Per il teatro? Teatro? Guardi dev’essere di là!

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Per il teatro?

Teatro? Guardi dev’essere di là!

Commedia in due atti

Di

Angelo Alfieri

Personaggi

Primo              (Anima)

Secondo          (Anima)

Terza              (Anima)

Quarta             (Anima)

Voce               (Fuori scena)

Presentatore    (Presentatore)

Aristotele        (Anima)

Socrate           (Anima)

Aristofane       (Anima)

Emanuele       (Attore)

Monica           (Attrice)

La scena del primo atto: uno spazio aperto che potrebbe essere un interno o un esterno di un luogo qualsiasi, sul fondo a destra una panca posta sopra un praticabile non molto alto dal quale si può scendere e salire con facilità. Verso il proscenio, sulla sinistra  un’altra panca e sulla destra due sedie. La scena del secondo atto:un luogo all’aperto, le due panche ai lati senza il praticabile,                                                                                 le due sedie. Nella parte finale un banchetto.
ttutte le commedie di questo autore sono tutelate dalla S.I.A.E.


                                        ATTO PRIMO

A sipario chiuso esce un signore che chiameremo Presentatore, il quale, invece di fare la solita presentazione dello spettacolo, dice: “Signori lo spettacolo è finito, prego potete guadagnare l’uscita. Vedo che avete da ridire … amici i tempi sono quelli che sono. Cosa pretendete di vedere tutto lo spettacolo per così  pochi soldi? Una volta forse ma ora. Sapete cosa costa mettere in scena una commedia come questa? Molto! Molto! Qui appaiono delle anime, dei tipi un po’ strani mi dicono  … i cadaveri costano, vanno disseppelliti e spediti lassù per  una visita di idoneità e solo dopo, se tutto è andato per il verso giusto, viene estratta l’anima che noi mettiamo in scena e non siamo nemmeno certi del buon esito, vale a dire, non siamo certi della estrazione … se  invece li spedisci giù di sotto è gratis. Capite lo sforzo immane per convincere le autorità … sforzo pecuniario s’intende. Mica ce li danno così perché siamo belli.  O paghi o lascia perdere. Li vuoi in alto? Paga! Non è proibito .. niente è proibito: basta pagare. Oggi un defunto disseppellito si aggira sui tre quattromila. Noi ne abbiamo quattro … gli altri sono già sistemati da tanto e non sono a carico nostro. A questo punto vi chiederete: “Chi vi ha detto di mettere in scena delle anime?” Nessuno ce l’ha detto! E voi vi richiederete: “Dovevate farne un’altra” ! Esatto! Ma noi abbiamo la testa dura e di conseguenza …  guardate se proprio insistete vi faccio vedere la scenografia … va bene dai. Stasera mi trovate in vena: il primo atto ma … basta eh! Non dite che siamo tirati perché non è vero. Altri farebbero di peggio … Il nostro scopo è quello di farvi uscire di casa, farvi accomodare qui, farvi parlottare tra di voi e farvi andare via arrabbiati il più possibile. Non ho nemmeno voglia di parlare quindi accontentatevi o andate via. (Il tutto in tono confidenziale. Si apre  il sipario. Presentatore guarda qua e là, si trattiene un attimo. Sembra debba dire ancora qualcosa. Prende di tasca il telefono ).

Primo:        (Luci a mezza potenza. È seduto sulla panca del praticabile con l’amico. Tutti i personaggi “anima” hanno una tunica bianca mentre gli altri sono vestiti normalmente). Hai sentito cosa ha detto?  … Lo fa per il pubblico. Penserà di accattivarselo. Si cattura così il pubblico?

Secondo:    Sarà scemo? Gli dice di andarsene per accattivarselo? Invece di elogiarlo perchè si è preso la briga di venire fin qui, fatto di non poco conto peraltro. Abbandonare il divano è un gesto coraggioso. Ne sappiamo qualcosa. … Fagli un fischio.

Primo:        Non mi sente: siamo morti! Gli posso lanciare una scarpa: quella la sente! Provo?

Secondo:    Stai attento, potresti colpire uno spettatore. Hanno sempre da ridire, figurati se li colpisci.

Primo:        Se fossi certo di colpire un politico la lancerei.

Secondo:    Hai questo desiderio inappagato?

Primo:        Perché tu no?

Secondo:    Ohhh! Decine! Scendi, prova a tirarlo per la giacca. portalo di là. Sbrigati perché i personaggi stanno entrando in scena. Vedo movimenti.

Primo:        Sbrigati … è una parola. Lo tiro … viene viene … non si accorge nemmeno. Visto: si lascia condurre come una marionetta.

Secondo:    Tutti i vivi che contano poco si lasciano condurre come marionette … sarebbe meglio dire come “pupazzi” . A volte anche i capi di governo si lasciano condurre come marionette.

Primo:        Ma non dirlo. Ammetti che ti sentano. Qualche interferenza, qualcosa di strano che si intrufola nelle comunicazioni. Sai che conseguenze?  

Secondo.    Non se ne rendono conto.

Primo:        Come siamo fortunati noi morti … chi l’avrebbe mai pensato. Eh?

Secondo:    Davvero! Dicono che la libertà è solo di là. Falso: è qui che si è veramente liberi.  Insomma! Se conoscessimo il motivo che ci ha portati su sarebbe meglio … perché siamo qui e non altrove?  Quale mira si nasconde. (Si avvicina a Primo). Se ci lasciassero dire le parolacce sarebbe il massimo.

Primo:        Lo so ma …  sai che soddisfazione spararne a ruota libera? Rischia! Prova a dirne una. Buttala li.

Secondo:    Questa è grossa! “Puttana” … niente!  “Tua sorella!”

Voce:          Deficiente … sono figlio unico.

Primo:        È nero! Oggi è nero! Attento arrivano! Come sono conciati … di’, saranno attori?

Secondo:    Oggi si spacciano tutti per attori … ti ricordi prima di morire quando vedevamo la televisione? Non mi dire che quelli che facevano le fiction erano attori?

Primo:        Per carità! Erano tutti raccomandati, figli di padri a loro volta raccomandati i quali a loro volta figli di raccomandati giù fino all’unità d’Italia.

Secondo:    Ti riferisci solo agli attori o anche ad altre categorie?

Primo:        A tutte le categorie! Pensi che non sia così? … illuso! … I poveracci non erano raccomandati. … Sai come si chiama la commedia?

Secondo:    No! Fai un  salto fuori e guarda il cartellone. 

Primo:        Sparisco! (Esce da una quinta).

Secondo:    Non fare notte e non passare per il bar, i fumi dell’alcool ti mandano in estasi. Oh porca miseria. Da vivi ci preoccupavamo per i fumi perché dicevano che facevano male … e  non capivamo il motivo, e giù ore a spaccarsi il cervello per poi scoprire che è di qui che i fumi fanno bene. È proprio l’ambiente fumoso. E di tutti i tipi peraltro. Per lo più incenso. Ecco il perché del senso di nausea. Mi vengono in mente tutte di qua. Mi fosse passata una certezza di là. Ma porca miseria. Quanto tempo perso … già dura poco la vita  se poi perdi anche tempo in pensieri inutili vivi per niente. Difatti! Quarant’anni di matrimonio. Se avessi pensato a fondo, invece di perdermi via in sciocchezze, non avrei commesso la leggerezza che poi paghi per non aver pensato a fondo e te la ritrovi in casa: la leggerezza! Me lo chiamano vivere in pace. Quando manca il coraggio di fare una scelta … ecco tutte di qua mi entrano in testa. … E qui ci starebbe una bestemmia di quelle che so io. Altisonanti. Che vanno oltre la sopportabilità dell’orecchio.

Primo:        (Rientra da un’altra quinta). Parla sottovoce, ti si sente fin chissà dove. Pensa invece di parlare. Spostati.

Secondo:    Non sono ancora abituato: son qui da poco. Senza neanche sapere il perché. Sapessi quanto rancore ho dentro.

Primo:        Da poco da poco ma ti avrà sentito. Zitto zitto che entrano! Guarda lei che tipo. Questa qui la fanno recitare perché è bella o perché è brava?

Secondo:    Basta la bellezza. Allora che cosa danno?

Primo:        Oh porca  put .. . mi sono dimenticato di guardare.

Secondo:    Sei spaesato … troppe attrattive. Ti perdi nel nulla. Cosa ha detto? Ha detto di non badare alle donne e ha ragione .. in questo caso ha ragione. Non ti è già bastato avere una moglie per così tanti anni ? Ti vuoi impegolare anche di qua?

Primo:        Capirai … sono fatte d’aria! Si soffiano con una facilità. È comodo eh … se una non ti va … un soffio e via. Di là erano pienotte e difficili da … come dire … manovrare.

Secondo:    La mia era secca come un chiodo. La mania di mangiare erba e di andare in palestra. Ancora ‘sto scemo ... Prendilo! (Presentatore è rientrato e si appresta a parlare di nuovo).

Primo:        Devo sempre fare tutto io? Mi bullizzi? 

Secondo:    Oh scemo vai a casa … cose dell’altro mondo.

Primo:        È il caso di dirlo?

Secondo:    Guarda te se uno deve lottare per vedersi uno spettacolino. Se lo buttassimo giù dal palco?

Primo:        Ma no … gli faccio suonare il telefono?  È l’unica cosa che riesco a fare.

