa salita per scoprire se avevo rubato due rotoli di linoleum, Colonnello.

Ada                               - Per amor di Dio, Dave...

Dave                             - O insomma, Ada.

Colonnello                    - Si, ho fatto tutta questa salita e mi fa rab­bia di averla dovuta fare. Senta, Simmonds, son costret­to a licenziarla perché a quest'ora tutti gli altri uomini sanno che ha preso i rotoli di linoleum e sanno che io lo so e se non la licenzio crederanno di poter rubacchiare impunemente anche loro. Ma siccome la credevo una persona come si deve, ero venuto quassù a dirle che era stato uno scemo, e discutere come potevamo aggiustarla. Ma adesso mi accorgo che è un meschino bugiardo non mi importa un corno di quel che fa. Buonanotte.

Dave                             - Ma lei non ha prove... volevo dire...

Colonnello                    - Pazzo, deve anche essere. E che è quella ro­ba fuori della sua porta? Su, che è?

Dave                             - (debolmente) Lei aveva detto che non la voleva.

Colonnello                    - Naturale che non la volevo! Rifiuti! due scellini e mezzo di rifiuti - ma questo non c'entra.

Dave                             - E allora c'entra che cosa, Colonnello?

Colonnello                    - Non lo sa, no? Si domanda, Simmonds: nel mio ambiente, si domanda. Ecco tutto. Le do ventiquat­tro ore di preavviso, ma domani non stia a venire. (Se ne va).

Ada                               - Ti porti dietro le abitudini della fabbrica? O che ti è preso?

Dave                             - Che imbecille sono!

Ada                               - Ma non capisco. Non lo sapevi che il linoleum era fuori e che lui lo poteva vedere?

Dave                             - Mi son fidato che fosse buio...

Ada                               - Santo Iddio.

Dave                             - (sorpreso) Mi vergogno.

Ada                               - Che umiliazione! Almeno tu avessi confessato...

Dave                             - Esser acchiappato per una scemenza.

Ada                               - E acchiappato due volte, anche per dir bugie.

Dave                             - Gesù, che vergogna! (Resta qualche minuto seduto, completamente distrutto).

Ada è sgomenta e non sa che fare.

Ada                               - Be'. A Londra non ci torniamo di certo per colpa di questo ridicolo sbaglio. A volte sei talmente stupido.

Dave                             - Ada, mi rincresce.

Ada                               - Ti toccherà aprire il tuo laboratorio un po' prima, ecco.

Dave                             - Ma non ce la possiamo fare.

Ada                               - Ce la dovremo fare. Io non rinuncio. Mangeremo meno, compreremo meno roba, qualcosa faremo, ma io di qui non me ne vado. Grazie a Dio, la casa è ancora nostra. Ma Cristo, Dave - i tuoi ideali fanno ben bene acqua, no?

Dave è profondamente offeso da queste parole e Ada si rende conto di averlo ferito a fondo. È forse la prima volta che gli fa tanto male. Ora girano per la stanza in silenzio, sgombrando la tavola.

Dave                             - Mi ci vedresti davvero ad andar via?

Altro silenzio. La battaglia finisce senza chiasso e le fe­rite si rimarginano quietamente.

Ada                               - Io ti posso dare una mano a impastare il cemento per il pavimento del laboratorio. Ormai mi son fatta certi muscoli ad attinger l'acqua.

Dave                             - (la guarda con gratitudine) Oh, Dio, quanto son cre­tino! (Dopo un secondo poggia le mani sulle spalle di Ada, la conduce a una sedia, la fa sedere, le mette un panchetto sotto i piedi, prende un ramo di olivo da un vaso, glielo offre e glielo depone in grembo. Voi guar­da in giro e trova un grande asciugamano rosso col quale le drappeggia la testa e le spalle. Fa un passo indietro e si inginocchia in segno di omaggio. Resta un po' cosi, poi ride con dolcezza. A poco a poco anche Ada ride. E sul loro riso cala il sipario).

SCENA SECONDA

Un pomeriggio d'autunno nel 1953, sul tardi. Sono pas­sati sei anni.

Dave sta uscendo dal capannone, portando in trionfo una sedia che ha finito di fabbricare con l'aiuto di Sammy. Sammy è l'apprendista di Dave. Dave sta cantando (senza parole) l'inno Terra di speranza e di gloria, men­tre Sammy inginocchiato applaude e si inchina. Mentre Dave posa maestosamente la sedia su un cavalletto. Sammy parla. La sedia è un bell'oggetto di artigianato.

Sammy                          - Sembra proprio che stia seduta no?

Dave                             - Quando una sedia fa così è buona. (Pausa). Ma con questa c'è qualcosa che non va.

Sammy                          - La smontiamo?

Dave                             - No, no. Lasciamola cosi per un po'. Beviamo un'al­tra tazza di tè. Stiamo un po' a guardarla. (Le gira in­torno) Le gambe sono troppo grosse.

Sammy                          - Diavolo! Falle più sottili e ti troverai seduto per terra.

Dave                             - Hai ragione. (Pensa) Idea! Un'idea! Il povero Dave ne ha imparate in sei anni! Basta dargli una toccata con la lima fra i giunti. Non c'è bisogno di molto. Ma adesso facciamo un po' di ordine! Metti su la colla!

Sammy                          - Quand'è che viene a vedere la sua sedia?

Dave                             - Chi, Selby? Presto, presto.

Sammy                          - Non mi va mica quel tipo sai. Ha un impianto per la selezione delle sementi. Le sementi Selby! È vec­chio concime! E dicono pure che paga poco gli operai.

Dave                             - Un po' furbastro eh?

Sammy                          - Lo direi, furbastro. E pensare che cominciò da contadino.

Dave                             - Be' con me ci siamo messi d'accordo per un prezzo buono.

Sammy                          - E tu non mollare. Intanto io ripasso il filo agli scalpelli. (Incomincia ad affilarli).

Dave                             - II bambino t'ha detto niente stamani quando l'hai portato a scuola?

Sammy                          - Chiacchiera molto eh?

Dave                             - Come tutti i Kahn. Un ragazzo buffo. Arriva a casa con delle storie - è formidabile. Ma senza la mamma ci patisce.

Sammy                          - Che treno prende Ada da Londra?

Dave                             - Quello di mezzogiorno credo.

Sammy                          - T'ha detto niente? Non t'ha detto come sta suo padre?

Dave                             - Poco bene davvero, poco bene davvero povero Harry. È già il secondo colpo e questa volta l'ha avuta brut­ta. (Guarda la sedia) No, direi di no. La lascio cosi com'è. Se si comincia a levare un pezzo qui e uno là si gua­sta tutto. Non è poi tanto sproporzionata. Cosa dici tu?

Sammy                          - Dovresti sentirti! «Cosa dici tu!» Ormai parli con l'accento di Norfolk.

Dave                                            - Tu mi vuoi sfottere. (Gli butta una manciata di tru­cioli sulla testa) No? (Ancora) No? No? Eh?

Sammy risponde gettando trucioli.

Dave                             - (grida) «Guerra! » (e raccoglie un bastone).

Duellano finché Sammy cade sconfitto.

Sammy                          - Su piantiamola adesso, il signor come si chiama arriva a vedere la sua seggiola a gambe larghe.

Dave                             - Guarda il disordine che hai fatto. Scopa subito. Vecchio sporcaccione.

Sammy                          - (raccoglie i trucioli con una spazzola e un secchio, stando in ginocchio, a quattro zampe. Vorrebbe dire qualche cosa a Dave ma non sa come incominciare) Da­ve, ci vorrà un po' prima che arrivi Ada no?

Dave                             - Si.

Sammy                          - Vorrei parlarti un minuto allora.

Dave                             - Comincia. Ti ascolto. Ma intanto bisogna che pre­pari questo per incollarlo.

Sammy                          - Me ne voglio andare presto.

Dave                             - Tutto qui. Te ne vuoi andare?

Sammy                          - Non sono contento Dave.

Dave                             - Non sei contento?

Sammy                          - Insomma non mi sembra che ci sia futuro qui.

