“Parole in fuga”
Atto Unico
di
Luca Giacomozzi
Parole in fuga
Claudia: (Claudia lettera)
Non so se tutto questo abbia un senso. Non so se ci sia più coraggio in queste parole o in quei silenzi che sono cosi intensi da poter essere afferrati. Non so se questo sia il punto di partenza o l'arrivo. Lo specchio è qui, davanti a me. Sono io in quell'immagine che vedo davanti agli occhi o è la parte di me che conosco meno? E' arrivato il momento di dire quello che sento, quello che ho dentro e che non posso più nascondere a me stessa.
(Claudia oggi) Vent'anni. Questa lettera ha vent'anni. Queste parole hanno vent'anni. Vent'anni e non li dimostrano. Vent'anni come un giorno, come venti giorni, come vent'anni. Vent'anni come i vent'anni che avevo vent'anni fa. Vent'anni come i vent'anni che sono passati dai miei vent'anni ad oggi. Vent'anni che non venivo in questa casa. Vent'anni che non entravo in questa stanza. Vent'anni come i vent'anni che sono trascorsi dal giorno in cui questa lettera è passata tra le mie mani per la prima volta ... vent'anni fa.
Nella vita arriva sempre il momento di confrontarsi con se stessi, forse tutti i giorni, forse mai. Arriva il momento, arriva sempre. La cosa più difficile è farsi trovare pronti, preparati. Anche se l'importante credo sia esserci. Non penso sia piacevole non assistere al confronto con se stessi. E' un pò come darsi un appuntamento e poi non presentarsi. Ti aspetti, sei eccitata, euforica. Suoni alla porta, vai ad aprire e non ci sei. Ti sei data buca, non ti sei presentata e resti li, immobile a guardare te stessa che non è venuta...che bastarda.
E' strano come una stessa cosa, uno stesso oggetto, come questo ad esempio possa essere visto da due persone in modo diverso o ancor peggio in modi diversi dalla stessa persona. E' tutto cosi provvisorio, momentaneo, fragile.
(Claudia lettera) E' come avere un peso in mezzo al petto. E' il peso di tutte le cose che non ti ho mai detto, che non mi hai mai detto. Scriverti questa lettera è un pò come liberarmi da tutto quello che non riesco più a tenere solo per me. Perchè certe volte diventa difficile sapere ma non poter dire. Diventa difficile voler parlare ma non poterlo fare.
Le scrivo le parole che vorrei dirti perchè è un pò come fermarle in un attimo, per sempre. Le scrivo perchè fa meno male, perchè non ho abbastanza coraggio per affrontare il tuo sguardo. Le scrivo per dissipare le mie paure e per riuscire finalmente a parlare con te.
(Claudia oggi) Vent'anni. E' incredibile come certe cose non invecchino mai. (Guarda una vecchia macchina da scrivere) Tu ad esempio. Come hai fatto a non invecchiare? Come fai a non invecchiare mai?... Ogni mattina quando mi trucco davanti allo specchio mi vedo più vecchia. Ogni giorno, ogni mattina sempre più vecchia. Non so se smettere di truccarmi o continuare a farlo... togliendo lo specchio.
Invecchierei lo stesso... ma senza accorgermene. (Ancora rivolta alla macchina da scrivere) Ancora non mi hai risposto. Pensi di farlo prima o poi? No, dimmelo così almeno sò se vale la pena aspettare. Forse il tuo segreto è proprio questo. Tu non invecchi perchè non rispondi mai. (Batte in maniera decisa su un tasto della macchina da scrivere. Ovviamente si sente il rumore) Ah! Hai ceduto. Hai parlato. A modo tuo ma hai parlato. Ma non mi hai risposto. Va bene lasciamo perdere, tanto ti conosco, sò come sei fatta. Non ti piace rispondere alle domande. Non sei cambiata. Ogni volta che venivo a cercare da te una risposta eri sempre pronta a farmi una nuova domanda. Chiudevo la porta e non facevo entrare nessuno, nessuno. Entravo e mi nascondevo li dietro, non ricordo esattamente da cosa mi nascondessi e non ricordo neanche se qualcuno è mai venuto a cercarmi. Però ricordo che ogni volta che cercavo da te una risposta incontravo una nuova domanda. Ma è possibile che tu non rispondi mai? .... Adesso non ricominciare a fare come sempre che ti chiudi in quei tuoi silenzi ed io ferma a guardarti in cerca di... risposte. Solo domande. Ecco, se dovessi descriverti ti descriverei come un enorme punto interrogativo. Domande. Come il giorno della lettera, te la ricordi quella notte? Dormivi? Si, come sempre dormivi... e russavi. Non provare a negarlo. Quando dormi russi.... Russi, russi, Ma non è che russi in sordina, russi come un vulcano in eruzione. Quando ti ci metti sei un esplosione di suoni, una sinfonia inconfondibile. Comunque russi, devi accettarlo.