Present:      “Pronto … ho gente … ah sì? … sono un cretino? … Porco … ti aggiri qui tra le scene … sei fuori dal teatro” … lo becco. Chi parla? (esce). 

Secondo:    Oh … era ora. Se sapesse che sei tu a far squillare il telefono … non so.

Primo:        Capirai che danno: sono già trapassato. Noi defunti siamo immuni da tutto. Per dire eh. Non stare li a cavillare altrimenti non ce la caviamo più. In generale siamo immuni.

Secondo:    Fisicamente vorrai dire! Per il resto mi sa che è vero il contrario … Si comincia … titolo? Mah! Con te le cose si vengono a sapere sempre dopo. A parte il fatto che si può indovinare … dai scommettiamo che ci prendo per primo?

Primo:        Primo sono io. Guarda, si sta ancora vestendo quella? Capisci che l’abitudine di guardare le femmine è dura a morire. Nonostante tutto: è bello. Vedere le donne vestirsi è bello.

Secondo:    Sìììì. Passi le giornate. Alla sera poi, prima di decidere cosa mettere faceva il giro del pianerottolo per farsi consigliare dalle vicine.

Primo:        È vero! … Scusa ma una volta saputo il titolo che fai? Siamo qui per far passare il tempo … va bene tutto. Qualsiasi cosa ben venga. Loro hanno problemi. Gli orari, i contenuti, le critiche. Bastonate tremende!

Secondo:    Fino a poco fa subivamo tutto quello che andava in onda e adesso pure? Ascolta! … Mentre uscivi mi è venuto questo pensiero. Lo sai che abbiamo buttato tanto di quel tempo inutilmente per cercare di capire certe cose come per esempio il significato della parola …  democrazia?

Primo:        È vero! Non sono mai riuscito a capire cosa volesse dire esattamente. Ho consultato i libri ma tutti dicevano la stessa cosa. Completamente diversa dalla pratica: era tutt’altro. Guarda che da morti certe cose si vengono a sapere chiaramente perché non sei più un pericolo. Di qui capisci tutto, ma ormai è tardi: ti hanno fottuto per decenni e non puoi farlo sapere a nessuno  … oltretutto, quando uno è morto,  lo fai diventare quello che vuoi. Un eroe, un delinquente, un santo  … a seconda della bisogna. Da vivo ti sfruttano e da morto ti adoperano come modello. Se quei due fossero meno pedanti si potrebbe discuterne ma come aprono bocca mi girano. …(Pausa).  A me piacerebbe diventare un martire.

Secondo:    Per via della durata del matrimonio? Comunque qui dove siamo adesso non tutto è chiaro per via del fatto che siamo in prova. La verifica! Che cosa sia poi, è tutto da vedere. Ci credi che preferisco andare di sotto? Fai tutto quello che vuoi. Bestemmi, rubi, se c’è da litigare lo fai e le donne sono come da vive. Tra l’altro!

Primo:        Sei sicuro? … Si dice!?

Secondo:    E senza esami! Entri e basta. Nessuno di chiede tessere, documenti … niente.

Primo:        È il bengodi cazzo. Senti ma dobbiamo per forza stare qui a sentire ’sta scemata? Non potremmo tentare una fuga. Ho capito! Non so se dipende da me o cosa ma ogni tanto ho dei flash che mi fanno capire.

Secondo:    Come quello della democrazia?

Primo:        Sì. Vedi, adesso me ne passa un altro: che sarebbe questo. Vuoi vedere che facciamo parte dello spettacolo nostro malgrado? 

Secondo:    Dici? Se potessimo parlare con quell’asino … purtroppo ci è negato conferire ... ed  è un errore. Come vedi non è tutto chiaro. Chiamalo dentro con qualche artificio.

Primo:        Prima mi dici buttalo fuori e adesso tiralo dentro? Lo sforzo è notevole. Provo! “Vieni dentro scemo di un presentatore” . Arriva puntuale. È un burattino.

Present:      “Chi mi desidera? Bella commedia vero? È già finito il primo atto? Non me sono accorto. Allora potete andare. Sipario! Eh? Sì! Mi dicono che non è ancora iniziato. Siccome vi avevo promesso che avrei mandato il primo … do disposizioni.”

Secondo:    Va via? Oh! Ma guarda questo. Allora è entrato per conto suo. Altri flash a questo passano altri flash. … Non crederà che lo facciamo noi lo spettacolo?

Primo:        Non siamo nemmeno attori. L’onestà prima di tutto. Ahhhh mi ricordo il titolo. Pensa te che genio. Questi autori moderni. “ Il teatro è di là”. Credo! No! No! “I defunti”!

Secondo:    Chi sarebbero? Suvvia, da quando i defunti appaiono come protagonisti. Al limite fanno le comparse. Gratis  … essendo morti. Di là lavori gratis, di qua non avendo necessità nutrizionali: gratis! E chi rimane con un palmo di naso sono sempre gli stessi. Ti è piaciuto l’eufemismo?

Primo:        Usa parole più consone.

Secondo:    Oh … guarda quello sulla panca: sta dormendo? Da quanto è lì?

Primo:        Lo conosci? È vivo o morto?

Secondo:    Fallo ruzzolare giù. È un attore! Sarà arrivato presto. Ehilà sveglia. Non sente. Vai giù e portalo fuori , nascondilo dietro le quinte.

Primo:        La prima regola dice che i compiti vanno distribuiti. Una cosa per uno. Ma a quanto pare il galoppino lo faccio io. (Scende dal praticabile e trascina fuori la panca). È vivo: pesa!

Secondo:    Chiamo il padrone. È possibile che abbia dei mezzi più efficaci.

Primo:        Bastavano quattro rotelle. (Rientra). Secondo: le risate! Poi dicono che  sono i fantasmi a spostare le cose: siamo noi!

Secondo:    Menomale che non lo sanno. … Ehi tu padrone assoluto del meccanismo qui, ho bisogno di parlarti.

Voce:          Dimmi!

Secondo:    Avrà i suoi difetti ma é puntuale. Penso che intuisca tramite il pensiero.  Non si potrebbe trovare un sistema per comunicare direttamente coi vivi? Guarda quello, si è addormentato e non possiamo svegliarlo. Tra un po’ deve andare in scena e nessuno lo avvisa.

Voce:          Vi posso anche concedere la possibilità ma so già che ne approfittereste. E per questo motivo non vi concedo niente. E poi siete sotto esame. Se si dovessero concretizzare le idoneità vedrò di accondiscendere alle richieste. Nel frattempo mettetevi quelle maschere che avete in tasca. Vi servono.

Primo:        (Eseguono). Siamo qui per volontà di qualcun altro. Ci hanno spediti su.

Voce:          Vi trovate male?

Secondo:    Possiamo esprimerci liberamente  o no?

Voce:          No!

Primo:        Democrazia … ne ha da vendere. Mi sono sbagliato: nemmeno qui si capisce il significato.

Secondo:    Te l’ho detto: è difficile capire. Certe parole sono troppo astratte.

Voce:          Chi state aspettando? Qualche filosofo per fare chiarezza? Beh, non mi stupisco: ignoranti come siete.

Secondo:    Oh signore ci siamo! Torturaci ma ti prego non far venire quei due: la supplico! Magari dandogli del lei ci rispetta di più. Vuole che strisci? Mi abbasso a tutto.

Voce:          Socrate! Sei desiderato.

Socrate:      Chi è? Sto pensando … sto cercando me stesso. (Voce con eco da fuori).

Primo:        Speriamo che non si trovi. Aveva ragione la moglie a chiamarlo così. È  un sofista fastidioso che … sai che mi sto stressando?

Secondo:    Taci! Si è perso per strada … fa troppi errori con le erbe. Crede di essere un botanico ma … da quando si è dimesso da sindaco poi, non avendo più niente da fare balla in giro dappertutto. Per me sono stati i genitori a rovinarlo. Gli hanno messo in testa delle idee strane. La madre in particolar modo. Deve tirare fuori tutto da tutto.

Voce:          Preferite quell’altro?

Primo e Secondo: No!

Primo:        È menoso! “E il mio Alessandro qui e il mio Alessandro là. E l’anima non la trovo più. E devo scrivere”. Ma chi glielo ha chiesto? 

Voice:         Siete due somari. Ne avete da imparare. Arretrati!

Primo:        Grazie! Troppo gentile! Se lo contraddiciamo ci spedisce di sotto in fretta.

Secondo:    Conciati così? Fai schifo con ‘sta cosa in faccia!

Primo:        Perché non ti vedi. Questa storia qui della maschera non mi piace.

Secondo:    Sembra quasi che ci dobbiamo nascondere. Forse è un gioco innocente che fanno da queste parti. Quassù è tutto ahahahah. Farà parte dell’istruzione.

Primo:        Mi sono già rotto le palle.

Arist:          (Entra esuberante). Che passeggiata stamattina: proficua. Mi è parso di udire la voce di Zeus o di qualcuno accreditato presso di lui. Ammesso che esista. Voi lassù che fate? Siete qui per la lezione di fisica? Forza! In aula!

Secondo:    Non ci riconosce mai! Ma neanche per sogno.

Primo:        Adesso abbiamo la maschera! Buongiorno maestro … guarda come si pavoneggia …  Stiamo aspettando l’ingresso in scena degli attori.

Arist:          Che meraviglia. Che danno?