Dave                             - Ma stai imparando qualcosa ragazzo, stai imparan­do a fabbricare qualcosa con le tue mani.

Sammy                          - Ma niente che in fabbrica non si possa fare al­trettanto bene come noi.

Dave                             - (colpito) Ma l'hai mai vista una fabbrica dentro? Vuoi restare tutto il giorno in piedi davanti a una macchina? Davanti a una piallatrice o a una smerigliatrice o a una sega elettrica?

Sammy                          - Li cambiano continuamente di posto.

Dave                             - Che divertimento! Cambiar macchina! Che differenza! Per tutta la vita Sammy, pensaci, per tutta la vita.

Sammy                          - Ma guadagni di più.

Dave                             - Questo è vero. (Pausa). Sammy, te la ricordi quella sedia? Te lo ricordi cos'hai detto? Hai detto: sembra proprio che stia seduta. Questa è poesia ragazzo, poesia! No non poesia, cosa sto dicendo. Ah - è, è - o Gesù co­me si fa a spiegare certe cose. Guarda Sammy, guarda questa rastrelliera che hai fatto per gli scalpelli. Non è una rastrelliera qualunque, non è quattro pezzi di legno inchiodati purchessia, ma un affare fatto apposta con giunti a incastro qui con giunti a mortasa là, e guarda che cosa ci hai messo sul fianco, ti ricordi che lo volevi decorare e hai preso i miei strumenti da intaglio e hai fatto un intaglio. Per nessun motivo a uno gli viene in mente di decorare una rastrelliera comune da scalpelli. Ma c'era un motivo di farlo no? A te ti piaceva di usare quegli strumenti e di fare quella decorazione. Mi ricordo che ti guardavo - ci hai messo un pomeriggio intero e hai buttato via tre pezzi di quercia prima di farcela. Ventisette scellini e sei che mi devi.

Sammy                          - Diavolo, facevo tanto per fare.

Dave                             - Che tanto per fare! Creare! Per il puro piacere di creare. E il piacere di metter su il laboratorio?

Sammy                          - Non è che non sento il piacere, Dave.

Dave                             - Ma non è solo questo caro. Non è solo il piacere del lavoro - è il posto. Guardalo bene, il posto dove lavo­riamo. C'è il sole, diventiamo scuri l'estate. E tutte le volte che ne abbiamo le tasche piene piantiamo li e ce ne andiamo a fare il bagno. Non lo capisci cosa vuol di­re? Non c'è nessuno che ci corre dietro. Siamo liberi, Sammy, ci piace il nostro lavoro, siamo contenti di noi.

Sammy                          - Ti credi che non le so queste cose, Dave. Ma io vedo i ragazzi nel villaggio, li conosco, se ne infischiano di tutto e li vedo girare attorno tutto il tempo, con quattro soldi in tasca e mezza dozzina di persone a carico. Ma io voglio farmi strada non credi che sia giusto che io voglia farmi strada?

Dave                             - Un'esca! Una trappola! Non ci credere a quei di­scorsi per amor di Dio! Per cento che ci si lasciano pren­dere solo uno ce la fa. Uno, solo uno! Le fabbriche? Gli uffici? Quando ci entri ci resti! Non lo capisci? (Nessu­na risposta). Non lo capisci eh? È chiaro che non lo ca­pisci. Gesù, dovevo esser matto a pensare di poter com­battere contro tutti. Sammy mi dispiace, ragazzo - io vo­levo solo...

Appare Ada. Ha un'aria pallida e stanca.

Dave                             - Ada! Cara! (Non sa a chi parlare per primo).

Sammy                          - Vado a casa a mangiare adesso Dave. Ci vediamo domani. Come va Ada? (Se ne va in fretta).

Dave                             - Sammy, pensaci ancora, ne parliamo ancora domat­tina, ne parliamo domani, mi senti?

Ada                               - Cosa succede?

Dave                             - Se ne vuole andare. In una fabbrica. Ada, che brut­ta faccia. (L'abbraccia).

Ada                               - (riceve il bacio ma non lo ricambia) Ho visto Selby nel villaggio.

Dave                             - Allora?

Ada                               - Vuole disdire l'ordine per la sedia.

Dave                             - Disdire? Ma è fatta.

Ada                               - Costa troppo, dice.

Dave                             - Troppo? Ma eravamo d'accordo - bastardo. È il terzo che me la fa. Maledetti loro quanti sono. Bastardi del ventesimo secolo, miopi, insolenti, filistei! Tutto il mondo dipende da loro, lo sai Ada? Oh cara, che brutto modo di salutarti. (Fa per venirle vicino. Lei ancora si allontana). Cosa succede Ada? Perché non lasci che ti tocchi - all'improvviso - dopo tanto - o Dio che stupi­do, è Harry, non te l'ho chiesto, non è mica...

Ada                               - No, non è morto.

Dave                             - E come sta?

Ada                               - Delirava quando l'ho lasciato.

 Dave                            - Delirava? Il vecchio Harry?

Ada                               - II secondo colpo l'ha preso alla testa. L'hanno messo in una cella imbottita.

Dave                             - Oh Dio, Ada (fa un gesto verso di lei).

Ada                               - (continua a rifiutare il conforto) Non mi riconosceva neanche. Stava sdraiato sulla schiena. Sai che occhi gran, di ha. Non riusciva a fissarli su niente. Continuava a gri­dare in yiddish, a chiamare sua madre e sua sorella Cissie. La mamma m'ha detto che parlava della Russia. Sembra che quando lo portarono all'ambulatorio buttò tutto all'aria - ecco perché è in cella. Aveva un'aria cosi spaventata e da matto - come se avesse paura di essere matto.

Dave                             - Ma cosa gli è successo? Voglio dire, cosa ne pensa­no i medici?

Ada                               - Un grumo di sangue. È andato al cervello. E poi mi ha riconosciuto e mi guardava e io ho detto «Papà come va - sono Ada» e lui si è messo a urlare «Dir hust mir, dir hust mir, dir host mirch alle mul ger hust» mi odi, tu mi odi, e mi hai sempre odiato. (Ha una crisi di pian­to) O caro non ho più smesso di piangere e non riesco a capire, non riesco a capire, perché non è vero, non è mai stato vero.

Dave                             - (la tiene stretta mentre lei piange e la copre di baci) Su cara, su, su. Era un malato che gridava, un malato, su - oh Dio buono. (Restano un momento fermi).

Ada                               - (si scuote e comincia meccanicamente a disfare la vali­getta) Sorrideva e continuava a baciarmi prima che me ne andassi, è stata una sensazione strana, ma lo sai Dave (sorpresa essa stessa al pensiero di quello che sta per dire) mi sono sentita come un'assassina.

Dave                             - Ada! Diventi pazza! Un'assassina! Finiscila. Credi di essere responsabile tu della sua malattia?

Ada                               - (calma) No, non credo di essere responsabile della sua malattia e neppure l'ho mai odiato. Ma forse non gli ho mai detto che gli volevo bene. Le parole sono delle cose maledettamente inutili. Ronnie e i suoi ponti! «Le parole sono ponti, - scriveva, - per andare da un posto a un altro». Aspetta che diventi vecchio e scoprirà che ci sono anche i silenzi - quelli che dividono le parole. .VE Non si possono fare regole. Delle volte si usano i ponti. Delle volte si sta zitti.

Ada                               - Ma che ponti? Ponti! Tu lo sai che parole ci voglio­no per fare me? Tu credi che io lo sappia, il perché mi comporto come mi comporto? Tutti dicono che io sono fredda e dura, perché alla gente gli piace che tu pianga e gli faccia delle confidenze. (Pausa). Quando tu eri ol­tremare, durante la guerra, io passavo spesso la serata con

Sara                               - e la famiglia. C'erano pochi soldi, e ogni tanto la mamma faceva la spesa e stirava per me. Qualche vol­ta restavamo insieme sveglie fino a tardi mentre io ti scri­vevo a Ceylon, lei chiacchierava chiacchierava, e poi im­provvisamente si addormentava. Ed ogni volta che que­sto capitava e io la guardavo in faccia aveva un'espres­sione cosi dolce, cosi dolce, che mi sarei messa a pian­gere. Ecco! Ogni volta che si addormentava mi sarei messa a piangere. E però io trovo sempre difficile parla­re con lei! E allora. Spiega! Usa le parole e spiegami!

