Pesca nottuna

Stampa questo copione

PESCA NOTTURNA

Commedia in un atto

DI EDUARDO GRELLA

Rappresentata al teatro Mercadante di Napoli da Uberto Palmarini;

PERSONAGGI

GASTONE

ZINNERI

L’AVVOCATO De Bennis

Clara sua figlia

Miss Kate

Governante di Clara

Girolamo

Cameriere

Un commesso


Lo studio dell'avvocato De tennis. Vasta sala messa con lusso; tappeti, drappeggi, quadri, scaffali con libri, poltrone, un divano.

A sinistra un largo scrittoio ingombro di car­te, libri, ecc.

Due porte a destra. In fondo un ampio fine­strino con balaustra aperta su un giardino. E' sera. Si vede nello sfondo il cielo stellato di Posillipo.

SCENA PRIMA

Clara, miss Kate, il vecchio Girolamo

(Clara, seduta vicino al finestrone, legge; e miss Kate, seduta di fronte, cuce. Girolamo dispone delle carte sullo scrittoio. Clara ter­mina di leggere e butta il libro a terra).

Miss Kate                 - (sorpresa) Signorina...

Clara                         - (dispettosa) Non vi piace? Ed allora anche questo... (butta a terra un secondo libro).

Miss Kate                 - (trasognata) Ma signorina...

Clara                         - Va bene così? Sono seccata, seccatis-sima, annoiatissima...

Miss Kate                 - Non so spiegarmi...

Clara                         - (alzandosi)       - - Non si continua così! No, no, no... Alla mia età, miss, alla mia età! Sa­crificata, chiusa, guardata, spiata...

Miss Kate                 - Ma chi la sacrifica? Eppoi... cer­ti scatti... a una signorina come lei...

Clara                         - (sempre più dispettosa) Io scatto, scat­terò sempre. Non ho voglia di mummificar­mi io. Di mummificarmi accanto a voi.

Miss Kate                 - (risentita) Oh... vero? Miss Kate

Clara                         - .. Miss Kate Clara..

Clara                         - Quando voi eravate giovane - perchè di certo, non siete più giovane, voi, non è parlo di vent'anni fa...

                                 - Oh... vent'anni. trent'anni fa...

                                 - Trent'anni fa! dicevo, quarant'anni or sono, certi scatti li avreste compresi voi, avreste compre­sa me, m'avreste capito. Avreste capito che questa vita è assurda, comprendete, assurda! A diciassette anni esser trattata, guardata an­cora come una bambina... Io sono una don­na... sono donna... Ci vogliono i figli, i figli, i figli...

Miss Kate                 - (coprendosi il viso con le mani) Oh, che scandalo, che scandalo... Avete udi­to, Girolamo!

Clara                         - I figli! Continuare così, uscire con miss che corre dietro, fermarsi con miss che si ferma, voltarsi e miss che si volta, andare al bagno con miss, dalle amiche, dovunque, con voi, con voi come un'ilbra che mi perse­guita, che non mi lascia più. Siamo ridicole tutte e due! Avete visto stamane quei giovi-notti!

Miss Kate                 - Non ho visto.

Clara                         - Non v'accorgete di nulla, voi. Ma vi hanno beffata. Anzi, ci hanno beffate... Han­no riso alle nostre spalle... E' inutile! Sia­mo ridicole... ri-di-co-le...

Miss Kate                 - Sfaccendati... Stanno lì, sulla spiaggia, per guadare le gambe delle ragazze.

Clara                         - Anch'io farei lo stesso. Se fossi uomo, io farei peggio.

Miss Kate                 - (scandalezzata) Signorina Clara, ma dunque...

Clara                         - Farei assai peggio. Gli uomini sono stati sempre così. Ho ragione, Girolamo?

Girolamo                  - Ai miei tempi, signorina, forse erano un pochino più serii.

Clara                         - Non guardavano le gambe?

Girolamo                  - Le gonne erano così lunghe che la­sciavano fuori appena la punta delle scarpine

Miss Kate                 - (a Clara) Ha sentito?

Clara                         - (rifacendo le voce di Girolamo) « Ai tempi miei » sempre coi « tempi miei ».

Girolamo                  - Se riaprisse gli occhi la signora.

Clara                         - (a un tratto seria) La mia mamma! ditemi, com'era!... Miss, via, non state col broncio... Io scherzo - Sono così - Ma voglio bene a tutti e due. Venite qui, facciamo la pace. Parliamo un pochino insieme di lei.

Girolamo                  - Sono ventun'anni... Eh. quel gior­ no... che festa! Tutta vestita di bianco. Come un angelo. Non ho mai visto il mio padrone tanto felice. Quanta gente a quelle nozze, quanti fiori, quanti invitati... Se non era per me, signorina... « Girolamo, corri qua; Giro­ lamo, la tale cosa; Girolamo, la talaltra...». Allora le gambe servivan bene! L'avvocato,, lui (indica al tavolo) non aveva ancora la ri­ nomanza di oggi perchè quell'uomo lì         - e lo so io soltanto      - se l'ha fatta dopo, dietro quel tavolo, col lavoro, con lo sforzo con­ tinuo...;

Clara                         - Povero babbo!

Girolamo                  - ...ogni sera, ogni giorno...

Clara                         - Ancora oggi !

Girolamo                  - E dopo la « disgrazia »...

Clara                         - Povera mamma...

