Pensione Vittoria

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INTRODUZIONE

P   E   N   S   I   O   N   E

V   I   T   T   O   R   I   A

(codice Siae commedia: 856055 A)

Tre atti brillanti  in dialetto piacentino

di

Giorgio Tosi

(codice autore Siae: 45090)

versione in dialetto con contemporanea traduzione in italiano

per un'immediata comprensione

Giorgio Tosi – Via Fabri n. 18 – 29122 PIACENZA

   389/2629240 – e.mail:giorgio-tosi@libero.it – sito: www.tosigiorgio.it

INTRODUZIONE

“Pensione Vittoria”  è, forse, la commedia a cui tengo di più.

Forse per la sua ambientazione un po’ retrò, forse perché è strutturata come un vaudeville e quindi è rapida, movimentata, con un travestimento esilarante. O, forse, solo perché scritta dopo un decennio di silenzio.

“Pensione Vittoria” ha incontrato subito il favore del pubblico e continua ad ottenerlo.

L’azione si svolge negli anni ’50, in una modesta pensione di una cittadina di provincia, nei pressi di un fiume – in questo caso il Po - ingrossato dalle continue piogge.

In questo luogo, gestito da un uomo retto – Pinei – finiscono, per vie diverse, personaggi che animeranno un divertente “caso” che verrà risolto brillantemente con un po’ d’astuzia e con molto divertimento del pubblico.

E’ importante che sia centrato soprattutto il personaggio di Piera, vero motore di tutta la commedia, popolana senza peli sulla lingua, focosa, irruente ma dotata di una simpatia non comune.

La scena è fissa e si presta per un colorito allestimento, dato che tutto si svolge nella “hall”, chiamiamola così, di questa “Pensione Grazia”, meta di stravaganti ma veri tipi umani.

Il titolo della commedia trova giustificazione solo nelle ultime battute.

Buona lettura.

                                                     G.T.

PERSONAGGI

PINEI (diminutivo di Giuseppe) -  titolare della “Pensione Grazia”

GRAZIA -  figlia di Pinei

VITTORIA – colorita prostituta in età da pensione

CARLO – giovane gagà

GIOVANN (Giovanni) – bell’esempio di campagnolo

PIERA – moglie di Giovann, “pettoruta” e “sederuta” donna di campagna

NATALINA – figlia di Giovann e Piera

IACAM (Giacomo) – borseggiatore di professione

IL PRETE – cliente, casuale, della pensione

IL POLIZIOTTO – investigatore…non proprio brillante.

UNA SIGNORA  – fugace apparizione

UN CLIENTE – comparsa

L A      S C E N A

Siamo negli anni ’50.

E’ quasi sera.

La scena rappresenta l’ingresso di una modesta pensione di un quartiere periferico di Piacenza, non molto lontana dal Po, in quel periodo in forte piena.

C’è una porta sul fondo che è l’ingresso alla pensione dalla strada (possibilmente con una piccola insegna al neon “Pensione Grazia”),   una porta per la cucina ed un abbozzo di scala – qualche gradino – che indica l’accesso al primo piano dove sono situate tutte le camere.

In scena il classico bancone per il ricevimento dei clienti, un mobile bar, la bacheca delle chiavi, una radio  prima maniera, divano e poltrone disposti in modo tale che almeno una delle poltrone resti sempre un po’ discosta (o in un angolo)  rispetto al centro della scena.

Alle pareti quadri di ogni tipo, uno specchio grande e   una foto incorniciata di una donna ancora giovane con accanto  fiori ed un cero.

Un cartello “VIETATO SPUTARE PER TERRA” sul bancone o su una parete. Una caffettiera sul piano del bancone.

All’apertura del sipario, Pinei, il padrone della “Pensione Grazia” è al centro della scena con una scopa in mano, dà qualche ramazzata poi va alla porta e guarda fuori alquanto preoccupato.

Piove. Lampi e tuoni.

A    T    T    O        I°

SCENA  I

PINEI      La s’intàrdia bein, perbacco! Gh’è anca brutt teimp,  sperum ‘c sia mia    success gnint…E poss mia gnan piantà chè tutt e andàg incòntra…

               (sbuffa e torna al centro della stanza per scopare)

               Guèrda, guèrda che roba! Pazinsa ‘l cicch, ma ch’i g’abbian propri da spudà par terra! G’ho miss anca ‘l cartell VIETATO SPUTARE, po da csè!

               Ah, che brutt mister avigh una pension al dè d’incò.

               E qust cos el? ( si abbassa)  Vèda, un brillantein…L’arà pers una donna, ma g’ha scommett  ‘c tornarà indrè ansoin a sercal, parchè se l’è vuna ‘d facili costumi ‘s na fà regalà un atar, se invece l’è, dzum, vuna per bene, gh’è po dubbi ca la passa deintar una seconda voota…Farò un bel regalein a la mé Grazia…

               (passa davanti alla foto della moglie)  Ah, Marietta, t’è bein fatt un gran sbagli a lassàm da par me! Un om l’é mia portà par seert mister (indica la scopa che ha in mano)

               E po, tirà so una fiola, con tutt i pericol ‘c gh’é.

               T’è vist, però, che me ho fatt l’impossibil par la Grazia, e l’ho lassà studià musica, cmé la voriva; csé la g’arà mia da mandà innans un post dal genar.

               L’è troppa bràva, troppa ingenua, povar ninì. Quand la g’arà ‘l so bell diplomein, cla vagga pur a fà andà ‘l so violein in gir pr’al mond in dov la vool: basta ‘c la stagga distant da cla marsimonia ché !

               L’è pesanta anca par me, s’t saviss…

                   Come ritarda, perbacco! C’è anche brutto tempo , speriamo che non sia successo nulla…Non posso neanche lasciare tutto e andarle incontro…

                   (sbuffa e torna al centro della stanza per scopare)

                   Guarda, guarda che roba! Passini le cicche, ma che  debbano proprio sputare per terra! C’è anche il cartello VIETATO SPUTARE, più di così!

                   Ah, che brutta attività avere una pensione oggigiorno!.

                   E questo cos’é? ( si abbassa)  Guarda, un brillante…L’avrà perso una signora, ma  scommetto che non si farà vivo nessuno a cercarlo, perché se è una di facili costumi se ne fa regalare  un altro, se invece è, diciamo,  una per bene, non credo che ripasserà un’altra volta qui. Farò un regalino alla mia Grazia…

               (passa davanti alla foto della moglie)  Ah, Marietta, hai fatto un gran errore a lasciarmi solo! Un uomo non è versato per questi mestieri! (indica la scopa che ha in mano)

                   E poi crescere una figlia con tutti i pericoli che ci sono.

                   Hai visto, però, che ho fatto l’impossibile per la  Grazia, e l’ho lasciata studiare musica, come desiderava; così non dovrà gestire un posto come questo.

                   E’ troppo brava, troppo ingenua, povera stella. Quando avrà il suo bel diplomino, vada pure a suonare il suo violino in giro per il mondo: mi basta che stia lontana da questo schifo !

                   E’ pesante anche per me, credimi…

VITTORIA – (dalla porta esterna)  Con chi ciciàral, Pinei?

                                                        Con chi parla, Pinei?

PINEI -  Co’ i angil.

               Con gli angeli

VITTORIA – (stiracchiandosi) Che umidità, stasira! G’ho i oss ch’i fann cric e crac!     Maladissa la Merlin…! Tutt càvsa sua! Stasira, po, as bàtta mia un ciod, eh!

                     (stiracchiandosi) Che umidità, stasera! Le  ossa  fanno cric e crac!     Un accidente alla Merlin…! Tutta colpa sua! Stasera, poi, non si batte un chiodo

PINEI -     …e da un bell pezz, ‘m sa…

                   ….da un bel po’, mi sembra…

VITTORIA – E si, sarà ‘l teimp.  Al vist ‘l Po? ‘l seguita a cress, sperum bein… (guarda fuori dalla porta tenendosi le braccia strette intorno al corpo per il freddo)

                          E si, sarà il tempo.  Ha visto il Po? Cresce ancora, speriamo bene…

PINEI – Gh’è un guss ‘d café ancora chèd, ‘l la tozal?

                   C’è il caffè ancora caldo, lo prende?

VITTORIA – (girandosi verso il bancone) Ma che om d’or ca l’è mai, Pinei!

               Però fum prest che voi mia perd la piazza.

                          (girandosi verso il bancone) Ma che uomo d’oro, Pinei!

                        Facciamo presto che non voglio perdere la postazione

PINEI – (servendo)  Sum un po’ preoccupà, s’è gnammò vist la Grasia. L’è via da stamatteina pr’andà a da un esam…

                                 Sono preoccupato , non si vede ancora  la Grazia. E’ uscita stamattina per dare un esame e …

VITTORIA -Povr’angilein: l’è un fior seinsa malizia cla ragazza lé. L’àtra sira la m’ha ditt: cla ma scusa, siora Vittoria – parché le l’am dà ‘d la siora – ma che mister fàlla, che me par ‘l vool mia diimal?

                 Ma chèra: la dama di carità!

                     Povero angelo: è un fiore senza malizia quella ragazza. L’altra sera mi ha detto: mi scusi signora Vittoria  – lei mi chiama “signora” – ma che mestiere fa, lei, che mio padre non vuole dirmelo? Ma cara: la dama di carità

PINEI - Bona custa! 

               Buona questa!

VITTORIA - “E parchè stala seipar in gir ‘d nott?” Ma chèra, perché il bisogno vien di notte (Pinei sogghigna, divertito).  “Oh Vittoria – la m’ha ditt – allora lei è proprio una santa”. 

                 Ma atar ché: vedat mia che vita ‘c fagg?

                     “E perché va in giro di notte?” Ma cara, perché il bisogno vien di notte (Pinei sogghigna, divertito).  “Oh Vittoria – mi ha detto – allora lei è proprio una santa”.       Ma senz’altro: non vedi che vita faccio?

PINEI -   Una vita spesa al servissio del pubblico!

VITTORIA-  Tamme ‘l macchin da piazza: chiunque  ‘g salta so.

                      Come le auto pubbliche: chiunque  ci può salire.

PINEI - Si, m’am sa ormai che.... po che una macchina…l’am par una correra (e le dà una pacca sul sedere)  

Si, ma ormai…più che una macchina…mi sembra una corriera (e le dà una pacca sul sedere)

VITTORIA - Pinei!  (si finge offesa, poi scoppia a ridere)

PINEI - Sconti per comitive! (ridono entrambi)

VITTORIA - Bon! ‘L café l’um bevì, adess andum a timbrà ‘l cartlein. (Si alza)  Ohi ohi, che tridùra…!

                     Bene! Il caffè l’abbiamo preso, adesso a timbrare il cartellino . (Si alza)  Ohi ohi, sono a pezzi…!

PINEI - (guardandola seriamente) Vittoria…

VITTORIA -   E’..?

PINEI - Ma parché…?

VITTORIA -  Parché, cosa?

PINEI - Parché la seguita c’una vita dal genar?

            Perché continua con questa vitaccia?

VITTORIA -  (si gira e lo guarda, molto seria) E cos g’ariss da fà?

                                                                                Cosa dovrei fare?

PINEI - Ma…so mia…   Non saprei….

VITTORIA  - Ecco, ‘l la sa mia . Chi è c’am ciappa a la mé eta? Ma chi è c’am vool?

                      Ecco, non lo sa. Chi mi prende alla mia età? Chi mi vuole?

PINEI - E so là: l’è mia una brutta donna, parbacco! Me ‘m casca ‘l coor a vedla…si insomma…(tradisce, forse, qualcosa di più)

              E via: non è una brutta donna, perbacco! Mi cade il cuore a vederla…si insomma…(tradisce, forse, qualcosa di più)

VITTORIA Sum dasfortunà, Pinei. Me ho cattà appena ‘d la gint ‘c m’ha sfruttà e basta. Me l’ho mia cattà un om educà, gentil, premoros, c’al ma voriss appena appena un po’ ‘d bein…(Si scrolla) Grassia pr’l café. E c’al dagga mia via la mé camra. Gh’è brutt teimp ma ‘n sa sa mai, vera? E po gh’è deintar tutta la mé roba (esagerando):  pelliccia,  parruca …

                   Sono sfortunata, Pinei. Ho incontrato solo persone che m’hanno sfruttato. Non ho trovato un uomo educato, gentile, premuroso, che mi volesse solo un po’ di bene…(Si scrolla) Grazie per il caffé. E mi tenga la camera. C’è brutto tempo, ma non si sa mai…E poi c’è dentro tutta la mia roba (esagerando)  pelliccia,  parruca …

SCENA I I

(Entrano Carlo e Grazia dall’esterno. Grazia ha una custodia per violino. Carlo è ben vestito)

PINEI – Grazia, finalmeint!

GRAZIA – (correndogli incontro) Papà, l’ho passà, l’ho passà! (E’ felicissima, abbaccia tutti compresa Vittoria, solo con Carlo è leggermente turbata) Col massim di vot, al massim!

                       (correndogli incontro) Papà, l’ho passato, l’ho passato! (E’ felicissima, abbaccia tutti compresa Vittoria, solo con Carlo è leggermente turbata) Col massimo dei voti, il massim!

PINEI – (stringendosela) Me ‘l sàva: t’è un fenomeno! Però ‘t mé fatt stà in pensier…

                                       Lo sapevo: sei un fenomeno! Però mi hai impensierito…

CARLO – L’ho compagnà me. L’ho spettà fora dal conservatori…(la guarda con malizia)

                   L’ho accompagnata io. L’ho attesa al conservatorio…(la guarda con malizia)

GRAZIA – (Turbata, ma eccitata)  Um fatt un bell gir par la piazza. S’era tanta conteinta., gh’era tanta bella gint…Po sum andà in dal bar sotta i portach, qull bell bar tutt lustar, e un toot l’aperitiv c’al ma rampiga ancora so pr’al nez…

                   (Turbata, ma eccitata)  Abbiamo fatto un giro in piazza. Ero così contenta, c’era tanta bella gente…Poi siamo stati nel bar sotto i portici, quello molto fine, e  abbiamo preso l’’aperitivo che mi solletica ancora il naso adesso…

PINEI – (con tono di leggero rimprovero)  Grazia…

CARLO – Ma cos gh’è ‘d màl? Bisognava festeggià l’esam, no? E allora l’ho portà in mezza a la bella gint a fà la so bella figura. (Spavaldo) Stàvma bein insema, eh Grazia, tutt  ‘s  giràvan.

              

               Che c’è di male? Bisognava festeggiare l’esame, no? E allora l’ho portata tra la bella gente a fare la sua bella figura. (Spavaldo) Stavamo bene insieme, eh Grazia, si voltavano tutti a guardarci.

VITTORIA – (si avvicina a Carlo e sussurra) Stag distant, l’è mia roba par te custa, sugaman! (esce per l’esterno)        

(si avvicina a Carlo e sussurra) Stalle lontano, non è pane per i tuoi denti, mandrillo! (esce per l’esterno)

PINEI – (c.s., a Grazia)  S’erma mia d’accordi acsé.

                                      Non eravamo d’accordo su questo…

GRAZIA – Ma papà…

PINEI – Par stavota la passa  parché l’era un esam difficil, ma ca capita po! Sta ché un attim al bancon che me a vag a tra zù la pasta (esce velocemente per la cucina).

                   Stavolta passi perché era un esame difficile, ma che non succeda più! Stai al bancone un attimo che butto giù la pasta (esce velocemente per la cucina)

CARLO – Vedat? ‘T l’àvia mia ditt? Te ‘n ta merit mia un post dal genar.

                   Che ti avevo detto? Non meriti un posto come questo.

GRAZIA – Forse ‘l papà ‘l g’ha ragion: g’ariss mia da andà in gir con voin ca cognuss appena.

                   Forse papà ha ragione: non dovrei andarmene in giro con uno che conosco appena.

CARLO – Ma cos ditt, Grasia? Ormai sum un cliint fiss ‘d la pension, e ‘m cognossì benissim té e to par!

                   Ma che dici, Grazia? Ormai sono un cliente fisso della pensione e mi conoscete benissimo, sia te che tuo padre

GRAZIA – (timidamente)  …Forse l’è bein par qullé…

                                                …sarà proprio per quello….

CARLO – Va bein, me ‘m piaz divertiim, e allora? che mal a gh’è? E a chi ‘g piàz mia?   (le si avvicina)  E a me ‘m piàz la bella roba…Grassia, me…(finge confusione)  …me sum innamurà…    

     E va bene, mi piace divertirmi, e allora? che male c’è? A chi non piace?   (le si avvicina)  E mi piacciono le cose belle…Grazia, io…(finge confusione)  …io sono innamorato…

GRAZIA – Carlo…

CARLO – Si! E ‘m dispiaz par te, ‘c t’è una bella fiola, parché ‘t g’ariss da stà in mezza a la societa, con di bei vistì, patnà tamme una principessa, con di brillant dapartutt…

                   Si! E mi dispiace per te, che sei una bella ragazza, perché dovresti stare in mezzo alla società,con dei bei vestiti, pettinata come una principessa,  con brillanti ovunque.

GRAZIA – Eh, magari!

CARLO – E invece, gnint. Missa in d’una quàlca manera…

                   E invece, niente. Conciata così e così…

GRAZIA – (guardandosi il vestito)  Quand sarò diplomà…

CARLO – (piccola risata)  Sarà anca pess. Una vita ‘d sacrifizi! Seipar in gir dadché e dadlà e ‘l teimp liber a studià. Ah, che vita! Con me la sariss diversa…

Sarà anche peggio. Una vita di sacrifici! Sempre in giro e nel tempo libero a studiare. Ah, che vita! Con me sarebbe diversa

GRAZIA – (leggermente confusa) Me sum portà par la musica, l’è la me vita e ‘l rest m’interessa mia…

                                                      Ho attitudine per la musica, è la mia vita e il resto non m’interessa…

CARLO – Ah no? Ho vist m’at guardàv cla siora con qull bell vistì…

                   Ah no? Ho visto, sai, come guardavi quella signora ben vestita…

              

GRAZIA – Acsé, par curiosità.

CARLO – Parché te ‘t ti avrà mai!  (d’improvviso) Grazia, s’t ma voriss appena appena un po’ ‘d bein…dimal c’at ma vo bein…(le prende una mano)

                       Perché tu non potrai mai!  (d’improvviso) Grazia, se tu mi volessi soltanto un po’ di bene…dimmelo che mi vuoi bene…(le prende una mano)

SCENA  I I I

PINEI – (entra dalla cucina, li vede)  Va a curà la mnestra!

                                                         Vai a controllare la minestra!

GRAZIA – (di corsa, per la cucina)  Subit!!

CARLO – Vedal, Pinei…  

                   Guardi, Pinei…

PINEI – (serio, ma non ancora troppo arrabbiato) Seinta: par me t’è liberissim da fà la vita c’t vo; ‘t po fà ‘l lavatiiv, avigh mia voia da lavorà, perd tutt ‘l teimp a dré ‘l suttan, basta ‘c ta stagg distant da la mé Grasia.

                  

                   (serio, ma non ancora troppo arrabbiato) Senti: per conto mio sei liberissimo di fare la vita che ti pare; puoi fare il lavativo, non aver voglia di lavorare, correre dietro alle sottane, basta che ti tieni alla larga dalla mia Grazia.

CARLO – Cos g’hoi, la rogna?

                   Ma che cosa ho? La rogna?

PINEI – Si, in dal sarvell. Me voi mia che voin spiantà tant cmé te, senza arte né parte, al gira tacca a mé fiola. Stagg distant almeno sinquanta metar.

                       Si, al cervello. Non voglio che uno spiantato par tuo, senza arte né parte, giri attorno a mia figlia. Stalle lontano almeno cinquanta metri.

CARLO – Para, però, che la ragazza sia sensibile al fascino…

                                                                                          

PINEI – (fa una brutta faccia)

CARLO – Va bei, va bein, c’l sa scàda mia. Scarsàva. Che gint màlmostosa! Dop tutt qull ca fagg par viatar, tutt la gint c’av port.

                   Va bene, va bene, non si scaldi. Scherzavo. Che gente indisponente! Dopo tutto quello che faccio per voi, tutta la gente che vi mando

PINEI – Tutt i tinei (debitucci) c’t gh’è indré!

               Tutti i debiti arretrati!

CARLO – Pagarò, g’ho un affari in vista.  Puttost, (confidenziale)  stasira g’ho un appuntameint, aspett una persona, m’arcmand. Quand la riva, ‘c la fagga andà so in camra. Qulla bella, che po ‘g peins me a pagà.

                      Pagherò, ho un affare in vista.  Piuttosto, (confidenziale)  stasera ho un appuntamento, aspetto una persona, mi raccomando. Quando arriverà, la faccia salire in camera, ci penso io a pagare.

PINEI – Si, tamme al solit! E ma fagghia a cognossla, a savì ‘c l’è le?    

    Si, come al solito! E come faccio a riconoscerla, a sapere che è quella che aspetti?

CARLO – Semplice: è’ un amore. Magari l’è un po timida,  ma ha una dolcezza…Ah, il fascino!    

                 Semplice: è’ un amore. Magari è un po timida,  ma ha una dolcezza…Ah, il fascino!

PINEI – Ma quand è  ‘c ta deciid a mett la testa a post?

                   Ma quando metterai la testa a posto?

CARLO – Quand a cattarò qulla c’am mantegna. La po bella, m’arcmand!

                   Quando troverò quella che mi mantiene. La più bella, mi raccomando!

PINEI – Ma si, tant chi vot ca vegna? Gh’è in gir ansoin c’una sira compagna. Et vist cmé l’è gross ‘l Po? Sperum bein, ag sum propri a tacca (vicino)

                   Ma si, tanto chi vuoi che arrivi? Non c’è in giro nessuno in una serata del genere. Hai visto come è alto il Po? Speriamo bene, ci siamo proprio vicino.

SCENA   I V

(sulla porta esterna appare Giovann; è molto esitante)

PINEI – Buonasera. Prego.

GIOVANN – Bonasira sior…c’al ma scusa: ela una pension custa?

                       Buonasera signore…Mi scusi, è una pensione questa?

PINEI – “Pensione Grazia”, per l’appunto.

GIOVANN – (compitando, compiaciuto) Pen-sio-ne Gra-zia, che bel num.

               E…c’al ma scusa…me sum mia pratich, me vegn da la campagna…

                     

                   (compitando, compiaciuto) Pen-sio-ne Gra-zia, che bel nome.        E…mi scusi…non sono pratico, vengo dalla campagna…

PINEI – Ariss mai ditt.

               Chi l’avrebbe detto

GIOVANN – Cognos’l ‘l Boscon, lu? (frazione in riva al Po, n.d.a.)

                     Sa dov è il Boscone?

PINEI – No.

GIOVANN – Possibil c’l sia mài stà al Boscon?