Dave                             - Cosa succederà adesso di Sara, Ada? Credi che do-vremmo pensare di ritornare?

Ada                               - (si volta verso di lui, lenta e decisa) Dave, stammi bene a sentire. Mia madre è una donna forte. È nata per far fronte a qualunque battaglia si trovi a dover fare. Di me non ha bisogno. Tu dici che sono come lei? Hai ra­gione. Sono forte anch'io. Io sono capace di far fronte a qualunque battaglia mi trovi a dover fare, e questo po­sto per me significa la salvezza. Noi - rimaniamo - qui!

Dave le piglia le mani e gliele bacia, poi le labbra.

Voce                             - di bambino Mamma, Ada, mamma, Ada, mamma, Ada!

Dave                             - È il bambino. Sta' a vedere com'è contento, conti­nuava a chiedere quand'è che ritorni. Scommetto che la prima cosa che ti chiede è di fare il gioco con lui.

Ada                                          - Danny?

 Danny                          - (fuori scena, con una voce artificialmente burbera) Sono Daniele l'uccisore di leoni.

Ada                               - Chi sei?

Danny                           - Sono venuto a uccidere i leoni per te.

Ada                               - Quanto vuoi?

Danny                           - Voglio sei soldi per leone.

Ada                               - L'ultima volta che ti ho visto eri cosi piccolo, non so se mi posso fidare a farti uccidere i miei leoni.

Danny                           - Sono alto come un elefante.

Ada                               - Non è possibile. Vieni fuori e mostra che sei Daniele l'uccisore di leoni.

Danny                           - Io non vengo fuori finché tu non fai il gioco con me.

Ada                               - Oh! E qual è il gioco di oggi Daniele?

Danny                           - Si chiama: Attenzione che sono vivo!

Dave la guarda come per dire: te l'avevo detto.

Ada                               - Ah quello. Bene. Sei pronto?

Danny                           - Si. Adesso lo facciamo.

In questo momento Ada è di fronte al pubblico e com­pie i medesimi gesti che Danny compie fuori scena. Co­mincia rannicchiata, con la faccia fra le braccia - come nel seno materno.

Ada                               - Sei rannicchiato?

Danny                           - (con voce naturale) Si mamma.

Dave le fa una smorfia per farsi introdurre nel gioco.

Ada                               - Non te n'importa se questo amico mio fa il Signor Vita? (Dave fa per scappare). Dave!

Danny                           - No, ma fa' presto, mi vengono i crampi.

Quello che accade adesso ha bisogno di un tocco di ma­gia e di mimica pagliaccesca. La luce del giorno se ne sta andando, e si fa sera.

Dave                             - (inchinandosi prima ad Ada poi a Danny ) Io sono... (pausa. A Ada) Che cosa sono io?

Ada                                         - Sei il Signor Vita

Dave                             - Oh si, sono il Signor Vita. Ho passato tutto il gior­no a fare mobili e adesso voglio fare un essere umano. Tu sei di terra e io sto per farti diventare un essere umano. Sto per infondere il fuoco della vita dentro di te. Hiss hiss hiss (spira il fuoco).

Nel contempo Ada si stira e si alza con molta lentezza -e altrettanto fa, fuori scena, Danny - gli occhi di lei so­no chiusi.

Dave                             - Ora hai vita e puoi respirare. Ada respira profondamente.

Dave                             - Adesso ti do la vista. (Schiocca le dita in direzione di Danny e poi di Ada).

Ada apre gli occhi e manifesta meraviglia e gioia per quello che vede.

Dave                             - E adesso ti darò il moto. (Fa un cenno verso Danny e verso Ada, che alza e abbassa due volte le braccia, muo­vendo nello stesso tempo la testa da sinistra a destra, piena di curiosità e di eccitazione per quello che sta fa­cendo). E adesso ti darò la parola. (Toglie qualche cosa dalla bocca e la getta verso Danny, poi posa un bacio sul­la punta di un dito e lo depone sulle labbra di Ada) Dimmi, che effetto fa essere un essere umano?

Danny                           - (con voce burbera) È un po' strano. Ma mi sto abituando. È molto divertente.

Ada                               - (si riscuote, torna se stessa ed entra nel dialogo) E adesso che hai gli occhi e la lingua per vedere e per par­lare e le gambe per muoverti — muoviti! e dimmi che cosa vedi.

Danny                           - (con voce naturale) Delle siepi!

Ada                               - No no Daniele. Questo è un nome, non è quello che tu vedi.

Danny                           - (d'ora in poi con voce naturale) Vedo dei pezzi dilegno sottili. Dappertutto. Con dei bernoccoli, e con delle striscette di verde come carta, e della roba curiosa sopra.

Ada                               - Adesso puoi usare i nomi.

Danny                           - Sono le siepi con le foglie e le bacche.

Ada                               - E i colori?

Danny                           - Le siepi sono marrone, le foglie verdi, e le bacche nere e rosse.

Ada                               - (che si sta divertendo) E cos'altro vedi ancora, o Da­niele?

Danny                           - II cielo blu con una nuvola bianca.

Ada                               - Soltanto?

Danny                           - Degli uccelli con un becco lungo.

Ada                               - Soltanto?

Danny                           - Dei campi verdi con delle colline marrone.

Ada                               - Soltanto?

Danny                           - Una casa rossa di mattoni dove vivo io.

Ada                               - Adesso tu sei un vero essere umano Daniele, capace di vedere e di pensare e di parlare e puoi venir fuori a uccidere i leoni.

Si ode Danny correre dietro la scena, al di là delle siepi e del capannone, gridando: «Arrivo arrivo arrivo!», mentre Ada si accoccola colle braccia aperte per ricever­lo, e la notte cade.

Sipario.

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

È un autunno tiepido. Son passati tre anni, 1956. Laparete anteriore del capanno è abbassata. Non ci lavoranessuno, ora.Due donne siedono in giardino, Cissie e Esther Kahn,le zie zitelle di Ada. La prima è una sindacalista, l'altraha un piccolo banco al mercato. Cissie sguscia piselli,Esther sbuccia patate.C'è una dolce luna nel cielo, e due sedie a sdraio accantoalla porta posteriore della casa.

Esther                            - Una casa per gli ospiti, la chiamano!

Cissie                            - Esther, smetti di brontolare - sbuccia.

Esther                            - C'è toccato saltare trecento fossi prima di arri­vare a questa casa. E mettono l'annuncio sui giornali: « Se volete pace e tranquillità e una vacanza a buon mer­cato venite alle Rovine». Che bel nome accogliente. Ba­da, per una fine di settimana... schifosa, questo posto -mi capisci?

Cissie                            - (quantunque non gliene importi) Ma perché devi esser sempre cosi maledettamente volgare, Esther?

Esther                            - E che c'è? Sei stata mia sorella per tanti anni e ancora non mi conosci?

Cissie                            - A che ora torna a colazione Dave?

Esther                            - All'una.

Cissie                            - Forse Ada tornerà dalla spesa con lui.

Esther                            - Faranno meglio a tornare in tempo o si brucerà tutta la cena.

Cissie                            - Cosa?

Esther                            - Non dire «cosa? » di' «ah». È un bello schifo di vacanza questo. Soltanto due zie zitellone e pazze come noi ci si adatterebbero. Te ne rendi conto che non ah biamo fatto che sgobbare da quando siamo qui? Guard che lavoro si fece ieri. Levare le erbacce. Braccianti apri cole.

Cissie                            - Smetti di brontolare. Lo sai benone che ti diverti.

Esther                            - Ma di' un po', che li faranno lavorare cosi anche gli altri ospiti? Lo credo che ne trovano pochi. Senti Cissie, credo che bisognerebbe dirglielo.

Cissie                            - Cosa?

Esther                            - Non dire «cosa? » di' «ah». Bisognerebbe dirgli che la gente quando va in vacanza non si diverte a zap­pare in giardino e a dare il becchime ai polli.

