Per fortuna c’è papà

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PER FORTUNA C’E’ PAPA’

di

Andrea Zanacchi

COPYRIGHT © : 2008 BY ANDREA ZANACCHI

TUTTI I DIRITTI RISERVATI A NORMA DI LEGGE

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Bevo alla casa devastata,

alla mia cattiva vita,

alla solitudine in due

e a te; alla menzogna

delle labbra che mi tradirono,

al morto gelo degli occhi,

al mondo sguaiato e crudele,

al Dio che non ci ha salvati

Anna Achmatova

*Fiero è un uomo del sud. Come potrete notare solo alcune battute sono state scritte in dialetto; non si tratta di una distrazione ma della decisione di lasciarle nella forma in cui sono nate. Questo non vuol dire assolutamente che il resto del testo (parliamo sempre di Fiero) non debba essere recitato con un sentore dialettale.

*Il dialetto parlato da Fiero non è napoletano come ,ad una prima impressione, potrebbe apparire.

*Carola, figlia di Piero, parla un italiano quotidiano ma questo non le impedisce di abbandonarsi, con il padre, a qualche esclamazione dialettale.

Andrea

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SCENA I

(Si apre il sipario e ci appare la scena in penombra, fatto eccezione per un angolo in luce, sul fondo. Quest’angolo è un balcone adibito a stenditoio, vi corre nel mezzo uno di quei fili utilizzati per mettere ad asciugare i panni, scopriremo che si affaccia su finestre, balconi dei palazzi vicino. In scena c’è Carola intenta a stendere i panni mentre scambia alcune battute con la dirimpettaia. In sottofondo la musica, lenta, poco ispirata di un sassofono.)

CAROLA: (sta finendo di stendere i panni parla con la dirimpettaia) No no, grazie ma per ora la

Pizziconi mi basta. Lo stavo notando prima il maglioncino, lo avete fatto voi? Ah. Beata

voi che siete capace…eh, mi piacerebbe ma chi ha tempo…ho da  pensare a casa

mia…di Papà. Per ora ci siamo un attimo fermati a cercarla, anche perché il nuovo

lavoro di Piero…come non continua, che fa non lo sente? Quello è l’amore suo. (al

sassofono si aggiunge la macchinetta del caffè) Scusate vado che è pronto il caffè.

(prende il getta acqua, entra in casa e accende la luce. Ci appare la scena. Un salottino

su cui danno alla sinistra un cucinotto a vista da cui si accede al balconcino, in fondo e

rialzato, a destra un piccolo disimpegno che conduce all’ingresso e alle camere da letto.

I mobili sono di vecchio stile, un divano con un tavolino, una libreria bassa e una

consolle con su una fotografia e una pianta, ai piedi del mobiletto una pila di scatoloni.

Vicino il disimpegno un attacca abiti Sul divano si gira e rigira un figura sotto le

coperte poi finalmente fa capolino.)  Buongiorno.

FIERO: (la saluta con un gesto di stizza)Eh buongiorno.

CAROLA: Non hai dormito bene?

FIERO: E chi ha dormito. (Indica la parete da cui proviene la musica)

CAROLA: Ah. Eppure quando sono uscita prima…

FIERO: Appunto, prima. Poi o’ maestr’ (mima di suonare uno strumento) e allora, girat’, mett’o’ cuscino…cerc a’ posizione. Niente più.

CAROLA: (che ha preparato il tavolo per la colazione)Vieni è pronto il latte. Vuoi le contadine?

FIERO: (va verso la pianta) Voless o’ cielo.

CAROLA: (con gesto di stizza) Papà…

FIERO: …un bel cornetto.

CAROLA: (risoluta) No.

FIERO: (ripetendo a memoria) Me fann’ male, lo dice o’ dottore. (Osservando la pianta) Un po’ di caffè si può avere?

CAROLA: (lo guarda)

FIERO: No. Giusto per sapere. (toglie qualche foglia morta) Ma ti pare a te? Mi sta preoccupando questa pianta.

CAROLA: Perché che ha?

FIERO: Non lo so ma non la vedo bene. (guardando le scatole ai suoi piedi) Le scatole.

CAROLA: Poi le togliamo.

FIERO: (tra se) Semp’ poi, ma che ci vol’?

CAROLA: Lo spazio.

FIERO: (Si siede a tavola e tra se) te pare chistu o’ modo e’ fa’ colazione.

CAROLA: Papà non cominciamo.

FIERO: Mi sto lamentando? No. Era un’osservazione. (cantilenando) io non mi posso lamentare, ca sennò (gesticola con le mani)…

CAROLA: Cosa?

FIERO: Niente.

CAROLA: (chiudendo la conversazione) Eh.

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FIERO: Che poi, quello che mi da fastidio non è mica che suoni…per carità, che non te la fai ‘na sonatella la mattinapresto? È che comincia a suona’sempre quandosto facenn’un belsogno.

CAROLA: Lo sai che non ha tempo, ogni momento è buono.

FIERO: (con la bocca impastata) Che poi, sempre queste musiche tristi, scialbe (cerca le parole) ca t’ fann’ veni’ voglia e’ svigliart’ muort’. Se proprio devi svegliare gli altri, suona qualcosa di potente, di maestoso. Così è nu’ peccat’ aizass’.

CAROLA: Non ti alzare.

FIERO: E come faccio.

CAROLA: Resta sotto le coperte.

FIERO: Eh, resta sotto le coperte dice…lo so io che ci vorrebbe. (pungente) ma l’ho lasciata a voi.

CAROLA: (cantilenando) Quella mia?

FIERO: Ci sta lui.

CAROLA: L’hai rifiutata.

FIERO: T’ par’ che vac’ a durmi’ dinto a’ cammera e’ figliema? Io, alla mia età?

CAROLA: Sempre meglio che dormire in sala. Ma quante volte te l’abbiamo detto, noi ci arrangiamo, riprenditi la tua stanza.

FIERO: Non sia mai che io divida marito e moglie. E’ contro natura dividere due giovani sposi, sarebbe cattiveria. ( soffermandosi su questa frase) L’ho fatto per voi.

CAROLA: (stemperando i toni) Grazie.

FIERO: Certo che il divano (toccandosi la schiena)…

CAROLA: (guardandolo) Papà.

FIERO: Ma la camera tenetela voi. (cambiando discorso) E’ che sono un po’ preoccupato per questo ragazzo, ma che tène?

CAROLA: Che ha?

FIERO: E che ne sacc’, lo chiedo a te, sei la moglie.

CAROLA: Chiedilo a lui.

FIERO: (insinuando) Non gli piace il lavoro?!?

CAROLA: (fa spallucce. La musica si ferma)

PIERO: (Entrando dalla stanza di sinistra. Ha l’aria stanca, occhiaie profonde, un po’ curvo su se stesso, posa la giacca sul divano) Buongiorno.

FIERO: La giacca. (lo scruta e fa notare a Carola con dei gesti il suo atteggiamento)

PIERO: (La prende e la va ad attaccare all’appendi abiti. Sentitosi osservato) Che c’è, che avete?

Non vi sentite bene?

FIERO: Mi stiracchiavo.

PIERO: (non capisce)

CAROLA: (apparecchiando per Piero) Vieni che ho preparato.

PIERO: (si avvicina al tavolo, cerca di dare un bacio a Carola che si scosta. Si siede)

CAROLA: C’è il caffè caldocaldo, come piace a te.

FIERO: (sarcastico) caldocaldo, come piace a lui. (alza la tazza, Carola con la moca passa avanti e lo versa nella tazza di Piero)l’acciress’…

PIERO: Grazie. (si prepara con gesti precisi a far colazione)

FIERO: (guarda i suoi biscotti alla crusca e poi quelli al cioccolato di Piero) Cioccolato, eh? (Piero annuisce. Fiero alza il suo biscotto) Crusca.

PIERO: (porge un biscotto, Fiero fa per prenderlo)

CAROLA: (sbucando dalla cucina) Papà!

FIERO: (tra se) Ma ten’ e telecamere arret’? (a Piero) No, non li posso mangiare. Lo ha detto il medico.

PIERO: Dormito bene?

FIERO: (storce il viso)

PIERO: Ma perché l’ ho svegliata?

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FIERO: E tu che dic’?!?

CAROLA: (intromettendosi) No...e poi lo sai che mi sveglio presto.

FIERO: (alla figlia) Tu.

CAROLA: Ma tanto doveva alzarsi comunque.

FIERO: E da quando decidi tu a che ora m’aggia aiza’?

PIERO: Ma si sente quindi?

CAROLA: Nemmeno tanto.

FIERO: T’entra rent’ le recchie.

CAROLA: Papà esagera.

FIERO: Quello è come una campana.

PIERO: (sempre più accusando) Addirittura.

CAROLA: (Al padre) Lasciamo stare.

FIERO: Un martello pneumatico nel cervello, zagazà tatatà, zagazagatatatA’!

CAROLA: (risoluta) Papà! (lo fulmina con lo sguardo)

FIERO: (Smorzando i toni)Magari non così forte. E poi ultimamente fai sempre queste canzoncine nu’ poco malinconiche, chi è Tenco? Ma nun e’ conòsc cacc canzòn e’ Mozart ca’ piac’ a’ pianta?

CAROLA: (intervenendo) Papà lui fa Jazz.

FIERO: (tra se) Eh, O’ cess. (si alza e va a vedere la pianta in salotto vicino a una cornice.

Cambiando discorso) Insomma mi diceva Carola cheil lavoro…non ti piace.

CAROLA: Papà! Io non ho detto nulla.

PIERO: (come scosso, guarda Fiero poi la moglie e ancora Fiero. Manda giù il latte) Come no.

FIERO: Hai visto Carola? Si sta ammosciando.

CAROLA: E falle prendere sole.

FIERO: Eh.(pungente) Quella è la musica che me la innervosisce.

PIERO: (colpevole) Scusate.

CAROLA: (gesticolando in direzione del marito, sussurrando) ma che ti scusi a fare?

PIERO: Comunque mi piace…il lavoro.

FIERO: Eh? Ah. Umbertino è un mio caro amico, così mi ha detto: “Fiero, io lo assumo perché sei tu” .

PIERO: Grazie mille.

FIERO: Sarà pure un po’ pesante, però con tutte quelle casse sai che spalle che metti. Così ti rinforzi un po’.

CAROLA: O si rompe la schiena, bell’amico che hai.

PIERO: (fa segno di non intromettersi)

FIERO: Mica poteva fa’ i miracoli, quello l’unica cosa che aveva che non c’era bisogno d’esperienza è scaricare le cassette dai carrelli. E poi, l’importante è lavorare.

CAROLA: Come no.

FIERO: (guardando con intesa il genero) Fidati è così. A me il lavoro non mi è mai mancato e quando non c’era me lo inventavo. Il problema di oggi è che non va a nessuno di lavorare. O no?

PIERO: (annuisce)

CAROLA: Il problema oggi è che non ti fanno lavorare.

FIERO: E’ la voglia che manca. Se hai voglia vedi… vai pure a cogliere la cicoria e la vendi. Te ne vai pure dal paese tuo, come agg’fatt’io. O no?

PIERO: (annuisce)

FIERO: Dicevo alla pianta. Vabbè, io mi vado a lavare (si avvia con la pianta)

CAROLA: Te la porti in bagno?

FIERO: Tène bisogno e’ cumpagnia. (riprendendo il discorso) Oggi siete troppo depressi ecco perché non lavorate. (esce)

PIERO: (finisce di mangiare, comincia a sistemare, prende da uno scaffale un tubetto di crema) 5


CAROLA: Ma tu hai capito? Siediti.

PIERO: (sedendosi si alza la maglietta)

CAROLA: La solita?

PIERO: No, anche l’altra.

CAROLA: (comincia a massaggiare le spalle con la crema) Non ti lamentare come i bambini.

PIERO: E’ fredda.

CAROLA: (sarcastica) Povero…ti ci sta bene. Ti fai un culo tutto il giorno e poi quando se ne esce con queste stupidaggini, gli dai pure ragione.

PIERO: Che devo fare? E’ tuo padre.

CAROLA: Non ti dico di insultarlo ma almeno digli quello che pensi.

PIERO: Per esempio?

CAROLA: Andare a scaricare le cassette. Non credo sia la tua aspirazione, visto che quando ti ho sposato nel pacchetto era incluso un sassofono. Eppure lo fai ugualmente.

PIERO: Che poi perché hai detto che non mi piace.

CAROLA: Perché ti piace?

PIERO: (alza le spalle) Ha i suoi lati positivi, ingrosso le spalle.