Primo:        Se rimani è un danno. Guarda sta già prendendo nota. C’è bisogno di scrivere in continuazione? È fissato. Mi pare diano una commedia di Aristofane. (Spara un nome).

Arist:          Aristofane? Per carità! Tutti questi insetti ronzanti, questi animali. Troppo critico. E conservatore. È un borghesuccio. Non fa altro che salvaguardare il suo ceto di appartenenza.

Secondo:    Non gli va mai bene niente. Scrivi un bel trattato sull’argomento.

Arist:          Aspetto te … vi faccio notare che se non ci fossi io non sapreste nemmeno che cos’è il teatro. (Si guarda attorno). Dove mi trovo?   

Primo:        In un teatro!

Arist:          Idioti! Zeus tiragli una saetta. Teatro! (Si avvicina ai due). Voi ci credete? A questo qui dico? Io no! Per me ha messo in moto il meccanismo e se n’è andato altrove lasciandoci nel dubbio. Mi sono occupato della faccenda ma ho delle perplessità. Qualcosa non torna. Il cerchio delle stelle fisse esiste?

Secondo:    Madonna come sei rimasto indietro … non hai saputo niente allora?

Arist:          Cosa devo sapere in più di quello che so? C’è da sapere?

Primo:        Lascia stare. Quest’anima che hai pensato tu è morta con te o ha continuato a vivere con te dentro? Voglio vedere cosa dice. (A secondo).

Arist:          Ho fatto un po’ di pasticci … non mi è ancora ben chiaro. Vi prego non divulgate le opinioni al di fuori della scuola … Perché dite così? Qualcuno ha capito qualcosa in più?

Secondo:    Purtroppo nessuno! Siamo fermi alla tua epoca.

Arist:          Oh cazzo! In che anno siamo?

Primo:        Domandalo a lui. Lo saprà. Qui è tutto suo.

Arist:          Tutto? Chiedeteglielo voi. Non mi fido. Io credo nella mente, nella logica deduttiva. Voglio le prove. (Si guarda attorno). Scusate, avete visto uno pelato altino che la sa lunga?  Quello che cammina sempre con una cartina geografica sotto il braccio?

Secondo:    No! Ahhhh ho capito chi è! Quello della caverna? Ultimamente stava cercando una città circondata dall’acqua. Ha chiesto a noi se sapevamo qualcosa figurati!  Ignoranti come siamo. Ha detto che sarebbe andato in Egitto per una ricerca.

Arist:          Cosa si è messo in testa quello. Gli sono amico ma purtroppo amo la verità.  Posso andare o volete che mi trattenga per discutere a lungo di qualche argomento che vi sta a cuore? Oggi mi va di tenere lezione fuori dal liceo.

Primo:        Vai vai … perditi lungo il percorso. … Aristotele, ascolta una parola.

Arist:          Dite! Ho la risposta per ogni quesito.

Primo:        Immagino! … Che cosa significa la parola democrazia?

Arist:          È una forma di governo che porta solo alla corruzione. Non mi sono mai fidato di quelli. Mai! Io penso e ripenso a come condurre lo stato nel migliore dei modi , consiglio, indico ma alla fine l’interesse personale prevale sul pubblico. Il ladrocinio è la regola. Noi filosofi non abbiamo colpe se il mondo precipita nel caos. Se ci ascoltassero forse … Ci si vede.

Secondo:    Non sa mai niente. Primo guarda là. Arriva! Ci risiamo! Questo qui avrà la maschera o no? È messo male. Guarda che faccia! Con tutta la gente che c’è. Questi dobbiamo vedere. Pensa che mi sveglio di notte per riflettere su argomenti inutili. …  Primo è esattamente come di là. Che illuso.

Socrate:      Ciao ragazzi!  Bella giornata vero?

Primo:        Ohhh … vedi laggiù quei buoi che vagabondano nel campo? (A Secondo). Non sa più che dire.

Socrate:      Li vedo e allora? Guardate voi invece. Quella donna appesa sull’albero.  

Secondo:    Cosa? Piantala eh … va sempre a finire così.

Primo:        Ci fa dire tutto quello che vuole … cosa te ne frega di sapere tutto? 

Socrate:      Per forza. Siete ignoranti come bestie. Parlate! Dialogate. Chiedetevi: “che cos’è?” Un domani avrete qualcosa da dire ai vostri figli. 

Secondo:    Socrate dacci un taglio con ‘sta storia eh. Non vedi che siamo morti?

Socrate:      E allora?  Potete scendere da lì un attimo? (Eseguono). Dite un po’, non sarete sicofanti per caso? … la faccia l’avete! Mah! … Questa  mania di portare in tribunale testimoni a pagamento non mi piace.

Primo:        Noi siamo semplici defunti in attesa di giudizio.

Socrate:      Che siate semplici si vede. D’accordo! …(Confidenziale).Amici,  mi è venuta voglia di scrivere .. è un periodo di fermento culturale: mi danno contro ingiustamente, non avreste un po’ di papiro avanzato … anche se è già parzialmente scritto fa lo stesso.

Primo:        Non potevi scrivere quando eri vivo?

Socrate:      Pensavo di divulgare le mie idee a voce ma sono stato stupido.

Secondo:    Detto da te è tutto dire.

Socrate:      Non mi va che altri scrivano al mio posto. C’è questo qui pelato che fa il gradasso. A proposito, se lo vedete, ditegli che sono fuori casa. Mi invita a cena di continuo con scuse banali, ora da uno ora da un altro … e intanto scrive.

Primo:        Hai letto quello che ha scritto di te?

Socrate:      Esatto! E non mi pare di aver detto tutte quelle cose. Avete capito: un papiro. Adesso vado a fare un giretto sotto il portico finto di uno che non sta troppo bene di testa. Sofista del cavolo.

Secondo:    Se ti diamo un papiro già parzialmente scritto da un altro  va a finire che prendono per tuo lo scritto di quell’altro.

Socrate:      Osti! Avete ragione … stavolta avete ragione. Porca miseria. Sono vecchio. Mi rendo conto che non so proprio niente: sapendo di saperlo tra l’altro. Lasciamo stare. Vedo che siete in difficoltà. Per me siete pagati. … Vado da quello del portico. Parlare con voi non c’è soddisfazione. Stavate quasi per offendermi.

Secondo:    Stai attento a quello che bevi fuori pasto. Poveraccio.  E quello dorme. Mah! … Sai una cosa Primo? Non avendo niente da fare ti passano tutte le idee per la mente.

Primo:        Non dire quella parola! Per carità! Se ti sente non esci vivo.

Secondo:    Non è in Egitto? (Pausa). Veniamo a noi. Non vorrei farmi sentire. (Scruta qua e là). Non è bello da dire ma liberarsi della moglie ha i suoi vantaggi.

Primo:        Ti è passata questa? Non è un’idea: è una certezza. Tuttavia dirò che è vero da una parte ma dall’altra no!

Secondo:    Non li frequentiamo più questi due, ti stanno già confondendo. Parli come loro.

Primo:        Cosa dici? Siamo praticamente senza donne. Non lo so … bisogna vedere dopo questo periodo di transizione cosa decide … se spedirci sotto o condannarci a questa beatitudine insignificante. Non passa mai nessuno. È vero che un periodo di riposo dopo la morte non guasta, ma che duri poco.

Secondo:    Passasse un criminale … un mezzo delinquente. Un ladro. Gente di vita insomma. Basterebbe uno che giocava al pallone per fare due risate. Per sopperire alla carenza ecco! Credimi: qui siamo in pochi.

Primo:        Si vivacizzerebbe il discorso. Con quello che giocava al pallone un po’ meno.

Voce:          Avete le carte in regola  per rimanere qui per sempre lo sapete? 

Secondo:    Pensavamo il contrario.

Voce:          No no … sono proprio quelli come voi che amo raddrizzare. Mi diverto di più.

Primo:        Non ne azzecchiamo una. Facciamoci consigliare da Aristotele. Se non è capace lui. Che scemo: mi è scappata! (A Secondo).  

Voce:          Lasciatelo stare. È preso ancora con la sostanza delle cose. Comunque sappiate che stanno arrivando due persone per voi. Il giudizio finale dipenderà dal comportamento che terrete con loro.

Secondo:    Possiamo sapere di chi si tratta?

Voce:          No!

Primo:        Lo sai già che ti risponde così. … è andato? Dice due parole e via! Sarà questo che arriva uno di quelli che devono venire?

Secondo:    Facciamo finta di niente: se attacca bottone lui gli risponderemo. Assumiamo un aria distratta. Fingi inettitudine.

Primo:        C’è bisogno di fingere?

Secondo:    Magari è muto. Attento!

Aristof:       Chi siete? Sprovveduti qualsiasi o gente preparata?

Primo:        Un altro! Preparati per fare cosa?

Aristof:       Vi posso ingaggiare come attori? Avete dei volti orribili che si adattano bene per una commedia che sto per scrivere: farà tremare le fondamenta dello stato.

Secondo:    Che esagerato!

Voce:          Aristofane non mi tiare in ballo anche tu perché divento furibondo.  Non voglio penzolare da qualche cesta come è già successo in passato.

Aristof:       Ti da fastidio eh? Questo qui vuole sempre avere ragione su tutto e decidere lui ma quello di cui abbiamo bisogno non lo fa. E io ti chiamo in causa.

