Per favore, lascia che ti ammazzi!

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TITOLO_ E LA VITA CONTINUA…

ALDO LO CASTRO

PER FAVORE, LASCIA CHE TI AMMAZZI!

Commedia in due atti

MARZO 2007

       PERSONAGGI:

ANGELA

TOMMASO, il defunto marito

GOFFREDO, il secondo marito

ORNELLA, l’avvocatessa

LEDA, la cameriera

ATTO PRIMO

Salotto di appartamento molto raffinato. Porte a destra e a sinistra. Sul fondo, una parete attrezzata nella quale hanno trovato posto, fra le altre cose,  un impianto stereo e  parecchi libri. Uscita comune sul fondo, a sinistra. L’arredamento appare molto curato: pochi ma eleganti mobili. Alcune poltrone, un tavolinetto e, al centro, un divano.Sulla parete di destra, un pregiato orologio. All’apertura del sipario, in scena, Angela e Ornella, l’Avvocatessa.

Ornella è in piedi, a braccia conserte. Angela, sprofondata sul divano, sospira rumorosamente.

ANGELA – E dunque?

ORNELLA – Mi spiace debba essere io a…

ANGELA – Falla corta!

ORNELLA – Tommaso, purtroppo, negli ultimi tempi, ha dovuto risolvere mille problemi per evitare il fallimento dell’azienda…

ANGELA – Ornella, i dettagli amministrativi dell’azienda, al momento, non m’interessano minimamente. Andiamo al nocciolo della questione.

ORNELLA – Capisco. Tuttavia, ho il dovere professionale di renderti nota la situazione…

ANGELA – Avresti dovuto pensarci prima a “rendermi nota” la situazione!

ORNELLA – Quando… “prima”?

ANGELA – Prima! Prima che lui morisse.

ORNELLA – Punto “a”: l’improvvisa morte di tuo marito – che aveva solo un lieve problema vascolare – ha colto di sorpresa tutti, me compresa. Punto “b”: tuo marito – ovvero il mio datore di lavoro – mi aveva categoricamente proibito di rendere pubblica la condizione deficitaria in cui versava l’azienda. Ergo, la consegna di mantenere il segreto riguardava chicchessia, ivi inclusi mogli, parenti, consanguinei e affini.

ANGELA – Ne hai ancora per molto?

ORNELLA – Punto “c” e ultimo: probabilmente, consentimelo, se tu fossi stata più vicina a Tommaso…

ANGELA – Punto “a”: non accetto lezioni di comportamento coniugale. Punto “b”: considerando la tua estrema vicinanza fisica e spirituale a Tommaso, non puoi non sapere che io e lui eravamo praticamente separati in casa. Punto “c” e ultimo: sto realizzando, non senza orrore, che la mia eredità è pressochè uguale a zero centesimi. Ergo, gentile avvocato nonché ex amministratore, ti chiedo: confermi il punto “c”?

ORNELLA – Confermo.

ANGELA – Bene… si fa per dire.

ORNELLA – A parer mio, è già una fortuna che tu non ti sia ritrovata in una posizione debitoria non indifferente.

ANGELA – Che culo!

ORNELLA – Tommaso, infatti, per far fronte agli impegni coi creditori, ha avuto appena il tempo di liquidare il patrimonio aziendale e azzerare i debiti. E ti assicuro che se non fosse successa la disgrazia… Insomma, a parer mio, fra un anno o poco più, sarebbe ritornato a galla alla grande.

ANGELA – (tra sé) A saperlo!

ORNELLA – Sapere… cosa?

ANGELA – Eh? No, dico… io sono sempre stata l’ultima a sapere le faccende che riguardavano mio marito, mentre tu, invece…

ORNELLA – Io ero il suo amministratore, Angela. E’ ovvio che io sia a conoscenza di tutto, ti pare?

ANGELA – (con malcelata ironia) Già. Assolutamente ovvio.

ORNELLA – Negli ultimi giorni, mi aveva anche illustrato un progetto a dir poco geniale. E le banche erano già disponibili a finanziare in toto…

(Rapido cambio luci. Un ”occhio di bue” su Angela, assorta a rievocare recenti ricordi. Una musica ad hoc anticiperà la materializzazione del ricordo. Buio per un istante. Quando la scena sarà nuovamente illuminata, non vediamo più Angela e Ornella. Ora, sul divano, v’è seduto Tommaso che legge nervosamente un giornale. Entra Angela).

2-

ANGELA – Hai già fatto colazione?

TOMMASO – Sì.

ANGELA – (si siede in poltrona e accende una sigaretta)  Anch’io.

TOMMASO – “Anch’io” cosa?

ANGELA – Anch’io ho fatto colazione.

TOMMASO – Non dovresti fumare, lo sai, vero?

ANGELA – Sì, lo so.

TOMMASO – E allora perché continui a fumare?

ANGELA – Perché ne ho voglia.

TOMMASO – Non è una ragione.

ANGELA – E’ l’unica ragione. E comunque, nessuno dovrebbe fumare – a sentire le raccomandazioni dei medici – ma fumano quasi tutti, compresi i medici e compreso te.

TOMMASO – No. Io ho smesso.

ANGELA – Da quando?

TOMMASO – Da mezz’ora.

ANGELA – Riconosco che sei tenace.

TOMMASO – Ma tu non mi aiuti di certo!

ANGELA – Aiutarti? E in che modo, scusa?

TOMMASO – Non fumando, per esempio.

ANGELA – Che c’entro io con la tua decisione di smettere di fumare?

TOMMASO – Vedo te che aspiri con voluttà il fumo della sigaretta e allora…

ANGELA – Se può esserti di aiuto, aspirerò il fumo fingendo che mi faccia schifo.

TOMMASO – Ma non è questo il punto! Va bene! Dove ho messo le sigarette? Hai vinto tu. (Da un cassetto, tira fuori il pacchetto di sigarette e ne accende una)

ANGELA – Io avrei vinto?! Sei tu che hai perso.

TOMMASO – E non ti chiedi perché abbia perso?

ANGELA – Dovrei?

TOMMASO – La colpa è tua. Fumare sotto i miei occhi… Che idea!

ANGELA – La prossima volta che decidi di smettere di fumare, avvertimi in tempo: accenderò ugualmente la sigaretta ma fumerò con un tale disgusto da provocarti il vomito.

TOMMASO – (sospira) Angela, sforziamoci di passare questa domenica in modo tranquillo… senza litigare.

ANGELA – Sono d’accordo. Fumiamo in santa pace.

(I due, in silenzio, continuano a fumare)

TOMMASO – Come mai non esci con le tue amiche, oggi?

ANGELA – Più tardi, forse, se ne avrò voglia. E tu non vai a giocare a tennis con la tua preziosa avvocatessa?

TOMMASO – Al punto in cui ci troviamo, questa gelosia è fuori posto.

ANGELA – La mia non è gelosia ma ironia.

TOMMASO – Trovo che anche l’ironia sia assolutamente inopportuna.

ANGELA – Comunque, non hai risposto alla mia domanda.

TOMMASO – Che domanda?

ANGELA – Se vai a giocare a tennis con Ornella.

TOMMASO – No, non vado a giocare a tennis con Ornella né con altri. Adesso mi spieghi perché mai vuoi saperlo?

ANGELA – Semplice curiosità.

(Tommaso si alza)

            Dove vai?

TOMMASO – Che cavolo ti succede? Perché tanto interesse nei miei confronti, oggi? Sputa il rospo. Cosa c’è sotto?

ANGELA – Chissà… Potrebbe essere un tentativo per recuperare il nostro matrimonio.

TOMMASO – Ridicolo. Dovresti invece valutare seriamente la mia proposta di divorzio. E’ da mesi che ne parliamo.

ANGELA – Odio l’istituto del divorzio esattamente quanto quello del matrimonio.

TOMMASO – Affermazione contraddittoria e insensata.

ANGELA -  E perché? Subisco con estrema sofferenza, la sacralità del matrimonio e non approvo affatto il ripiego al divorzio. Tutto qui. Lo trovi contraddittorio e insensato?

TOMMASO – Ma Dio Santo, se esiste una scappatoia per recuperare la nostra serenità e la nostra indipendenza, perché rifiutarla?

ANGELA – Tommaso, ti prego di non discuterne più. Noi non divorzieremo mai. Mettitelo bene in testa. Piuttosto, ti ammazzo.

TOMMASO – Cosa?!

ANGELA – Ti ammazzo.

TOMMASO – Ma… sei impazzita? Ti senti bene?

ANGELA – Ottimamente.

TOMMASO – (tra il serio e il faceto) D’accordo. Procurati un’arma, allora. Il morituro t’aspetta nello studio. (Via)

3-

 ANGELA – (fredda e determinata) L’ho già procurata l’arma, caro il mio morituro. E’ un’arma rapida, discreta, inodore, insapore, incolore, invisibile e, quel che più conta, non lascia la minima traccia. Non v’è autopsia che tenga.

(Versa un po’ d’acqua in un bicchiere. Da un cassetto tira fuori una bottiglietta e lascia cadere qualche goccia del contenuto nel bicchiere).

            (Chiama) Leda!

LEDA – (entra) Sì, signora, comandi.

ANGELA – (le consegna il bicchiere) La medicina di mio marito. Portagliela: il signore è nel suo studio. Fosse per lui, la dimenticherebbe regolarmente.

LEDA – Sì, signora. Gliela porto subito.

ANGELA – Assicurati che la prenda fino all’ultima goccia.

LEDA – Va bene. Stia tranquilla. (Esce)

ANGELA – (sembra attendere che accada… qualcosa) L’effetto dovrebbe essere immediato. Vediamo se è vero. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci… Adesso!

(Da f.s. si sente la voce disperata di Tommaso che chiama la moglie).

            Verissimo: l’effetto è immediato.