Girolamo                  - ... dopo la morte della signora, re­stato solo con lei, ch'era piccina, piccina, così, raddoppiò il lavoro. E lo sa per chi, signorina? Sì, glielo voglio proprio dire: per lei, per lei!

Clara                         - (pensosa) Per me!

Girolamo                  - Tutta la sua vita, tutti i suoi sogni, tutto il lavoro sono per lei, signorina. Non ha altri ! E il giorno in cui, mi creda   - ci vorranno forse ancora dieci anni   - ma il giorno in cui lei andrà via, perchè carina com'è qualcuno verrà a rubarsela, il povero avvocato resterà, come prima, solo. Senza nessuno (marcando le parole) senza nessuno.

Clara                         - (commossa) Ma no, ma volete farmi piangere stasera...

Miss Kate                 - (a Clara) Ecco perchè la tiene così sacrificata, come lei dice...

Girolamo                  - Eh, sì, come si tiene un gioiello! Sarà una grande gioia pel padrone ma anche un grande dolore. Guardi, tutto questo lusso, questa residenza magnifica qui a Posilipo, in questo villino così bello, accanto al mare, con un giardino pieno di fiori.

Clara                         - (c. s.) Lo so, è per me, esclusivamen­te per me.

Miss Kate                 - Non ha altro scopo nella sua vita.

Girolamo                  - Capirà, per un uomo d'affari co­me è il mio padrone, converrebbe stare al centro della città...

Clara                         - E per me invece... Arriva così stanco certe sere...

Girolamo                  - Lo sa che pochi giorni or sono mi parlò appunto della sua vecchia casa, laggiù, a via Nilo? A via Nilo, in quella strada po­polósa, quando egli era ancora scapolo... Mi battè sulla spalla e disse: « Chi sa che un giorno, vecchio mio. non ce ne torneremo là, al terzo piano! ».

Clara                         - E poi... che aggiunse!

Girolamo                  - Più nulla. Mi domandò delle per­sone venute a cercarlo. Come di solito, si pose a segnare appunti per l'indomani. Sem­pre lo stesso... senza riposo! (si ode il canto lontano dei pescatori).

Clara                         - (a Girolamo) Anche tu gli vuoi bene. Sono davvero ingrata... (s'ode di lontano la canzone dei « posteggiatori ». Con slancio) Ma no, no... io non sono scontenta... sono invece tanto lieta. Ma non so... è forse que­st'aria di estate, è forse questo caldo, sono queste serate di luglio, queste serate che por­tano nell'aria un odore di mare e di fiori, che hanno qualcosa che penetra nel sangue come un veleno sottile... E' questo cielo, è questa solitudine, queste canzoni lontane... quelle luci sul mare: i pescatori... i pescatori anche la sera!... E questo soffio tiepido, lene, lo sentite, lo sentite anche voi? passa tra le cortine, viene di lontano coi canti, porta con sé i suoni e gli aromi... Tutto, tutto que­sto è che mi mette dentro un'irrequietezza, un'ansia, un desiderio di aria, di spazio, un desiderio di correr fuori... non so... di correre nella notte lungo il mare e di cantare... can­tare (pausa). No... forse di piangere anche (allegra, prendendoli a braccetto). Via, ve­nite, venite... (alla governante). Non siate in collera... (supplichevole). Ma perchè non to­gliete almeno quegli occhiali, miss, che orrore! Via, andiamo insieme a preparargli la cena fuori la terrazza.

Girolamo                  - Ma... è ancora presto.

Clara                         - No, andiamo, tiriamo fuori il tavolo come ieri sera.

Miss Kate                 - Senza il suo permesso...

Clara                         - Mangeremo io e lui all'aperto. N'ebbe tanto piacere... Non dite niente però. E tu, Girolamo, ascoltami bene, alle nove, quando tutto è pronto verrai qui e dirai: ce II signore è servito! ». E niente altro! (esce).

SCENA SECONDA

Girolamo, miss Kate, poi un Commesso

Girolamo                  - Dev'essere un po' toccatina di cervello, ma ora qualcuno frulla in quella testolina.

Miss Kate                 - Cosa dite?

Girolamo                  - Dico che la padroncina deve es­sere innamorata...

Miss Kate                 - Possibile!

Clara                         - (chiamando, di dentro) Miss Kate... Girolamo... v'aspetto... venite...

Girolamo                  - (continuando) Date retta a me. qualcuno le sta dietro...

Miss Kate                 - Vi sbagliate... (s'ode un campa­nello).

Girolamo                  - A chi pensate? Aprite bene gli occhi! (miss Kate esce).

Un Commesso          - (entrando. Con un grosso fa­scicolo sotto il braccio) L'avvocato De Bennis ?

Girolamo                  - Non è ancora rientrato.

Il Commesso            - Ma io...

Girolamo                  - Parlate con me che fa lo stesso.

Il Commesso            - Avevo queste carte importanti da consegnare a lui...

Girolamo                  - Datele a me.

Il Commesso            - Le manda il signor commen­datore.

Girolamo                  - (prende il fascicolo) Date qua.

Il Commesso            - Raccomando... il commenda­tore vorrebbe la risposta, possibilmente, en­tro domani.

Girolamo                  - (butta il fascicolo su uno scaffale in alto) Entro domani! Se c'è tempo... Ne abbiamo sa. di lavoro!

Il Commesso            - Il signor avvocato già sa... Vi prego, non dimenticate di dirglielo...

Girolamo                  - Ma se sono io che gli ricordo ogni cosa! Se non fosse per me... State tranquillo che non dimentico nulla io.

