Penelope tesseva e Nessuno la filava

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DANTE, CHI E' COSTUI

Penelope tesseva e Nessuno la filava

Farsa in due atti

di Giulio Manfredi

S.I.A.E. Sez. D.O.R. n°144426

Penelope, non ricevendo dal mondo dei vivi, alcuna notizia di suo marito Ulisse, decide di scendere tra i gironi dell’Inferno, per cercarlo tra le anime dei peccatori. Incontra Dante e Virgilio, Paolo e Francesca, Circe e Calipso ed, infine, Ulisse, con i quali inscena un finale esilarante.

Personaggi (7 maschili e 5 femminili)

Dante, Virgilio, Penelope ed Eurimaco, Caronte, Francesca e Paolo, Beatrice, Circe e Calipso, Ulisse e Diomede.

ATTO I

SCENA 1 – ATTO I

(Dante è in scena. La selva è illuminata di blu, Lucifero di Rosso e la collina color ambra.)

Dante: (a parte) No, oh! Non mi posso perdere in questa selva oscura, proprio oggi che è Venerdì Santo. Perchè, oggi, è Venerdì Santo. Vero?

(entra Penelope, che stende una mutanda leopardata.)

Penelope: Si! Oggi è venerdì 8 aprile del 1300.

Dante: Bene. E, che ore sono?

Penelope: Sono appena le sei di mattina. (a parte) E si. E già. Sta frusco il lonfo. Uhé, uhé! Questo posto è già occupato, cercatene un altro.

Dante: Guardate che non ho nessuna intenzione di restare qua. Sto cercando l’uscita.

Penelope: (vezzosa) Che c’è? Ti sei smarrito?

Dante: Smarrito? Sono tre ore che giro a vuoto. Mi fanno male pure i calli.

Penelope: Poverino, il signorino, piccolino, piccioncino. (ironica) Ti fanno male i calli?

Dante: Assai, assai.

Penelope: (minacciosa) Ma, tu non sai urgiare nel palmazzo, per fare la minzecchia verde?

Dante: Ma, che minzecchia e minzecchia e, poi, non so urgiare nel palmazzo. Ma, che è sta cosa?

Penelope: Ti basti sapere, che questa foresta è piena di pericoli. E’ difficile che tu possa uscire vivo, da qui.

Dante: E io lo sapevo, che andava a finire così.

Penelope: (seducente) Come ti chiami, bel pellegrino?

Dante: Dante! Mi chiamo Dante. (guardando verso la collina) Aspetta! Ma, laggiù c’è una collina verdeggiante. E quella è la mia salvezza. Ti saluto. Ciao! Vado (fingendo di camminare) dove mi sorridono i monti e le caprette mi fanno ciaaoo!

Penelope: (trattenendolo per il camicione) E dove vorresti andare?

Dante: Verso la collina. (guardando Penelope) Uhé! Molla il camicione! Ma, in questo viaggio, tu non eri proprio prevista. Ma, chi sei?

Penelope: E’ vero. Non ero prevista. Ma, io sono un’agile e velocissima Lonza. Una giocoliera, esuberante e capricciosa. Sola da molto tempo, in cerca di un uomo, (pregustandone il sapore) che risvegli antichi sapori.

Dante: E non ti conviene risvegliarli con me. Io sono tutt’ossa. Guarda come sono secco. Non ho un filetto di grasso.

Penelope: (seducente) E mi piaci così. (smorfiosa) Nufletto tlofinato. Sei proprio il mio tipo. (decisa) Non ti lascerò andar via, per lo squazzetto.

Dante: Ma, quale squazzetto e squazzetto, che già mi fanno male i calli. Per lo squazzetto, vacci solo tu. (Pausa) E dai! Ciuciù, ciuciù, cucciola, cucciola, piccola slonza, fammi passare!

Penelope: GRAAA..PT!

Dante: Significa si?

Penelope: Significa no. (nervosamente)

Dante: E lasciami continuare il viaggio.

Penelope: Assolutamente no. (affascinata) Però! Sei proprio belloccio. Vuoi giacere con me?

Dante: (nervosamente)GRAAA..PT!

Penelope: Significa si?

Dante: Significa no.

Penelope: (smorfiosa) Forse, non ti piacciono le lonze?

Dante: (smorfioso) Diciamo che non ho trovato ancora, la slonza che fa per me.

Penelope: (seducente) E guardati intorno. Sicuro, che non vedi nessuna lonza che ti piaccia?

Dante: (deciso) Beh! Forse, quelle che piacciono a me, sono morte.

Penelope: Va bene. Ho capito. (cambiando accessorio) Pirulino…pirulino…pirulino. Guardami! Ora, sono un leone.

Dante: No! Il leone no. Ho una paura esagerata dei leoni.

Penelope: E no…nonna, no…nonna e nonna nonna, nonna nonna. Ascoltami, attentamente! Io sto cercando un single maturo, instancabile, che voglia provare sempre nuove emozioni. Che dici? Forse l’ho trovato?

Dante: E non lo so. L’hai trovato?

Penelope: E, allora, non capisci. Hai voglia di…(palesa l’intenzione di giacere con lui).

Dante: Uscire insieme da questa selva?

Penelope: Ma, no. Hai voglia di…(ripetendo l’azione).

Dante: Scappare insieme, tenendoci per mano?

Penelope: Ma, quando mai. Guarda bene.

Dante: Dimmi almeno di quante lettere.

Penelope: Cinque. L…O…N…F…O; sei un lonfo, che bede e zugghia e fonca nei trombazzi.

Dante: E che sono un topo?

Penelope: Ma, che fai gisbuto?

Dante: Non mi permetterei mai. Ho da poco mangiato i ceci assoluti e, al momento, sono pronto solo a sparare.

Penelope: E hai provato con l’acqua? il limone?

Dante: Si, ih! Ma, quando me lo tolgo, esce lo stesso.

Penelope: Che schifo! (pausa) Ti darò un’altra possibilità. (cambia accessorio) Pirulino, pirulino, pirulino.  Piacere! Sono la lupa.

Dante: (a parte) Ma, che deh? S’è aperto lo zoo? 

Penelope: Che fai sbernecchi? alloppi?

Dante: Mi sbutacchio da solo. Guarda? (si sputa)

Penelope: (d’improvviso, gli si getta tra le braccia) Dammi il tuo orecchio erogeno.

Dante: (scappando senza un orecchio, dal lato opposto) No! L’orecchio no.

Penelope: E, allora, dammi la mano!

Dante: (continuando a scappare, senza una mano) La mano no. Mi serve ancora.

Penelope: Ma, che c’è? Forse, non ti piaccio?

Dante: Macché! Mi piaci. E’ che mi chiedi certe cose, (ritraendo anche una gamba) che mi servono per il viaggio.

Penelope: (con voce maschile) Damme quacche cosa!

Dante: Chi è!? (a parte) E’ entrato un lupo?

Penelope: Ti piaccio, messa così? (si mostra carca nella sua magrezza, mentre passeggia)

Dante: Somigli ad un vecchio viados di Firenze.

Penelope: Ah, si? E, allora, se vuoi passare di qua, pagami.

Dante: Ma, direttamente a te o hai un manager?

Penelope: (con voce maschile) A meje. A meje. 

Dante: (a parte) E’ un lupo, è un lupo. Io ho l’impressione, che questa selva non è stata derattizzata.

Penelope: Ho fame!

Dante: E mangia!

Penelope: E non posso masticare.

Dante: E non mangiare.

Penelope: Ma io ho fame.

Dante: E mangia!

Penelope: E non posso masticare.

Dante:E non mangiare.

Virgilio:(fuori scena, tossisce)

Dante: Zitta! E’ arrivato il tuo manager.