4 –

(Il ricordo si esaurisce qui. Buio per un istante. Poi, in scena, ancora Angela, seduta, e Ornella).

ORNELLA – Ma… mi stai ascoltando?

ANGELA – Sì, sì… ho capito… il progetto… Ma cosa vuoi che me ne freghi, ormai?

ORNELLA – Parliamoci chiaro, Angela. Il progetto che ti ho appena esposto, fa parte dell’eredità di Tommaso.

ANGELA – In che senso?

ORNELLA – Nel senso che potresti realizzarlo tu.

ANGELA – Ma nemmeno per sogno! Non sono un’imprenditrice, io. Non saprei nemmeno da dove cominciare.

ORNELLA – Avresti, ovviamente, la mia consulenza e la mia assistenza.

ANGELA – No, grazie, l’affare non m’interessa.

ORNELLA – Pensaci bene.

ANGELA – Ci ho già pensato: no.

ORNELLA – Mi spieghi come farai a vivere? Se si eccettua questa casa sulla quale peraltro graverebbe una piccola ipoteca…

ANGELA – Graverebbe o grava?

ORNELLA – Grava.

ANGELA – In parole povere, mi stai parlando di roba da pagare…?

ORNELLA – Naturale.

ANGELA – E… quanto?

ORNELLA – L’ipoteca è di 300.000 euro…

ANGELA – Cosa?!

ORNELLA – Non t’impressionare. Resta solo da estinguere il debito residuo.

ANGELA – E cioè?

ORNELLA – 20.000 euro.

ANGELA – Che bastardo!

ORNELLA – Chiaramente, ti riferisci al defunto…?

ANGELA – Ma guarda in quali casini mi ha cacciato, lo stronzo!

ORNELLA – Angela, ti prego, un po’ di rispetto per chi non c’è più!

ANGELA – Un po’ di pietà, invece, per chi c’è ancora!

ORNELLA – Se mi dai ascolto, se mi dai l’incarico di procedere, a tuo nome, alla realizzazione di quel progetto…

ANGELA – E insisti col progetto?!

ORNELLA – Bada che ti offro una fonte di guadagno rilevante.

ANGELA – E tu? Cosa ci guadagneresti, tu?

ORNELLA – Solo la mia parcella di consulente e il trenta per cento sugli utili.

ANGELA – Troppo poco.

ORNELLA – E’ sufficiente.

ANGELA – Realizzalo da sola, il tuo geniale progetto e sarà tuo il cento per cento degli utili.

ORNELLA – Figurarsi! Io sono soltanto un avvocato!

ANGELA – Ed io soltanto una vedova.

ORNELLA – Appunto. La vedova di Tommaso Anselmi. Ti basterebbe uno schiocco di dita per ottenere qualsiasi credito.

ANGELA – Io vorrei tanto che mi bastasse uno schiocco di dita perché tu la piantassi con questo tormentone!

ORNELLA – E va bene. Come vuoi. Il mio era solo un tentativo di aiutarti… visto che ti trovi in difficoltà.

ANGELA – Me la caverò, non preoccuparti.

ORNELLA – Non so come ma… se a te va bene così…

ANGELA – Quel cazzo di debito… i 20.000 euro, dico, in quanto tempo dovrò pagarli?

ORNELLA – In due anni. La prossima rata di 10.000 scadrà fra un anno esatto.

ANGELA –In un anno può accadere di tutto.

ORNELLA – Già. Bene. Io vado, allora.

ANGELA – Aspetta. Una raccomandazione.

ORNELLA – Sì?

ANGELA – Bada che vige ancora la consegna del silenzio.

ORNELLA – A cosa ti riferisci?

ANGELA – Desidero che nessuno sia a conoscenza della mia reale condizione economica. Chiaro?

ORNELLA – A me sta benissimo ma… posso chiederti la ragione per cui tu…

ANGELA – Affari miei. E comunque, non sopporto la commiserazione ipocrita della gente. Preferisco si continui a pensare che la sottoscritta navighi in acque più che tranquille. .

ORNELLA – D’accordo. Da me nessuno saprà nulla. Adesso, ti lascio. Per qualsiasi problemi, sai come rintracciarmi.

ANGELA – Va bene, ti ringrazio.

ORNELLA – Ciao e… buona fortuna.

ANGELA – Ne avrò bisogno. Ti accompagno.

ORNELLA – Non preoccuparti, conosco la strada. (Esce)

5 –

(Angela rimane da sola, pensierosa. Accende nervosamente una sigaretta. Poi chiama Leda, la cameriera che entra subito dopo).

LEDA – Comandi, signora.

ANGELA – Siedi. Devo parlarti.

LEDA – (siede) Sì, signora.

ANGELA – Leda, purtroppo la mia nuova situazione… Insomma, credo che io non sia più in grado di permettermi una domestica. Almeno per il momento. Lo so, è spiacevole per tutte e due ma non posso decidere altrimenti. Comunque, non preoccuparti, ho diversi amici facoltosi. Vedrai che non mi sarà difficile trovarti un nuovo impiego e…

LEDA – Non occorre che mi cerchi un altro impiego, signora, perché io resto qui. A meno che lei voglia cacciarmi via.

ANGELA – Ma che cacciarti! Allora non hai capito. Non posso continuare a pagarti. Non ho un centesimo. Ascolta, voglio essere sincera con te, anche perché so che quel che ti dirò non uscirà da queste mura: mio marito non mi ha lasciato un soldo. Anzi, per dirla tutta, mi ritrovo persino con i debiti. Ti è chiara la faccenda, adesso?

LEDA – Sì, signora, perfettamente.

ANGELA – E sei disposta a restare ugualmente?

LEDA – In questi cinque anni, ho messo da parte una discretta sommetta. Tirerò avanti con quella. Anzi… se lei permette… spero non si offenda… Voglio dire, se ha dei problemi, conti pure su di me.

ANGELA – Mi daresti persino del denaro?!

LEDA – Ne sarei onorata. Veda, signora, dopo tanti anni, ci si affeziona… Sono molto legata a questa casa, a lei… al signore, poverino… quand’era in vita… e quindi…

ANGELA – Ho capito e… non ho parole. Ti ringrazio, Leda, sei molto cara. Credo, comunque, che non sarà necessario tu mi presti dei soldi… (Pausa. Riflette per qualche istante) Ho già in mente d’intraprendere un’attività sufficientemente redditizia.

LEDA – Lei, signora, è una donna intelligente e capace. Sono certa che se la caverà benissimo. Posso chiederle cosa ha intenzione di fare?

ANGELA – La puttana.

LEDA – La… che?

ANGELA – La puttana. E’ la professione che mi riesce meglio. Del resto, non saprei fare altro.

LEDA – Ma… signora… Lei… sul marciapiedi… di notte?!

ANGELA – Ma che marciapiedi! I miei clienti stanno più in alto: grattacieli, ville, palazzi nobiliari, alberghi di lusso…!

LEDA – Capisco.

ANGELA – E nella mia agenda, i porci e i maniaci facoltosi abbondano.

LEDA – Ci ripensi, signora… Io non credo sia una scelta felice…

ANGELA – Di più: è una scelta del tutto infelice ma non ne ho altre. Bere o affogare, non ho altre vie d’uscita.

LEDA – E lei ha deciso… di bere.

ANGELA – Sì. E in ossequio al detto “Chi ha tempo, non aspetti tempo”, è meglio darsi da fare fin da subito. Vado a fare qualche telefonata, giusto per sondare… il mercato. (Via)

6 –

(Leda rimane da sola, per qualche istante, a riflettere. Improvvisamente, appare il fantasma di Tommaso. Leda non sembra affatto sorpresa né turbata).

TOMMASO – Brava.

LEDA – Mi spiace, signore, io non credo che… insomma, io rinuncio, signore.

TOMMASO – Ti ho già detto di non chiamarmi “signore”.

LEDA – E’ l’abitudine, signore…

TOMMASO – Nel mio mondo non ci sono “signori”. Siamo tutti dei “trapassati”, punto.

LEDA – Mica posso chiamarla “Trapassato”!

TOMMASO – Sarà sufficiente “Tommaso”.

LEDA – Va bene: Tommaso. Ebbene, Tommaso, io non me la sento.

TOMMASO – Forse non hai afferrato, Leda: tu non hai alternative. “Devi” condurre a termine la missione che ti ho affidato.

LEDA – Ma perché proprio io?

TOMMASO – (senza rispondere) Bada che noi trapassati, alle volte, diventiamo cattivi, vendicativi… Tremendamente vendicativi. Non ti darei pace ovunque ti trovassi: né di giorno né, soprattutto, di notte!

LEDA – Io vorrei aiutarla, signore… cioè, Tommaso ma non credo di esserne capace, ecco.

TOMMASO – Hai già cominciato benissimo, sta’ tranquilla. Del resto, il tuo compito non presenta alcuna difficoltà. Devi soltanto eseguire le mie istruzioni – con molta scrupolosità, s’intende.

LEDA – E se posso esprimere la mia opinione, il suo piano, sign… Tommaso, mi sembra piuttosto disdicevole.

TOMMASO – Disdicevole? No, l’aggettivo più adatto è “letale”.

LEDA – Appunto.

TOMMASO – Leda, tu dimentichi. La signora puttana che in questo momento è impegnata a procacciarsi clienti, mi ha leggermente assassinato. Per denaro. Giudichi il piano di mia moglie meno “disdicevole”?

LEDA – Altrettanto disdicevole.

TOMMASO – Direi!

LEDA – Anche se non sono del tutto convinta che la signora abbia davvero voluto ucciderla, signo…

TOMMASO – Ma allora, sei scema!

LEDA –  Quando è stato eseguito l’esame necroscopico sul suo – con tutto il rispetto – cadavere, non è stata trovata la ben che mimima traccia di veleno.

TOMMASO – Ovvio. Durante il suo ultimo viaggio in Brasile, a mia insaputa, s’era procurata una sostanza micidiale quanto invisibile. Entra in circolo nel sangue e viene assorbita rapidamente non lasciando, appunto, alcuna traccia.