Il Commesso            - Allora grazie. Buona sera.

Girolamo                  - A rivederla! (escono).

SCENA TERZA

Gastone - Clara

(Clara, entrando, vede Gastone che, circo-spetto, piano entra dalla finestra in fondo. Dà un piccolo grido soffocato).

Gastone (elegante, con monocolo, tentando di scavalcare la balaustra, fa cenno col dito di tacere. A voce bassa) Buona sera.

Clara                         - (spaventata) Ma siete matto...

Gastone                    - (impassibile) Vi scongiuro. Non fate chiasso.

Clara                         - (c. s.) Andate via...

Gastone                    - (flemmatico) Subito andrò via.

Clara                         - (agitata) Mi metto a gridare...

Gastone                    - Non è il caso.

Clara                         - Chiamo gente... chiamo mio padre...

Gastone                    - Vostro padre non c'è. Eppoi... me ne vado da solo.

Clara                         - Attento, che precipitate.

Gastone                    - Vivo pericolosamente.

Clara                         - Ma la vostra sfrontatezza...

Gastone                    - E' semplicemente sublime, signo­rina Clara- (entrando). Eccomi qua.

Clara                         - (sempre agitata) Non entrate!

Gastone                    - (sempre impassibile) Prima entro e poi vado via.

Clara                         - Non ve lo permetto.

Gastone                    - Sono un gentiluomo.

Clara                         - I gentiluomini non entrano dalla fi­nestra.

Gastone                    - Vi sbagliate. Clara. Quando è ne­cessario, si.

Clara                         - Non è necessario.

Gastone                    - Di là sono i cani, v'è il giardiniere, v'è la strada, v'è la gente che passa... Mi avrebbero visto.

Clara                         - Ma siete un uomo strano...

Gastone                    - Non esageriamo! Sono un uomo in­namorato.

Clara                         - Dio, come si può avere tanta audacia!

Gastone                    - Chetatevi. Non avete nulla da te­mere. Ve ne supplico... non siate così cat­tiva.

Clara                         - Se v'ha visto qualcuno...

Gastone                    - Assolutamente nessuno.

Clara                         - Oh, povera me!

Gastone                    - Vi garantisco, assolutamente nes­suno. Ho traversato il giardino carponi, al buio. Quei maledetti roseti... quante spine... A proposito, aveve, di grazia, uno spillo? Guardate, i miei poveri pantaloni!

Clara                         - Sbrigatevi, può capitar qualcuno...

Gastone                    - Ma non riuscite a calmarvi? E' ur­gente che io vi parli e che voi m'ascoltiate con calma. Se non volete che io impazzisca davvero.

Clara                         - Non qui, non qui, vi ripeto. Voi mi stimate dunque così poco da sentirvi autoriz­zato a trattarmi così, a fare simili stramberie.

Gastone                    - (con sincerità) No, Clara. Vi stimo oltre ogni persona cara. Vi giuro che nessuno mai saprà nulla. E' una stranezza, è vero, ma voi m'avete avvelenato. Non capisco più niente. Non so quel che faccio. Sono quindici giorni che v'incontrai al tè in casa de Ro­berti, da quando per la prima volta m'è ap­parsa la vostra figurina di fata ; ricordate, bal­lammo insieme tutta la sera. Ho sentito il vostro alito caldo sul mio viso. Da quel gior­no sento sempre qui, sulla mia spalla, la vostra mano leggera nella danza... qui, a questo punto, guardate. V'assicuro che non ho più pace. Non siete più venuta in casa De Ro­berti, non so dove incontrarvi. V'ho spiata, ho passato delle ore sotto il sole rovente, pas­seggiando innanzi a questo villino misterioso ; sono stato per ore ed ore come in agguato... Vi vedo soltanto al bagno ogni mattina senza potervi avvicinare. E' esasperante... è esa­sperante! Stamane, quando vi son passato vi­cino, avete sorriso; avete arrossito sotto quel­la vostra cumetta deliziosa... Ho sentito in quel momento una gioia immensa, credetemi, un rimescolio indescrivibile... Ho dovuto tuf­far subito la testa sott'acqua, così per ria­vermi. Eppoi, v'ho chiamata... piano, stavo per parlarvi quando è arrivato quel brutto coso nero e lungo e con gli occhiali, che vi portate dietro...

Clara                         - Ma ora che volete, per carità?...

Gastone                    - Voglio dirvi da vicino che v'amo...

Clara                         - (con ansia e con gioia mal celata) Sbrigatevi. E poi?...

Gastone                    - Ripeterveio. Dirvi che ho bisogno di voi...

Clara                         - E poi?

Gastone                    - Vedete, come tutti i bravi inna­morati delle commedie, io mi metto regolar­mente ai vostri piedi.

Clara                         - E poi?...

Gastone                    - Un altro spillo, di grazia... Poi anche voi dovete dirmi che m'amate... Sì. si, è vero. Se dentro di me è un incendio quello che divampa, confessatelo, ditelo che anch'io «on riuscito di lontano ad accendere dentro di voi una fiammella. Una fiammella piccina, piccina, piccina... Non lo negate. Io la vedo come un lumicino passare e ripassare in fondo a quegli occhi trasognati di bambina. Ieri sera, quando con vostro padre stavate ferma al parapetto sul mare e m'avete visto, avete avuto come un leggero sussulto.

Clara                         - (trasognata) E' vero...