SCENA 2 – ATTO I

(Entra Virgilio e Penelope inizia, nervosamente, a passeggiare)

Dante: Miserere di me!

Virgilio: Ma la vuoi smettere o non la vuoi smettere? E’ una buona mezz’ora che ti tengo d’occhio. Ma tu, questo viaggio, lo vuoi fare o non lo vuoi fare?

Dante: Ma, vi siete accorto, che vi è scappata una passeggiatrice dalla strada?

Virgilio: E tu vuoi fare la persona seria? Perché ritorni in questa selva terribile e piena di pericoli, invece di risalire la collina, dove troveresti il modo di salvarti?

Dante: (Ripetendo) Perché ritorni in questa foresta terribile e non sali la collina? E quest’animale femmina, dove la mettiamo? Voi parlate bene, perché siete il pappone.

Virgilio: Ma, quale pappone. Quale animale.

Dante: (a parte) Quale femmina.

Virgilio: Lei è Penelope, la moglie di Ulisse.

Dante: (a parte) Ah! La moglie di Ulisse? E, allora, voi non siete un pappone?

Penelope: Uhé, uhé! Io non sono, che di Nessuno. Eh già!

Dante: Per carità! Intendevo dire: “come mai, vi trovate da queste parti?”.

Penelope: Come mai mi trovo da queste parti?

Virgilio: Eh! Come mai, come mai?

Penelope: Tu mi chiedi, come mai mi trovo da queste parti?

Virgilio: (trascinandosi Dante dinanzi a sé)Io? Lui vuole sapere questa cosa.

Dante: (nascondendosi dietro a Virgilio) Ma, quando mai!

Penelope: E, ve lo dico lo stesso! Io sono qui, per ritrovare il mio Ulisse. Ad Itaca, non ho trovato anima viva, che mi desse sue notizie.

Dante: (a parte) Non è vero. C’erano i Proci.

Penelope: E, quindi, ho pensato di ricercarlo all’Inferno, perché sono stufa di aspettarlo. Io non so più che cosa pensare. Avrà trovato un’altra donna?

Dante e Virgilio: No, oh!

Penelope: Si ritroverà, ancora, disperso in mare?

Dante e Virgilio: No, oh!

Penelope: Si sarà risposato?

Dante e Virgilio: Questa, forse, è giusta.

Penelope: Ma, se è morto, io sono sicura che deve stare qua. All’Inferno. Aiutatemi a ritrovarlo. Vi prego!

Dante: Che io sappia, se non se ne è andato in giro a curiosare, come fa sempre, dovrebbe stare nell’ottava bolgia dell’Inferno. Anche perché, ce l’ho messo io là, quando ho scritto questa storia.

Virgilio: (stringendo la mano a Dante) Bravo! Ma, che bella storia.

Penelope: Avete finito con queste ciance? Ora che l’ho trovato, potremmo pure andare.

Virgilio: No!(restando poi immobile, rivolto al pubblico, con la braccia aperte).

Dante: (esortando Virgilio a parlare, timoroso di dover proseguire il viaggio anche con Penelope) Oooh!

Virgilio: …O donna! Tu resterai qui, perché non ti è concesso di proseguire questo viaggio. Ti invieremo sue notizie appena lo incontreremo.

Penelope: E, perché?

Dante: Perché ndringhete ‘ndrà!

Virgilio: Non puoi. E basta!

Penelope: E, va bene. Aspetterò sue notizie in questa selva brutta, brutta. (Si avvicina al fondo scena)

(Entra in scena Eurimaco, procio di Itaca, che tenta di palpeggiare Penelope.)

Dante: Virgì! Guarda quell’uomo.

Virgilio: Non temere! E’ Eurimaco. Un procio di Itaca.

Dante: Se lo dici tu.

Eurimaco: Giochiamo al dottore e all’infermiera?

Penelope: Si. Quanno faje ‘o sviluppo.

Eurimaco: E fatevi toccare.

Penelope: Ti devi stare fermo con le mani. Hai capito?

Eurimaco: Mantenete le vostre promesse. Sposatemi!

Penelope: Perché? Hai saputo che ho finito di tessere ‘a cupertella do nonno? E, poi, non voglio più sposare un procio.

Eurimaco: Intendete riferirvi a me?

Penelope: No. A soreta.

Eurimaco: Lasciate, che io vi ami, ‘na vota sola!

Penelope: Mo’, te ne devi andare, ohì! Vattenne! Vattenne (Eurimaco esce).

Penelope: E, quindi, non mi resta che aspettare vostre notizie. Anime pie! Non fatemi incontrare le tre fiere cattive, cattive. (esce)

Dante e Virgilio: (guardandosi) E’ pazza, è pazza.

SCENA 3 – ATTO I

Virgilio: Dante! Mi dispiace che ancora non mi hai riconosciuto. Chi sono io?

Dante: Un procio di Itaca?

Virgilio: Ma non diciamo fesserie! Ho capito. Cercherò di aiutarti. I miei genitori erano entrambi mantovani.

Dante: Si ih!

Virgilio: Eh?

Dante: Boh!

Virgilio: Ed io non fui cristiano, perché all’epoca mia si veneravano gli Déi.

Dante: Chi?

Virgilio: Quegli uomini onorevoli, che si riunivano nell’Olimpo ed erano bugiardi e falsi. Mo’, hai capito chi sono?

Dante: Neh! Ma questo gioco è a premi?

Virgilio: Ma quale premi! Dunque, io fui poeta e cantai le vicende della distruzione di Troia.

Dante: Si ih!

Virgilio: Eh?

Dante: Boh!

Virgilio: E del viaggio di Enea, figliolo d'Anchise, eh?

Dante: Boh! (calpestandogli un piede) Ah! Mo’ ho capito, tu sei VIRGILIO! Che piacere trovarti. E chi ti aveva riconosciuto combinato così.

Virgilio: (ancora dolorante) Si, sono proprio io. Sono in incognito. (resta immobile)

Dante: (toccandolo) Oooh?

Virgilio: E tu, invece, chi sei?

Dante: Halle! Sono tre ore che mi fai gli indovinelli e non sai, ancora, chi sono? Io sono Dante. Quello che ha inventato la lingua italiana.

Virgilio: (calpestandogli un piede) Ah! Si. Sei quello di Firenze.

Dante: Mannaggia a te. Tu sei stato il maestro mio. Io so’ venuto a scuola da te.

Virgilio: Bravo! Mi fa piacere.

Dante: E dimmi! Qua come te la passi?

Virgilio: E come vuoi che me la passi. Qua c’è troppo movimento. Avanti, indietro, e sotto, e sopra, e giù, e su. Siamo nel Limbo.

Dante: Bravo! Fate i balletti, passando sotto ‘a mazza?

Virgilio: Ma, quali balletti. Qua c’è gente intellettuale. Poeti, scienziati, eroi, filosofi…

Dante: E che peccati hanno fatto?

Virgilio: Che sono vissuti prima di Cristo, non sono stati battezzati e non hanno potuto adorare Dio. E quindi, ora, hanno tutti una voglia pazza di vederlo dal vivo. Live.

Dante: A proposito di vivo. Virgì! E’ meglio che ci  incamminiamo, prima che ritorna quella pazza di Penelope.

Virgilio: “A te convien tenere altro viaggio, se vuoi campare in questo luogo selvaggio”. Vieni con me! Guiderò io. Saglie, saglie..Iii..

Dante: Bravo! Virgì? Me puorte c’a carruzzella?

Virgilio: Quale carrozzella. Scinne ‘a loco. Stavo dicendo: Incamminiamoci!

Dante: A piedi?

Virgilio: No. A cavalcioni.

Dante: Stavo scherzando. E dove porterebbe questa strada alternativa?