Cissie                            - Non far la scema. Siamo solo noi. La viziamo. Li abbiamo sempre viziati tutti e due, lei e Ronnie.

Esther                            - La chiamano una casa per gli ospiti. Non c'è nem­meno uno straccio di gabinetto con lo sciacquone. Sol­tanto trecento buche.

Cissie                            - Sta'zitta, Esther.

Esther                            - E che c'è, santo Iddio? Hai paura che qualcuno mi senta? (Gridando) Cissie, hai finito di far pipi?

Cissie                            - Aiuto! Sei pazza.

Esther                            - Mi tengo in esercizio. Quantunque mi pare che questo non sia il posto migliore per vendere biancheria intima. Voglio dire, che ci trovano da fare qui i loro ospiti? Le sole bellezze da vedere sono sessanta galline schiamazzanti che aspettano che gli tirino il collo - po­veracce - e un capannone vecchio di due secoli. Un mo­numento storico.

Cissie                            - Quello era il laboratorio di Dave.

Esther                            - E perché l'ha lasciato?

Cissie                            - Mi diceva Ada che un giorno, circa sei mesi fa, lui fabbricò una bella tavola da toilette per un tizio e fece venire un camion per portarla via, e l'autista non fece attenzione alle buche del sentiero e quando arrivarono sulla strada maestra aveva rotto tutti gli spigoli. Un la­voro di duecento sterline, tutto disegnato da lui, rovina­to. E allora si trovò un altro laboratorio nel villaggio.

Esther                            - E ancora non riesce a far soldi. Povero citrullo! Lavora sodo quello, e per che cosa? per un pugno di mo­sche, ecco per cosa lavora.

Cissie                            - Ebbene, oggi tutto può cambiare.

Esther                            - Vuoi dire il prestito?

Cissie                            - (assentendo con la testa) Se gli è riuscito a persua­dere la banca a fargli un prestito, potrà comprare le mac­chine e gli sarà più facile lavorare.

Esther                            - Questa poi non la capisco. Mi ricordo che diceva, quando arrivarono qui, che voleva fare i mobili a mano. Ora che compra le macchine,

Sara                               - come una fabbrica, soltanto troppo piccola per avere un buon giro d'affari. E allora dove se n'è andato, l'ideale, tutto a un tratto?

Cissie                            - Esther, sei la padrona di una bancarella al merca­to, queste cose non le capisci.

Esther                            - Va bene, sono la volgare padrona di una banca­rella. Sono una stupida. Cosi io sono la stupida e tu la sindacalista intelligente, e allora spiegamelo.

Cissie                            - C'entra il lavoro di un altro falegname socialista, William Morris.

Esther                            - Un ebreo?

Cissie                            - Era un tipo famoso. Diceva: «Le macchine van­no bene per sollevare un lavoro tedioso e avvilente, ma guai a rendersene schiavi».

Esther                            - E allora?

Cissie                            - E allora Ada dice che Dave dice che si può com­prare una macchina per segare e una per piallare, e ri-sparmierà un mucchio di fatica, e lui resterà sempre un artigiano.

Esther                            - Cissie, sai che ti dico? I nostri nipoti, maschi e femmine, son tutti matti. Guarda un po' Ronnie - lavo­ra in una cucina e quel cretino si va a innamorare di una cameriera.

Cissie                            - E che c'è di male, una cameriera? Beatie Bryant è una brava ragazza, piena di vita, che Dio la benedica.

Esther                            - Lo so che è una brava ragazza, ma metà del tem­po non capisce quello che dice Ronnie.

Cissie                            - Ah, se è per questo neanch'io lo capisco. Lo sai da dove viene? Da circa venti miglia da qui. Ronnie la conobbe quando venne a lavorare a Norwich. (Si alza e v in cucina per mettere i piselli nella pentola).

Esther                            - (la segue) Un altro ebreo errante. Un altro che non trova da sistemarsi. Salta da una parte all'altra del paese e da un lavoro all'altro. Cissie, sai che ti dico? Non è mica uno scherzo. Ronnie mi dà pensiero. Mi dà pensiero perché suo padre era tale e quale a lui. Lo sai com'era Harry? Prima di ammalarsi? Non gli riusciva mai a restare in un impiego? La stessa cosa, da capo la stessa cosa. E io sto in pensiero.

Cissie                            - Esther, bada di non dirgliele mai queste cose, in­tesi?

Esther                            - Io? Neanche una parola gli direi. Ma ci sto in pensiero. E lui vuol diffondere il socialismo. «Zia Esther dice - ho piantato di far discorsi. Mi sposerò una ra­gazza semplice e insegnerò tutto a lei». E allora io gli di­co: «Ronnie - gli dico - sta' attento. Non glielo inse­gnare prima del matrimonio». La carne! (Si volta verso il forno).

A questo punto Ada e Dave entrano.

Ada                               - Che gli è successo alla zia Esther?

Cissie                            - Niente di male, cara, è andata a dare un'occhiata alla carne. Corre sempre in quel modo - come se il mon­do andasse a fuoco. Che c'è, Simmonds? sembri disfatto.

Dave                             - I direttori di banca. Tu come gli parli?

Cissie                            - Come parlo ai padroni quando tratto uno sciope­ro. Come se gli facessi un favore a andar da loro.

Esther                            - (viene dalla cucina) Altri quindici minuti e poi si può mangiare.

Ada                               - Siete coraggiose, voi due.

Esther                            - Siamo due testone, vuoi dire.

Cissie                            - E smetti di brontolare.

Esther                            - Non sa dirmi altro che «Esther, smetti di bron­tolare». Io sono una donna felice. Lasciatemi brontola­re. E allora diccelo, che è successo? (Ritorna alla sua se­dia in giardino).

Cissie                            - Aspetta, prendo il lavoro. (Va in cucina).

Esther                            - Non puoi stare un momento seduta senza far nulla?

Cissie                                      - No davvero. Maledizione! Il buon Dio mi ha da­to le mani e mi piace adoprarle.

Esther                                     - II buon Dio ti ha dato anche un deretano, ma non devi mica far sempre...

Cissie                            - Esther!

Esther                            - La tua zietta è pudica.

Cissie                            - (ritorna e si siede sulla sdraia) Va bene, ora sen­tiamo che è successo. Proprio m'interessa.

Ada                               - Devo andare ad apparecchiare, posso sentire da den­tro.

Dave va verso il capanno e pulisce alcuni arnesi.

Esther                            - Ma insomma, che avete tutti? Nessuno può stare cinque minuti fermo. Questa qui fa la maglia, quella de­ve apparecchiare, quello là si gingilla con gli arnesi.

Cissie                            - Ma Esther, Dave sta pulendo le sgorbie.

Esther                            - Non spaccare un capello in due. È una congiura per svergognarmi. E allora, accidenti a voi. Io resto a sedere. Io sono una signora. Una maledetta signora ci­vile in vacanza. Fatemi vento, qualcuno.

Cissie                            - Esther, forse i ragazzi non han voglia di scherzare.

Esther                            - Dave Simmonds, ce lo dici si o no che è succes­so alla banca?

Dave                             - Niente di importante. Han detto che potevo scopri­re il mio conto fino a duecento sterline, ma un prestito no.

Esther                            - E allora che piangi a fare? Con queste duecento sterline puoi fare il deposito per due macchine e finirle di pagare in due o tre anni. Chi è che compra in con­tanti al giorno d'oggi?

Dave                             - Già!

Cissie                            - Ehi, Adina che razza di colazioni gli danno a Danny a scuola?

Esther                            - Hai la testa di una cavalletta. Non ti riesce di pensare a una cosa per volta?

Cissie                            - E piantala, Esther, non lo vedi che il ragazzo non ne vuol parlare?

Ada                               - (esce dalla cucina. Si asciuga lentamente le mani e la faccia con un asciugamano. Benché sembri che abbia gli occhi rossi perché si è appena lavata, in realtà ha pianto e cerca di nasconderlo lavandosi la faccia) Non sono cattive. Un po' monotone ma abbondanti.

Esther                            - Ada, hai pianto?

Cissie                            - E piantala, Esther, te l'ho già detto.