Gastone                    - La brezza vi moveva i capelli. Vi erano delle luci sull'acqua. Vi siete stretta a vostro padre come per non lasciarlo e mi avete guardato ancora... Sentite come can­tano... come ieri sera, ricordate! Voglio im­parare questa canzone per cantarla per tutta la vita...

Clara                         - (esterejattd) Ma se ci sorprendono! Papà non immaginerebbe mai... E' così ri­gido, così severo...

Gastone                    - Mi presenterò proprio a lui, gli parlerò.

Clara                         - No, vi scongiuro.

Gastone                    - Sì, debbo parlargli...

Clara                         - E' troppo presto e ora... ora sarebbe un dolore... povero papà... egli sa bene che un giorno dovrò lasciarlo e intanto trema a questo pensiero        

Gastone                    - Ma anch'egli, un giorno, ha pro­curato di questi dolori...

Clara                         - Non voglio. Promettetemi di non far nulla per ora...

Gastone                    - Ma in tal modo...

Clara                         - Andate via, per carità, ho la testa che mi gira, sono come ubriaca.

Gastone                    - Bravissima. Siamo alla pari.

Clara                         - Via. Alzatevi, andate...

Gastone                    - Mi mandate via così... mi scac­ciate !

Clara                         - Sì, vi scaccio; vi scaccio, non voglio che restiate qui neanche un solo istante. Avete perduto il senno...

Gastone                    - (levandosi, tragico) Ebbene me ne vado! Me ne vado cacciato come un cane... Avete il cuore di pietra... Ma che dico! lo avete di piperne... Ma mi vendicherò...

Clara                         - Vendicatevi pure ma uscite subito di qua...

Gastone                    - Domani, tutta Napoli parlerà di me e dell'orribile sciagura. Là, sotto alla vostra finestra, in mezzo ai fiori raccoglieranno, al­l'alba, il mio cadavere...

Clara                         - Non dite sciocchezze!

Gastone                    - Vedrete! Gastone Zinneri, l'unico figlio maschio del conte Zinneri, l'unico erede maschio di uno dei più vistosi patrimoni, a ventitré anni, si è ucciso! Per la più bella fanciulla di Posillipo, ma per la più crudele donna dell'orbe terracqueo... Lui! lui, ricco, giovane, piuttosto bello, con due automobili... uno supersport, l'altro di lusso... con due feudi... uno in Calabria per parte del pa­dre, l'altro in Sicilia da parte della zia, con­tessa Misdèci, morta lasciando tutto al nipote, lui, milionario, lui con nove decimi di no­biltà nelle vene... Dio, Dio, Dio, s'è ucciso! (allontanandosi verso la finestra) Sì, addio, Clara... Me ne vado di dove son venuto, ma questa volta mi butto con la testa giù e i piedi in aria...

Clara                         - (con un grido) Gastone!

Gastone                    - (fermandosi di botto) Gastone? Mi avete chiamato Gastone? (torna indietro, con enfasi). Ecco come con una parola si può sal­vare una vita! Meritate davvero ch'io mi metta di nuovo ai vostri piedi! (s'inginocchia nuovamente. S'ode un campanello).

Clara                         - (atterrita) E' papà che ritorna!

SCENA QUARTA

Detti, miss Kate, poi Girolamo e l'avvocato De Bennis.

Gastone                    - (in ginocchi, tra se) Buona notte!

Gastone                    - (mani e piedi a terra) E' là... un ] topo... sotto il canapè...

Clara                         - (vede la governante, salta su una sedia e strilla) Un topo... ahi... sì, sì... un topo, xin topo...

(La governante salta a sua volta su una se­dia. Nelle due porte a destra compaiono Gi­rolamo e l'avvocato de Bennis. Quest'ultimo, col cappello e il bastone in mano resta im­pietrito).

Clara                         - (continuando) Sotto il divano... che spavento...

Gastone                    - (e. s.) ... il canapè... il topo... Ec­colo là che tenta scappare...

Clara                         - Lo cacci via, signore... lo cacci via!

Gastone                    - Passa via... passa via!

De Bennis                - (accigliato) E' dunque la rivolu­zione nel mio studio...

Gastone                    - Passa via!

Clara                         - Ohi, che spavento!

Gastone                    - Ha girato a destra, eccolo che volta a sinistra... cerca una via di salvezza... E' chiaro che cerca un buco. Non lo trova...

De Bennis                - (irritato) Ma insomma, cos'è questa baldoria?

Gastone                    - Faccia la cortesia di non gridare anche lei altrimenti non vedo più niente!

De Bennis                - (agli altri) Ma... chi è?

Clara                         - Ma... non so... domandava di te... ti cercava.

Gastone                    - Ora cerco il topo.

Clara                         - Sarà un tuo cliente!

Gastone                    - Ha trovato il buco!

De Bennis                - Possibile? Un mio cliente a fac­cia a terra... nel mio studio!

Gastone                    - Non se ne preoccupi, signor avvo­cato. Tanto... stavo lì senza fare nulla, da due ore...

Miss Kate                 - Da due ore?

De Bennis                - (confuso) No, si alzi... Mi per­doni se l'eccessivo spavento, l'eccessiva sensi­bilità di mia figlia, l'hanno costretto, signore, a una cosa... così umiliante in casa mia. Non credevo mai. Ne sono dolente... proprio mol; to dolente!

Gastone                    - (alzandosi) Ma l'ho fatto volentieri, mi creda... spontaneamente...

De Bennis                - Ancora una volta faccio le mie scuse (indicandogli la sedia accanto allo scrit­toio). S'accomodi.