Virgilio: All’INFERNO!

Dante: All’ossa toja!

Virgilio: E’ l’unica strada percorribile. Quando saremo usciti dall'inferno, saliremo sulla montagna del Purgatorio, per arrivare in Paradiso. Lì, incontrerai Beatrice. (resta immobile con le braccia aperte)

Dante: (accarezzando la mano di Virgilio) Finalmente, sarò con lei e le potrò dare… (afferra il polso di Virgilio e  gli fa basculare la mano)… eh?

Virgilio: Quello che vuoi.

Dante: E’ bellissimo!

Virgilio: Guarda, che lì, l’amore è solo spirituale. E, quindi, il tuo organo riproduttivo (raffigurato dal suo braccio posto verso l’alto), dico: il tuo organo riproduttivo; dopo un po’ di tempo si atrofizza, e cade per sempre (il braccio cade lentamente verso il basso).

Dante: (fermando la caduta del braccio di Virgilio) E, allora, è meglio che ci vai solo tu.

Virgilio: Ma, non dire sciocchezze. Anzi, ti avverto che fino al quinto cerchio, le anime dell’Inferno sono tutte incontinenti.

Dante: Nel senso che si fanno cacca sotto?

Virgilio: E non possono. Mica portano le mutande? Sono tutte nude. Lo fanno correndo..correndo, spinte dal bisogno e non amano pulirsi.

Dante: Quanto sono zozzose!

Virgilio: Dantù! Fammi vedere la mano.

Dante : (tendendogli la mano) Perché? Che c’è?

Virgilio: (stringendogliela) Andiamo!

Dante: Che schifo!

Virgilio: (incamminandosi) Crik & crok. Crik & crok. Crik, crik, crik & crok!

Dante: Virgì! Staje mangianno ‘e patatine?

Virgilio: No! Stiamo calpestando una cosa cremosa che fa rumore.

Dante: Non mi dire che questa è la roba degli incontinenti?

Virgilio: Si! E porta tanta fortuna a chi la calpesta. Calpesta..crik..calpesta crok. Crik e crok, crik e crok..

Dante: Virgì! Ma tu me vuo’ fa piglià ‘na malatia?

Virgilio: Smettila! Eccoci giunti alla porta dell'Inferno.

Dante: Virgì! Ma, invece dell’entrata, non ci sarebbe una via d’uscita?

Virgilio: Assolutamente no. Questo tuo viaggio è voluto da Beatrice, da Santa Lucia e dalla Vergine Maria.

Dante: Io le ringrazio tanto tanto, di questo bel pensiero che hanno avuto per me. Però, io ho un bel po’ di paura. Voi, come la chiamate da queste parti, strizza?

Virgilio: Dammi la mano e non temere. Seguimi! (escono alla sinistra del pubblico e le luci si abbassano).

Voce fuori campo: “Per me si va nella città dolente; per me si va nell’etterno dolore; per me si va tra la perduta gente… Lasciate ogni speranza, o voi che entrate”.

(Entrano gli ignavi, con camici bianchi, che inseguono una bandiera)

I ignavo: (con bandiera) “Ahia! Proprio ‘ncopp’a panza”.

II ignavo: (che segue il I)Me stanno trapananno ‘e rine.

III ignavo: (che segue il II)Ahia! ‘A capa. ‘E ‘ccosce.

(Dante e Virgilio entrano in scena dal centro palco)

Virgilio: Guarda gli ignavi. Pensa, che di loro non si è interessato né Dio, né il Demonio.

Dante: Tanto che fanno schifo?

Virgilio: Ma, quando mai! E’ perché, nella loro vita, non hanno mai fatto scelte.

Dante: E perché stanno rincorrendo quella bandiera?

Virgilio: Perché sono trafitti da vespe e mosconi, e tutto il sangue che schizza, che cola, guarda il sangue. Guarda! Guarda il sangue.

Dante: Virgì! Lascia stare.

Virgilio: Se lo bevono i vermi. Guarda i vermi. Guarda! Sono là per terra con la bocca aperta, in attesa del sangue che gli cola in bocca. Guarda!

Dante:  Virgì! Mi stanno venendo i conati di vomito.

Virgilio: E tu non ti curar di lor, ma, guarda! Stai guardando?

Dante: Virgì! Me fa schifo.

Virgilio: E tu guarda e passa. Guarda e passa.

Dante: Io non guardo e aspetto che passano. (gli ignavi escono dalla scena e Dante, seguendoli a fondo scena, scorge l’Acheronte) Virgì! Vedo tanta gente che aspetta, per fare il bagno.

Virgilio: Ma quale bagno. Quello è l’Acheronte, il fiume che separa il mondo dei vivi da quello delle anime dei dannati…e poi c’è il divieto di balneazione!

Dante: Ah! Ho capito. Non fanno i tuffi. Stanno pescando?

Virgilio: Si! Loro pigliano il pesce e i lussuriosi se lo cuociono sulla brace. Ma, quando mai! C’è anche il divieto di pesca.

Dante: Virgì!? Ma, allora, che ca’…, ah?

Virgilio: Si affollano, per essere traghettati sull’altra sponda!

SCENA 4 – ATTO I

(Caronte con capelli lunghi e barba bianca, pantaloncino a righe, gambaletti di gomma, salvagente con paperotto ed un remo)

Voci delle anime dannate, (fuori scena): Puozza schiatta'! Puozz'j' cercann''a carità! Pe' ‘ncopp'a te voglio passa', voglio vede' comme se sta'. E chillo vo' fa' vo' fa'.

Caronte: (fuori scena) Guai a voi anime panate…anime dannate!

Dante: Virgì! Ma chi è quell’animale? Il bagnino?

Virgilio: Nossignore! E’ il nocchiero, il comandante del traghetto.

Caronte: Perché avete tanto fritto da lessare al fiume?...

Dante: Bene! Oggi è a base di pesce.

Virgilio: Non penso proprio.

Caronte: …Perché avete tanta fretta di passare il fiume. Volete nel sedere un po’ di riso?

Virgilio: Lo vorresti, eh?!

Dante: Non se ne parla proprio.

Caronte: Volete voi vedere il Paradiso?

Dante: Quello, si!

Caronte: Scordatevelo!

Dante: E, allora, è scemo.

Virgilio: Poco, poco.

Caronte: Io vengo per portarvi all’interno, delle gambe e nel seno…

Dante: Bene. Era ora!

Virgilio: Io non ci entrerei.

Caronte: Io vengo per portarvi all’Inferno, nelle fiamme e nel gelo.

Dante: Gliela devono tagliare, quella lingua.

Caronte: (entrando in scena dalla porta dell’Inferno, con remo e salvagente) Ah! Ah! Ma io sento una puzza. Uhé! Ah! Ah! Arrì, arrì…

Dante: …Cavalluccio.

Caronte: Arriva da qua! Eh? Ah! Sei tu, che non spruzzi alle papere.

Virgilio: E perché non spruzzi?

Dante: Neh! Ma chi è che spruzza.

Caronte: Sei tu che non puzzi di cadavere. E perché…?

Dante: E che ne so. Perché?

Caronte: E perché… non s’infila negli antri?

Virgilio: E infilati. Che ti costa.

Dante: E che sono un serpente?

Caronte: Perché non sei in fila con gli altri?

Dante: No, oh! Datemi una forbice. Gliela devo tagliare quella lingua.

Caronte: Biglietti e abbonamenti. Forza!

Dante: Capo! Non ce l’ho il biglietto.

Virgilio: E caccia il biglietto. Forza!

Dante: Ma è scaduto.

Virgilio: Non fa niente, tanto quello è cecato.

Dante: Ecco! A voi.

Caronte: Ma, questo biglietto è dell’altro ieri.