Sono stata io a venire qui sù quella notte, a svegliarti, dolcemente....si, dolcemente, ti ho sempre svegliato dolcemente....sicuramente ero più delicata io mentre ti svegliavo che tu mentre russavi. Dai non fare così, non prendertela. Russi bene, sei intonata. E va bene allora non russi. Sei contenta? (si allontana dalla macchina) Comunque russi.
(Claudia lettera) Ho pensato molto prima di sciverti questa lettera. Ero divisa tra la necessità ossessiva di farlo e la convinzione che, infondo, non meritavi tutta questa importanza, le attenzioni delle mie parole, l'inchiostro di questa macchina da scrivere, del mio tempo. Il tempo, il mio tempo, quello che non torna indietro mai. Non è come i ricordi che ogni tanto tornano, vengono a farti compagnia. Il tempo no, quello non può farti mai compagnia. E' troppo preso a corre, ad andare, a passare... e mi lascia qui da sola, davanti a questa macchina da scrivere, a cercare del tempo per te.... del tempo che non tornerà indietro mai.
Dietro queste parole ci sono io. Davanti a queste parole tu non ci sei. Diventa stupido continuare a parlare a chi non c'è, però lo devo fare perchè arriverà il momento in cui sarai costretto a scontrarti con queste parole. Non sarà ora, non sarà oggi, ma prima o poi quel momento arriverà.
Non puoi fuggire sempre, non puoi evitare, evitarmi per sempre. Non puoi neanche continuare a nasconderti da te stesso. Il tempo passa, corre e se ne va.
(Claudia oggi) Non so se sia giusto scrivere tutto, voglio dire, scrivere tutto quello che si sente. Penso ci siano delle cose, dei segreti che non dovrebbero essere raccontati. C'è sempre un qualcosa di comprensibile solo a noi stessi e forse neanche a noi. Come certi dolori, certe sensazioni. Raccontarle è un po' perdere... è perdere una parte di noi. Quanto ho perso scrivendo questa lettera? Quanto ho perso in quella notte? Quanto ho perso oggi?... Domande, domande, domande... e tu (alla macchina da scrivere) niente. Non rispondi. Dormi... dormi e russi... Va bene non russi, stavo scherzando.
(Claudia lettera) Non sono mai riuscita a farti capire quanta passione ci sia nascosta dentro di me, tra le mie parole. Quanta voglia ho di non dovermi per forza schierare da una parte o dall'altra, ma semplicemente di essere. Quanto è duro vivere questi anni, questi cambiamenti improvvisi. I Beatles si sono sciolti.....Già, dimenticavo, la musica a te non interessa. Tu non pensi a queste cose. Non sono importanti.... Ho comprato un giradischi nuovo, non so neanche la marca. O meglio la so, ma non riesco a pronunciarla.
L'ho comprato due giorni fa, era giovedì pomeriggio. Appena preso sono corsa a casa a provarlo, non sono riuscita a resistere alla tentazione.. E' bellissimo. Il suono, perfetto.... I Beatles si sono sciolti.
(Claudia oggi prende in un angolo della mansarda un paio di pantaloni anni '70 – Li osserva con una reazione a metà il nostalgico e l'ironico) Indossavo questi pantaloni. Mi entravano questi pantaloni. Avevo il coraggio di uscire di casa con questi pantaloni.... e pure di rientrarci,.. in casa. A guardarli bene non erano poi così male... ci criticavano tanto. I capelli. I capelli più dei pantaloni. Era più forte di me... crescevano, crescevano, crescevano, non riuscivo a fermarli. Una crescita continua. Sempre più lunghi. Lunghi, lunghissimi capelli neri....(si rivolge alla macchina da scrivere) Va bene, castano scuri... quasi neri. Ma cosa importa a te se erano neri o castani?.... Ho capito, la tua è tutta invidia. Avresti voluto avere dei capelli lunghi come i miei? Vero?... Niente, nessuna risposta....ancora un'altra domanda.