SCENA QUINTA

De Bennis, Clara. Gastone

(Clara siede accanto alla finestra e finge di cucire).

De Bennis                -  (va piano dietro allo scrittoio, siede alla sua poltrona, riordina le sue carte sul tavolo poi a Gastone con gravità) Dica pure... (silenzio). Dica pure...

Clara                         - Se non dò fastidio, papà... permetti ch'io resti qui...

De Bennis                - Resta figliuola mia (a Gastone). Dica pure.

Clara                         - (nervosa) Con un caldo simile, non si può stare che vicino a una finestra spa­lancata...

Gastone                    - (con forzata disinvoltura) Siamo di luglio, signorina. E quest'anno abbiamo una estate addirittura torrida (pausa). Peggiore di quella dello scorso anno (pausa. Poi, con­tinuando imperterrito). Qui, in verità, si è a un passo dal mare. Sebbene, stando a quel che dicono, di notte nelle vicinanze del mare, fa più caldo. Perchè, sempre stando a quel che dicono, la superficie del mare raccoglie e concentra durante il giorno, tanto calore da formare poi come un immenso serbatoio che durante la notte sprigiona lentamente il ca­lore accumulato nel giorno e rende l'aria ancora più tiepida. E' dunque come un gran serbatoio di calore che, di estate, sotto i rag­gi cocenti del sole si carica il giorno e, evi­dentemente, si scarica la notte (pausa). Di­ceva un mio vecchio zio morto, poveretto, molti anni or sono - pace all'anima sua e salute a noi tutti - uomo dotto, probo e che rifuggiva dalla vita rumorosa della città - zio da parte del ramo cadetto della famiglia di mia madre, ramo che sussiste tuttora aven­do egli lasciato cinque figliuoli tutti ammo­gliati e con prole - diceva sempre quel mio povero zio a noialtri ragazzi: « In montagna, in montagna! S'irrobustisce il corpo, l'anima si fa più semplice e l'intelligenza, è incredi­bile, se ne giova, si acuisce!». Lei dice di no?

De Bennis                - Io? Mah!...

Gastone                    - (sempre imperterrito) In montagna, insomma, si è più intelligenti che in città. Io, mi creda, signor avvocato, non sono stato mai in montagna. La campagna ritempra il corpo e la mente dalle grandi fatiche. Cice­rone, dopo di aver salvata la patria in sedi­ci giorni con quel po' po' di vittoria...

De Bennis                - Forse lei parla di Cincinnato...

Gastone                    - Pardon! Confondo sempre Cicerone con Cincinnato. In fondo è la stessa cosa: sono ambedue egualmente grandi... Ebbene, Cincinnato rifiutò i trionfi e gli onori per tornare nel suo piccolo podere (pausa). Oh, i campi... i campi! I contadini, ad esempio, è del resto cosa risaputa, posseggono una acu­tezza tutta loro particolare nel dirigere e nel guardare i proprii interessi. Veda, ce ne sono alcuni che, a mò di dire, con la sola indu­stria dei maiali si creano un patrimonio che prospera in maniera incredibile. Appunto in un terreno di questo mio zio morto, come ho  detto - pace all'anima sua e salute a noi tut­ti - in un suo terreno, Dio, che industria! Quanti maiali! E di razze diverse^.. Quanti maiali! Forse, signor avvocato, l'infastidisco con queste mie chiacchiere?

De Bennis                - No, ma di questo passo, capirà... Ha cominciato col caldo e col mare... è arri­vato ai maiali!

Gastone                    - E' stato per rispondere alla signo­rina...

De Bennis                - Francamente, preferirei ch'ella m'esponesse in modo chiaro-e preciso... di che si tratta, come si sono svolti i fatti...

Gastone                    - - E' semplicissimo. Nel modo più innocente, più ingenuo di questo mondo. Oh, assai più semplice di quello ch'ella ha potuto pensare vedendomi qui, a quest'ora. E' da ridere, mi creda pure, è da ridere! Come si sono svolti i fatti? E chi lo sa! Vi sono cose che si commettono nella vita senza averne lucida coscienza, spinti come da una smania, per uno scopo che è .diventato il fulcro di tutta la propria esistenza, eppoi... come è e come non è, ci si trova in un terribile imba­razzo dal quale, alla fine, o in una maniera o in un'altra, bisogna pure uscirne, non è vero? Io invece sono entrato di là... No, da quella porta perchè avevo Insogno, assolu­to bisogno di parlarle, di confidarmi con lei, di aprire tutto il mio animo perchè mi libe­rasse da questo peso... da questo peso che da quindici giorni mi opprime e nello stesso tem­po mi esalta, quando ad un tratto, un grido di spavento... un topo... il canapè... vedo la signorina spaventata, mi butto a terra, è en­trato lei...

De Bennis                - (seccato) Ma no! Forse non ar­rivo a spiegarmi questa sera... non so... non è questo che ho domandato...

Gastone                    - (ineffabilmente) Oh... non è questo?

De Bennis                - Non è questo che «ni preme sa­pere... Prima di ogni altra cosa, io non so ancora con chi ho il piacere di parlare...

Gastone                    - Oh, stordito che sono! Saranno le angustie nelle quali mi dibatto che mi tengono tanto confuso (s'alza e porge la mano) Ga­stone Zinneri.

De Bennis                - Tanto lieto, stia'comodo, segga.

Gastone                    - ...l'unico figlio maschio del conte Zinneri.