                      E’ possibile che non sia mai stato al Boscone?

PINEI – Forse una voota, par sbali.

                   Forse una volta, per errore.

GIOVANN – Bein, gnint…(si guarda attorno circospetto) Qust, allora, sariss un  post in dov ‘s fitta ‘l cam’r, no?  ‘M l’immaginava propria acsè…(scrolla la testa assentendo).

                     Be’, niente…(si guarda attorno circospetto) Questo, allora, sarebbe un posto dove si affittano le camere, no?  ‘L’immaginavo proprio così…(scrolla la testa assentendo).

PINEI – Meno male.

GIOVANN – (si avvicina a Pinei e gli parla piano, quasi fosse un segreto)

               Un mé amiz…(anche Carlo si fa sotto per ascoltare) ‘l m’ariss ditt che ché…(si aiuta con un gesto)..’s fa bell! (si combina)  (guarda malizosamente Pinei)

                         Un amico mio…(anche Carlo si fa sotto per ascoltare) mi avrebbe detto che qui…(si aiuta con un gesto)..si fa del bello!   (guarda malizosamente Pinei)

PINEI – ‘S fà bell? ‘S màngia bein, ‘l vorrà dì.

                   Si fa del bello?? Si mangia bene, vorrà dire

GIOVANN – (malizioso) Eh si…: di bei boccon!  (Con aria complice) Con un po’ ‘d sood a la man (si batte sulla giacca dove tiene il portafogli) magari ‘s catta anca da fa bell. Lu cos dizal?

                      (malizioso) Eh si…: dei bei bocconcini!  (Con aria complice) Soldi alla mano (si batte sulla giacca dove tiene il portafogli) magari si trova anche da “far del bello”. Cosa  dice?

PINEI – (si avvicina e lo guarda dritto negli occhi) C’al guarda che me g’ho so una pension, mia un casott.       

                                                                                  Guardi che io gestisco una pensione, non un casino.

GIOVANN – Mettumla zù pur acsé, ma a me ‘l pol anca dim’l. Me sum vegn a Piazeinsa stamatteina  pr’al marcà e ho gadagnà qualcoseina (si ritocca la giacca, stesso punto).  Ho zà ditt a mé moier ca passàva da mé sorella alla Fratta ‘c la stà mia tant bein e che sariss vegn a cà dman matteina… (da una gomitata complice a Pinei)  Al capì o no?

                   Diciamo pure così, ma a me può anche dirlo. Sono venuto stamattina a Piacenza per il mercato e ho gadagnato qualcosina (si ritocca la giacca, stesso punto).  Ho già detto a mia moglie che passavo da mia sorella alla Fratta che non sta tanto bene e che sarei rientrato domani mattina… (da una gomitata complice a Pinei)  Capisce o no?

PINEI – Insomma, volal una camra par la nott, si o no?

                   Dunque, vuole una camera per stanotte, o no?

CARLO – Ma sicura c ’l vol una camra. E bisognarà dàg la po bella. Permette? (a Giovann) Carlo Rampini, re delle notti piacentine.

                        Ma sicuro che la vuole. E bisognerà dargli la più bella. Permette? (a Giovann) Carlo Rampini, re delle notti piacentine

GIOVANN – Piacere: Giovanni Tiralacqua, dal Boscon!  Sal lu in dov el ‘l Boscon?

                                                                                       Lei sa dove è il Boscone?

CARLO – Ma parbacco!

GIOVANN – (a Pinei) Vedal che lu ‘l la cognossa?

                                      Ha visto che lui lo conosce?

PINEI – Allora, sta camra? 

    Dunque, questa camera?

CARLO – ‘L la tooz ‘l sior Giovann, no?

                    La prende il signor Giovanni, no?

GIOVANN – Si, ma voriss mia stàg da par me tutta la nott…g’hoi ragion?

                     Si, ma non vorrei starci da solo tutta la  notte…dico bene?

CARLO – Parbacco, s’l g’ha ragion! Ma noi, sal cos fum adessa? Fum un bel gir par Piazeinsa, di notte…Cognoss un bel post in dov  as mangia bein e sa speinda poch…e gh’è d’la bella gint…e ‘n sa sa mài…

              

                 Perbacco, se ha ragione! Sa cosa facciamo noi adesso? Facciamo un bel giro per Piacenza, di notte…Conosco un posticino dove si mangia bene e si spende poco…e c’è bella gente…e non si sa  mai…

GIOVANN – (con aria furbesca) An sa sa mia…o invece ‘l sa sa zà?

                                                       Non si sa….o invece si sa già..?

CARLO – Furbacchione!

GIOVANN – Bein, allora andom parbacco, parché me stasira sto propria bein ‘d salut (si tocca il rigonfiamento della giacca)

                        Bene, allora andiamo, che io stasera sto proprio bene di salute (si tocca il rigonfiamento della giacca)

CARLO – E sperum cl’an ga manca mài. Ma chi gh’è po fortunà che lu stasira? ‘L g’ha di sood, l’ha cattà chi la fa divertì…! Adess c’l dagga un accoint.

                       E speriamo non le manchi mai. Ma chi più fortunato di lei, stasera? Ha dei soldi, ha trovato chi la fa divertire…! Adesso lasci un acconto.

GIOVANN – Va bein, ma vedum da fàia fruttà, neh! (paga)

                     Va bene, ma vediamo di farli fruttare questi soldi!

CARLO – M’arcmand, Pinei: la po bella e polida pr’l mé amiz Giovann dal Boscon.

                    Mi raccomando, Pinei, la più bella e pulita per il mio amico Giovann del Boscone

PINEI – E la siora ‘c  g’ha da rivà?

                   E la signora in arrivo?

CARLO – Un’àtra qualunque, l’è vuna cal’s conteinta.

                   Una camera qualunque, è una di poche pretese.

SCENA  V

GRAZIA – (entrando dalla cucina) La mnestra l’è  pronta. Bonasira.

                                                          La minestra è pronta. Buonasera.

GIOVANN – Bonasira…(A Carlo con strizzata d’occhio) Ela custa che dopa…

                                                                                        E’ questa che poi…

                

CARLO – Ma no…(Pinei fa una brutta espressione)

                                 

GIOVANN - Che pcà!  

         Che peccato!

PINEI – Màngia te intant, Grasia. (Grazia esce)

            Mangia tu, per ora, Grazia.

VITTORIA – (entrando, si sbatte la sottana con la mano)  Pinei, un cicchett, subit.

                                                                                          Pinei, un liquore, subito

GIOVANN – E la siora, vegna anca le?

                    Viene anche la signora?

VITTORIA – Ma in dova?

                     E dove??

CARLO – La siora la cattarum anca dopa, c’l sa preoccupa mia. Andum ca vegna tardi.

(A Pinei) Quand la riva, cl’ag digga da spettà un po’, ma zà tant la scappa mia, eh, il fascino (escono Carlo e Giovann).

                   La signora la troviamo  anche dopo, non si preoccupi. Andiamo, è tardi.

(A Pinei) Quando arriva, le dica di attendere un po’, ma tanto non scappa, eh, il fascino (escono Carlo e Giovann).

VITTORIA – Ma chi el lelù?

                    Ma chi è quello?

PINEI – Un povar diavol ‘d campagna con di sood da trà via ch’è finì in dill man d’l Carlo.

              Un povero diavolo di campagna con qualche soldo finito nelle mani di Carlo

VITTORIA – Ah, che sira! E’ passà voin in macchina c’l m’ha sbrumà tutta!

E  un povar lucch in bicicletta c’l ma voriva to so in sla canna, ma veda!

                    Ah, che serata! E’ passato uno in auto che mi ha spruzzata!

E  un povero scemo in bici che mi voleva caricare sulla canna, ma guarda!!

PINEI – Ala mangià, Vittoria?

              Ha mangiato, Vittoria?

VITTORIA – Quàsi gnint.

                     Niente

PINEI – Gh’è un po’   ‘d pasta belle che pronta dadlà.

              Di là c’è un piatto pronto di pasta.

VITTORIA – Ma no Pinei…lu ‘l ma dà di vizzi.

                     Ma no, Pinei….lei mi vizia.

PINEI – So là!  

              Ma no!

VITTORIA – Quasi quasi…ma…insema alla Grasia?

                 

PINEI – Gh’è di soggett possa pericolos par la mé Grasia.

               Ci sono tipi più pericolosi per la mia Grazia.

VITTORIA . Ah Pinei, lu l’è propria un om ‘d coor (fa per baciarlo, si trattiene ed esce velo-

                   cemente per la cucina).

                   Ah Pinei, lei ha un cuore d’oro.

SCENA VI

(Pinei ritorna al bancone e gira la schiena alla porta d’ingresso)

NATALINA – (entra con passo indeciso ed ha il volto coperto da una veletta; appena dentro si guarda intorno timidamente, senza accorgersi di Pinei; si ferma, ansima tenendosi una mano sul petto, alza la veletta per guardare fuori dalla porta, si asciuga le lacrime…)

PINEI – Desidera?

NATALINA – (si ricopre il volto e rimane rigida, senza rispondere)

PINEI – Cla vegna pur innans, prego, la mang’ mia.

               Venga dentro, nessuno la mangia.

NATALINA – (molto lentamente si avvicina, tenendo la testa bassa)

PINEI – (piano) ‘L gàva ragion ‘l Carlo, l’è  propria timida. (Forte) Vorivla una camra?

                     Aveva ragione Carlo, è proprio timida. (Forte) Voleva una camera

NATALINA – (accenna timidamente di si con la testa)

PINEI – Pr’istanott, vera?

                 Per stanotte?

NATALINA – (c.s.)

PINEI – E la g’ha mia voia da parlà, vera?

                     E non ha nessuna voglia di parlare, vero?

NATALINA – (non risponde, maneggia nervosamente la borsetta)

PINEI – E se me saviss parché l’ è vegn ché?

               E se io sapessi perché si trova qui?

NATALINA – (fa per andarsene)

PINEI – Ma cla scappa mia, scarsàva…G’ala un documeint?

             Non scappi, scherzavo…ha un documento?

NATALINA – (fruga nella borsetta)…No…

PINEI – Ma allora la leingua ‘g l’ha: meno male. Comunque fà d’istess. (Prende la chiave) Di poche parole davvero la signora. Qusta l’ è la ciàv ‘d la camra. Ma me capiss mia: possibil c’l trova seipar qualcaduna c’ag casca? Cmé faral?

                     Allora la lingua ce l’ha: meno male. Comunque è lo stesso. (Prende la chiave) Di poche parole davvero la signora. Questa è la chiave della camera. Ma io non capisco: possibile che trova sempre qualcuna che  ci casca? Come farà?

NATALINA – (A tali parole singhiozza)

PINEI – Cosa fàla? Cridla? Ma parché po? ‘L l’ha mia obbligà ansoin o no? Cla vagga: numero 18, 1° piano e se la g’ha ‘d bisogn, cla ciama.

                     Cosa fa? Piange?? E perché poi? Non l’ha costretta nessuno, o no? Vada: numero 18, 1° piano e se le serve qualcosa, chiami pure.

NATALINA – (prende la chiave e scappa su per le scale)

PINEI – Di lavor da matt! E  me g’ariss da lassa mé fiola in mezza a cla marsimonia ché? Zur ca s’l ved ancora tàcca a le mé Grasia, me…

           Cose da pazzi! E io dovrei lasciare mia figlia in mezzo a questo schifo? Giuro che se lo trovo ancora vicino alla mia Grazia, io…

SCENA VII

PIERA – (sulla porta d’ingresso, urla verso l’esterno) Ma cos voot, imbambulì c’an t’è atar! Ma va a cà tua, sbrodlon d’un piazintein! Oh!

             (sulla porta d’ingresso, urla verso l’esterno) Ma cosa vuoi, rimbambito che non sei altro! Ma va a casa, sporcaccione d’un piacentino! Oh!

PINEI – Ma chi è ‘c vuza acsé?

                 Chi è che urla ?

PIERA – Oh signore…(Ha un impermeabile bagnato e un cellophane  in testa)

PINEI – ‘L Signor l’è in ciel.

              Il Signore è in Cielo

PIERA – Povra me, che giornà! C’al ma digga: el un grande albergo qust?

                     Povera me, che giornata! Mi dica, è un grande albergo questo?

PINEI – No ‘d sicur.

                 No di certo!

PIERA – C’l ma manda mia via, par piazer: sum una povra donna dasfortunà!     

             Non mi mandi via, per favore: sono una povera donna sfortunata

PINEI – Ho capì ma c ’l’s chèlma…Cos succeda incò?     

Ho capito, ma si calmi…Che sta succedendo oggi?

PIERA – C’l ma guarda bein, eh, parché un’atra disgrazià compagna ‘l la cattarà mai po! (quasi commossa) Cardiva mai da trovàm in un pastiss d’l genar…! Gh’é una botteglia là,  ‘ s podriss mia avigh un gossein?

                     Mi guardi bene, eh, perché un’altra disgraziata uguale non la vedrà mai più! (quasi commossa) Non avrei mai pensato di trovarmi in un tale pasticcio…! Ho visto una bottiglia, non si potrebbe avere un goccettino??

PINEI – Ma prego! (tenta di servire, ma…)

PIERA – Fag da par me…C’l ma scusa ma me sum vuna ‘d campagna e vag zu a la bona. Cognosal ‘l Boscon lu?  (beve)

              Faccio da sola…Mi scusi, ma sono di campagna e vado alla buona. Conosce il Boscone, lei?  (beve)

PINEI – ‘L Boscon? No…(poi ci pensa un attimo) Però ‘m para d’avil zà sentì…

         Il Boscone? No…(poi ci pensa un attimo) Però mi sembra di averlo già sentito…

PIERA – C’l peinsa: dal Boscon, me sum vegn fein a ché, col teimp ‘c gh’è! Una povra donna ‘d campagna, tutta da par lé, una povra mar disgrazià! O che disgrassia! (beve ogni volta che Pinei, divertito,  versa)

                     Pensi, dal Boscone , son arrivata qui con questo tempo! Una povera donna di campagna, da sola, una povera madre disgraziata! Oh che disgrazia! (beve ogni volta che Pinei, divertito,  versa)

PINEI – Ma cos è mai success? V’è vegn in cà ‘l Po?

                     Cosa è successo? Avete il Po in casa?

PIERA – Ma magàri!

PINEI – (preso da un dubbio) E so marì…gh’el mia?

                                                  E suo marito? Non c’era?

PIERA – Mé marì l’è vegn a Piazeinsa stamatteina pr’l marcà e stasira l’andàva a drom da so sorella a la Fratta, ‘c l’è malà:  l’è tant bon povrein! E me ‘m sum trovà in dla disgrazia tutta da par me.

            Mio marito è venuto a Piacenza stamattina al mercato e stanotte andava a dormire da sua sorella alla Fratta, che è malata:  è tanto buono, poverino! E  io mi sono trovata nella disgrazia tutta sola.

PINEI – Ah..!

PIERA – Povra la mé Natalina…! Chissà in dov saràla, povra la mé ragassa!

                     Povera la mia Natalina…! Chissà dove sarà, povera la mia bambina!

PINEI – Natalina?

PIERA  – Ma si, mé fiola. L’è scappà da cà incò dop ‘l mesdé, al capì? L’è scappà! E me sum corsa fein a Piazeinsa apposta par sercàla, mé, l’ocon! Povra la mé ragazza, da par lé in d’una cittè csé granda, in mezza a chi sporcaciòn ché!

                 Cos g’àva da fà?  C’l ma digga, lu! Ho piantà lé la campagna, ‘l vacch, i och, ‘l gallein e sum cursa a ciappa la correra par vegn a Piazeinsa. Un’acqua, ma un’acqua! E seinza ombrella. L’ho ciappà tutta in sla testa!

                

                     Ma si, mia figlia. E’ scappata da casa oggi pomeriggio, ha capito? Fuggita! E io son corsa fino a Piacenza per cercarla, l’oca! Povera la mia ragazza, sola in una città tanto grande, in mezzo a questi sporcaccioni!

                     Cosa potevo fare? Melo dica lei! Ho lasciato  campagna, vacche, oche e galline e sono corsa a prendere la corriera per Piacenza . Un’acqua, ma un’acqua! E senza ombrello. L’ho presa tutta in testa!

PINEI – Fortoina ‘c la gava ‘l capell (guarda il cellophane che ha ancora in testa)

                Per fortuna aveva un cappello!!

PIERA – (se lo toglie) Fortoina ‘c gl’ho dura la testa…etcì..ecco, adess ‘m sum anca malà.

                                   Per fortuna ho la testa dura …etcì.. ecco, adesso mi sono ammalata.

PINEI – (le offre un altro bicchierino)

PIERA – Fag ‘l tocch in correra, bagna moia e intant la testa la màcchina: pensava al bigliett ‘c la m’ha lassà “Addio per sempre, mi avrete sulla cosiensa”. Si propria acsé, sulla cosiensa! Me ho pensà ‘c la sia vegn a Piazeinsa, dov voot ‘c la vagga.

                

           Faccio il tratto in corriera, bagnata fradicia e intanto il cervello fumava: pensavo al biglietto che mi ha lasciato “Addio per sempre, mi avrete sulla 'cosiensa'”. Si proprio così, sulla 'cosiensa'! Ho pensato che sia venuta a Piacenza, dove vuole che vada.

PINEI – E parché ela scappà, po?

                     E perché sarebbe scappata?

PIERA – (beve il cicchetto, alternando momenti commossi a momenti arrabbiati)

                 Parché…? Parché l’è una scostumà! Una…voi mia dì la parola. Ah, quand la m’ha ditt ‘c la spettava un ragass, me g’ho po vist. Ho ciappà ‘l prim forcòn ‘c m’è datt sotta ‘l man e…’L Signor ‘l m’ha tartegnì appena in teimp! Fortoina ‘c gh’era mia so par, se no la massàva!

                 ‘L disonòr, al disonòr! Povar noi, la nossa famiglia in dov ansoin sgarra, tutt eseimp d’onestà…E po’ par du platt l’è anca scappà! E me, corrag a dré!

                 Appena rivà a Piazeinsa ho bein girà par la piazza, ma cuion dè, gh’era zà scur e g’ava pagura.  Allora ho ciappà cla strà ché, ho vist la scritta…e intant ca gniva zù  ‘s ferma voin, ‘l ma guàrda e po ‘l ma fà: andumia?  Ma in dova, g’ho ditt? E lu ‘l m’ha datt una risposta che poss mia ripet, brutt sporcacion! E in dl’andà via ‘l m’ha anca sbrumà! Oh, povra mé (beve).    

 Ma parché po cont tutt con lu che so gnan chi sia?

   Perché…? Perché è una scostumata! Una…non voglio dire la parola. Ah, quando mi ha detto che era in attesa, ho visto nero. Ho preso il primo forcone a tiro e…Il Cielo mia ha trattenuto in tempo! Per fortuna non c’era il padre, altrimenti l’accoppava!

                     Il disonore! La nostra famiglia dove nessuno sgarra, tutti esempi di onestà…E poi per due sberle è anche scappata! E io a rincorrerla!

                     Appena a Piacenza ho fatto il giro della piazza, ma, diavolo, era buio e avevo anche paura. Allora ho preso questa strada, avevo visto la scritta… intanto che andavo, si ferma uno, mi guarda e poi fa: andiamo?  Ma dove, ho detto? E lui mi ha risposto in un modo che non posso ripetere, brutto sporcaccione! E nell’andare mi ha anche bagnata! Oh, povera me (beve).   

 Ma perché poi racconto tutto a lei, io non la conosco neppure!

PINEI – Intant ‘c là ciappa fià (fiato) g’l digh. Me sariss Pinei, ‘l padron d’l grande albergo.

                Intanto che prende fiato, glielo dico. Io sarei Pinei, il padrone del grande albergo.

PIERA – Ah ,  salvatore.

PINEI – No Salvatore, Pinei. 

PIERA – Ma si, Pinei. Donca, pòssia farmàm ché stanott, po adman andrò a la questura, ai pompier, so  mia. Oh ma quand la catt ‘g do tant bartòn!   

           Ma si, Pinei. Allora, mi posso fermare stanotte? Poi domani andrò alla questura, dai pompieri, non so. Ma quando la trovo gliene do tante!

PINEI – Si, la camra ‘g l’ho. Ma…’c l’am digga un po’ una roba: So marì el un omein grand acsé…? (indica l’altezza)

                 Si, la camera ce l’ho. Ma…mi dica: suo marito è un ometto alto così circa…?

PIERA – Si.

PINEI – Con du barbiiz alla Umberto e la fassia rossa?

                     Baffi all’umberto e la faccia rossa?

PIERA – Si…

PINEI – E un vistì ciar?

            Un vestito chiaro?

PIERA – Ma si, ‘l la cognosal?

               Si, lo conosce?

PINEI – No, mài vist!  La g’arà anca fam, no?

                  No, mai visto! Ha fame?

PIERA – Mangiariss voin a travers!

                   Mangerei uno vivo!

PINEI – Grassia!

                  Grazia!

PIERA – Prego, non c’è di che.

                

SCENA VIII

GRAZIA – M’et ciamà, papà?

                     Mi hai chiamata?

PINEI – Fa sugà la siora…la siora….?

                     Fai asciugare la signora…la signora…?

PIERA – Piera.

PINEI – La siora Piera dal Boscon, e prepàrag una mnestra chèda.

                     La signora Piera del Boscon,  e dalle una minestra calda.

PIERA – Che bella ragazza! Ela so fiola? L’am ricorda tant la mé Natalina. Chissà in dov saràla, povreina…(si commuove). Intant mangium una fetta ‘d qull salam ché (dalla borsetta), l’è propria nostran.

              Che bella ragazza, è sua figlia? Mi ricorda tanto la Natalina. Chissà dove sarà, poverina…(si commuove). Intanto mangiamo una fetta di questo salame (dalla borsetta), è fatto in casa.

VITTORIA – (dalla cucina) Adess la va mei.

                                                Ah, ora va meglio,

PIERA – Veda, l’è propria una pension familiara :  custa l’è so mamma, vera?

                     Guarda guarda, è proprio un posto familiare, questa è la sua mamma, vero?

VITTORIA – La mamma ‘d chi? Io sono un’ospite, chèra la mé sgambuslòna.

                     La mamma ‘d chi? Io sono un’ospite, cara la mia sgambettona

PIERA – Che roba? D’una brutta fassia ‘d…!

                     Cosa?? Brutta faccia da…

VITTORIA – Offeinda mia la categoria, neh!

                     Non offendere la categoria!

PINEI – Signore, per piacere!

VITTORIA – (A Pinei) Ma chi ela?  Sara mia una concorreinta?  (A Piera) Guarda che ché gh’è poc da lavurà par vuna, figurussma in du!      

