Pesce per quattro

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PESCE PER QUATTRO

di

Wolfang Kohlaase e Rita Zimmer

adattamento di Vittorio Caprioli

Marco Parodi via Perugino 4 tel. 06/3231550 00196 Roma

personaggi:

                          GENNARO, maggiordomo

CHARLOTTE

CLEMENTINA           sorelle

CECILIA

***********

Soggiorno di una villa veneta. S’intravedono il portico ed il giardino. E’ il tardo pomeriggio. Entra Gennaro con una cappelliera ed alcune valigie. Lo segue Charlotte.

CHARLOTTE

Appoggi pure qui, Gennaro. Porti prima le valigie nelle stanze, poi la cesta dei viveri in cucina.

GENNARO

Mi permetto di osservare che la cucina non fa parte delle mie incombenze.

CHARLOTTE

Non è un’incombenza, Gennaro. Qui si tratta solo di affrontare una situazione di emergenza.

GENNARO

E’ troppo per me.

CHARLOTTE

Lei è un uomo robusto, sono sicura che ce la farà.

GENNARO

C’è un caldo umido in cucina. E la dispensa, giù in cantina, è troppo gelida. E poi il vapore. Piegato su pentole e padelle, può cogliermi un colpo d’aria fatale.

CHARLOTTE

Fin quando non arriverà la signora Guzzini, ci accontenteremo di cose semplici, Gennaro. Un buon pesce di lago, per esempio.

GENNARO

Non lo sopporto. Il pesce è l’animale più repellente che esista. Non posso assolutamente toccarlo. Il solo odore mi dà la nausea.

CHARLOTTE

Se desidera un bicchierino di liquore d’erbe, per tirarsi un pò sù, non faccia complimenti. Lei sa dov’è.

GENNARO

Sono quattro anni che bevo da quella bottiglia. Ma prima vorrei sottoporle un progetto.

CHARLOTTE

Proprio ora? Il notaio mi aspetta prima di cena. La situazione del mercato è tutt’altro che allegra, Gennaro. La concorrenza della birra bavarese, di quella sassone, della boema... ci soffoca.

GENNARO

(Cambiando tono) Dovresti riguardarti, Charlotte.

CHARLOTTE

(Guardinga) Io sto benissimo.

GENNARO

La salute, a volte, può andarsene senza che uno se ne accorga. Lo noto su me stesso.

CHARLOTTE

T’ho sentito tossire negli ultimi giorni.

GENNARO

E’ la seconda estate consecutiva.

CHARLOTTE

Però, come passa il tempo!

GENNARO

Eh, già... come passa! Ricordi ancora qualche volta?

CHARLOTTE

Cosa?

GENNARO

Quel nostro maggio, la luna...

CHARLOTTE

Ogni tanto mi capita di ripensarci, e non senza piacere. Anche allora sapevi esprimerti in quel modo così poetico. Sopratutto a proposito del sole. Com’è che tramontava? Rosso-fuoco o rosso-sangue?

GENNARO

Rosso-fuoco.

CHARLOTTE

Giusto.

GENNARO

Dietro una nuvola circonfusa d’oro.

CHARLOTTE

Ora me ne ricordo.

GENNARO

Io ti suonavo il valzer...

CHARLOTTE

Giusto.

GENNARO

Ricordi la nostra prima notte? Clementina e Cecilia erano andate al Ballo degli Albergatori.

CHARLOTTE

Non se ne sono mai accorte.

GENNARO

Ho sempre saputo essere molto discreto.

CHARLOTTE

Più che ovvio, mio caro.

GENNARO

Già, ovvio. Eppure è con dolore che penso a come abbiamo dovuto sfuggire il mondo.

CHARLOTTE

Così ha voluto la natura.

GENNARO

Non la natura, la società, Charlotte! Mio padre era di troppo umile condizione, un povero suonatore di flauto!

CHARLOTTE

Non ci pensiamo più, Gennaro. I sentimenti passano, il lavoro resta. Così è, e bisogna adattarsi.

GENNARO

Io no. Questa situazione mi corrode a morte.

CHARLOTTE

Sentiamo, allora. Di che progetto si tratta.

GENNARO

Di un giro intorno al mondo.

CHARLOTTE

Un giro attorno al mondo? E chi dovrebbe farlo?

GENNARO

Io.

CHARLOTTE

Tu?

GENNARO

E’ un sogno d’infanzia, a lungo accarezzato e rinviato, ma sempre cullato qui nel mio petto. Dopo trent’anni trascorsi in casa vostra, mi sento ora, nella mia vecchiaia, imperiosamente attratto dai beduini, dagli esquimesi, dai papua.

CHARLOTTE

Papua? Cosa sono?

GENNARO

Cannibali.

CHARLOTTE

Secondo me è una cretinata.

GENNARO

Ah!

CHARLOTTE

Ma non ho nessuna intenzione di ostacolarti. L’inverno prossimo cercheremo un giovanotto in grado di fare il tuo lavoro.

GENNARO

Quando ero giovanotto anch’io, Charlotte, e suonavo al pianoforte un certo valzer, tu mi assegnasti, in caso di tua morte, una certa somma.

CHARLOTTE

L’avrai.

GENNARO

Quando partirò?

CHARLOTTE

Quando morirò!

GENNARO

E come vuoi che possa raggiungermi la ferale notizia, se sarò a cullarmi nei Mari del Sud?

CHARLOTTE

Non andare a cullarti laggiù.

GENNARO

Potrebbe darsi il caso che io abbia bisogno ora di quei soldi, per affrontare le spese di viaggio...

CHARLOTTE

E allora dovrai aspettare.

GENNARO

Quando?

CHARLOTTE

Trattandosi di un testamento, dovrai aspettare che io muoia.

GENNARO

Non mi pare un evento imminente.

CHARLOTTE

Lo spero bene. E spero per te che i papua abbiano tempo e voglia di aspettarti così a lungo.

GENNARO

Sono io che non ho più tempo. Renderò le tue sorelle partecipi della situazione. Spiegherò loro che non sono soltanto il domestico Gennaro, ma, in una certa misura, niente di meno che il cognato Gennaro. E allora sarà la famiglia tutta a decidere se è troppo chiedere una piccola somma per la mia vecchiaia.

CHARLOTTE

Dovranno adattarsi a rassegnarsi.

GENNARO

A cosa?

CHARLOTTE

Alle tue rivelazioni.

GENNARO

Non ti spaventa l’idea?

CHARLOTTE

Neanche un pò.

GENNARO

Mi basta il settanta per cento, Charlotte.

CHARLOTTE

(Prima di uscire) Sarà una bella estate.

Anche Gennaro, dopo aver preso la cappelliera e le valigie, esce di scena lentamente. Un attimo di silenzio. Poi entra Cecilia, con in mano una guantiera con dei biscotti, seguita da Clementina.

CLEMENTINA

E brava la mia sorellina!

CECILIA

Questi biscotti sono buonissimi con il the.

CLEMENTINA

Farete tardi?

CECILIA

Dipende dal notaio. Charlotte vuole che metta una mia firma su di una pratica.

CLEMENTINA

La mia non serve?

CECILIA

E’ un atto di cessione di una mia parte di azioni. Non ne capisco niente. Lo sai che è Charlotte che decide.