De Bennis                - (ricordando) Il conte Zinneri? Mi pare di aver avuto la fortuna di cono­scerlo tempo fa al Circolo della Caccia.

Gastone .                  - Papà non me l'ha detto né io lo sapevo... Ma le garantisco eh'è tanto conten­to di aver fatto la sua conoscenza.

De Bennis                - Lei è molto gentile...

Gastone                    - Sono per l'appunto l'unico figlio maschio del conte Zinneri che lei ha conosciuto. L'unico erede maschio di uno dei più vistosi patrimoni...

De Bennis                - Complimenti!

Gastone                    - Grazie. Ho ventitré anni. Ho una sorella che ha sposato un capitano di caval­leria che ha residenza a Napoli ma, forse l'entrante mese dovranno tornare a Pinero-lo... Cosa che secca, mi creda... soprattutto a mia sorella. Sa, abituata qui dalla nascita. Ecco, ani fa piacere che, finalmente siamo entrati in argomento.

De Bennis                - (con un sospiro di sollievo) Bravo...

Gastone                    - Mio padre ha un feudo nelle Cala­brie, ma sta sempre a Napoli. Anche lui, come me e come tutti di famiglia, ha sempre odiato la montagna. Io poi posseggo un feudo in Si­cilia da parte della mia zia materna, la de­funta contessa Misdeci, di una delle più an­tiche famiglie della nobiltà siciliana. Eh*, si­gnor avvocato, che cosa triste è la vita!

De Bennis                - Sì, figlio caro, specie quando si ha la disgrazia di non concludere...

Gastone                    - (continuando) Mia zia sposò a di­ciassette anni. L'età giusta, perdio! Ma che presto e presto!... 0 si inette su famiglia o non si mette su famiglia. 0 si è giovani o si è vecchi. 0 si è eternamente bambine o si è donne. Bisogna rassegnarsi: a diciassette anni si è donne! E mia zia, la contessa Misde­ci, sposò a diciassette anni ma ebbe la sven­tura di perdere ben presto il marito. E quello che, a parer mio è più grave, non ebbe in seguito, durante tutta la sua travagliata vedo­vanza, neanche la gioia tanto sospirata di aver dei figliuoli! (Clara, distratta e sempre in orgasmo, fa cadere con un tonfo, una sedia).

De Bennis                - Lo credo bene.

Gastone                    - (con un grosso sospiro) Eh, signor avvocato, che cosa triste è la vita!

De Bennis                - Dunque, se non sbaglio, trattasi di qualche grave questione ereditaria.

Gastone                    - Ma che dice! Mi lasci stare... Io attualmente sono l'unico erede e solo pos­sessore di tutti i beni della defunta mia zia, contessa Misdeci...

De Bennis                - ... che non è morta intestata...

Gastone                    - Questo non lo so, ma certo è che tutto il testamento è a mio unico favore.

De Bennis                - Ma lei ha parlato soltanto di pos­sesso. Vuol dire che sarà sorta qualche con­troversia o contestazione sul diritto di pro­prietà riguardante qualche cespite dell'asse ereditario lasciato dal de cuius? (profondo silenzio).

Gastone                    - ... da chi?

De Bennis                - Dal de cuius (profondo silenzio).

Gastone                    - Scusi, ripeta...

De Bennis                - Dal de cuius.

Gastone                    - Lasciamo andare, signor avvocato, non me ne parli... E' un altro farabutto! C'è l'invidia a questo -mondo... A me, per esem­pio, cosa potrebbe mancare... Eppure... Lei, che è un professionista tanto dabbene, un galantuomo a tutta prova...

De Bennie                - Grazie, ma io sono qui soltanto per ascoltare in che posso esserle utile.

Gastone                    - No, no... Non avrei alcuna ragione per fare dei complimenti.

De Bennis                - Le ripeto che credo appena di essere un onesto professionista...

Gastone                    - E' la verità... la verità...

De Bennis                - E che aspetto di conoscere in che modo posso servirla!

Gastone                    - Ecco, io vorrei esporle in modo brevissimo il mio caso. E' un fatto un po' strano (pausa). Penso però che l'ora un po' tarda... non mi consente... di abusare più della sua squisita cortesia... (si alza) perciò domani...

De Bennis                - (sorpreso, poi concitato) E tutta quella storia che m'ha raccontato? Della qua­le, le giuro, non sono riuscito a raccapezzar­mi... In breve, lei è venuto... m'ha atteso... io le dico che sono a sua disposizione... santo Dio non ci capisco più nulla! (Clara ha smesso di cucire e fa finta di cer­care un libro in uno scaffale).

Gastone                    - Non si agiti tanto...

De Bennis                - Capirà, io ho la sensazione, direi quasi, di essere preso in giro.

Gastone                    - (confuso) E' una sensazione er­rata...

De Bennis                - Se i miei clienti fossero tutti così originali, finirei, credo, al manicomio (sempre più concitato). Si va dall'avvocato, si espone in due parole il proprio caso, si dice <t sono imputato di questo e questo »...

Gastone                    - Ma non so bene di che cosa sono imputato, io!...

De Bennis                - Avrà ricevuto un avviso, un mo­dulo...

Gastone                    - Oh... questo sì!

De Bennis                - Avrà letto per lo meno, lassù; il numero dell'articolo del codice, dell'articolo del quale dovrà rispondere..;

Gastone                    - Ma sì...

De Bennis                - Ricorda almeno questo benedetto

Gastone                    - Ma sì... che lo ricordo!