CAROLA: (ironica) Se ci arrivano.

PIERO: Magari pensa che sono un ingrato.

CAROLA: Macché ingrato. E poi non ho detto nulla, è lui che l’ha pensato. Dice che ti vede triste. (si ferma, lo fa girare) Piero, sei triste?

PIERO: (fa di no con la testa)

CAROLA: Me lo giuri?

PIERO: Perché lo dice?

CAROLA: Perché suoni un po’ (gesticola per descrivere delle atmosfere cupe)…ma papà poi che capisce.

PIERO: (silenzio) …suono quello che mi viene.

CAROLA: Ma è bello.

PIERO: Ma tanto ho una mezza idea di lasciare.

CAROLA: (si ferma) Ma che lasci. Perché?

PIERO: Perché mi sono stancato.

CAROLA: E che fai poi? Scarichi le casse per sempre?

PIERO: Che male c’è, lo fa tanta gente. C’è il Roscio che ci campa una famiglia.

CAROLA: Si vede che non ha altro.

PIERO: Ma beati loro che finito di lavorare se ne ritornano a casa e fanno quello che vogliono. E no che si mettono a studiare…per cosa, poi? Quanto è che ci perdo tempo? Una serata qui, un gruppo la’…però poi mi ritrovo sempre allo stesso punto. Almeno mi metto l’animo in pace così almeno può essere che troviamo un’altra sistemazione…e non si stressa manco la pianta.

CAROLA: Vabbè si sistema. Ma che cavolata è? (si avvicina a Piero che ha la testa bassa) Guardami. (prende il viso tra le mani e lo alza) Ce la facciamo. Bisogna avere un po’ di pazienza.(sta per baciarlo entra Fiero)

FIERO: (entrando di gran carriera) Io esco. Ho lasciato Meringa a prendere un po’ d’aria, tra un po’ rimettila dentro. Se mi cerca qualcuno…

CAROLA: Stai al bar.

FIERO: Chi io?!? Vado a fare delle commissioni (guarda l’orologio) ma tu non devi attaccare tra un po’? Mi raccomando quello è amico mio.

CAROLA: Papà.

PIERO: Sto andando.

CAROLA: (al padre che sta per uscire) Visto che esci, tieni (gli porge una lista) prendi queste due cose.

FIERO: (fa per uscire) Alla faccia delle due cose. 6


CAROLA: E non ti fermare al bar.

PIERO: (va a prendere la giacca)

CAROLA: (squilla il telefono) Pronto…(rientra Piero con lo spazzolino in bocca) ah, buongiorno signora Palidoro (Piero fa gesti di no con il dito) no, che disturba noi ci svegliamo sempre a quest’ora…no, il maestro non c’è, è uscito per delle prove, cer…o lui lo stacca sempre il telefono …ma certo, glielo dico che il piccolo Erichetto (Piero scuote testa) vuole riprendere a suonare il sassofono…sarà felicissimo, si la faccio chiamare,buongiorno…eh, si sempre da mio padre… lo so che è quasi un anno ma è difficile trovare casa…salve, a risentirla. (attacca, tra se) Se l’è scritto ‘ngoppa ‘o calendario quann’ sem’ venut’ abita’ qua!

PIERO: Erichetto noo…

CAROLA: Erichetto si!

PIERO: Lui e la musica dovrebbero tenere la distanza di sicurezza.

CAROLA: Sono soldi.

PIERO: Sono sordi! Pure la mamma, come fa a non rendersi conto.

CAROLA: Senti, un po’ di soldi in più non ci fanno male…e poi hai visto, le cose cominciano a cambiare.

PIERO: Si, e come?

CAROLA: E’ un lavoro che riguarda il tuo campo.

PIERO: E che faccio l’esorcista?

CAROLA: … non preferiresti insegnare che scaricare?

PIERO: Che Charlie Parker mi perdoni.

CAROLA: Ti perdona, ti perdona. Soprattutto quando ti pagano.

PIERO: Speriamo. (raccoglie la giacca, da un bacio alla moglie sulla guancia. Esce)

FIERO: (entrando)Ma non ti pare tardi?

CAROLA: Ma che lo controlli? Stava andando…

PIERO: (con la giacca, cerca di dare un bacio alla moglie ma sotto lo sguardo del suocero non ci riesce ed esce)

CAROLA: Ecco, visto, è andato.

FIERO: Io mi preoccupo solamente.

CAROLA: Se avevi paura di fare una figuraccia con l’amico tuo potevi evitare di interessarti.

FIERO: Macché, non voglio che perda il lavoro. E poi ho lasciato il portafogli (si mette a cercare)

CAROLA: E l’e’ truvat’ mo'?

FIERO: Ecco, lo tenevo in tasca. A’ capa…perché non ho dormito bene. E poi che è un crimine preoccuparsi? Un padre lo fa…un padre pensa ai propri figli…(pungente) come un marito alla propria moglie. Hai tirato dentro Meringa?

CAROLA: (alzando i toni) Ma perché non pensa a me? A me sembra il contrario.

FIERO: Maronna quant’ si’ permalosa, ma perché ti alteri, non dicevo questo…vabbè Carola, c’ veremm’ ropp’. Senti la prendo io Meringa (va a prendere la pianta)

CAROLA: Lo stavo per fare…e poi sai quanta aria che ha preso. (tra se) manco un minuto.

FIERO: (rientra con la pianta) magari ti scordi. (la porge alla figlia che la sistema, Piero la prende e la posa al solito posto di fianco alla fotografia)

CAROLA: Era tanto per cambiare.

FIERO: No. (fa per andare e colpisce con il piede la pila di scatolini) Le scatole. (esce)

CAROLA: (Fa un sospiro e si mette a sistemare)

SCENA II

(Carola è sul balcone intenta a ritirare i panni. Seduto al tavolo della cucina Fiero, mangia la frutta del dopo pranzo)

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FIERO: (guarda li scatoloni, tra se con tono polemico) Ancora la. (alla figlia) E maritet’?

CAROLA: (Alla Signora) Scusate un attimo. (entrando) Che dici?

FIERO: Tuo marito.

CAROLA: A lavoro.(esce nuovamente) e quindi lui l’ha sorpresa con…

FIERO: (Approva con il capo)…ma che fa un turno nuovo?

CAROLA: Aspettate…(si affaccia) Che dici?

FIERO: Fa un turno nuovo?

CAROLA: No, ha ricominciato a dare lezioni.

FIERO: Non ha perso il lavoro?

CAROLA: Ma che ha perso il lavoro. (alla signora) Si, va a dare lezione a un bambino...qualcuno lo chiama il futuro del sassofono questo bambino…e certo, tutto grazie a mio marito.

FIERO: (pensieroso) Ma si’ sicura?

CAROLA: Signora scusate mi chiama papà(prende i panni) Ma lo vedi che sto parlando? Che hai detto?

FIERO: Ma si’ sicura che non ha…

CAROLA: Certo. E’ bravo e la gente lo cerca. Non bisogna perdere il lavoro per fare…

FIERO: Finché è contento.

CAROLA: E’ contento!

FIERO: E non t’arraggia’ sempre. E quan’ arriva o’ maestr’?

CAROLA: Papà non fare lo spiritoso.

PIERO: (entrando sorridente, tutta un’altra energia rispetta alla prima scena, fischietta anche) buon pranzo.

FIERO: ‘sto alla frutta.

PIERO: Ottimo. (si avvicina alla moglie per abbracciarla ma lei lo scosta, lui tiene a stento l’energia)

FIERO: (tra se) Ma fuss’ scem’?

CAROLA: Hai fame? Ti preparo subito.

FIERO: (si alza per andare in bagno) Prego, io ho finito…o’ maestr’.(esce)

PIERO: (osserva Fiero uscire e poi saltella felice di qua e di la’, stringe Carola)

CAROLA: Dai…che se torna mi vergogno…ma che hai?

PIERO: (Il volto si illumina con un grande sorriso)

CAROLA: Erichetto ha azzeccato una nota giusta.

PIERO: Meglio. Io gli faccio una statua a Erichetto.

CAROLA: Gesù, ha imparato a suonare?

PIERO: No, fa più schifo del solito ma ho incontrato Vìllani. Il pianista. Te lo ricordi?

CAROLA: Chi è quello che usciva con la salma?

PIERO: Ma quale salma. Il pianista. Quello che una volta hai detto, ammazza è bravo e io ti

risposto: è un genio.

CAROLA: Non mi ricordo.

PIERO: vabbè…

CAROLA:  Non è quello della sigaretta storta.

PIERO: No. Non fa niente.

CAROLA: …ma tu dici Vìllani, quello che ha comprato il bar?

PIERO: Ma quale bar?

CAROLA: Il bar in via dei Trastulleti.

PIERO: No.

CAROLA: Allora non ho capito.

PIERO: Non fa niente! Allora, Vìllani, il pianista…(Carola tenta di intromettersi) non fa niente, un amico mio. Lo sai Erichetto abita vicino il Jazzart, camminando l’ho incontrato e come stai come non stai, m’ha detto “Ti pensavo…” praticamente il sassofonista del

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gruppo non so che ha fatto, impicciato, distrutto o quello che è…comunque non c’è, quindi lo sostituisco io.

CAROLA: Ti hanno preso in un gruppo?

PIERO: E’ solo per una sera.

CAROLA: Ti pagano?

PIERO: Certo.

CAROLA: Quando?

PIERO: Domani sera.

CAROLA: E tu hai accettato?

PIERO: Ho detto che ci avrei pensato…mica posso far vedere che sono disperato. (prima ridono e poi smettono per un istante. Cambiando discorso) E poi c’è la questione delle prove,dovrei tornare subito e provare pure domani tutto il giorno. E come faccio con il lavoro.

CAROLA: Non ci vai. Non ti puoi prendere un giorno?

PIERO: E poi chi se lo sente tuo padre, ci manca solo che gli faccia fare un figuraccia con l’amico suo. (cambiando) No,è meglio di no.

CAROLA: Se non lo vuoi fare per te fallo per me. Ci lamentiamo sempre che ci dobbiamo accontentare di tutto…una volta che la fortuna si è cecata dalla parte nostra, tu dici no? Mi dispiace ma tu chiami Vìllani…ma che è quello che ha solo le camice a fiori?

PIERO: (annuisce)

CAROLA: Ma ancora ci pensi? Mi hai sempre fatto una testa così, voglio lavorare con il genio…

PIERO: Ma che gli dico a lavoro?

CAROLA: Gli dici che hai preso uno strappo alla schiena.

PIERO: E poi tuo padre?

CAROLA: Che c’entra lui.

PIERO: Se lo dice a Umbertino?

CAROLA: Ma ti pare.

FIERO: (rientrando) Pensavo…ma si potrebbe avere un caffè?

CAROLA: (guardando Piero. Al padre) vabbè, per una volta…

FIERO: E che è succiess’?

CAROLA: Aspetta però che finisco di controllare Piero.

FIERO: Ah, e che tene’ e’ pidocchi?

CAROLA: Ha preso uno stiramento alla schiena.

FIERO: Mannaggia…

CAROLA: Lo so.

FIERO: (guardando la pianta) …guarda guarda, non la vedi pure tu sempre più depressa? Carola fammi il piacere, stipami il fondo del caffè.

PIERO: (da un pizzico al marito) Ah!

CAROLA: Ti fa male se ti abbassi?(Piero attonito) Tanto, vero?

FIERO: Quello sai che è? Tutte quelle ore che stai in piedi a soffiare dentro quel coso.

CAROLA: Certo, non scaricare le cassette. Secondo me domani non ci può andare a lavoro così conciato, è meglio un giorno di riposo.

PIERO: No, ce la faccio.

FIERO: Visto, ce la fa. (a Piero) cheste femmene. Mi raccomando i fondi del caffè.

CAROLA: Papà! Ma secondo te può scaricare tutte quelle cassette con la schiena in queste condizioni? Allora?

FIERO: Allora che?

CAROLA: Meglio riposare. (fa occhiolino a Piero) Ti faccio subito il caffè.

FIERO: (un po’ pensieroso) no, non c’è bisogno, lo prendo fuori.

CAROLA: Sicuro?

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FIERO: Si, vado da Gigi. (si prepara, sta per uscire, si ferma) immagino che tu debba andare a fare lezione.

CAROLA: Si.

FIERO: e la schiena?

CAROLA: (si intromette) Che c’entra, mica si deve piegare e poi non suona mica lui.

FIERO: E infatti. I fondi del caffè. (fa per andare, colpisce le scatole con il piede) Queste sempre qua stanno, le vogliamo togliere si o no?