CLEMENTINA

Ed è bene che sia così.

Entra Gennaro a servire il the.

GENNARO

Il the è pronto, signorine.

CLEMENTINA

Non potremmo spostare quel pianoforte, Gennaro? Forse più vicino alla porta...

GENNARO

Ai suoi ordini, signorina Clementina. Faccio tuttavia osservare che è già stato lì otto anni fa, e che l’illuminazione era tale da impedire alla signorina la lettura delle note.

Entra Charlotte, pronta per uscire.

CLEMENTINA

E se lo spostassimo accanto alla finestra?

GENNARO

Lì era undici anni fa. Ma dal giardino, attraverso la finestra, penetrava dell’umidità che nuoceva alle tonalità basse.

CHARLOTTE

Clementina, penso che potremo farne a meno.

CECILIA

Andiamo, Charlotte, che facciamo tardi.

Escono. Una pausa. Gennaro è immobile e guarda Clementina.

GENNARO

Sto crepando, Clementina.

CLEMENTINA

Ti prego, Gennaro, non mi spaventare!

GENNARO

Tu puoi salvarmi.

CLEMENTINA

Mi fai paura.

GENNARO

Per tutti i nostri baci.

CLEMENTINA

Oh, Gennaro...

GENNARO

Per tutto ciò che di noi la luna allora illuminava...

CLEMENTINA

Ma Gennaro!

GENNARO

E anche il sole...

CLEMENTINA

Cosa posso fare per te, Gennaro?

GENNARO

I soldi, mia cara.

CLEMENTINA

Quali soldi?

GENNARO

I miei. Quella piccola parte dei tuoi soldi che mi devi.

CLEMENTINA

Non ti capisco.

GENNARO

In quelle ore della nostra felicità, tu avesti la generosità di pensare a me con una clausoletta del tuo testamento, a me che nulla possedevo se non l’adorazione che avevo per te. Era una piccola, ma fondamentale garanzia per la mia vecchiaia. Adesso dovresti anticiparmi quella somma, o una gran parte di quella somma, o almeno la metà di quella somma. Quando affondo lo sguardo nei tuoi occhi luminosi e dolcissimi, non dubito che lo farai.

CLEMENTINA

Ma dove vuoi andare, Gennaro?

GENNARO

Dopo quasi trent’anni di massacrante lavoro in questa casa, mi propongo, con le poche forze che mi avanzano, di fare, per così dire, un colpo di testa.

CLEMENTINA

E cioè?

GENNARO

Un viaggio intorno al mondo!

CLEMENTINA

Oh Gennaro, un viaggio intorno al mondo?

GENNARO

Sì.

CLEMENTINA

E’ un’idea bellissima.

GENNARO

In treno fino al mare. E poi via, su un tre alberi, lontano...

CLEMENTINA

Senza di me?

GENNARO

Come dici?

CLEMENTINA

Oh! Te ne sei dimenticato! Ventitré anni fa volevamo fuggire noi due, tu e io. Andare a Roma per sentire i rintocchi delle campane. Poi a Napoli e salire insieme sul Vesuvio per vedere sullo sfondo del mare i raggi, rossi come il fuoco, del sole calante. Eri tu che lo dicevi.

GENNARO

E’ vero, Clementina. Volevamo amarci nelle barche illuminate dalle fiaccole dei pescatori, accompagnati dalla vellutata carezza della notte.

CLEMENTINA

Sì, Gennaro.

GENNARO

E andarcene verso isole lontane seguendo il dolce suono dei mandolini...

CLEMENTINA

Sì, Gennaro.

GENNARO

...fino in Africa.

CLEMENTINA

Sì, Gennaro.

GENNARO

Non ho dimenticato niente, Clementina. Senza di te come ora vuole il destino, non sarà affatto così bello.

CLEMENTINA

Dici sul serio?

GENNARO

Te lo giuro, neanche un decimo di quella soddisfazione.

CLEMENTINA

E allora non sarà poi così grave.

GENNARO

Per te?

CLEMENTINA

No, per te.

GENNARO

Perchè?

CLEMENTINA

Perché non posso darti quei soldi, Gennaro.

GENNARO

Ah.

CLEMENTINA

Lo sai che sono tutti investiti nella fabbrica di birra. E per la birra, dice Charlotte, il momento è difficile.

GENNARO

Ho un’idea abbastanza esatta della situazione economica: la vostra birra va a gonfie vele.

CLEMENTINA

E’ Charlotte che bada agli affari...

GENNARO

Non hai pietà, Clementina.

CLEMENTINA

E’ lei che ha in mano tutto.

GENNARO

Pretendi la tua parte!

CLEMENTINA

Mi ha sempre trattata come la più piccola, per tutta la vita. Tutti mi hanno sempre trattato come la più piccola...

GENNARO

Io mai, Clementina.

CLEMENTINA

Oh, Gennaro... Non posso darti quei soldi. Però...

GENNARO

Però cosa?

CLEMENTINA

Non oso quasi pensarci. E se invece...

GENNARO

Come pensi di salvarmi, Clementina?

CLEMENTINA

Se venissi via con te?

GENNARO

Troppo tardi, Clementina. Io sono un uomo che vuole andare in giro per il mondo per scoprire la solitudine. Mi voglio scuotere, per così dire, il passato di dosso. E poi non ho nessuna intenzione di sentirmi cigolare il materasso accanto!

CLEMENTINA

(Risentita) Io Le proibisco questo tono, Gennaro!

GENNARO

La prego di scusarmi, signorina Clementina.

CLEMENTINA

Pensi forse che avessi intenzione di venire davvero? Ho solo voluto saggiare i tuoi sentimenti. Per scoprire che non ne hai. Ma non venire, per favore, mai più a parlarmi del mare di Napoli. E mai più del mio testamento. Mai più. Hai capito?

GENNARO

Vuol dire che ne parlerò alle tue sorelle.

CLEMENTINA

Di cosa?

GENNARO

Di tutto. Racconterò loro la nostra peccaminosa storia. La storia della relazione fra la piccola Clementina e il suo domestico Gennaro.

CLEMENTINA

No!

GENNARO

E invece sì.

CLEMENTINA

Gennaro, ne morirò!

GENNARO

E allora pensa a come darmi i soldi.

CLEMENTINA

Pensare che avevo tanta fiducia in te! Muoio di vergogna!

GENNARO

Ti dò un pò di tempo per pensarci, Clementina.

Clementina esce irritata.

Il pendolo comincia a scandire le ore. E’ mezzanotte.

Entra Cecilia.

GENNARO

(Sorprendendola) Buonasera, Cecilia!

CECILIA

Oh, Gennaro! Mi ha spaventata! Avevo dimenticato i cioccolatini sul pianoforte. Me li ha regalati il notaio. E’ sempre così gentile. (Con tono malizioso) Perché non sei venuto nella mia stanza? Pensavo che saresti venuto a trovarmi, come una volta, per dirmi che sono bella. Che sono la tua bella padroncina, e che la mia vicinanza ti turba come quella prima volta. E che mi vuoi regalare la luna oppure anche il sole che, in una nuvola circonfusa d’oro, tramonta rosso come il sangue.

GENNARO

Non come il sangue. Come il fuoco.