            (A Pinei) Ma chi è questa qui?  Una concorrente?  (A Piera) Guarda che c’è             poco lavoro anche per una sola, figurati in due!

PINEI – Grassia, porta dadlà la siora.

                     Grazia, accompagna la signora.

VITTORIA – Oh, siora po’!

                     Ohh, signora, poi!!

PIERA – Siora, si, parché? Ala mai ciappà una salamà in si cor’n? Ma roba da matt! (esce strattonata da Grazia)

             Signora, si, perché? Non hai mai preso una salamata sulle corna? Cose da pazzi! (esce strattonata da Grazia)

VITTORIA – Ma d’in dov salt’la fora lelé? Chi ela?

                     Da dove arriva questa? Chi è?

PINEI – Mah, vuna ‘c l’ha pers la fiola…

                     Mah, una che ha perso la figlia…

VITTORIA – Ah si? Gh’è d’la gint csé distratta ‘l dé d’incò…(va sulla porta) Brr, che fredd! (esce)

                     Ah si? Quanta gente distratta oggigiorno…(va sulla porta) Brr, che freddo! (esce)

PINEI – E me che cardiva c’la fiss una sira tranquilla! Comunque ‘l cam’r gh’i ho via tutt, e cust è qull ca conta.

            E io pensavo che fosse una serata  tranquilla! Comunque le camere sono tutte impegnate, e questo è quello che conta.

SCENA IX

(Entra una signora apparentemente distinta, non più giovanissima)

SIGNORA – Buonasera buon uomo, ci dovrebbe essere una camera riservata per me, la migliore…

PINEI – Mi dispiace bella signora, ma siamo al completo.

SIGNORA – Non è possibile, guardi meglio.

PINEI – Le ripeto, siamo al completo.

SIGNORA – Ma…(perde l’aria superiore) me g’ava un appontameint…

                                                                        Avevo un appuntamento…

PINEI – E con chi?

SIGNORA – (turbata) Poss mia diil, ma lui mi aveva assicurata…

                                      Non posso dirlo, lui mi aveva assicurata…

PINEI – (capendo) Ma vèda qull Carlo lé: du a la voota lià fa vegn!

                             Ma guarda un po, sto Carlo’: le fa venire due alla volta!

SIGNORA – (con distacco) Io protesto! Mi chiami il direttore.

PINEI – (chiama) Direttore!…eccomi, sum me.

SIGNORA – Oh!…ma è uno scandalo…

PINEI – Lo scandalo l’è vuna ‘d la so  eta ‘c la corra dré ai ragazzott. Prego (indica l’uscita)

                     Lo scandalo è una della sua età che corre appresso ai ragazzotti. Prego

SIGNORA – (rabbiosa) Custa po’! ‘L ma seintarà, oh s’l ma seintarà (esce veloce).

                                     Questa, poi! Ma mi sentirà, o se mi sentirà (esce veloce).

SCENA X

PINEI – Tutt i po’ dasballà ‘c gh’è in gir, i capitan ché. ‘G calla ancora appena un pret

                     Stasera capitano proprio i più sballati . Manca solo che arrivi un prete

PRETE – Buonasera figliolo.

PINEI – Padre…!?

PRETE - …sorpreso, figliolo?

PINEI - …sorpreso, si…con questo tempo….(piano) ma vèda!

                

PRETE – Iddio ce lo manda, avrà i suoi buoni motivi, forse vuol lavare i nostri peccati.

PINEI – G’ha bein da piov, allora! Ma padre, non è un po’ tardi per benedire le case?

                     Come pioverà, allora! Ma padre, non è un po’ tardi per benedire le case?

PRETE – Non sono qui per questo, volevo una camera.

PINEI - …qui?

PRETE – Qui, si, perché?

PINEI – Per lei, padre?

PRETE – Ma si. Sono stanco e ho poco da spendere.

PINEI – Ma santità…

PRETE – Non esagerare, figliolo.

PINEI – E’ che…siamo al completo…

PRETE – Oh che sfortuna, non so proprio dove andare…

PINEI – Donca, tre gh’io belle che occupà, vuna pr’l campagnol, vuna par la Piera, vuna par la ragazza misteriosa e i fann sees, me ‘g n’ho sett, dunque…

            Dunque, tre sono occupate, una per il contadino, una per la Piera, una per la ragazza misteriosa e fanno sei,  io ne ho sette,  dunque…

PRETE – Dunque una è libera, i conti tornano.

PINEI – Si, ma clalé l’ha prenota la Vittoria.

                     Si, ma quella è prenotata da Vittoria.

PRETE – La Vittoria?

PINEI – (piano) Ma fagghia adessa? Se glà do via l’am mangia.

                     E adesso come faccio? Se l’affitto, mi mangia vivo.

PRETE – Allora, questa camera, c’è o non c’è?

PINEI – Ci saresse, ma so mia se poss…

                     Ci 'saresse', ma non so se posso….

PRETE – Vedi di potere, figliolo.

PINEI – (si rivolge alla moglie, in foto) E adess cos fagghia?

                                                                   Cosa faccio?

PRETE – Prego?

PINEI – Parlavo con mia moglie.

PRETE – Tua moglie è…..(assenso di Pinei) Anche tu hai provato il dolore, figliolo,  tuo sarà il Regno dei Cieli. La tua fede, del resto, traspare da come conduci la tua piccola pensione, nell’onestà, nella pulizia, nella generosità.

PINEI – Davvero padre si vedono tutte queste cose, entrando?

PRETE – Ma certo. Ah, piuttosto, c’è una signora che aspetta qui fuori al freddo, lo sapevi? Perché non la fai entrare? Se non hai più camere diglielo.

PINEI – Ehm …è che lei patisce il chiuso, l’è dré a ciappà una boccà  d’aria, m’s diza. Ecco, la camera  ‘d prima sarebbe precisamente la sua, della Vittoria..

                     Ehm …è che lei patisce il chiuso, Sta prendendo una boccata d’aria.. Ecco, la camera  di prima, sarebbe precisamente la sua, della Vittoria..

PRETE – Capisco. Allora non c’è proprio nulla da fare.

PINEI – (a malincuore) Para ‘d no. 

                                        Sembra proprio di no…

PRETE – E va bene. Hai fatto quello che potevi, ne sono sicuro. Domani ho una giornata molto pesante ed avevo proprio bisogno di riposare ( si avvia).

PINEI – Padre…

PRETE – Si…

PINEI – S’g fiss da divid la stanza con qualcadoin?

                     Se volesse dividere la stanza con quancuno…

PRETE – Nello stato in cui sono…

PINEI – Gh’è un sior che la starà fora fein a tàrdi, sa, gli affari…Se ‘l vool… poi gli spiegherei io.

            C’è un tizio che rientrerà tardi, sa, gli affari…Se vuole… poi gli spiegherei io.

PRETE – Se un angelo, figliolo.

VITTORIA – (sulla porta)  Va là, maleducà! Va a cà tua e fa mia perd ‘d teimp a la gint ca lavòra, roba da matt!  (Dentro) Talché in dov l’era finì: bonasira reverendo.

                          (sulla porta)  Va , maleducato! Va a casa e non far perdere del tempo a chi lavora, cose da pazzi!  (Dentro) Ecco dov’era finito: buonasera reverendo.

PRETE – Buonasera Vittoria. Sai che volevo andare in camera tua?

VITTORIA – Eh no, eh! Me chi roob ché ià fag mia. Non c’è più religione (esce).

                     Eh no, eh! Queste cose io non le faccio! Non c’è più religione (esce).

PRETE – Nervosa, la signora.

PINEI – E’ malata, poverina.

PRETE – (avviandosi) Ma allora perché sta così scoperta? Prenderà un accidente.

PINEI – Da questa parte, padre, l’accompagno.

PRETE – Mi raccomando, dille di venire dentro.

PINEI – Ma certo padre, glielo dirò, (escono di scena per le scale)…non mancherò…

SCENA XI

(Entra Iacam velocemente trascinandosi Vittoria: ha un berretto in testa)

VITTORIA – Ma fa pian, parbacco, ma cos gh’è t adoss?

                     Fai  piano, perbacco, cosa ti prende?

IACAM – Andom in camra, a la svelta.

                     Andiamo in camera , presto!

VITTORIA – Ma t’è bein da spressia!

                     Che fretta!!

IACAM – Ciàppa la ciav, e movat, g’ho urginza.

                     Prendi la chiave, muoviti, è un’urgenza

VITTORIA – Ho vist. La ciav gl’ho chè…ma tiram mia, ma vèda!

                     Me me sono accorta…Ecco la chiave…e non tirare, ma guarda un po’!

IACAM – E allora andom!

                     Andiamo!!

VITTORIA – Ma cos gh’èt la polizia ai carcagn?

                     Ma hai la polizia alle calcagna?

IACAM – Pressapoc… (guardandosi alle spalle)

                     Più o meno

VITTORIA – Fam mia curr: g’h mia po veint’ann!

                     Non correre: Non ho più vent’anni!

IACAM – ‘L so, ‘s veda!  (escono velocemente per le scale)

                     Lo so, si vede!

PIERA – (dalla cucina) Oh là, ‘m sum propria tirà so una costa. (Chiamando) Sior…m’s ciamal?…In dov el andà a finì?

PINEI – (dalle scale) Sperum c’l Giovann ‘l sa lameinta mia.

                                      Speriamo che Giovann non si lamenti troppo   

PIERA – Talché.  Sior, so fiola l’é propria un fior. La g’ha una grassia, una manera. E po la g’ha dill man…’s veda ‘c la sona il violein. Anca la mé Natalina, povreina, l’è tanta portà par la musica, la canta cmé un uslein. Basta! S’g  mett una man adoss  ‘g fag bein canta me l’Aida!  Dov ela la mé camra?

                      Eccolo.  Signore, sua figlia è un fiorellino. Ha una grazia, un modo... E delle mani…si vede che suona il violino. Anche la Natalina, poverina, è 'portata' per la musica, canta come un usignolo. Basta! Se la becco, le faccio ben io cantare l’Aida!  Dov’è la mia camera?

PINEI – Primo piano, numero 12. Cla fagga pian ‘c g’ho un  ospite ‘d riguard.

                     Primo piano, numero 12. Faccia piano che ho un ospite di riguardo.

PIERA – Cognoss ‘l bon maneer anca sa sum ‘d campagna, me! Mia tamme cla villana ‘d prima. Ma me l’ho capì, veh, sum mia locca, me. Ho capì che mister la fà. Basta guardàla in fassia, chèra la mé lucciola.!

              Conosco le buone maniere anche se vengo dalla campagna, io! Non come la villica di prima. Ma io ho capito, non sono mica scema. Ho capito che mestiere fa. Basta guardarla in faccia, cara la mia  lucciola.!

PINEI – Par piazer…  

               Per favore…

PIERA – Adess vag, ‘l buuz l’ho sara.  E la mé Natalina in dov passarala la nott…? (commossa esce dalle scale).

             Ora vado, il buco l’ho chiuso.  E la mia Natalina dove passerà la notte…? (commossa esce dalle scale).

GRAZIA – (dalla cucina) La g’ha un mors: l’ha mangià so tutt.

(dalla cucina) Che voracità: ha mangiato tutto.

PINEI – Segnarum tutt in s’l cont. Sperum adess da sta chiett fein a dman mattein, almeno. Cred che la siora Piera la g’arà una bella sorpresa, e saranno dolori per il signor Giovanni Tiralacqua d’l Boscon.

           

          Mettiamo tutto in conto. Speriamo di stare tranquilli fino a domani, almeno. Credo che la signora Piera avrà una  bella sorpresa, e saranno dolori per il signor Giovanni Tiralacqua del Boscone.

SCENA XII

POLIZIOTTO – (da fuori) Altolà, nessuno si muova!

GRAZIA – Papà, cos succeda?

                     Papà, cosa succede?

POLIZIOTTO – Polizia!

GRAZIA – Chèr ‘l me Dio!

                     Mio Dio!

PINEI – Ma parché ‘l ma spaveinta la ragassa? Me sum in regola con la liceinza.

                     Ma perché mi spaventa la figlia? Sono in regola con la licenza

POLIZIOTTO – Non sono qui per la licenza. Chi è il padrone, qui?

PINEI – Sum me. 

                Sono io

POLIZIOTTO – Ha visto entrare una persona sospetta?

PINEI – Sospetta? Ma me no!

POLIZIOTTO –Quanti clienti ha? Chi sono? Faccia vedere.

PINEI – Un momeint! Podriss savì, prima, che cos è success, s’g dispaz mia?

                     Un momento! Potrei sapere, prima, che cosa è successo, se non le spiace?

POLIZIOTTO – Sto inseguendo un ladro.

GRAZIA – (spaventata) Un ladro?!

POLIZIOTTO – Un borsaiolo. Ha colpito poco fa in pieno centro e l’ho visto prendere questa strada. Forse è entrato qua dentro, aveva un berretto, devo controllare.

PINEI – Per controllare ci vuole un permesso. Ce l’ha?

POLIZIOTTO – No, ma…

PINEI – Allora gnint da fà. Ho ospiti di riguardo che non voglio disturbare.

                     Allora niente da fare. Ho ospiti di riguardo che non voglio disturbare

POLIZIOTTO – Lei, dunque,  non vuole collaborare?

GRAZIA – Papà…

PINEI – Te va in lett, chèra. ‘G peins me.

                     Vai a letto, ci penso io.

POLIZIOTTO – Un momento. Signorina: chi è entrato negli ultimi cinque minuti?

GRAZIA – Io ero in cucina…

PINEI – Quindi l’ha vist ansoin. Va Grasia, va. (Grazia esce per la cucina)

                     Quindi non ha visto nessuno. Vai Grazia, va. (Grazia esce per la cucina)

POLIZIOTTO – Mi dica lei, allora: chi è entrato qui ultimamente?

PINEI – Donca, l’ultma persona ch’è vegn deintar…

Dunque, l’ultima persona che è entrata…

SCENA XIII

VITTORIA – (dalle scale) Me i om ià capiss mia po’! ‘L m’ha pagà, ‘l m’ha ditt da andà e intant ‘l guardàva in d’l mé armari! (Vede il polizotto)  Oddio! (dietrofront)

                         (dalle scale) Io non li capisco più gli uomini! Ha pagato, mi ha detto di andare e guardava nell’armadio! (Vede il polizotto)  Oddio! (dietrofront)

POLIZIOTTO – La signora chi è?

VITTORIA – (si blocca) Povar me, la Celere!

                     (si blocca) Povera me, la pula!

PINEI – Ehm..la signora è….mia moglie!…si, mia moglie…

POLIZIOTTO – (guarda la foto sul muro)

PINEI – (indicando la foto)  La povera mamma…ehm

POLIZIOTTO – Signora, lei ha visto entrare un uomo poco fa? Berretto, vestito scuro, fare sospetto?

VITTORIA – Sospetto? Ma si!

POLIZIOTTO – Si?!

VITTORIA – Cioè no, ma cos digghia! Nessuno, per la verità, vero Pinino?

                     Cioè no, ma che dico! Nessuno, per la verità, vero Pinino?

PINEI – Si Vittorina, l’ho belle che ditt.

                     Si Vittorina, l’ho già detto.

VITTORIA – Po, in qull momeint ché, abbiamo solo DELLE ospiti, donne, vero Pinei?

PINEI – Si, donne. E un  monsignore. E non credo che lui…

POLIZIOTTO – Un monsignore?! Niente di meno!

PINEI – E’ in incognito.

POLIZIOTTO – E tutte quelle donne, che ci fanno qui?

PINEI – Affari personali. Disgrazie, credo…

POLIZIOTTO – (Avvicinandosi) Non si faranno…traffici mercenari, spero!

VITTORIA – Ma che dice? Ci abbiamo la faccia?

POLIZIOTTO – Comunque io resterò nei paraggi. L’ho visto in faccia, non mi sfuggirà. E se voi coprite qualcuno…(li guarda minaccioso, pausa)  Buonasera! (esce)

PINEI – A lei, agente.

VITTORIA – Buonasera…(a Pinei) L’ho sentì da l’odor ‘c l’era un borlandott. (Sognando) L’è bei sta bell, pr’un attim ‘m sum sentì una siora….! Comunque, voin un po’ sospett l’ho compagnà

                        me in camra. ‘L m’ha datt i sood e ‘l m’ha mandà via.  intant ‘l d’occiàva ì mé vistì: ‘l sarà                    

                  mia 'l ladar?

                     Buonasera…(a Pinei) L’ho sentito dall’odore che era un poliziotto. (Sognando) Ah, che bello, per un attimo mi sono sentita una signora….! Comunque, uno sospetto l’ho portato io in camera. Mi ha pagata e mi ha mandata via. E intanto guardava  i miei vestiti: non sarà il ladro davvero?

PINEI – Vag a veed, va. Me voi mia avigh a che fà coi delinqueint. Qusta l’è una pension seria. (Pinei e Vittoria si guardano e scoppiano a ridere)  Si ecco…(esce dalle scale)

                     Andrò a controllare. Non voglio avere a che fare con dei delinquenti. Questa è una pensione seria. (Pinei e Vittoria si guardano e scoppiano a ridere)  Si ecco…(esce dalle scale)

VITTORIA – Andrò a veed la situazion. Lelù l’è bon da scombossolàm la piazza (fuori)

                     Andiamo a vedere la situazione.Quello lì mi rovinerà la piazza (fuori)

SCENA XIV

(Scende una strana figura dalle scale: è Iacam, il ladro, travestito da donna con i panni di Vittoria.Ha il berretto sopra la parrucca.  Va verso la porta esterna inciampando e perdendo le scarpe, sbircia fuori, vede il poliziotto, torna su incrociando Pinei per le scale)

IACAM – (con voce baritonale) Bonanott! (sparisce)

PINEI – (scambiandolo per Natalina) Buonasera…Ci serve qualcosa?  Spetta spetta ragassa, che ‘l Carlo ‘l riva! Bein, me ho vist ansoin.

              (scambiandolo per Natalina) Buonasera…Serve qualcosa? Eh.. aspetta pure , che Carlo arriva! Be’, io non ho visto proprio nessuno.

POLIZIOTTO – (rientra trascinando Vittoria)  Ho accompagnato dentro sua moglie: è sconsigliato stare fuori a quest’ora.

VITTORIA – L’ è tant gentil qull sior ché!

                     Che signore gentile!

PINEI – Grassia, grassia…

GRAZIA – (dalla cucina) M’et ciamà, papa?

                             Mi hai chiamata?

PINEI – Ma no…(mentre  parlano tutti assieme  in crescendo ) MA COS G’HA DA SUCCED ANCORA INCO?

                     Ma no…(mentre  parlano tutti assieme  in crescendo ) MA COSA DEVE SUCCEDERE ANCORA OGGI?

s   i   p   a   r   i   o

fine  del 1^ atto

A    T    T    O    II°

Stessa scena del I° atto.

E’ notte. Le luci della scena sono basse,

All’apertura del sipario, Pinei sta riponendo qualcosa dietro il bancone.

Sbuffa, scrollando la testa: pensa alla strana situazione che si è creata nella sua

pensione.

SCENA I

PINEI – Sperum che adess i sian tutt a post. Ma che giornà! (Si avvicina alla porta esterna) Tanto più che c’è la legge che vigila. Buonasera agente. (rientra) E bonanott!.

                 Carlo e l’àtar i’enn gnammò vegn indré, ma zà tant ’l Carlo ‘l g’ha la ciàv, lui è di casa qui…e cla povra ragassa là c’l  l’aspetta: mah, che mond!

                     (fa per andare verso la cucina)

                     Speriamo sia tutto a posto. Ma che giornata ! (Si avvicina alla porta esterna) Tanto più che c’è la legge che vigila. Buonasera agente. (rientra) E buonanotte!

                     Carlo e quell’altro non sono ancora tornati, ma tanto  Carlo ha la chiave, lui è di casa qui…e quella povera ragazza l’aspetta:  mah, che mondo!

                     (fa per andare verso la cucina)

IACAM – (scende sempre travestito, col berretto in testa e una  parrucca rossa  in mano, con molta circospezione si affaccia alla porta d’ingresso, vede il poliziotto e scappa indietro; inciampa in una poltrona, bestemmia sottovoce)

PINEI – (ha sentito un rumore) Ma chi gh’è?…(Iacam si mette la parrucca rossa, non più bionda come prima) Ma quand ela vegn deintar? Vorivla una camra?

                         (ha sentito un rumore) Ma chi c’è?…(Iacam si mette la parrucca rossa, non più bionda come prima) Ma quando è entrata? Desidera una camera?

IACAM – Eh?

PINEI – Vorivla una camra, par chès?

                     Desiderava una camera?

IACAM – E…no…

PINEI – Allora la s’è sbaglià, l’accompagn a la porta.

                     Allora ha sbagliato posto, l’accompagno alla porta

IACAM – (visto il pericolo) Cioè, si!

PINEI – ‘M dispiaz, siamo al completo: l’accompagno.

                     Spiacente, sono al completo, l’accompagno.

IACAM -  (resistendo) No!!

PINEI – Oh si (c.s.)

IACAM – (determinato) Me poss mia andà via.

                                        Non posso andarmene da qui.

PINEI – (divertito) E parché?

IACAM – Lu ‘l g’ha da tegn’m ché.

                     Mi deve tenere qui

PINEI – Vlontera, ma savriss mia in che manera…

                     Volentieri, però non saprei come fare…

IACAM – (tenendo d’occhio la porta) Ma g’hal mia un po’ ‘d cor, parbacco!

                                                                   Non ha un po’ di compassione, perbacco?

PINEI – Cos gh’eintra?

                Cosa c’entra la compassione

IACAM – C’l ma guarda: un povr om!

                     Mi guardi: un povero uomo…

PINEI – Chi?

IACAM – Cioè, no, una povra donna voriva dì…(inventando) abbandonà da tutt, seinza màr, seiza pàr, seinza una cà, seinza pace.

              Cioè, no, una povera donna volevo dire…(inventando) abbandonata da tutti, senza madre, senza padre, senza una casa e senza pace.

PINEI – Magari anca seinza sood.

                     Anche senza soldi?

IACAM – No, ‘ghi ho. ‘M manca tutt ‘l rest, però.  ‘L pool mia mandàm via.

                     No, ce li ho. Mi manca tutto il resto, però. Non può mandarmi via.

PINEI – Ma gl’ho belle che ditt, ‘m para, ‘ca poss mia.

                     Mi pare di averglielo già detto che non posso.

IACAM – Bein, allora c’l sappia , lu, ‘l garà in s’la cosinza un delitt!

                     Allora lei deve sapere che avrà sulla coscienza un delitto!

PINEI – Ma cos dizla?

                Cosa intende dire?

IACAM – Ma dabon!  Mé marì ‘l ma serca…

                     Oh si! Mio marito mi sta cercando…

PINEI – Allora un marì ‘g l’ha.