Esther                            - Se piange cosi, che vi è successo a voi due?

Dave alza la testa e si accorge che Ada, infatti, ha pian­to. Posa la sega, si avvicina a lei e la prende fra le brac­cia. Dopo un attimo di meraviglia durante il quale le zie guardano i ragazzi e si guardan l'un l'altra.

Cissie e Esther              - Ah! Ada! Cara! Piccola! Amore! Non piangere, tesoro. Su, bambini, che c'è? (Si mettono a consolare la coppia ma non riescono a far altro che la­mentarsi e spingersi l'una con l'altra mentre si agitano per avvicinarsi ai ragazzi. Non ci riescono).

Dave e Ada stanno là in piedi, strettamente abbracciati, cullandosi, e il loro dolore è il centro della sollecitudine ansiosa delle zie, un po' comica e inutile.

Cissie                            - (inciampando nei piedi di Esther) Ritorna alla tua sdraia, ci penso io.

Esther                            - Cissie, seguita a far la calza e piantala! Hai sem­pre avuto la mano pesante.

Cissie                            - Davvero. Appena te ne occupi tu, delle persone, quelle si mettono a piangere.

Esther                            - E tu consideri ogni dispiacere come se fosse una controversia industriale.

Ada                               - Ma sentitele quelle due. Si direbbe che abbiano quin­dici anni.

Dave                             - Stai meglio, tesoro?

Ada                               - E come si fa a star male con queste due vecchie gal­line che ti starnazzano intorno?

Esther                            - Ehi, lasciatemi raccontare di quella volta che Ronnie fece la zuppa di riso.

Cissie                            - Sicuro. Raccontagli di quella volta che Ronnie fe­ce la zuppa di riso.

Dave                             - Ascoltale, tesoro. Sembra un numero di varietà.

Cissie                            - Ronnie si invita a cena da noi e dice che vuol pro­vare a cucinare uno speciale curry di maiale.

Esther                            - Un tipico piatto Kosher, disse.

Cissie                            - E a noi il curry non ci piace nemmeno.

Esther                            - Non importa, noi si accetta. Che disastro! Un'in­tera libbra di riso va a mettere in una pentola e comin­cia a farlo bollire, e lo sapete che succede quando il riso bolle.

Cissie                            - Rigonfia.

Esther                            - Tutta la libbra di riso incominciò a rigonfiare. E sapete lui che fa quando il riso arriva all'orlo della pen­tola? Lo ficca in un'altra pentola e le fa bollire tutte e due. E credete che fosse cotto?

Cissie                            - Naturale che non era cotto. E le due pentole si riempiono un'altra volta e lui ne prende altre due, e di nuovo divide il riso. Per due ore, prima che noi si arri­vasse a casa, seguitò a cuocer riso.

Esther                            - E quando noi si arrivò, ne aveva cinque pentole e due padelle piene per una cena per tre persone. (Tutti sono in convulsioni dal gran ridere, finché, mentre si stanno calmando, Esther si ricorda a un tratto) Ah. Si, c'è posta per te.

Dave                             - Dio sia ringraziato... finalmente.

Esther                            - Finalmente che?

Cissie                            - Si credeva che tu volessi soltanto un prestito.

Ada                               - Ma ci vogliono anche quelli che comprano i mobili, sai?

Cissie                            - E non ce ne sono?

Ada                               - Si, qualcuno, ma quasi tutti vogliono delle per­siane.

Esther                            - E allora che c'è di importante nella lettera?

Dave                             - La lettera è importante perché tre settimane fa mi chiesero il preventivo per una tavola da pranzo, con le sedie, su disegno mio, e io l'ho mandato e questa dovrebbe essere la risposta. Se non la vogliono, vuol dire che mi toccherà continuare a far persiane.

Esther                            - E Ada che piange a fare?

Dave                             - Aspetta un bambino.

Grida di gioia e di sorpresa e ancora un gran da fare da parte delle zie.

Esther                            - E che c'è da piangere? siete sicuri?

Ada                               - Certo che son sicura, vecchia citrulla.

Esther                            - Benone, e allora se non vi dispiace, vi dico una cosa.

Dave                             - Esther, credo che ci dispiace.

Esther                            - E io la dico lo stesso.

Ada                               - Ti prego, zia, siamo stanchi morti.

Esther                            - Per l'amor di Dio! Non siamo mica estranei! Sia­mo le vostre zie. Per tutta la vita, fino alla morte.

Dave                             - Cosa vuoi dirci? Che siamo pazzi a restar qui? Ce l'han detto tutti. Metà delle nostre battaglie qui son sta­te contro quelli che per mezza dozzina di ragioni diffe­renti han provato a dirci che siamo pazzi.

Esther                            - Non ci pensate alla pazzia. Ma siete cambiati. Non siete più gli stessi. Una volta con voi ci si poteva parlare. Avete delle noie? Ditecele. Che c'è? Avete pau­ra di farci ridere?

Dave                             - Siamo stanchi, Esther. Lasciaci in pace, su.

Esther                            - Bella vita! Deliziosa! È proprio una fortuna co­noscervi. Apri la lettera.

Dave                             - Lo so quel che c'è scritto nella lettera. « Caro signor Simmonds, dopo aver esaminato con cura i vostri dise­gni e preventivi siamo spiacenti di informarvi...» Dio! Imparo a odiare la gente.

Esther                            - (raccontando una storia) Mia mamma amava i suoi bambini. E sapete come lo so? Dal modo come ci cucinava il cibo: cantando. Canticchiava e ci dava da mangiare. Cantava e ci vestiva. Ci accarezzava e ci sgri­dava. Si vedeva quanto ci voleva bene da come faceva le cose per noi. Tu vuoi essere un artigiano? Amaci. Ci vuoi dare delle cose belle? Parlaci. Credi che Cissie ed io ci litighiamo? Ti sbagli, scioccone. Lei mi parla. A me piaceva guardare tutto quello che c'è sulla televisione, ma lei si lagnava tanto che ora la robaccia non mi piace più. Mi fa diventar matta colle sue chiacchiere.

Dave                             - Io ho parlato anche troppo. Maledetti voi Kahn. Parlate tutti. Io ho parlato anche troppo. Volevo far qualcosa. Le mani le ho, lo vedete? Io volevo far qual­cosa.

Esther                            - E che ci sono soltanto le mani? Anch'io sono una lavoratrice. E che non ho lavorato io? Da vender bandierine alle partite di calcio ai cuscini di gomma piu­ma al mercato di Aylesbury. Dalle sei della mattina alle sei di sera. Da un posteggio all'altro, tutta la vita. E non è un lavoro, questo? E non mi dà diritto a una casa? o a un frigorifero? E perché non dovrei comprare una lava­trice? Come lo misuri il successo, per bacco? Flower e Dean Street, era una prigione con le sbarre, ve la ricor­date? E la mia sola ambizione era di fuggire da quella prigione. «Comprate la vostra bandierina», gridavo e cercavo di far la spiritosa. E allora vendevo le raganelle e mi son fatta una casa. E se fossi stata carina avrei avu­to anche un marito e dei bambini, e li avrei fatti felici. E che il denaro mi ha fatta diversa? Sono sempre la stes­sa Esther - Kahn. Arie non me le do. Sono senza arie. Di­co sempre le cose storte e non gliene importa a nessuno. Guardatemi. Non vi piaccio, o che? È l'unica cosa che importa. O piuttosto, no - quello no. Non c'entra piace­re o non piacere. Vi faccio del male? Vi offendo? C'è qualcosa di me che vi offende?

Dave                             - (semplicemente) Non hai visioni, Esther.

Esther                            - E lui è un profeta.

Dave                             - No. Le profezie dovresti farle tu. Con le tue bandie­rine da due soldi e i tuoi cuscini di gomma piuma, le tue panzane da mercato e le tue case popolari.

Ada                               - Dave, tesoro, non serve a nulla. Vi eccitate e basta, e lei non vuol dire...