CAROLA: Non ci sta spazio.

FIERO: (in silenzio, esce)

PIERO: Secondo me ha capito.

CAROLA: E se anche fosse? Non siamo mica bambini. Chiama.

PIERO: (si ferma un attimo)

CAROLA: Quello che è fatto è fatto. (lo segue con lo sguardo e intanto comincia a sistemare)

PIERO: (compone il numero) Pronto, sono Piero. Se l’offerta è ancora valida io sono disponibilissimo…

(La luce si abbassa)

SCENA III

(Fiero è sul divano che gioca al solitario dando le spalle all’ingresso, ha con se una bottiglia di vino, il bicchiere pieno per tre quarti e un pacco di tarallucci. Entra Piero)

FIERO: (scartando una delle carte) Io a te cercavo, puzz’itta’ o’ velen'!(Piero si ferma gelato sull’ingresso)bella roba, non ti vergogni? Ti pare l’ora di presentarti? Strunz! T’aggioaspittat’ tutto ‘stu tiemp’…ed eri qua sotto. (beve un sorso di vino, ci inzuppa un taralluccio)

PIERO: (è ancora sull’uscio spaventato quando si fa coraggio) mi scusi, non ero qui sotto e non sapevo…

FIERO: (colto di sorpresa, beve d’un colpo il vino nel bicchiere e cerca di nascondere tutto il resto con scarso risultato) Ah! Ma che si’ pazz’?(si guarda alle spalle e scorge Piero)Ah,si tu. (si rimette a sedere,bevendo e mangiucchiando i tarallucci)

PIERO: Buongiorno. Mi aspettava?

FIERO: A chi?

PIERO: Perché…(cerca di spiegare a gesti l’accaduto)

FIERO: Stai bene, si? (mostrando la carta) Tie’ guarda qua’, sempre la stessa carta, m’ foss’ mai uscita . Sette solitari, no, uno! Tutti per colpa sua. (osserva Piero) Che e’ fatt’? Ti vedo pallido. (offrendo il vino) Vuoi? Un taralluccio?

PIERO: Ma non avete paura che vi veda Carola?

FIERO: E perché? Sono il padre. E’ uscita. E poi tanto mica fai la spia. No?!? Eh, Piero?!? Il mio genero preferito.

PIERO: L’unico.

FIERO: E vabbè che c’entra, sempre preferito sei…pensa se mi fossi stato antipatico. Eh?!? Ci capiamo io e te, vero? Allora, non dici niente a Carola, resta un segreto tra me e te…vero?

PIERO: No, figuriamoci.

FIERO: bravo, così mi piaci. E piaci pure a Meringa così. Vero Meringa?

PIERO: Parla con la piante?

FIERO: Perché c’sta’ caccos’ e’ male? (Piero non risponde) Siediti.

PIERO: Devo prendere una casa e devo scappare…

FIERO: Siediti, riposa la schiena.

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PIERO: … mi aspettano.

FIERO: E non succede niente, mica scappano.

PIERO: No, davvero…

FIERO: (con autorità)Siediti.(Piero si siede) bevi, ti fa bene…magari ti aggiusta pure la schiena (una risatina finta a cui si unisce anche Piero) senti Piero, come va?

PIERO: Bene.

FIERO: Sicuro? Perché è un po’ che ti vedevo così pensieroso…

PIERO: Sarà un’impressione.

FIERO: Eh, può essere. (insinuando) Non ti va bene con il Sax…questo lavoro non ti piace.

PIERO: Come no…

FIERO: (lo ferma con una mano alzata, ferma e decisa)…arriva il momento che la dobbiamo prendere una decisione? Mica si può stare a giocare ancora…Per carità a me fa piacere che tu hai un sogno ma non ci sta niente di male a tenerselo buono come hobby. E quanta gente fa le recite, c’ha i complessini. Pure quell’amico mio, ti ricordi che siamo andati a cena. Quello è partito pure lui dal paese, fa le commedie di Eduardo e vedessi quanto è bravo. Quello ha l’alimentari e la sera fa con la compagnia. Mi capisci?

PIERO: (in apprensionei) Si.

FIERO: Il lavoro è importante, poi di questi tempi, una malattia di troppo e ecco fatto, chiamano un altro. E poi? Per fortuna c’è papà... Ma per quanto? E se arriva ‘na criatura? Bisogna pensarci a queste cose. Tu che dici? (prende tarallucci, bicchiere e bottiglia di vino e li sistema. Guarda Piero che è visibilmente pensieroso e giù) Oh, non ti sarai micaoffeso?

PIERO: (abbattuto) No.

FIERO: Bravo. E sorridi. Il mio era un semplice pensiero che mi è passato per la testa, un consiglio da padre acquisito. Ora vai…non eri passato per prendere sacc’che…

PIERO: (è in piedi immobile, privo di forza) Si…(i piedi di piombo, vorrebbe muoversi ma non trova il coraggio)

FIERO: Vai, vai.

PIERO: (con fatica si muove, prende quello di cui ha bisogno e fa per andar via) Arrivederci.

FIERO: Ciao ciao…(si alza con la bottiglia di vino ed i biscotti, segue Piero) oh, mi raccomando, quell’altra non deve sapere nulla.

PIERO: Non l’ho mai vista mangiare e bere.

FIERO: (va in cucina a posare tutto) Bravo ma parlavo del discorso. (ritorna al suo solitario)

PIERO: Arrivederci. (fa per uscire)

CAROLA: (entrando con le buste della spesa) Ciao (un breve imbarazzo sul saluto. Guarda Piero lo vede turbato) Stai bene?

PIERO: (pensieroso) Si.

CAROLA: Ma non avevi le prove?

PIERO:  Infatti.

CAROLA: Vabbè, ciao. (si guardano) ma stai bene?

PIERO: Ciao. (esce)

CAROLA: (sospettosa) Buongiorno.

FIERO:  Buongiorno.

CAROLA: Tutto bene qui?

FIERO: Diciamo…

CAROLA: (sospettosa) Perché che è successo?

FIERO: Non mi esce il solitario.

CAROLA: Sai perché era tornato a casa Piero?

FIERO: Si era dimenticata una cosa.

CAROLA: Avete parlato?

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FIERO: E sennò come lo sapevo? (guardando le buste della spesa) Oh, vediamo un po’. (colpisce con il piede le scatole) Ma si possono togliere da qui, si o no? (guardando la figlia)Eh, non ci sta spazio. (Va in cucina, prende dalle buste l’incarto del prosciutto) Non l’hai preso da Gigetto.

CAROLA: Si, da lui.

FIERO: (mostrando alla figlia l’incarto) Non è la carta sua.

CAROLA: L’avrà cambiata.

FIERO: Sono quarant’anni che è sempre uguale.

CAROLA: Era pure ora, non credi? (mostra lo scontrino)

FIERO: La fessa!

CAROLA: Papà.

FIERO: E ‘sul ‘ste cose l’e’ pagat’ accussì? (apre l’incarto)

CAROLA: Dillo all’amico tuo.

FIERO: E papà paga.(assaggia il prosciutto) è lui, è lui.

CAROLA: Lo riconosci dal prosciutto?

FIERO: E certo, Gigetto lo taglia come piace a me, né troppo sottile né troppo spesso. Con mezzo centimetro di grasso. Preciso.

CAROLA: (togliendosi la giaccia la posa su una sedia)

FIERO: La giacca. M’ par’ e’ sta’ dint’ nu magazzino.

CAROLA: ( prende la giacca e la va a mettere al suo posto) Pasta e fagioli?

FIERO: Si, ma come la faceva mammeta, non come l’ata vota.

CAROLA: Perché che aveva?

FIERO: Era troppo brodosa.

CAROLA: Però te la sei mangiata tutta.

FIERO: E buttam’ pure le cose. Non credi Meringa? (colpisce la scatole) Maronna! Sto impazzendo.

CAROLA: Ma ti risponde almeno?

FIERO: A tratti.(squilla il telefono)

CAROLA: (che si sta mettendo il grembiule, va a rispondere) Pronto…papà è per te, il signor Umberto.

FIERO: (va di gran carriera verso il telefono) Abbacchie’, dimmi tutto. Si, il mal di schiena. No, domani torna più in forma di prima, te lo assicuro. Ah. (pausa) È andato dal medico. E quello c’ha il mal di schiena mica gli hanno sparato che non può uscire. Abbachie’ da quanto ci conosciamo? Fidati di Fiero. L’hai incontrato perché è andato dal medico. Si, ciao. Oh, ma quando ci facciamo quella partitina che…ti piacerebbe, io c’ho ancora incorniciate le mutande tue…(risa sguaiate) ciao, ciao…ciao. (alla figlia) La figuraccia poi ce la faccio io.

CAROLA: Guarda che ce l’ha per davvero.

FIERO: Ma per chi m’hai preso. Eh?

CAROLA: Ma perché uno non può avere il mal di schiena e prendersi il giorno?

FIERO: Certo, poi tanto chiamano a me.

CAROLA: Potevi non interessarti.

FIERO: E certo, così ancora stava a spasso tuo marito.

CAROLA: Non stava a spasso, lo avevano licenziato.

FIERO: Come ogni vota.

CAROLA: Che hai da dire? E’ stato sfortunato.

FIERO: No, è stato sfaticato sennò non lo perdeva il lavoro.

CAROLA: Ma tu c’hai mai lavorato in un call center? Due giorni non prendi appuntamento? Via.

FIERO: Si vede che non si impegnava. Sai che difficoltà. Buongiorno, io sono Pinco Pallino, ci vogliamo incontrare? Si, grazie, quando, domani… e che ci vuole. (squilla il telefono,

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risponde) Pronto…no, non ci interessa. (attacca)Lo so io qual è il problema…con isogni ci s’ arracqua1 o’ vis’ e basta. Ma tant’ addo’ sta?

CAROLA: Alle prove perché questa sera ha un concerto…perché siccome è bravo, lo chiamano.

FIERO: E lo pagano?

CAROLA: E certo.

FIERO: Ah. Ma perché t’arraggi. Stiamo solo parlando. Fai sempre così, ti metti sempre sulla difensiva. Carola un uomo quando si sposa non deve più pensare solo a se stesso…deve fare dei sacrifici.

CAROLA: (vorrebbe rispondere ad alta voce ma il padre è come un muro su cui rimbalzano le parole. Sommessa) Li fa.

FIERO: Sarà così allora. (Colpisce con il piede le scatole) E togliet’ ‘sti cazz’ e’ scatole. (prende la pianta) Vieni Meri’ che non ti fa bene ‘st’aria. (esce)

CAROLA: Li fa…li facciamo.

(lentamente fa buio sulla scena)

SCENA IV

(Siamo in un esterno di un locale, luce di lampioni, insegne luminose che lampeggia nell’ombra Piero cammina avanti e indietro, a tratti appare abbattuto poi nervoso a volte spaventato, è preda di una muta disperazione.)

CAROLA: (Appare dall’ombra, si sta finendo di accomodare il vestitino, i capelli. E’ bellissima. Sussurrando) Piero. Emozionato?

PIERO: (fa una smorfia di indifferenza con il viso)

CAROLA: (non raccoglie) ammazza, io al posto tuo sarei tutta elettrica.

PIERO: (secco) io no.

CAROLA: (non raccoglie) C’è gente?

PIERO: Poca.

CAROLA: Guarda non ti devi mica preoccupare, è ancora presto…guarda ecco un po’ di gente…(si rivolge a qualcuno nell’ombra e da indicazioni) Se è per la serata, quella è l’entrata.

PIERO: (freddo) Ma la vuoi smettere.

CAROLA: E vabbè che ho fatto ? (guarda nell’ombra) Lo vedi, non ti devi preoccupare, sta arrivando gente.(indicando un ingresso) è quello.

PIERO: Per quanto me ne frega.

CAROLA: (lasca cadere la borsetta di sua volontà con pesantezza)

PIERO: (fa per raccoglierla)

CAROLA: (anticipandolo) Fermo.

PIERO: Che c’è?

CAROLA: Dimmelo tu.

PIERO: Te l’ho detto, non c’è niente.

CAROLA: Non ti va di suonare?

PIERO: No.

CAROLA: Perché?

PIERO: Perché non mi va.

CAROLA: Va bene ma non pensi che sia…

PIERO: (con sufficienza) si lo so, lo so…(quasi a prenderla in giro) ma questo, ma quello…non ci sono mai occasioni, una volta che ti capita…blablabla…non c’è bisogno che me lo ripeti.

1Innaffia.