LEDA – Ma se lei ignorava l’esistenza di questo veleno, come fa a sapere che…

TOMMASO – Lo ignoravo da vivo ma adesso, so. I morti sanno tutto, cretina.

LEDA – Ah, già, dimenticavo.

TOMMASO – Basta con le chiacchiere, ora. Ora, bisogna organizzarsi. Ti ho già parlato di quel tizio, mi pare…

LEDA – Cento volte. Si chiama Goffredo ed è um ex fidanzato della signora.

TOMMASO – Bene. Mi piaci perché sei sveglia.

LEDA – Grazie, sign… Tommaso.

TOMMASO – Fra un minuto, Goffredo entrerà in questa casa. Sai perfettamente come regolarti. Ecco, sta per suonare alla porta. A dopo. (Scompare)

(Si sente suonare alla porta)

LEDA – Ma come faceva a sapere che stava per suonare…

VOCE DI TOMMASO – I morti sanno tutto…

LEDA – (lo anticipa) … cretina.

VOCE DI TOMMASO - … cretina!

7 –

(Leda va ad aprire la porta. Un momento dopo, rientra con Goffredo)

LEDA – Si accomodi pure, signor Goffredo.

GOFFREDO – (strabiliato) Come… come fa a conoscere il mio nome?

LEDA – Ah, beh… La signora, da qualche tempo, non fa che parlare di lei. Le dirò, anzi, che in un certo senso, l’aspettavamo.

GOFFREDO – Davvero stupefacente! Non avrei mai immaginato … Insomma, stento a credere che dopo dodici anni, Angela…

LEDA – E’ così: non l’ha mai dimenticata. Ma faccia conto che io non glielo abbia detto e di non saperne nulla. La signora è troppo orgogliosa per ammetterlo e non mi perdonerebbe di averle rivelato le sue confidenze: mi licenzierebbe in tronco ed io non posso permettermelo.

GOFFREDO – Stia tranquilla, non le dirò nulla.

LEDA – La ringrazio. Anzi, quando la signora, nel vederla, fingerà meraviglia, lei stia al gioco.

GOFFREDO – Naturalmente.

LEDA – Mi auguro solo che le sue intenzioni, signore, siano serie e oneste.

GOFFREDO – In… che senso?

LEDA – E’ inutile nasconderlo: la signora ha ereditato un enorme patrimonio dopo la dipartita del povero signor Anselmi.

GOFFREDO – Beh, questo lo immaginavo...

LEDA -–Ma io sono certa che a lei non interessano affatto le ricchezze della signora.

GOFFREDO – Ah, no, assolutamente! Lo posso giurare davanti… Insomma, lo posso giurare. Ma è davvero così consistente il patrimonio Anselmi?

LEDA – Direi proprio di sì.

GOFFREDO – Ah, ma non importa! Ricca o povera, io sono stato da sempre innamorato di Angela ed ora, se possibile, più di prima! 

LEDA – La sincerità è una virtù rara. Noto con piacere che lei la possiede. Senta… Lei, Goffredo, mi sta simpatico. Mi permette di darle un piccolo consiglio?

GOFFREDO – Ma certo.

LEDA – Io non conosco le sue condizioni economiche…

GOFFREDO – Le “sue” della signora o le “sue”, le mie?

LEDA – Le “sue” sue…

GOFFREDO – Le mie, volevo ben dire… giacchè quelle della signora, l’abbiamo già assodato, sono floride, giusto?

LEDA – Più che floride, lo ribadisco. Dunque, le dicevo, seppure lei fosse l’ultimo degli spiantati, beh, non lasci trapelare alcunchè. Un uomo come lei, in uno slancio di franchezza, potrebbe lasciarsi sfuggire qualcosa… Insomma, faccia intendere d’essere sufficientemente ricco…

GOFFREDO – Lei crede che sia…

LEDA – Indispensabile, sì. Bene. Adesso, vado ad annunciarla…

VOCE DI ANGELA – Leda, come avevo previsto, è stato semplice come bere un bicchier d’acqua: tre appuntamenti già concordati…

8 –

ANHELA – (entra) Che ti dicevo? (S’accorge di Goffredo e rimane stupita) Tu?!

GOFFREDO – Ciao, Angela.

LEDA – Il signore è appena arrivato, signora. Stavo giusto per annunciarlo… Se la signora non ha bisogno di me…

ANGELA – Sì, va’ pure, Leda, grazie.

(Leda, via).

GOFFREDO – Ciao, Angela.

ANGELA – Ma… da dove salti fuori, tu?

GOFFREDO – Premetto che se, adesso, mi cacciassi da casa tua, non potrei biasimarti… Avresti tutte le ragioni di questo mondo…

ANGELA – Non è detto che non lo faccia. Ma prima di sbatterti fuori, sono curiosa di sapere il motivo della tua ingiustificata e inaspettatissima visita.

GOFFREDO – E’ giusto… Mi consenti, però, preventivamente, una domanda? Da quando… diciamo così, ci siamo persi di vista, hai mai pensato a me?

ANGELA – Mai. O meglio, sì, ti ho pensato…

GOFFREDO – Volevo ben dire…

ANGELA – E’ stato… dodici anni fa… al… come cacchio si chiamava quel bar…?

GOFFREDO – Il “Green Bar”.

ANGELA – Sì, il “Green Bar”.  Avevamo un appuntamento, al “Green Bar”, noi due…

GOFFREDO – Esattamente alle 11.

ANGELA – Scopro, non senza stupore, che la tua memoria, come il vino, è alquanto migliorata, col passare del tempo. Peccato che dodici anni fa, fossi così svanito!

GOFFREDO – Se non venni a quell’appuntamento… se sono sparito improvvisamente… avrò avuto dei buoni motivi, non credi?

ANGELA – Ah, non ne ho alcun dubbio.

GOFFREDO – Un giorno ti racconterò tutto.

ANGELA – E chi ti dice che “un giorno” io voglia saperlo?

GOFFREDO –Ti capisco, sai? Ai tuoi occhi, io non sono che uno sciagurato idiota…

ANGELA – Sciagurrato, forse… Idiota, certamente.

GOFFREDO -  Ma… sei proprio sicura di non avermi mai pensato, in tutto questo tempo?

ANGELA – E insisti?! Vuoi che te la dica tutta? Ebbene, se escludiamo le due ore dopo le 11 di quel fatidico giorno – durante le quali t’avrei ucciso –ho assolutamente dimenticato – e sottolineo “assolutamente” – il tuo nome e la tua effigie! T’è chiaro il concetto, ora?

GOFFREDO – Eppure… ero certo che…

ANGELA – Eri certo di che? Che io, in tutti questi anni, non abbia fatto altro che sbavare per te?

GOFFREDO –Non dico questo né per tutto il tempo… Magari ti sarà scappato di pensarmi un pò, dopo la morte di tuo marito…

ANGELA – Ma di’, sei scemo? Chi ti ha messo in testa queste balordaggini?

GOFFREDO – Ma allora… quella… che cazzo mi ha detto…?

ANGELA – Non ho capito… Che stai bofonchiando?

GOFFREDO – Angela, ti prego, dimentichiamo ogni cosa… Io, adesso, sono qui, con te!

ANGELA – Lo vedo. Ma trascuri un piccolo particolare: sei in ritardo! Di dodici anni! E io tengo parecchio alla puntualità.

GOFFREDO – Dodici anni, lo so e ti chiedo perdono per il mio spregevole comportamento. Guarda, in ginocchio… (esegue) Ti chiedo perdono in ginocchio. Che altro posso fare?

ANGELA – Risparmiati questa ridicola sceneggiata. Insomma, alzati, imbecille!

9 –

(Appare Tommaso, non visto dai presenti, naturalmente)

TOMMASO – (si rivolge a Goffredo) Cambia strategia, amico mio.

GOFFREDO – (sembra quasi aver sentito. Si alza lentamente) Hai ragione tu… Sono imperdonabile. E anche uno stupido illuso. A questo punto, credo sia più opportuno andar via…

ANGELA – No! Non prima di avermi chiarito perché mai, improvvisamente, salti fuori dalle viscere del passato e piombi in casa mia!

GOFFREDO – Davvero non riesci ancora a capirlo?

ANGELA – No. Evidentemente non brillo per intelligenza.

GOFFREDO – Io… non ti ho mai dimenticata, Angela…

TOMMASO – Coraggio, continua!

ANGELA – E allora?

GOFFREDO – E allora… credo di non aver mai smesso di amarti.

ANGELA – (ride) Scusami… ma la faccenda è talmente comica…

TOMMASO – Attento, non demordere!

GOFFREDO – E’ buffo, vero? Buffo che, dopo così tanto tempo, io possa essere ancora innamorato di te…

ANGELA – Sì, lo trovo buffo e singolare oltre che inverosimile.

GOFFREDO – Forse è meglio che tu sappia tutto. Perché credi che io sia sparito?

ANGELA – Perché il mio ciclo mestruale continuava a tardare.

GOFFREDO – Mi credi veramente così ignobile e disonesto?

ANGELA – Sì.

GOFFREDO – Quella mattina, fui letteralmente scaraventato a bordo di un aereo diretto a Los Angeles.

ANGELA – Ma guarda…! Trovati un’altra scusa… Questa non funziona!

GOFFREDO – E’ la verità. Zio Carlo era improvvisamente morto ed io, il suo unico erede, fui costretto a catapultarmi negli Stati Uniti. Non è stato davvero semplice rendermi conto, in pochissime ore, della sua situazione patrimoniale, prendere le redini di un mucchio di società che facevano capo allo zio… Insomma, consigli di amministrazione a raffica su questioni a me del tutto sconosciute: bilanci, fondi di ammortamento, investimenti, azioni, plusvalenze… Non so nemmeno come sia riuscito a cavarmela.