Voce:          Sei esacerbante … menomale che come te ce ne sono pochi.

Aristof:       Mandami altrove … lasci che esprima il risentimento che ho nei confronti dei miei politici che dicono di essere democratici quando non lo sono. E rubano tutto. E fanno guerre continue. E le donne sono stufe. Ho cercato di riassumere ragazzi. Mi piace essere conciso. Quattro parole e via.

Voce:          Sei irrecuperabile.

Aristof:       Quando lo tocchi nel punto vitale gli girano perché sa di avere torto. Lui è dalla parte dei ricchi. Sappiatelo!

Secondo:    Non lo offendere … più lo fai arrabbiare più ti trattiene.

Aristof:       Davvero? Un commediografo come me viene accusato di voler per forza dire la verità su tutto.  Questa la scrivo. Io qui sono fuori posto.

Secondo:    Ah sì? Anche noi! Siamo qui in prova. Fase sperimentale. Più ci ribelliamo e  più restiamo.

Aristof:       Siete furbi! In che epoca siete vissuti?

Primo:        L’attuale!

Aristof:       Non siete furbi, mi pareva strano. Qui il tempo non esiste. Quando dici l’attuale, potresti parlare di millenni fa.

Secondo:    Sappiamo cos’è la televisione.

Aristof:       È una parola che non ho mai sentito ma ne intuisco il significato. In sostanza state dicendo che guardate le cose da lontano?

Secondo:    È matto! (A Primo). La televisione è una scatola luminosa, rettangolare, che fa vedere film, commedie, tragedie … tutto.

Aristof:       Tutto che significa?

Primo:        Dibattiti politici … pubblicità a non finire … e poi che so … gente che parla per niente tutto il giorno.

Aristof:       Ecco. Io questo “tutto” lo eliminerei. Lascerei il resto. Allora vi considero assunti eh. Ripasso per la stesura. Tu potresti interpretare quel vecchio satiro di Socrate con quella faccia.

Primo:        Tu sei Aristofane?

Aristof:       In persona! Chi pensavate che fossi? Amici, riassumete perché vado di fretta. Ho in ballo un allestimento.  

Secondo:    Vai vai! Mancava anche questo … comunque non è uno di quelli che devono venire. E la cosa mi preoccupa.

Primo:        Mi piacerebbe sapere chi è stato a spedirci qui. Sicuramente uno che ci odia.

Secondo:    A questo punto il cerchio si strige attorno a poche persone.

Primo:        Non mi far pensare male di chi so io. Ecco. “Pensare” dovevo dire.  (Ripassano Aristotele e Socrate). Certe parole proprio .. in questo posto sono pericolose.

Arist:          Eccoli i fannulloni. Sempre seduti a sparlare di voi stessi o di altri?

Socrate:      Cercate di conoscere voi stessi. Trovate il demone dentro di voi. Questi due non si conoscono bene. E si lamentano.

Arist:          Non hanno cultura, sono assimilabili agli asini. … Socrate, stai attento con questi demoni che tiri in ballo. In futuro cosa peseranno di te? Già ti credono uno che nega gli dei della patria e porta scompiglio tra i giovani.

Socrate:      Lo sai anche tu? Si è sparsa la voce.

Arist:          Figliolo, te lo avrei detto, ma ci siamo conosciuti da morti e poi non è che passiamo tutto il tempo assieme. E faccio quello che posso: ho i miei limiti!

Secondo:    Lo riconosce! 

Arist:          Ti stavo parlando dell’anima. Secondo te ce l’hanno tutti o solo i migliori di noi?

Socrate:      Stai facendo questa ricerca? Questi due ce l’hanno?

Arist:         Ce l’ avete un’anima?

Voce:          Non li confondete pasticcioni.

Socrate:      Se non dice la sua non è lui. Lo vedi, poi dicono dei demoni che mi parlano.

Arist:          Arrogante! Vai a rimescolare altrove. A me piace essere chiaro con gli estranei caro collega.

Socrate:      Anch’io! Ma a volte la chiarezza non basta. Mi rendo conto di aver commesso qualche errore. Al processo avrei dovuto difendermi invece di  accettare passivamente il verdetto. Avrei potuto anche fuggire ma, ho preferito morire.

Arist:          La logica impone coerenza. Le leggi prima di tutto. Parole tue.

Socrate:      La prossima volta starò attento a quello che dico.

Arist:          Sta andando tutto alla rovescia. Fai tutto per il popolo e poi ti ritrovi a parlare alle nuvole.

Socrate:      A me lo dici! Per carità. (Si allontanano).

Secondo:    Non è bello vedere due filosofi come loro così avviliti.

Voce:          Allora? Che progetti abbiamo?

Primo:        Nessuno! Ci rimettiamo nelle tue mani.

Voce:          Siete due gaglioffi. Vi voglio mettere alla prova! Siete qui per quello. Promettemi che non avrete niente da ridire sulle persone che vi stanno per raggiungere e sarete accontentati.

Secondo:    Accettiamo!

Primo:        Un momento … così a scatola chiusa è difficile … se sono tutti come questi mi …  (Secondo gli da uno spintone) d’accordo!

Voce:          Bene! Qui la parola ha un valore. Morire ha il suo peso. Non si muore per niente.

Secondo:    Io sono morto per qualcosa a dire il vero. E anche lui!

Voce:          Tutti moriamo per qualcosa. E si può rimorire … più volte. E va sempre peggio.

Primo:        Ci vuole terrorizzare allora? Faccio notare che siamo stati portati qui a forza. Contro la nostra volontà.

Voce:          La volontà è la mia. Per ora è tutto! Fate proprio pena con quelle maschere. Per la miseria se fate pena. Oserei dire ribrezzo. Ma essendo un Signore non lo dirò.

Secondo:    Sì ciao! … E quello dorme infischiandosene altamente. Perché l’hai lasciato sul passaggio? Se se entra qualcuno inciampa. Ho capito: se ci vogliamo salvare abbiamo bisogno che qualche vivo ci consigli. E l’unico che abbiamo a disposizione dorme. Questi non ti aiutano manco morti.

Primo:        Che ambiente! Che noia. Cosa pensavi che ci fosse di qua?

Secondo:    Quello che ci dicevano. Chi diceva che c’erano città sospese, chi solo nuvole, altri campi sterminati di verdura, altri niente, altri ancora donne.

Primo:        Quanto pensare inutile … ehi, guarda là … donne  in avvicinamento. Menomale che sono innocue: tutt’aria  … per giunta sono brutte come il peccato.

Secondo:    Dipende da che peccato. Prendi tu la parola o lasciamo che siano loro a cominciare? Conoscendo le donne faranno di tutto per farsi correr dietro. Vengono proprio qui da noi. Che siano le persone che aspettiamo?

Primo:        Per fortuna abbiamo queste mascherine che ci rendono irriconoscibili.  Dico fortuna ma potrebbe essere un danno. Stiamo attenti  … facciamo buon viso a cattivo gioco? 

Secondo:    Anche di qua? Fanno schifo. Di’, non puzzeranno di marcio eh!

Primo:        È una prova. Te le manda orribili per vedere  se veramente non hai interesse a fornicare. Che verbi usano qui?

Secondo:    Quelli di una volta. Sul cartellone all’ingresso c’è scritto così. Settimo o ottavo punto.  

Primo:        Per me la prova è questa: trovare il bello negli escrementi. Guarda che roba. Menomale che ogni tanto i filosofi ci, come dire: indirizzano.  … Magari ci indirizzassero.

Secondo:    Come ci comportiamo? Eh? Ragioniamo un attimo! Hai ragione: quando hai bisogno quei due se ne vanno. Filosofi! … Allora, se vogliamo andarcene dobbiamo lasciar intendere che siamo contenti perché se le disprezzassimo faremmo il suo gioco e ci terrebbe qui. Più ci comportiamo male e più restiamo. Per redimerci. Mentre queste due chissà di che trattamento hanno bisogno. Aristofane! … Ci sentirà?

Primo:        Vuoi mettere su una commedia?  

Secondo:    Per finta si può fare tutto. Per davvero no! 

Primo:        La maschera! Hai capito? Sottile il ragazzo. (La voce). È lo scopo che mi sfugge. È vero: non tutto è chiaro. Anzi!

Aristof:       Mi si chiama? Ohhh i miei nuovi attori.

Primo:        Aristofane una volta tanto potresti rinunciare ad una tua commedia e mettere in scena una nostra?

Aristof:       Ueilà mi chiedete tanto! C’è possibilità di vincere il concorso?

Secondo:    Sìììì: certo! Con questa vinci!

Aristof:       No perché mi hanno già soffiato più volte il primo premio. Un collega: Cratino. Lo conoscete? No! bene, vuol dire che non è nessuno! Di che si tratta?

Primo:        È semplice … ascolta.

Aristof:       Guardate se per caso arriva quell’impiccione di un sofista.

Secondo:    Non passa mai. Posso dire? Spostiamoci dietro per stendere la trama. Riguarda quelle donne che stanno arrivando.

Aristof:       Donne?  Bene! Io sono dalla parte delle donne da sempre.

Primo:        Non mi dire?

Aristof:       E invece te lo dico! E la cosa mi piace. Lo sapete che in origine uomini e donne erano attaccati assieme?  Poi questo qui li ha voluti dividere e adesso ne paghiamo le conseguenze. Cercandole di continuo.