                     Dunque un marito ce l’ha.

IACAM – Si, ma s’l ma càtta ‘l ma màssa!

                     Si si, ma se mi trova mi ammazza!

PINEI –Oh adess!

               Ma figuriamoci!

IACAM – (guarda fuori dove c’è il poliziotto) Ma cos spett’l a andà via?

                                                                             Cosa aspetta ad andarsene?

PINEI – In dov g’ariss da andà, siora, sum  a cà mia.

                     Dove dovrei andare, sono a casa mia

IACAM – Ma mia lu…qull sior là (indica verso la porta)

                     Non lei…quel signore là fuori

PINEI – ‘L poliziott?! 

                 Il poliziotto?

IACAM – Ma si, ma si.

PINEI – Volal dì, che qull sior là….’l sariss…?

                     Vuol dire che quel signore, sarerebbe…?

IACAM – Mé marì!   (piano) …L’ha zurà che s’l ma càtta ‘l ma piànta una cortlà in d’la pansa! Povra mé!

                Mio marito!   (piano) …Ha giurato che se mi trova mi molla una coltellata in pancia! Povera me!

PINEI – (confuso) Però lu ‘l m’ha ditt che’l sercàva un lèdar…

                             Però lui mi ha detto che era sulle tracce di  un ladro…

IACAM – Macché! L’è vegn par me. Po ‘l farà costà ‘c l’è sta un incideint, lu l’è ‘d la polizia, figurumsa. ‘L m’arà vist ché d’attoran e ‘l molla mia..

              Macché! E’ qui per  me. Poi farà credere che è stato un incidente, lui è della polizia, figuriamoci. M’avrà visto qui attorno e non molla....

PINEI – Ma custa l’è bella!

                     Ma che storia!

IACAM – C’l m’ aiuta, par piazer,  c’l la fagga almeno pr’i me fio!

                     Mi aiuti, per favore, lo faccia almeno per i miei figli!

PINEI – La g’ha anca di fio?

                     Ha dei figli?

IACAM – (annuisce) Dodas (12)! Povar i mé orfanelli!

PINEI - …E parché volla massàla?

                     E perché vuole ucciderla?

IACAM – Parché…parché…Parché voi mia dag’n un atar!  Lu ‘l s’è ingelosì, l’ha ditt che me g’ho ‘l bell, l’è dvintà matt…La supplico…

             Perché…perchè…perché non voglio dargliene un altro!  Si è ingelosito, dice che ho l’amante, è impazzito…La supplico…

PINEI – E adess ma fummia? L’unic post libar l’è con me!

                     Come si può fare? L’unico posto libero è con me!

IACAM – (baritonale)  Ah no!

PINEI – Chi ha parlà? (si guarda attorno)

                     Chi ha parlato?

IACAM – Dziva, c’m par mia ‘l chès…

                     Dicevo, non mi sembra il  caso…

PINEI - ..o se no…

IACAM – Se no?

PINEI – ‘G sariss la camra d’la Vittoria, ma cmé fagghia? Va bein che stasira ormai par le l’è anda buza, con la lù piantà ‘d fora…quàsi quàsi…

                     Ci sarebbe la camera della Vittoria, ma come faccio? Va be’ che stasera ormai non  combina più nulla, con la sentinella appostata fuori…quasi quasi…

IACAM – Accetto.

PINEI – Ho gnammò ditt ‘d si.

               Non ho ancora detto di si

IACAM – Basta c’l sa mova!

                   Si muova, per favore!

PINEI – Va bein, va bein, sperum ca vagga tutt bein. Ecco la chiave, camera 10, a destra.

                     D’accordo, d’accordo e speriamo in bene. Ecco la chiave, camera 10, a destra.

IACAM – So dov’è.

PINEI – Prego?..Gh’è deintar ‘d la roba, c’l la tucca mia, ala capì?

                     Prego?..ah, non tocchi la roba che c’è dentro, capito?

IACAM – Salvatore!

PINEI – E dai con sto Salvatore.

SCENA II

VITTORIA – (da fuori accompagnata dal poliziotto)  Par piazer, vag ancora da par me.

                                                                                    Per favore, so andare da sola.

IACAM – (vola di sopra, inciampando)

PINEI – Dudas fio? Me l’ariss toccà gnan con la pònta d’un furcon.

                     Dodici figli? Non l’avrei toccata nemmeno con la punta di un forcone.

POLIZIOTTO – Mi sembra di averle già detto che non deve star fuori a quest’ora: è pericoloso.

VITTORIA – Ma cos gh’interessa a lu? Me g’ho bisogn d’ària! Sono asmatica, anzi tisica, vala bein? (tossicchia)

                     Ma cosa importa a lei? Ho bisogno d’aria! Sono asmatica, anzi tisica,  non vede? (tossichia)

POLIZIOTTO – ( a Pinei) Non è capace di tenersela vicina, sua moglie?

PINEI – (sogghignando) La ma scappa seipar…però anca lu, vera…?

                             Mi scappa sempre…però anche lei, vero…?

POLIZIOTTO – (faccia  a faccia) Cosa intende?

PINEI – Intendo dire che ogni tanto le mogli scappano… E dill voot variss  gnan la pena da sercàia…

             Intendo dire che ogni tanto le mogli scappano… E qualche volta non varrebbe neanche la pena di andarle a cercare…

POLIZOTTO – (taglia corto) La tenga dentro. Ho idea che qui si pesca nel torbido.

PINEI – Par carità! G’ho una grama canna, appena appena…

            Par carità! Ho una canna che non vale niente, appena appena

VITTORIA – E in disarmo.

POLIZIOTTO – Eppure son convinto che è entrato qui.  Se scopro che mi avete mentito, io…(li guarda minaccioso)  Vedremo! (esce all’esterno)

VITTORIA – Ma che condànna, lelù. Prima g’ho ditt ‘c spettàva ‘l tram. Adessa ca ciappàva una boccà d’aria: l’ha fatt e ditt ‘c ‘l m’ha rovinà la giornà. Sa, andrò in camra a sistemam…

                    

                     Ma che condanna, quello. Prima gli ho detto che aspettavo il tram. Ora che prendevo una boccata d’aria: ha detto e fatto che mi ha rovinato la serata. Be’, andrò in camera a sistemarmi.

PINEI – No…’s pol mia.

              No….non si può

VITTORIA – Oh bella, e parché?

PINEI - …L’è occupà.

                     E’…occupata

VITTORIA – Ma s’erma mia d’accordi acsé!

                     Avevamo un accordo

PINEI – Vittoria, un caso disperato.

VITTORIA – Possà che me?

                     Più di me..?

PINEI – Un disast’r: seinza mar, né par, seinza cà, dodass ragass..

                 Un disastro: senza madre, né padre, senza casa, dodici figli.

VITTORIA – Oh la peppa!

PINEI – Po, povreina, brutta cmé un fulmin! E con una vuuz tutta gargaìnta, ma non sul…l’è la moier ‘d qull là! (indica la porta esterna)

             Poi, poverina, brutta come un fulminasso! E con una voce stridula, ma per di più…è la moglie di quello là fuori! (indica la porta esterna)

VITTORIA – D’l burlandott?!

                     Del Poliziotto?!

PINEI – Si. Para che lu  ‘l sia mia ché pr’l delinqueint, ma par le: la vool massà!

                     Si. Sembra che lui non sia qui per il ladro, ma par lei: la vuole uccidere!

VITTORIA –  Ma, un momeint: la vorrà mia  mett’s a fam la concoreinza, par chès? Con i appogg c’la g’ha..!

                     Addirittura! Ma, un momento: Non vorrà farmi concorrenza, per caso? Con i suoi appoggi….!

PINEI – Csé ho pensà: la Vittoria stasira la fa poc affari sicur..e me sum anca possà conteint.

   Così ho pensato: Vittoria stasera  fa pochi affari di certo...e io ne sono anche contento...

VITTORIA – Brao! E adess in dov vagghia? Fora poss mia andàg, deintar poss mia stàg…!

                     Bravo! E adesso dove vado? Fuori non posso stare, dentro nemmeno…!

PINEI – Dabon, cmé fummia?

                     Vero, come si fa adesso?

VITTORIA – Gnarò a dor’m con lù.

                     Verrò a dormire da lei.

PINEI – Cla seinta, fum una roba: ciapp la Grasia con me e le la dorma in dla so camra.

                     Ascolti, facciamo così: prendo la Grazia con me e lei dorme in camera sua.

VITTORIA – Ma vèda che casott!

                     Ma che confusione!

PINEI – Vedum da tirà fein a dman mattein, almeno.

                     Cerchiamo di arrivare fino a domani, almeno.

VITTORIA – Certo che lu, Pinei,  l’è propria un benefattore: me…l’aspusariss!

                     Certo che lei, Pinei,  è proprio un benefattore: io…la sposerei!

PINEI – Cla vagga, prego, dopo di lei (escono per la cucina).

SCENA III

IACAM – (scende, sempre travestito, guarda fuori e, visto libero, sguscia dalla porta )

POLIZIOTTO – (lo insegue, lo prende e l’accompagna dentro) Ma cos’avranno queste donne stasera? Vogliono tutte star fuori.

IACAM – (si copre alla meno peggio il volto con i capelli)

POLIZIOTTO –Non sta bene che una signora stia fuori di notte, di questi tempi.

IACAM – (con voce falsata) Grazie, ero sonnambula…

POLIZIOTTO – Ma….non ci siamo già visti da qualche parte, io e lei?

IACAM – Non credo…ma chissà, forse a teatro, io canto…(mentre si avvia per le scale intona una romanza, inciampa e cade: acuto)

POLIZIOTTO – Questo posto mi piace sempre meno (esce all’esterno)

SCENA IV

PIERA – (dalle scale, incrocia Iacam per terra) Ma cos àla fatt? Gh’è vegn un balordòn?

                 E parché cantàvla? Ela ciucca? (aiuta Iacam ad alzarsi) E’ un’ospite anche lei? Io sono di passaggio, passo e poi vado.

             (dalle scale, incrocia Iacam per terra) Ma che le succede? Le è venuto un capogiro? E perché cantava? E’ ubriaca? (aiuta Iacam ad alzarsi) E’ un’ospite anche lei? Io sono di passaggio, passo e poi vado.

IACAM – Anca me, sper!

                     Anche io, spero!

PIERA – Stàla mia bein? La g’ha una fassia…

                     Non sta bene? Ha una faccia brutta…

IACAM – Parché la sua ela bella abòta? (va di sopra)

                     La sua sarebbe una bella faccia? (va di sopra)

PIERA – (dopo un attimo di sorpresa) Sarò mia bella, ma sum educà! Ma seinta che roba la gint ‘d città! (rivolta alle scale) In ogni chès, possà bella che la sua sicur, brutta fassia d’omasson brutt!

                 (Si serve un cicchetto al bancone e beve) Adess ‘m mettarò ché (su una poltrona seminascosta) par veed se l’am pàssa: ho mangià tropp salam! Quand a tacc sum mia bona da lassà lé: g’ho una bocca! (si schiaffeggia la bocca per punizione, poi si sistema meglio sulla poltrona, sbadiglia)  Che pesantezza! So mia sa sarò bona da dor’m…(dopo due secondi russa già).

                     (dopo un attimo di sorpresa) Non sarò bella ma sono educata! Ma senti un po’ la gente di città! (rivolta alle scale) Certamente più bella della sua, brutta faccia da omaccione brutto!

                     (Si serve un cicchetto al bancone e beve) Adesso mi metto qui  (su una poltrona seminascosta) vediamo se mi passa: ho mangiato troppo salame! Quando comincio non smetto più: ho una gola! (si schiaffeggia la bocca per punizione, poi si sistema meglio sulla poltrona, sbadiglia)  Che pesantezza! Non s se riuscirò a dormire…(dopo due secondi russa già).

IACAM – (scende le scale pian piano, si siede sconsolato, si toglie la parrucca e si fa vento; si sentono delle voci all’esterno; se la rimette malamente e si nasconde come può).

SCENA  V

GIOVANN – (leggermente brillo) Stum bein grassia, tropp gentil, grassia…

                              (leggermente brillo) Stiamo bene, grazie, troppo gentile, grazie…

CARLO – Sum rivà, grassia (un po’ alticcio anch’egli)

                     Siamo arrivati, grazie grazie

POLIZIOTTO – (spingendoli dentro)  Che gente! (ritorna fuori)

GIOVANN – Gh’è mia po la siora ‘c gh’era prima.

                     Non c’è più la signora di prima?

CARLO – Che mangiàda…! E che buvida! G’ho la testa ‘c la pesarà un quintal…

                     Che mangiata…! E che bevuta! Ho la testa pesantissima…

GIOVANN – Ho speez, veh, ma ‘m sum tant divertì!

                     Ho speso, sai, ma mi sono proprio divertito!

CARLO – Ssst, vuza pian ch’è mezzanott.

                     Ssttt, urla piano, è mezzanotte.

GIOVANN – Ma cos m’interessa me che or é. Gh’è mia ‘c la sgionfadora ‘d mé moier pr’i pé…spetta: Piera, toh! (fa un gesto di scherno)

                     Ma cosa m’importa di che ora sia. Non ho quella seccatrice di mia moglie tra i piedi…Guarda un po’: Piera, toh! (fa un gesto di scherno)

PIERA – (sbuffa nel sonno)

IACAM – (tenta di scivolare di sopra, ma…)

GIOVANN  - (lo vede) Vèda che fortoina! (Lo prende per un braccio) In dov vat, bellessa?

                     (lo vede) Guarda che fortuna! (Lo prende per un braccio) Dove vai, bellezza?

IACAM – (tra i denti) Lass’m andà!

                                      Lasciami!

GIOVANN – Et mai stà al Boscon? Ma in dov vat?

                     Sei mai stata al Boscone? Dove vai?

CARLO – Me g’ava un appontameint! La peppa…oh la mé testa ..(si avvia per le scale) Amore mio, dove sei…? (esce)

               Ma io avevo un appuntamento! La peppa…oh, la mia testa ..(si avvia per le scale) Amore mio, dove sei…? (esce)

SCENA VI

GIOVANN – (a Carlo, tenendo sempre Iacam) E bein? ‘M piantat ché da par me?

                   (A Iacam) Vé ché dal to Giovannon, ca l’è tanto solo. Dammi un bacino, boccuccia di rosa.

                         (a Carlo, tenendo sempre Iacam) E allora? Mi lasci da solo?

                         (A Iacam) Vieni dal tuo Giovannone, che è tanto solo. Dammi un bacino, boccuccia di rosa.

IACAM – Tegna zù ‘l man!

                     Giù le mani!

GIOVANN – Dai so, a la fassia ‘d mé moier! (ride da solo)

                     Dai, dai, alla faccia di mia moglie!

IACAM – Tegna a post ‘l man, manzolar!

                     Giù le mani, mandriano!

GIOVANN – Ohi, bella di notte! Non costringermi a prenderti con la forsa, ca tant lucch ‘l sum mia. Parché sa t’ é ancora in gir ‘d nott, un motiv ‘l gà sarà o no? Bellezza al bagno! (fiutandolo) Però ‘l bagn ‘t podiv anca fat’l, ta spuzz ‘d tabacch tamme un turch!

                     Ohi, bella di notte! Non costringermi a prenderti con la 'forsa',  io non sono scemo. Perché se sei ancora in giro di notte un motivo ci sarà, o no? Bellezza al bagno! (fiutandolo) Il bagno, però, potevi anche fartelo, puzzi di tabacco peggio di un turco!

IACAM – E te ‘t gh’è un fià ‘ c ‘t mein  un orb a Roma.

                     E tu hai un alito che potresti far trovare la strada per Roma a uno cieco

GIOVANN – Vé ché!

                     Vieni qui!

IACAM – No!

GIOVANN – E vé ché…  

                        E vieni qui…

IACAM – Va via, t’ho ditt!

GIOVANN – (implorando) Un basein…

                                                Un bacino…

IACAM – Ho ditt ‘d no, oh bèla!

                     Ho detto di no, capisci o no?

GIOVANN – Appena voin e po ‘t lass andà.

                     Uno solo e poi ti lascio andare

IACAM – (ci pensa su un attimo)  Appena voin?

                                                      Uno solo solo?

GIOVANN – Si …

IACAM – Po ‘t ma lass andà?

                     Prometti che poi mi lasci andare?

GIOVANN – Parola! (si prepara, chiude gli occhi)

IACAM – Pronto?  Eccolo! (gli dà un ceffone e scappa su per le scale)

GIOVANN – T’è cattà qull giust! (lo rincorre, esce dietro a Iacam)

                     Hai trovato quello giusto!

SCENA VII

PIERA – (si sveglia di colpo) Che insogn! Ho sogna mé marì con un’atra donna…!

                 (si scuote) Che locca ‘c sum, povrein, lù l’è da so sorella malà, è propria vera che i sogn i vann a l’arversa

                 (si massaggia lo stomaco)  ‘M sum cargà tropp…ma pariva propria chi’ì fissan ché, èda che schèrz!

                 (si alza e cammina) E la mé Natalina, in dov sarala?  (si pone di fronte alla foto della moglie defunta di Pinei) Madonna, aiutam te a cattàla…e fam digerì, se no sciopp! (la guarda bene) Che Madonna saràla custa, l’ho mai vista, boh. Spetta ca ciapp una boccà d’aria…(va alla porta, ma arriva subito l’agente) Ohi, ohi, ma cos pont’l?

                       (si sveglia di colpo) Che incubo! Ho sognato mio marito con un’altra donna…!

                     (si scuote) Che sciocca, poverino, lui è da sua sorella malata, è proprio vero che i sogni vanno al contrario.

                     (si massaggia lo stomaco)  Ho mangiato troppo…Però, sembravano proprio qui, guarda un po’ che roba!

                     (si alza e cammina) E la mia Natalina, dove sarà?  (si pone di fronte alla foto della moglie defunta di Pinei) Madonna, aiutami tu a trovarla…e fammi digerire, altrimenti scoppio! (la guarda bene) Che Madonna sarà: non l’ho mai vista, boh. Andrò a prendere una boccata d’aria fresca…(va alla porta, ma arriva subito l’agente) Ohi, ohi, ma cosa spinge?

POLIZIOTTO – Cosa fa sulla porta?

PIERA – Ma c’l ma lassa to un gonòn d’aria, parbacco, am vegna da trà so!

                     Mi lasci prendere una boccata d’ossigeno, perbacco, mi viene da vomitare!

POLIZIOTTO – Ma guàrda! Devono tutte prendere una boccata d’aria le donne di questo posto. Scommetto che si fa del commercio carnale.

                

PIERA – Carnale?! C’l guarda che me sum mia una maslèra, me lavor la terra.

                     Carnale?! Guardi che io non faccio la macellaia, lavoro la terra.

POLIZIOTTO – Adesso casca dalle nuvole: come quelle che portiamo in questura.

PIERA – Ah, ma allura l’è un borlandott! E donca  ‘c ‘l lassa perd me  e c’l serca la mé Natalina, invece!

            Ah, ma allora lei è un poliziotto! Dunque lasci perdere me e cerchi  la mia Natalina, invece!

POLIZIOTTO – Un’altra del giro?

PIERA – La sarà in gir sicur, povra le mé fiola: l’è scappa da cà!

Sarà in giro certamente, povera la mia figliola: è scappata da casa!

POLIZIOTTO – Che roba! E stia attenta: c’è in giro un borsaiolo.

PIERA – Ah si? Ma me ‘l ma  frega mia: me tegn i sood ché (indica tra i seni), ‘l  g’ha da mettag la man, parbacco!

             Ah si? Me non mi frega:  tengo i soldi qui (indica tra i seni), ci deve mettere la mano, perbacco

POLIZIOTTO – Stia dentro. E se vede qualche faccia sospetta mi chiami (esce scrollando la testa).

PIERA – Sospetta? N’ho vist fein a dess. L’è propria vera: piazintein làdar e assassein! (inforca le sale ma si scontra con Carlo)  El imbariàg?  (esce)

               Sospetta? Ne ho viste... E’ proprio vero il detto: piacentini, ladri e assassini! (inforca le sale ma si scontra con Carlo)  E’ ubriaco?  (esce)

SCENA VIII

CARLO – (è un po’ intontito; gira a caso per la hall tentando di nascondersi; infine trova un angolo semibuio)

NATALINA – (veloce dalle scale) Vé ché, mascalzòn! In dov el andà a finì? (lo cerca) Scappa mia…(lo vede) Talché!

                       (veloce dalle scale) Vieni qui, mascalzone! Dove è andato? (lo cerca) Non scappare…(lo vede) Eccolo!

CARLO – Natalina…!

NATALINA – Si, sum propria la Natalina (si alza la veletta)

                     Esatto, sono proprio Natalina

CARLO – (con finta aria indifferente) E come mai qui, Natalina? (inciampa, è brillo)

NATALINA – Ma guardat, t’è gnan bon da sta in pé. Chissà cos t’è fatt fein a dess! Chissà che bella compagnia t’è frequentà.

                     Ma guardati, non stai neppure in piedi. Chissà cos’hai fatto fino ad ora! Chissà che belle compagnie frequenti.

CARLO – Ma no, un piatt d’anvein…con un om ansian, vèda…

                     Ma no…un piatto di tortellini…con un uomo anziano…

NATALINA – Un sporcacion pezz che te!

                     Uno sporcaccione peggio di te!

CARLO – … e cmé mai?…  

                       E..come mai…?                                                            

NATALINA –  E zà: “m’ala fatt a cattàm” ‘t pensarà?

                     E già: “come ha fatto a pescarmi” penserai?

CARLO – Propria!…cioè, no…

NATALINA – Un  colp ‘d fortoina! E ringrazi ‘l Ciel c’l m’ha fatt capità ché in dov  ‘t gh’è tutt i to maneggiameint.                                                                

                      Un  colpo di fortuna! E ringrazio il Signore che mi ha fatto capitare qui, dove hai tutti i tuoi intrallazzi.

CARLO –Ma cos ditt?

                     Ma che dici?

NATALINA – ‘L so cos a digh! T’er bein galante con la siora con la veletta : aspettav’t un’atra povra cuiòna cmé me?

                         So bene cosa dico! Eri molto galante con la signora con la veletta : aspettavi un’altra povera scema come me?

CARLO – Natalina…(ciondolando) lass’m andà in lett ca sto mia bein. N’in parlum adman

                     Natalina…(ciondolando) Fammi andare a letto, che non sto bene. Ne parliamo domani.

NATALINA – E no, ‘l mé bell ruffian! N’in parlum subit.

                     E no, caro il mio ruffiano! Ne discutiamo subito.

CARLO – Ma che fressa a gh’è? E cos gh’è da discut?

                     Ma che fretta c’è? E cosa c’è da discutere?

NATALINA – Oh, ‘g n’è!!

                     Ohh, ne abbiamo!