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CAROLA: (lo colpisce con la borsa) A stronzo! Ma come ti permetti? Eh? Ma che t’ho fatto? Io cerco di aiutarti, di capire quello che è succeso…

PIERO: (alzando i toni) Niente è successo, hai capito?

CAROLA: Non vuoi suonare, fai come cazzo vuoi! Vatti a morire a scaricare le cassette.

PIERO: (le si avvicina minaccioso) Ma chi ti ha chiesto nulla.

CAROLA: Sei buono solo a lamentarti, lo sai perché non vuoi suonare? Perché ti cachi sotto. C’hai paura che ti potrebbero dire bravo…perché poi te devi assume la responsabilità di questa cosa.

PIERO: (trattenendosi) Ma che stai a di’, ma che stai a di’!

CAROLA: Allora perché non ci vai? Devi fa’ una scelta Piero.

PIERO: (allontanandosi) Basta!

CAROLA: Che c’è? C’hai coraggio? E dove sta? Io non lo vedo. (pausa) Avrà un significato questa serata? (addolcisce il tono)no?!?(si avvicina a Piero)

PIERO: No.

CAROLA: Mi devi dire di si.

PIERO: (crolla) io non ce la faccio più…

CAROLA: Lo so. (a qualcuno nell’ombra) Si è questo il locale.

PIERO: è come se ci fosse un muro trasparente. Vedi che è tutto lì ma non sai come arrivarci… sempre allo stesso punto, per un attimo ci credi e poi di nuovo giù in un vuoto di speranza. (pausa) Poi le prove sono andate, non ti dico…

CAROLA: Con tutto questo ottimismo, fortuna che ci sei arrivato alle prove.

PIERO: Poi Erichetto m’ha dato il colpo di grazia.

CAROLA: (ride)

PIERO: Ma che ti ridi…ho studiato per andare poi a fare lezione a un’assassino.

CAROLA: E come pensavi che potessero andare bene le prove.

PIERO: Quello è perché non becco una nota.

CAROLA: (gli da uno schiaffo tra lo scherzo e il serio) Non lo dire nemmeno per scherzo. Se t’hanno chiamato, vorrà dire qualcosa.

PIERO: Che erano disperati. (a qualcuno nell’ombra) Arrivo.

CAROLA: Fortuna che devi entrare perché altrimenti…(alza una mano) Vai e mi raccomando…(si avvia con a testa giù) Oh. (si volta) Cazzuto.

PIERO: (fa un lungo respiro. Si avvia.)

CAROLA: Dai.

(Le luci cambiano e diventano un misero velo jazz. Una sagoma di un sassofono piove dall’alto e si sovrappone all’ombra di Piero che non la tocca ma la guarda con attenzione per

l’intera durata del pezzo. Su una sedia in penombra, sprazzi di luci blu, Carola che guarda suo marito che sembra suonare come non ha mai suonato)

PIERO: ( Rientrando in luce, ride di cuore come non fa da tanto, è felice)

CAROLA: (si tiene stretta a suo marito, lo abbraccia, lo bacia, bevono a turno dal collo di una bottiglia) Ma sei contento?

PIERO: (la stringe)

CAROLA: Che ti avevo detto?

PIERO: Ma l’hai sentita? Un’energia…mi sentivo ubriaco. (soffia tra le labbra e si accompagna con un gesto nebuloso)c’ero io,la musica (accenna con le labbra un breve fraseggio)come se tutto avesse preso finalmente il senso giusto.

CAROLA: (si stringe)l’amore mio. Hai davvero spaccato i culi ai passeri. (scoppia a ridere)

PIERO:  Molto francese (ride)

CAROLA: Ma te l’immagini un disco?

PIERO: Non è un disco, è una specie di demo.

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CAROLA: Ma perché non è su Cd? Allora è un disco. (pausa, contenendo la gioia) Vedrai….

PIERO: Ma io non ci posso pensare...io con Ratticelli ci stavo al conservatorio. Ma chi avrebbe mai immaginato che avrebbe messo su un’ etichetta.

CAROLA: Oh, mi raccomando domani chiamalo.

PIERO: Appena mi sveglio.

CAROLA: E no che altrimenti pensa che sei disperato.(si guardano e ridono)

PIERO: Ma che farei io senza di te? (si stringono, si baciano)

SCENA V

(In scena c’è Fiero seduto al tavolo a far colazione, in sottofondo il suono del sassofono. Un suono vivace, ispirato, privo di lacune, fraseggiato e ritmato. Carola entra con il gett’acqua

per stendere i panni muovendosi a ritmo di musica)

FIERO: (mentre mangia i suoi biscotti, lancia sguardi a Carola, commentando la musica, nota che non è più funebre)

CAROLA: (lo guarda e risponde con espressioni del viso come a dire che è felice, è bravo, è suo marito)

FIERO: (si alza, si sgranchisce, si avvicina alla figlia) Ma che c’ha?

CAROLA: Niente.

FIERO: (un bell’assolo) è tutto frizzantino oggi.

CAROLA: Perché ti dispiace? Ti stavi preoccupando? Sarà contenta pure Meringa.

FIERO: E mica è Mozart. (provocatorio) Ci va oggi a lavorare?

CAROLA: E certo.

FIERO: (in direzione della camera) Guarda che fai tardi.

CAROLA: Papà.

FIERO: (giustificandosi) Forse non tène l’orologio.

CAROLA: Ma che non ha…e comunque toccherebbe a me che sono la moglie. (chiama) Piero.

PIERO: (uscendo fischiettando, è felice) Buongiorno. (fischietta, si muove a ritmo)

FIERO: Che ti sei ingoiata la tromba?

PIERO: (si ferma un attimo, guarda il suocero e poi ride alla battuta)Sarebbe un sassofono…

FIERO: E’ uguale, sempre piripì fa.

PIERO: Pezzo dedicato a Meringa. (Colpisce con il piede una scatola) Ah!

FIERO: Fa male? Non sarà il momento di toglierle da la? (lo guardano) Non ci sta spazio. Lo sapevo.

PIERO:  (accarezza la pianata) Bella, ti è piaciuto il pezzo?

FIERO: (scostando la pianta) Eh, mica tanto. Questa musica non la capisce.

CAROLA: (Lancia una mela a Piero) al volo.

FIERO: E che è, il circo Orfei? Oggi vai a lavoro, si?

PIERO: (si lanciano con la moglie un sguardo complice e scoppiano in una risatina)

FIERO: Che c’è? (si unisce anche lui alla risatina)

PIERO: (alla moglie riferendosi al brano suonato) Hai sentito?

CAROLA: (ballando, fa di si con la testa)

PIERO:  (che la vede ancora muoversi su una musica muta) ma non è che niente niente…

FIERO: Nienteniente, è tardi? Mi pare di si.

CAROLA: (rispondendo al marito) No.

FIERO: Come no.

CAROLA: Papà ce l’ho con Piero.

FIERO: Pure io. Fred Astaire si è fatta una certa.

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PIERO: (con vivacità) Carola, tuo padre ha ragione. (prende giacca e fa per uscire) Fred Astaire era un attore…se proprio vuole, Charlie Parker, Lester Young…per quanto il mio stile sia più…

FIERO: E chi sono amici tuoi?

CAROLA: Il caffè.

PIERO: (lo beve velocemente) Magari lo fossero…(sussurrandole) Me lo dai un bacio…

CAROLA: (guarda se il padre li sta guardando. Lo bacia furtivamente sulle labbra, quasi a stampo)

PIERO: Non ci sono più.

FIERO: E che bella compagnia.

PIERO: (sussurrando) Dai un altro, dai, dai…

CAROLA: Basta, vai che fai tardi. (lo spinge fuori sorridendo. È felice di questo gioco che si è creato tra lei e il marito) Ti ricordi che devi chiamare?

PIERO: Ti pare che mi dimentico. (mostra il biglietto con il numero di Ratticelli, lo posa sul tavolo

efa per abbracciarla)

FIERO: Chi devi chiamare?

CAROLA: (si staccano) Mi raccomando.

PIERO: Oh. (fa gesto di incrociare le dita)

FIERO: Chi deve incrociare?

CAROLA: (sull’uscita) Ciao…(prendendo il bigliettino) il numero.

PIERO: Ce l’ho in rubrica. (prima di uscire) Dai un altro.

CAROLA: (lo spinge fuori sorridente) Vai. (Piero esce e restano in scena papà e figlia)

FIERO: Insomma chi deve chiama’ incrocia’…

CAROLA: Niente. (va a posare il numero vicino il telefono)

FIERO: Ah, ecco, mi pareva. Io non capisco perché non mi volete mai raccontare nulla.

CAROLA: Perché sono cose nostre.

FIERO: Ma le cose si devono condividere in famiglia

CAROLA: E infatti in famiglia le condividiamo.

FIERO: (alzando le mani) Alzo le mani.

CAROLA: Bravo.

FIERO: Sembra che avete paura di raccontami le cose, non capisco perché.

CAROLA: Non lo capisci?

FIERO: No.

CAROLA: S’è fatto tardi…la signora mi aspetta.

FIERO: No, spiegami, fammi capire.

CAROLA: Non sarà perché hai sempre da ridire qualcosa?

FIERO: (innocente) Ma voi avete un preconcetto. Io al massimo mi limito a dare consigli. Se poi mi volete tenere allo scuro di tutto, fate come volete, questo è un paese libero…ognuno fa come vuole. Ma in casa mia mi piacerebbe saperle le cose, giusto per condivisione.

Tutto qui. (pausa. Pungente.) Sicuro c’entra il lavoro.

CAROLA: (esplodendo) Bravo c’entra il lavoro!

FIERO: Non mi sbaglio mai, che ha fatto questa volta, c’fa mal’ o’ cul’? (ride)

CAROLA: No, gli hanno proposto di incidere un cd…allora? Non hai niente da dire?

FIERO: (si trattiene) Bravo.

CAROLA: Ogni tanto gira pure per noi.

FIERO: (continuando a trattenersi) Meno male.

CAROLA: E ora è tardi, la Pizziconi mi aspetta. Magari per l’ultima volta. (raccoglie le sue cose)

FIERO: Tienitela buona quella.

CAROLA: (esce)

FIERO: (Controlla la pianta, la sistema, le toglie qualche foglia, le da un po’ d’acqua, guarda la fotografia)Saresti stata più brava tu?

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(La luce si abbassa lentamente)

SCENA VI

CAROLA: (Sul balcone raccoglie i panni) Che poi non è mica detto che sia stato lui, non è

possibile. Sicuramente poi si scopre che l’assassino o è l’amico o il cugino, perché la

puntata è finita …eh, brava…finita e non finita. Ho finito. Vabbè signora ci vediamo.

(rientra con i panni, raccoglie la bottiglia di vino) poi va dal medico per la

pressione…(comicnia a chiamare) Papà…papà…(non risponde nessuno. Sistema il

bicchiere con il fondo sporco, i biscotti, la spesa) Papà…(le squilla il

telefono)Pronto…ciao, haiprovato…ah…hai fatto bene…si, io resto in casa…ma tu a

che ora arrivi? Ah, e perché? (ironica) Che brava persona…si, ciao…ti am…(entra

Fiero) anche io…ciao. (attacca e va a sistemare i panni fuori)

FIERO: (entrando, va al telefono) Chi è?

CAROLA: (rientrando) Allora ci sei, è mezz’ora che ti chiamo.

FIERO: (va al telefono)

CAROLA: Che fai?

FIERO: Telefono.

CAROLA: Ora? Non puoi.

FIERO: Perché?

CAROLA: Aspettiamo…cioè Piero aspetta una telefonata. (a testa alta)Da quello del Cd.

FIERO: E perché non lo tiene il telefonino?

CAROLA: Non può risponde a lavoro.

FIERO: E vabbè tanto tra poco finisce.

CAROLA: No, perché l’amico tuo ha deciso che deve recuperare il giorno.

FIERO: Meno male, così non perde i soldi. E poi che è questo tono polemico?!? A lavoro non esistono né amici né parenti.

CAROLA: Allora posso dire che è uno stronzo?

FIERO: Nella misura. (breve pausa) Insomma niente telefono?

CAROLA: No. Se trova occupato?

FIERO: Richiama.

CAROLA: (porge il suo telefono)  Usa il mio.

FIERO: Per carità, ho campato tanto bene fino a ora...posa chigliu cos’, che mi si sta’ammoscia’ pure Meringa. E poi pago la bolletta? Quindi uso il telefono di casa.

CAROLA: Non puoi aspettare?