Secondo:    Questo qui? Chi ti ha raccontato ‘sta storia, sentiamo?

Aristof:       Me l’hanno fatta raccontare tramite uno scherzo a casa di uno durante una bevuta. Hanno usato una maschera di una musa capite. Una mezza truffa.

Primo:        In quelle bevute passate il limite alla grande. (A Secondo). Si facevano alla grande questi.

Aristof:       Amici, cosa ne dite se finissimo qui il primo atto? Io sono pratico. Gestisco io la messa in scena.

Secondo:    Hai qualcosa in contrario?

Primo:        No!

Aristof:       I diritti chi li prende?

Secondo:    Se andiamo avanti così ce li levano tutti.

Aristof:       Davvero? Che gara è? Si tiene all’aperto immagino?

Primo:        Al chiuso. Guardati attorno, cosa vedi?

Aristof:       Un sacco di tendoni … gente seduta. È la prima volta che mi viene commissionata una commedia da morto. Ne ho scritte tante in vita.

Secondo:    Ne vai fiero?

Aristof:       Non so dire. Siete sicuri che si vince? Ci tengo eh! Ve lo dico chiaramente: ci tengo! Lasciate fare a me. So smascherare il male che si cela nell’animo.

FINE PRIMO ATTO

SECONDO ATTO

Scena prima


Luci piene.

Terza:         (Entrano  un po’ preoccupate). Che bel posto! Spazioso. Si vede fin laggiù.

Quarta:       Pensavo peggio! Siamo sicure della scelta che stiamo per fare? È impegnativa. Una volta passato l’esame si rimane qui per sempre.

Terza:         Va ponderata a fondo. Molto dipende dalla vita passata. Che non è stata  gran che. È vero che qualche sfizietto ce lo siamo tolto ma in generale …

Quarta:       È assai poco! Forse abbiamo preso una decisione affrettata. Dovevamo approfittare un po’ di più dell’opportunità che avevamo la sotto di godercela e poi rinunciare a tutto definitivamente. …  Sai chi dobbiamo incontrare per forza?

Terza:         Due uomini. A tutti i costi ha detto. E già mi girano ad elica. A me piacerebbe scegliere, almeno di qua. Ma niente: ci impone. Poi la chiama democrazia. Va la va la che sono tutte balle.  (Si siedono sulla panca). L’unica cosa che mi piace di questo posto è la tranquillità! Finora! Non se ne poteva più dal rumore.

Quarta:       Oh, un fracasso infernale. La causa principale che ci ha spinte ad  anticipare l’esame è dovuta a questo rumore continuo che c’era. Gridano troppo. Sai una cosa Terza: non hanno arredamento, non c’è niente. Tutto vuoto.

Terza:         Saremo in anticamera.

Quarta:       Poca gente! Traffico inesistente però sto notando due scemi che ci stanno guardando come se fossimo le uniche del villaggio.

Terza:         Li ho visti li ho visti! E mi fanno schifo! Per fortuna ha detto di proteggerci dandoci questa mascherina che ci modifica il viso per non essere appariscenti e passare inosservate e quindi si spera che ci lascino in pace. Noi donne per non essere tampinate dobbiamo per forza sembrare dei mostri? Chi l’ha detto! È arrivato un terzo. Guarda che faccia da furbo che ha! Si avvicina. Pronta a mandarlo a cagare?

Quarta:       Altroché.

Aristof:       Amiche mie … adorabili femmine. Permettete che gli amici si avvicinino? Venite! Brave persone … commediografi. (A parte). Ma sono orribili!

Terza:         Andiamo bene … ehi tu, se rimandassimo a domani l’incontro? Non siamo pronte. Siamo passate dal fracasso al silenzio totale e abbiamo bisogno di orientarci meglio. Oh, Quarta: l’occhio la vuole ancora la sua parte o no?

Quarta:       Penso di sì! Per me non sono loro. Perché punirci in questo modo? Dice che stare qui è un premio e poi ci fa incontrare ‘sti cosi. Senti tu, furbetto, noi passiamo domani: se siete qui bene sennò chi se ne frega. (Escono).

Aristof:       La vedo brutta! (Nel frattempo arrivano i due). Siamo sicuri che si tratti     di queste schifezze?

Primo:        Sicuri! Chi lo sa!

Voce:          Sono loro le schifezze. Mi raccomando! Avete tra le mani la felicità eterna o la tristezza eterna.

Secondo:    Bello scherzo! Peggio di così non poteva andare. Capisci che le dobbiamo sopportare per dimostrare che siamo indegni di rimanere qui.

Aristof:       Ma noi abbiamo la commedia che ci salverà.

Primo:        Aristofane sei sicuro? Sei sicuro?

Secondo:    È il più grande commediografo della storia.

Aristof:       Davvero? Non ce ne sono più?

Primo:        Ci sono ma … non valgono un granché! Sono ripetitivi. Hai voluto fare tutto tu. Si copia … magari ci crede.

Aristof:       Capisco! Venendo prima … va bene! Allora siamo d’accordo. Quando si presentano accoglietele festosamente come se fosse la prima volta che vedete due belle donne.

Secondo:    Lascia stare gli aggettivi. Parliamo di esseri viventi … ex viventi malridotte e pneumatiche.

Aristof:       Siete greci? Ho sentito una parola delle mie.

Primo:        Ogni tanto gli scappano fuori a casaccio. Sentendo quei due rompipalle qualcosa gli rimane in mente e le spara. Ripassiamo la parte intanto che non c’è nessuno?

Secondo:    Parliamo sotto voce. Aristofane c’è bisogno di dire delle parolacce a sostegno della parte?

Aristof:       È necessario! Lo so, ma questo non le vuole sentire. Ci ha creati, questo lo dice lui, e pur sapendo già che le avremmo dette, perché era logico pensarlo che un essere umano le dica, con tutto quello che succede intorno vorrei vedere lui se non le sparasse. Comodo stare qui a comandare. Vieni giù a vedere cosa combinano i politici poi vedi che musica.(Ha alzato la voce). Ai miei tempi era un disastro non so ora come siete messi ma … 

Primo:        Ai nostri tempi era tutto regolare, e parlo di un mese fa eh … mai sentito di un scandalo o di un furto: niente! Una società perfetta.

Aristof:       Cazzo che bei tempi! Adesso caspico perché non ci sono più commediografi: non servono. La commedia serve in caso di necessità.

Secondo:    Come questo. Se andassimo alla ricerca di sito adibito al beveraggio virtuale nel quale si possono fare anche le prove?

Aristof:       Non vorrei incontrare qualche pensatore. Ai miei tempi ne avevano tanti.

Primo:        Ai nostri no! C’è  qualcuno che si azzarda a pensar male di qualche politico,  una parola un po’ così, sai no, magari spifferata, qualcosa di avverso. Niente di grave: gli rifilano un pacco di soldi e quello se ne va al mare.  

Aristof:       Non vedo la differenza coi miei tempi! Allora ti davano un pezzo di conchiglia e via al mare! All’inizio c’è stata una certa difficoltà a pagare i politici ma poi lo hanno fatto subendone le conseguenze. L’errore è partito da li. Se solo sapeste … Volete far uso di macchine per la messa in scena? Ve lo dico: sono un po’ fuori moda. Si fa ricorso alle macchine quando non si hanno argomenti risolutori.  

Secondo:    Senza macchine per carità. Ho ancora il rombo nelle orecchie.

Arist:          (Ha sentito il discorso). Macchine? Interessante, posso sapere? 

Aristof:       Non vedi che stiamo provando la commedia?

Arist:          E questi sarebbero gli attori? Mi domando perché ho perso tempo a scrivere tutte quelle teorie. Fatemi vedere come recitate. Che metodo usate?

Secondo:    Passa domani e vedrai.  (Escono).

Arist:          Sì domani! Mah! Io continuo a scrivere  ma se poi qualcuno mi dovesse perdere i libri? Eh?

Primo:        Ne hanno perso solo uno. Finora! Si dice! E pare ci sia lo zampino di questo qui. (La voce).

Arist:          Questo qui? Ha del risentimento nei miei confronti perché sto trattando un argomento scottante? Se è così sono nel giusto. Mi conviene approfondire. Che libro hanno perso? Non lo sapete. Ragazzi un minimo di preparazione però … Che commedia stai preparando: le Baccanti? (Esce).

Aristof:       Io le baccanti? Vai al mare.

Scena seconda

Terza:         Faccio abbastanza schifo?

Quarta:       Direi di sì!

Voce:          Siete pronte per lo scambio culturale da voi richiesto, peraltro?

Terza:         Anche se non lo fossimo? … Mi domando: con tutti quelli che ballano in giro, proprio questi ci vuol far conoscere?

Voce:          Avete chiesto di avere contatti quassù per provare il brivido della purezza d’animo ed ora vi lamentate? Volete rimanere qui o no? Fate il test e stiamo a vedere.

Quarta:       Sì ma a che prezzo? Ci hai messe in condizioni pietose e quelli sono peggio di noi … Terza, torniamo di sotto va.

Voce:          Se vi accettano è perché vi amano davvero. Senza intenzioni malvagie.

Terza:         Su questo non c’è dubbio. Amare delle mezze merde …

Quarta:       Oh! Fa bene a non tenere specchi qui. Terza, siamo state stupide: non dovevano accettare questa soluzione. Più di trent’anni di matrimonio con quel cretino di marito e ora chissà quanti altri con chi? In totale purezza per giunta. Eh?