Dave                             - No, no. Può ben sentire. Parlar chiaro e poche sto­rie, dice. E allora rispondiamole. Lo so che si era deciso di non buttar fiato a spiegare, ma mi sono stufato a far sempre quello che incassa i colpi. Glielo dirò. (A Esther) Una volta per tutte ve lo dirò. Mi chiami un profeta e ridi, eh? E va bene, te lo dirò. Io sono un profeta. Io. Nes-suno ha sentito parlare di me e nessuno vuol comprare i miei mobili, ma io sono un profeta e che nessuno se lo dimentichi. Per quanto mi vedete piccolo, io sono gran­de. Ora guardatemi. Ho impugnato la lancia e l'ho pian­tata profonda. Il profeta Dave Simmonds - io. Con una sgorbia. Dave Simmonds e Gesù Cristo - due ragazzi giudei.

Esther                            - L'odio! Cissie, guarda il tuo nipote d'acquisto. L'odio in ogni parola.

Dave                             - E che mi avete lasciato, per l'amor di Dio? Volete che sia un angelo? Dieci anni ho passato qui, tentando di costruire una vita possibile per mia moglie e per i bambini, e da ogni parte non ho trovato che opposizio­ne. Dai cinici, quelli del posto e quelli di famiglia. Ognu­no soffocato dalle esperienze della propria vita e pronto a insegnarmele. Chi si è fatto avanti con una parola di incoraggiamento? Chi ci ha detto che forse abbiamo del coraggio? Chi ci ha detto una sola parola di lode?

Esther                            - Che bravo il nostro bambino.

Dave                             - Si, bravo. Vi farebbe male a qualcuno di voi? Non siete abbastanza generosi da farci il dono di un colpetto sulla spalla? Voi credete che siamo degli originali — de­gli anacoreti? Ecco, e allora vi sorprenderò - guardate -niente capelli lunghi, niente sandali. Soltanto carne e sangue. Che si abbia bisogno di essere apprezzati è natu­rale (cerca qualche soldo nelle tasche). O forse volete che ce le compriamo, le lodi? Come sul mercato. Ecco, prendetevi due mezze corone per mezzo minuto di lodi. Ve le compro. Non vi potete permettere di regalarle? e allora ve le pago. Cinque scellini per qualche parola gen­tile, per dirci che non siamo pazzi. Su prendeteli! pren­deteli!

Cissie                            - Ecco! Ora sarai soddisfatta, Esther. Ora che l'hai mandato in bestia, sarai soddisfatta?

Esther                            - (sottomessa) Lo so, lo so. Io sono soltanto una cretina. Vuoi costruire Gerusalemme? E costruiscila. Soltanto, forse noi si voleva dividerla con te. E ora apri la lettera.

Dave apre la lettera, ma prima che abbia potuto leggerla il sipario scende e cosi non sapremo mai quel che c'è scritto.

SCENA SECONDA

Tre anni dopo, 1959.1 Simmonds. Sara e Ronnie li aiu­tano. Ognuno è più vecchio di tre anni.

Sara spazza la cucina. Ada accudisce a un terzo bambino, ancora in culla. Dave sta portando una cassa verso il fur­gone dei trasporti. Ronnie è vicino a un mucchio di libri, pronti per essere imballati. Ma in questo momento stan­no tutti ascoltando la radio.

Annunciatore                - Capitano Davies, conservatore, 20429; J. R. Dalton, laburista, io 526; L. Shaftesbury, liberale, 4291. Maggioranza conservatori, 9903. Il candidato li­berale rinuncia alla sua quota. Gli ultimi risultati por­tano la maggioranza dei conservatori a 93 e ne assicura­no il ritorno al potere alla Camera dei Comuni, per la terza volta di seguito dalla fine della guerra. Il signor Gaitskell si è recato stamani a Transport House per con­ferire con gli altri capi laburisti. Appariva molto stanco.

Ronnie                          - (spegne la radio) Va bene. In ogni modo avete scelto il momento buono per tornare. Siete venuti con loro e ve ne andate con loro. (Sfoglia i libri in silenzio). Sono sfinito. Perché diavolo mi avete chiesto di aiutarvi in questo lavoro morboso.

Ada                               - E allora, ragazzo, vai a casa.

Dave                             - (torna con una cassa vuota) Ecco la cassa per i libri.

Ronnie                          - Ho detto che sono sfinito. Mi sto lamentando. (Nessuna risposta). Nessuno mi ascolta, ora. Che cosa buffa! tutti mi amano e nessuno mi ascolta. Non so con­servarmi un lavoro, e non so conservarmi una ragazza, e cosi tutti credono che quello che dico non conta. Come dicevamo del babbo. Povero vecchio

Harry                             - - povero vecchio Ronnie. Ma tu perdoni i miei peccati, vero Adi­na? Guardate mia sorella, è ancora bella!

Dave                             - Sei stato gentile di venirci ad aiutare.

Ronnie                          - Ecco tutto quello che riesco a fare... bei gesti. Dai una mano a qualcuno, e ti credono un santo, san Ronnie Kahn. (Tutti continuano il proprio lavoro. Lo sgombero sta per terminare. Dave va attorno raccoglien­do arnesi per metterli nella loro cassetta. Ronnie canta fra sé)

Vieni amor mio e sta' bene,

Mi hai disprezzato ma t'auguro ogni bene,

Passò l'inverno e le foglie son verdi,

Oh, non t'avessi mai veduta!

Vi rendete conto voi due,

che essendo arrivati dandoci spiegazioni,

ora dovete spiegare perché ve ne andate?

Ada                               - Ma a chi vuoi che importi, Ronnie?

Ronnie                          - A me! Gesù, almeno uno di noi bisogna che rie­sca in qualcosa. È comprensibile che il partito laburista abbia perso le elezioni di nuovo. Cambian politica come cambian vestito! Ma noi - voi due almeno, voi la met­tete in pratica - e Dio solo sa perché avete perduto.

Ada                               - Non ci pensiamo più, Ronnie.

Ronnie                          - (salta su) Pensiamoci, invece. Potete ancora cam­biare idea. Rimettiamo tutto fuori, pagate i facchini e provate di nuovo. Ci deve esser qualcosa.

Dave                             - Non continuare, Ronnie, te lo ripeto.

Ronnie                          - Ma non potete far le valige, cosi semplicemente, e...

Dave                             - Piantala, t'ho detto.

Ronnie                          -  La corda pende e il cappio è forte Un uomo innocente mandaste alla morte.

Sara                               - Ma cosa facciamo, un funerale?

Dave                             - Mamma, c'è speranza di una tazza di tè prima di partire?

 

Sara                               - II tè lo so fare sempre.

Ronnie                          - II tè lo sa far sempre.

Non c'è signora che viva in questa landa

che sappia fare il tè come mia mamma.

Che cosa rima con mamma?

Sara                               - Volta tutto a scherzo.

Dave                             - Hai mai saputo che n'è stato di Beatie Bryant, Ron­nie?

Ronnie                          - No.

Dave                             - La ragazza che volevi cambiare.

Ronnie                          - Cambiare! Uh! Lo sai che mi disse una volta il babbo? «Non si può cambiar la gente, Ronnie - disse — puoi soltanto offrirgli amore e sperare che l'accetti­no». Ebbene, Beatie Bryant l'accettò, ma non successe niente.

Dave                             - Tre anni con una ragazza sono tanti.

Ronnie                          - Non me ne pento. Forse successe qualcosa. Dopo tutto, Saruccia, non sei tu che mi dicevi sempre che non conosci persone alle quali non era mai successo niente?

Sara                               - Ve lo dico sempre che non potete cambiare il mon­do da soli - ma nessuno mi ascolta.

Ronnie                          - Ognuno di noi porta in sé un pezzetto di un altro, come schegge di shrapnel dopo una guerra. Ada è come te, forte! Io sono affascinante come mio padre, e debole. Oh, Dio! Che tristezza! (A un tratto) Balliamo una dan­za d'Israele prima di andarcene. Su, balliamo! (Incomin­cia a danzare «Zanni Hora» da solo) Gli Ebrei Erranti si incamminano, Dio li benedica. Facciamo musica, fac­ciamo.

Ada                               - Smetti di fare il pagliaccio, Ronnie, non finiremo in

tempo.