FIERO: Faccio presto. (prende il telefono) Se è urgente richiama. (compone il numero) Pronto recchie de prosutt’…e chi è? Soreta. Sient’ oggi pomeriggio ci viene a trovare Elvis, del centro…bravo, quello dice che ci viene per una visitina ma è per spiarci…(Carola stringe i pugni per stringere la telefonata)E che t’ si magnato nu’ dizionario? Carpirei nostri segreti…Sient’ dobbiamo esser pronti (Carola continua a far gesti ignorati dal padre) di ai ragazzi di non toccare una boccia, falli trovare a giocare acarte…ma chene so…tresette va bene…ma che ne sacc’io, co’ ‘o morto senza ‘o mort’, mo’ t’accid’io…occhio con Elvis, che non sai che hanno combinato ai Russi…(segni di Carola) Vabbè recchie de prosu’, mia figlia ha urgenza del telefono, coseartistiche…lascia perde…c’ veremm’tra cinche minuti…ciao, ciao…ciao. (attacca) Tutto tuo.

CAROLA: Cinque minuti? E non potevi aspettare?

FIERO: Cose urgenti…ci pensi tu a Meringa? Mi raccomando parlaci ogni tanto.(raccoglie le sue cose, indugia a uscire, si guarda attorno alla ricerca di qualcosa)

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CAROLA: (mostrando un pacchetto di sigarette) Cerchi queste?

FIERO: (un attimo di pausa) Brava, che O’ Cimminera le cercava.

CAROLA: Ci vuole il coraggio tuo.

FIERO: Come te l’aggia di’, non sono mie…Vabbuò Carola, io esco. Ciao.

CAROLA: Non fumare…ti fa male.

FIERO: Questa vita è tutta una privazione. (esce)

CAROLA: (guardando la pianta, la prende se la porta vicino il tavolo) E che ci dobbiamo dire? Niente, oggi ho lavato i piatti della Pizziconi, ho steso i panni. Poi sono venuta a casa, ho preparato il pranzo, ho apparecchiato…ho ritirato i panni. (pausa) Ci manca solo la pianta. (canticchiando) In casa ci sono tre sedie ma noi siamo in quattro, puoi stare sulle mie ginocchia, non aver paura per te non sarò mai stanco, questo e altro per te che sei la mia bam…(squillo del telefono. Va al telefono canticchiando) Pronto…Si,resto in attesa…ma chi è? Pronto, ah, salve… mio marito non c’è però ha detto che ha provato a chiamarla, ah lo sa, e certo, la segreteria…però può dire anche a me che riferisco…eh, lo so ci ha fatto una bella sorpresa a tutti e due con questo cd…ah, non per quello…capirai che sorpresa, io se non sto a lavoro, sto a casa…e perché se posso saperlo? Ah, proprio me. Si che poi è vero, abbiamo la stessa età. Non ho capito? Ah, grazie, ieri era una serata importante mi vedessi ora per casa…(una risata trattenuta) vabbè, dico a Piero che hai chiamato…magari glielo dico e vi mettete d’accordo per una di queste sere…ah, io e te. Ma non credo che sia, che c’entro poi io...mica devo fare io il disco. (ride imbarazzata) che ridere che mi fai, io mica suono. Mi piacerebbe poterti aiutare ma non posso…sono sposata! (attacca il telefono con forza. Trattiene dei conati di vomito.)

FIERO: (rientrando, prende una bottiglia di vino) Questa è per Arnoldo che gliel’avevo promessa.(si accorge della pianta, la sistema al solito posto) La pianta…Carola, che c’è?

CAROLA: Sei contento, si? (esce di corsa per andare a dare di stomaco)

FIERO: Se è per il vino, te l’ho detto non è per me. (confuso) Mah. (pausa) Pure due tarallucci ci stanno bene. (esce)

(Si abbassano lentamente le luci)

SCENA VII

CAROLA: (siede sul divano guarda fisso davanti a se)

PIERO: (entra con il telefono all’orecchio, sembra agitato, lascia il telefono) Niente. (lancia la giacca sul sofà) Stronzo!

CAROLA: Ah.

PIERO: (spaventato) Ah!

CAROLA: Ma che si’ scem’? (alzandosi di scatto, prende la giacca e la sistema) questa deve stare qua!

PIERO: Non ti avevo vista. (prova a chiamare nuovamente)

CAROLA: Che c’è?

PIERO: Niente.

CAROLA: Che ti rode?

PIERO: A me? Io sto una meraviglia. Tu, che hai? (insinuando possibili risposte) Tuo padre? La Pizziconi. (la osserva, nota che è agitata, pensierosa allora si fa coraggio e la stringe da dietro) Vedrai che non ci dovrai andare più. (Cerca di baciarle il collo, lei si divincola dalla stretta) Ha chiamato Ratticelli? Io è da oggi che ci provo, non mirisponde.

CAROLA: (Vorrebbe accennare una risposta ma indugia)

18


PIERO: Che c’è? Ha chiamato?

CAROLA: In un certo senso…

PIERO: Che vuol dire, ha chiamato si o no?

CAROLA: Ha chiamato.

PIERO: Oh! E che ha detto? Ci hai parlato tu…(incalzando) non ci ha mica parlato tuo padre? Allora? Vuole vedermi? Carola.

CAROLA: (pensierosa non risponde)

PIERO: Se, ciao…lo richiamo che faccio prima…(prende il telefono e intanto compone il numero, guardando sua moglie)Dai dai dai, rispondi, rispondi, rispondi…non ci sarà micaqualche problema con questi telefoni? (riattacca) Guarda se proprio a me…(squilla il telefono, risponde) Pronto…ah, no mio suocero non c’è…si può anche non disturbare,glielo dico io questa sera quando lo vedo, anche se non penso siano cose che riguardino lui…se vabbè, vabbè…si si, come crede lei…(riattacca, fa quasi per buttare il telefono) Stronzo!

CAROLA: (come svegliandosi da un sogno) Chi era?

PIERO: (Con malcelato disprezzo) Umbertino.(squilla il telefono) Zitta, zitta…Pronto…(con delusione) ah…quanto c’ha? Trentasette e mezzo. No no, rimandiamo a quando saràguarito che magari lo sforzo gliela fa salire. (finto) Si, sono qui per lui, quando si riprende…(attacca) E ciao pure a te.

CAROLA: Chi è?

PIERO: Il datore di lavoro.

CAROLA: Umbertino?

PIERO: Ma che Umbertino, Erichetto. Ancora un po’ e mando a quel paese pure lui e la mamma.

CAROLA: Ma pure lui cosa?

PIERO: Pure lui.

CAROLA: (incalza) Non ti capisco, che stai dicendo?

PIERO: (si fa coraggio) Pure lui…che magari lo posso mandare a quel paese a trovarsi un altro insegnante…come all’amico di tuo padre.

CAROLA: Che insegnante si deve trovare Umbertino.

PIERO: Ma quale insegnante…era per dire.

CAROLA: Io non ti capisco.

PIERO: (improvvisamente) Me ne sono andato.

CAROLA: Che hai fatto?

PIERO: Che non ci senti?

CAROLA: Ma che sei scemo?

PIERO: No, non sono scemo. Sono fiducioso.

CAROLA: (non sapendo se dire o non dire tutto al marito) Ma fiducioso di che? (guarda le scatole) Queste devono andare via da qui. (cerca di prenderle, si guarda attorno e con sconforto le lascia al solito posto)

PIERO: L’hai detto anche tu…un cd, non capita tutti i giorni. Sai che vuol dire? Che magari mi sentono altri e mi chiamano per suonare con loro.

CAROLA: (si siede con sconforto) Non ci credo.

PIERO: (le si avvicina, la stringe) Invece credici, vedrai che andrà bene.

CAROLA: Si, e come?

PIERO: Pianopiano…(con nervosismo) intanto se rispondesse Ratticelli, te lo farei vedere come.

CAROLA: (pensierosa sull’orlo della disperazione) No, no, no…(con rabbia lo rimprovera)ma hai pensato prima di fare una cosa così stupida?

PIERO: Si. (le si avvicina) Ma già ti sei ributtata giù? (scanzando la sue mani, si alza e va al telefono) Che fai?

CAROLA: Chaiamo la Pizziconi, magari ha qualche amica che ha bisogno di una badante, visto che ho un marito…(trattiene le parole con rabbia) Mi spieghi come facciamo?

19


PIERO: Come abbiamo sempre fatto.

CAROLA: Sulle spalle di apapà?

PIERO: Non cominciare…ti prego.

CAROLA: Senti non fare la vittima…

PIERO: E tu non fare la stronza. Pensi che mi faccia piacere? Stare sempre col terrore che esca un discorso di soldi con tuo padre?

CAROLA: Ma smettila.

PIERO: Di avere sempre la sensazione di non contare niente?

CAROLA: E’ un problema tuo.

PIERO: Di sentirmi un invitato che aspettano che se ne vada.

CAROLA: (si gira dall’altra parte)

PIERO: E poi ci stai tu che mi spingi sempre, che parli di noi, noi, noi…Piero siamo musicista.

CAROLA: Mi dovresti solo ringraziare per tutte le volte che ti ho tirato su.

PIERO: Allora, una volta che mi decido io non fare la stronza!

CAROLA: (si gira dall’altra parte con il telefono)

PIERO: Carola…(non si gira) Carola…(va da lei e cerca di prenderle il telefono per attaccare, c’è una piccola colluttazione)

CAROLA: Lascia…(per sbaglio viene colpita al volto, c’è un istante sospeso. Si piega su se stessa)

PIERO: Carola…

CAROLA: Lasciami.

PIERO: Fatti vedere…non l’ho fatto apposta …(cerca di toglierle le mani dal volto) Carola…

CAROLA: (urlando) Lasciami!

FIERO: (entrando. E’ rigido, scruta la stanza con Piero e Carola che si alza e si pulisce il viso) Ué che d’è tutto ‘sto macello? V’hanno sentit’ fin’ abbascio ‘do portier’.

CAROLA: Niente papà, non ti preoccupare.

FIERO: E chi si preoccupa. (la guarda bene)Ma che d’è, ti senti bene? E c’hai la faccia tutta rossa.

PIERO: …ci siamo scontrati.

CAROLA: E’ vero.

PIERO: E ora è finito. Tutto. Vero Carola?

CAROLA: (non risponde)

PIERO: (insistendo) Vero?

CAROLA: (manda giù)…si, passato.

FIERO: Quando litigavamo io e mammàta, ci sentivano fino all’ultimo piano. Ce steva o’professòr,

te lo ricordi? Quello che aveva suonato alla scala…c’ veneva a

bussare…fernetela...ma pure quando ci agitavamo, io non l’ho mai toccata a tua

madre.

CAROLA: Ma papà, non hai capito…

PIERO: Signor Fiero, non è come…le facciamo vedere.

FIERO: Ma posso capire. Non è la stessa cosa…noi litigavamo per sciocchezze, nu poch’ e gelosia…chella t’ ha guardat…tu ‘e ricambiato…e invece, voi…non pensare che io ci sia rimasto male, io con Umbertino ci sono sempre amico. Ma tu guaglio’, qualcosa lo devi fare…perché altrimenti questo è il risultato.

CAROLA: Papà…

FIERO: Papà che…non posso parlare? E invece parlo, siamo a casa mia e io parlo. Al signorino che c’è non andavano bene gli orari? Si doveva alzare troppo presto? Potevi andare a dormire prima. Io te l’ho detto, la vita è sacrificio e tu ora c’hai una famiglia…

PIERO: Vuole sapere perché me ne sono andato? Perché il suo amico Umbertino…persona per bene… sa come ci chiama? Debosciati. Ma perché, con quale diritto? L’altro giorno Michelangelo è salito su un muretto per scaricare le casse, così avremmo fatto prima…è caduto e zitto. Quando Umbertino è venuto, non l’ha nemmeno guardato, un graffio ha detto. Se ci vede parlare, state zitti che sennò rallentate. Se fumiamo una

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sigaretta, sfaticati. Pure l’acqua è razionata. Ma qual è il limite della sopportazione?

Che prezzo ha la dignità? Un assegno? Un assegno bianco?

FIERO: E vabbè forse…

PIERO: Forse si è meritato di essere mandato a fanculo! Vuole sapere che faccio io? Io faccio il musicista e mi sono rotto le palle di non poterlo fare! Quindi glielo dica anche a Umbertino di andarsene a fanculo! (prende la giacca e esce)

CAROLA: (lo segue alla porta) Piero…

FIERO: Ma che è impazzito? Ma come si permette.

CAROLA: Papà per favore…

FIERO: Ma papà che…ma hai visto come si è girato? Io non lo so come i suoi genitori non l’hanno ancora preso a schiaffi…embè, tanto qua, sta a casa mia.