CECILIA

Come dici?

GENNARO

Ho detto come il fuoco.

CECILIA

Macché, come il sangue.

GENNARO

Me ne ricordo benissimo; l’espressione che usavo era: rosso come il fuoco.

CECILIA

Come il sangue, Gennaro. Ho conservato tutto nella mia memoria. E proprio oggi me ne sono ricordata.

GENNARO

In quei giorni, cara Cecilia, tu avesti la bontà di assegnarmi per testamento un piccolo vitalizio. Sono venuto per parlarne.

CECILIA

Vuoi un aumento?

GENNARO

Non sono così irragionevole.

CECILIA

E allora?

GENNARO

Un anticipo.

CECILIA

Hai il tuo stipendio.

GENNARO

Non più se lascio questa casa.

CECILIA

Lasciare questa casa? Dici sul serio? Ma dove pensi d’andare?

GENNARO

In giro per il mondo. Alla ricerca di un clima mite.

CECILIA

E vuoi farlo con i miei soldi?

GENNARO

Se permetti con i miei.

CECILIA

Ed io ad illudermi che tu venissi nella mia stanza a dirmi che sono bella! Che i lobi delle mie orecchiette, qual petali di rose e vellutati come pesche, ti stravolgono!

GENNARO

Dici bene, Cecilia.

CECILIA

Non sono più una ragazzina, è vero; ma proprio oggi mi son venute in mente tante cose. Bei ricordi. Legati anche a te. Che ore estenuanti abbiamo passate insieme.

GENNARO

A chi lo dici.

CECILIA

Hai preso in considerazione la possibilità che io non possa darti quei soldi?

GENNARO

Mai, Cecilia.

CECILIA

Sai pure che tutto quello che ho è birra. Voglio dire è tutto investito nella fabbrica che Charlotte dirige. Non ho mai visto soldi veri in vita mia.

CECILIA

Nemmeno al capitano Von Sundmann ho potuto prestare quell’insignificante somma che avrebbe fatto la sua e la mia felicità. Ricordi come andava a cavallo?

GENNARO

Non lo voglio  ricordare.

CECILIA

La schiena dritta, come un fuso! E che naso! Charlotte non ha voluto che lo sposassi. Persino Clementina, con tutto che fosse solo una bambina, gli faceva la corte.

GENNARO

A me interessa solo la mia parte di soldi.

CECILIA

Sai che sono una donna debole: per questo te ne approfitti.

GENNARO

Io ti costringerò, Cecilia.

CECILIA

Apri l’armadio, Gennaro.

GENNARO

No.

CECILIA

Non vuoi evocare con me i nostri dolci ricordi?

GENNARO

No.

CECILIA

Apri quell’armadio!

GENNARO

Ci potrebbero sentire.

CECILIA

Sai benissimo che quando dormono sono due ghiri. Aprilo.

GENNARO

E va bene.

CECILIA

L’elmetto è a sinistra: prendilo.

GENNARO

No.

CECILIA

Non rammenti più come so premiare chi mi ubbidisce?

GENNARO

Non ho più voglia di giocare. (A malincuore prende l’elmetto dall’armadio).

CECILIA

Mettilo.

GENNARO

Se non parto quest’estate, sono finito.

CECILIA

Stai diritto e infilatelo.

GENNARO

(Esegue) Voglio un impegno preciso che avrò i miei soldi entro quattro settimane.

CECILIA

Sali su quello sgabello. Lui era più alto.

GENNARO

Voglio una garanzia scritta.

CECILIA

Comincia, Gennaro. La prima frase.

GENNARO

Ma non ne ho voglia!

CECILIA

Ti prego...

GENNARO

L’ho dimenticata.

CECILIA

(Suggerendo) “Giammai...”

GENNARO

Giammai...

CECILIA

Giammai nella mia vita di soldato...”

GENNARO

(Controvoglia) Giammai nella mia vita di soldato mi era occorsa la ventura d’incontrare una fanciulla di leggiadria pari alla vostra, mademoiselle Cecilia... Se non avrò quei soldi, sono capace di tutto.

CECILIA

Avanti, Gennaro, la frase successiva.

GENNARO

Due sentimenti colmano il mio cuore: il mio onore di soldato e ciò che di sublime provo per voi, mademoiselle Cecilia.

CECILIA

Ora mi devi baciare. Qui ho detto. E mettimi la mano qui... Lo sai pure che lui teneva la mano qui.

GENNARO

Ma smettila! Io solo ho messo la mano qui. Per vent’anni sono stato io, sempre io, solo io.

CECILIA

Ma lui l’ha messa qui per primo.

GENNARO

Se non avrò i miei soldi, farò una pazzia!

CECILIA

Vergognati, Gennaro. Togliti subito quell’elemetto, e scendi dallo sgabello.

GENNARO

(Esegue) Potrei, per esempio, raccontare alle tue sorelle della nostra relazione.

CECILIA

E’ un pensiero orribile.

GENNARO

E’ un espediente dettato dal bisogno.

CECILIA

Lui, Von Sundmann, non l’avrebbe mai fatto.

GENNARO

Io invece sì. Benché ridotto male, ho una volontà di ferro.

CECILIA

Gennaro, sei un mostro.

GENNARO

E’ sufficiente che tu firmi una cambiale. Prima che Charlotte se ne accorga, sarò partito.

CECILIA

Levati dai piedi, ti ho detto! Sei un mostro insopportabile!

GENNARO

Come desidera lei, signorina Cecilia. (Esce)

Si sente il rumore della pioggia, che ha preso a cadere sempre più scrosciante e commenterà la dissolvenza con la scena seguente.

Clementina lavora a maglia. Cecilia la raggiunge.

CLEMENTINA

Io ho sempre pensato che Gennaro sarebbe sopravvissuto a tutte noi tre.

CECILIA

Lo pensava anche lui. Ora però lo vedo messo male.

CLEMENTINA

Che tristezza.

Gennaro entra con il vassoio della colazione.

GENNARO

La colazione è servita!

CECILIA

Grazie, Gennaro.

CLEMENTINA

Grazie. Potete andare, Gennaro.

GENNARO

Certamente.

Gennaro, uscendo, incrocia con Charlotte che arriva trafelata con il giornale in mano.

CHARLOTTE

Avete letto il giornale? La scorsa settimana si è verificato a Castelfranco Veneto un misterioso decesso. Una signora, vedova d’un funzionario postale, è morta improvvisamente durante la notte, senza che avesse in precedenza rivelato sintomo alcuno di malattia. Si sospetta che sia stata avvelenata. In mancanza di più precisi indizi, tuttavia, le autorità locali di polizia hanno archiviato il caso.

CLEMENTINA

Poverina!

CECILIA

Ecco come: il veleno! Bisognerebbe avvelenarlo!

CLEMENTINA

Chi bisognerebbe avvelenare?

CECILIA

Mah, così... dicevo per dire... un pericoloso malvivente!

CLEMENTINA

Ma è orribile, Cecilia!

CHARLOTTE

E non così semplice, mia cara, sia sotto il profilo morale che sotto quello pratico.

CECILIA

Beh, piano piano...

CLEMENTINA

Piano cosa?

CECILIA

Un pizzico qua, un pizzico là.