Dante: Era cecato, eh?

Caronte: Ormai è scaduto.

Dante: E tu, mo’ vieni?

Caronte: Ho capito. Quanti biglietti vi servono?

Dante: Due! Due biglietti di andata e ritorno.

Virgilio: Per me, no. Grazie! Io sono abbonato.

Dante: (a Virgilio)Caino!

Caronte: Qua, qua, qua…

Dante: Sono entrate le papere?

Caronte: Qua facciamo gli spiritosi? E l’obolo? Dov’è l’obolo? Non vedo monete sui tuoi occhi. Eh? Dai qualche moneta. Signore! Io porto fortuna.

Virgilio: E dagli qualche moneta.

Dante: Non ne tengo. Mi dispiace.

Caronte: ‘O signore non tiene monete e vuole essere pure rigrattato.

Dante: E non mi prode niente.

Virgilio: …traghettato.

Caronte: Comunque, i biglietti si fanno di sola andata. (a parte) E, sì! Vulesse pure cantà.

Virgilio: Vuoi cantare?

Dante: Veramente, no.

Caronte: Vulesse pure turnà.

Dante: Questo, mi farebbe tanto piacere.

Caronte: In diecimila anni è la prima volta che mi…:scappa ‘o capitone…

Dante: Virgì! Acchiappa il capitone.

Virgilio: E dove sta?

Caronte: (a Dante) Che mi capita uno così. Vattene subito da qua! Allontanati da questi, che sono morti.

Virgilio: Caronte. Calmati!

Dante: (a parte) Io a chisto ‘o ciacco.

Caronte: Si..gno..re..ca..ro. (cantato)

Dante: (a seguire) Sal..va..mi.

Caronte: Il signore s’aiza pure la bestia.

Virgilio: Uhé! Metti subito la bestia dentro.

Dante: Ma, quale bestia.

Caronte: Il signore si alza pure la veste.

Virgilio: Ma, come ti alzi la veste?

Dante: E lui s’è messo a cantare.

Caronte: Tu che sei vivo, passerai nell'al di là per un'altra strada. Quella del parlatorio…

Dante: E quello è il posto per te.

Caronte: Quella del Purgatorio, trasportato da un legno più leggero.

Dante: (a parte) E più leggera di quella paparella, che ce stà: ‘A bacinella? (si china per stringere la mano a Virgilio, che si congratula con lui; mentre Caronte gli palpa il sedere) Neh! Ma tu hai capito o no, che io sono Dante?

Caronte: E, mò, accucciati!

Dante: Oj né! Ma te ne vaje o no?

Virgilio: Caronte!

Dante: Siente..siè!

Virgilio: "VUOLSI COSI', COLA' (indica il cielo) DOVE SI PUOTE CIO' CHE SI VUOLE E PIU' NON DIMANDARE".

Caronte: Ave’ ragione, ave’ ragione!

Dante: Eh? Scusa un’attimo. Virgì! Ma che gli hai detto?

Virgilio: Gli ho detto che l’Alto Fattore, ti ha autorizzato a fare tutto ciò che vuoi.

Dante: Mi consenta! (si appoggia con il gomito sulla spalla di Caronte) E’ vero?

Caronte: E va bene. Me ne vado?

Virgilio: E ti ho detto più non dimandare. Ma, allora sei scemo?

Caronte: Ho le anime dannate…

Dante: E ti ha detto più non dimandare. E, allora sei scemo?

Caronte: Mi aspettano…

Virgilio: E ti ho detto più non dimandare. Ma, allora sei scemo?

Caronte: Devo andare…

Dante e Virgilio: Te ‘a sta’ zitto!

Caronte: (resta immobile, poi, sputa verso Dante e Virgilio) Anime dannate! Salite sulla barca, che è ora di salpare. (esce)

Dante e Virgilio: E’ scemo…è scemo.

Chiusura sipario

FINE I ATTO

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S.I.A.E. Sez. D.O.R. n°144426

S.I.A.E. Sez. D.O.R. n°144426

II ATTO

SCENA 1 – ATTO II

(in scena Dante e Virgilio)

Dante: (portandosi in fondo alla scena) Virgì! Ci sono due anime che si sbattono. Guarda come lo fanno bene. Mi posso interrogare la femmina?

Virgilio: Certamente. Appena la bufera la fà avvicinare a te, tiratela fuori. (tra sé) Che mal di testa. Mi sento tutto stonato. (a Dante) Hai capito? Darde? Dande?

Dante: Dante. Mi chiamo Dante.

Virgilio: Eh! Pungiti nel ditone.

Dante: Non se ne parla proprio.

Virgilio: Sporgiti nel girone.

Dante: Caronte lo ha contagiato.(avvicinandosi in fondo alla comune) Ecco! La vedo.

Virgilio: E tiene la fede da fuori.

Dante: No, oh! E’ vestita.

Virgilio: E tiratela fuori!

Dante: Mannaggia a te. Eccola! Eccola! Peccato.

Virgilio: Che è successo?

Dante: Non era la bufera, che porta al girone nostro. La nostra porta 2 minuti di ritardo.

Virgilio: Ma, che vai dicendo? Uuuuh!

Dante: La sento. Eccola! Dammi una mano. L’ho presa. E uno..e due..e tre.. (trascinando in scena Francesca e Paolo) Che sfortuna! Mi sono tirato fuori pure a lui.

SCENA 2 – ATTO II

(entrano Francesca e Paolo che iniziano una danza di valzer, girando in tondo sul palcoscenico.)

Dante: Signora fermatevi! Per piacere, fermatevi! Vi voglio dire due parole.

Francesca: E, Paolì! Staccati un poco. E, che diamine! (pausa) Ditemi.

Dante: No! Niente di che. Mi era venuto lo sfizio di conoscervi.

Francesca: (a parte) Cose da pazzi. Guardate il vento come mi ha ridotta. Inoltre, vado sbattendo in largo e in tondo per tutto il girone, con questo ‘ndondero, che mi tiene stretta a sé, come una sanguisuga, e a lui, vengono gli sfizi.

Paolo: Eeeeh! Eeh! Eh! (come per commentare l’assurda richiesta di Dante)

Francesca: Comunque, caro signore, io sono Francesca da Rimini e lui è l'amore mio, Paolo.

Paolo: Eeeeh! Eeh! Eh! (volendo confermare quanto detto da Francesca)

Dante: E’ bellillo, però. E come mai siete finiti qua?

Francesca: Sapete! Paolo mi ha amata, perché ero bella, ed io l’ho riamato, perché mi compiacevo di essere amata, e sentivo piacere, del piacere di lui.

Paolo: Eh!

Francesca: Dunque! Mi misi a fare l’amore con Paolo, che è mio cognato, quando ero già sposata con suo fratello Gianciotto Malatesta, che non solo aveva tutti i difetti del mondo, ma era pure così deforme, che non si poteva guardare.

Paolo: Eeeeh! Eeh! Eh!

Dante: (a parte) Hai capito la bertuccia? Scusatemi! Ma, perché vi siete sposata con Gianciotto?

Francesca: Perché io, prima del matrimonio, non l'avevo mai visto.

Dante: E quando, finalmente, l’avete visto, non potevate rifiutarvi di sposarlo?

Francesca: E come facevo. Io l’ho visto, soltanto, la prima notte di nozze.

Dante: Perché, le notti precedenti vi vedevate con altri?

Francesca: Lo sposai per procura. Il giorno delle nozze ci fu Paolo a rappresentarlo. Adesso, vi spiego.

(durante il racconto, Virgilio pone un dito nell’occhio di Dante. Dante sputa a Virgilio che tenta una fuga, ma viene trattenuto. Virgilio, quindi, da un pugno in testa a Dante. Tutto, viene inscenato con movimenti rallentati).