(Claudia lettera) Ci sono stati dei momenti in cui ti ho odiato sai? Ti ho odiato perchè non ti capivo, perchè non riuscivo a capirti. Ti ho odiato per quello che non eri, per quello che non hai fatto, per le parole che non hai detto, per i gesti che non ci sono stati, per i silenzi che non mi hai mai concesso. Ho odiato te e quello che non sei mai stato. L'ho detto, ci sono riuscita, l'ho detto. Ecco la prima parola che si batteva tra le mie labbra, ti ho odiato. Adesso che sono riuscita a scrivertelo ti odio già un po' di meno. Non so neanche se meriti davvero il mio odio, forse ti toccherebbe di più la mia indifferenza. Forse neanche quella, perchè a te non colpisce mai nulla.
(Claudia oggi) Le parole dei miei vent'anni. Non sò quanta differenza ci sia tra le parole che scrivevo a vent'anni e quelle di oggi. La prima, la più importante, è che oggi non scrivo più. Eppure sono così uguali le mie parole di ieri ai miei silenzi di oggi che non riesco a capire se ha veramente senso scrivere tante parole.
(Claudia lettera) Hai il tuo sorriso idiota dietro il quale nasconderti. La tua maschera. Una maschera eterna. Ho provato a togliertela ma sotto ne ho trovata un'altra, uguale a quella di prima. Un'altra maschera con lo stesso sorriso idiota. Nel tempo ho provato più volte a toglierti quella maschera, ma sotto ce n'era sempre un'altra, lì, pronta a sorridermi, idiota. Alla fine ho capito che non aveva più senso continuare a togliertela perchè quella maschera eri tu.... un sorriso idiota.
(Claudia oggi) Certe volte mi sento come la pallina di un flipper.
(Mima il gesto di chi gioca a flipper e il movimento della pallina) Pà e la pallina parte. Sono io. Va su, su e poi scende. Ci sono spigoli, sporgenze. Tocco un angolo e s'illumina. Pà...pà...pà. Ancora una luce. Pà... un altro angolo... pà.... un altro spigolo... pà.... ancora un'altra luce... pà. Ogni spigolo è una nuova esperienza, un punto in più. Dietro ogni luce imparo una cosa nuova. Pà.... Pà....Pà...Quante luci, quanti inganni.... quanta apparenza dientro un flipper anni settanta.
(Claudia lettera) Ci sono dei ricordi di te talmente vaghi che potrebbero essere benissimo frutto della mia immaginazione. La radio, ad esempio. La radio accesa alle due e dieci del pomeriggio sulla mensola in alto a destra della cucina. Quelle parole sedevano a tavola con noi, ogni giorno. Non avevano fame, volevano semplicemente osservarci e raccontare i tuoi silenzi. Non parlavi, non parlavi mai. Alle due e dieci di pomeriggio tu non parlavi mai. Probabilmente pensavi bastassero le parole di quella radio appoggiata sulla mensola in alto a destra della cucina. A me non bastavano. Ero sola. Ero sola tra tutte quelle parole. Ero sola in quella cucina alle due e dieci di pomeriggio.... ero sola nei tuoi silenzi.
(Claudia oggi prende in mano un paio di occhiali anni settanta “Ray-Ban” modello Fanali “Goccia)) Fanali!... Indimenticabili fanali. O meglio Ray-ban a goccia. Non erano solo un paio di occhiali, erano un simbolo, il simbolo. Il mondo con questi (occhiali) aveva un colore diverso, una forma diversa. Il mio sguardo si nascondeva dietro un paio di occhiali, dietro quei ferreti che avvolgevano l'orecchio e che rendevano il semplice gesto di sfilarli un'esperienza sempre nuova. Metterli era sicuramente più facile che toglierli. Non sono invecchiati questi occhiali. Non invecchieranno mai.....(Alla macchina da scrivere) Neanche tu sei invecchiata... certo che sei di un permaloso!!.... Stai benissimo, non sei invecchiata. Dimostri come minimo dieci anni di meno.... otto, otto anni di meno. Va bene così?
(Claudia lettera) Quando ero piccola non eri mai in casa. Non ne ho la certezza perchè ero troppo piccola per potermelo ricordare, ma sono convinta che sia così. Uscivi e mi lasciavi dormire nel mio lettino. Tornavi e già dormivo nel mio lettino. Hai vissuto nei miei sogni, da sempre, fin da quando ero piccola. Forse mi accarezzavi, forse no. Ma non ha senso crederlo perchè potrei svegliarmi ed accorgermi che era solo un sogno. (Claudia oggi) Non ricordo mai i sogni che faccio quando mi sveglio. Mi dà fastidio un pò questa cosa. Ho provato anche a mettere sul comodino un foglio ed una penna per scrivere subito il sogno che avevo fatto, ma non c'è stato verso... se Freud fosse vivo oggi sarebbe disoccupato.