Terza:         Boh! Taci! … se n’è andato. Eccoli là: merde in avvicinamento. Sono accompagnati da quell’altro svitato. Sistemati un po’ quella tunica. Ti invecchia.

Quarta:       Perché la tua no? Sembri mia nonna. Non riesco a guardarti. Il profumo l’hai messo?  Puzzi! Chi parla? Tu o io?

Terza:         Pensa che mi viene voglia di scappare. Mi raccomando: purezza d’animo! Facciamogli vedere che siamo capaci. Se vogliamo!

Aristof:       Amiche adorate è qualche Dio che vi manda per dar sfoggio della sua abilità nel creare simili bellezze mettendoci in condizione di vedervi in tutto il vostro splendore?

Terza:         Pensavo peggio … lo facevo più pedestre. Mi sto già squagliando. (A Quarta). È più forte di me … quando sento un complimento non capisco più niente.

Quarta:       Si vede che qui le apparenze ingannano. Più fai schifo e più attiri. Ciao! Chi sei?

Aristof:       Un amico dei signori … poveri defunti appesi ad un filo per via di un test. Vi prego non trattateli male. Sono poveri.

Terza:         Poveri in che senso? Poveri in quanto defunti o poveri in quanto poveri.

Aristof:       Ueilà … mi avete messo in difficoltà. Un attimo! (Si avvicina ai due andando dall’altro lato della scena). Ragazzi che tipo di poveri siete?

Primo:        Poveri e basta. Non andare in crisi alle prime battute. Dai! Non sembri nemmeno tu!

Aristof:       Com’è diventata difficile la commedia. Perché mi ha fatto quella domanda?

Secondo:    Non strafare! Attieniti alla trama. Abbiamo fatto poche prove e ci dobbiamo affidare all’improvvisazione.

Aristof:       Prove? Se mi chiede la stessa cosa, invento. Care amiche ho chiarito: sono poveri e basta!

Quarta:       Fin li lo si capiva. Ma non perdiamoci in chiacchiere. Li conosci?

Aristof:       Di vista! (Si gira verso i due). È gente di valore. Amano intrattenersi con dei filosofi.

Terza:         Tutto il contrario del mio povero marito.

Quarta:       E del mio limitato e misero marito. Cara, vuoi vedere che di qua si fanno incontri meno demenziali?

Terza:         Ci vuole poco. Pensi signor procuratore che da vive eravamo circondate da una manica di scemi che non ne ha idea … tutti amici dei nostri mariti naturalmente. Il più intelligente andava a scuola di notte perché di giorno c’era ressa e non trovava la porta d’ingresso. E ha fatto carriera. Uomo politico.

Aristof:       Non mi stupisco. … Venite … vi temono! Sono così educati e timidi. Temono le donne perché hanno brutti ricordi delle mogli. Vipere mi dicono.

Terza:         Ah se è per i ricordi è meglio soprassedere. I nostri “Brutti” si accavallano da tanti che sono, mentre quelli belli non li troviamo più. Dai falli avvicinare che sono già stufa della pantomima. Senti avvocato: gli piaceremo o no? 

Aristof:       Certo! Certo! Questi due sono l’elite intellettuale del paese. Loro guardano all’interno delle persone. Mirano a ciò che di più nobile si nasconde nell’anima.

Quarta:       Ho già capito: ci fanno un mazzo così per niente. Parlano parlano e alla fine.

Terza:         Meglio! Non vorrai pasticciarti e rinunciare alla purezza? Intellettuali … guardali … ma mi facciano il piacere … merde intellettuali.

Aristof:       Voi perché siete qui? I miei amici sono in prova.

Quarta:       Anche noi: fase sperimentale. Mamma mia da vicino è ancora peggio.

Primo:        Eccoci qui … (Imbarazzo). Bella giornata vero?

Terza:         Prima che arrivassi tu sì. Scusa! (A Quarta). È più forte di me. Non so se riuscirò mai a farmelo piacere.

Secondo:    Che belle ragazze siete … erano anni che non se ne vedevano.

Quarta:       Sono convita. Di’ la verità: da quando sei qui  ti si è abbassata la vista. 

Aristof:       (Porta  i due in disparte). Attenetevi al copione. Buttatevi a terra dichiarando amore eterno. Avete voluto scrivere voi ma … vi mancano le basi.

Secondo:    Mi sa che stiamo facendo una cappellata. Proviamo!

Primo:        Ti rassegni già? Io no! Mie adorate femmine … potremmo invitarvi a cena a casa di Aristofane.

Aristof:       Veramente pensavo che si andasse da voi … ma certo: da me! Cercate di stare nella trama. Si mangia dove capita e pagate voi.  Inchini riverenze. Sussulti di gioia  … Come vi chiamate?

Terza:         Io Terza e lei Quarta. E voi?

Secondo:    Lui Primo e io Secondo.  

Quarta:       E secondo voi noi avremmo tempo da perdere … scusate, a volte sentendo certe cose mi viene il nervoso. 

Primo:        Mi piacerebbe uscire con te Quarta. Mi getto ai tuoi piedi. (Inavvertitamente la tocca). Sei pienotta vedo. Niente male. Sento come una voce lontana … un ricordo ... desiderio di peccato. Follie giovanili.

Quarta:       Sì eh? Almeno ti piaccio o … no?

Primo:        (Guarda Aristofane che fa cenno di sì). Sto pensando alla trama. Mi concentro a dismisura.

Aristof:       Figlio mio dici delle cretinate colossali. Sii fluido. Vago. Stempera il desiderio nell’aria.

Primo:        Che fatica cazzo. Ebbene sì: mi piaci!

Quarta:       Tu a me non piaci! … Scusa .. sei caruccio. Che fatica cazzo. Lo pesterei.

Secondo:    E tu Terza cosa dici di me?

Terza:         Guarda, sarebbe meglio non dire niente … ma dovendo prendere una decisione. Buttati a terra! È già meglio. Quarta, non capita tutti i giorni eh?

Aristof:       Avete una trama da seguire o andate a tentoni?

Quarta:       Quale trama? Ah … voi scrivete commedie vero?

Aristof:       Io le scrivo … loro … stanno imparando. (Passa Aristotele sul fondo, si sofferma scuote le testa ed esce). Non dice niente … gli conviene. Raggiungi i discepoli  nel bosco … gira i tacchi.

Terza:         Siete bravi … ributtati a terra tu! (Secondo). Bravo! Bel gesto! Cominci a piacermi. Internamente per ora. Se penso che quel demente di mio marito non l’ha mai fatto in quarant’anni, ora  mi sento una privilegiata.  

Quarta:       È un passo avanti. Forse di qua diventano più gentili. Anche la merda a volte assume connotati accettabili.  

Primo:        Le senti? Quante umiliazioni dobbiamo sopportare? Aristofane, sto andando bene?

Aristof:       Non sei convincente. Da una parte vi capisco! Fanno schifo cazzo. Ci penso io … amiche non lasciatevi frastornare dalla bellezza di questi signori. Loro vi amano a prescindere dalla vostra.

Terza:         Tu mi piaci poco … fai troppi giri di parole. Cerca di essere meno evanescente.  Pinguino ammaestrato.

Aristof:       Dopo me lo spiegate: a commedia finita. (Ai due).

Quarta:       Se non ho capito male … vi piacciamo così come siamo?

Secondo:    (Guarda Aristofane che gli da suggerimenti a gesti). La trama!Bisognava provare di più. … Prono davanti a te chiedo umilmente la mano. Terza uniamoci per l’eternità.

Terza:         Scusa eh … ma una via di mezzo non ci sarebbe? Qui il divorzio non c’è.

Quarta:       Questo non l’ho preso in considerazione. Già di là l’avremmo dovuto fare ma … Cosicché anche tu avresti intenzione di …

Primo:        Oh sì … per sempre!

Aristof:       Bravi! Mentite a dismisura. Che attori! Esagerate. Più fingete e più siete credibili. Ditele tutte. Soprattutto quelle che non pensate.

Secondo:    Possiamo toccarvi?

Aristof:       Eccolo là. C’è cascato.

Terza:         Mi sembrava strano che non l’avesse ancora detto. Dipende dal punto. Stringiamoci la mano. Sei un po’ inconsistente eh!  

Secondo:    E tu sei piuttosto dimagrita … che bello. Son quasi contento. Anche se, devo dire, a  me le donne piacerebbero pienotte … per il resto … lascio correre.

Aristof:       Ti posso stringere anch’io? A parte le apparenze c’è soddisfazione. Neh? Lo dico da commediografo sia chiaro. Posso di nuovo? No! Pazienza! È tanto che non abbraccio una donna. Secoli.  Che sensazione.

Primo:        Mi butto per terra? Ti rotolo intorno? 

Quarta:       Come siete servizievoli … lo fossero stati i nostri mariti un decimo di quello che siete voi saremmo morte tristi per averli dovuti lasciare.  

Terza:         Stai attenta: potrebbero fare la solita commedia. Mi butto di qui mi butto di là e poi ti buttano nel cesso. Guarda questo che arriva!