TOMMASO – Ottimo. L’ha bevuta.

ANGELA – (rimane in silenzio per qualche istante, palesemente colpita) Los Angeles, eh? E… in questi dodici anni, tu sei rimasto laggiù a gestire le società di… zio Carlo…?

GOFFREDO – Infatti.

ANGELA – Incredibile. L’ultima volta che ti vidi non avevi nemmeno i soldi per offrirmi un cappuccino e oggi sei diventato un ricco uomo d’affari. Complimenti.

GOFFREDO – Beh, ricco… In ogni caso, non più di te.

ANGELA – Di me?! Figurati!

GOFFREDO – Tuo marito era un grosso imprenditore, un uomo di successo…

TOMMASO – Lusingato ma… qualche errore l’ho commesso anch’io.

ANGELA – Un uomo di successo, dici?

TOMMASO – Attenta, non lasciarti sfuggire nulla!

GOFFREDO – Tommaso Anselmi era  un personaggio molto in vista nel mondo della finanza… Chi non lo conosceva?

ANGELA – Eppure t’assicuro che la sua eredità…

TOMMASO – Sta’ zitta! Non essere stupida! Sfrutta questa insperata occasione, invece.

GOFFREDO – La sua eredità…? Continua.

ANGELA – No, nulla. Pensavo che probabilmente il patrimonio ereditato da Tommaso è ben poca roba se messo a confronto col tuo.

GOFFREDO – Angela, devo farti una confessione.

TOMMASO – Ehi! Che confessione?!

ANGELA – Che confessione?

GOFFREDO – Non mi è stato facile trovare la forza e il coraggio di venire qui, a casa tua… Temevo che il denaro – il mio o il tuo – sarebbe stato un ostacolo insuperabile… Ora so che è la tua indifferenza a far naufragare il mio sogno.

ANGELA – Che sogno?

GOFFREDO – Il sogno di starti accanto per il resto della mia vita.

TOMMASO – (applaude) Bravo!

ANGELA – Dammi una sola ragione per cui io debba crederti.

GOFFREDO – Ho capito. Accetto la realtà. Non mi resta che togliere il disturbo…

ANGELA – Non ti ho mica detto di andar via.

GOFFREDO – Il tuo atteggiamento è sufficientemente loquace. E dunque…

ANGELA – Di che cosa ti occupi esattamente, in America?

GOFFREDO – Ah, beh… di un po’ di tutto…

ANGELA – Ovvero?

TOMMASO – Non perderti d’animo…

GOFFREDO – Ma cosa vuoi che importi?

ANGELA – Posto che non importi nulla, vorrei saperlo ugualmente.

TOMMASO – (suggerisce) Tratto diversi affari…

GOFFREDO – Tratto diversi affari…

TOMMASO - … dall’edilizia alle finanziarie, al petrolio…

GOFFREDO - … dall’edilizia alle finanziarie, al petrolio…

ANGELA – Ne parli come se avessi un banco di frutta e verdura al mercatino rionale!

GOFFREDO – Ma perché, adesso, tutte le mie ricchezze non hanno alcun interesse per me! Che me ne faccio dei milioni se… se non posso avere… ciò che desidero davvero?

ANGELA – Con i milioni, si può ottenere tutto.

GOFFREDO – Non l’amore… a quanto pare.

ANGELA – (sospira) Non è detto.

GOFFREDO – (sospira) Beh, ti ho dato fin troppo fastidio, oggi… (si alza)

ANGELA – Siedi.

(Goffredo esegue in silenzio)

TOMMASO - E' fatta!

ANGELA – Forse sono stata un po’ stizzosa, non lo nego.

GOFFREDO – Chi non lo sarebbe, al tuo posto?

ANGELA – E anche diffidente.

GOFFREDO – Più che ovvio. Una donna come te, una ricca vedova… ha cento motivi per essere sospettosa…

ANGELA – Già.

GOFFREDO – Io, però, ti assicuro che non m’interessano affatto i tuoi milioni né, tantomeno, i miei! Il denaro non è tutto, nella vita.

TOMMASO – Parole sante!

ANGELA – Hai detto una frase bellissima, Alfonso…

GOFFREDO – Goffredo. Mi chiamo Goffredo.

ANGELA – Sì, scusa, Goffredo… una frase stupenda…

GOFFREDO – Quando mi riferivo ai tuoi milioni…?

ANGELA – No. “Il denaro non è tutto, nella vita”. Mi hai commosso… ecco.

GOFFREDO – L’ho detto perché lo penso veramente.

ANGELA – Ed io mi sono commossa perché ne sono assolutamente convinta. (Ad arte, si asciuga gli occhi da improbabili lacrime)

GOFFREDO – (le prende la mano) Angela, io… io ti amo… più di ogni altra cosa al mondo…

TOMMASO – Che quadretto commovente! Quanta sincerità sgorga dai loro cuori, teneri e innamorati!

ANGELA – (con l’aria di chi è ancora commossa) E… i tuoi affari… come vanno?

GOFFREDO – Ah, benissimo, naturalmente. E… i tuoi? Voglio dire… sei già entrata in possesso dell’eredità?

ANGELA – Ah, naturalmente.

GOFFREDO – Ne sono felice… per te. (Le bacia la mano con estrema galanteria)

ANGELA – E… quando conti di tornare a Los Angeles?

GOFFREDO – C’è tempo. Ho deciso di staccare la spina per un po’. Fra un mese o due, magari, ritornerò in America… con te, spero.

ANGELA – Non correre, non correre, ti prego. Si vedrà… (Chiama) Leda!

10 –

LEDA – (entra) Dica, signora.

ANGELA – Il signore resta a cena, stasera. Provvedi, per favore.

LEDA – Certamente, signora.

ANGELA – Ah, Leda… Credo che il signore s’intratterrà anche per la colazione di domani. Naturalmente, sei mio ospite, Gustavo…

GOFFREDO – (la corregge ancora una volta) Goffredo.

Sipario

ATTO SECONDO

Stessa scena del primo atto. All’apertura del sipario, Goffredo e Angela, sul divano. Lui, a torso nudo, lei coperta solo da una minuscola, seducente sottoveste. I due si scambiano sdolcinate ed esagerate effusioni, davanti ad un vassoio colmo di dolciumi).

ANGELA – (gli accarezza la nuca, provocante fino al ridicolo) Non riesco ancora a crederci… Sei mio marito!

GOFFREDO – (sorride) Già. Non hai più scampo, ormai… Dovrai fartene una ragione.

ANGELA – Cattivo! Sei piombato improvvisamente nella mia vita e mi hai catturata! Cos’altro può fare una povera preda come me, se non soccombere alla violenza e rassegnarsi alla schiavitù? (Prende dal vassoio un dolcino e glielo accosta alla bocca) Mio signore e padrone, degnati di assaggiare questo delizioso bigné…

GOFFREDO – (indugia a mangiarlo) Non l’avrai, per caso, avvelenato? Non vorrai mica liberarti di me…?

ANGELA – Non ancora, amore mio. Verrà la tua ora: morirai soffocato dai miei baci, stroncato dalle mie carezze… (lo bacia sul collo)

GOFFREDO – Ho la vaga impressione che, così procedendo, quell’ora assassina giungerà prestissimo… Angela, ti prego, pietà… L’abbiamo appena fatto…

ANGELA – (non desiste) E allora? Non mi negherai la gioia di ucciderti…?

GOFFREDO – Magari un’altra volta, eh? Sono davvero stremato, Angela!

ANGELA -  Sii buono, per favore, lascia che ti ammazzi…

2 –

TOMMASO – (appare) Che amore travolgente! Quanta sincera passione! Se fossi ancora in vita, darei di stomaco!

GOFFREDO – Pausa, ti scongiuro. Ho bisogno di tirare…

ANGELA - … le cuoia?

GOFFREDO – No, il fiato. Rimettiamoci in forze, vuoi? (Le imbocca un dolcino) Uno a te…

ANGELA – Buonissimo. (Ora è lei ad imboccarlo) … E uno a te. Bravo, così…

(L’”operazione dolcino” viene ripetuta più volte, in modo sempre più svenevole).

GOFFREDO – Amore… ascolta…

ANGELA – (continua a far le fusa) Dimmi, tesoro.

GOFFREDO – Dal giorno del matrimonio, non ci siamo mossi da qui… Sono sette giorni che io e te… Ti rendi conto?

ANGELA – Se siamo rimasti chiusi in casa, la colpa è tua. Hai voluto rinunciare al viaggio di nozze…!

GOFFREDO – Non ci ho rinunciato affatto. Ti ho solo chiesto di rinviarlo.

ANGELA – Ma perché?

GOFFREDO – Te l’ho già spiegato. Sono stanco di aerei, stanze d’albergo, ristoranti… Da due anni, per ragioni di lavoro, ho fatto il giramondo…! Non sai quanto sia logorante. Ma ti prometto che lo faremo il nostro viaggetto di nozze. Ti andrebbe una crociera in Oriente?

ANGELA – Mi andrebbe?! L’ho sempre sognato l’Oriente! Però… credo che tu debba tornare a Los Angeles, no? Per seguire i tuoi affari da vicino…

GOFFREDO – I miei affari sono in buone mani, per fortuna. Pago profumatamente una folta schiera di persone, capaci di tirare brillantemente la carretta anche senza di me. E dunque…

ANGELA – Sai cosa soleva dire il mio defunto marito? “In amore e in affari, non mi fido di nessuno”.

TOMMASO – Non l’ho mai detto ma certamente avrei potuto.

GOFFREDO – E non aveva torto. Ma quando si governa un impero, diventa indispensabile affidarsi a buoni “vassalli”. E i miei vassalli sono ottimi e fidati. Ma… a proposito di tuo marito… i tuoi legali hanno già provveduto alla voltura di tutte le proprietà Anselmi? Voglio dire: puoi disporre a tuo piacimento del patrimonio?