CHARLOTTE

Mie care, non mi pare che questo sia un tema adatto a tre signore della buona borghesia come noi. Sopratutto per te, Clementina. Tu sei la più giovane, bambina mia.

CLEMENTINA

Sono stufa di essere la più giovane.

CECILIA

Comunque il veleno è il mezzo più sicuro.

CHARLOTTE

Dici sciocchezze, naturalmente, mia cara. Il veleno è un mezzo antiquato.

CECILIA

Antiquato ma sicuro.

CHARLOTTE

E lascia tracce che si possono poi scoprire.

CECILIA

E allora dimmi tu: quale sarebbe il sistema più sicuro?

CHARLOTTE

Posto il caso che io dovessi sbarazzarmi d’un “pericoloso malvivente”, e che per ovvii motivi di ritegno e di pudore non potessi rivolgermi ai rappresentanti della legge, farei in modo di liquidarlo mediante un fulmine.

CLEMENTINA

Del cielo?

CHARLOTTE

E di dove se no, mia cara? Abbiamo il parafulmine. Basterebbe collegare l’aggeggio, con un filo di ferro, a una sedia metallica del tipo di quelle che abbiamo fuori sulla veranda. Il rotolar di lontani suoni annuncia il momento in cui lo scellerato deve prendere posto sulla sedia, con la scusa di fargli bere l’ultima tazza di the. Tutto il resto è nelle mani di Dio.

CLEMENTINA

E’ commovente, Charlotte. Non si finisce proprio mai d’imparare. Mi par proprio un sistema più bello del veleno.

CHARLOTTE

E più moderno.

CECILIA

Ma se poi brucia la casa?

CHARLOTTE

Basta collegare, con un secondo filo di ferro, la sedia al parafulmine, così che la folgore possa eventualmente di nuovo andarsene di dov’è venuta.

CECILIA

E se non vuole più andarsene? Mettiamo il caso che si abbatta sulla veranda con colossale violenza e che non lo si possa più controllare.

CHARLOTTE

Ho l’impressione che tu voglia litigare, Cecilia.

CECILIA

Con te non si può discutere. Non ammetti mai obbiezioni.

CHARLOTTE

Le tue obbiezioni non sono altro che l’espressione di quel tuo sempre irritante e assai poco originale spirito di contraddizione.

CECILIA

D’accordo. Sono poco originale. E se non vengono più temporali?

CHARLOTTE

Se non vengono più temporali io non ammazzo, mia cara.

Si sente tossicchiare: è Gennaro che è entrato senza che nessuno se ne sia accorto.

CHARLOTTE

Ah, ancora lei, Gennaro.

GENNARO

Una nebbia bianca e fredda si leva dal giardino. Chiudo la finestra.

Va verso la finestra, la chiude e si avvia per uscire.

GENNARO

Se le loro signore avessero ancora bisogno di me, sono nella mia stanza. (Esce).

CLEMENTINA

M’è venuta un’idea per quest’inverno. Si potrebbe infilzare il soggetto con un ghiacciolo.

CHARLOTTE

Vergognati, Clementina!

CLEMENTINA

Quello poi si scioglie e sparisce. Sarebbe un sistema perfetto.

CECILIA

Io resto del mio parere: il veleno dà maggiore affidamento. Non bisogna dipendere dalla stagione e dai temporali, aspettare che tuoni o che geli. E poi colpisce soltanto lo stomaco, e non tutta la casa.

CLEMENTINA

Oppure un ferro da calza piantato nel cuore; fa solo un buchetto piccolissimo.

CHARLOTTE

Clementina, non mi va proprio che tu abbia idee così brutali.

CLEMENTINA

Oppure scaraventare il soggetto da uccidere in mare. Attraverso la botola aperta nel fondo di una barca. Quello affonda, lontano dalla terra ferma, i polipi e i granchi lo trascinano giù verso abissi sempre più oscuri, il suo grido è soltanto una bolla d’aria, e l’eventuale rimorso insorge troppo tardi. Lei, la ragazza, è ormai lontana, sulla terra, dove suonano i mandolini. Distoglie lo sguardo mentre le alghe sigillano gli occhi di lui, ormai senza vita, così che mai più riveda il golfo di Napoli, mentre il sole tramonta rosso come il fuoco.

CHARLOTTE

Hai una sorprendente fantasia, mia cara. Come mai ti viene in mente proprio il golfo di Napoli?

CLEMENTINA

Perché è così lontano. Una volta mi è capitato di leggere una poesia che ne parlava. Cominciava così: “Nel golfo di Napoli accadono i miracoli...”

CECILIA

E il sole rosso come il fuoco, come t’è venuto in mente?

CHARLOTTE

Appunto, come?

CLEMENTINA

Ma non è così quando tramonta?

CECILIA

Sono comunque stupita.

CHARLOTTE

Perché ti stupisci?

CECILIA

E come mai ti stupisci tu?

CHARLOTTE

Io non mi stupisco affatto.

CECILIA

E allora perché hai detto: “Appunto, come”?

CHARLOTTE

Lo contesto, mia cara.

CECILIA

Non è possibile che tu mentisca così spudoratamente, Charlotte. Clementina, tu l’hai sentita?

CLEMENTINA

Non so nemmeno perché litigate. E perché il sole non dovrebbe tramontare rosso come il fuoco!

CHARLOTTE

Giustissimo, mia cara. E’ un’immagine comunissima. L’ho sentita dire spesso.

CECILIA

Io ad ogni modo mi rifiuto di credere che un buon omicidio, la cui esecuzione sia affidata ad una signora, possa essere compiuta meglio che col  veleno.

CLEMENTINA

Non volermene, Cecilia, ma gradirei che tu e il tuo veleno rimaneste fuori dalla mia storia.

CHARLOTTE

E con che cosa vorresti preparare quella tua misteriosa bevanda? Non mi pare che tu ti sia mai occupata di simili intrugli.

CECILIA

Estratto di straminio. Succo di belladonna.

CHARLOTTE

Sì, e chiacchiere di beghine.

CECILIA

Basta informarsi.

CHARLOTTE

E chi s’informa, mia cara, lascia tracce e testimoni.

Entra Gennaro.

CECILIA

Si può sapere perché non bussa prima di entrare, Gennaro?

GENNARO

Se mi è consentito, vorrei portar via le tazze.

CHARLOTTE

Faccia pure. Com’è il cielo, Gennaro?

GENNARO

Buio.

Prende la guantiera e fa per andarsene.

CHARLOTTE

A proposito, abbiamo ancora dell’arsenico nell’armadietto dei medicinali?

GENNARO

Mi permetto di dire di no. Ho sgomberato l’armadietto dei medicinali lo scorso autunno, per rinnovarne il contenuto. La signorina Clementina è stata così gentile da aiutarmi, e lei stessa ha gettato via quant’era rimasto.

CLEMENTINA

Era una polvere bianca in una bottiglietta blu, vero?

GENNARO

Sì, signorina, e ora non c’è più.

CHARLOTTE

Eppure abbiamo bisogno di qualcosa contro i topi in cantina.

GENNARO

Quest’anno non ci sono topi in cantina.

CECILIA

Ne è sicuro?

GENNARO

Sicurissimo.

CLEMENTINA

I topi si moltiplicano in maniera spaventosa e si annidano negli angoli più segreti.