Socrate:      Nuovi arrivi? Lasciatemi dire signore che mai ho visto tanta bellezza tutta assieme. Ci sei anche tu! Lo sapete che questo demente mi considera un satiro? E mi tocca vedere le commedie in piedi per dimostrare che non è vero? (Aristofane).

Aristof:       Finiscila di lamentarti. (Ripassa Aristotele in senso opposto ).  Guarda chi c’è … fai una passeggiata con lui. Sai come le idee si schiariscono? Con quell’altro poi. (Platone).  

Socrate:      Te le faccio pagare stai tranquillo … amico mio lascia che ti raggiunga.

Arist:          Raggiungimi … cosa stai facendo qui … che belle creature: prendo nota. Ora capisco: la commedia. Sulla bellezza immagino?  (Ridacchia tra se).

Socrate:      Interiore. Direi.

Secondo:    Non ne sbaglia mai una questo. Non potreste raggiungere il vostro collega pelato?

Aristof:       Vai vai vecchio satiro. Questo sta bene appeso. (Alle donne).

Quarta:       Non hai tutti i torti  … scusa, non volevo.

Secondo:    Socrate non hai niente da fare oggi? Raccogli testimonianze altrove. Fatti prestare un pezzo di papiro da lui. Aristotele aiutalo e buttar giù due righe.

Terza:         (A parte). Osti è vero frequentano filosofi. È gente di livello. Fanno cagare ma sono di livello. E quelli di livello tendono alla purezza spontaneamente. Pensano! Sapranno di sicuro come raggiungere la felicità?

Quarta:       (Idem). A volte la bellezza è meglio relegarla in secondo piano: stavolta guardiamo dentro. Vorrà dire che saremo felici dentro!

Socrate:      Guardatevi dentro cari amici! (Aristotele continua a scrivere).

Terza:         (Idem). Se lo dice lui c’è da fidarsi. Non sarà diventato famoso per niente?! Chissà cosa penserà di noi vedendoci così malridotte. Che vergogna. l’unica volta che mi capita di parlare con uno di questo livello sono conciata da buttar via. 

Socrate:      Sarete belle dentro … sicuramente. Scommetto che nascondete una divinità.

Quarta:       Magari! Addio!

Arist:          Chiamerò il saggio: Poetica! Ho deciso!

Secondo:    Bravo! Ciao! … Sono così felice di averti incontrato che farei follie. Per esempio non ti toccherei nemmeno morto.

Arist:          (A Socrate). Questo è scemo. Mettiamoci nell’angolo per vedere come va a finire. Nel caso si presentassero delle novità faccio in tempo ancora a correggere la bozza.

Terza:         Che sforzo! Quarta ci credi?

Quarta:       Dobbiamo credere sennò l’esame va a pallino. Ti dirò, se mi sta lontano forse ce la faccio a resistere.

Terza:         A fatica ma … quegli altri li scartiamo subito perché non mi pare il caso. Lasciamoci andare e vediamo. Allora giovanotti dove ci portate?

Secondo:    (Guarda Aristofane). Fanno schifo … cosa mi tocca sopportare.

Aristof:       Figlioli siamo in ballo  … in fin dei conti è una commedia, che sarà mai? 

Primo:        (A parte). Pensa al futuro … a quando saremo di sotto! In verità a me comincia a piacere anche se ha la faccia come il didietro … è pienotta. A me le pienotte fanno impazzire. Quel demonio mi ha messo in testa che si è belli dentro ma il contatto con l’esterno mi commuove. Sono terribilmente commosso. Come mai loro sono diverse da noi?

Secondo:    Una è pienotta, l’altra meno. Hai visto che è vero: sotto si è pienotti.

Aristof:       Ragazzi, temo che non riuscirete a portare a termine la parte. Vi commuovete ancora troppo. Tuttavia vi devo confessare che pure io sono trasportato.

Quarta:       Allora ‘sto caffè?

Aristof:       Date tutto quello che vogliono … certo che siete in una situazione drammatica … anche il solo pensare di amarle per l’eternità è troppo. Per fortuna stiamo recitando.

Terza:         (Si apparta con l’amica). Menomale che sono un po’, come dire, leggeri e difficilmente si possono usare perché non so quanto resisterei.

Quarta:       Ci sta aiutando. Li ha mandati inconsistenti per quello. Hai capito? Lasciando noi in carne li mette alla prova.

Terza:         Quindi se diranno di amarci alla follia sarà vero. Non possono fare niente! Stavolta il posto non ce lo porta via nessuno. Ma sì: basta coi problemi di sesso. Sono solo guai. Buttiamoci a capofitto. 

Quarta:       Niente pensieri strani eh! Di’ ma che test devono superare? Sarà meglio chiederglielo. … Amici, intanto che andiamo al caffè perché non ci raccontate un po’ di voi?

Aristof:       Chissà cosa dicono queste. Caffè. Boh!

Primo:        Mah! Abbiamo così poco da dire. Abbiamo vissuto per quasi quarant’anni con le nostre mogli senza interruzioni … credimi due palle così.

Quarta:       Adesso hai incontrato me e mi stai giurando amore eterno.

Primo:        Molto di più. Mi vuoi schiacciare sotto i piedi?

Quarta:       Ci mancherebbe: subito! Tu non hai idea di che soddisfazione sia.

Terza:         Non vorrai essere da meno del tuo amico?

Secondo:    Calpestami liberamente. (Eseguono, si buttano a terra).

Socrate:      Mi fanno pena poverini (sono rimasti sul fondo a prendere appunti).

Arist:         Che colpe avranno? Sono uomini comuni. Probabilmente non hanno trovato la felicità nella vita familiare, che è il primo tassello che uomo ha a disposizione per diventare virtuoso. Sai che sono perplesso? Fin sotto i piedi si fanno mettere. È colpa di quell’Aristofane, mette sempre le donne in primo piano. Ho già visto troppo. Andiamo.

Quarta:       Si schiacciano bene … cazzo che soddisfazione. Si fossero lasciati fare anche quei due deficienti di là, la vita sarebbe stata un’altra cosa.

Terza:         Lo vedi che frequentare filosofi qualcosa significa? Ti insegnano a subire.

Aristof:       Mi sa che devo rivedere un po’di cose. Amici io andrei. Non riesco a finirla ’sta commedia. Quanto è complicato il mondo?  

Primo:        Non ti allontanare troppo … l’esito è incerto.

Aristof:       Rimango tra gli alberi a pensare.

Secondo:    Come mai siete rimaste quelle di prima?

Terza:         Noi veniamo da sotto. Giù di sotto si rimane integri, esattamente come da vive. Problemi non ne fanno. Non ti giudica nessuno. Quassù invece è tutto diverso. Si vede che la purezza si paga con l’evanescenza.

Quarta:       Mi stai dicendo che diverremo come loro? Qui la rinuncia è totale: pure e libere da tentazioni? Si ma siamo in prova … per ora.

Voce:          Per ora! E devo dire che vi state comportando bene tutti e quattro.

Secondo:    Ci mancherebbe. Abbiamo tutto l’interesse … siamo così spontanei nel prendere decisioni che ci sorprendiamo a vicenda. Tant’è vero che ci meravigliamo.

Voce:          Cosa ci faceva quel commediante li con voi? 

Primo:        Niente! Passione per la messa in scena. Appena vede un palco con gente sopra non capisce più niente. Dice che buttava un occhio.

Voce:          Vi do ventiquattr’ore di tempo per decidere definitivamente dopodiché … riterrò conclusa la faccenda.

Terza:         Prendere decisioni affrettate sappiamo come va a finire.

Quarta:       Quarant’anni di matrimonio sul groppone.

Primo:        Anche noi: stessa cosa. Siamo accomunati dalla stessa sorte … però … qualche scappatella … eh?

Terza:         Insomma! Non è il caso di sbandierare a sconosciuti le avventurette terrene. Che poi se andiamo a vedere si riducono a  …

Quarta:       Beh! Ormai possiamo dire tutto …  visto che dobbiamo restare qui.

Terza:         Siamo sicure? Ci liberiamo? Rinuncia totale dei beni … materiali?

Quarta:       Non ne hai già avuti abbastanza? Ridotte, dici ridotte  ma abbastanza da poter riempire un … niente …  

Primo:        Noi rinunciamo a tutto. E non ci costa niente beninteso. Volete schiaffeggiarci?

Quarta:       Non dirlo due volte (Rivolgendosi a Terza). Gliele do a lui così mi rifaccio  … non avendo potuto pestare quell’altro scemo.

Terza:         (Idem). Appena me lo chiede lo massacro. Si lasciano vessare troppo. Mi viene un sospetto.

Quarta:       Fregatene! Sono fatti loro. Commedia o non commedia: loro si prendono le bastonate e noi ci vendichiamo delle vessazioni subite nel corso della vita e restiamo qui. Pure! E non è poco! Sotto chi tocca!

Secondo:    Ci sono prima io: percuotimi con violenza. (Inizia il pestaggio. Nella concitazione dei gesti i due perdono la maschera).

Terza:         Oh! Che soddisfazione! Mi trattengo dal bestemmiare perché sarebbe troppo facile. (Anche le donne si levano la maschera). Che sudata cazzo! (Si siedono tutti, le donne a destra e gli uomini a sinistra). Filosofi no? Prendetela con filosofia. Diteglielo a quello quanto siete altruisti.

Quarta:       E sapete soffrire stoicamente per colpe altrui.