ANGELA – Ovvio.

GOFFREDO – Ottimamente. Ti amo, Angela.

(Bacio esageratamente appassionato)

ANGELA – Giusto per curiosità femminile: le proprietà di zio Carlo sono tutte intestate a te?

GOFFREDO – Naturalmente.

ANGELA – Ti amo, Goffredo.

TOMMASO – Fra poco, non potrò che vomitare l’anima!

ANGELA – Ti va di uscire?

GOFFREDO – Perché no?

ANGELA – Allora, vado a fare una doccia e sono pronta. (Via)

3 –

(Goffredo resta pensieroso per qualche istante. Indossa una camicia. Accende una sigaretta).

GOFFREDO – Credo proprio si debbano accelerare i tempi.

TOMMASO – Lo credo anch’io.

GOFFREDO – La favola di Los Angeles non posso tirarla troppo per le lunghe… E poi, sono rimasto senza un soldo… Questo matrimonio del cavolo mi ha prosciugato… (riflette) Dunque, dunque, dunque… Pianificare. Bisogna pianificare. L’eliminazione dovrà avvenire in modo rapido e indolore…

TOMMASO – Perché “indolore”?

GOFFREDO – La classica “morte accidentale”. Che so… un filo elettrico scoperto, una scossa fulminante e… paff! Tutto finito. (Accende nervosamente un’altra sigaretta) Oppure… potrei mettere in atto ciò che avevo progettato prima che mettessi piede in questa casa: il gas. Una fuga si gas. Lei accende un fiammifero… Sarebbe sufficiente persino l’interruttore di una lampada… e puff! Salta in aria come un tappo di spumante!

TOMMASO – Hai finito con queste stronzate? (Chiama) Leda!

GOFFREDO – Tutte stronzate!

4 –

LEDA – (entra) Il signore ha chiamato?

GOFFREDO – Cosa? No, non ho affatto chiamato.

TOMMASO – Leda, tocca a te.

LEDA – Ho capito.

GOFFREDO – Leda, ti ho detto che non ho bisogno di te… Puoi andare, grazie.

LEDA – Ne è sicuro?

GOFFREDO – Sicuro… di che?

LEDA – Di non aver bisogno di me.

GOFFREDO – Non capisco…

LEDA – Io, invece, ritengo che il mio aiuto possa esserle di grande aiuto.

GOFFREDO – Ma che stai dicendo?

TOMMASO – E’ andata in tilt.

LEDA – Sono andata in tilt perché questa storia non mi va proprio!

GOFFREDO – Quale storia?

TOMMASO – Leda, non farmi incavolare! I morti incazzati sono i peggiori! T’ho già avvertito.

LEDA – E va bene… stia calmo…

GOFFREDO – Perché credi che non sia calmo?

LEDA – A chi si riferisce?

GOFFREDO – A me! In questa stanza, siamo io e te soli, mi pare!

LEDA – Magari!

GOFFREDO – Leda, stai bene?

LEDA – Sto bene, sto bene, mi scusi. È lei che fra poco starà male, malissimo… praticamente morto.

GOFFREDO – Morto?! Io?!

LEDA – E chi se no?

GOFFREDO – Tu, adesso, ti siedi qui, tranquilla, e mi spieghi tranquillamente che diavolo sta succedendo!

TOMMASO – Hai sentito? “Tranquillamente”. Dunque, non t’incartare.

LEDA – Sì.

GOFFREDO – Allora?

LEDA – Senta, signor Goffredo, la situazione è alquanto critica.

GOFFREDO – La… situazione… è critica?

LEDA – E aggiungo: pericolosa.

GOFFREDO – Pericolosa…?

LEDA – Ma perché continua a ripetere le mie parole?

GOFFREDO – Non lo so.

LEDA – (a Tommaso) Debbo proprio continuare?

TOMMASO – Certo che devi.

GOFFREDO – Certo che devi!

LEDA – E va bene. La signora sta pensando seriamente di eliminarla.

GOFFREDO – Eliminare me?!

LEDA – Eliminare lei.

GOFFREDO – Tu sei impazzita, non c’è dubbio!

LEDA – E perciò, se da questa casa non vuole uscire cadavere, le consiglio vivamente di stare in guardia. Molto in guardia.

GOFFREDO – Non starai parlando seriamente, vero?

LEDA – Io gliel’ho detto. Adesso, faccia un po’ come crede. (Si alza per andar via)

GOFFREDO – Aspetta un momento. Spiegami: per quale ragione la signora dovrebbe pensare di… eliminarmi?

LEDA – Perché lei, signor Goffredo, è sufficientemente ricco.

GOFFREDO – Ma io non sono affatto… cioè…

LEDA – Tutti e due sappiamo perfettamente che la storia di zio Carlo e delle proprietà americane è una suggestiva bufala…

GOFFREDO – E come faresti a saperlo con tanta sicurezza?

LEDA – Ho i miei… informatori.

GOFFREDO – Tu resti un enigma, per me. E non capisco perché sto ad ascoltarti.

LEDA – La signora Angela, invece, non ha il minimo sospetto: è assolutamente certa che lei sia un facoltoso uomo d’affari. E poiché la signora, per indole e per professione, è una cacciatrice di eredità… beh, tragga le conclusioni.

GOFFREDO – Ma smettila con queste sciocchezze! Angela è già sufficientemente ricca. Ha tanti di quei milioni che…

LEDA – I milioni non sono mai “tanti” e non sono mai abbastanza. Capirà: le spese per vivere decorosamente, le tasse, l’inflazione… Mi dia retta: stia sempre in campana, vigile e diffidente. Con permesso. (A Tommaso) Soddisfatto? (Via)

5 –

GOFFREDO – (molto scosso) Un tipo parecchio strano, questa cameriera! Direi inquietante… E se fosse vero? Se Angela stesse veramente meditando di togliermi di mezzo? Assolutamente plausibile. Lei crede che io sia pieno di soldi e dunque perché non impinguare ulteriormente le proprie casse? E quanto a suo marito, chi mi dice che non l’abbia ammazzato lei? Del resto, pare sia morto improvvisamente e in circostanze misteriose…

TOMMASO – Già. In circostanze “molto” misteriose.

GOFFREDO - Insomma, una situazione grottesca: ciascuno di noi due pensa di eliminare l’altro per ereditarne le sostanze. Se così fosse, avrei una ragione in più per agire subito.

(Non vista da Goffredo, entra Angela che – per gioco –  gli si accosta alle spalle, in punta di piedi e lo bacia sul collo. Goffredo lancia un urlo più di paura che di sorpresa)

ANGELA – Beh? Ti ho soltanto baciato. Non ti ho mica reciso la carotide.

GOFFREDO – Hai ragione, scusami… ero soprappensiero… mi hai colto di sorpresa.

TOMMASO – La morte coglie sempre di sorpresa. Io ne so qualcosa.

ANGELA – Perché soprappensiero? Problemi, forse?

GOFFREDO – Sì… cioè no… Riflettevo sull’opportunità di chiamare Los Angeles…

ANGELA – E perché non lo fai? Non hai che da prendere il telefono.

GOFFREDO –Ma a pensarci bene, in definitiva, non c’è ragione di preoccuparsi… Laggiù, fortunatamente, ho lasciato persone in gamba e molto scrupolose. E in ogni caso, qualora fosse necessario, sanno bene di potermi rintracciare sul telefonino, in qualsiasi momento…

ANGELA – Se posso darti un consiglio…

GOFFREDO – Va bene. Chiamerò più tardi.

ANGELA – Adesso.

GOFFREDO – Prima vorrei fare una doccia anch’io. Vado. (Esce quasi di corsa)

6 –

ANGELA – Si fida ciecamente dei suoi collaboratori! Niente di più sbagliato oltre che pericoloso. Non vedo l’ora di sistemare questa faccenda. E ad esequie avvenute, quando le sue proprietà saranno passate nelle mie mani, provvederò a vendere tutto e con la massima sollecitudine. Ma per il momento, pensiamo al da farsi. E una cosa è certa: devo accelerare i tempi.

TOMMASO – Pienamente d’accordo.

ANGELA – Anche perché mi son rotta le scatole a recitare la parte della gattina innamorata. Fin troppo noiosa e stucchevole! Dunque, dunque, dunque… Considerando che l’intruglio brasiliano si è rivelato ottimo, efficace e sicuro, non mi resta che riutilizzarlo.

TOMMASO – Giusto: formula vincente, non si cambia!

ANGELA – (si avvicina alla libreria e rovista tra i volumi) Dovrei averne ancora una buona scorta. I flaconcini erano qui, tutti e quattro. Li avevo nascosti io stessa... (continua a cercare)

TOMMASO – Cerca bene, stronza. Sono nel secondo scaffale.

ANGELA – Erano nel primo scaffale…

TOMMASO – Nel secondo.

ANGELA - … accanto a questo libro: “La vita dopo la morte”, ricordo benissimo.

TOMMASO – Ricordi malissimo. Il libro è “Delitto e castigo”. L’avessi saputo quand’ero in vita, te li avrei fatti ingoiare, quei flaconcini di merda! Purtroppo, però, le porte della conoscenza e della verità ci vengono schiuse solo “post mortem”!

ANGELA – (continua la sua ricerca) O forse… (rovista sul secondo scaffale) Ma sì, sono qui! (eccitata, stringe fra le mani le bottigliette) Questo è l’elisir della felicità! La “mia”, naturalmente.

TOMMASO – Folle cogliona!  

ANGELA – (ripone due bottigliette al loro posto. Trattiene le altre due fra le mani) Mi serviranno molto presto. (Le conserva in una tasca) Spero solo di non imbattermi in altre sorprese sgradevoli… “dopo”.

LEDA – (entra con un vassoietto) La sua aranciata, signora.