CAROLA: (esplodendo) Basta! Basta, lo sappiamo che è casa tua! Non c’è bisogno che ce lo ricordi ogni giorno!

FIERO: Mi sembra di si. Visto che la state sfruttando…

CAROLA: Secondo te sono felice di essere tornata qui? Che devo fare le pulizie a chella perrecchiosa2 della Pizziconi, che mi controlla per vedere se mi rubo le posate dell’IKEA? Credi che sono felice di doverti chiedere i soldi per la spesa, di non esser riuscita a costruire nulla? Di avere un matrimonio neppure iniziato già a pezzi. Sono felice secondo te?

FIERO: (immobile, la guarda) Perché te la prendi con me? Hai fatto una scelta.

(Si abbassano le luci)

SCENA VIII

(Sul balcone sta stendendo i panni)

CAROLA: Urla? No…e che erano urla? Ma si figuri se era per il lavoro. Ah, l’ha saputo. No, lo ha lasciato perché si deve impegnare per il disco. Si lo so che lei deve dormire il pomeriggio e infatti va in una sala prova… gratis, tutta per lui gratis…si, riferirò…arrivederci…grazie, riferirò…si, si merita tutto…(rientrando) ‘sta veccia ‘mpicciona! (entra in scena Piero con il sassofono)

PIERO: (pensieroso) esco.

CAROLA: (gli va incontro) Dove vai? Piero, aspetta, non te ne puoi andare così. (non gli lascia il tempo di uscire, lo stringe)

PIERO: (cerca di andare)

CAROLA: (senza lasciarlo) Io lo so come ti senti…

PIERO: (distaccato) Si?!? Pure tu vedi i tuoi compagni, pure quelli scarsi che vanno avanti, mentre tu devi scaricare cassette o al massimo dai lezioni a un ragazzino incapace…anche tu quando incontri qualche amico ti inventi le cose più per convincere te stesso di quello che non stai facendo? Lo sai che vuol dire guardarti allo specchio?

CAROLA: Si, lo so.

PIERO: (provocatorio) Anche tu hai un sogno che va in frantumi?

CAROLA: (pausa) No. (pausa)  Io non lo so…vorrei vederci felici.

PIERO: (pausa)E poi qualcosa si muove…dopo ingaggi sporadici, lavori così…eccolo, non è niente, per carità, una nuvola di fumo, però ti da forza per non impazzire e per un attimo hai il coraggio di non pensare a nient’altro…niente soldi, niente cassette, niente casa…niente di niente…sai solo che vuoi fare quello. Me lo merito…Non credi?

CAROLA: (stringendo le labbra tra i denti) Io voglio quello che vuoi tu, farei di tutto.

PIERO: (la stringe) Ciao.

2Quella pidocchiosa.

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CAROLA: (lo stringe) Ciao.

PIERO: (esce silenzioso)

CAROLA: (squilla il telefono)

FIERO: (correndo al telefono) Pronto Abbacchietto? Ah. Si, sono io. No, non ci interessa. Grazie, grazie…no, no, no. (attacca) Ma guarda a questi ca t’ fan’ perde tiemp. (esce)

CAROLA: ( fa un lungo sospiro, si guarda nello specchio, si tira su i capelli e si osserva. Si mette alla ricerca del bigliettino con il numero di telefono. Va verso il telefono, ha un attimo di esitazione)

FIERO: (entrando) Chiami?

CAROLA: No. (allontanandosi)

FIERO: Fai pure.

CAROLA: Non è urgente.

FIERO: (fa per prendere il telefono) guarda che se ti serve te lo cedo volentieri.

CAROLA: Non mi serve.

FIERO: Come non ti serve?

CAROLA: (alterandosi) Vedi che devo piegare i panni?

FIERO: Ma se stavi…

CAROLA: Papà! (avvicinandosi) Non devo più telefonare.

FIERO: (Alla pianta) Qua' s’ stann’impazzend’ nu’ poco tutti quanti.

CAROLA: (squilla il telefono, fa per prendere il telefono ma poi lascia la mano in sospeso)

FIERO: Che fai rispondi?

CAROLA: No, rispondi tu. Non ci sono.(se ne va a piegare i panni)

FIERO: (risponde) Pronto…no, mia figlia non c’è. E che c’ pozz’ fa’? Non c’è. Non lo so…tra un anno, forse due…sono serio. Salve. (attacca)

CAROLA: Ma chi era?

FIERO: Quelli del telefono.

CAROLA: Ma perché gli hai detto così.

FIERO: Carola, sei tu che me l’hai detto. (pausa) senti io ho capito che avete litigato e che ti ha scombussolato…(Carola fa gesto come a dire ma che dici) Lascia fare che ho capito tutto…ora sei preoccupata che ti possa tradire con qualcuna, ma stai tranquilla, quello

èabbastanza intelligente…non lo fa, sennò dove va a dormire?

CAROLA: Ma che stai dicendo ma che ti stai a inventare? Dovevi chiamare? Chiama. (tra se) Non ti intromettere più nel mio matrimonio.

FIERO: (Alla pianta) O’ Vir’? Sta sempre arraggiata. Io non capisco.

CAROLA: Non lo capisci?

FIERO: No…a me piange il cuore a vederti sempre arrabbiata con questa vita. Come se ti avesse preso in antipatia. Ti devi rilassare.

CAROLA: (con rabbia) Non sono arrabbiata!

FIERO: E meno male. Se ti vedesse tua madre, sai che ti direbbe…ma che ci perdi a fa’ tempo.

CAROLA: E infatti c’aveva ragione…ma che ci perdo a fa’ tempo?

FIERO: E tua madre lo diceva alla vita…tu sembra che lo stia dicendo a me. Che so’ scemo?

CAROLA: No, non ascolti. Anzi, ascolti solo quello vuoi sentire…e nemmeno tanto bene.

FIERO: E dimmi, che cosa?

CAROLA: Tua figlia, tuo genero…ma ti rendi conto che ti da ancora del lei?

FIERO: E che è colpa mia?

CAROLA: (sarcastica) No.

FIERO: Meno male. E poi ch’agg’fatt’? L’ho aiutato a trovare un lavoro, perché gli altri lo avevano mandato via…e poi lo lascia. Ch’ aggia esse felice?

CAROLA: No ma avresti potuto evitare di farglielo pesare.

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FIERO: Ah, io a lui? E che aveva fa’ gli dovevo chiedere scusa? Guarda Piero, scusa se ti disturbo, mi dispiace, sono costernato, imbarazzato, mi sento anche un poco afflitto…ma ti ho trovato un lavoro. Però ti giuro che non lo faccio più.

CAROLA: Ma smettila…non capisci.

FIERO: Che ti credi che a me non sarebbe piaciuto fare il pittore, l’avvocato, l’attore? Ma bisogna fare dei compromessi. E’ giusto? Non è giusto? Chi lo sa…ma è così che funziona. Quindi, non mi vergogno di dire che tuo marito è ora che si faccia due conti.

CAROLA: Ti sembriamo sfaticati? Eppure eccoci qua, senza più una casa nostra.

FIERO: Questa è casa vostra.

CAROLA: No, questa è casa tua. Viviamo così, su un filo di insicurezza…affossati da preoccupazioni, pensieri, insoddisfazioni…e tu c’hai il coraggio di dire che bisogna venire a compromessi. Ma chist’ che cazz’ so’?

FIERO: Scuse.

CAROLA: (In una breve esplosione) Ma come puoi dire una cosa del genere?!?

FIERO: Oh, è inutile che te la prendi con me…non sono io il mostro! Anzi, io voglio vedervi felici.

CAROLA: Tu non sai nemmeno che vuol dire voler vedere felice una persona che ami.

FIERO: (attimo di pausa. Va via)

CAROLA: (si guarda allo specchio, prende il foglietto e compone il numero) Vorrei parlare con Ratticelli…

(Lentamente Buio)

SCENA IX

(Il suono caldo e lattiginoso di un sassofono, Carola si sta vestendo con accuratezza. Sceglie le calze buone, un vestito da occasione speciale, si sistema i capelli, si spruzza il

profumo. Si specchia, sceglie gli orecchini, si guarda e si sistema il trucco. Mette il rossetto.)

PIERO: (rientrando) Ciao.

CAROLA: (Imbarazzata e in ansia) Perché sei qui?

PIERO: Me ne devo andare?

CAROLA: No, pensavo stessi alle prove.

PIERO: Si, poi sono andato via.

CAROLA: E perché?

PIERO: Non lo sai?

CAROLA: Hai detto quello che dovevi dire.(pausa, lo guarda) Oggi non ce la faccio a tirarti su.(riprendendosi) Scusami ma non ti posso dare retta.

PIERO: (testa bassa) Esci?

CAROLA: Si.

PIERO: E dove vai?

CAROLA: Esco.

PIERO: Ho capito. Non si può sapere dove vai?

CAROLA: Ho bisogno di uscire. Sei geloso?

PIERO: No. Stai bene?

CAROLA: Mai stata meglio.(lo abbraccia all’improvviso)

PIERO: Che c’è?

CAROLA: (quasi sussurrando all’orecchio) Tu mi ami?

PIERO: Certo.

CAROLA: faresti tutto per me?

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PIERO: Anche scaricare le cassette.

CAROLA: (allontanandosi gli da un schiaffo) Basta con queste cassette.

PIERO: Era per dire.

CAROLA: (Risoluta)E non lo devi dire! Mai più! (fa per uscire. Prende la sua giacca, una borsetta, la apre per mettere dentro il rossetto e fa cadere un foglietto)

PIERO: Non mi saluti?

CAROLA: (imbarazzata) Scusa…(gli da un bacio, fa per andare)

PIERO: (vede il bigliettino, lo raccoglie) Aspetta…tieni (Piero lo apre e legge ciò che c’è scritto)

CAROLA: Aspetta…

PIERO: Vai al Malik?

CAROLA: (cerca di prenderle il foglietto) Si.

PIERO: (Lui lo osserva bene) Ah, e come mai?

CAROLA: Così.

PIERO: E ci vai da sola?

CAROLA: Si.

PIERO: Vengo con te.

CAROLA: No, non sono sola.

PIERO: Sei sola o no?

CAROLA: No. Ci vado con delle amiche.

PIERO: E perché hai detto che andavi sola?

CAROLA: (finge un sorriso) Così, per dispetto…anzi, vado che faccio tardi.

PIERO: (poco convinto) E andate al Malik?

CAROLA: Perché non si può? Scusa, sto facendo tardi.(fa per uscire)

PIERO: (la prende) E chi sono queste?

CAROLA: Non le conosci.

PIERO: Ah si? Al massimo tre amiche hai e ho voluto esagerare.

CAROLA: Ma che cazzo dici! Non è che sai tutto di me…sono altre che non conosci.

PIERO: E come si chiamano?

AROLA: (un attimo di esitazione) Marika e Zoe.

PIERO: E chi sono?

CAROLA: (altra esitazione) Due ragazze che ho incontrato ai giardinetti quando porto la signora…(più leggera) contento?!? Allora, posso uscire che faccio tardi?

PIERO: Si, scusa. E come mai al Malik?

CAROLA: Ancora? E’ un locale come un altro, posso andare ora?

PIERO: Ti sembro stupido, Carola?

CAROLA: Piero non cominciare.

PIERO: Cosa credi che non ho notato che sei tutta strana da quando sono rientrata?

CAROLA: Sto facendo tardi.

PIERO: E poi?!? Le amiche conosciute dove…io non sono stupido…guarda come ti sei vestita.

CAROLA: Perché non mi posso vestire come mi pare?

PIERO: Quando esci con le amiche tue non ti acchitti così…

CAROLA: Scusa se anche io ogni tanto cambio. Oppure devo vestirmi sempre da stracciona, senza un filo di trucco, con i capelli tirati indietro perché sono sporchi? O solo tu puoi cambiare?

PIERO: Ma cambiare che?

CAROLA: Decisioni, mille volte. (una lieve disperazione)Mi lasci andare?

PIERO: No, finché non mi dici che sta succedendo.

CAROLA: Niente. Come te lo devo dire?!? Il Malik è un locale come tanti altri.

PIERO: E come l’hai conosciuto?

CAROLA: Ho visto un volantino, per strada.

PIERO: Dove?

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CAROLA: Non lo so…per strada.

PIERO: E avevi bisogno di scriverlo su un foglietto? Non potevi tenere il volantino?

CAROLA: L’ho perduto.

PIERO: E come hai fatto a scriverlo se l’hai perduto?