(Claudia lettera) Vorrei domandarti il perchè di certe cose, di certi silenzi. Come fai a lasciarti scivolare tutto addosso? E' come se il mondo intorno a te non esistesse. Come se le persone intorno a te non esistessero. Le paure, le gioie, le emozioni non esistessero. Il silenzio non esistesse. E' come se tu ... non esistessi.
Non ti ho mai stimato sai? Mai. Non sono mai riuscita a vederti come un punto di riferimento, come il punto di partenza o di arrivo. Ti ho visto sempre come un qualcosa dal quale fuggire, il lato oscuro delle cose. Come il vuoto, il nulla, il non essere. Eppure tu ci sei, ogni giorno, in ogni momento, sempre. La tua assenza è così presente. Lo è di più quando sei davanti a me, quando vorrei buttarti addosso la rabbia che ho dentro. Quando vorrei gridare sulla tua faccia vaffanculo. Si, vaffanculo. Vaffanculo a te, alle tue mani, ai tuoi passi, ai tuoi sorrisi, ai tuoi silenzi... vaffanculo.
(Claudia oggi) (Rivolta alla macchina da scrivere) Scusami.... ti ho svegliata? Si, lo sò, sono stata un pò troppo diretta...nello svegliarti. Non è da me. Stavi sognando?.... Comunque se ti ho svegliata scusami. E' incredibile come il momento in cui sono veramente me stessa coincida sempre con il momento in cui mi comporto in maniera diversa dal solito..... E' proprio vero... La verità stà in quello che non siamo. La parte nascosta di noi stessi è sempre quella che ci assomiglia di più.... In me è talmente nascosta che certe volte non mi accorgo neanche della sua presenza. (alla macchina da scrivere) Non so se sei daccordo?.... Dormi ancora?... Se stai ancora dormendo sogna.... e non russare.
(Claudia lettera) Dove sei adesso? In queste ore, mentre ti scrivo questa lettera? Dove sarai il giorno in cui la leggerai? Cosa proverai correndo tra queste righe, tra questi spazi, tra questi suoni? Fuggirai anche da queste parole, lo so. Tu puoi solo fuggire, non sai fare altro. Sei fuggito da me quando ti ho visto. Sei fuggito da chi era intorno a te. Sei fuggito sempre, da tutto. Sei fuggito per andar via? Dove sei arrivato? Dove pensi di essere? Perchè?
Ho iniziato a fumare per attirare la tua attenzione. La prima sigaretta l'ho rubata da un pacchetto che tenevi nascosto nel cassetto del comò. Ma non avevi smesso di fumare? E' stata una soddisfazione enorme. E' stato bellissimo. Nella sigaretta in sè non ho trovato nulla, ma l'idea di aprire quel cassetto, trovare il pacchetto di Muratti che tenevi nascosto e rubarti un tuo segreto è stata una soddisfazione per me.
Non te ne sei mai accorto e questa è stata la cosa che mi ha fatto più male. Non te ne sei accorto... come sempre, come tutto.... come niente.
(Claudia oggi) (Gira per la mansarda vede diversi oggetti) Ogni oggetto ha una storia. Ogni oggetto racchiude in sè un segreto. Non possono parlare gli oggetti.... è questa la loro magia. (alla macchina da scrivere) No, neanche tu puoi parlare.... non capisco perchè vuoi metterti sempre al centro dell'attenzione. Non riesci proprio a stare un pò da parte? Non è il tuo momento.... Smettila di attirare sempre gli sguardi su di te. (Sempre continuando a girare tra gli oggetti) Non possono neanche ferirti gli oggetti... possono farti male, per un attimo, ma non possono ferirti .... gli oggetti. Il vero fascino delle cose sta nella possibilità che ti danno di viaggiare nei tuoi ricordi. La vera macchina del tempo sono proprio gli oggetti del nostro passato..... come questa banalissima fascia per capelli (Claudia prende una fascia per capelli anni '70) Basta prenderla, indossarla ed ecco che sono di nuovo nell'angolo dei miei vent'anni....(Claudia inizia a muoversi, a ballare con gioia e nostalgia).