Un giorno io e Paolo ci mettemmo a leggere un romanzo, nel quale si narravano le vicende dell'amore di Lancillotto e di Ginevra, la moglie di re Artù. Lo leggevamo giorno dopo giorno per puro piacere. Ci sembrava di viaggiare in un mondo dove era tutto possibile. Più volte distogliemmo lo sguardo dalle pagine per guardarci negli occhi e ad un certo punto, (piangendo) Paolo continua tu. (Singhiozza)

Paolo: Appena leggemmo della gioia di Lancillotto, che baciava, per la prima volta, Ginevra, mi venne naturale baciarla. (con compiacimento). Eh!

Dante: (a parte) E bravo! ‘O finucchiello.

Francesca: Come avrei potuto non riamare Paolo, che mi amava tan..to. AMOR CHE…AMOR...

Paolo: (aprendo una pergamena, si trasforma in un suggeritore.) Amor che a nullo amato, amar perdona.

Dante: (a Francesca) AMOR CHE MAI HA AMATO IL GORGONZOLA.

Francesca: (ridendo, per l’imbarazzo) Cosa?

Paolo: Mi prese di costui piacer si’ forte.

Dante: MI FECI IO A COSTUI TRE O QUATTRO VOLTE.

Francesca: (ridendo e rivolta a Virgilio) Di più. Di più.

Paolo: Che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Dante: CHE COME VEDI A LUI PIU’ NON GLI SUONA.

Francesca: (ridendo e rivolta a Virgilio) E’ vero.

Paolo: Da cui nacque amor, nell’anima ignota.

Dante: DA CUI NACQUE SOLO UNA MIGNOTTA.

Francesca: (nervosamente) Mi auguro di aver sentito male.

Virgilio: No, oh! Vuole proprio dire, baldracca, battona, meretrice, sgualdrina, eccetera, eccetera.

Francesca: (a Paolo) Mascalzone! Vieni qua. Vieni! Che ti strappo tutti i capelli.

Dante: Calmatevi! Virgilio ha capito male. Paolo intendeva dire, che nel suo cuore nacque un forte amore per voi.

Francesca: AMORE MIO CARO! (si abbracciano e restando immobili)

Dante: Uhé, uhé! Embé? Parlatemi di vostro marito.

Francesca: Ma chi? Gianciotto?

Dante: Eh! Vostro marito.

Francesca: (con la mano sulla testa di Paolo) Glielo dissi a questo capocchione mio! Paolì, ce sta mio marito, togliti da dosso. E lui niente, diceva: ”Ancora, ancora”, finché Gianciotto, con la spada, ci infilzò a tutti e due, come due salsicce in uno spiedo.

Dante: E lo credo! (a Paolo) Né babbaso’, ma che t’aspettavi un’applauso?

Francesca: Oh dio!

Virgilio: Il marito!

(Paolo e Dante, impauriti scappano, pensando alla presenza in scena di Gianciotto)

Paolo: Dove sta?

Virgilio: Ma, chi?

Dante: Suo marito.

Virgilio: Dove lo hai visto?

Dante: Ma io non l’ho visto. Tu hai detto: il marito!

Virgilio: No. Io stavo per fare una domanda a Francesca.

Dante: E tu devi crepare all’Inferno.

Francesca: Mio marito? Aspetto che muore! Così quel viscido scenderà nella Caìna, (Virgilio prepara il fosso) tra i traditori dei congiunti. Lo voglio vedere interrato dentro al ghiaccio, (Virgilio finge di avvicinare il terreno al collo di Gianciotto) fino al collo, solo con la testa di fuori.

(Virgilio, Dante e Paolo, fingono di prendere a calci ed a sputi la testa di Gianciotto, che in modo figurato giace a terra, dinanzi a loro.)

Eh! Così. Così. Gli devo strappare tutti i capelli, a quattro..a quattro, a mazzetti.

Dante: (a parte) Halle! Chesta stà proprio nera.

Virgilio: Mò, basta. Dantù! Andiamo.

Dante: Virgì! Ma dove dobbiamo andare?

Virgilio: (assorto) Dite!

Dante: No, dicevo. Ma dove dobbiamo andare?

Virgilio: Dite..Dite!

Dante: (a parte) Si è insordito Virgilio! VIRGILIO DOVE DOBBIAMO ANDARE ?

Virgilio: E te l’ho già detto. Nella città di Dite.

Dante: Uh mamma mia bella! Virgì! Virgilio, ‘o terremoto, mi sento male.

Virgilio:  Dante! Ti prego, non svenire.

Dante:  Non ce la faccio. Me lo sento, mi sta venendo. ‘O bi ‘lloco! (sviene)

Virgilio: Mannaggia ‘a te! (lo soccorre) Proprio adesso che dovevamo incontrare Beatrice. E fai sempre questo. Addò vai, vai. (escono)

SCENA 3 – ATTO II

(entra Penelope)

Penelope: Scusatemi! Io sono Penelope, la moglie di Ulisse. Avete visto a mio marito?

Francesca: E voi che cosa fate qui? Lo sapete, che non siete autorizzata?

Paolo: Ma, Dio lo sa? (smorfia) Eh!

Penelope: Vi prego, aiutatemi! Ero fuori alla porta dell’Inferno, in attesa che Virgilio e Dante mi inviassero notizie di mio marito, Ulisse. Ma non ce la faccio ad aspettare (simulando, un urgente, bisogno fisiologico).

Paolo: E falla…falla!

Penelope: Sono più di venti anni, che aspetto.

Paolo: (a parte) Figuriamoci come sta la vescica.

Francesca: Io, comunque, non so dove sia. Ma, se vuoi incontrare Dante e Virgilio, segui quel sentiero. Si sono allontanati proprio ora. Forse loro ti potranno essere di aiuto. Ora, và!

Penelope: Grazie! Grazie! Ho proprio bisogno di trovare una siepe. Troppo tardi. (esce)

Paolo: Se l’è fatta addosso.

Francesca: Jamme, Paolì! Tra poco passa la bufera infernale. Vediamo di non perderla, come fai sempre.

Paolo: (Paolo cinge Francesca ed iniziano a girare vorticosamente) Checca! Ma sei sicura che questa è la bufera che porta al girone nostro?

Francesca: Si, Paolì! E non stringere. Mo’, accumencia n’ata vota ‘sta tortura. (escono)

SCENA 4 – ATTO II

(entra Penelope stende una mutanda leopardata e siede su un tronco. Poi, entra Beatrice).

Beatrice: Ave, o donna! Io son Beatrice, detta bice, maritata Bardi.

Penelope: Piacere (s’inchina), signora Beatrice, detta bice, maritata Bardi.

Beatrice: Io vegno da un loco dove tornar desio. Amor mi mosse che mi fa parlare.

Penelope: Ma, qua dentro parlate tutti così?

Beatrice: Non capisco.

Penelope: Lasciate stare. Io sono Penelope, detta Pene, maritata Itaca. Vengo da quella brutta selva oscura e sto’ cercando maritemo Ulisse. Lo conoscete?

Beatrice: Certo. Il famoso eroe.

Penelope: E sapete dove sta, questo famoso pezzo di eroe?

Beatrice: Si.

Penelope: Lo posso sapere anche io?

Beatrice: Ma, sicuramente.

Penelope: (pausa) Eh! Io lo devo assolutamente incontrare e, sapete perché? Perché…

Beatrice: No.

Penelope: Uh. Gesù! E se non me lo fate dire, come fate a saperlo. Io, a “maritemo” (A gesti lascia intendere che vuole tagliargli la testa, staccarla dal collo e giocarci a palla). Avete capito?

Beatrice: Veramente, no.