GENNARO

Tutti gli angoli sono stati verificati.

CHARLOTTE

Gennaro, ci sono sempre dei topi in cantina!

GENNARO

Nel nostro caso, no. Ma se mi consente di dire: come preferisce lei, signorina Charlotte.

CHARLOTTE

E allora quando ci andrà, comperi dell’arsenico in farmacia.

GENNARO

Lo farò.

CHARLOTTE

E badi a come maneggerà quella roba!

GENNARO

So come farlo.

Fa per andarsene.

CHARLOTTE

Per tirarsi un pò su, prenda un bicchierino di liquore. Lo teniamo solo per lei...

Charlotte si alza, si avvicina all’armadietto dei liquori, lo apre, prende una bottiglia e un bicchiere, versa il liquore e si avvicina a Gennaro.

CHARLOTTE

... e’ un estratto di arance e biancospino, per l’attivazione dello stomaco e del fegato. Prodotto dalla distilleria “Arrivabene” di Asiago.

Gennaro posa la guantiera che ha in mano, beve.

GENNARO

Alla salute di lor signore.

CHARLOTTE

Ragazze, che ne direste di una partita a ramino? Gennaro, per favore, prepari il tavolo da gioco.

GENNARO

Sì, signorina Charlotte. (S’inchina ed esce)

CHARLOTTE

Un pò di svago talvolta non fa male.

CECILIA

Ottima idea.

CLEMENTINA

Ho proprio voglia di distrarmi un pò.

Un tuono più forte degli altri accompagna la dissolvenza sulla scena seguente.

Entra Clementina. E’ in camicia da notte e con un lume in mano. Si muove con circospezione, si avvicina all’armadietto dei liquori e lo apre.

GENNARO

Alt! Chi è là!

CLEMENTINA

Dio mio, mi avete spaventata! Sono io, Clementina. Cosa ci fate qui, Gennaro, con quella lanterna in mano?

GENNARO

Il temporale ha fatto andar via la luce, e stavo facendo un giro di controllo. Chiedo scusa, se vi ho spaventata.

CLEMENTINA

Non riesco a dormire.

GENNARO

Io dormirei come un ghiro, se non avessi dovuto controllare ancora casa e giardino. Sono molto stanco.

CLEMENTINA

Ho bisogno di un sonnifero.

GENNARO

Ma quello è l’armadio dei liquori.

CLEMENTINA

Sono tutta confusa...

GENNARO

L’armadietto delle medicine è questo. (Lo apre).

CLEMENTINA

C’è qualcosa che faccia al caso mio?

GENNARO

Mi sono permesso di prendere in farmacia, fra l’altro, della valeriana. Ecco la bottiglia. (La prende) A proposito, attenzione a quella bottiglietta azzurra. E’ arsenico. Un pò di zucchero?

Estrae con una pinza d’argento una zolletta dalla zuccheriera, e l’imbeve con alcune gocce di valeriana.

CLEMENTINA

Grazie.

GENNARO

Ne hai ancora di quelle pillolette dello scorso anno? Non dirmi che non ne hai conservate. Con tutte le tue scatole e scatolette...

CLEMENTINA

Non parlare così forte.

GENNARO

Un sorso d’acqua?

CLEMENTINA

Oh, sì!

Gennaro versa dell’acqua dalla caraffa in un bicchiere.

GENNARO

Prego!

CLEMENTINA

Grazie.

GENNARO

Non dimenticherai, vero Clementina, quel nostro discorsetto dell’altra sera? Per me è stato un colloquio d’importanza fondamentale... Quello al termine del quale ci siamo lasciati fra contrastanti sentimenti: ma con una certa promessa... ricordi? Ci hai pensato?

CLEMENTINA

Sì.

GENNARO

E non mi deluderai?

CLEMENTINA

No.

GENNARO

Sai già come fare? Voglio dire: come mettere le mani su quei soldi?

CLEMENTINA

Non ancora. Ora vado a dormire. (Si avvia).

GENNARO

Pensaci. La mia esistenza è nelle tue mai.

CLEMENTINA

Buona notte.

GENNARO

Ti concedo ancora tre giorni.

CLEMENTINA

Buona notte, Gennaro.

GENNARO

Tre giorni non di più.

Clementina esce, seguita da Gennaro che ha prima chiuso l’armadietto dei medicinali. Dopo un istante, appare Charlotte, con un lume in mano. Va verso l’armadietto, lo apre, preleva una bottiglietta azzurra. Poi va verso l’armadio dei liquori e prende una bottiglia: versa frettolosamente un pò di polvere nel liquore.

CLEMENTINA

Che stai facendo, Charlotte?

CHARLOTTE

(Rimettendo tutto a posto) E tu che fai in piedi a quest’ora, Clementina?

CLEMENTINA

Non riesco a dormire... e volevo vedere se c’è del sonnifero nell’armadietto. Forse valeriana... Aiuto... lì, la finestra!

CHARLOTTE

Chi è là!

GENNARO

Sono io.

CHARLOTTE

Che sta facendo?

GENNARO

(Da fuori) Sorveglio.

CHARLOTTE

Cosa fa ancora in giro, quello lì?

CLEMENTINA

E tu che fai? Un bicchierino, a quest’ora?

CHARLOTTE

Chiudi l’armadietto dei medicinali. (Clementina esegue).

GENNARO

(Entrando) Chiedo scusa. Stavo facendo un giro di controllo, quando ho visto la luce.

CHARLOTTE

Non dovrebbe restare alzato così tardi, Gennaro.

GENNARO

Verso sera ho notato due vagabondi passare lungo lo steccato. Un pò più tardi ho sentito il grido d’una civetta. Se mi è consentito, oserei dire che è una combinazione che non mi piace.

CHARLOTTE

Non so proprio se una deve spaventarsi più per due vagabondi qualsiasi o per lei che compare come un fantasma. Clementina ha bisogno di un sonnifero.

GENNARO

(Impassibile) Suggerirei alcune gocce di valeriana, su una zolletta di zucchero.

Prende la valeriana dall’armadietto dei medicinali, ne versa alcune gocce su una zolletta. Porge il tutto a Clementina.

GENNARO

Prego, signorina Clementina.

CLEMENTINA

Grazie.

GENNARO

Gradirebbe un bicchier d’acqua?

CLEMENTINA

E’ una buona idea.

Gennaro riempie un bicchiere e lo porge a Clementina.

GENNARO

Prego, signorina Clementina.

CLEMENTINA

Grazie.

CHARLOTTE

Adesso ti addormenterai certamente, mia cara. E allora, buona notte, Gennaro.

CLEMENTINA

Buona notte.

GENNARO

Buona notte, signorine. Auguro loro un buon riposo.

Le sorelle si avviano verso le camere. Gennaro le segue. Si sentono dei passi. Appare Cecilia, in camicia da notte e con un lume in mano. Va verso l’armadio dei medicinali, poi verso quello dei liquori: versa la polvere bianca in una bottiglia, la agita. Rimette ogni cosa a posto, in tempo per non essere sorpresa da Clementina che arriva per la terza volta.

CLEMENTINA

Chi è là!

CECILIA

Sono Cecilia!

CLEMENTINA

Cosa cerchi nell’armadietto dei liquori?