(Una luce illumina un giradischi – Si sentono le note di una canzone anni '70 – Durante la musica Claudia si fissa allo specchio e fa finta di truccarsi. Lo fa con estrema credibilità, senza usare però nessun trucco. Mima semplicemente l'azione)
(Claudia lettera) C'è stato un momento in cui provavo fastidio solo a guardarti. Ancora oggi. Ti scrivo e provo fastidio. La sola idea di stringerti mi disgusta. Le tue mani, la mia pelle. Devo chiudere gli occhi per cacciare via il pensiero di te. Chiudo gli occhi per lasciare al buio i ricordi. Chiudo gli occhi e non basta. Non so come fai a vivere così, come fai a camminare a testa alta. Come fai a camminare. Già, tu non cammini a testa alta. Non cammini proprio. Non è un tuo problema. Tanto tutto scivola, come sempre. Tutto.
(Claudia oggi)(Guarda per terra in un angolo della mansarda) C'è ancora il segno delle mie scarpe sul pavimento. Nessuno ha toccato niente. E' tutto fermo, immobile, come una fotografia. I colori, quelli sono cambiati. C'era più luce in quel bianco e nero che in questo colore così fastidioso. Trovavo tutto in questo niente. In queste poche cose. Ora sono troppo distanti da me. Sono cambiate. Sono cambiata.
(Claudia lettera) Questo spazio ha un inizio ed una fine, come tutte le cose. Non c'è nulla di eterno, di infinito. Un inizio ed una fine, come questa lettera. Vorrei che la fine fosse davvero vicina o che non arrivasse mai, perchè in questo momento ho bisogno di certezze. Ho bisogno di sentre che quello che sto facendo non sia solo un momento. Ho bisogno di credere che abbia... un inizio ed una fine.
(Claudia oggi) Il cerchio. Il cerchio è la figura geometrica che mi piace di più. Mi fa impazzire... e riflettere. Il cerchio. Ferma le cose, le protegge ma non le imprigiona. Non ha angoli, non ha lati oscuri.... non ha proprio lati. E' così, unico, semplice, sincero. Non ha segreti...o meglio, ne ha uno solo... la sua perfezione.
(Claudia lettera) Avrei voluto un cane. Non me l'hai mai voluto regalare. Lo volevo così tanto che un giorno ho smesso di desideralo. Come sempre quello che voglio a te non interessa. Non t'interessa mai. Così come non t'interessa quello che provo, i sogni che faccio, dove sono.
Il tuo cercarmi è sempre legato a qualcosa. Ogni gesto ne nasconde sempre un altro. Ogni tua carezza è la custodia di un coltello. Ogni tua parola copre gli occhi al silenzio. Non ho mai dato peso alle cose che gli altri dicevano su di te. A volte ti ho anche difeso. Poi lentamente ho iniziato a togliere il telo che copriva il quadro, il tuo ritratto, e non ti ho più riconosciuto. Eri diventato te stesso. Non eri più il tuo riflesso, eri tu.
(Claudia oggi) Un giorno mentre camminavo per la strada ho visto un cane. Ho visto il suo padrone e poi ho visto di nuovo il cane.... erano uguali, semplicemente uguali. Non so se era stato il cane a prendere l'espressione del padrone o il padrone a prendere quella del cane.... era buffo osservarli. Mentre li guardavo mi ha visto e mi ha sorriso.... il padrone, ovviamente... O forse era il cane? Erano talmente simili.
(Claudia lettera) Quanto è difficile avere vent'anni oggi. Ma sarà sempre così dura avere vent'anni? Tu forse non li hai mai avuti vent'anni. Se li hai avuti sono passati così, come tutto quello che ti scivola sempre addosso. La cosa che più mi crea disagio di questi miei vent'anni sono le feste. Questo bisogno continuo di vedersi, di incontrarsi, di stare insieme. Provo imbarazzo durante queste feste. Con tutta questa gente che porta da bere, con le pizzette e i panini appoggiati su un tavolo in un angolo. Dall'altra parte, nell'altro angolo ci sono io. Non so quanta differenza ci sia tra me e una bottiglia di spuma appoggiata su un tavolo. Siamo tutte e due ferme, immobili... ad aspettare.
L'attesa, ecco la cosa che mi dà più fastidio. L'attesa. Doverti aspettare. Dover aspettare un tuo gesto, una tua telefonata, il tuo cambiamento. Non sei mai cambiato. Non cambierai mai.