Ronnie                          - Non discutere! Non cantare! Non fare il pagliac­cio!

Ada                               - Non devi far nulla.

Ronnie                          - E va bene. Non devo far nulla - altro che far le valige e andare a casa. Nessuno di noi è quello che si di­rebbe un «eroico reduce», vero? Se soltanto potessimo cavare una piccola vittoria da tutto questo! Dio, ci deve essere una piccola vittoria per noi in qualche posto. Forse son stato un buon figlio? Prima che morisse lavavo e radevo Harry. Ci metteva tanto a camminare, e allora lo portavo in braccio, come un bambino. Poi lo facevo sal­tare sul letto e giocavo con lui e lui rideva, una vera ri­sata. Buffo che negli ultimi mesi non poteva parlare ma rideva di cuore. La mamma provava anche a giocare a carte con lui, ma non le reggeva. A volte gli mettevo la testa nelle braccia per fargli credere che poteva ancora... (la pena è troppa per continuare). No, non devo far nulla. Soltanto i vecchi saggi rimangono in attesa della nuo­va generazione. Guardate la vecchia mamma, come una vecchia tigre paziente ancora aspetta. Nulla ti ha mai sorpreso, vero Sara? Pensi ancora che verrà, il grande millennio?

Sara                               - E tu no?

Ronnie                          - Be', io non ce l'ho fatta - e loro (di Ada e Dave) non ce l'hanno fatta, e i Monty Blatts, e Cissie ed Esther       - Kahn non ce l'hanno fatta. E poi il babbo ha detto che non sarebbe successo durante la nostra vita. «Si purifi­cherà da se stesso» diceva. La differenza fra il capitali­smo e il socialismo - diceva - era che il capitalismo con­tiene il seme della propria distruzione, mentre il sociali­smo contiene il seme della propria purificazione. Forse questa è la vittoria - forse venendo qui vi siete purifica­ti, come Gesù nel deserto. Si? No? (Nessuna risposta. Mette gli ultimi libri nella cassa, leggendone i titoli co­me un elenco di morti, e baciando leggermente ciascuno) Madre di Massimo Gorki, iglio, figlio mio di Howard Spring, Madame Bovary di Gustave Flaubert. Che bel suono - Flaubert - Ronnie de Flaubert.

Dave                             - L'hai più finito il tuo romanzo?

Ronnie                          - No.

Dave                             - Sei invecchiato in questi ultimi anni, eh, compa­gno?

Ronnie                          - Si.

Ada                               - Mi sembra che non ci sia altro da imballare.

Ronnie                          - (improvvisando)

Cala le persiane - metti via le stelle,

gli amanti lasciano la loro casa per la città,

non si raccatteranno più le foglie

e gli ultimi usignoli se ne sono andati!

Ada                                         - Vieni via, tesoro, metti via libri e poesie e torna da noi.

Ronnie                           - Tu almeno sorridi ancora.

Ada                                          - Va bene, ci torneremo per le vacanze.

Dave                             - Chiunque penserebbe che l'esperimento fallito è il tuo, con la faccia lunga che fai.

Ronnie                          - Oh Dio, è quasi indecente!

Sara                               - Venite a bere il tè e smettete di rattristarvi l'uno con l'altro.

Ronnie                          - E la mamma dice poco. Zitta zitta fa valige e si porta i figli a casa.

Sara                               - Sono stata sola abbastanza, Ronnie. Fra qualche an­no sarò morta. Non commetto un peccato.

Ronnie                          - A questo punto non so se devo dire o no (con tono melodrammatico) «siamo tutti soli». Appena dico qualcosa, in un modo o nell'altro non ci credo. Non vi succede cosi con le cose? Appena dici qualcosa non ti sembra più vero.

Un grido «C'è altro? » viene da fuori.

Dave                             - I facchini aspettano. Va bene! Soltanto una cassa. Su, Ronnie. Il resto lo lasciamo per le vacanze.

Ronnie                          - Anche la radio?

Dave                             - No, la radio portala.

Ronnie e Dave sollevano la cassa e se ne vanno.

Ada                               - Spicciamoci, Dave, perché Danny e Jake ci staranno aspettando. (A Sara) Chissà se Londra piacerà ai bam­bini!

Sara                               - Sei sicura che la zia Esther va a prenderli alla sta­zione?

Ada                               - Si, abbiamo avuto un telegramma.

Ronnie e Dave rientrano.

 Ronnie                         - (provando ad essere allegro) Benone, cuoricini miei! Il lato allegro. Ogni male ha la sua parte di bene. Perché, ricordatevi - secondo le parole di quell'immor­tale profeta americano (recita come Al Johnson) Quando le piogge d'aprile vengon sulla tua via portano i fiori che sbocciano a maggio. Cosi quando piove non sentir malinconia perché non piove pioggia, lo sai, ma... (Ci rinuncia) eccetera, eccetera, e un maledetto ecce­tera.

Dave                             - Ho trovato uno scantinato a Londra e ci farò un la­boratorio.

Ronnie                          - (tristemente) Uno scantinato! L'uomo che comin­ciò a lavorare cantando Linden Lea all'aria aperta, torna in uno scantinato!

Ada                               - Dave, il sole tramonta. Dobbiamo proprio andare.

Dave                             - (continuando il discorso) Chissà, forse la gente com­prerà i mobili in città. Dice che ai londinesi gli si può vender tutto.

Ada                               - Abbiamo trovato casa, un tetto sulla testa.

Ronnie                          - (salta su una cassa) Oh, stupendo!

Abbiamo sei soldi, sei allegri soldi

Din, dum, deda, per bastarci tutta la vita,

pom, pom, per prestarli e pom pom per spenderli,

e pom pom per portarli alla moglie, Alleluja!

Ada                               - (snervata alla fine) Ronnie!

Dave                             - (dopo un attimo) Non ti capisco. No, davvero, non ti capisco.

Ronnie                          - Ma io piango, Dave, accidenti come piango!

Tutti sono snervati. Tutti sentono la realtà della parten­za. Un lungo silenzio penoso. Pausa.

Dave                             - E cosi? Piangiamo tutti. Che vuoi da noi? Mira­coli?

Sara                               - Non capisco che vi è successo, a tutti. A un tratto parlate, e poi gridate e poi piangete. E a un tratto vi dite male parole.

Dave                             - Bene, perché deve metterci su un piedistallo?

Sara                               - Dave, tu eri il Dio che ha combattuto in Spagna, ri­cordi?

Dave                             - (a Ronnie) È per questo? (Pausa). Non mi puoi pro­prio perdonare perché non parlai della Spagna in termini eroici, vero?

Ronnie                          - (riflettendo) Quella era la guerra di ognuno di noi.

Dave                             - Una guerra inutile, inutile e sanguinosa perché Hit­ler ce la fece poi, vero? E sei milioni di piccoli ebrei si dissolsero nell'aria in nuvolette di fumo. Volete che vi­va tutta la mia vita nella gloria del novecentotrenta?

Sara                               - Malati... siete tutti malati. L'ultima guerra l'abbia­mo vinta, no? Ve lo siete scordati? portammo il laburi­smo al potere e...

Ronnie                          - (ironico) Ah, già, è vero! Portammo il laburismo al potere! Gloria, evviva! Dopo tutto non è stata una guerra tanto inutile, vero, mamma? Ma che hanno fatto poi quegli idioti? Cantarono Bandiera Rossa in Parla­mento e poi si misero a fabbricare bombe atomiche. Paz­zi, pazzi furiosi! e un'intera generazione di noi poveracci gettò le armi e si rinchiuse in se stessa - un'intera gene­razione! Ma voi due, non capisco che vi è successo. Ero abituato a guardarvi, ed ero fiero di voi. Bene, pensavo, grazie a Dio funziona. Ma guardate un po' ora, ora che siamo fregati tutti!

Sara                               - Ti aspettavi che a un tratto il mondo concentrasse la sua attenzione su di loro e dicesse: «Ah, il socialismo è bello! » Te l'aspettavi, sciocco? Da quando in qua ab­biamo predicato questo genere di povertà mentale?