CARLO – Vuza mia chi vegnan fora tutt.

                     Non urlare, svegli tutti.

NATALINA – Magàri! Ah, se mé pàr (padre) ‘l fiss ché!

                      Magari! Ah, se mio padre fosse qui!

CARLO – Va te da lù, no?

                     Vai tu da lui, semplice, no?

NATALINA – E no! Sum ché e sto ché, con te!

                     E no! Sono qui e sto qui, con te!

CARLO – (in un attimo di baldanza) E parché g’arissia da tegn’t chè?

                     (in un attimo di baldanza) E perché dovrei tenerti qui?

NATALINA – (di fronte, con aria di sfida) Parché sum scappà da cà!

                                             Perché sono scappata da casa!

CARLO – Con la correra ‘s fa anca prest a torna indrè.

                     Con la corriera si fa presto anche a tornarci

NATALINA – E sum anca…incinta!

                     E sono anche …incinta!

CARLO – Cosa?!…(Natalina assente) No no, ‘t fa apposta, ta schèrz, te ‘t vo spavintàm…

                     Cosa?!…(Natalina assente) No no, tu scherzi, lo fai apposta per spaventarmi…

NATALINA – Seinta un po’ chè! (gli prende una mano e se la posa sulla pancia)

                     Senti un po’!!

CARLO – Ahhh!! (la ritira spaventato)

NATALINA – E ‘l ciàma: papà, papà!

                     Chiama:papà, papà!

CARLO – (timidamente) Si…ma m’s fa a dì…

                                       Un momento, come si fa a dire che..,

NATALINA – (incedendo minacciosamente)  Prova un po’ a diil…!!

                                                                     Non provarci, sai!!

CARLO - … ‘S fa tant prest, dill voot…

                     …A volte, la fretta, ci si sbaglia…

NATALINA – Che coragg’! Farabutto!

IACAM – (scende le scale , travestito e tutto discinto per lo scontro con Giovann)

NATALINA – Siora, cla seinta, si, propria lé, ca l’m aiuta, par piazer. Ho bisogno di un testimone.

                     Signora, senta un po’, si, proprio lei,  mi aiuti per favore. Ho bisogno di un testimone.

IACAM – Ma poss mia, g’ho un appontameint…

                     Non posso, ho un appuntamento..

NATALINA – Allora ciam la polizia!

                     Allora chiamo la polizia!

IACAM – NO!…(poi con voce più dolce)  E  pian con la polizia, parbacco! Cos gh’è?

                                                           Andiamoci piano con la polizia. Cosa succede?         

NATALINA – Le ‘c l’è una donna l’ m capirà.

                     Lei che è donna, mi capirà.

IACAM – Chi?

NATALINA – Ma le, no?   

                           Lei, no?

IACAM – Ah si, par forsa…(si guarda)      

                  Ah si..per forza, conciato così…

CARLO – Io nego tutto.

NATALINA – Chelù l’ha approfittà ‘d me e adess ‘l vol trèm via tamme una pezza da pé, ala capì? (commossa)

                     Costui ha approfittato di me  e adesso vuole buttarmi via come una pezza da piedi, capisce? (commossa)

IACAM – Oh! Che delinqueint!

NATALINA – Capissla in ché situasion a sum?

                     Capisce in che situazione mi sono trovata?

IACAM – Spaventosa.

NATALINA – E sum anca scappa da cà….parché…(biascica le parole per la vergogna) …  attendo…

                     E sono anche scappata da casa….perché…(biascica le parole per vergogna) …  attendo…

IACAM – (la guarda, poi)  Mia ‘l tram, vera?

                                           Non il tram, vero?

NATALINA – (fa cenno di no)

CARLO  – Fantasie di donna…

NATALINA – Sum scappà par la vergogna! Mé mar, povra donna, la sarà dasprà chèvsa mia. Mé pàr ‘l sarà belle che mort ‘d crapacor! E lù (indica Carlo) lù adess ‘l nega, ‘l vool gnan ved’m…Che disgrazia !

                 (si appoggia a Iacam, commossa) Gnan aviss rubà!

                 (Anche Iacam si commuove) Cla guarda c’ag s’è movì la patnadura.

                     Sono fuggita per  la vergogna! Mia madre, povera donna, sarà disperata causa mia. Mio padre sarà morto di crepacuore! E lui  (indica Carlo) Lui adesso nega tutto e non vuole neppure vedermi…Che disgrazia !

                     (si appoggia a Iacam, commossa) Neanche avessi rubato!

                     (Anche Iacam si commuove) Guardi: le si è mossa la pettinatura

IACAM – Ah grazie…E  sariss qull sior ché…?

                     Grazie…e sarebbe costui che…

NATALINA – Si si…

CARLO – No no…

IACAM – Qull c’l vool mia sposàla?

                     Quello che non vuole sposarla?

NATALINA – Propria.

CARLO – ‘ G peins gnan!

                     Non se ne parla proprio !

IACAM  - No ?

CARLO – No no !

IACAM – (d’improvviso gli molla un ceffone che lo manda disteso su una poltrona)  Lestofante! Farabutto! Manigoldo! (ne dà un altro più un calcio)

CARLO – Vacca che botta!

NATALINA – Oh siora, lé l’m ricorda tant mé mar: lassa c’l la baza (che la baci)!

                     Oh signora, lei ricorda tanto mia madre: lasci che la baci!

IACAM – Ma cla fagga pur (lei lo bacia su una guancia). (Altro sganassone, altro bacio)

                     Prego, faccia pure

NATALINA – La fura anca tamme mé mar. Allora lei è testimone…

                     Punge anche, come mia madre. Allora lei è testimone

IACAM – Ma sicura, ho vist tutt!

                     Certo, ho visto tutto!

NATALINA – Grassia…

IACAM – Ma gnint, tra donn.

                     Di niente, tra donne…

CARLO – Cla seinta un po’ le…

                     Senta un po’ un momento, lei

IACAM – (Pedata negli stinchi a Carlo che zoppica vistosamente lamentandosi)

IACAM – E adess le cla vagga ‘d soar e anca lù, malvivente! In camra! E mettiv d’accordi pr’l matrimoni. Da ché ‘s va mia fora seinza una data!

             Ed ora signorina vada di sopra ed anche lei, malvivente! In camera! E accordatevi per il  matrimonio. Da qui non si esce senza una data!

NATALINA – Grassia, grassia. Però, par sicuressa, ciamum anca la polizia?

                     Grazie, grazie. Però, per sicurezza, chiamiamo anche la polizia?

IACAM – Ma no! ‘G sum belle ché me. La compagn fein ‘d soar, csé la chietta.

                     Ma no! Ci sono qua io. L’accompagno di sopra, così si calma.

NATALINA – (dandogli il braccio) L’è tanta bona lè.

                                               E’ tanto buona lei.                                          

IACAM – Anca lè, s’è appena par qust. (A Carlo) E c’l sa mova lù, se no orzo! Ma che bel tipo! (escono per le scale Iacam e Natalina)

            Anche lei, certamente. (A Carlo) E si muova, lei, altrimenti:  orzo! Ma che bel tipo! (escono per le scale Iacam e Natalina)

SCENA IX

GRAZIA – (in vestaglia, dalla cucina) Carlo…

CARLO – Grasia…

GRAZIA – Ma con chi parlavat?

                     Con chi stavi parlando?

CARLO – Oh Grasia chèra, s’t saviss…! (bugiardo) Gh’è ‘d la gint cl’ m vool mal…

                     Oh Grazia, cara,  se tu sapessi…! (bugiardo) Ci sono persone che mi odiano

GRAZIA – (preoccupata) Cos gh’èt? 

                                            Ma cosa c’è?

CARLO – (fingendo) G’ho ca sum po’ bon da dor’m.

                                   Non riesco più a dormire

GRAZIA – E cmé mai? Gh’èt la freva (febbre) ? (gli tocca la fronte)

                     Come mai? Hai la febbre?

CARLO – (esagerando) L’è ‘l coor…’l coor c’l sangona…(le prende una mano e gliela bacia)

                     (esagerando) No, è il cuore…che sanguina…(le prende una mano e gliela bacia)

GRAZIA – (la ritira spaventata)  Oh!

CARLO – (fisso negli occhi) …Par te…!

GRAZIA – (turbata) Ma Carlo…

CARLO – ‘L so cl’è mia ‘l momeint…(guarda trepidante verso le scale) ‘l so, ma me gl’à fagg po’!  Grasia, me voi sposàt!

               So che non è il momento…(guarda trepidante verso le scale) Lo so, ma non ce la faccio più!  Grazia, voglio sposarti!

GRAZIA – Cosa?! Ma mé pàr ‘l sarà mài d’accordi…

                     Cosa? Mio padre non sarà mai d’acordo

CARLO – E cos gh’eintra to par? Te ‘t m voot  bein, o no?

                     Cosa c’entra tuo padre? Tu mi vuoi bene, o no?

GRAZIA – Si, ma adess g’ho da studià, poss mia…

                     Si, ma prima devo studiare, non posso…

CARLO – (finge) Ecco, è mia vera c’t ma vo bein!

                       Ecco, non mi vuoi bene

GRAZIA – L’è mia vera!  

                     Non è vero!

CARLO – E allora ‘t gh’è da savì che gh’è d’ la gint cl’a vool rovinàm. Grasia, sposumas! To par l’andrà in pension, noi mandarum innans la baracca  e starum insema par seipar…

              E allora ‘sappi che qualcuno vuole la mia rovina. Grazia, sposiamoci! Tuo padre andrà in pensione, noi porteremo avanti la baracca  e staremo insieme per sempre…

GRAZIA – Carlo, ‘m piazariss…ma i mé studi…?

                     Mi piacerebbe, …ma i miei studi?

CARLO – L’adziva me! Ecco!

                     Appunto, lo dicevo io!

GRAZIA – Ma dì mia acsé, oh che confusiòn in d’la mé testa….

                     Non dire così, oh che confusione, la mia testa….

CARLO – Sa sposum ‘d nascost: to par ‘l dovrà accettà par forza! Basta ca fum prest! (guarda verso le scale) se no dveint matt!

               Ci sposiamo di nascosto: tuo padre dovrà accettare! Però facciamo presto! (guarda verso le scale) altrimenti impazzisco!

GRAZIA – Ma chi è c’t vo mal?

                     Chi ti vuole tanto male?

CARLO – (d’impeto la bacia, poi vede arrivare Pinei e vola a nascondersi).

SCENA X

PINEI – (dalla cucina, in tenuta da notte) Grasia, cos fat in pé?

                                                                 Grazia, cosa fai alzata?

GRAZIA – (estasiata) Eh?…So mia….ho sentì sona ‘l campan…

                                    Eh?...non so…ho sentito le campane..

PINEI – A cl’ora ché?

               A quest’ora di notte?

GRAZIA – Papà, sum bein confusa….(esce per la cucina quasi volando)

                     Papà, come sono confusa,,,

PINEI – Se t’è mia digerì, to la magnesia.

                     Se non hai digeito, prendi la magnesia

PIERA – (dalle scale, ha sentito le ultime parole) L’ho belle che toota, ma qull sgionfameint ché ‘l ma passa mia. (Va al bancone, si serve un cicchetto) E lù cos fal ché?

            (dalle scale, ha sentito le ultime parole) L’ho già presa, ma questo gonfiore non passa. (al bancone, si serve un cicchetto) Lei che ci fa qui?

PINEI – Voriva controlà la situasion, ma ho vist chi’s rangian tutt da par lur.

                     Volevo controllare la situazione, ma vedo che vi arrangiate benissimo

PIERA – C’l sa preoccupa mia: pagh tutt, me! Na lass mia di tinei (debiti) in gir. Me sum ‘d campagna, mia una piasinteina.                                       

               Non si preoccupi: pagherò tutto! Non ne lascio di debiti. Io vengo dalla  campagna, non sono certo una piacentina

PINEI – Bein, allora s’l’è belle che a post, poss anca andà. Bonanott (fuori dalla cucina).

                     Bene, visto che è già a posto, me ne vado. Buonanotte (fuori dalla cu

PIERA – Si, bonanott, ma ché ‘s dorma mia…Bein, ‘m mettarò ancora un po’ ché, vadrum se…(si sistema come prima, russa quasi subito)

            Si, buonanotte, ma qui non si dorme…Va be’, mi metterò qui ancora un attimo, vediamo se…(si sistema come prima, russa quasi subito)

SCENA XI

GIOVANN – (dalle scale con la tonaca del prete in mano, circospetto)

                 Carlo, Carlo…in dov et andà a finì?

                     Carlo, Carlo….dove sei finito?

CARLO – (dal suo nascondiglio)  Sssstt!

GIOVANN – (gli si avvicina con fare complice)  Carlo, l’et  mandà te?

                                                                         Carlo, l’hai mandata tu?

CARLO – Ma chi?

GIOVANN – Qulla ‘c dorma in d’l mé lett!

                     Quella che dorme nel mio letto!

CARLO – Ma so abotta, me!

                     Che ne so io?

GIOVANN – Gh’era cla vesta ché tràtta in sla scranna e qualcadoin in dal mé lett: me voriva dasdàla, vera, po ho ditt:  ma no,  povreina, l’è vedva! La va vistì tutta ‘d negar. E lutto stretto! E ‘m sum mia scallà (non ho osato)…(si siede  e appoggia la tonaca).

                

                 C’era questa sottana su una seggiola  e qualcuno nel letto. Volevo svegliarla, ma ho pensato:  no no,  poverina, è vedova! Veste in nero. E lutto stretto! Non ho avuto il coraggio …(si siede  e appoggia la tonaca).

SCENA XII

IACAM – (dalle scale, a Carlo) Vada che è atteso!

CARLO – (vola su per le scale)

IACAM – (molto circospetto va alla porta, vede il poliziotto, rientra, sbuffa, si siede senza avvedersene addosso a Giovann)  Ahhh!

GIOVANN – (cingendogli la vita) Te, però, t’è mia vedva!

                                                    Tu non sei vedova!

IACAM – Ma allora l’è un vizzi!

                     Ma è un vizio!!

GIOVANN – Vé ché pollastrella, divertum’s, che po’ ‘m toccarà da turnà da c’la rustigona ‘d mé moier!  Però anca te in quant a barba…

                     Vieni qui, pollastrella, divertiamoci , che poi mi toccherà tornare da quella rustica di mia moglie!  Però anche tu in quanto a barba…

IACAM – Ma che condànna! (cerca di svincolarsi)

GIOVANN – Te si ‘c t’è una siora, mia cla scarcassona ‘d la Piera!

                     Tu si, che sei una signora, non quel rottame della Piera!

PIERA – (apre un occhio)

GIOVANN – Dai là! Mandum via la vedva e ‘t vegn so te. Però po capita mia al Boscon, vèh,  se no l’t càva i occ’.

                     Dai là! Mandiamo via la vedova e vieni su tu . Però non venire mai al Boscone , altrimenti lei ti cava gli occhi.

PIERA – (crede di sognare, si tocca lo stomaco, richiude gli occhi)

GIOVANN – Guarda un po’ ché…(agita il portafogli), Con la bidràva (bietolona) ‘g dirò c’ho mia fatt affari e ià godom noi!

                        Guarda qui…(agita il portafogli), con la bietolona dirò che non ho fatto affari e ce li godiamo noi!

PIERA – (questa volta apre entrambi gli occhi, sussulta  e si mette in ascolto)

IACAM – (visto il portafogli, cambia atteggiamento)  Bein, vist i argomeint…

GIOVANN – Sèt ma la ciam me la Piera? Barbisona! Parché la g’ha du barbiiz (baffi) da fà invidia a Vittorio Emanuele. L’è mia feina cmé te: veda che bei cavì, i paran feint.

                    

                     Sai come la chiamo io la Piera? Baffona! Perché ha due baffi da far invidia  a Vittorio Emanuele. Non è certo raffinata come te: guarda che bei capelli, sembrano finti!

IACAM – Zù ‘l manass.

                     Giù quelle manacce

GIOVANNI- Le, in testa, la g’ha di chi cavì ch’i paran i spaghett dal numar seinqu (5)! (lo tocca) Seinta che pell!

                     Lei, in testa, ha dei capelli che sembrano gli spaghetti numero 5 ! (lo tocca) Ma senti che pelle!

IACAM – Oh ma che tuccargnòn!

                     Oh ma che toccargnone!

GIOVANN – Lalè? Una pell c’la par chèrta vedra (carta vetrata)…(ride) eh eh eh, ‘g vag a tacc appena quand m’aspura la scheina!

                     Lei? Una pelle che sembra carta vetrata…(ride) eh eh eh, mi avvicino appena per grattarmi la schiena!

PIERA – (sobbalza sulla poltrona e agita i pugni)

GIOVANN – Te t’è mia bella, però ‘s veda subit la qualità ‘d la roba. Bein, andum ‘c vegna tardi? Cos ditt?  (agita il portafogli)                                                     

                     Tu non sei bella, però si vede che sei di qualità superiore. Be’, andiamo che si fa tardi.  Che ne dici?  (agita il portafogli)

IACAM – So gnan me…   

                     Non saprei..

GIOVANN – L’è bell piin…

                     E’ bel pieno…

IACAM – Bein, quasi quasi…

GIOVANN – E allora andum.

                     Andiamo allora.

IACAM – E andum!…(piano, tra sé, mentre prende la tonaca del prete abbandonata e se l’appoggia per vedere come sta) Voot ved che non tutto il  male viene per nuocere? (escono per le scale).

               E andiamo!…(piano, tra sé, mentre prende la tonaca del prete abbandonata e se l’appoggia per vedere come sta) Vuoi vedere che non tutto il  male viene per nuocere? (escono per le scale).

SCENA XIII

PIERA – (balza in piedi) Stavota sum bella desda! Eh si! (si pizzica) Qull ‘c parlàva l’era propria ‘l Giovann!

                 Et capì, lù,  ‘l bel tomo ? Et capì ‘l marcà, la sorella malà ?

                 (digrignando i denti) G’ho i barbiiz, eh? G’ho i spaghett in testa, neh? E la pelle ca para chèrta vedra, vera? Adess ‘t fagg ved me che bella grattàda ‘t do, ma mia in ‘s la scheina, in sal muz ! Chèr a mé bell Giovannein!

                 (si rimbocca le maniche ed infila veloce le scale)

                 (grande confusione di sopra, urla e strepiti)

                 (balza in piedi) Stavolta sono proprio sveglia! Eh si! (si pizzica) Quello che parlava era proprio Giovanni!

                     Hai capito, il furbone ? Ma hai capito, il mercato, la sorella ammalata ?

                     (digrignando i denti) Ho i baffi, eh? Ho gli spaghetti in testa, eh? E la pelle carta vetrata,  vero? Adesso te la faccio sentire io una bella grattata, ma non sulla schiena, sul muso ! Caro il mio bel Giovannino!

                     (si rimbocca le maniche ed infila veloce le scale)(grande confusione di sopra, urla e strepiti)

SCENA XIV

GIOVANN – (scende con i pantaloni un po’ ammollati)  Aiut, ‘l terremot!

PIERA – (all’inseguimento) Curra, curra, zà tant ‘t ciapp! Brutt mascalzòn, ruveinafamigli, fredifrago! Ma ‘n ta svargognat mia a la t età, vecc’ imbambolì c’n t’è àtar? Cos voot fà tant ‘l gallett ca t’è pass cmé un strass da molletta! ‘T fagg bein ved me sa sum dura  (botta) Seintat cmé sum dura?

                     (all’inseguimento) Corri, corri, tanto ti prendo! Brutto mascalzone, rovinafamiglie, fredifrago! Ma non ti vergogni alla tua età, vecchio rimbambito? Cosa vuoi fare tanto il galletto, che sei appassito come uno straccio vecchio! ‘Ti faccio ben vedere io se sono dura  (botta) Senti, come sono dura?

GIOVANN  - Durissima! Ahia!

PINEI – (dalla cucina)  Ma cos succeda?

                                    Che succede?                                                      

GIOVANN – (A Pinei)  Aiuto, soccorso,  ‘m  massan!

                                      Aiuto, soccorso,  mi ammazzano

GRAZIA – (dietro suo padre) Gh’è i lad’r?

                                               Ci sono i ladri?

PIERA – Massat? Sariss gnit!

                  Ammazzarti sarebbe ancora poco

PINEI – Pian siora, l’m desderà tutt!

                     Piano, signora, sveglierà tutti!

PIERA – Ma c’l ma fagga ‘l piazer! Par la bella gint ‘c gh’è!

                     Ma mi faccia il piacere! Per la bella gente che c’è qui!

GIOVANN – Ciama la polisia: omicidio in vista!

PIERA – Ciamla pur la polizia, csé ‘t mand a cà ‘d Tondi (carcere, n.d.a.), ‘l mé galett amburghees!

                 (a Pinei) Lu ‘l m’ha vist in che stèt sum riva, àlma in pena! Povra disgrazià, abbandonà in mezza a la campagna col cor sgionf par la disgrazia! E riiv ché, par veed che roba? Mé marì imbariàg, fredifrago c’l ma toza in gir con la prima zubiana ca passa! (si commuove leggermente).

                

                     Chiama pure la polizia, così ti spedisco io in gattabuia, galletto amburghese!

                     (a Pinei) Lei ha visto in che stato sono arrivata, anima in  pena! Povera disgraziata, abbandonata  in mezzo a la campagna, col cuore gonfio per la disgrazia! Arrivo qui, per vedere cosa? Mio marito ubriaco, fedifrago, che mi  deride con la prima zoccola che passa! (si commuove leggermente).

GRAZIA – (commossa) Siora, cla fagga mia acsé…

                                    Signora, non faccia così

PIERA – Ariss mai pensa da  ved qull c’ho vist e seint qull c’ho sentì!

                 (a Giovann) Te in gir a fà ‘l lucch e to fiola scappà da cà!

             Mai avrei immaginato di vedere quel che ho visto e sentire ciò che ho sentito!!

                     (a Giovann) Tu in giro a fare lo scemo e nostra figlia scappata di casa!

GIOVANN – Ma chi? La Natalina?!

PIERA – Si, d’incò dop ‘l  mesdé. Povra la mé famiglia rovinà, povra la mé fiola disgrazià c’n vedrò mai po in d’la mé vita!

              Si, da oggi pomeriggio. Povera la mia famiglia rovinata, povera figlia mia disgraziata che non vedrò più per tutta la  vita!

NATALINA – (si affaccia dalle scale)

PIERA – NATALINA!! Cos fat ché?!

                     Natalina, cosa fai qui!?!?

NATALINA – Mamma!

GIOVANN – Natalina!!

NATALINA – Papà!

PINEI – Oh custa l’è bella, to!

                     O questa poi!

NATALINA – (già in mezzo alla sala, fa per dire qualcosa, ma ha uno svenimento)

PINEI – ‘G callava appena custa! Grasia, và a to dl’azé!