(Claudia oggi) (Si ferma a fissare un oggetto. Lo guarda da un lato, poi gira e lo fissa dal lato opposto) Questo oggetto ha due faccie. Una sorride, l'altra no. E' un pò come le maschere del teatro. Una sorride, l'altra no. E' così, lo sò, non c'è nulla di strano. Però ogni volta che dalla maschera che ride passo a quella che non ride mi sorprendo. Lo stesso oggetto, la stessa maschera. Da una parte ride, dall'altra no.
(Claudia lettera) Ho visto delle foto, le hai scattate tu. Perchè? Perchè quelle foto? Perchè quella luce, quelle posizioni, quei dettagli? Perchè tutti quei ricatti, quel gioco squallido? Come fai a fare certe cose? Come fai a pensarle?... Come fai a farle?
Ho saputo cose che non posso raccontare a nessuno. Non posso neanche scriverle. Devo tenerle nascoste dentro di me. Avrei voluto non scoprirle mai, forse adesso non sentirei questo peso in mezzo al petto. E' il peso dei tuoi errori. Tu sbagli e gli altri pagano per te. E' facile così, vero? Del resto fa parte del tuo modo di essere. E' il tuo stile, il tuo inconfondibile stile... sei tu.
La cosa più grave è che non ti fermi mai. Ogni volta una cosa nuova. Ogni giorno, ogni mese, ogni anno, scopro una cosa nuova. Quello che viene dopo è sempre più grande e più grave di quello che c'è prima. Ma come fai? E' come se tu volessi superare sempre te stesso. I tuoi errori, le cazzate che fai oggi non possono essere da meno a quelle che hai fatto ieri. E' proprio vero, tu impari dai tuoi errori...impari a farne altri. In un certo senso sei in continua crescita... non arriverai da nessuna parte, perchè non sei mai partito, perchè non sai dove sei, perchè non sai dove andare.
(Claudia oggi) Non amo i dolci lo sai? (rivolta alla macchina da scrivere) Tu? Tu si. Si vede. Sei un pò sovrappeso. Hai mai pensato di iniziare una dieta? Guarda che fianchi che hai. Come?.... Ho capito tu sei come quelli della “dieta del lunedì”... non fare finta di non capire, sai benissimo a cosa mi riferisco... “Lunedì inizio la dieta, lo devo fare, non posso più andare avanti così, sto esplodendo”. Il problema, però, è che dopo il lunedì arriva sempre il martedì, la dieta finisce ed inizi a mangiare più di prima... in attesa del prossimo lunedì. (alla macchina da scrivere) Non provare a negarlo, ti ho vista. Ti ho vista entrare più di una volta nella pasticceria dietro la scuala.
Non amo i dolci... le caramelle si, ma non tutti i tipi di caramelle. Mi piacciono solo quelle a forma di ... caramella. La cosa che amo di più in una caramella è doverla scartare (mima il gesto). Quanta poesia, quanta passione dietro a quel gesto. (continua a mimare)
(Claudia lettera) Forse una cosa te la chiederei se a dividerci non ci fosse questo foglio bianco. Questo foglio ogni istante un pò meno bianco.
Inseguo l'inchiostro di questa macchina da scrivere, inseguo queste parole in fuga, inseguo i miei pensieri in fuga. Inseguo me stessa perchè inseguirti non avrebbe senso... raggiungendo te afferrerei il nulla e la delusione sarebbe troppo grande, un nuovo dolore, una nuova sconfitta... il nulla.
(Claudia oggi) E' buffo osservarti sai? (guardando la macchina da scrivere) Hanno messo in mansarda anche te. Pensare che dietro ogni tuo tasto si nascondevano i pensieri di poeti, scrittori, innamorati. Oggi sei qui, abbandonata in questa mansarda, da sola... come me. Arriva sempre il momento in cui ogni cosa, ogni oggetto, anche il più indispensabile, finisce in una mansarda. Credo che le soffitte siano fatte proprio per questo. Sono un pò come l'angolo della memoria, dove nascondere quei ricordi che non hai il coraggio di perdere per sempre. Le soffitte sono un pò la panchina dei ricordi. (alla macchina da scrivere)... mi dispiace vecchia mia!.. ti hanno messo in panchina.
(Claudia lettera) Ti ho visto passare sotto casa qualche giorno fa. Eri su Vespa special bianca a faro quadrato. Non eri solo. Ti ho visto passare, forse hai anche alzato la testa per guardare verso la mia finestra. E' stato un attimo, una frazione, pà, pà. Un momento e poi di nuovo avanti, il tuo sguardo avanti, la strada avanti, la Vespa special bianca a faro quadrato... avanti. Sempre avanti.... Non ero in casa, non per te.