CECILIA

Che ci faccio? Niente. Volevo solo mangiare un cioccolatino. E’ proibito, forse?

CLEMENTINA

E come mai hai la bottiglietta dell’arsenico in mano?

CECILIA

Arsenico? Per l’amor del cielo! Mettiamola via subito!... E tu, perché non dormi?

CLEMENTINA

Non riesco a dormire. Continuo a rigirarmi nel letto, e così sono venuta a prendere un sonnifero. Hai visto Gennaro?

CECILIA

Gennaro? Quello è certamente a letto e sogna l’Africa a occhi chiusi.

CLEMENTINA

(Sbadigliando) L’Africa? E come mai?

CECILIA

O l’Australia... o come si chiama... quel paese dove i maiali si arrampicano sugli alberi...

Improvvisamente appare Gennaro con la solita lanterna in mano.

CECILIA

Gennaro!

CLEMENTINA

Ancora voi, Gennaro!

GENNARO

Facevo il mio giro di controllo e ho per caso sentito pronunciare il mio nome.

CECILIA

Pensavamo che fosse già a letto. Parlavamo di lei così, “en passant”...

GENNARO

Lo supponevo.

CECILIA

Siamo ancora in piedi perché Clementina ha bisogno di un sonnifero.

GENNARO

In tal caso consiglierei della valeriana.

CECILIA

Vedrai che ti aiuterà, Clementina.

Gennaro va verso l’armadietto e lo apre.

GENNARO

Con una zolletta di zucchero?

CLEMENTINA

(In tono spento) Sì.

GENNARO

E un sorso d’acqua per togliere il sapore?

CLEMENTINA

Sì, prego, tanta acqua... (Con voce addormentata) Ma perché continua a fare i giri di controllo, Gennaro?

GENNARO

(Porgendole il bicchiere) Come ebbi già modo di spiegare, ho notato al tramonto due uomini che fissavano questa casa.

CLEMENTINA

Ah, già. Ecco perché non riesco a prendere sonno.

CECILIA

E tu che ne sai?

CLEMENTINA

Me lo ha detto Gennaro.

GENNARO

E’ la terza volta, ormai, che la signorina Clementina viene a prendersi un sonnifero.

CECILIA

Un’insonnia incredibile. Bene. Allora, buona notte.

GENNARO

Buona notte, signorina Cecilia. E anche a lei, signorina Clementina, auguro buon riposo.

Cecilia e Clementina escono. Clementina è alquanto impacciata nei movimenti. Anche Gennaro esce. Poi si sentono dei passi: Clementina, per la quarta volta, si avvicina barcollando, semiaddormentata, all’armadio dei liquori. Dall’angolo più buio del soggiorno risuona la tosse di Gennaro.

CLEMENTINA

Oh Dio!

GENNARO

Cerchi per caso della valeriana, Clementina?

CLEMENTINA

(Farfuglia) Sì.

GENNARO

Ma quello è l’armadio dei liquori.

CLEMENTINA

Sì.

GENNARO

Hai bisogno di un liquorino?

CLEMENTINA

(Abbandonandosi su una sedia) Ma non sei stanco, tu?

GENNARO

Un bicchierino di quel liquore che è lì solo per me?

CLEMENTINA

Sì.

Gennaro va verso l’armadio e riempie un bicchierino fino all’orlo. Quando si avvicina alla sedia, però, Clementina dorme. Appoggia il bicchiere sul tavolo e l’osserva.

GENNARO

Signorina Clementina! Clementina. Non puoi restartene qui così, ciccina mia.

Lei dorme profondamente. Lui tossisce forte. Lei si sveglia di soprassalto e si avvia, declamando:

CLEMENTINA

Ambarabà ciccì coccò

tre civette sul comò

che facevano l’amore

con la figlia del dottore

il dottore le ammazzò

ambarabà ciccì coccò.

Poi sparisce. Gennaro prende il bicchiere che aveva poggiato sul tavolo.

GENNARO

Vorrà dire che il “liquorino” me lo bevo io. Alla salute di lor signore. (Beve).

Stacco. Il giorno dopo. Arriva dal giardino il cinguettìo degli uccelli.

CECILIA

Che pranzo! Quel luccio era una meraviglia!

CHARLOTTE

Ecco il vantaggio di avere un laghetto nelle vicinanze. (Chiama) Clementina!

CECILIA

Gennaro, invece, dopo averlo cucinato, non ne vuole mangiare. Lo compatisco.

CHARLOTTE

Davvero. Clementina!

CLEMENTINA

(Da fuori) Sì.

CHARLOTTE

Che stai facendo?

CLEMENTINA

Vengo subito.

CHARLOTTE

Portami una bustina di bicarbonato. E’ in cucina.

CECILIA

E quella salsa al vino bianco!

CHARLOTTE

Molto appetitosa. Forse un pò pesante.

CECILIA

E quel ripieno a base di alloro!

CHARLOTTE

Ce n’era un pò troppo per i miei gusti.

CECILIA

Era proprio l’alloro che dava quel gusto piccante. Una ricetta stupefacente: un luccio ripieno di un altro luccio.

CHARLOTTE

Però c’era troppo alloro. (Entra Clementina) Clementina, si può sapere cosa facevi di là?

CLEMENTINA

Niente. Guardavo.

CHARLOTTE

Cosa?

CLEMENTINA

Gennaro, là in  fondo al giardino.

CHARLOTTE

Gennaro?

CECILIA

E che ci fa in giardino, invece di preparare il caffé?

CLEMENTINA

Ecco il bicarbonato. Dovremmo essere più gentili con lui. Prima, quando l’ho visto seduto di là in cucina a sorbire quella pappetta a base di semolino, mi ha fatto pena. Lo conosciamo da tanto tempo...

CECILIA

Anche troppo, per i miei gusti.

CHARLOTTE

Non è un sentimento gentile da parte tua, Cecilia. Tua sorella è più tenera di cuore. Ritengo che sia il caso di offrirgli un bicchierino.

CECILIA

Sono d’accordo. Gli farà bene.

CHARLOTTE

Un liquorino lo renderà di umore meno tetro. Se ci ripenso, una volta era di brillante compagnia. Quando suonava il pianoforte, per esempio. Prendi la bottiglia, Clementina.

CLEMENTINA

Perché io?!

CHARLOTTE

Perché sei la più giovane. Una condizione che porta gioie ma anche doveri.

Entra Gennaro per servire il caffé.

GENNARO

Il caffé, se le signore lo gradiscono.

CHARLOTTE

Grazie, Gennaro. Mi preme di ripeterle che il pranzo è stato davvero ottimo.

CECILIA

Veramente prelibato, Gennaro. Non avrei mai pensato che se la sarebbe cavata così bene fra le pentole.

CHARLOTTE

Non vuole sedersi qui con noi? Il tempo per bersi un liquorino.

GENNARO

Un liquorino?

CHARLOTTE

Il bicchiere della domenica.

CECILIA

Charlotte ha ragione. Ci conceda un pò della sua virile compagnia, Gennaro. Si accomodi.

CLEMENTINA

Oh, sì... la prego.

GENNARO

Grazie. (Si siede).

Charlotte apre la bottiglia e riempie un bicchiere.