De Bennis                - Finalmente! Concludiamo, ra­gazzo mio! Ebbene? Dunque?

Gastone                    - L'articolo del quale io dovrò ri­spondere? Ma sì, che lo ricordo... Del codice penale ha detto?.... mi pare... mi pare... Oh, ecco: il 157.

De Bernardi             - (scattando) Violazione di domi­cilio!

Gastone                    - (stordito) Per l'appunto!

(Clara fa cadere con fracasso tutti i libri da uno scaffale).

De Bennis                - (alla figlia) Non mi farai perdere anche tu la pazienza! Sei d'una irrequietezza, stasera... Ti prego... siedi! (a Gastone). E' incredibile ! Non so più se sono io che non comprendo o se è lei, signore, che si per­mette di prendersi giuoco di me. Se non co­noscessi la rispettabilità della sua famiglia... di suo padre...

Gastone                    - (estremamente confuso). Ma se mi ha intontito...

De Bennis                - Ma che intontito! Lei è confuso.,, è disorientato...

Gastone                    - (c. s.) Ma io...

De Bennis                - (incalzando) Non se ne accorge come è impacciato?... Risponda? Non vede che balbetta? Che non sa che dire, che ha accumulato per mezz'ora le chiacchiere più vuote? No, non ci vede chiaro... E' un mi­stero! Se è venuto qui è venuto pure per qualche cosa. Ed ho il diritto di saperlo, io! (sempre più eccitandosi)... il diritto di saper­lo, mi comprende? Il diritto di saperlo! Se io l'ho trovato qui, in questa camera, nel mio studio, è necessario ch'io sappia, che ella mi giustifichi... E' sulle spine! Non so più che pensare... che sospettare...

Gastone                    - Non sospetterà di un ladro...

De Bennie                - Lo vedremo! (chiamando) Gi­rolamo...

Gastone                    - (timido) Scusi... ora mi fa arre­stare?...

De Bennis                - Girolamooo... (improvvisamen­te Clara scoppia in un pianto dirotto, lungo, senza più freno. Inebetito l'avvocato De Ben­nis guarda in giro. Premuroso corre poi dalla figlia). Clara... Clara... figlia mia... ma cosa è... cosa accade stasera?... sei pallida, sconvolta... non far così... non piangere... perchè mai... parla, idimmi... (a un tratto tace. Guarda Gastone che è lì, in un angolo della scena, muto, immobile, col capo chino. Guar­da Clara che continua a singhiozzare. Lungo silenzio. Si avvia lento allo scrittoio con le mani in tasca. Da una scatola prende un mez­zo sigaro; piano lo accende. Poi si pianta nel centro con le braccia incrociate. A sua volta, immobile, fissa a lungo ora l'uno, ora l'altro cacciando grosse boccate di fumo. Si ode bussare alla porta). Avanti!...

SCENA SESTA

Detti - Girolamo

Girolamo                  - (con un inchino. Ha il tovagliolo sul braccio) Il signore avvocato è servito. (Pausa).

De Bennis                - (come scuotendosi) E mi pare che per oggi basti.

Gastone                    - (timido) Se permette...

De Bennis                - (interrompendolo seccamente) Ho detto che mi pare abbastanza.

Gastone                    - Allora... me ne vado...

De Bennis                - Buona sera.

Gastone                    - (timido col cappello tra le mani) Buona sera... Però, glielo avverto, tornerò domattina... Arrivederla.

De Bennis                - Arrivederla.

Gastone                    - (c. s.) Mi perdoni del disturbo (pausa). Arrivederla (pausa). Verrò con mio padre... Buona sera (al momento di andar via). Non ho parole per ringraziarla della cordiale accoglienza... Buona notte (esce).

De Bennis                - (a Girolamo) E tu, rimetti a po­sto quei libri.

Clara                         - (piano, avvicinandosi a lui) Papà...

De Bennis                - (deciso) No, Clara. In certi mo­menti è meglio lasciarmi solo (Clara s'allon­tana, esce).

SCENA SETTIMA

De Bennis - Girolamo

De Bennis                - (camminando in su e giù a Giro­lamo che va rimettendo nello scaffale i libri caduti) E' arrivata la posta?

Girolamo                  - Sissignore.

De Bennis                - Llov'è?

Girolamo                  - E' là, sul tavolo. Vi sono anche dei giornali e un telegramma. Ha telefonato il signor Bernardi. Ha domandato –di lei. Ha detto che domattina verrà di buon'ora... Vuo­le che chiuda?

De Bennis                - No, lascia così.

Girolamo                  - Stamane, appena è uscito, sa chi è venuto, signor padrone?

De Bennis                - Chi...

Girolamo                  - Quel giovane lungo, mingherlino, con una cicatrice alla fronte, che lei difese tanti anni or sono in Corte di Assise.

De Bennis                - Che vuoi che ricordi!

Girolamo                  - Eh!... lo ricordo io! Stavamo an­cora lassù, nella casa antica...

De Bennis                - Ebbene?

Girolamo                  - Era in compagnia di altri due. Deve essergli capitato un altro grosso pa­sticcio. Torneranno domattina. Vuole altro?

De Bennis                - C'è troppa luce qui dentro...

Girolamo                  - (accende una larga lampada elettri­ca con una campana verde ch'e sullo scrit­toio. La scena resta immersa nella penombra. Solo sul tavolo ingombro di carte e di libri ca­de chiara la luce della lampada) Così?

De Bennis                - Sì.

Girolamo                  - Non viene a cena?