ANGELA – Ah, grazie, Leda. (Prende il bicchiere e sorseggia lentamente. A Leda che sta per uscire) Aspetta, Leda…

LEDA – Sì, signora.

ANGELA – Non mi hai ancora detto quali sono le tue impressioni sul signor Goffredo. Tu che ne pensi?

LEDA – Non sta certo a me giudicarlo ma, visto che me lo chiede… Beh, sembra una personcina per bene.

ANGELA – Affidabile?

LEDA – Credo di sì ma… perché me lo domanda?

ANGELA – C’è qualcosa che non mi quadra… Tu pensi che sia sincero?

LEDA – Ha delle ragioni per dubitarne? A me pare molto innamorato e…

ANGELA – Non lo so… Forse sì e forse no.

TOMMASO – (a Leda) Tira fuori un paio di argomemti rassicuranti. neutralizza i suoi sospetti.

LEDA – Come se fosse semplice!

ANGELA – Cosa?

LEDA – No, dico… alle volte non è semplice valutare i sentimenti di una persona, me ne rendo conto… Tuttavia, mi chiedo perché si dovrebbe diffidare del signor Goffredo. E’ affabile, premuroso…

ANGELA – Metti che mi abbia raccontato un mucchio di balle circa le sue presunte proprietà in America!

LEDA – Ma no, cosa va pensando, signora? Che idea! E a che scopo? Quali vantaggi potrebbe mai ricavarne? Nessuno, glielo dico io, nessun vantaggio. E poi, reputo assai improbabile che un uomo possa inventarsi bugie di tal fatta! Prima o poi verrebbe scoperto e…

ANGELA – Chi è abituato a raccontare fandonie, va dritto come un treno ed è sempre sicuro di non venire scoperto.

LEDA – Posto che i suoi sospetti siano fondati, ribadisco il quesito utilizzando la sua metafora: verso quale stazione correrebbe il suo treno?

ANGELA – Non una stazione ma una banca. Potrebbe mirare al mio denaro, non credi? E allora, per apparire innocuo e insospettabile, tira fuori la storia dello zio d’America!

LEDA – Improbabile, mi consenta. Se avesse mirato davvero ai suoi soldi, prima di metter piede in questa casa, avrebbe indagato e scoperto le sue reali condizioni finanziarie.

ANGELA – E come avrebbe fatto?

LEDA – Semplice. E’ sufficiente rivolgersi ad un compiacente impiegato di banca per conoscere esattamente e al centesimo l’ammontare del  conto intestato a chicchessia. Mi dia retta, signora, non si avveleni la vita con inutili congetture. Se la goda, invece, la sua vita e il suo bel maritino!

ANGELA – (quasi convinta) Forse hai ragione tu. Grazie, Leda.

LEDA – Di niente, signora mia. (Sottovoce a Tommaso) Non credo possa fare di più. (Esce)

TOMMASO – Sei stata abbastanza convincente, brava.

7 –

ANGELA – Probabilmente ha ragione Leda. Però, negli ultimi tempi,  l’esperienza mi ha insegnato che fidarsi è bene ma…

GOFFREDO – (entra) Eccomi qua, amore! Allora, vogliamo uscire?

ANGELA – Uscire?

GOFFREDO – Non ne hai più voglia?

ANGELA – Non è questo…

GOFFREDO – Che c’è? Qualcosa non va?

ANGELA – Ma no, va tutto benissimo.

GOFFREDO – E allora perché quella faccia scura, improvvisamente? Hai ricevuto qualche brutta notizia?

ANGELA – Non ancora. Cioè, no, nessuna brutta notizia. A proposito di notizie, chiama Los Angeles.

GOFFREDO – (in evidente imbarazzo) Los Angeles?

ANGELA – Perché tanta meraviglia? Non è a Los Angeles la sede centrale dei tuoi affari?

GOFFREDO – Sì, certo ma non mi pare sia così urgente…

ANGELA – Goffredo, da un mese non dai né ricevi notizie dai tuoi collaboratori e…

GOFFREDO – E’ segno che tutto va bene, non ti pare? “Nessuna nuova, buona nuova”.

ANGELA – (perentoria) Chiama Los Angeles.

TOMMASO – (a Goffredo) Mantieni la calma e… improvvisa.

GOFFREDO – (ad Angela) Come vuoi. (Prende il suo cellulare)

ANGELA – Puoi usare il telefono di casa, se preferisci.

GOFFREDO – No, chiamo col mio cellulare… E’ più comodo, visto che ho memorizzato tutti i numeri… Provo con Walter, uno dei miei segretari personali… Vediamo se risponde… No, non riesco a prendere nemmeno la linea…

TOMMASO – Mio caro Goffredo, stai miseramente annaspando! Beh, vedo di darti una mano. Devo distrarre la mia vedova. (Si concentra)

ANGELA – Forse se provi col telefono di casa…

(Squilla il cellulare di Angela)

            Sì? Chi è? Ah, Ornella, ciao… No, sono a casa. Dimmi. Firmare, cosa?

GOFFREDO – (approfitta che Angela sia impegnata e finge di parlare con un improbabile collaboratore. Le due conversazioni si sovrappongono) Fred! Finalmente sono riuscito a prendere la linea… Come va, laggiù? Nessun problema? Benissimo, amico mio, ne ero certo...

ANGELA -(contemporaneamente a Goffredo) Francamente, no, non ho capito un piffero! Di che voltura si tratta? Bah, comunque, mi spiegherai tutto quando verrai. Se vuoi anche adesso. Preferisco risolvere questa faccenda subito. No, non esco.  D’accordo, ti aspetto.

GOFFREDO – Ok, Fred, tienimi al corrente di tutto. Ti ringrazio. A presto.

(I due chiudono la conversazione contemporaneamente).

ANGELA – Sei riuscito a parlare con qualcuno?

GOFFREDO – Sì, con Fred, uno dei miei amministratori.

ANGELA – E allora?

GOFFREDO – Tutto a posto, come pensavo. È una società solida la mia, sai? E ben gestita. Ad esser franchi, il merito non è mio ma di zio Carlo che è riuscito a metter su una macchina organizzativa perfetta. Fosse stato per me…

ANGELA – Non devi sottovalutarti. Se gli affari continuano ad andar bene, è anche merito tuo. (Lo bacia)

GOFFREDO – Voglio festeggiare qui, in Italia, l’arrivo del nuovo anno e poi faremo una capatina a Los Angeles, vuoi?

ANGELA – Ne sarò felice.

GOFFREDO – Poco fa, ti sentivo parlare al telefonino… Qualche seccatura?

ANGELA – Niente d’importante. Ornella, il mio avvocato, mi informava che dovrei firmare alcuni documenti…

GOFFREDO – Di che si tratta, esattamente?

ANGELA – Una semplice formalità, a quanto pare… Credo riguardi la voltura della macchina a mio nome.

GOFFREDO – Ho capito. Dunque, bella signora, vogliamo uscire o no?

ANGELA – Non ora, affascinante signore… Sto aspettando proprio lei, Ornella. Mi tolgo quest’impiccio e poi sono tutta tua!

GOFFREDO – D’accordo.

LEDA – (entra) Chiedo scusa, i signori hanno delle preferenze per la cena?

ANGELA – No, grazie, Leda, stasera ceneremo fuori.

(Si sente suonare alla porta)

ANGELA – Deve essere Ornella.

LEDA – Vado io. (Esce per qualche istante e rientra con Ornella) Prego, avvocato. (Via)

8 –

ORNELLA – Angela carissima!

ANGELA – Ciao, Ornella.

(Le due si scambiano dei formali baci)

            (a Goffredo) Ti ricordi di Ornella, vero?

GOFFREDO – Come no? Ci siamo conosciuti al nostro matrimonio. (Stringe la mano ad Ornella) Come va?

ORNELLA – Molto bene, grazie. Ma… forse ho disturbato…

GOFFREDO – Nessun disturbo, per carità. E poi… gli affari innanzitutto. Dico bene?

ANGELA – Detto da te, suona alquanto strano. (A Ornella) A tutto pensa tranne che agli affari, credimi! (Ride)

GOFFREDO – Per me è diverso. Io posso contare sulle mie brave “fate turchine” che svolgono un ottimo servizio! Adesso, vi lascio in pace.

ANGELA – Puoi restare, se vuoi. Io non ho segreti.

GOFFREDO – Grazie ma mi sembra giusto che parliate da sole. A dopo. (Esce)

9 –

ORNELLA – Molto discreto, tuo marito… Mi è simpatico. Sono certa che ti trovi benissimo con lui.

ANGELA – Sì, è così. Goffredo è una persona eccezionale anche se…

ORNELLA – Anche se…?

ANGELA – Non lo so… Può darsi che io sia diventata paranoica ma, in alcuni momenti, ho la sensazione che stia mentendo.

ORNELLA – Riguardo a cosa?

ANGELA – Mi ha sempre detto di possedere una grossa società in America…

ORNELLA – E allora?

ANGELA – Beh, a volte, come ti dicevo, temo che voglia ingannarmi, che siano tutte bugie…

ORNELLA – Come si chiama questa società americana?

ANGELA – La “Colombo Society”… di Los Angeles.

ORNELLA – Io credo che i tuoi sospetti siano inforndati ma se serve a tranquillizzarti, potrei fare qualche ricerca…

ANGELA – Forse, però, sto davvero esagerando… Se lui venisse a sapere che non mi sono fidata… Insomma, che figura ci farei? Senza contare che finirei col compromettere il nostro rapporto.

ORNELLA – Sta’ serena, non saprà nulla da nessuno: io mi muovo sempre con assoluta discrezione e nella massima riservatezza. Ragione per cui se mi dai l’incarico…

ANGELA – E va bene. Devo pur togliermi questo dubbio dalla mente.

ORNELLA – Assolutamente legittimo. (Scrive su un blocchetto) Hai detto che si chiama “Colombo Society”, vero?