CHARLOTTE

Ecco qua. Giusto un bicchierino. E’ un liquore che teniamo solo per lei, sa?

CECILIA

Vuole anche un cioccolatino?

GENNARO

Grazie, ma ho lo stomaco in disordine.

CHARLOTTE

Perché non ci suona qualcosa, Gennaro?

GENNARO

Mi permetto di far osservare che il mio repertorio è alquanto limitato.

CHARLOTTE

Non fa niente.

GENNARO

Solo vecchie melodie.

CECILIA

Sono le più belle.

Gennaro va verso il pianoforte. Si siede. Tossisce.

CHARLOTTE

Bravo.

Gennaro comincia a suonare il valzer.

CLEMENTINA

(Sognante) Il mio valzer.

CECILIA

Conosci questo valzer? E come mai?

CLEMENTINA

(Spaventata) Non mi ricordo...

CECILIA

Dimmi immediatamente come fai a conoscerlo!

CHARLOTTE

Lo conosco anch’io, mia cara. Mi pare che sia un valzer piuttosto noto. Forse è il caso di suonare qualcosa di più adatto, Gennaro.

GENNARO

(Smettendo di suonare) Mi sia consentito di ricordar loro che questo valzer costituisce da sempre il momento essenziale di ogni mia prestazione. All’inizio di tutto c’è sempre stato questo valzer, vero, signorina Charlotte?

CHARLOTTE

Forse è il caso di rinviare questa simpatica riunione. Ho la sensazione che lei sia un pò stanco, Gennaro. Finisca il suo bicchierino e poi vada pure.

GENNARO

Ricorda quando questo valzer esplose fra di noi?

CHARLOTTE

Basta così, Gennaro!

GENNARO

La signorina Charlotte, per esempio, ne era straordinariamente eccitata. L’induceva a far cose che lasciavano stupefatta e interdetta la mia virginale esperienza.

CHARLOTTE

Cecilia e Clementina, vi prego, andate immediatamente nelle vostre stanze. Ci penso io a sistemare questo servo come merita!

CECILIA

Charlotte, sono molto meravigliata!

CHARLOTTE

Ripeto: lasciatemi sola con questo servo.

GENNARO

Ma no, restino pure. Ho avuto una relazioncella anche con Cecilia, sai. Aveva una fantasia morbosa. Te ne rammenti, Ceci?

CHARLOTTE

Clementina, vai subito nella tua stanza.

GENNARO

Clementina, invece, si sbronzò la prima volta. Una sbronza di vino rosso.

CLEMENTINA

Mente. Io non ho fatto niente.

CECILIA

Come osa, Gennaro, fissarmi a quel modo così sfacciato?

CHARLOTTE

Lasci immediatamente questa stanza, Gennaro.

Ma Gennaro non si muove e guarda sorridendo le tre donne.

CECILIA

E’ vero quello che ha detto, Clementina?

CLEMENTINA

Neanche una parola. E tu?

CECILIA

Osi pensare che io sia capace di tanto? Charlotte, Clementina osa pensare che io sia capace di tanto!

CHARLOTTE

Io oso pensare tutto di tutti.

GENNARO

Clementina voleva fuggire con me a Napoli. Eh già, ne aveva le scatole piene di voialtre. Voleva sempre che le descrivessi come il sole tramonta sul

GENNARO

golfo di Napoli, non si saziava mai, si eccitava tutta. Io le ho sempre detto che il sole tramonta rosso come il fuoco. Dietro una nuvola circonfusa d’oro. Del resto l’ho raccontato a tutte voi. Era il mio numero impressionistico.

CHARLOTTE

Gennaro, si consideri licenziato in tronco.

GENNARO

Devo ammettere che all’inizio mi sono divertito. Eravate tutte abbastanza carine, anche se, per i miei gusti, eravate un pò troppo cicciottelle.

CHARLOTTE

Gennaro, sei un porco.

GENNARO

Uno spasso moltiplicato per tre, non dimentichiamolo. La mia salute deve essersene andata così, un pò alla volta. Ed eccomi ridotto uno straccio, infrollito da tutto questo traffico. Mi sarei comunque ritenuto soddisfatto se fossero state mantenute le promesse che mi avevate fatto: e cioè che ognuna di voi mi avrebbe lasciato qualcosa in eredità. Ma ora che mi vedete più di là che di qua, pensate di potervi risparmiare anche quel poco che mi era stato promesso. Avrei ingoiato tutto, anche questa ingratitudine. Il veleno però no.

CECILIA

Veleno?

CLEMENTINA

Che veleno?

CHARLOTTE

Che intende dire, Gennaro?

GENNARO

Veleno per topi. Più esattamente: arsenico. M’era stato espressamente raccomandato di prenderne in farmacia. Una bottiglietta blu. Volevate accopparmi, accoppare me, l’uomo che si è ridotto in pezzi per voi; e per questo finirete tutte all’inferno.

CHARLOTTE

E’ una falsità senza pari. Come osa insinuare che una di noi possa aver versato a lei, a uno che non è nessuno, qualcosa di dannoso in quel liquore che è danni il simbolo della nostra generosità. Non ne berrà più neanche un sorso! (Allunga la mano verso la bottiglia) Cecilia aiutami... E tu, Clementina, prendi il bicchiere.

Clementina sta per farlo, ma Gennaro è più svelto e s’impossessa del bicchiere.

GENNARO

Ah, no! Volete far sparire le prove, eh?

CHARLOTTE

Quel liquore non le appartiene.

GENNARO

E di chi è, allora?

CHARLOTTE

Nostro!

GENNARO

E allora bevetene un goccetto. Su, bevi, Clementina!

CLEMENTINA

Aiuto!

CHARLOTTE

Lei è la più piccola; non beve alcolici.

GENNARO

Vuoi provare tu, allora, Charlotte? Oppure tu Cecilia?

CHARLOTTE

Strappiamogli quel bicchiere, Cecilia! La porta! Clementina, aiutami!...

CECILIA

Di qui non passa.

CLEMENTINA

(Meno sicura) Neanche di qui...

CHARLOTTE

Si arrenda!

GENNARO

Ah, mi si minaccia!... Volete schiacciarmi sotto la vostra triplice massa. Dopo un assedio protrattosi per una vita intera, ora arriva l’attacco frontale!..

Corre verso la finestra, vi sale sopra e sporge fuori una gamba.

GENNARO

... se v’avvicinate di un passo, salto dalla finestra e corro in paese ad avvisare la polizia. Con questo bicchiere in mano!

CHARLOTTE

Un momento, calma. Non vedo il perché di tanto agitarsi. Rientri nella stanza. In fondo siamo tutti una grande famiglia, e troveremo il modo di metterci d’accordo. Sono del parere che possiamo dare una soluzione di natura finanziaria a tutti i problemi che abbiamo dibattuto.

GENNARO

Soluzione finanziaria? E’ un’idea che mi sorride. Quanto siete disposte a darmi?

CHARLOTTE

Ne discuteremo. Ma prima si tolga da quella posizione.

Gennaro salta dal davanzale, passa in mezzo alle tre donne e poggia il bicchierino sul tavolo.