(Claudia oggi) (Si avvicina alla macchina da scrivere) Vent'anni.... ma non sei stanca di stare qui, in questa stanza, ferma da vent'anni? Io non riesco a stare ferma nella stessa posizione per più di due minuti. Io due minuti, tu vent'anni. Non so se sono io instabile o tu estremamente paziente. Tu che dici?.... Dormi, dormi... e se proprio vuoi...russa, almeno mi fai un pò di compagnia.
(Claudia lettera) Seiriuscito a farti odiare da tutti. Sei riuscito con i tuoi gesti, i tuoi segreti, le tue bugie a diventare unico. Ci sei riuscito talmente bene che adesso sei rimasto solo. Sei solo come tutte quelle persone talmente diverse nelle quali nessuno si riconosce. Sei solo nella tua solitudine. Sei solo e non m'importa nulla. Sei solo perchè è giusto che tu lo sia, perchè non ti vorrei accanto, perchè nessuno ti vorrà più accanto, una volta che scoprirà chi sei.
(Claudia oggi) Ogni tanto mi fermo a pensare a quello che ho perso. Mi capita quando mi accorgo di correre troppo, ho come la sensazione che mi stia sfuggendo qualcosa.... Sarà per questo che ho paura di volare. Gli aerei vanno troppo veloci.
(Claudia lettera) Ci sono cose che non potrò mai perdonarti. Questa lettera mi serve per potertele dire. Non credere che scriverti sia facile. Non credere che scriverti significhi perdonare, perchè non potrò mai farlo. Metto da parte il rancore che provo per te, tanto non serve più, non serve a nulla. Alle mie domande non darai mai una risposta, come alle miei richieste di aiuto non hai mai dato importanza.
Chiedevi agli altri di me. Domandavi a chi mi era vicino di me. Non potevi farlo tu? Eccomi, ti sto aspettando, vieni. Non avere paura, non posso farti del male, non sono come te. Siamo diversi. Diversi come due poli che si attraggono, ma che sono e rimarranno sempre diversi. Puoi venire se vuoi. Non aprirò le braccia per accoglierti, non ti verrò in contro, ma sono qui lo stesso.
(Claudia oggi) Lo sport che amo di più in assoluto è il tennis. Quello in cui non sono proprio capace è ... sempre il tennis. E' frustrante. La cosa che più mi piace di più è anche quella che mi riesce meno. Però è una sfida continua. Una vittoria continua. Il solo fatto di riuscire a rimandare la pallina dall'altra parte della rete per me è già una vittoria... Se riuscissi poi a mandarla dove voglio io sarebbe veramente il massimo. Ma la perfezione non fa parte dell'essere umano. E' un pò come la notte ideale. Una stanza, una luce soffusa, un pò di musica. L'uomo della tua vita, di un momento della tua vita. Finalmente ci siete, è arrivato l'attimo di stringersi, di abbracciarsi, di baciarsi. Tu sei ancora nel bagno, sei pronta. Lui è già in camera, pronto anche lui...quasi pronto. Entri e lo vedi li, sdraiato sul letto, con il suo fisico atletico, alto, bellissimo, è perfetto... se non fosse per quei calzini celesti che “distrattamente” si è dimenticato di togliere.
In fondo non è una cosa grave, sono solo un paio di calzini celesti. Ci sono cose più interessanti da guardare in un uomo nudo sdraiato nel tuo letto. Ma è più forte di te. Il tuo sguardo va a quei calzini celesti. Il tuo unico pensiero durante la notte d'amore più bella e desiderata della tua vita sono... un paio di calzini celesti...corti. Di per sè non c'è nulla di male in un paio di calzini celesti, ma vederli corti, ai piedi dell'uomo della tua vita rendono davvero quella notte d'amore indimenticabile.
(Claudia lettera) Perchè non mi hai mai scritto? Mai nulla, mai una frase, una parola, un foglio vuoto. Mi sarebbe bastato anche solo questo, un foglio vuoto. Mi sarei illusa che tutto quello che volevi dirmi non sarebbe mai potuto entrare in un solo foglio e che quindi avevi deciso di non scriverci nulla, per paura di lasciar fuori qualcosa.