Penelope: Non fa niente. Devo dire due parole a Ulisse.

Beatrice: Perché ristai?

Penelope: Dite a me?

Beatrice: Che fai? Ti arresti? Perché non vai a cercarlo?

Penelope: A voi sembra facile. Se io fossi riuscita a trovare la strada giusta, a “maritemo” Ulisse (pausa), gli avrei già parlato molto tempo fa.

Beatrice: Ora, va’! Segui questo sentiero. Ti porterà da lui.

Penelope: Vi ringrazio tanto, tanto. Però ho paura ad andare da sola. Perché non mi accompagnate? Che vi costa?

Beatrice: Non posso. Aspetto visite.

(Entra Eurimaco)

Eurimaco: Aspettate! Vi accompagno io. Mia dolce signora.

Penelope: Ohiné! Ma tu stai sempre appriesso a me?

Eurimaco: (ulula).

Penelope: (a parte) Tengo il cane.

Eurimaco: Si. Sarò il vostro Argo.

Penelope: Ma, va’ cammina. Procio! (Escono)

SCENA 5 – ATTO II

(Entra Dante)

Dante: Donna Beatrice!

Beatrice: Buongiorno! Signore.

Dante: Buongiorno! Signora.

Beatrice: Pepperepé! (e fa il saluto alla visiera).

Dante: Beatrì! Tutto bene?

Beatrice: (andandogli incontro) Dante mio, che gioia! (Dante ad ogni domanda tenta di toccarla) Quanto sei bello. Sei stanco? Sei arrivato da molto? (gli tocca la fronte) Ma tu sei tutto sudato. Ti vuoi cambiare la canottiera? Sarai stanco. Siediti un pochino qua. (lo fa sedere) Ora, và meglio?

Dante: Beatrì?! Non so a quale domanda devo rispondere. Comunque, sto bene. (si alza) Guardami! Mi sento come un babà fresco, che sta aspettando, solo, di essere bagnato.

Beatrice: Dantù! Il rum è finito.

Dante: E damme ‘nu bacetto. (palpandola)

Beatrice: Stai fermo, con le mani! (lo respinge) Ci potrebbe vedere qualche anima dell’Inferno.

Dante: Ho capito. E’ meglio che mi calmo.

Beatrice: Ah! Lo sai che tutte le anime sono in sala riunione con Lucifero? (ride)

Dante: E, allora, sei scema? Beatrì! A chi stiamo aspettando? Io per tutto il viaggio, non ho fatto altro che pensare a te. Morivo dalla voglia di vederti, di abbracciarti. (d’improvviso l’abbraccia) Bella di Dantuccio tuo! Io sarò la tua bufera infernale. E dai! Sbattiamoci un poco.

Beatrice: (dolcemente) “Amor mi mosse, che mi fa parlare”.

Dante: Donna Beatrice!

Beatrice: Messer Dante!

Dante: Donna Beatrice!

Beatrice: Messer Dante!

Dante: Che bella chiamata, che ci siamo fatti. Beatrì! Abbiamo finito con le presentazioni? Vieni. Forza!

Beatrice: E mo’ vengo.

Dante: E vieni!

Beatrice: E mo’ vengo.

Dante: E vieni!

Beatrice: E mo’ vengo.

Dante. Ma, tu vuo’ venì o no?

Beatrice: E non è possibile. Ho le mie cose.

Dante: E te le tengo io.

Beatrice: Ma, che sei pazzo? Non se ne parla proprio.

Dante: E’ meglio che mi siedo. Ahia! La mia povera schiena (siede).

Beatrice: Hai visto che sei stanco? Che sei tutto sudato e che ti vuoi cambiare la cannottiera e che...!

Dante: Beatrì?! Ricominciamo un’altra volta? (pausa) Guarda che gambe che tieni. Guarda! Che peccato che da queste parti l’amore è spirituale.

Beatrice: Ma qui, mica, siamo in Paradiso?

Dante: E’vero! Noi siamo all’Inferno. Bella, di Dante tuo. E a chi aspettiamo? Vieni!

Beatrice: Ho detto no. E BASTA!

Dante: Che c’è? Ti sei offesa?

Beatrice: Zitto!

Dante: E perché?

Beatrice: Non parlare!

Dante: Vuoi fare pace?

Beatrice: Non ti voglio rispondere.

Dante: E mi vuoi dare, almeno, un bacetto?

Beatrice: (Con durezza) Cuccia ‘llà!

Dante: (Ulula).

Beatrice: Scherza tu. Ancora non hai capito, che è un periodo di lutto stretto.

Dante: Beatrì! Giusto il tempo di entrare, faccio le condoglianze ed esco.

Beatrice: Brutto vizioso.

Dante: E non dire così.

Beatrice: Ho avuto un’idea.

Dante: Brava! E ti succede spesso questa cosa?

Beatrice: Sciocco. (allegra, agita le braccia) Se vieni con me, ti faccio vedere il Paradiso.

Dante: Beatrì! Che c’è? Se n’è volato il lutto?

Beatrice: T’amo! Pio bove.

Dante: Si. Sono il tuo toro. (pausa) Mamma mia. Non mi sento bene. Virgilio! Virgì!

SCENA 6 – ATTO II

(entra Virgilio)

Virgilio: Che c’è?

Dante: Mi sento svenire. Non ce la faccio. Vorrei resistere. Svengo. (si accascia)

Beatrice: Dantuccio, parla! Non farmi preoccupare. Non ti senti bene? Guarda che faccia che hai. Ma, tu sei tutto sudato. Hai la faccia pallida, pallida.

Dante: Sarà un poco di debolezza. Non so da quanti giorni non mangio e non bevo...e...che t’ho dico a fa’...

Beatrice: E, dimmi! Dimmi!

Dante: No. Dico: E che te lo dico a fare.

Beatrice: Si. E, dimmi! Dimmi!

Dante: Beatrì! E’ un modo di dire. Che te lo dico a fare, tanto tu lo puoi immaginare.

Beatrice: Ah! Ho capito. E, dimmi! Dimmi!

Virgilio: E, non te lo vuole dire. Va bene?

Beatrice: Ho capito. Con voi non si può parlare. Addio! E all’Alto Fattore parlerò male di te. (Esce)

Virgilio: E io che c’entro? Ma, fa comme vuo’ tu.Dantù!Come ti senti?

Dante: “Come tante lucciole in un campo, durante una sera d'estate, così vedo molte fiammelle girovagar”.

Virgilio: Dantù! Ti senti bene? Oggi è Sabato. Sabato santo del 9 aprile del 1300. E siamo nella quinta bolgia dell’ottavo cerchio.

Dante: Ma, io vedo tante fiammelle.

Virgilio: E, qua dentro, è naturale. In ogni fiammella è nascosto un truffatore, che Dio ha trasformato in una lingua di fuoco, poiché da vivo, con la sua lingua, ingannava la gente.

Dante: E, quindi, è un drago.

SCENA 7 – ATTO II

(entra Ulisse con Diomede sulle spalle)

Dante: Virgì! Mi sto impressionando. Guarda quelle due anime. Hanno la fiamma spenta. Ma, chi sono?

Virgilio: Sono Ulisse e Diomede.

Dante: Ti prego. Maestro! Ti prego. Ti prego e ti riprego. Ti prego mille volte.

Virgilio: PARLAA!

Dante: Falli avvicinare, che gli voglio parlare.

Virgilio: Assolutamente no. Gli posso parlare solo io.

Dante: E perché mi fai questo?

Virgilio: Loro sono Greci e la tua lingua volgare non la capiscono. A stento ti capisco io.

Dante: E tu lo sai, che cosa gli voglio chiedere?

Virgilio: Lo so, lo so. Lascia parlare me: “Signori!