                     Ci mancava anche questo! Grazia, corri a prendere l’aceto!

PIERA – Natalina !…(stiracchiandola) !La mora…la mora (muore)!

PINEI – Se la stirazzà  acsè la craparà sicur! (la prende e la adagia su un divano)

                     Se la stiracchia così malamente la fa morire sicuro! (la adagia su un divano)

IACAM – (scende dalle scale travestito da prete;  vorrebbe approfittare del clamore per svignarsela, ma…)

PINEI – (lo scambia per quello vero) Reverendo, l’abbiamo svegliata vero?, C’l vegna ché un attim par piazer!

               (lo scambia per quello vero) Reverendo, l’abbiamo svegliata vero? Venga qui un momento, per favore!

                

IACAM – Ma io …

GIOVANN – (nonostante le svenimento) Natalina, voi savì cos a fàt ché!

                                                               Natalina, voglio sapere cosa fai 1ui!

PIERA – Ma lassla stà! Tutta colpa tua! O che fortoina avere un reverendo padre!

                     Ma lasciala stare! Tutta colpa tua! Che fortuna avere un reverendo padre!

PINEI – Gh’è una ragazza ‘c stà mal.

                     C’è una ragazza che sta male

PIERA – Padre…(gli bacia la mano due o tre volte) c’l benedissa la mé povra ragassa disgrazià!

            Padre…(gli bacia la mano due o tre volte) benedica questa povera ragazza disgraziata!

IACAM – Siora, sum mia attrezzà…

                     Signora, non sono attrezzato…

PINEI – ‘S fal anca pargà, adessa? Me la camra gl’ho datta, ‘s ricordal?

                     Si fa anche pregare? La camera gliel’ho data, ricorda?

GRAZIA – (arriva con l’aceto) Faccia lei padre…(si genuflette una volta)

IACAM – Mi ci voleva proprio (lo beve credendolo un cordiale, sputa) Ma che roba l’è?!

                                                                                                                      Ma che roba è!

PINEI – Aceto, padre, per la ragazza! (lo prende lui)

GIOVANN – (guarda bene Iacam, poi lo tira in disparte) Reverendo…

IACAM – Cos gh’è ancora?

                     Che c’è ancora?

GIOVANN – (guardandolo e riguardandolo) G’ala una sorella lu, granda e bionda?

                                                                    Lei ha una sorella grassa e bionda?

NATALINA – (rinvenendo) Ca..ca…Ca…ca…

PIERA – Stttt, la pàrla.

GIOVANN – La vol fà la cacca…

                     Vorrà fare la cacca?

NATALINA – (flebilmente) Carlo…

PIERA – “Parlo”, l’ha ditt “parlo”…Ma no chèra, spetta da ciappà fia…

                     “Parlo”, ha detto  “parlo”…No, cara, prima riprenditi…

PINEI – Verameint me ho capì “Carlo”.

                     Veramente io ho capito “Carlo”

GRAZIA – Carlo?!

PIERA – Ma no! Me na cognoss mia ‘d Carlo.

                     Ma no! Io non conosco nessun Carlo

GIOVANN – Me si… 

                        Io si!

CARLO – (dalle scale, tenta di guadagnare l’uscita in sordina, ma…)

IACAM – Forse è quel giovanotto che tenta la fuga?  (Carlo si  blocca)

GIOVANN – Parché vèt via?

                     Dove vai?

PIERA – Natalina, cos vorivat dì prima?

                     Natalina, cosa volevi dire, prima?

NATALINA – Mamma, sono svenuta?

PIERA – Cmé un patass, chèra!

                     Come un sacco di patate, cara!

PINEI – Cosa sarà stà, padre? Magari un po’ ‘d stanchezza…

                     Cosa sarà stato, padre? Magari un po’ di stanchezza…

IACAM – Stanchezza? Second me ‘s l’ è sta un…..(si morde la lingua)

                 Stanchezza? Secondo me è stan-c(asso)…. …..(si morde la lingua)

PINEI – Un..???

IACAM – E’ incinta, figliolo!

GIOVANNI – (che non conosce la parola) Allora l’è mia gnint…

                                                                      Allora non è grave…

PINEI – (a Giovann) L’è pina!  

                                    E’ gravida!

GIOVANN – Cosa?!

PIERA – Ha capito padre? Un marì fredifrago e la fiola piina.

                     Capito padre? Una marito “fedifrago” e la figlia “riempita”

PINEI – ‘G sarà mia ‘l sanfein d’l Carlo, dill voot?

                     Non ci sarà lo zampino del Carlo, per caso?

CARLO – (tesissimo) Me la cognoss mia…

                                      Io non la conosco…

IACAM – (bottarella) Perché menti, figliolo?, eh eh !

GRAZIA – Carlo, chi ela?  

                 Carlo, chi è quella?

CARLO -  (la tira in disparte, nella confusione) E’ una congiura! Inveinta qualcos, se no i m’ingabolan so…Me gh’eintri gnint!

                (la tira in disparte, nella confusione) E’ una congiura! Inventati qualcosa, altrimenti mi coinvolgono…Io non c’entro!

GRAZIA – (agitata) Ma fagghia a credat?

                                  Come posso crederti?

CARLO – Al zuur! Me voi spuzà te !

                     Lo giuro ! Io voglio sposare te !

GRAZIA – (confusa, ci pensa un po’, poi comincia a lamentarsi) Oh oh oh….

PINEI – Grasia, cos gh’èt?

                     Grazia, cos’hai…?

GRAZIA – ‘M vegna mal, oh, ‘m vegna mal…(cade per terra)

                     Mi sento male, oh, mi sento svenire…

PINEI – Grasia…Signor!  (si precipita, mentre tutti abbandonano Natalina e si precipitano su Grazia)

GRAZIA – (in un accenno di ripresa)  Papà…aspett un ragass…( si accascia)

                                                          Papà…aspetto un bambino..(si accascia)

PINEI – Cosa?!? (commenti di tutti)

IACAM – Ma l’è un epidemia!

PINEI – (sforzandosi d stare calmo)  Lu…lu chi el?

                                                          Lui, chi sarebbe??

GRAZIA – ‘l Carlo, papà…adess bisògna c’l ma spusa…

                     E’Carlo…ora mi deve sposare…

NATALINA – (che ha sentito, risviene) Ohhhh!….

PINEI – (fa per prendere Carlo, ma deve occuparsi di Grazia che finge di svenire di nuovo)

PIERA – Natalina, fa mia acsé!  Um vist tutt ca lé l’è rivà dopa! L’s metta in fila e l’aspetta ‘l so tur’n! G’hoi ragion, padre?

             Natalina, non fare così!  Abbiamo visto tutti che è arrivata dopo! Si mette in fila e aspetta il suo turno! Non ho ragione, padre?

IACAM – (si avvicina alla porta)

GIOVANN – (sulla porta) Bisogna ciamà l’ambolanza!

                                       Dobbiamo chiamare un’ambulanza!

SCENA XV

POLIZIOTTO – Che succede qui?

IACAM – (si ritira)

GIOVANN – ‘G vool un’ambolanza o una levatrice…ché g’è i sood…(li cerca) Oh povar me, povar me…!

                     Occorre un’ambulanza o una levatrice…ecco i soldi…(li cerca) Oh povero me, povero me…!

PINEI – C’l stagga mia mal anca lu, par piazer!

                     Non stia male, per favore!

GIOVANN – (mani nei capelli) I m’hann ruba i sood!

                                      Mi hanno rubato i soldi!

POLIZIOTTO – Il ladro è qui: lo sapevo!

SCENA XVI

PRETE – (sulle scale, in una ridicola tenuta da notte) Insomma…non si può dormire…

GIOVANN – L’è sta lu, l’ho vist in ‘d la mé camra!

                     E’ stato lui, l’ho visto nella mia camera!

POLIZIOTTO – Finalmente, t’ho preso!

PRETE – Ma figliolo…

POLIZIOTTO – Andiamo e non fare storie…e lei padre (a Iacam) venga con me.

IACAM – No!

POLIZIOTTO – Venga, mi serve un testimone (li trattiene entrambi).

                 E nessuno si muova di qui fino a domani (esce portandosi i due che protestano vivacemente)

PINEI – (restando vicino a Grazia,  a Carlo) Te va mia via, ‘c g’um da fa du coint!

                 (gli dà uno strattone e lo sbatte a sedere)

             (restando vicino a Grazia, rivolto a Carlo) Non andare via, abbiamo due conti da fare  (gli dà uno strattone e lo sbatte a sedere)

SCENA XVII

VITTORIA – (dalla cucina con una folgorante camicia da notte)  Pinei…Cosa succede? Sta mia bein la Grazia?

                     Pinei, che succede, sta male la Grazia?

                

PINEI – Macché: l’è appena piina!

                     Ma no, è solo incinta!

PIERA – E l’è riva dop, vera Giovann?

                     E è arrivata dopo, vero Giovanni?

GIOVANN – Tutt i sood, povra me…

                     Via tutti i soldi, povero me…

PIERA – T’è tant  lucch ca la metà la bastariss!

                     Sei tanto idiota che solo la metà sarebbe abbastanza

VITTORIA – Dormiva csé bein, una grama voota ca pass la nott in d’un lett…!

                 (tutti la guardano con aria triste)  E so là con la vita,  è  mia mort ansoin, no? (sbadiglia)! (ritorna a dormire). Chi per soldi, chi per amore, buonanotte al suonatore

                

               Dormivo così bene, per una volta che posso stare in un letto di notte…!

                     (tutti la guardano con aria triste)  E su con la vita,  non è mica morto nessuno, no? (sbadiglia) Chi per soldi, chi per amore, buonanotte al suonatore! (ritorna a dormire).

s     i     p     a     r     i     o

fine del 2^ atto

A  T  T   O    III

Scena immutata.

E’ mattina,  ancora pioviggina.

Pinei sta pulendo il bancone nervosamente: lo si nota dai gesti e da certi sbuffi

accompagnati da maledizioni  trattenute a stento.

Ogni tanto guarda la foto della moglie. Sentendosi osservato dalla moglie stessa, si mette

a fregare più energicamente.

Alla fine, però, sbotta, rivolgendosi proprio a lei.

SCENA I

PINEI – ‘L so, ‘l so anca me! La g’àva mia da finì acsé, ‘l so! Ma ela colpa mia? Dop tutt qull c’ho fatt?

                 Te ‘t sariss bona da dì c’ho mia fatt ‘l mé dover, vera? E cos g’àvia da fà? ‘S tegna i occ’ mai vèrt a basta, ecco!

                 Sum un povar ingenuo, si, tl’adziv seipar anca prima. E i m’hann toot in gir, vala bein? Et conteinta adess cl’ho ditt?

                 Ma la finissa mia acsé! No, chèra la mè Marietta: lelù ‘l sa creda da ess po’ furb che i atar, ma stavota Pinei al farà ved ca l’è mia un lucch qualunque, che adess lassarum da part ‘l bon maneer e mettarum a man l’imposturità! E si, eh!

                 E vedrum s’andrann mia a post ‘l roob!

                 E fa mia cla fassia lé, dai…anca te, però, ‘t podiv mettag man, no? E scusa!

                 Mettarò a post tutt, preoccupat mia. ‘L zuur! Ga scomettat? S’g riess però te ‘t ma dà i numar dal lott, vala bein? Sum d’accordi, neh?

                     Lo so benissimo! Non doveva finire così, lo so! Ma è colpa mia? Dopo tutto quello che ho fatto?

                     Tu saresti capace di dirmi che non ho fatto quanto dovevo, vero? Cosa potevo fare?Non si tengono gli occhi aperti mai abbastanza, ecco!

                     Sono un ingenuo, si, me lo dicevi sempre anche prima. E mi hanno raggirato, va bene così? Contenta adesso che l’ho detto?

                     Ma non finisce così! No, cara Marietta: quello crede di essere il più furbo di tutti, ma  questa volta Pinei dimostrerà che non è uno stupido qualunque, che adesso mettiamo da parte le buone maniere e cominceremo ad usare l’astuzia! E si, eh!

                     E staremo a vedere se  non metterò a posto io le cose.

                     Non fare quella faccia, dai…anche tu, però, potevi intrometterti, no? E scusa!

                     Sistemerò tutto, non ti preoccupare. Lo giuro! Scommettiamo? Se ci riesco, però, mi dai i numeri del lotto, d’accordo? Siamo d’accordo,vero?

SCENA II

CARLO – (si affaccia timidamente dalle scale)

PINEI – Oh propria te! Ve ché un attim, par piazer…

                     Oh , giusto tu! Vieni qui un momento, per favore…

CARLO – (timidamente)  Pinei, c’l seinta, me voriss mia…

                                        Pinei, mi ascolti, non  vorrei che…

PINEI – Voriss mia, che roba? Sposàla, forse?

                     Non vorrei che cosa? Sposarla, forse?

CARLO – No no, anzi…

PINEI – E allora basta! Se te t’è decis a sposàla, ‘l rest ‘l mettum a post.

                     E allora basta! Se sei deciso a sposarla, il resto va a posto da solo.

CARLO – (interdetto per la sorpresa)

PINEI – (passeggiando per la stanza, mani dietro la schiena)  Me g’ho pensà abotta, tutta la nott, e sum ‘d l’idea che forse…(sguardo torvo) ‘t podriss anda anca bein par la mé Grasia…ma si: fatt tutt i coint, me sariss gnan malconteint…

            (passeggiando per la stanza, mani dietro la schiena)  Io ci ho pensato molto, tutta la notte,  e sono dell’avviso che forse…(sguardo torvo) potresti anche andare bene per la mia Grazia…ma si: a conti fatti, non mi dispiacerebbe neppure…

CARLO – Pinei…ariss mai cardì che lù…si, insomma (gli prende la mano, gliela bacia)

                     Pinei…non avrei mai creduto che lei…si insomma…

PINEI – (mentre Carlo non vede, alza il pugno e fa intendere che glielo darebbe volentieri in testa)  Dai, fa mia acsé…t’ l sé c’m dà fastidi…

                               Dai, non fare così…sai che mi infastidisce…

CARLO –Grassia, grassia!

                     Grazie, grazie!

GRAZIA – (dalla cucina) M’iv ciamà?

                                          Mi avete chiamato?

PINEI – Ma no chèra, va pur dadlà un attim, che sum a dré a mett a post una roba…

                 (lei, molto titubante, esce)  Arposat, chèra, sforzat mia in qull stat lè!

                 (A Carlo) Vedat, anca par me  ‘l teimp ‘l passa e sum un po’ stuff da tirà innans cla baracca chè.

                     Ma no cara, vai pure di là, stiamo sistemando una questione…

                     (lei, molto titubante, esce)  Riposati, cara, non fare sforzi nel tuo stato!

                     (A Carlo) Vedi, anche per me il tempo passa e e sono un po’ stanco di questa baracca.

CARLO – Però adess ‘g sum me, no?

                     Adesso, però, ci sono io, no?

PINEI – Ecco, par l’appunto! Me, l’è anca ora ‘c mòlla ‘l mass. Prima o dop andrò in pension e sariss mei prima che dop…

            Ecco, ’appunto! Io, è quasi ora che molli tutto. Prima o poi andrò in pensione e preferirei prima piuttosto che dopo…

CARLO – Ma no, cl’è ancora un om giovan!

                     Ma no, lei è ancora giovane!

PINEI – Si, mat sé bein: la forza pian pian la va:…la moier…i fio…(guarda Carlo) il disgrazi!

              Si, ma sai: la forza pian piano se ne va…la moglie…i figli…(guarda Carlo) le disgrazie!

CARLO – Ma custa l’è mia una disgrazia.

                     Ma questa non è una disgrazia.

PINEI – Ah no, eh?

CARLO –Ma no! Me voi bein a la Grasia, anca se magari g’ho un po’ la reputazion dal…si insomma…dal dongiovanni, quand s’è giovan, no?

              Ma no! Io voglio bene alla Grazia, anche se magari h un po’ la reputazione del…si insomma…del dongiovanni, quando si è giovani, no?

PINEI –E parbacco!

CARO – Me g’ho seipar t’gnì a la Grassia però, c’l ma scusa, me sava che lù l’era incontrari, vera?

              Io ho sempre tenuto alla Grazia, però, mi perdoni, sapevo anche che lei era contrario, o no?

PINEI – Verissimo!

CARLO – E allora voin ‘l sa perda d’anim, ela mia vera?

                     E dunque uno si perde d’animo, non è così?

PINEI – (ironico) Ma sicur!

CARLO – E allora par tràmla via, ‘m dàva da fà. Appena par qullé.

                     Quindi, per farmela passare, uno si dà da fare. Solo per questo.

PINEI – E...l’àtra? 

              E…quell’altra?

CARLO – Quàla? 

                    Chi?

PINEI – Qulla ‘d soar! Cmé la mettumia?

                     Quella di sopra! Come la mettiamo?

CARLO – Ehhh, l’è un bel problema, qullè…

                     Ehhh, quella è proprio un bel problema…

PINEI – Si, parché le la diz che sei il padre del nascituro, con sicuressa!

                     Si, perché lei dice che tu sei il padre del nascituro, con sicurezza!

CARLO –Macché! ‘M volan tira una gabola, Pinei!

                     Macché! Vogliono incastrarmi, Pinei!

PINEI – (ironico) E parché mai?

CARLO – Parché, parché…Una povra ragassa ‘d campagna, cos volal mai! I vedan mai ansoin e appena pàssa un giovnott, educà, c’l pàrla bein, gnan brutt…

                 Perché, perché…Una povera ragazza di campagna, che dire! Non vedono mai nessun e appena passa un giovanotto, educato, che sa parlare, magari anche carino…

PINEI – Allora ‘t gh’è passa al Boscon!

                     Allora ci sei passato al Boscone!

CARLO – ‘G sarò passà una grama vota pr’andà a pescà in Po.

                     Ci sarò passato forse una volta per andare a pescare in Po.

PINEI – Con la canna…?

CARLO – Par forza.

PINEI – Appunto…!

CARLO – E allora chill tre o quattar ragazzott lé, ‘t vedan passà la dominca, ‘t salutan, is ridan e i ciciaran tra ‘d lur, no? Fànnia mia acsé? Te, ‘t ta fer’m a fà quattar ciacciar e lur…

                E allora quelle due o tre ragazzotte, ti vedono passare una domenica, ti salutano, ridacchiano chiacchierano fra di loro, no?Non fanno così? Tu ti fermi a scambiare qualche parola e loro..

PINEI – I restan piin: secch! (restano incinta)

                     Restano piene: subito!

CARLO – Ma no…lur ‘s montan la testa e i sa scred’n chissà che roba! Figurumsa! ‘M mettarò mia con vuna ‘d campagna!

                Ma no…loro si montano la testa e pensano chissà che!Figuriamoci! Non mi metterò con una campagna, le pare?

PINEI – ‘G calariss po àtar!

                     Ci mancherebbe!

CARLO – Arò ciappà la colpa  sicur ‘d qualca manzolàr senza arte né parte, e adess vegnan da me, ‘l capì che fid’g?

               Avrò preso la colpa di  un mungivacche senza arte né parte, e adesso vengono da me, capisce che coraggio (che fegato)?

PINEI – Ma gh’è d’l gint al dé d’incò!

                     Ma che gente!

CARLO – Comunque adess l’um sciarì, no? E bisognarà anca digal a lelur che me sum innocente e che sum belle che impegnà, vera?

             Comunque ora abbiamo chiarito, no? Bisognerà pur dirlo a loro che io sono innocente e che sono già  impegnato, vero?

PINEI – Ma parbacco! ‘G  peins me, preoccupat mia.

                 Ma perbacco! Ci penso io, non preoccuparti.

CARLO – Grasia Pinei. L’è propria qull ch’i dizan, un om ‘d cor.

                     Grazia Pinei. Lei è proprio come dicono: un uomo dal grande cuore.

PINEI – (piano) O un cuion! Comunque adess basta col sior Pinei, me sum Pinei, punto! vala bein?

             (piano) O un coglione! Comunque adesso basta con il signor Pinei,  io sono Pinei , punto! D’accordo?

CARLO – Grassia, grassia!

                     Grazie, grazie!

GRAZIA – M’iv ciama?

                     Mi avete chiamata?

PINEI – Ma no…ma to mar g’av’la àtar nom da mettat?  (Guarda l’ora, a Carlo) Sta ché un attim che g’ho da andà fora un momeint (si toglie il grembiule ed esce per l’esterno della pensione).

             

                       Ma no…Ma non c’era un altro nome da darti?  (Guarda l’ora, a Carlo) Stai qui tu un poco che io devo andare fuori  (si toglie il grembiule ed esce per l’esterno della pensione).

SCENA III

GRAZIA – Carlo, gla fàva po! Sum dovì intervegn du vot da dadré a la porta, ‘l cor ‘l ma battiva cmé un guendul!  (Accorata) T’l piccà? Povar Carlo…..

                Carlo, non ce la facevo più! Sono dovuta entrare due volte da quella porta, ‘il cuore andava a mille  (Accorata) Ti ha picchiato? O povero Carlo, dove?

CARLO – No,  ‘l m’ha mia datt!

                   No,  non mi ha pichiato

GRAZIA – (dopo una pausa, sorpresa) No..?

CARLO – Macché! 

GRAZIA (c.s.) …Gnan un briiz?

                            Nemmemo un poco?

CARLO – No.

GRAZIA – Gnan un sarucch…?

                     Nemmeno un pugno in testa?

CARLO – Se t’ho ditt ‘d no!

                     Ti ho detto di no.

GRAZIA – Ma to! 

                    Ma guarda…

CARLO – ‘T dispiàz, forse?

                     Ti spiace, forse?

GRAZIA – No no…infatti s’è mia gnan sentì vuzà…

                     No no…infatti non ho sentito urla…

CARLO – Um parlà da person civil, nurmai…(si dà un tono)

                     Abbiamo parlato da persone civili, normali…

GRAZIA – Ma vèda! 

                    Ma guarda!

CARLO – ‘L m’ha fatt tutt un discurs, c’l  g’ha pensà abotta e che par lo so Grasia ‘l partì, tutto sommato, al podriss mia andà mei.                                   

                Mi ha fatto un discorso,  che ci ha pensato molto e per la sua  Grazia il partito, tutto sommato, non potrebbe andare meglio.

GRAZIA – (sempre più sorpresa) Csé l’ha ditt?

                                                      Ha detto proprio così?

CARLO – Csé! Bein insomma, voriss anca ved, véra?

                     Così? Insomma, vorrei ben vedere!

GRAZIA – Me casch d’l nuv’l!

                     Casco dalle nuvole!

CARLO – (ormai sicuro) Me no, guàrda. Sum  vegn zu stamatteina, bell decis, testa dritta, a digh ma stann il roob, seinza  pagura, sicur di mé fatt. E lu ‘l m’ha ditt addrittura: grazie Carlo.