CAROLA: Me lo sono ricordato.

PIERO: E perché l’hai scritto se te lo ricordavi?

CAROLA: (sfinita) Per non dimenticarlo… Piero non ce la faccio più, lasciamo andare. (con la voce rotta)Ti prego.

PIERO: (con uno scatto d’ira improvviso) Dimmi la verità!

CAROLA: Non c’è nessuna verità.

PIERO: Non è vero! Con chi hai appuntamento? Se non me lo dici ti seguo.

CAROLA: Non te lo voglio dire.

PIERO: Vedi che avevo ragione…

CAROLA: Non è come pensi.

PIERO:(stringendola la scuote)  No? E com’è? Parlaaaa…chi è questo!

CAROLA: No.

PIERO: (le da uno schiaffio) Parla!

CAROLA: (sul pavimento, le mani che tengono il volto) Ratticelli!

PIERO: (incredulo) Non ho capito?

CAROLA: Ratticelli.

PIERO: Ma come hai potuto.

CAROLA: (apparentemente vuota e incanatata) Ha chiamato…mi ha proposto di incontrarlo…non ci volevo credere…ma non ti rispondeva…poi, il lavoro, mio padre…allora…

PIERO: (risoluto)…hai detto si.(disgustato) Ma non ce l’hai un po’ d’amor proprio?

CAROLA: (resta in silenzio)

PIERO: E poi, come dovrei sentirmi? Pensavi di farmi un regalo?

CAROLA: Non dovevi saperlo.

PIERO: Certo. Io avrei sorriso normalmente, credendoci pure… e come vi siete accordati? Era per un Cd oppure era per ogni traccia.

CAROLA: Ti prego smettila. (cerca di alzarsi)

PIERO: (la prende per i capelli) Guardami negli occhi quando ti parlo. Rispondi.

CAROLA: (in silenzio non ha la forza di rispondere)

PIERO: Non hai il coraggio…ma perché?

CAROLA: Perché ti amo.

PIERO: Non mi prendere in giro. Non me lo merito. Non ci bastava di essere già a pezzi. Pure questa?

CAROLA: (fredda) Tu non capisci.

PIERO: Cosa devo capire?

CAROLA: Io lo faccio per noi. Sono stanca di vederci così…io forse non c’avrò un sogno e non lo capisco che vuol dire…però sogno che cambi qualcosa…niente tristezza, niente frustrazioni. Ma non lo capisci che questo non è niente.

PIERO: Niente dici?

CAROLA: (gli chiude le labbra) non è niente paragonato a quello potrebbe venirne.

PIERO: Ma cosa stai dicendo? Sei impazzita.

CAROLA: E’ un piccolo prezzo.

PIERO: E tu faresti questo.

CAROLA: Si. Per te. Per noi. (si prendono le mani) lasciami andare.

PIERO: (con uno scatto improvviso) No. Non vai da nessuna parte.

CAROLA: E restare qua, tutta la vita? Senza provarci? Ma tu non sei stanco di sentirti eternamente figlio?

PIERO: (si trattiene per non colpirla, poi d’improvviso va verso la porta)

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CAROLA: (lo ferma e lo stringe)

PIERO: Lasciami!

CAROLA: Se vai da lui, butti via tutto…(melliflua) io lo so che sei stanco. Tu hai talento, sei bravo, è venuto il momento…ce la meritiamo questa occasione. Fidati di me. (gli prende il viso tra le mani, lo guarda) fidati di me. (lo bacia)

PIERO: (pausa poi, senza guardala) Dev’esser fatto qui... Niente locali, niente di niente. Qui a casa. Nessuna cena. Di pomeriggio. Riesci a mandar via tuo padre?

CAROLA: Certo.

PIERO: Chiamalo. E digli pure che so tutto. E sono d’accordo…non voglio che si senta in diritto di fare risatine, battutine.

CAROLA: Piero, io non so, forse potrebbe…

PIERO: Imbarazzarlo? Bene. Deve sapere che porcata sta facendo. Chiamalo, digli che hai avuto un contrattempo.

CAROLA: Si. (va al telefono, compone il numero)

PIERO: (con improvviso slancio di paura) No, aspetta. (si guardano)

CAROLA: E’ soltanto un mezzo…(al telefono) Ratticelli per favore.

(Buio)

SCENA X

(Si alzano le luci e la scena è vuota. Tutto sembra esser avvolto in un ritrovato candore. Tutto è in ordine. Squilla il telefono)

FIERO: (Da fuori) Il telefono. Carola. Il telefono. Ora attaccano (entra, fa per prendere il telefono

che smette di squillare) Lo sapevo. (si guarda attorno. Nota che hanno tolto

finalmente le scatole) Carola. Oh. Carola, hanno attaccato. (alla pianta)Maaddo’

stanno? (esce. Squilla il telefono, corre a rispondere) Pronto…ah, sei tu. Quante volte

devo ripetertelo? No. Signorina ma perché invece di chiamare a me non chiama il suo

fidanzato? E ci credo, si chiam’ sempre a me’. (attacca) Un solo numero ha. (fa per

uscire. Squilla il telefono) N’ata vota…m’o pozz’ fini’ ‘e liegge ‘stu giurnal’?

(risponde) Singnorina e voi la tenite proprio cu me’. Chi? Ah. No, sono Fiero…ma chi

sta scherzando…guardate che forse voi cercate mio…questa sera che? Ah…è via

Angelico, otto…ma perché che dobbiamo fare? (si fa contagiare dalla risata) Eh si,

faccio finta…imbarazzato, io…e perché? Con mia figlia(correggendosi) mia

moglie…(cambiando tono) ah.

(Si spengono le luci)

SCENA XI

(Stessa scena vuota. Stesso clima.)

CAROLA: (entra seguita Piero con una busta della spesa)

PIERO: (posa la busta sul tavolo della cucina) Sei sicura?

CAROLA: (chiama) Papà?!? (attende risposta) Visto? E’ al circolo, ci resterà fino a tardi, se non pure a cena…non è oggi che hanno il torneo?

PIERO: Perché fanno pure i tornei di bocce?

CAROLA: Così dicono.

PIERO: (Guardandosi attorno, sembra vedere per la prima volta la sala) Certo che non è piccolo.

CAROLA: (prende la pianta e la porta fuori)

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PIERO: Magari via la carta da parati…una bella imbiancata.

CAROLA: (entrando)  Non capisco perché hai voluto comprare tutte queste bottiglie.

PIERO: Perché vuoi esser lucida?

CAROLA: Ma una, al massimo due.

PIERO: Il resto è per me.

CAROLA: Non ti faranno male?

PIERO: A questo punto, credo sia il male minore. (si guardano)

CAROLA: (cambiando argomento) Sai cosa farei io per esempio? Butterei giù la parete della cucina…all’americana. Però non tutto bianco, una parete almeno, colorata.

PIERO: Pistacchio.

CAROLA: (ironica) E stracciatella. Poi ci sarebbe da rifare i mobili.

PIERO: Pure la camera da letto, che mi fa un po’ impressione.

CAROLA: Però la cucina no…quella l’ha voluta mamma, non sai quanto.

PIERO: Immagino. (prende una bottiglia) Un bicchiere di vino?

CAROLA: Già? (ci pensa) Ma si.

PIERO: A che ora viene?

CAROLA: (guarda l’ora all’orologio da polso) Non manca tanto.

PIERO: (Che ha riempito i bicchieri, manda giù un sorso dalla bottiglia)

CAROLA: (si siede )Quanto mi piacerebbe avere un posto da sistemare. Un posto che posso chiamare casa.

PIERO: (porge il bicchiere)

CAROLA: (fanno toccare i bicchieri) Al coraggio…

PIERO: (poco convinto) Si, certo.

CAROLA: (si guardano) Niente rimpianti.

PIERO: (poco convinto) No.

CAROLA: Dai, fallo con me…tu che faresti?

PIERO: (pensieroso)

CAROLA: Piero!

PIERO: (cambiando tono) La cameretta la trasformerei in uno studio di registrazione.

CAROLA: Si e poi i bambini?

PIERO: Ma magari poi diventiamo ricchi e ce ne compriamo una più grande.

CAROLA: (lo guarda sorridendo)

PIERO: (facendole il verso) Vino?

CAROLA: (fa cenno di si, mentre Piero va a riempire i bicchieri lei comincia a prendere delle misure con i piedi)

PIERO: oh, in fondo non si sa mai…è vero che è un demo, però magari capita nelle mani giuste.

CAROLA: E hai ragione.

PIERO: (le porta il vino) magari faccio qualche tour con uno di questi cantanti che vanno ora…

CAROLA: Perché hanno il sassofonista?

PIERO: E che non hanno. Pure il vibrafono.

CAROLA: Il che?

PIERO: Il vibrafono.

CAROLA: E che è?

PIERO: Hai presente lo xilofono?

CAROLA: Quello che abbiamo regalato alla figlia di Ninì?

PIERO: Brava. Però elettrico.

CAROLA: E che differenza c’è?

PIERO: Che è elettrico.

CAROLA: Ho capito ma sempre e solo Fra Martino ci si può suonare. (fa finta di suonare canticchiando) che poi manca sempre una nota.

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PIERO: (ironico) Certo…lo sai quelli bravi come te lo fanno? (imita il suono vellutato di un vibrafono, improvvisando sul tema si Fra Martino)

CAROLA: Senti ma che ne diresti qua di un bel camino?

PIERO: C’è la cucina della vicina.

CAROLA: E che problema c’è. Gliela ripaghiamo…anzi, visto che diventiamo ricchi, ci compriamo pure casa sua e buttiamo giù la parete…sai che salone.

PIERO: Ma non ci volevi il camino?

CAROLA: Ah è vero…e lo mettiamo al centro. E poi appeso con dei fili d’acciaio quel quadro che ti piaceva da IKEA.

PIETRO: Da Ikea? Perché secondo te, una che ha il camino in mezzo al salone si compra i quadri da IKEA. (ridono)

CAROLA: (fa gesto di riempire il bicchiere)

PIERO: (fa per andare) Io però voglio tanta luce.

CAROLA: (fomentata) La riempiamo di luci.

PIERO: Finestre.

CAROLA:(ebra di sogni) Si, visto che ci compriamo quella della vicina, facciamo un finestrone che corre per tutto il muro…

PIERO: (ebro di sogni)  Sii…ma secondo te li fanno vetri così lunghi?

CAROLA: Ne incollano tanti vicino. Sai che luce, che vista.

PIERO: Beh, mica tanto…tutti palazzoni grigi.

CAROLA: Già…magari facciamo fare al comune un progetto di rivalutazione urbana…

PIERO: Cioè?

CAROLA: Buttano giù tutti i palazzi davanti.

PIERO: Non è che il nostro è tanto meglio.

CAROLA: Noi lo rifacciamo fare, di giallo.

PIERO: No, è un discorso che non sta né in cielo né in terra.

CAROLA: Perché?

PIERO: Ma ti senti? Buttiamo giù i palazzi…facciamo approvare…ma la gente dove la mettono poi.

CAROLA: Organizziamo un grande evento di beneficienza, con tutti i grandi nomi con cui hai collaborato…raccogliamo un sacco di soldi e ci mandiamo le famiglie in villeggiatura.

PIERO: Non lo so.

CAROLA: Perché?

PIERO: E ci vengono secondo te per me.

CAROLA: (lo prende per il colletto) Oh, ma tu sei bravo. Vino…

PIERO: (va a prendere la bottiglia)

CAROLA: Ma questo quando arriva.

PIERO: Che hai fretta?

CAROLA: Si.

PIERO: (allarmato) Perché?

CAROLA: Di mandarlo via, così rimiamo io e te. Soli.

PIERO: (tornando da lei, prova a sedersi e cade per terra. Ridono)

CAROLA: Mi sento bene, sono carica.

PIERO: (la risata, lentamente si trasforma in un lieve lamento)

CAROLA: Che c’è?

PIERO: Niente.

CAROLA: Dimmi.

PIERO: Io non ce la faccio. Mi sento un vigliacco…e dopo come ti guardo?

CAROLA: (gli prende il viso tra le mani, si guardano) Come stai facendo ora.

PIERO: io dovrei prendermi cura di te.

CAROLA: Lo fai, lo hai fatto…lo farai ancora. Ora tocca a me.

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PIERO: Dio, non riesco a non immaginarti lì…con quel viscido…lo vorrei affogare.

CAROLA: E’ solo un attimo di follia. (pausa) Io penserò sempre e solo a te. Se ti consola.

PIERO: E non ti piacerà?