Primo:        Se non ci spedisce di sotto con quello che abbiamo subìto sarebbe sleale.

Secondo:    (A Primo). Avevano la maschera? … L’abbiamo persa nella colluttazione anche noi … porca putt … ma sono passabili  perbacco.

Primo:        (A Secondo). Vedo! Ma vedo anche che quelle facce assomigliano un po’ troppo a chi so io.

Terza:         Fatevi vedere bene voi due … Quarta … metti a fuoco le immagini.

Quarta:       Pure dobbiamo essere? Maledetti imbroglioni … deficienti, anche qui venite a romperci le palle … fanno la commedia ’sti scemi.  Per l’eternità ci volevano! Dai che è la volta buona. Pecchiamo a più non posso. (Si alzano per rincarare la dose). Se ci fossero delle scope rigide.

Terza:         Facciamo richiesta di sassi.

Secondo:    Possiamo scendere? (Preoccupati).

Voce:          Un momento! Cosa facciamo? È così che vi comportate?

Quarta:       Rimandarci di sotto che è meglio.

Voce:          E sia! Andate! Siete soddisfatte della scelta definitiva?

Terza  e Quarta: Ora sì!

Terza:         Senza volerlo li abbiamo sistemati per bene. Tardi ma … (Si abbassano le luci). Perlomeno ci siamo tolte la soddisfazione.  

Terza:         In tutta purezza.

Secondo:    Siamo stati ingannati tutti. Se ne sono andate.

Primo:        Non c’è commedia al mondo che ci possa salvare?

Secondo:    Per forza: abbiamo perso la maschera. (Le voci diventano fioche, si allontanano). Con tutte le donne che ci sono dico io … è colpa di questo confusionario.


(Le anime scompaiono).


Scena terza

Poco dopo


Luci piene.

Monica:      (Va a svegliare Emanuele. Entrano). Emanuele … dai sveglia è ora di iniziare.

Emanuele:  Perché mi hai svegliato? Stavo sognando così bene.

Monica:      Cosa sognavi?

Emanuele:  Che il presentatore usciva a dire cretinate … lo spettacolo costa troppo, andate a casa … follie.

Monica:      È un sogno dai … è stato evocativo o banale?

Emanuele:  Secondo te i sogni sono veramente la realizzazione dei desideri inappagati o il desiderio di non vederli mai realizzati? Pensa che ho sognato dei defunti in cerca di un riscatto. Gente che nemmeno dopo morta si trova al posto giusto. Un po’ stravagante invece ho trovato Aristofane. … Ho sognato anche Aristotele. E mi stava già sulle scatole dopo qualche istante, mentre Socrate no: mi è simpatico.

Monica:      Che sogni fai? … (Pensa). Chissà quei filosofi se vivessero adesso cosa penserebbero della comunità umana? Dello sfacelo in cui versiamo.

Emanuele:  Nemmeno ai loro tempi si andava bene: anzi! È vero il contrario.

Monica:      Comunque dicono che i sogni dipendono da quello che mangi. Sopratutto alla sera.

Emanuele:  Se sto leggero! Siediti … (Si guarda attorno) scenografia povera eh? Costa! Da una parte è meglio. Si da al pubblico la possibilità di immaginare … di fantasticare … di collocare i personaggi in un contesto con la propria fantasia. Io sono convinto che chi va a teatro ai nostri giorni abbia qualcosa di diverso. Tutti vedono ma pochi sanno guardare. Credo che lo spettatore che si avvicina al teatro sia una persona con un’intelligenza superiore alla media. Dovrai ammettere che è impegnativo.

Monica:      Sì … potrei essere d’accordo. A questo punto perché non proponi all’impresario di mettere in scena qualche tragedia greca? È da tanto che non se ne fanno.

Emanuele:  Vanno aggiornate … contemporaneizzate … la senti la parola come diventa lunga. È già di per sé impegnativa. Correremmo il rischio di irritare questi intelligenti perché passerebbero tutto il tempo a spiegare ai meno acculturati, che hanno voluto entrare a tutti i costi per darsi un tono, il significato delle scene, dei fatti … delle sottigliezze storiche.

Monica:      Alcuni riderebbero su delle battute mentre altri non ne coglierebbero il senso comico perché sprovvisti del retro terra?

Emanuele:  Esatto! È necessario riportare il teatro a livelli più alti senza necessariamente passare dalla tragedia antica. O meglio: portare la cultura generale a livelli più alti. È necessario.

Monica:      Finché ci sarà un certo tipo di  televisione  … Dai! Chiama gli altri che vediamo di iniziare.

Present:      Allora? Il regista vi sta cercando. Ho già qui il discorsetto da fare. Lo dico a voi: questa storia di presentare lo spettacolo alla “prima” mi sembra un po’ superato. Se dovessi leggerlo tutto se ne andrebbero dopo tre  minuti. Sono tutte scemate … convenevoli e basta … e tutto perché ci sono le autorità.

Monica:      Che cazzo ce ne frega delle autorità: oltretutto entrano gratis.

Emanuele:  E si addormentano. “Autorità non è sinonimo di cultura.”

Monica:      Questi fanno parte di quelli che entrano a tutti i costi?

Present:      Appunto. Ha ragione! Andate di là che inizio. (Esce e rientra, si gongola si atteggia). Buonasera a questo magnifico pubblico. Lo so, vi starete chiedendo: “speriamo che sia breve”! Lo sarò! Io mio ruolo è quello di introdurvi a questa messa in scena in punta di piedi dandovi quelle informazioni necessarie affinché non vi smarriate, vi voglio condurre per mano nei meandri della trama rasentandola, sfiorandola. Dunque … come avrete notato la commedia non ha titolo. Perché? Semplice: ce lo mettete voi! A seconda delle personali intuizioni. Per alcuni sarà “nero” per altri “rosso” per altri né l’uno né l’altro. L’autore dice che ognuno ha il diritto di stabilire il titolo in base alle proprie aspettative. Noi suggeriamo incanaliamo ma … mai condizioniamo. C’è chi sta dalla parte dell’uno, chi dalla parte dell’altro e chi da nessuna parte. Questi ultimi subiscono. Venire a teatro e subire non va bene. Schieratevi! Addirittura chi se la sente potrà salire qui a dire la sua. Tranne i politici presenti. Quelli la dicono fin troppo: la loro. Bene, mi sembra di avervi detto tutto. Allora buon divertimento! Per chi crede di divertirsi … per gli altri … Ah! Se per caso non capite bene e non volete salire prendete nota e lasciate gli appunti in biglietteria.  Questo nel caso in cui non sarete riusciti a dare un titolo. … (Fa qualche passo, si ferma).  Avete ragione non ho detto niente della trama. Beh, fate voi. Mi ritiro.

Luci ultraviolette



Aristof:       (Aristofane è seduto a un banchetto, ha in mano uno stilo e sta scrivendo la commedia). Forza, diamoci dentro perché siamo in ritardo con le prove. Non voglio certo che mi accusino di negligenza, già mi vedono in malo modo per via del fatto che noi commedianti insistiamo nel voler trovare del marcio anche dove non esiste, figuriamoci se dovessimo andare in scena impreparati. Anche se … le commedie dovrebbero servire proprio a quello: denunciare il malcostume della società. Società … gran bella società. Quei due non sono stati neanche capaci di concretizzare un piccolo, sciocco desiderio personale d’andare di sotto, nonostante la finzione. Hanno perso un’opportunità. Volevano forse rimanere con le mogli per dei millenni? Non sembravano intenzionati a farlo. (Smette di scrivere per un istante, solleva lo sguardo dal foglio. Sembra pensieroso). Ho anche offerto loro una nuova maschera, ma l’hanno rifiutata. (Aristofane cita le parole di Primo e Secondo, facendo capire che non sono parole sue). “Aristofane cosa dici? Non è cambiando la maschera che risolviamo il problema. Bisognerebbe avere il coraggio di essere se stessi: sempre”… Essere, apparire … Realtà o inganno? Non è tutto una finzione? Non è l’esistenza stessa una commedia. È questo regista che mi preoccupa. (La voce). Detiene il potere di sconvolgere. Ecco dove risiede il guaio. E il presentatore? Quello è una maschera … Tutti le portano, sempre. Si sceglie di vivere da attori, con una maschera sempre diversa a seconda dell’occasione. Oppure si può scegliere di non portarne nessuna, ma anche quello non vuol dire recitare un ruolo? Subendone i rischi. Perché è da se stessi che la paghi cara. Questo nella maggioranza dei casi, ma sappiamo che in altri non è così. (Aristofane rilegge ciò che ha scritto, non sembra esserne soddisfatto e infatti lascia cadere lo stilo con un gesto di stizza). Basta! Mi rassegno. A che serve in fondo? Se la società stessa non è che una commedia, se le persone non sono che attori che recitano su una scena, diretti da uno che ha  come principio il desiderio di annullare la volontà a cosa serve tutto questo? Alla fine, davvero, che cos’è che cambia? Niente! Non riusciamo a ottenere nulla: né di là, né di qua, con o senza finzione. (Pensa, si alza). No, non riesco a finirla ‘sta commedia. Sono soltanto un uomo comune, o ciò che ne rimane. Non c’è scelta quando c’è inganno. Ecco: siamo stati ingannati. Amici miei cosa devo dire? Provate a morire nella speranza che  un domani le cose cambino …. almeno da questa parte.

FINE