Hai abbandonato me e chi mi era vicino. Senza rispetto, come fosse niente, sei andato via senza voltarti. Non lo hai fatto perchè voltandoti forse avresti avuto il rimpianto di lasciarmi lì. Voltarsi vuol dire un po' tornare e tu non tornerai mai, forse perchè non ci sei mai stato.
Ti cerco nelle altre persone. Cerco tutto quello che non hai negli altri. Incontro ogni giorno una nuova sofferenza perchè aspettare è sempre un po' soffrire. Ma ci sono abituata. Di questo ti devo ringraziare, perchè mi hai insegnato a soffrire e quindi a resistere. Lo vedi, anche dagli stronzi si può imparare qualcosa.
(Claudia oggi) (Alla macchina da scrivere) Hai detto qualcosa? Scusami se non ti ho sentita subito, ero distratta. Comunque ora sono tornata. Sono qui. Dimmi? Perchè quando mi avvicino a te cerchi sempre di sfuggirmi? Non puoi prenderti gioco di me. Non puoi farlo sempre. Cosa ti ho fatto? Io ci sono, sono qui. Ho bisogno di te come tu hai bisogno di me. Abbiamo bisogno di incontrarci, di vederci, di toccarci. E' così eccitante passare i polpastrelli delle mie mani tra questi tasti, tra i tuoi polpastrelli. Sono le tue mani, ogni lettera è un dito. Pollice (spinge un tasto) Indice (spinge un altro tasto) Medio (spinge un altro tasto) Anulare (spinge un altro tasto) E poi... dov'è andato? Ah! Eccolo. Mignolo(spinge un altro tasto) Cerca sempre di sfuggirmi questo mignolo. Anche quando prendo in mano un bicchiere per bere, cerca di sfuggirmi... il mignolo, non il bicchiere. Ma dove vuole andare? Perchè lo fa?... non l'ho mai capito.
Così piccolo, così coraggioso. Ha l'incoscienza di un bambino che senza sapere perchè e a cosa va in contro, lascia la mano di suo padre e si butta, cerca di sfuggire. Non pensa a quello che potrebbe succedere, al rischio che corre. Lui và, lascia quella mano e cerca di sfuggire... il bambino come il mignolo. Ma dove vogliono andare? Perchè lo fanno?... Il bambino come il mignolo.
(Claudia lettera) Voglio viaggiare di più.
(Claudia oggi) Vorrei riuscire a fermarmi un pò di più.
(Claudia lettera) Voglio fuggire da te.
(Claudia oggi) Vorrei non allontanarmi da me stessa.
(Claudia lettera) Basta... basta... basta. (con rabbia)
(Claudia oggi) Ancora....ancora.... ancora (eccitata)
(Claudia lettera) Vai via, vai via da me.
(Claudia oggi) Dove se?.... Dove sei?
(Claudia lettera) Voglio.
(Claudia oggi) Vorrei.
(Claudia lettera) Voglio solo stare sola.
(Claudia oggi) Vorrei solo non essere più sola.
(Claudia lettera-Claudia oggi) Sola.
(Claudia lettera) Di più.
(Claudia oggi) Mai più.
(Claudia lettera-Claudia oggi) Sola.
(Claudia lettera) Adesso basta. Ti ho scritto tutto quello che volevo dirti, ci sono riuscita, non è stato facile ma ci sono riuscita. Tante parole le ho lasciate fuori dalla porta, come tu hai lasciato me davanti ad una porta, una porta chiusa e tu dall'altra parte. Io di qua e tu di là ed in mezzo una porta. Tra me e te una porta chiusa che nessuno dei due ha mai avuto il coraggio di aprire. Forse perchè non basta solo un pò di coraggio per aprire una porta chiusa. La paura di vedere cosa c'è dietro quella porta rende incapaci di muoversi. Non basta neanche la curiosità per aprire una porta chiusa. Serve molto di più. Non sò esattamente cosa serva, è per questo che non l'aprirò.
(Claudia prende la lettera. Gira per la stanza. Si avvicina alla porta chiusa. Posa la lettera sotto la porta)
(Claudia lettera) Passerò questa lettera sotto questa porta. Io di qua e tu di là, una porta e sotto questa lettera. Non mi guarderai negli occhi quando la leggerai. Non ci sarò, non sarò qui. Non sarò più tua figlia. Ci toccheremo nel riflesso di queste parole. Il suono di ogni sillaba, di ogni singola lettera sarà il suono della mia voce. Non ci vedremo, non ci sentiremo, non ci toccheremo. Io di qua e tu di là, una porta e sotto questa lettera.
FINE