Ulisse e Diomede: Dite a noi?

Virgilio: Si. Dico a voi. Signori!

Ulisse e Diomede: E che siamo signori, noi?

Virgilio: Anime dannate!

Ulisse: Mo’, si.

Virgilio: Venite subito qua! Vi presento Dante. E’ qui in pellegrinaggio. E’ ancora vivo.

Ulisse e Diomede: Complimenti!

Virgilio: Vuole sapere, Ulisse che fine fece.

Ulisse: (a Dante) Io ve lo direi pure messer Dante. Ma, se poi doveste morire ‘e na morte ‘e subbeto? A che servirebbe?

Dante: E se io chiedessi il tuo trasferimento da Lucifero?

Ulisse: Parlo subito. Stavo scherzando. Ih! E come siete permaloso.

Virgilio: Smettila! E racconta!

Ulisse: Subito, dottò! Io feci costruire un bel cavalluccio di legno, con l’apertura sotto la pancia, dove mi andai a nascondere con Diomede e alcuni compagni.

Dante: Stavate giocando a nascondino?

Ulisse: In un certo senso, si. Dunque, i troiani credendo di avere vinto la guerra, presero il nostro bel cavalluccio e noi …hop, hop, hop, entrammo co’ cavallo (Dante gli sputa sul collo) e hop, hop, hop, poi tutta la incendiammo… Neh, ma che cos’è? Io mi sento tutto bagnato.

Diomede: Pure io. Fammi scendere.

Dante: Se per quell’inganno, sei riuscito a sfuggire alla giustizia degli uomini, non sei sfuggito alla giustizia di_vino.

Ulisse: Uh! Di vino? E se è asprigno, me ne date un bicchiere?

Dante: Virgì! Ma, questo fa seriamente?

Virgilio: E’ scemo! Non lo vedi? Non gli è bastata la vendetta divina. Racconta, quando rubasti il Palladio sacro dalle mani di Athena.

Dante: Eccome? Athena teneva il Palladio sacro in mano, e tu, glielo rubasti?

Ulisse: Io, per la verità, le volli togliere un peso. Faceva pure impressione, con quel palladio in mano.

Dante: E’ scemo. Virgì! E’ scemo.

Virgilio: E non è finita. Racconta, come uccidesti il ciclope Polifemo.

Ulisse: Con il vino.

Dante: Il vino?

Ulisse: E si.Lo ubriacammo col vino e, quindi, Polifemo si sdraiò sul letto e si addormentò. Allora, mi feci aiutare da quei pochi compagni rimasti: Nannolo, Emmolo e Tontolo. Prendemmo un grosso tronco, appuntito, lo infuocammo, e glielo infilammo da dietro.

Dante: Ahia! E che dolore.

Virgilio: Ma, che hai capito? Lo accecarono. Polifemo teneva un occhio solo.

Ulisse: E lo teneva puntato sempre e solo addosso a me. (Ridendo) Non mi vedeva di buon occhio.

Dante: Ha fatto ‘a battuta. Dobbiamo ridere?

Diomede: Vo’ fa l’eroe, facenno ‘e battute. Ma, cammina và!

Dante: Diomede è l’unico buono, qua dentro.

SCENA 8 – ATTO II

(entrano Circe e Calipso)

Circe: E’ permesso?

Virgilio: Chi è?

Calipso: Possiamo entrare?

Dante: Prego. Fate come se foste a casa vostra.

Ulisse: Circe! Calipso! Anche voi qua?

Circe: Prima che mi scappi di nuovo, fatte da’ nu bacio.

Ulisse: Un momento, lasciami preparare.

Dante e Virgilio: (a Ulisse) E vai, và!

Ulisse: Uhé! Può essere mia nonna.

Circe: Screanzato!

Ulisse: E lo dicevo così, tanto per dire.

Dante: E’ proprio scemo.

Calipso: Ulisse! Ricordi? Quanto ci siamo amati, sull’isola di Ogigia, in quei sette anni.

Ulisse: Ero un martello pneumatico, gra…ta,ta,ta.

Calipso: Ma, stai zitto! Restavi sempre a piangere sullo scoglio. Ogni giorno, era la stessa litania: E lasciami partire. E mandami a casa. E fammi tornare da mia moglie. Mi lasciavi sempre vogliosa.

Virgilio: Guardate, che uomo. Piangeva, per Penelope.

Diomede: E Pepé, e Pepé, e Penelope tesseva.

Dante: E lasciatelo parlare.

Ulisse: Oh! Io ero fedele.

Dante, Virgilio: Ma, cammina và!

Diomede: Vo’ fa l’eroe fedele. Vo’ fa!

Circe: Bocca mia, taci! Quello era sempre stanco. Diceva: non ce la faccio, lasciami perdere, prendi i miei compagni. E io che dovevo fare. Presi i marinai della nave, e li trasformai in porci. Mmh! Che libidine.

Ulisse: Questa sparviera qua? Una insaziabile. E, che ne sapete, voi. Teneva proprio la fissa, per i porci.

Dante: Faceva le magie?

Virgilio: No. Li trasformava senza magie.

Dante: E, allora, tutte le donne sanno trasformare gli uomini in porci.

Ulisse: Certo. Però, Circe mi trascinò nell’alcova, con una fattura, un magnetismo, e non per volontà mia.

Circe: E, allora, lo devo dire a tutti quanti, che mi costringevi a fare: e mo’ la maestra? E, mo’ la maliarda? E, mo’ la meretrice? Eccetera…eccetera?

Ulisse: Era meglio non dirlo.  

Calipso: E che devo dire io, che, per sette anni, ho fatto il ruolo della crocerossina. Curavo il tuo corpo stanco e ferito. Mo’ ferito e mo’ stanco e io sempre vogliosa.

Dante: E bravo a Ulisse. ‘E piaceva il gioco dei ruoli.

Virgilio: E non pensava a Penelope?

Diomede: E Pepé, e Pepé, e Penelope tesseva.

Ulisse: Non nego che dinanzi a Calipso, mi sentivo una mano di ferro dietro.

Virgilio: E indietro, ti doveva rimanere il ferro.

Ulisse: Hai ragione che non ti posso rispondere. Questa mano mi spingeva verso quel rossetto, quel profumo, quelle braccelle accussì delicate. Io, ogni volta, la guardavo e, la tornavo a guardare, e come un naufrago, uscito fuor del pelago alla riva, restavo sedotto dalla sua bellezza.

Virgilio: (ironico) Poi, pensava a Penelope e piangeva.

Diomede: E pepé, e pepé, e Penelope tesseva.

Dante: (A Virgilio) Ma, te vuo’ sta’ zitto o no? Hai capito che ogni volta che dici quel nome, Diomede parte con la trombetta?

Virgilio: Eh! Non lo dico più.

Ulisse: Alla fine, dopo venti anni di sventure, ero appena arrivato ad Itaca, uhé! Non mi muore il cane?

Dante: Secondo me, quel tuo ritorno non nasceva sotto una buona stella.

Ulisse: Ma, non c’ero che io: “Nessuno”. Eroe di Itaca. E, quindi, appena entrai nel palazzo, uccisi tutti i proci, che stavano insidiando a mia moglie.

Virgilio: Penelope! Grande tessitrice.

Diomede: E pepé…e Penelope tesseva e Nessuno la filava. (Uscendo) Vo’ fa’ l’eroe, vo’ fa’!

Dante: (a Virgilio) Ma, che dici a fa’, ho capito, ho capito, e poi: Penelope! Grande tessitrice.

Virgilio: E, mi è scappata.

Circe: SILENZIO! Sto avendo una visione. Riguarda Ulisse.

Ulisse: E io lo sapevo.