CAROLA: (lo fredda con lo sguardo) Piero prometti. Non ne parleremo mai più. Andremo avanti, vero? Guradami. Ci godremo solo il bello. Quando va via, ci facciamo la nostra cena, ci ci ubriachiamo e…l’hai presa si?

PIERO: (tira fuori uno spinello dalla tasca interna della giacca)

CAROLA: promettimelo.

PIERO: (annuisce)

CAROLA: Vino. (fa un lungo sorso, la porge al marito)

PIERO: (Beve) Ma questo quando arriva? E’ snervante l’attesa.

CAROLA: (lo stringe, ride) Quando arriva arriva.(lo spinge sul pavimento)

PIERO: Ma che fai?

CAROLA: Ma da quanto tempo è? (lo bacia. Suona il campanello) Eccolo.

PIERO: Aspetta che prendo la bottiglia.

CAROLA: Che fai non te ne vai in camera?

PIERO: (che ha portato la bottiglia in cucina) No, lo voglio accogliere e poi vado via. Non ce la faccio a stare qua dentro. (suona il campanello) Apri.

CAROLA: Apri tu.

PIERO: No.

CAROLA: (va ad aprire la porta)

FIERO: (entrando)

CAROLA: Perché  hai suonato?

FIERO: Ho dimenticato le chiavi.

CAROLA: Ma non eri al circolo?

FIERO: Sono venuto a riprendere le chiavi. Ma aspettate qualcuno?

PIERO: Si.

CAROLA: No.

FIERO: Si o no? (guarda Piero)

CAROLA: No…facciamo una cena tra noi.

FIERO: Ah. E non vi pare un po’ presto?

PIERO: Stavamo facendo un aperitivo.

FIERO: (si mette alla ricerca)

CAROLA: Guarda papà che noi restiamo in casa, quindi puoi suonare.

CAROLA: Piero aiutalo.

FIERO: E che fretta. (si guarda attorno)E Merigna?

CAROLA: L’ho messa a prendere un po’ d’aria. (si guardano, esce e la va a prendere mentre i due continuano a cercare. Rientra, la posa al solito posto) Contento?

FIERO: Si.

CAROLA: Hai fatto?

FIERO:Ma perché tutta questa fretta? Ah, la cena. Mi muovo. (va in cucina, e cerca lì) CAROLA: Ma che le cerchi in cucina?

FIERO: non si sa mai? Ammazza, tutte queste bottiglie per due persone?

CAROLA: Eh. C’era un’offerta. (guarda l’orologio) Trovate?

PIERO: No.

FIERO: Niente.

CAROLA: (perdendo pazienza) Papà.

FIERO: (li guarda) Va bene. Vi lascio. (va verso la porta, si ferma, guarda ancora. Esce)

PIERO: (si avvicina a Carola) Dove eravamo rimasti?

CAROLA: (sfugge a Piero, ha il viso duro) Aiutami a dare una sistemata.

PIERO: (la ferma alla ricerca di sicurezza) Tutto bene?

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CAROLA: (fa un si con il capo, appena accennato)…aiutami. (suona il campanello)

PIERO: Eccolo.

CAROLA: (fa un lungo respiro) Apro io.

PIERO: Vado io. (si avvicina, fa un lungo respiro) E’ lei?

FIERO: N’ata  vota….si, so’ sempre io.

CAROLA: Hai dimenticato qualcosa?

FIERO: Non ci crederete mai. Le chiavi…io cercavo, cercava lui e non le trovavamo e ci stavamo a impazzi’…(a Piero) vero?

PIERO: (fa un cenno con la testa)

FIERO: poi mi è venuto in mente quello che avevo fatto…Quando sono uscito, avevo lasciato le chiavi al portone, allora sono rientrato…e dove stavano?

PIERO: Al portone.

FIERO: Ti pare possibile?

PIERO: No.

FIERO: Bravo. Sono tornato indietro, le ho prese e…le ho messe nel borsello. (ride) Non vi fa ridere? (guarda i due inespressivi, poi solo Pietro) Ragazzo mio…che faccia che hai? E che hai fatto? Hai visto un fantasma? Non ti fa ridere?

CAROLA: Papà.

FIERO: Lo so, lo so, devo andare via. Però prima (prende una bottiglia e versa nel bicchiere e va a sedersi)

CAROLA: Papà.

FIERO: Che c’è non mi posso prendere un bicchiere di vino? Carola, non t’angustiare per una volta.

(a Piero) vieni, prendi…pure tu Carola. Sedetevi.

CAROLA: (senza muoversi)

FIERO: Guarda che non lo fermi il tempo. (beve) Buono, dov’è questa offerta?

PIERO: Quale offerta?

FIERO: Del vino…non c’era l’offerta?

CAROLA: Ora hai bevuto? Ci lasci che avevamo…

FIERO: Un programma. (ci pensa un attimo e poi si alza per andare alla porta. Si ferma ancora un attimo) No. Non vado.

CAROLA: (alzando il tono) Ma si può avere una volta un po’ di privacy?

FIERO: Carola è inutile che ti arrabbi.

PIERO: Così perde il torneo.

FIERO: Se, chiss’ va cercann’ o’ torneo. E’ finito il gioco vaglio’. Sentite…

CAROLA: Papà per favore non cominciare, non abbiamo tempo da perdere.

FIERO: E lo so bene. Fortuna però che l’amico vostro non viene più.

PIERO: L’amico che? Quale amico nostro.

FIERO: Che fai finta di non capire? Guarda che so tutto. Piero.

CAROLA: E chi te l’ha detto?

FIERO: Piero e Fiero…quello è. Peccato che io non avrei mai fatto una cosa del genere. A mia moglie poi. Ma che uomo è uno che baratta la moglie…per cosa poi? Un coso che manco si chiama disco. Io mi mangio le mani al pensiero che ti ho dato il permesso di sposarla. Certo, pensavo, quello vuole fare l’artista ma prima o poi metterà la testa a far bene. E invece? Questo mi ritrovo come genero. Uno sfaticato…un lamentoso, uno che non serve a niente! Guardami, guardami. Abbi almeno il coraggio di guardarmi negli occhi.

CAROLA: Basta! Prenditela con me.

FIERO: Non lo difendere.

CAROLA: Sono stata io. Io l’ho convinto ad accettare. Lui non voleva. Prenditela con me.

FIERO: Non ti riconosco più.

CAROLA: Perché sono cresciuta.

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FIERO: Si. Se non sei capace di prendere una decisione. E voi dovreste essere pronti a formare una famiglia? Ma che famiglia è quella in cui il marito permette di (scatto d’ira su Piero) non lo voglio nemmeno dire…

CAROLA: Dillo, dillo, invece, abbia il coraggio di dirlo. Prostituirsi? Si. Prostituirsi.

PIERO: Carola, per favore.

CAROLA: Hai mai tenuto a qualcuno, così tanto da esser disposto a fare qualsiasi cosa per lui?

FIERO: T’ho cresciuta, non ti ho fatto mancare nulla…ti ho accolto.

CAROLA: E dev’eri quando è crollato tutto? Quando non c’è stata più speranza? Quando c’era bisogno di una carezza…dov’eri?

PIERO: (la stringe) Basta, basta.

CAROLA: Basta? Perché? Non lo vedi che è già tutto in frantumi?

FIERO: E per lui saresti disposta a fare una cosa del genere?

CAROLA: Si. Per noi.

FIERO: Per lui.

CAROLA: No! Per noi! Siamo una famiglia! Niente egoismi…basta. (fa un lungo respiro) Siamo soli papà…ci guardi con una pena che non sopportiamo più. Quante volte ci rivolgiamo al vuoto, nella speranza che qualcuno ci senta e ci dia una risposta. Certezze, di questo abbiamo bisogno. (allungando una mano) ma non c’è nessuno. Vaghiamo così, come nuvole impazzite, sfuggendo a quello che ci fa più paura: e dopo?

PIERO: Dopo?

FIERO: C’è papà.

PIERO: Quando, quando finirà questa infanzia?

FIERO: Quando crescerete.

CAROLA: Siamo cresciuti. Allora non biasimarci. Lasciaci fare. Tranquillo Papà, è tutto apposto, siamo d’accordo.

FIERO: Ma che t’ho insegnato.

CAROLA: Pensando ad oggi…niente. Chi si fa scrupoli, ormai, è un pazzo, uno che si ostina a credere ai fantasmi. Lasciaci andare…nessun rimorso. Bisogna scendere a compromessi.

PIERO: Siamo stanchi di sopravvivere...questa non è dignità.

FIERO: (con un gran scatto di ira) Voi siete pazzi! Voi siete pazzi! (si avventa sui ragazzi)

PIERO: (lo ferma) No, siamo stanchi. (i tre crollano in una stretta disperata)

(Buio)

SCENA XII

(La scena è identica, c’è più luce. In sottofondo il suono di un Sax, viene da un lettore cd questa volta. Le scatole finalmente sono state tolte.)

CAROLA: (entrando con il getta acqua, ha un maglioncino nuovo, si mette a stendere i panni) Buongniorno…aspetti che spengo lo stereo…si, è mio marito. Bello…bello tanto. Non so, dovrei parlare con lui…addirittura…mica è così famoso…Si, in alcune si trova…ma si ha ragione lei…appena torna glielo faccio autografare. Come? Ah, questo, l’ho finito l’altro ieri, bello, vero? Mi sono trovata un passatempo … (rientra Piero) Scusi signora,

èarrivato mio marito… glielo saluto. (a Piero) Ciao.

PIERO: Ciao.

CAROLA: Come è andata?

PIERO: Bene, un po’ stanco.

CAROLA: Ci credo. La signora del primo piano vorrebbe un cd autografato.

PIERO: Addirittura.

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CAROLA: Non capita tutti i giorni di avere come vicino uno che fa dischi.

FIERO: (entra. Sembra più vecchio, è curvo su se stesso, come se trascinasse il peso del suo corpo

edel mondo. Ha una valigia)

PIERO: Buongiorno.

CAROLA: Ti sei svegliato adesso papà?

FIERO: No, sono in piedi da un bel po’.

CAROLA: E la valigia? La devi portare in cantina?

PIERO: Ti aiuto io.

FIERO: No, Piero grazie, aiutami a portarla in strada.

CAROLA: E perché la butti?

FIERO: No, c’è Abbacchio che mi aspetta.

PIERO: E dove te ne vai?

FIERO: Mi faccio una vacanza.

CAROLA: Così, senza dirci niente?

FIERO: Si.

CAROLA: E dove te ne vai?

FIERO: In una specie di residence…(si perde una attimo)

PIERO: Ti senti bene Fiero?

FIERO: Meringa.

PIERO: (prende la pianta e gliela porge)

FIERO: (la prende la guarda) Ho promesso di trattargliela bene a tua madre.

CAROLA: Tutto bene papà?

FIERO: …è che non è mai uscita da qui. Dicono che si abituano, speriamo che non le faccia male cambiare posto.

CAROLA: Ci pensiamo noi a lei e poi quando torni la trovi meglio di prima.

FIERO: No no, voi siete impegnati, tene bisogno e’cumpagnia. Gliel’ho promesso…e questo è l’unico modo che so per crescere una pianta. Metti acqua, cambi la terra, gli dai il concime…ma ci devi anche parlare ogni tanto e farle sentire qualcosa di più. Perché altrimenti soffre…e non è bello. Perché non dovrebbero mai soffrire, tutte dovrebbero avere la possibilità di crescere serene…dinto ‘sto prato. (pausa) ricordati di chiudere il gas. Piero, chiama l’elettricista. Il mese prossimo c’è la riunione di condominio, sulla scrivania in camera c’è una delega…

CAROLA: Ma tanto torni presto, vero?

FIERO: …

CAROLA: (lo stringe forte)

FIERO: (prende valigia, pianta)

PIERO: Ti aiuto?

FIERO: No, preferisco andare da solo. (da un ultimo sguardo alla casa) Chi l’ha detto che bisogna fa’ compromessi? (va via.)

PIERO: (guarda Carola, lei cerca di accennare un sorriso. Toglie la giacca che indossa, prende la custodia del sassofono, e notiamo ciò che c’è scritto dietro “Umbertino Frastori, logistica”, posa i guanti da lavoro ed esce.)

CAROLA: (Torna a stendere i panni, ha un’espressione affranta. Si sente la musica che sale lenta come un lamento. Si sente chiamare, si asciuga una lacrima) Si si, come no, ognigiorno deve suonare, perché deve restare in allenamento…anche loro fanno i provini…il prossimo cd? Vedremo.

(Buio)

SIPARIO

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