De Bennis                - No.

Girolamo                  - Ha bisogno di altro?... Non vuole del caffè?...

SCENA SETTIMA (è scritto SETTIMA e non OTTAVA)

De Bennis - Clara

(De Bennis, seduto dietro lo scrittoio sfoglia delle carte, poi si mette a leggere. Sembra assorto. Clara piano entra, come in punta di piedi; è indecisa. S'avvicina al padre, lo cir­conda con un braccio, appoggia con tenerezza il suo capo con una guancia sul capo di lui. Egli non si muove, continua a leggere).

Clara                         - (sommessa) Sei stanco,.. Poi ti faran­no male gli occhi... (silenzio). Quanti capel­li grigi nelle tempie!... Ti affatichi, ti logo­ri... No, non sei vecchio... (egli, indifferen­te, continua sempre a leggere). Laggiù, nel giardino stamane, quando sei uscito, col tuo vestito chiaro, col tuo passo deciso, sembra­vi ancora un giovanotto. Sono restata alla fi­nestra a guardarti sino alla svolta (silenzio). T'ho addolorato tanto stasera... (altro silen­zio). Ma gli è mancato il coraggio di parlarti. Ti sa tanto severo... Domani tornerà col pa­dre. E' tanto buono... Papà, sarei così felice se non avessi una pena... una pena qui averti turbato. Chi sa che cosa hai pensato.

De Bennis                - (con freddezza, sempre leggendo)

                                 - Dove vi siete incontrati?

Clara                         - (quasi sottovoce) Dai de Roberti……molti giorni or sono.

De Bennis                - (c. s.) E dopo?

Clara                         - (c. s.) ... Al bagno.

De Bennis                - (e. s.) Ab!

Clara                         - Ma è stato sempre così discreto... vo­levo parlartene. Non ho saputo... mi sem­brava, non so... Le altre lo dicono alla mam­ma ma tu... Sai.,, il babbo non è come la mamma!

De Bennis                - (c. s.) Lo so.

Clara                         - Dimmi che non sei in collera. Mi fa male vederti così. Penso a quando ero bam­bina e tu mi prendevi sulle ginocchia e mi di­cevi: « Di, quando sarai grande che farai?». « Voglio stare sempre con te! » rispondevo e ti buttavo le braccia al collo. E tu: « No, quando sarai grande, ti sposerai e andrai via anche tu e il tuo papà resterà di nuovo solo solo...». Ricordi?

De Bennis                - (sempre e. s.) Ricordo.

Clara                         - (spontaneamente, con voce di pianto)

                                 - Vedi, vedi, anche questo mi fa una pena qui... una pena forte, forte, forte... (Col moccichino e si asciuga una lagrima). Ma mi ama davvero, sai, immensamente! Hai visto come è elegante? Come è intelligente?

De Bennis                - A me è sembrato un idiota.

Clara                         - E' milionario...

De Bennis                - Sì... ma idiota.

(Canto del pescatore, lento, lontanissimo, sino alla fine).

Clara                         - Via, smetti di leggere. Vieni. Ho pre­parato come ieri sera, per cenar fuori, sul terrazzo. E' tanto bello: dinanzi a tutto il mare, a tante luci! Sentiremo anche stasera le canzoni… le canzoni lontane. Vedremo anche stasera i pescatori curvi, come ombre, a prua dietro la lampada... Com'è bello, non è vero, babbo? Sembra in quel punto come se l'acqua sorridesse alla luce...

De Bennis                - (tra se) ... e poi... taci Colpiscono nel segno, s'allontanano in silenzio e lasciano tutto buio, tutto tetro dietro di es­si (ha un riso forzato). Come prima, del re­sto...

Clara                         - Papà...

De Bennis                - « Che cosa triste è la vita, signor avvocato! » (ride di nuovo).

Clara                         - Vieni, dunque.

De Bennis                - Non ancora. Quel bel giovane m'ha fatto perdere mezz'ora.

Clara                         - Vuoi che t'aiuti?

De Bennis                - Debbo notare delle faccende per domani...

Clara                         - Prendo l'Agenda? (la cèrea) Eccola (va a sedere dall'altro lato dello scrittoio). Scrivo io... (sfogliando) luglio... luglio... giovedì ventinove luglio.

De Bennis                - Scrivi (passegiando si mette a dettare lentamente). Quarta sezione... Tri-fari contro De Giovanni. (Pausa). Settima appello... parlare col Consigliere relatore. (Pausa). Hai scritto?

Clara                         - Sì, papà.

De Bennis                - (continuando) Memoria alla Se­zione di Accusa... ritirare le bozze. (Improvvisamente si ferma. Come trasognato guarda in giro i drappeggi, i quadri; guarda fuori il mare, il cielo stellato. Poi si crolla nelle spalle con indifferenza di ogni cosa. Ripi­gliando a camminare)'. Via Nilo...

Clara                         - (scrivendo) Quante cose hai da ricor­dare!

De Bennis                - Nella vita occorre pensare a tut­to per tempo. (Entra Girolamo). (De Ben­nis dettando) Via Nilo... centotrentaquattro. (Girolamo ha un moto di dolorosa sorpresa).

Clara                         - (c. s.) Cento...

De Bennis                - (facendo cenno a Girolamo di tace­re) Centotrentaquattro.

Clara                         - (c. s.)    - ... trenta…. Quattro…..

De Bennis                - (fermo - tra sé - come dinanzi a una visione) Terzo piano...

CALA LA TELA