Circe: Vedo una donna. Chi è?

Ulisse: E io che ne so?

Circe: Dimmi la verità. Chi è?

Ulisse: E sarà mia moglie.

Virgilio: Penelope.

Dante: (gli da uno schiaffetto dietro la nuca.)

Circe: E che sta’ facendo?

Ulisse: Ma, l’indovina sei tu o io?

Circe: Rispondi! Che sta’ facendo?

Virgilio: Ti starà cercando?

Dante: E se ti trova?

Ulisse: Ma, chi?!

Virgilio: Penelope.

Dante: E, allora, sei scemo.

Circe: Me vulite fa’ fa’, o nun me vulite fa’ fa’, quello che devo fare? Si nun m’’o facite fa’, che capimmo? Dunque, tu hai tradito tua moglie, è vero?

Ulisse: No, oh! Mai.

Calipso: E, allora, io non contavo nulla per te? Dimmelo! Dimmelo! E dimmelo, che non contavo nulla.

Ulisse: E nu mumento.

Circe: Tu hai tradito tua moglie. Lo vedo. L’hai tradita con una ninfa. Calipso.

Dante: E’ molto brava questa maga. Eh?

Ulisse: E non infierite, pure voi. Si. E’ vero. Ho tradito mia moglie.

Calipso: Con me. Io lo amai, per sette anni. E’ vero che mi vuoi ancora bene? Dimmelo! Dimmelo! E dimmelo, che mi vuoi ancora bene.

Ulisse: E mica, mi posso ricordare tutto.

Circe: Silenzio! Sento che tu hai amato, anche, un’altra donna.

Ulisse: No, oh! Ti sbagli.

Circe: Dimmi la verità! Hai amato un’altra donna ed era una mia collega.

Dante: Ma, và?

Ulisse: Dunque, una era sicuramente Calipso e l’altra?

Virgilio: Circe?

Ulisse: Si. L’altra eri tu.

Dante: Bravo!

Circe: Prevedo che, nel tuo prossimo futuro, arriverà ancora un’altra donna.

Ulisse: Beh! Non esageriamo.

Circe: Penelope.

SCENA 9 – ATTO II

(entra Penelope)

Ulisse: Qua all’inferno? Non scherzare. Guarda come ride, guarda? Stai ridendo, è vero? Guarda?

Dante: Guarda chi è arrivata?

Virgilio: Tua moglie Penelope!

Ulisse: Come passa il tempo.

Penelope: Facce toste e columbrine! Viziose! Appena hanno visto questo pezzo di uomo, lo hanno ammaliato con le parole, lo hanno riempito di complimenti. E poi, quando hanno ottenuto il loro scopo, lo hanno salutato ed è finita la villeggiatura.

Ulisse: Proprio così. Brava!

Penelope: Ma, perché non ve lo siete tenuto? Eh?

Ulisse: E io ti ringrazio.

Circe: Non volle restare con me. Te lo giuro. Non faceva altro, che ripetere il tuo nome: Penelope e, Penelope e, Penelope. Pareva nu pappavallo.

Ulisse: E’ vero. Non smettevo mai.

Penelope: (Con voce maschile) Stajtte zitte, tu!

Dante: E’ ritornato il lupo.

Calipso: Non volle restare neanche con me. Eppure, io gli offrii l’eterna giovinezza.

Penelope: E che fine ha fatto, ‘sta giovinezza? Guarda come me lo hai ridotto.

Ulisse: Ma, tanto che faccio schifo?

Dante: Questo matrimonio è come una padella piena di lumache. Dovunque guardi, vide ‘e corna!

Penelope: (A Dante e Virgilio) Bravi! Voi state qua? Vi faremo sapere. Vi invieremo sue notizie.

Virgilio: Non abbiamo avuto un attimo di tempo.

Penelope: Bugiardi! E  questo pezzo di eroe? Dove stavi, mentre io facevo crescere tuo figlio Telemaco?

Ulisse: Sulla zattera. Non sai quanti venti mi soffiavano indietro.

Penelope: Dov’eri quando tessevo ‘a cupertella d’’o nonno, per tenere lontani i Proci? Stavano ad ogni angolo della casa: ‘ncopp’a colonnetta, ‘ncopp’o lietto, sotto ‘o lietto, sotto ‘o materasso, dint’o mobile, ‘ncopp’o mobile, dint’a cucina e persino dint’o bagno.

Ulisse: (a parte) No.Erano pulci.

Penelope: E tu? Dov’eri?

Ulisse:Sempre sulla zattera.. Non sai quanta acqua ho bevuto, durante le tempeste.

Dante: Scusatemi. Ma, i Proci riuscirono a inzuppare…?

Penelope: (a parte) Mo’, ce tiro ‘na cosa ‘nfaccia.

(entra Eurimaco)

Eurimaco: Vi porgo le scuse, a nome di tutti i Proci, morti, di Itaca.

Penelope: (con voce maschile) Stajtte zitte, tu!

Dante: E’ proprio un lupo.

Eurimaco: Pensate che, se sono ancora vivo, è solo per miracolo.

Ulisse: Eccome? M’è scappato un Procio? Con permesso! Lo uccido e torno. (Eurimaco esce velocemente).

Penelope: Cuccia llà! Io aspettavo il tuo ritorno, la tua nave all’orizzonte e tu facevi lo scemo con queste due civette? Ma, che specie di uomo sei?

Ulisse: ”Non puoi incatenare il vento”.

Penelope: Ma, statte zitto!

Dante: Signora! Un po’ di contegno.

Penelope: (a Circe e a Calipso) Pirchipetole!

Circe e Calipso: Pirchipetole a noi?

Penelope: Si. Proprio a voi. Si nun ve ne jate, mo’…mo’, ve tiro tutt’è capilli, a uno a uno.

Circe: Uhè, uhé! A chi ‘e tiri ‘e capilli?

Penelope: Eh! A te. Proprio a te.

Calipso: Uhé! Tu ci hai proprio rotto… la ninfa.

Circe: E provaci. Fallo! Se lo devi fare.

(Le tre donne, per quanto trattenute da Dante, Virgilio e Ulisse, tentano di accapigliarsi.)

Penelope:Fattucchiera!

Circe: Sartulella!

Penelope:Pirchipetola!

Calipso: Ciucciuvettola!

Penelope: Viziose!

Calipso: Papera!

Circe: Columbrina!

Ulisse: FINITELA!

(La rissa si calma. Le donne rimangono mute, intente solo a mettere in ordine le loro disfatte tolette.)

Ulisse: Si è trattato solo di scappatelle.

Penelope, Circe e Calipso: Truffatore!

Dante: Sante parole.

Penelope: Traditore!

Dante: Sante parole.

Circe: Porco!

Dante: Sante parole.

Calipso: Vizioso e senza Dio!

Dante: Sante parole.

Penelope: Puozze passà niente!

Dante: Niente? Che brutta parola.

Penelope: Quante volte avrei voluto dire “si” (pausa) e, invece, ho detto “no”. Ma, io ti faccio resuscitare, poi, ti uccido e metto la tua anima in bocca a Lucifero, che t’adda masticà e non deve mai sputare.

Dante, Circe e Calipso: Brava! (con applauso)

Virgilio: FERMI  TUTTI! E’ ora di risalire la montagna del Purgatorio, per espiare le nostre colpe.

Dante: Virgì! Partiamo e non salutiamo il pubblico?

Virgili: Certamente. Salutiamo questo rispettabilissimo pubblico, con l’augurio di rivederci in Paradiso, tra almeno cento anni.

Dante: Beh! Non è detto, perché i regni sono tre.

* * * * *

FINE

Napoli, 13 Ottobre 2009.-

S.I.A.E. Sez. D.O.R. n°144426