ANGELA – Sì… con sede a Los Angeles.

ORNELLA – (scrive) Los Angeles. Dammi solo un paio di giorni e sarai accontentata.

ANGELA – Ti ringrazio, mi rendi un gran servigio.

TOMMASO – Fossi in te, non ci conterei.

ORNELLA – Adesso andiamo all’altra faccenda.

ANGELA – Sì, certo. Spiegami meglio di che si tratta.

ORNELLA – L’assicurazione sulla macchina è ancora intestata a Tommaso. Ora, per ovvie ragioni, bisogna volturarla a tuo nome.

ANGELA – Ho capito.

ORNELLA – Se mi fai vedere la polizza, ci sbrighiamo in due minuti.

ANGELA – Dovrebbe essere conservata nello studio, fra i documenti… La vado a prendere. Scusami, faccio in un attimo.

ORNELLA – Nel frattempo preparo le carte da firmare.

(Angela esce)

10 –

TOMMASO – Spiacente, cara Ornella, ma non posso permetterti di mandare in aria il mio piano. (Si concentra per un istante poi fa schioccare le dita e appare all’incredula e spaventata Ornella)

ORNELLA – (paralizzata dalla paura, riesce solo a balbettare) To… To… To…

TOMMASO – Tommaso, sì, sono proprio Tommaso. O meglio, tecnicamente, sono lo spirito di Tommaso. Ehi, stai bene?

ORNELLA – (continua a balbettare) To… To…

TOMMASO – Calmati… respira profondamente… ecco, così… E ora, sta’ bene attenta a quel che ti dirò. Ti proibisco assolutamente di avviare qualsivoglia ricerca sull’attività di Goffredo. Mi hai sentito bene? Ad Angela riferirai che la “Colombo Society” vive e prospera felicemente e che Goffredo, il maggiore azionista, è il presidente del consiglio di amministrazione. È tutto chiaro? Rispondi! È chiaro?

ORNELLA – Sì.

TOMMASO – Perfetto.

ORNELLA – Ma… potrei sapere… pe… perché?

TOMMASO – No. Sappi solo che se mi combini qualche scherzo, avrai – diciamo – dei grossi problemi con qualche anima trapassata ovvero con me. E poichè immagino tu voglia continuare a vivere serenamente, ti consiglio di eseguire le mie istruzioni. A tempo debito, capirai, forse. Stammi bene. Ah, Ornella… bada: so perfettamente che la faccenda della voltura è un semplice pretesto e che il tuo vero scopo è quello di ottenere la preziosa firma di Angela in calce a… un certo progetto che noi due conosciamo bene.

ORNELLA – Ciò che faccio è solamente a fin di bene… per Angela, soprattutto.

TOMMASO – D’accordo, d’accordo. Sei libera di agire come credi. La cosa non mi riguarda. Ti dirò, anzi, che sta bene anche a me e, dunque, in bocca al lupo. Addio, Ornella e ti raccomando: non mi deludere o saranno guai… per te.. (Un altro schiocco di dita e scompare alla vista di Ornella, non del pubblico, naturalmente).

11 –

ANGELA – (rientra)  Ecco qua, l’ho trovata, finalmente. Ma che hai? Sei pallida come un lenzuolo… Sembra tu abbia visto un fantasma!

ORNELLA  - (ancora pietrificata e con gli occhi sbarrati) Cosa?

ANGELA – Ornella, ti senti bene?

ORNELLA – Non proprio… Ho… ho avuto un lieve capogiro e…

ANGELA – Non così lieve, a giudicare dagli effetti. Vuoi bere qualcosa?

ORNELLA – No, ti ringrazio… Adesso sto meglio.

ANGELA – Sicura?

ORNELLA – Sì, sì, tutto a posto, non preoccuparti. È solo un po’ di stanchezza. Dunque… fammi controllare la polizza. (Legge – o finge di farlo – il documento) Va bene. Ora, firma queste carte, per favore. (Rapidamente le passa i documenti che Angela firma senza leggerne il contenuto) Ancora un’altra, qui, in calce e l’ultima, qui. (Durante tutto il tempo, non fa che guardarsi attorno, nel timore di rivedere il fantasma di Tommaso che è chiaramente presente ma che lei non può vedere).

ANGELA – (si accorge del comportamento dell’altra) Sei strana e insolitamente nervosa, Ornella. Qualcosa non va?

ORNELLA – (con un forzato sorriso di circostanza) Assolutamente no. Il problema è che, negli ultimi tempi, ho lavorato troppo… Ora, per esempio, sono sulle spine perché… perché devo correre da un cliente… Un appuntamento che avevo totalmente cancellato dalla memoria. Scusami, Angela, devo proprio scappare!

ANGELA – Va bene, va bene. Ti accompagno.

ORNELLA – (getta un ultimo sguardo nella stanza) Sì, grazie.

ANGELA – Per quella faccenda, quando conti di darmi notizie?

ORNELLA – Che faccenda?

ANGELA – (un po’ stizzita) La “Colombo Society”!

ORNELLA – Ah, sì… prestissimo.

(Le due donne escono)

12 –

TOMMASO – Mi spiace aver turbato Ornella ma non avevo alternative.

ANGELA – (rientra) Non capisco che cavolo le sia preso, improvvisamente…

TOMMASO – (condiziona e guida il ragionamento di Angela) Ornella è sempre stata piuttosto strana.

ANGELA – Bah… Ornella è sempre stata piuttosto strana.

GOFFREDO – (entra) E’ già andata via?

ANGELA – Sì.

GOFFREDO – Tutto sistemato?

ANGELA – Tutto sistemato.

GOFFREDO – Bene. E allora?

ANGELA – Allora, che?

GOFFREDO – Se vogliamo uscire, dovresti andare a prepararti, credo.

ANGELA – Sì, certo. Faccio in un minuto.

GOFFREDO – Ahi! Conosco bene il significato di quel “minuto”! Ma perché non dire le cose come stanno? Per ogni concetto, esiste la parola giusta. Anzichè “un minuto”, di’ “un’ora”: è più corretto e anche… più leale.

ANGELA –Hai finito, uomo di poca fede? E allora, ti dimostrerò che sarò pronta in non più di quindici, venti minuti.

GOFFREDO – Espressione ancora scorretta ma un po’ meno surreale.

ANGELA - (lo bacia) Lagnoso! (Esce)

13 –

GOFFREDO – Questa situazione mi sta logorando!

TOMMASO – Dillo a me!

GOFFREDO – Devo farla fuori subito. Altrimenti sarà lei a far fuori me… lo sento. Lo percepisco nell’aria…

(Entra Leda)

TOMMASO – (a Leda) Passiamo alla seconda fase. Datti da fare, Leda.

GOFFREDO – Devi… dirmi qualcosa, Leda?

(Leda, in silenzio, va alla libreria…)

TOMMASO – (la guida) Secondo scaffale… Accanto a “Delitto e castigo”. Ne sono rimasti due, daglieli.

(Leda mostra i flaconcini a Goffredo)

GOFFREDO – Beh?

LEDA – Sa cosa contengono questi flaconcini?

GOFFREDO – Non  ne ho la minima idea.

LEDA – Veleno.

GOFFREDO – Ve… veleno?

LEDA – Una goccia sola di questo intruglio ucciderebbe un elefante.

GOFFREDO – (alquanto turbato) Capisco.

LEDA – Ed è inodore, insapore e invisibile: se ne versa un po’ in un bicchiere, si solidifica al contatto col vetro e poiché è trasparente, non c’è modo d’individuarne la presenza. Quando, poi, nel bicchiere aggiungerà un liquido qualunque, questa miracolosa sostanza torna a sciogliersi. Ma la sua peculiarità più interessante è che non lascia alcuna traccia nell’organismo del… diciamo del malcapitato.

GOFFREDO – Diciamo dell’”assassinato”.

LEDA – Diciamolo pure. Beh… li tenga lei. E’ più prudente. (Gli consegna le bottigliette)

GOFFREDO – Ma… tu ritieni davvero che la signora abbia intenzione di…

LEDA – Lei, no?

GOFFREDO – Io? No, io no. Francamente stento a crederlo…

LEDA – Francamente non vedo perché. Tuttavia, se ritiene che ignorare il problema possa esserle di conforto, faccia pure. Quanto a me… sono in pace con la mia coscienza. (Si avvia verso l’uscita poi si ferma) Mi auguro solo che la signora non sia in possesso di altri flaconcini come quelli ma conoscendola, ne dubito fortemente. Comunque… buona fortuna. (Esce)

14 –

GOFFREDO – (rigira nervosamente i flaconcini fra le mani) Senza rendersene conto, Leda mi ha procurato inaspettatamente l’arma che andavo cercando. Un’arma assai affidabile, pare.

TOMMASO – Confermo. Io ne sono la dimostrazione vivente, cioè, la dimostrazione morente… mortale… Insomma, lo stronzo che c’è rimasto secco.

GOFFREDO – Sì, sospetto anch’io che di questa roba ce ne debba essere un bel po’ qui, in giro. Una ragione di più per “colpire” in fretta. Non intendo fare la fine del mio predecessore. Dunque, diamoci da fare… subito! (Versa del liquore in un bicchiere poi aggiunge qualche goccia di veleno. Freneticamente mescola il tutto con un dito che poi, istintivamente, si porta alle labbra. Si rende conto della pericolosità di quel gesto inconsulto ed entra nel panico) Ah! Fortuna che mi sono fermato in tempo! (Sputacchia diverse volte e si asciuga il dito col fazzoletto).

TOMMASO – Leccarsi il dito: che imbecille!

(Entra Angela, vestita in modo assai appariscente e di pessimo gusto. Ha in mano un bicchiere).

ANGELA –  Non dirmi nulla, ti prego! Lo so: t’ho fatto aspettare troppo. Ma per farmi perdonare, ti ho preparato un ottomo drink!