Ada                               - (rivolgendosi a Sara) Non siamo mai stati poveri! (Più dolcemente a Ronnie, mettendogli un braccio intor­no alle spalle) Vuoi essere rassicurato, caro? Ti rassicu­ro io, va bene? Ti ricordi quando ci dicesti che ognu­no di noi si porta dietro dei pezzi degli altri? Ecco, è vero...

Ronnie                          - Le scuse!

Ada                               - Chetati, e stammi a sentire, per amor di Dio! Il ge_ nere di vita che abbiamo vissuta non potrebbe essere un'intera filosofia, no?

Ronnie                          - Aveva bisogno di esserlo?

Ada                               - Proprio così. Aveva bisogno di esserlo. Non più che la tua vita con Beatie o quella di Sara con Harry. Quale vita è mai stata una completa affermazione? Ma alla fine dovranno rivolgersi a noi, dovranno...

Ronnie                          - Sei matta? A noi?

Ada                               - Noi, noi. Perché la facciamo noi la vita. Noi la fac­ciamo!

Dave                             - Cosa credi che sia io, Ronnie? Mi credi un artigia­no? Nemmeno per idea. Un disegnatore? Nemmeno. Se ne trovano dieci per un soldo. Non me ne importa, Ron­nie, non me ne importa, credimi (ma si vede che gliene importa). Ho raggiunto un punto nel quale posso affron­tare il fatto che non sono un profeta. Una volta ebbi - non so - un attimo di chiaroveggenza e gridai a tua zia Esther che ero un profeta. Un profeta! poveraccia, certo non mi capi. Intendevo solo dire che ero una specie di porta

Voce                             - Null'altro. Ma passò. Guardami, sono un ra­gazzo sveglio. Non ho mosche sul naso, e quando ero più giovane ero ancor più sveglio. Mi interessavo di tutto, storia, antropologia, filosofia, architettura - avevo delle idee. Ma ora no, Ronnie. Non lo so - è un po' triste quello che dico, è un momento triste per tutti e due, per Ada e per me, triste, eppure - sai - non tanto triste. Sia­mo venuti qui, abbiamo lavorato sodo, ogni minuto del­la nostra fatica l'abbiamo gustato e siamo ancora giova­ni. Che altro ti aspettavi? Volevi che crescessimo fino a diventare dei giganti, vero? Il grande artista artigiano! Ecco, ora non m'importa d'altro che dei problemi quoti­diani di mia moglie, dei miei bambini e del mio lavoro. Renditene conto — come membro essenziale della società io non conto nulla. Non dico di essere inutile, ma le mac­chine e la tecnica moderna sono venute e mi hanno mes­so da parte. Eccomi qua, compagno, cittadino, ho pre­sentato la mia offerta e il mondo l'ha respinta. Io non conto, Ronnie, e se non me ne rattristo io, neppure tu devi piangerci su. Forse Sara ha ragione, forse non puoi costruire da solo.

Ronnie                          - Ti ricordi quel che dicesti della gente che era sof­focata dalle proprie esperienze?

Dave                                       - Tante cose ricordo. Su, andiamo.

Ronnie                          - Quella era la tua giustificazione per la sconfitta, vero?

Dave                             - (stanco) E va bene, sono stato sconfitto. Su, andiamo.

Ronnie                          - (disperatamente) E allora dove l'andremo a cer­care un nuovo ideale?

Dave                             - (arrabbiato) Smettila di piagnucolare per gli ideali. Non te ne accorgi che non funzionano? Bambino, gli ideali non funzionano.

Ronnie                          - (disperato) Funzionano, ti dico! E anche se non funzionano, per amor di Dio proviamo a credere e a comportarci come se funzionassero - altrimenti nient'altro funzionerà.

Dave                             - Allora nient'altro funzionerà.

Ronnie                          - ( troppo in fretta) Questa è vigliaccheria !

Dave                             - Tu chiami vigliacco me? Tu? Io la conosco la tua razza - vai per il mondo cantando la fratellanza e non ti riesce nemmeno di portare a fondo una sordida storia d'amore. La conosco la tua maledetta razza.

Ada                               - Dave, è troppo stupido...

Dave                             - Bene, io mi ci son provato, no? Tutti vogliono spie­gazioni e io mi ci son provato. Credi che mi piaccia an­dar via?

Ronnie                          - Non era sordida, Dave. Lo so che non ce la feci fino alla fine, ma non era sordida. Beatie Bryant poteva divenire un vero poema - le offrii le parole - forse di­ventò un poema. Ma hai ragione. Non son stato capace di portare a termine nulla. Forse per questo voi due era­vate tanto importanti per me. Non è strano? Dico cose giuste, le penso anche, ma in qualche cosa, in qualche maledetta cosa, come creatura umana sono un fallito. Come mio padre - proprio come il mio povero vecchio Harry. Cristo! Guardami! (Cade in ginocchio disperato).

 

Gli altri restano immobili a guardarlo per un po'. Ada va verso di lui, ma Dave la trattiene. Sara sta per andare verso di lui, ma Dave la ferma con una parola, «Sara». Ronnie non riceverà più conforto. Ormai nessuno può aiutarlo, fuori che lui stesso. Lentamente, molto lenta­mente si distende, e tutti lo osservano. Lentamente, mol­to lentamente egli si alza. Sa che cosa vogliono da lui ma per il momento non può far altro che restare là, ritto in una specie di stupore, guardando dall'uno all'altro.

Dave                             - (ad Ada) Tesoro, hai impostato quelle lettere?

Ada                               - (capisce che devono dimostrare che vanno avanti) Si, Dave, e anche i preventivi sono partiti.

Dave                             - Dove li hai messi i disegni?

Ada                               - (indicando la borsa) Stai tranquillo, sono qui. Quelli che avevi deciso di conservare li ho arrotolati. Gli scarti li ho bruciati ieri sera.

Dave                             - Ora non dimenticare. Domattina per prima cosa de­vo dire all'elettricista di incominciare l'impianto. Poi c'è quell'appuntamento con la Signora come-si-chiama per il suo schifosissimo armadio.

Ada                               - (va a prendere la culla) Stasera quando avremo finito di disfare il bagaglio faremo una lista di tutto quello che dobbiamo fare - prima di andare a letto (con Dave sol­leva la culla). Su, Simmonds numero tre, torneremo pre­sto per le tue vacanze, potrai ancora crescere qui, si che potrai, o non te ne importerà?

Dave                             - Ronnie, da bravo, chiudi casa e mettiti la chiave in tasca. Sara, prendi la borsa di tua figlia. Dio sa che cosa ci ha messo dentro! (Prende la sua borsa, e lui e Ada escono con la culla, parlando).

Ada                               - Sei sicuro di aver chiuso bene il gas?

Dave                             - Sicurissimo. Senti, tesoro, non mi far dimenticare di telefonare agli elettricisti. Ehi! Il mio tavolo da dise­gno, l'abbiamo imballato?

Ada                               - Si, si, Simmonds. Nelle prime casse, non te ne ricor­di?

Dave                             - Buffo! Non me ne ricordo.

Ada                               - (a Sara e a Ronnie) Venite ora, voi due, gli uomini aspettano.

Sono andati via, Ronnie ha chiuso la porta e Sara lo aspetta.

Ronnie                          - (le prende di mano uno dei due cesti e le mette un braccio sulla spalla) Be', Sara, i tuoi figlioli tornano a casa!

Sara                               - Hai finito di piangere, stupidone?

Ronnie                          - Piangere? Dovremmo essere proprio matti per piangere, mamma! (Sara esce e lo lascia. Ronnie si at­tarda e si dà un ultimo sguardo intorno. A un tratto gli cade l'occhio su un sasso, lo raccoglie e lo butta alto in aria, ho guarda e attende che ricada. Poi fa portavoce delle mani, e grida al cielo con amarezza e un po' di cat­tiveria) Dovremmo - esser - proprio - matti - per -piangere!

La scena è vuota.

Dopo poco si sente il rumore del camion che accende il motore e si mette in moto.

Un ultimo silenzio.

Poi cala lentamente e per l'ultima volta il sipario.

 

FINE