                (ormai sicuro) Io no, guarda. Sono sceso stamane, deciso, testa alta, per spiegare la situazione, senza paura, sicuro di me. E lui mi ha detto addirittura: grazie Carlo.

GRAZIA – Anca!   Pure!

CARLO – Testuale: Grazie!

GRAZIA – (sospirando) Bein, meno male…me s’era zà pronta a ved vulà di pugnaton (pugni), con la polizia ‘c riva e i pompier…

               (sospirando) Bé, meno male...ero già pronta a vedere volare dei pugni, con la polizia che arriva e i pompieri....

CARLO – Oh adessa!

                 Addirittura!

GRAZIA – Allora, quand ìl savrà che sum mia incinta, e che l’onor l’è sal’v  ‘l sarà ancura  possà conteint.

                     Allora, quando saprà che non sono  incinta, e che l’onore è salvo, sarà ancora più contento.

CARLO – Però te spetta a digal…t’l digh me quand a sarà ‘l momeint…(le si avvicina)  Vala bein?

                 Però aspetta a dirglielo…Avviso io quando sarà il  momento giusto…(le si avvicina)  D’accordo

               

GRAZIA -  …(estasiata) ma sicura….  

                                          Certo…

SCENA IV

PINEI – (entra dall’esterno, li vede, trattiene a stento un accesso d’ira; accompagna un  signore con bagagli ingombranti e pesanti)

GRAZIA – Oh papà…(lo abbraccia, lo bacia e scappa in cucina)

PINEI – Venga venga si accomodi…(A Carlo) Qust l’è un cliint bon. Taccum subit a fà un po’ ‘d pratica. (Al cliente) Dunque lei si ferma…quanti giorni?

             Venga venga si accomodi…(A Carlo) E’ un buon cliente. Cominciamo subito a fare pratica. (Al cliente) Dunque lei si ferma…quanti giorni?

CLIENTE – Una settimana, più o meno.

CARLO – Avrà un soggiorno splendido, signore (guarda Pinei cercando un assenso)

                

CLIENTE – Lo spero proprio.

PINEI –La sua camera è al 2° piano, stanza n. 8.

CARLO – La migliore della nostra pensioncina, “Pensione Grazia”, permette? Carlo Rampini (allunga la mano)

CLIENTE – Molto piacere, Osvaldo Morticini (fa per avviarsi con le valige).

PINEI – Ma no!..Carlo, porta so ‘l valiz.

                     Ma no!...Carlo, porta le valige del signore

CARLO – Come?

PINEI – Accompagna il signore, no?

CARLO – Ma certo (fa per avviarsi)

PINEI – (lo blocca) Col valiz!

                                 Le valige!

CARLO – Chill du lè?

                     Quelle?

PINEI – Ma si!

CARLO – I g’hann da ess grév abotta.

                     Credo che siano molto pesanti.

CLIENTE – Rompono le braccia, sig. Rampini.

PINEI – E va, no!

CARLO – (Titubante, prima le saggia, poi con notevole sforzo riesce a trascinarle fino alle scale, guardando interrogativamente Pinei).

PINEI – Così, bravo! (escono Carlo e il cliente tra rumori vari di cadute sulle scale).

SCENA V

POLIZIOTTO – (entra con il prete vero) Lei non sa come sia spiacente, reverendo…

PRETE – (spettinato, piuttosto alterato) Spiacente un bel corno, figliolo!

                 Scusa se mi altero, ma me l’hai fatta grossa! Portarmi in questura con quell’abbigliamento non proprio consono, vero? Non solo, ma mi tratti anche da ladro professionista!  (Vede Pinei)  Buongiorno!

PINEI – Buongiorno a lor signori.

POLIZIOTTO – Sono stati loro a mettermi sulla strada sbagliata, loro che non hanno voluto collaborare.

PINEI – Ancora con la storia dal lad’r?

                Ancora con la storia del ladro?

POLIZIOTTO – Si, e l’abbiamo preso, sa?

PINEI – Ah si? E chi eral?

               Ah si? E chi era?

PRETE – Quello travestito da prete, con la mia tonaca!

PINEI – Oh parbacco!

POLIZIOTTO – Ed era proprio qui, nella sua pensione caro signor …come si chiama?

PINEI – Giuseppino.

PRETE – Non avrei mai creduto di trovarmi in una situazione tanto scabrosa.

PINEI – Ma cos è success, po’, a la feint di coint! ‘L lad’r l’ ha ciappà, no? E allora sum a post.

            Ma cos’è successo,poi, alla fin fine! Il ladro l’avete preso, no? E allora tutto è a posto.

POLIZOTTO – Saremo a posto dopo aver chiarito le responsabilità. Sua moglie non c’è?

PRETE – Il signore è vedovo.

POLIZIOTTO – E da quando?

PINEI - …dunque, il fatto è che io, si, sarei…anzi sono vedovo, ma mi sono risposato…mia moglie, la nuova, è fuori per acquisti…

POLIZIOTTO – Ci vedo sempre meno chiaro.

SCENA VI

(Dalle scale scendono Piera e Giovann).

PIERA – Gh’ èt tutt?

                     Hai preso tutto?

GIOVANN – G’ava appena ‘l portafoi e ‘m l’hann grattà!

                     Avevo solo il portafogli  e me l’hanno rubato.

PIERA – Possa lucch d’acsé!

                     Più scemo non si può.

POLIZIOTTO – Ecco il portafogli, gliel’aveva rubato il prete.

GIOVANNI – Ma guarda, che fortoina!  (conta i soldi)

                      O che fortuna!

PIERA – (guarda male il prete) Reverendo, s’l gava ‘d bisogn d’una offerta, ‘l podiva anca diil.

                                                   Reverendo, se le serviva un’offerta, bastava dirlo

PRETE – (arrabbiato)  Cara figliola, io sono un prete vero, se mi permetti!

PIERA – E me sum Garbaldi.

POLIZIOTTO – C’è stato un equivoco. Questo è proprio Don Alfonso. Il falso prete, il ladro,  è stato arrestato.

PIERA – (confusa) Perdoni l’ignoranza, reverendo…(si inginocchia e gli bacia la mano) Meno male ‘c l’è chè, reverendo, g’ho da parlag d’un chés ‘d cosinza.

             (confusa) Perdoni l’ignoranza, reverendo…(si inginocchia e gli bacia la mano) Meno male che è qui, reverendo, voglio parlarle d’un caso di coscienza.

POLIZIOTTO – Allora, padre, io vado.

PIERA – Lu el mia ‘l borlandott c’l ma pontàva deintar stanott? C’la stagga ché, parché me g’ho una denoncia da fà!

              Lei non è il poliziotto che mi spingeva dentro stanotte? Sti qui, perché ho una denuncia da fare!

POLIZIOTTO – Contro quest’uomo? (Pinei)

PINEI – Gl’ha propria con me.

                     Ce l’ha proprio con me.

GIOVANN – Sa, ‘c vag a to la correra, se no la ma scappa.

                     Vado alla corriera, prima che parta

PIERA – Va, ma creda mia ca la sia fnì acsé! Adess mett a post la Natalina, po mettarò a post anca te!

            Va, ma non credere che sia finita così!Ora sistemo la  Natalina, poi toccherà a  te!

GIOVANN – Piera, me scarsàva, ‘l sèt mia che me a fagg a posta?

                     Piera,  io scherzavo, non lo sai che non parlo mai sul serio?

PIERA – Va va! E dà da mangià al besc’, et capì? E lavòra! E sta atteint a qull c’t fà!

                     Va va! E dai da mangiare agli animali, intesi? E lavora! E attento a quel che fai!

GIOVANN – Si, si, stì bein tutt…Ma guarda te sa g’ha da capità sert lavor, eh padre? ’T vegna propria da biastumà! Mah! (esce dalla porta esterna)

                 Si, si, saluti a tutti…Ma guarda che cose succedono, eh padre? Viene proprio   da bestemmiare!  Mah! (esce dalla porta esterna)

PIERA – E ricordat qull ca t’ho ditt!  (Poi, si rivolge al poliziotto) Donca, sior agente: qui è stato commesso un delitto!

              E ricordati quello che ho detto!  (Poi, si rivolge al poliziotto) Dunque, signor agente: qui  è stato commesso un delitto!

POLIZIOTTO – Ah bene!

PINEI – ‘L sariss anca conteint.

                     Sarebbe anche contento.

PIERA – Un delitto dell’onore! Io ciò di sopra una povera figliola sventurata che è stata fatta su da un lestofante che alberga in questo sito e che si rifiuta di postare le cose come sarebbero da postare.

PINEI – S’la pàrla in dialett, magari capum mei.

                     Se parla in dialetto, magari ci intendiamo meglio

PRETE – Una seduzione, figliola?

PIERA – (non capisce) L’assoluzione dopa, padre, adess l’è mia ‘l momeint.

              (non capisce) L’assoluzione dopo, padre, adesso non è il momento.

POLIZIOTTO – Proceda.

PIERA – Procedo. Quand ho cattà ‘l delinqueint c’ha profittà d’la mé povra ragassa, cos a capita? Capita ca sàlta fora  ca ‘g n’è un’àtra in di stess condizion! Con lo stesso padre, al capì?

            Procedo. Quando ho trovato il delinquente che ha approfittato della mia bambina, cosa succede? Succede che ne sbuca un’altra nelle stesse condizioni! Con lo stesso padre, ha capito?

POLIZIOTTO – Interessante!

PIERA – Propria : in stato interessante!

PRETE – E chi sarebbe l’altra figliola?

PIERA – Ma che “figliola” e “figliola” ! Una poco seria, una poco di buono!

PINEI – Mia figlia, padre.

POLIZIOTTO – Talis patris….(contento)

PIERA – E adess l’è tutt un tomla e damla par ved chi g’ha da sposàs!  C’è un padre e due piene! Però mé fiola l’è svenì par prima, ci sono i testimoni.

              E adesso è tutto un tira e molla per stabilire chi si sposa!  C’è un padre e due piene! Però mia figlia è svenuta per prima, ci sono i testimoni.

POLIZIOTTO – Quali?

PIERA – Dunque, c’ero io, mé marì…  

                 Dunque, c’ero io, c'era mio marito…

POLIZIOTTO – Parti interessate: non contano.

PINEI – Io e  mia figlia.

POLIZIOTTO – Anch’essi non contano.

PIERA – Il prete!

PRETE – Ah no, io no.

POLIZIOTTO – Era il ladro, non vale.

PIERA – C’era il farabutto che…

POLIZIOTTO – Il padre?

PRETE – Plurimo.

POLIZIOTTO – Nessun altro?

PIERA - …’M para ‘d no..

                     Non mi pare…

POLIZIOTTO – Allora la decisione è solo in mano al giovanotto.

PIERA – Ma lù l’ha belle che ditt c’l vol spusà l’àtra e che mé fiola la s’è inventà tutt, insomma ‘c la sariss una…

             Ma lui ha già detto che vuole sposare l’altra e che mia figlia si è inventata tutto, insomma, che sarebbe una…

POLIZIOTTO – Se lei non è d’accordo, signora, può fare denuncia. Altra soluzione non vedo.

PINEI – O guardà, dopa, la somiglianza.

                     O capire a chi somiglia.

POLIZIOTTO – Se avrà qualcosa da denunciare che riguarda quest’uomo venga pure in questura, sarò a sua disposizione. Arrivederci padre (si inchina ed esce)

                

SCENA VII

PIERA – (al prete, implorando)  Padre, non abbandoni la madre, di una figlia madre, senza padre! Almeno lei…

PRETE – Ti capisco figliola, ma non si può fare molto. Quando l’educazione non è proprio ottima, posso succedere queste cose…(A Pinei) Questo vale anche per te, figliolo.

PIERA – Ma se l’ho seimpar mandà a messa tutt ‘l dominch, e s’la fugàva la ciappàva di chi barton…!

            Ma se l’ho sempre mandata a messa alla domenica,  e se sgarrava prendeva tanti ceffoni…!

PRETE – Non basta figliola.

PIERA – ‘S veda che lu ‘g n’ha mia dill besc’ da curà, caro reverendo!

                     Si vede che lei non ha animali da accudire, caro reverendo!

PRETE – Parlerò con il ragazzo, vedrò di leggere nel suo cuore.

PINEI – Gh’è poc da leez. Comunque lei, padre, Immagino che sarà stanco, ha fatto tutta la notte in bianco.

           C’è poco da leggere. Comunque lei, padre, Immagino che sarà stanco, ha fatto tutta la notte in bianco.

PRETE – (sbadigliando) Infatti ho un sonno!…E oggi c’è il congresso.

PINEI – Vada su a riposare un poco, padre. La sua camera ora è completamente libera, venga, l’accompagno…

PRETE – Grazie, figliolo, il Cielo te ne renderà merito…ah, che sonno (Pinei ed il prete escono per le scale).

SCENA VIII

PIERA – Ma vèda ché ruffian!…Si, si, il Signore te ne renderà merito…(davanti alla foto di Marietta) Madonna, guarda, s’t ma aiut mia, me fagg un sproposit! Me sum fatta acsé, netta e scietta: sum bràva e bona, ma s’im pistan in sì pé..!

              Guarda che ruffiano!…Si, si, il Signore te ne renderà merito…(davanti alla foto di Marietta) Madonna, guarda, se non mi aiuti, faccio uno sproposito! Io sono fatta così, chiara e decisa: sono buona e brava, ma se mi pestano i piedi..!

CARLO – (dalle scale, un po’ fiaccato dal trasporto bagagli)

PIERA – Propria lu!

                     Proprio te!

CARLO – Cos gh’è ancora ! (un po’ arrogante)

                     Cosa c’è ancora!

PIERA – Lu ‘l sa screda mia che tutt sia anda a post, sal, chèr ‘l mé bellimbusto ‘d quàrta categoria!

           Non creda che tutto si si sistemato, sa, caro il mio bellimbusto di quarta categoria!

CARLO – Pian coi offes, siora!

                     Piano con le offese,cara signora!

PIERA – (inviperita)  C’l sa ricorda che la Piera l’è un oss dur, la Piera la và mia fora da ché seinza voin ca dà ‘l brass alla Natalina pr’andà all’altare!

             (inviperita)  Si ricordi che la Piera è un osso duro, la Piera non esce da questo posto senza uno che dia il braccio alla  Natalina per portarla all’altare!

CARLO – Oh, che pagura!

                     Che paura!

PIERA – Bein, c’g l’abbia! …(si fa sotto, parla più lentamente, minacciosa) Parché s’ l ma costreinza, me sèl cos faggh? (lo guarda dritto negli occhi, poi fa un cenno velocissimo con due dita della mano ad indicare una forbice, nella zona del bacino)    ZAC!

               Be’, ce l’abbia! …(si fa sotto, parla più lentamente, minacciosa) Perché se mi costringe, sa cosa le faccio? (lo guarda dritto negli occhi, poi fa un cenno velocissimo con due dita della mano ad indicare una forbice, nella zona del bacino)    ZAC!

CARLO – (istintivamente chiude le gambe)  NO!!

PIERA – C’l g’ha peinsa bein!!

                     Ci pensi bene!

SCENA IX

PINEI – (dalle scale) Bon, anca ‘l pret l’è a post.  (Vede Carlo ancora turbato dal colloquio con Piera) E bein, t’è vegn zù l’ernia?

                     (dalle scale) Bene, anche il prete è a posto.  (Vede Carlo ancora turbato dal colloquio con Piera) E allora, ti è scesa l’ernia?

PIERA – E adessa, se lu ‘g dispiaz mia, voriss fà c’lazion!  Ela mia compresa in d’l  prezzi ‘d la camra ‘d qull casein ché, ca voriss ess una pension?

             E ora, se non le spiace, vorrei fare colazione!  Non è compresa nel prezzo della camera di questo casino che vorrebbe essere una pensione?

PINEI – Ma certo signora, ai suoi comandi! Cos volal? Caffè, latt, thé, ciocculat?

             Ma certo signora, ai suoi comandi! Cosa desidera? Caffè, latte, thé, cioccolato?

PIERA – Me sum abitua c’una bella soppa in d’l latt!

               Io di solito prendo una zuppa: pane e caffelatte!

PINEI – Ah, Carlo, intant che me vag zù in coseina, bisognariss da un spassòn tacca al’ingress, deintar e fora da la porta…

            Ah, Carlo, intanto che vado in cucina, bisognerebbe spazzare l’ingresso, dentro e fuori…

CARLO – (che si era seduto a riposare)  Un spassòn?!  

                                                                    Una spazzata?

PINEI – Si. Ecco la scoa (scopa), èda cmé l’è bella. ‘T la ciapp pr’l managh…(gliela mette in mano)… po, pian pianei, anzi no, mett’g mia tropp teimp, un colp ché e voi là e ta spass bein bein. Dai, che tra un po’ vegn a ved.

             Si. Ecco la scopa, guarda come è bella. La prendi per il manico…(gliela mette in mano)… poi, pian piano, anzi no, non metterci troppo,un colpo qui e l’altro là, spazzi per benino. Dai, che tra un po’ vengo a vedere

CARLO – Ma me so mia…  

                   Io non so come…

PINEI – (seccato) Gh’et po intensiòn, par chès…

                              Avresti cambiato idea?

PIERA – (da lontano, forte)  ZAC!

CARLO – (Prende la scopa al volo e corre vicino alla porta)

PINEI – Mettat so un scosal, acsé…(glielo porge, poi esce con Piera per la cucina).

             Metti un grembiule, ecco…

CARLO – (malvolentieri si mette la grembiulina e con malagrazia si pone al lavoro)

 SIGNORA – (la stessa del I° atto, guarda un poco dentro, poi chiede)  C’l ma scusa, sal ‘s gh’è un sior c’l sa ciama…(guarda bene)  CARLO!

                 (la stessa del I° atto, guarda un poco dentro, poi chiede) Mi scusi, sa se c’è un signore che si chiama…(guarda bene)  CARLO!

CARO – Eh?!

SIGNORA – (ha ancora un dubbio) Ma Carlo, cos et dré a fà?   

                                                       Ma Carlo,che stai facendo?

CARLO – (nasconde la faccia) C’la guarda c’ la sa sbaglia, siora…

                                                 Lei si sta sbagliando, signora…

SIGNORA – Qusta l’è propria bella!  Carlo Rampini, il rubacuori, qll ca fa curr la gint par gnint, vera? Eda cos el dré a fà: la spàssa par terra! (ride)  Ma te, ditt mia in gir che vivi di rendita?

                           Questa è bella!  Carlo Rampini, il rubacuori, quello che fa correre la gente per nulla, vero? Guarda cosa fa: spazza per terra! (ride)  Ma tu non racconti in giro che vivi di rendita?

CARLO – Me ‘v ripet…     

                   Le ripeto che io…..

 SIGNORA – E me g’ho anca patì, ma sa sava acsé…Oh, quand ‘l contarò in gir, ah ah ah…Addio, sguattero! (se ne va ridacchiando)

                          E ci ho anche sofferto, avessi saputo…Oh, quando lo racconterò, ah ah ah…Addio, sguattero! (se ne va ridacchiando)

CARLO – (guarda la scopa, si osserva per vedere come si è ridotto e sta per buttare tutto)

PINEI – (dalla cucina) Et finì?  

                                        Finito?

CARLO – (si rimette prontamente al lavoro)

PINEI – Ma acsé andum mia bein! Bisogna fargà possa, csé, frega, frega, parbacco! (lo forza a lavorare sul serio) Bon, adess basta. Adess vé con me c’t fagg ved m’s fa  a pulì ‘l càmar la matteina.

           Così non andiamo bene! Bisogna fregare di più, così, frega, frega, perbacco! (lo forza a lavorare sul serio) Bene, adesso basta. Ora vieni con me che ti faccio vedere  come si rassettano le camere al mattino.

CARLO – ‘L càmar?!     

                     Le camere?

PINEI – E si! Pulì par terra, cattà so ‘l cicch, i spudacciòn…cambià i linzo.

                     E si! Lavare il pavimento, raccogliere le cicche e gli sputi…cambiare le lenzola.

CARLO – Ma i’enn lavor da donna!

                     Sono lavori da donna!

PINEI – Voot  faia fà a la Grasia , in qull stat lé? Ma che coniziòn gh’èt? Sum propria conteint da avì cattà un socio! Chemò ‘s tribula abotta e ‘s guadagna appena l’acqua c’s beva. (Escono entrambi per le scale)

                

             Vorresti farli fare alla Grazia , in quello stato? Che idea? Sono proprio contento di aver trovato un socio! Qui si lavora molto e si guadagna appena per l’acqua che si beve (modo di dire, n.d.a.) (Escono entrambi per le scale)

SCENA X

NATALINA – (qualche secondo dopo, sbuca dalle scale, barcollante. E’ visibilmente scossa e molto agitata. Gira per la hall della pensione cercando qualcosa, poi si blocca davanti alla foto di Marietta, si butta in ginocchio, prega convulsamente, indi si alza).

                 Perdonami Madonna…!  (e singhiozzando va verso il bancone, prende un coltello, lo brandisce drammaticamente con sguardo pazzoide, prova a vedere dove potrebbe pugnalarsi senza troppo dolore, ma quando sente la punta grida un “AH!” soffocato.

                     Allora molla il coltello, prova a soffocarsi trattenendo il fiato e tenendosi il naso tappato, ma dopo pochi secondi tira un respiro lunghissimo a bocca aperta.

                     Allora ritorna al coltello e pensa di tagliarsi le vene!)

PRETE – (scende dalle scale con un cuscino in mano) E’ troppo duro, non riesco a dormire…(la vede) ma che stai facendo, figliola?

NATALINA – Voglio farla finita! (e tenta di segarsi un polso con risultato ridicolo)

PRETE – (si butta sulla ragazza che ha un inizio di svenimento e la spinge sul divano; le mette il cuscino sotto la testa, poi la schiaffeggia)

                 Ma perché? Perché dannata figliola?

NATALINA – Oh padre…(singhiozza) mi aiuti lei! (distesa, le butta le braccia al collo)

PRETE – (è quasi disteso sopra Natalina che lo abbraccia) Benedetta figliola, queste cose non si fanno! (intende il suicidio)

SCENA XI

PIERA – (dalla cucina) E non si fanno no! Reverendo!!

PRETE – (rialzandosi) Signora, lasci che le spieghi…

PIERA – Ma cos volal spiega? Va bein che il celibato ‘l sarà dur, ma propria con mé fiola? E in qull stàt lé? Se almeno ‘l fiss lib’r da sposàs, vera?

            Cosa c’è da spiegare? Capisco che il celibato è duro, ma proprio con mia figlia? E in quella condizione? Se almeno potesse sposarsi, lei!