GOFFREDO – Ma guarda! Anch’io ti ho preparato qualcosa da bere ma per una ragione molto più seria: per ringraziarti.

ANGELA – E di cosa?

GOFFREDO – Di esistere. Ti sembra poco?

ANGELA – Che tesoro!

GOFFREDO – No, sei tu il mio tesoro!

ANGELA – Questa deliziosa coincidenza dimostra, amcora una volta…

GOFFREDO – Sì?…

ANGELA - … che ciascuno di noi due ha le stesse premure…

GOFFREDO - … le stesse attenzioni…

ANGELA - … gli stessi pensieri affettuosi…

(Entrambi – simultaneamente – allungano il proprio bicchiere all’altro)

ANGELA – GOFFREDO – (rigorosamente insieme) Bevi!

GOFFREDO – No, grazie, non mi va. Infatti, avevo preparato solo per te.

ANGELA – Idem.

(I due ridono con l’aria più stupida possibile).

GPFFREDO – Andiamo?

ANGELA – Prima dimmi se il mio vestitino ti piace!

GOFFREDO – Da morire!

ANGELA – (chiama) Leda!

LEDA – (entra) Sì, signora?

ANGELA – Noi usciamo.

LEDA – Bene, signora.

ANGELA – Cena pure quando credi. Noi mangeremo qualcosa fuori.

LEDA – Buon divertimento signora. E si diverta anche lei, signore.

GOFFREDO – Grazie, Leda.

(Angela e Goffredo escono).

15 –

TOMMASO – Quei due stronzi stanno fiaccando le mie energie!

LEDA – Sì, ho notato che ha l’aria stanca e una gran brutta cera, signor Tommaso.

TOMMASO – Una brutta cera?!

LEDA – Sì, un po’ smorto in viso…

TOMMASO – Un po’ morto, direi! Leda, se ti permetterai un’altra di queste battute idiote, non ti darò il tempo di pentirtene!

LEDA – Mi perdoni, signore...

TOMMASO – Siedi!

(Leda esegue in silenzio)

            fino ad ora ti sei comportata egregiamente. Procedi così e andremo d’accordo. Del resto, il più è fatto. Siamo giunti, per fortuna, all’epilogo.

LEDA – Senta, signore, siamo ancora in tempo per…

TOMMASO – (aggressivo) Per far che?

LEDA – Per evitare che accada… ciò che preferirei non accadesse.

TOMMASO – Smettila con questa lagna!

LEDA – Lasci questa casa al suo destino, signor Tommaso e vada…

TOMMASO – All’inferno?

LEDA – Per carità, non intendevo dire questo…

TOMMASO – E invece è proprio là che andrò: all’inferno! Andrò all’inferno se non avrò compiuto la mia missione!

LEDA – La missione?! Non vorrà mica farmi intendere che… “lassù” le è stato ordinato di…

TOMMASO – In un certo senso, è così.

LEDA – Francamente, non l’avrei mai sospettato. Io speravo che, almeno lì, le cose andassero in un altro modo. Me l’ero figurato come il regno della misericordia e del perdono.

TOMMASO - … e della giustizia!  Ma tu credi veramente che tutto ciò che accade nel vostro mondo venga provocato dalla volontà degli uomini? E credi anche alla “casualità” degli accadimenti? Niente affatto. Ciascuna vicenda umana segue un percorso già tracciato: immutabile, inarrestabile e ineluttabile.

LEDA – In altri termini: nessuno può sottrarsi al proprio destino. Con tutto il rispetto, signore, non mi svela nulla di nuovo.

TOMMASO – E chi ti dice che io voglia o possa svelarti qualcosa di nuovo? Sappi, comunque, che noi trapassati siamo, per così dire, i custodi di ciò che tu chiami “destino”. Va’ a letto, adesso. Buona notte.

LEDA – Buona notte, signore. (Esce)

(Buio per qualche istante. Quando le luci si riaccendono, la scena è vuota. Lo stereo diffonde una musica particolarmente allegra: è l’ultimo giorno dell’anno.Entrano allegramente Angela e Goffredo).  

16 –

ANGELA – (ridendo rincorre Goffredo)  E invece no, voglio vederlo subito!

GOFFREDO – No! Dopo la mezzanotte!

ANGELA - Ti prego, muoio dalla curiosità!

(Si sente suonare il telefonino di Angela che risponde)

ANGELA – Chi è? Ornella, come va? Dove passerai la notte di capodanno? Ah, bene. Divertiti, allora. Comunicarmi che cosa? Ah, sì. Dimmi tutto. Bene, benissimo. Ad essere sincera, ne ero quasi certa. Grazie, Ornella, grazie di tutto. Tanti auguri anche a te! A presto!

GOFFREDO – La tua amica avvocatessa?

ANGELA – Sì. Mi ha informato che tutto è in ordine.

GOFFREDO – Tutto è in ordine?

ANGELA – Ornella amministra i miei beni. Lo hai dimenticato? Adesso dammi il regalino!

GOFFREDO – E va bene. (Le porge uno scatolino)

ANGELA – (apre lo scatolino e tira fuori un anello) Ma è bellissimo! (Lo bacia) Grazie, amore!

GOFFREDO – Di niente, tesoro mio.

ANGELA – E ora tocca a me. Aspettami qui. (Esce per qualche istante)

(Goffredo approfitta dell’assenza di Angela per versare alcune gocce di veleno in uno dei due calici posti sul tavolino. Poi si siede nella poltrona più vicina all’altro calice: quello “inoffensivo”. Rientra Angela)

ANGELA – (ha in mano una scatola) Spero ti piaccia!

GOFFREDO – Mi piacerà certamente. (Scarta la confezione) Un videofonino! Idea eccezionale! Sei il mio tesoro, tu! (La bacia) Oh! Ma è quasi mezzanotte! Stappo lo champagne!

ANGELA – Mancano due minuti esatti.

(Goffredo controllando l’orologio appeso sulla parete, alle sue spalle, armeggia col tappo della bottiglia. Intanto, Angela, con mossa fulminea, versa il suo veleno nel calice, fino a quel momento, “innocuo” poi prende in mano l’altro bicchiere che lei immagina “pulito”).

GOFFREDO – (all’unisono con Angela) Meno cinque, quattro, tre, due, uno… (Il tappo salta via) Auguri! (Versa lo champagne e quindi prende in mano il “suo” calice, quello nel quale Angela ha appena versato il veleno. Cosicchè i due bevono entrambi il letale champagne).

ANGELA – Buon anno, Goffredo!

GOFFREDO – E buon anno anche a te, Angela!

ANGELA – (con intenzione vagamente sinistra) Lunga vita!

GOFFREDO – (sorriso inquietante) Lunga vita!

(Un lampo rosso accecante investe la scena poi buio improvviso e il rumore amplificato di due bicchieri che si frantumano a terra. La musica allegra dello stereo va in distorsione quindi si spegne).

17 –

(Al riaccendersi delle luci, in scena, sedute sulle poltrone, Leda e Ornella).

ORNELLA – Incredibile e inspiegabile.

LEDA – Allucinante, caro avvocato.

ORNELLA – Tutti e due colpiti da infarto e quasi nello stesso istante!

LEDA – Avevo passato la notte di capodanno in casa di mia sorella. La mattina dopo, sono tornata qui e… mi creda: una scena agghiacciante.

ORNELLA – Lo immagino perfettamente.

LEDA – Ho chiamato la Polizia… Sono arrivati quelli della scientifica, un medico... Arresto cardiaco: così, hanno detto.

ORNELLA -–Questa faccenda mi sa di… di paranormale… (si guarda attorno ricordando l’apparizione di Tommaso) … e mi mette addosso i brividi…

LEDA – Paranormale? E chi può dirlo? In ogni caso, io credo che, in questo nostro mondo, nulla accada per semplice casualità. Me l’ha insegnato un mio vecchio e saggio amico…

ORNELLA – Ne sono convinta anch’io. La vita è ben strana, cara Leda! Tu sai che la signora non aveva un soldo, vero?

LEDA – Sì, ne ero a conoscenza.

ORNELLA – Ma ignoravi che fra un paio di settimane avrebbe incassato mezzo milione di euro!

LEDA – Mezzo milione…?

ORNELLA – Sì. Il risultato di una semplice ma fortunata speculazione edilizia. Un affare che ho curato personalmente, a sua insaputa.

LEDA – E ora?

ORNELLA – E ora, niente. Questa morte improvvisa ha vanificato il progetto. Mezzo milione di euro andato in funo! Così è la vita, che vogliamo farci? Beh, io vado. Immagino che anche tu…

LEDA - Sì, certo. Ho già sistemato la mia roba…(indica la valigia che le sta accanto) Vado da mia sorella, per il momento.

ORNELLA – Se avessi bisogno di me, chiamami pure: sarò felicissima di aiutarti.

LEDA – La ringrazio di cuore.

ORNELLA – Bene. E allora, ciao, Leda e… in bocca al lupo.

LEDA – Arrivederla, avvocato. L’accompagno.

(Escono. Rientra, subito dopo, Leda. S’accorge di un giornale sulla poltrona)

            Ha dimenticato il giornale... (Lo sfoglia distrattamente poi rimane colpita da una notizia…Legge) “Muore in un incidente aereo il magnate italo-americano Carlo De Benedetti. Il suo impero economico, valutato in parecchi miliardi di dollari, passa nelle mani della fifglia Cristina e del nipote… Goffredo De Benedetti… unici eredi. I funerali…” (Rimane di sasso) Pazzesco!

TOMMASO – (appare improvvisamente) Tutto… casuale, vero?

LEDA – (sobbalza poi si riprende) E no. No che non è casuale.

TOMMASO – Addio, Leda. (Scompare)

LEDA – (Piega il giornale e lo ripone sulla poltrona. Prende la valigia e si avvia verso l’uscita) Addio… Tommaso. (Spegne la luce ed esce).

SIPARIO