NATALINA – (mettendosi a sedere) Mamma, voglio morire! (si ridistende)

PIERA – ‘T fagg mor mé a furia ‘d plattòn ! Padre, si sposti!

                     Ti faccio morire io, ma di sberle ! Padre, si sposti!

GRAZIA – (dalla cucina) Dio, cos succeda? (vede Natalina distesa)  Ela svenì? Oh..’m vegna mal anca a me...(barcolla)

              (dalla cucina) Dio, che succede? (vede Natalina distesa)  E’ svenuta? Oh..mi sento male anch’io...(barcolla)

PRETE – Si è già ripresa.

GRAZIA – Ah allora...(si riprende subito)

PRETE – La ragazza si stava suicidando.

PIERA – Cosa? Poss gnan anda a mangià un boccon, c’t n’in fà subit vuna dill to!

                     Cosa? Non posso neppure mangiare un boccone in pace…..!

GRAZIA – Voleva…suicidarsi…?

PRETE – Si, con questo (prende il coltello). L’ho fermata in tempo.

PIERA – Allora lei non stava…

PRETE – Certo che no! Benedetta donna!

PIERA – Mi perdoni, reverendo, ma sono momenti per una mamma, questi…

GRAZIA – (si sente in colpa) Oh Gesù, cos ho mai fatt..?

                                               Gesù, cosa ho mai fatto…?

PIERA – Natalina, fa mia acsè!…(commossa) ‘T vedrà che mettarò a post tutt…gh’è la to mamma (la accarezza), ‘t vedrà che in d’una manera o in dl’ atra…

                 (al prete) Certo però che lu, pastore di anime, ‘l podriss anca fà qualcos!

             

                  Natalina, non fare così!…(commossa) Vedrai che sistemerò tutto…qui c’è la  mamma (la accarezza), Vedrai che in modo o nell’altro…

                     (al prete) Certo però che lei, pastore di anime, potrebbe anche fare qualcosa!

PRETE – Signora, io ho fatto la notte in bianco, causa vostra, e sono stanco morto! Non ho neppure la forza di…

GRAZIA – (tirandolo in disparte) Padre, mi devo confessare…

PRETE – (spazientito) Ma santa figliola! Ha una chiesa a due passi!

SCENA XII

(Scendono Carlo e Pinei dalle scale; Carlo ha una montagna di lenzuola tra le braccia che lo coprono tutto; inciampa)

PINEI – Ecco, adess i vann portà in d’la lavanderia…cos è stà?

                     Ecco, ora bisogna portarli in lavanderia…cos ‘è  successo?

PIERA – La voriva massas! ‘L capì? E lu cos lass’l seipar di cortei (coltelli) in gir?

             Voleva uccidersi! Ha capito? Perché lascia dei coltelli in giro?

PINEI – Oh la peppa!

GRAZIA – Papà…g’ho da parlàt…

                     Papà, ti devo parlare…

PINEI – L’è mia ‘l momeint…Ma stala bein, adess?

                     Non è il momento…Ma sta bene, adesso?

PRETE – Sembra di si.

PINEI – Meno male. Donca Carlo, ‘g sariss da spaccà un po’ ‘d legna par la stua…In dov et? (Carlo si è buttato esausto su una poltrona) Cos fat lè? Andom, là!

                 (lo prende e lo indirizza verso la cucina) Appena fora da la porta d’la coseina gh’è  ‘l cortil: ‘t trovarà tutto l’occorrente: la marassa e la legna. Va, bravo! L’è bein brav qull ragass ché, àriss mai ditt.

           

             Meno male. Dunque Carlo, ci sarebbe da tagliare un po di legna per la  stufa.  Dove sei? (Carlo si è buttato esausto su una poltrona) Che fai? Andiamo, su!

                     (lo prende e lo indirizza verso la cucina) Fuori dalla porta della cucina c’è il cortile: troverai tutto l’occorrente: l’accetta e  la legna. Va, bravo! E’ ben bravo questo ragazzo,chi avrebbe mai detto.

NATALINA – Carlo…

CARLO – (si gira per dire che non può fermarsi)  Eh…(Pinei lo spinge fuori scena)

PINEI – Un quintal bastarà. Donca cos s’erma dré a dì?

                     Un quintale sarà sufficiente. Dunque, cosa si diceva?

PRETE – (pian piano si addormenta sulla poltrona)

PIERA – S’erma dré a dì che lu ‘l g’ha mia ‘l diritt da rubà ‘l marì a mé fiola! ‘L vist a che pont sum rivà? (si sente il rumore dell’accetta sul legno)

             Stavamo dicendo che lei non ha il diritto di rubare il marito a mia figlia!Ha visto a che punto siamo giunti? (si sente il rumore dell’accetta sul legno)

PINEI – Cos gh’eint’r me? Gh’è  un sul responsabil e l’ha sernì la Grasia, cos g’hoi da fag me? (A Grazia) Stat bein, Grasia?

             Che c’entro io? C’è un solo responsabile che ha scelto la Grazia, che posso farci? (A Grazia) Stai bene, Grazia?

GRAZIA – Papà, seinta un po’…

                     Papà, ascoltami..

PIERA – La finissa mia acsé, me vag dai carabinier! La mé Natalina l’è sta imbottonà par prima e quindi la g’ha la precedeinza!

              Non finisce così, io vado dai carabinieri! La mia Natalina è stata fregata  per prima e quindi ha la precedenza!

PINEI – Parché fala tant bordell? ‘L Carlo ‘l podriss anca cambià idea, no? Me, qull ‘c decida lu, va seipar bein.

              Perché si agita tanto? Carlo potrebbe anche cambiare idea, no? Per me quel che decide lui va  bene.

GRAZIA – Papà, sculta chè! (lo tira in disparte) Papà, me..sum mia incinta…

                     Papà, ascoltami! (lo tira in disparte) Papà, io..non sono incinta…

PINEI – Che roba?! 

                Cosa?

GRAZIA – No, ‘m sum inventà tutt parché…parché ‘l Carlo ‘l m’ha ditt c’l voriva sposà mé, mia lalè.

               No, me lo sono inventato …perché Carlo mi ha detto che voleva sposare me e non lei.

PINEI – Ah!!

GRAZIA - …’c l’era tutta una gabola par tiràl in mezza…ma adess, le la vol massàs, e me poss mia taz…Oh papà…!

                     …che era tutta una trovata per accalappiarlo…ma adesso, lei vuole uccidersi e non posso più tacere…Oh papà…!

PINEI – (respira, sollevato) Signor, ‘t ringrazi!

                 (prende rinnovato slancio e va verso Piera)  Cara Piera, sò con la vita che forse non tutto è perduto. Cla seinta un attim…

            

                    (respira, sollevato) Signore, ti ringrazio!

                     (prende rinnovato slancio e va verso Piera)  Cara Piera, si tiri su che forse non tutto è perduto. Mi ascolti un momentino

PIERA – Cos volal?   

                 Che vuole?

PINEI – Cla vegna con me un minud, parché second me, tra un po’…(finisce la frase all’orecchio di Piera)

             Venga con me un minuto soltanto, perché io credo che fra un po’…(finisce la frase all’orecchio di Piera)

PIERA - …e lassia ché la ragazza?

                     Lascio qui la ragazza?

PINEI – Par forza! Noi ‘s mettum in sorciòn e la vedrà! E vé anca te, Grasia, csè ‘t ta convinc’ anca te.

                 (va alla porta di cucina e urla) Carlo, me vag so con la Grasia e la Piera in camra a mett’la a post. Te finissa a la svelta che po’ gh’è ‘d l’atar da fà! E dà un’occià alla Natalina!

                 (strizza l’occhio alle signore e con Grazia e Piera si posizionano, nascosti, appena sopra le scale).

                    

              E certo! Ci mettiamo ad origliare e vedrà! E vieni anche tu, Grazia, così ti convinci pure tu.

                     (va alla porta di cucina e urla) Carlo,io vado su con la Grazia e la Piera in camera a riordinarla. Finisci alla svelta che poi c’è dell’altro da fare! E  tieni d’occhio  Natalina!

                     (strizza l’occhio alle signore e con Grazia e Piera si posizionano, nascosti, appena sopra le scale).

SCENA XIII

CARLO – (entra furtivamente) Oh Natalina…

PRETE – (addormentato, seminascosto su una poltrona)

NATALINA – (risentita)  Cos voot?  

                                            Cosa vuoi?

CARLO – Oh Natalina, ho capì cos ‘t voriva fà! Ma parché?

                     Oh Natalina, ho capito cosa volevi fare prima! Ma perché?

NATALINA – Parché…’s po mia viiv in chill condizion chè…(singhiozza piano)

                 Perché…non si puo’ vivere in questo modo…(singhiozza piano)

CARLO – (falsamente tenero)  Ma stella!…ahia che màl da scheina…’L mé tesor, fà mia acsé, fam mia cridà  anca me..(le prende una mano e gliela bacia)

                   (falsamente tenero)  Ma stella!…ahia che mal di scheina…’Mio tesoro, non fare così, non far piangere pure me...(le prende una mano e gliela bacia)

PINEI – (lo si vede agitare una man, minaccioso)

NATALINA – Cos ela adess  questa dolcessa?

                       Come mai tanta dolcezza?

CARLO – Ma ‘t g’ariss da saviil, no? Me t’ho seipar vorì bein, seipar.

                     Dovresti saperlo, no? Ti ho sempre voluto bene, sempre.

NATALINA – E lalé?    

                          E quella?

CARLO – Ma chèra, una povra ragazza ‘c la m’è morta a dré, l’era fein matta…(reazione di Grazia) ma a me la m’interessa mia. E po l’è mia vera ‘c l’è incinta.

                  Ma cara, una povera ragazzina che sbava per me, impazzita…(reazione di Grazia) Ma non ho interesse per lei. Poi non è vero che è  incinta.

PIERA – (reazione sul volto di Piera, Pinei le tappa la bocca)

NATALINA – Ah no?!

CARLO – Ma no. L’è stà un’idea sua, par gelosia.. Ah, viat’r donn!

               Ma no. E’ stata un’idea sua, per  gelosia.. Ah, voi donne!

NATALINA – Csè…(soffiandosi il naso) sarissma lib’r, me e te?

                     Così…(soffiandosi il naso) saremmo liberi, io e te?

                

CARLO – Ma sicura. Peinsa ma starum bein in campagna insema, al fresch d’està e al bell chèd d’inver’n.

              Ma certo. Pensa come staremo bene in campagna, insieme, fresco d’estate e caldo in inverno.

NATALINA – (già sognando) Me…e te?  

                                                    Io…e te?

CARLO – Si, chèra…ohi la mé scheina…seipar me e te.

                     Si, cara….ohi la mia schiena…solo io e te.

NATALINA – (tirandosi su)  ‘T piazarà la campagna. Sa stà csé bein: ‘s màngia bein, gh’è l’aria bona e po la mamma l’è tanta bràva.

                           (tirandosi su)  Ti piacerà la campagna. Ci si sta bene: si mangia bene, c’è aria buona e poi la mamma è tanto brava.

PIERA – (gesticola per dire “vedrai!”)

CARLO – Bein, quand andomia?

                     Bene, quando andiamo?

NATALINA – Allora ‘t ma spos?

                     Dunque, mi sposi?

CARLO – Ma sicura, quand ‘t vo!

                     Ma certo, quando vuoi

NATALINA – Promesso?

CARLO – Giuro.

SCENA XIV

(Entrano Pinei, Piera e Grazia)

PIERA – E noi sum testimoni, vera padre? …(urla) Reverendo!

PRETE – (svegliandosi di colpo)  E’?!

PIERA – E c’l sa desda, là!

                     Si svegli, su!

GRAZIA – (tra le lacrime) Oh Carlo…! (corre in cucina singhiozzando) 

PINEI – L’t passarà!

                     Passerà.

PRETE – Che è successo?

PINEI – E’ successo che il signor Carlo Rampini qui presente, si è impegnato, davanti a testimoni, a sposare la qui presente fanciulla.

PRETE – Bene! Ma, l’altra?

PIERA – Una bolla di sapone,  puff!

PRETE – (A Carlo) Figliolo, è vero dunque?

CARLO – (già indeciso)  Eh..si, forse…

PINEI – Et finì da spaccà la legna?

                     Hai finito di spaccare la legna?

CARLO – (Al prete) Si, è vero, è vero!

PRETE – Allora io benedico questa unione che farà felice una famiglia che ha trovato un  nuovo figlio e uno sposo modello.

PINEI – Amen.

PIERA – E un lavoratore incallito! ‘G sarà ancora tutt ‘l fein (fieno) da cargà. Anzi, sarà bein che andum un po’ a la svelta, csé ciappom la correra d’l Giovann.

               E un lavoratore incallito! Ci sarà ancora tutto il fieno da caricare. Anzi, sarà meglio andare velocemente, così prendiamo la corriera del Giovanni.

CARLO – Ma che fein…?

                     Che …fieno?

NATALINA  - Carlo, l’è tanta bella la campagna quand l’è tutta fiorì.

                     Carlo, è tanto bella la campagna quando è tutta in fiore.

PIERA – E gh’è l’erba da rasgà!

                     E c’è l’erba da segare!

PINEI – Con le mucche da latte…

PIERA - …’C gh’è da monz! Andom bell giovnott.

                     Che vanno munte! Andaimo, giovanotto

CARLO – (titubante) Ma io…

PIERA – Vot ciappà subit un barton in s’n’uriccia?

                     Vuoi prendere subito una manata in testa?

NATALINA – Sembra cattiva, ma è tanto buona…

PIERA – Taz te, ‘c g’um ancora da fà i coint!

                Zitta tu, che abbiamo ancora dei conti da fare!

PRETE – La benedizione del Cielo sia con voi.

PIERA – Donca, g’ava appena la borsetta…(la prende) Pinei, noi andum: passarò voin d chi dé ché a pagà, adess g’ho mia teimp. Arved’s e grasie.

             Dunque, avevo solo la borsa…(la prende) Pinei, noi andiamo: verrò uno dei prossimi giorni a pagare, ora non c’è tempo. Arrivederci e grazie.

PINEI – C’la pàssa a contam cmé va ‘l matrimoni.

             Passi a raccontarmi del matrimonio.

PIERA – Seinz’atar! Andà viatar! (spinge fuori Carlo e Natalina) Dum’s almeno un basein, Pinei…(al prete) Lu c’l guarda mia!  (bacia Pinei)

              Sicuro! Andate, voi! (spinge fuori Carlo e Natalina) Diamoci almeno un bacetto, Pinei…(al prete)  Le non guardi!  (bacia Pinei)

PINEI – Cmé la fura (come punge)!

PIERA – Donna pelosa, donna virtuosa! Andì là, viatar du! (escono Piera Carlo  Natalina).

                     Donna pelosa, donna virtuosa! Andate voi due! (escono Piera Carlo e Natalina).

PINEI – Anca qusta l’è fatta. Se adess lu ‘l voriss riposàs, forse ‘l gà riessa.

                  Anche questa è fatta. Se ora vuole riposare, forse ci riesce.

PRETE – No grazie. Riposare in questo posto credo sia impossibile. M’incammino verso il Duomo…(sbadiglia)

PINEI – Prima però, reverendo, c’l ma fagga un piazer: c’l ma benedissa la pension, na capita seipar ‘d tutt i color?

             Prima però, reverendo, mi faccia una cortesia: benedisca la pensione, ne capitano sempre di tutti i colori (modo di dire, n.d.a.)?

PRETE – Ma certo. Come si chiama questo posto?

PINEI – Pensione Grazia, ma voriss cambial in Pension Disgrassia.

                     Pensione Grazia, ma vorrei cambiarlo in Pensione Disgrazia.

PRETE – (fa i gesti) Ecco, io benedico te e le tua pensioncina che porta un così dolce nome, nel nome del Padre, del Figliolo e dello Spirito Santo. E che Dio ci auti.

PINEI – (a capo chino)  Ora e per sempre.

PRETE – Addio, figliolo (si stringono la mano ed il prete esce)

PINEI – Addio padre…e anca lu l’è andà via seinza pagà. (Si rivolge alla moglie) Un fatt di affari incò, eh, veccia?  (prende la scopa) Ah, sum bein stuff da fà tutt da par me…

             Addio padre…e anche lui se ne va senza pagare. (Si rivolge alla moglie) Abbiamo fatto affari oggi, eh, moglie?  (prende la scopa) Sono così stanco di fare tutto da solo…

SCENA XV

VITTORIA – (entra dall’ingresso principale; è tutta ammaccata in volto)

PINEI – (si blocca)  Vittoria! Cos ala fatt?

                                 Vittoria,cosa è successo?

VITTORIA – (cerca di nascondere il volto)  Chi? Me?    

                                                                                Io??

                    

PINEI – E si, parbacco! L’è tutta segnà in fassia! Cos é success?

                  E si, perbacco! Ha tutta la faccia segnata! Cos’ é successo?

VITTORIA – E’ success qull ‘c capita a vuna cmé me quand la porta mia di sood a cà…

                     E’ successo ciò che capita a una come me che non porta soldi a casa…

PINEI – (capendo)  ‘L l’ha piccà…

                                 L’ha picchiata?

VITTORIA – Qusta l’è la vita, chèr ‘l mé Pinei, qusta l’è la vita: atar che strangolòn, dispiazer e qualca cassott quand la và mal.

                 E po, quand t’è veccia, ‘t trann via cmé una schèrpa rotta in d’un canton!

                 Zà tant: chi’s preoccupa ‘d vuna cmé me? ‘L dé  ‘c craparò,  ‘l giornal na parlarà mia sicur e ansion trarrà una lacrima. Eppur ‘d la gint n’ho contintà, no?

                 Gh’èvia mia anca me il diritt d’avigh una vita m’s deev, Eh? (commossa) I error ‘s pagan, ma ‘l prezzi l’è sta un po’ tropp chèr. Una vita csé l’è una roba da augurà gnan al po gram dal mond…!

                 ‘L Po l’è gross, sal? E me ho pargà parché ‘l gniss fora una bona voota e con l’acqua e la mota ‘l cattass so tutt! La città, la campagna, ‘l cà, ‘l piant e tutta la marsimonia e la cattiveria, csé pr’un bel po  ‘g pensarum po’!

                 (corre alla porta esterna, si ferma e mentre guarda fuori, con una  mano sulla bocca comprime i singhiozzi).

                     Questa è la vita, Caro Pinei, questa è la mia vita: nient’altro che offese, dispiaceri e qualche pugno quando va male.

                     E poi, quando sei vecchia, ti buttano da parte come una scarpa vecchia!

                     Tanto: chi si preoccupa di una come me? Il giorno che morirò il giornale non ne parlerà di certo  e nessuno spenderà una lacrima per me.  Eppure di gente ne ho soddisfatta, no?

                     Non avevo anch’io diritto ad una vita per bene, eh? (commossa) Gli errori si pagano, ma il prezzo è stato troppo alto. Una vita così non voglio augurarla nemmeno al più cattivo del mondo…!

                     Il Po è pieno, sa?  E io ho pregato perché uscisse dagli argini  e con l’acqua e  il fango coprisse tutto! La città, la campagna, case, piante e tutto il marciume e  la cattiveria, così per un po’ non ci penseremo più!

                     (corre alla porta esterna, si ferma e mentre guarda fuori, con una  mano sulla bocca comprime i singhiozzi).

PINEI – (dopo una pausa lunghissima, visibilmente scosso) Vittoria, c’là ma sculta un attim e c’la capissa bein parché so mia se sarò bon da diil una seconda vota.

                 Anca me sum drè a vegn vecc.  E sum stuff da andà innans csé. G’ho mia po la forza da sopportà…(conclude la frase con un gesto)

                 La Grasia, finì i studi, la farà ‘l so mister e basta. Ché ‘g restarò appena me. No, c’lam lassa finì!

                 Me g’ho ‘d bisogn d’una man, d’un aiut par tirà innans la baracca, che po’ l’è tutta la mé vita! Un aiut in coseina, pr’l camar, al bancon …

                 Se la vol, Vittoria, me la ciapp  in dla mé pension, par dàm una man. Le la g’ha fassia bona e una bona favella: l’è propria la parsona giusta, e me sariss conteint da vedla mia po in qull stat lé a  fa una vita compagna…No, c’la diga mia gnint, par piazer! C’lag peinsa!

                 ‘L sior  ‘c l’è  sta csé bon a drovà ‘l man con una donna, ‘l mettarum a post, ‘l ma fà mia pagura!

                 ‘D dé da stà ‘l mond ‘g n’arum mia abotta, vedum da stag almeno  appena bein…Cambiarum num,  la ciamarum Pensione Vittoria, ‘g piazal?

                 E adess cla ma scusa… g’ho da andà a fa un lavor dadlà…

                 (va per nascondere la commozione; si ferma un momento sotto la foto della moglie) Ricordat i  numar dal lott! (esce per la cucina)

     (dopo una pausa lunghissima, visibilmente scosso) Vittoria, mi ascolti bene e cerchi di capire subito perché forse non sarò in grado di ripetere.

                     Anch’io sto invecchiando. E sono stanco di andare avanti così. Non ho più la forza per sopportare….(conclude la frase con un gesto)

                     La Grazia, finiti gli studi, farà il suo mestiere. Qui resterò da solo. No, mi lasci finire, la prego!

                     Mi serve una mano per tirare avanti la baracca, che poi è tutta la mia vita! Un aiuto in cucina, per le camere, al bancone …

                     Se vuole, Vittoria, io la tengo nella mia pensione, come aiutante. Lei ha faccia tosta e una bella parlantina: proprio la persona giusta, e io sarei contento di non vederla più fare una vitaccia del genere…No,  non dica nulla, per favore! Ci pensi!

                     Quel signore che è stato capace di alzare le mani su una donna, lo sistemeremo, non mi fa paura!

                     Di giorni da stare al mondo non ne avremo tanti ancora,  cerchiamo di viverli bene, almeno…Cambieremo il nome,  la chiameremo Pensione Vittoria,  le piace? Ora mi scusi… devo fare una cosa di là…

                     (va per nascondere la commozione; si ferma un momento sotto la foto della moglie)   Ricordati i numeri del lotto!   (esce per la cucina)

                

Vittoria rimane in piedi, interdetta. Le lacrime le hanno rovinato tutto il trucco. Si sente una voce lontana che urla “ Al Po al calla, al calla…siamo salvi”. Vittoria guarda prima verso la cucina, poi fuori, dove è uscito un caldo raggio di sole che illumina tutta la scena.

Parte una musica dolcissima.

Si toglie la parrucca, respira profondamente ad occhi chiusi, poi lentamente si avvia verso la porta della cucina.  Si ferma un attimo, si rigira verso la scena, butta la parrucca su una poltrona e dopo un ultimo sguardo alla sua pensione sparisce.

La musica aumenta di volume.

s  i   p   a    r   i  o

F   i   n   e