GENNARO

E allora: quanto? In cambio del tentato omicidio?... Cosa cerchi di fare, Cecilia. E’ inutile che cerchi di prendere il bicchiere. Non c’è nessun veleno lì dentro. Ma davvero avete potuto credere che io mi esponessi tanto ingenuamente a un simile pericolo, fino al punto addirittura da procurarvi io il veleno? Signore mie belle, quello che ho portato qui dal paese non è arsenico.

CHARLOTTE

E cos’è, allora?

GENNARO

Zucchero in polvere.

CHARLOTTE

Zucchero in polvere. E niente arsenico. E se non c’è arsenico, allora non c’è nemmeno traccia di delitto. E se non c’è traccia di delitto, allora quest’uomo, del quale non intendo più nemmeno pronunciare il nome, non è altro che uno spregevole ricattatore e calunniatore. Gennaro, fuori di qui!

GENNARO

Ma come? Non volevamo parlare di questioni finanziarie?

CHARLOTTE

Ha fatto male i suoi calcoli, mio caro. Chi rompe paga!

GENNARO

Troppo tardi!

CHARLOTTE

Lascerà questa casa oggi pomeriggio. E porti via con sé i suoi bagagli.

GENNARO

E’ troppo tardi.

CHARLOTTE

Ha tutto il tempo che vuole per raggiungere il paese. La giornata è ancora lunga.

GENNARO

Dico troppo tardi in senso lato. Domattina le autorità. Poi ci sarà da scrivere alla fabbrica di birra per dar notizia del doloroso evento.

CHARLOTTE

Che doloroso evento?! Se ha ancora da comunicarci qualcosa, si spicci.

GENNARO

Mi sia consentito di dire che l’argomento da trattare è l’immanente dipartita di lor signore.

CHARLOTTE

Che significa?

GENNARO

Quell’ottimo pesce che ho servito loro a pranzo, era in realtà un pesce pessimo. Più esattamente erano due pesci. Il primo freschissimo, appena pescato, le branchie rosse, la carne bianca e soda, l’occhio lucido. L’altro però, quando l’ho visto la prima volta, galleggiava nel laghetto in prossimità della riva, pancia all’aria, giallognolo d’aspetto e anche un pò violaceo intorno alla bocca. L’ho prelevato dall’acqua con molta cura, l’ho rinchiuso in un recipiente di vetro e l’ho conservato per tre giorni. L’importante era che non prendesse aria. Ha assunto solo un colore più scuro, e sotto le branchie s’è fatto quasi argenteo. Così almeno m’è apparso questa mattina. Il vapore gli ha tolto l’odore, non certo gradevole, e un bel pò di alloro ha fatto il resto.

CHARLOTTE

L’alloro! L’avevo detto che ce n’era troppo!

GENNARO

Ho aggiunto un pò di mollica di pane bagnato, l’ho adoperata per quelle frittelle che guarnivano il tutto. La morte subentra dopo dodici ore, talvolta anche prima.

CHARLOTTE

Stai dicendo cose senza senso, Gennaro.

GENNARO

Parleranno i fatti.

CLEMENTINA

Qualcuna di voi sente qualcosa?

GENNARO

Curiosamente, il primo sintomo è una sensazione di leggerezza e in un certo senso anche di ebbrezza, perfino di felicità, a volte. Poi però vengono le vertigini e difficoltà di parola. Subito dopo si bloccano le gambe.

CECILIA

Andiamo in paese a chiamare un medico!

GENNARO

No, vi mancheranno le gambe, perché i primi sintomi dovrebbero manifestarsi fra poco.

CHARLOTTE

Menti. Questa storia del pesce marcio è un’altra menzogna.

GENNARO

Io non mento: eredito.

CECILIA

Latte! Ci vuole latte! Molto latte!

CLEMENTINA

Zucchero in polvere, quindi... Ed è sempre stato zucchero in polvere, quello che tenevamo per i topi nell’armadietto dei medicinali?

GENNARO

Certo che no.

CLEMENTINA

Allora non era zucchero in polvere quello della bottiglietta blu...

GENNARO

Quale bottiglietta blu?

CLEMENTINA

Quella bottiglietta carina dell’anno scorso.

GENNARO

Quella che abbiamo buttata via?

CLEMENTINA

Io non l’ho buttata via...

GENNARO

Vuoi dire che hai conservato quell’arsenico?

CLEMENTINA

M’interessava la bottiglietta. E’ così graziosa e sta benissimo in mezzo alle mie ambre.

GENNARO

E la polvere che c’era nella bottiglietta?

CLEMENTINA

L’ho versata prima, subito dopo il pranzo, nella bottiglia di liquore. Hai ragione, Gennaro, sembrava proprio zucchero in polvere.

GENNARO

Clementina, non può essere vero. Lo dici per cattiveria, per farmi dispetto, perché non ho voluto partire con te...

CLEMENTINA

Eri tu che volevi portarmi via con te, Gennaro.

GENNARO

Ritira quello che hai detto, Clementina! Dimmi che hai inventato tutto, una di quelle idee strane che spuntano nella tua testolina... Ah, che bello scherzo, molto bello, dico davvero... Ma ora ritira quello che hai detto, Clementina!

CHARLOTTE

Un momento! Prima che Clementina ritiri qualcosa, ritiri lei quella storia di averci avvelenate con un luccio giallo di sospetta provenienza.

GENNARO

Solo una parola, Clementina! Una sola parolina liberatrice...

CHARLOTTE

Prima lei, Gennaro!

GENNARO

Ma sì, volentieri. Ritiro tutto! Volevo solo spaventarvi... che sciocco da parte mia! Il luccio di dentro era buono come quello di fuori. Erano gemelli!

CHARLOTTE

Quindi c’era solo un pò troppo alloro?

GENNARO

E nient’altro!

CHARLOTTE

E va bene. Clementina, prego...

CLEMENTINA

Ritiro tutto.

GENNARO

Non è vero niente?

CLEMENTINA

Niente.

GENNARO

Potenza delle parole!

CHARLOTTE

Io, del resto, sto benissimo. Come dopo una colazione a base di birra e champagne.

CECILIA

Mi sento le gambe leggere, proprio leggerissime.

CLEMENTINA

Anch’io. Perché non balliamo? In fondo abbiamo un uomo in questa casa.

CHARLOTTE

E con quale di noi ballerà prima, mia cara? Non è facile scegliere, vero Gennaro? Comunque è stato proprio carino da parte sua suonarci quel vecchio valzer...

CLEMENTINA

Oh, sì, ce lo suoni un’altra volta!

GENNARO

Mi sento un pò imbarazzato di stomaco, ma se loro desiderano, suonerò lo stesso.

Si mette al piano e suona.

CHARLOTTE

Gennaro, fingiamo che quei soldi non esistano. E se non abbiamo soldi, non possiamo averglieli promessi. Facciamo finta che non esista neanche la birra. In fondo, anche noi forse non esistiamo.

CLEMENTINA

Ma non capisci, Charlotte? Se non esistessimo, non saremmo mica così...

CECILIA

Mi sento le gambe così leggere. Peccato che non ci siano montagne qui attorno. Mi piacerebbe compiere una grande ascensione.

GENNARO

Se mi si consente, oserei dire che mi berrei uno stagno intero d’acqua. Dev’essere colpa di quello zucchero in polvere che c’era nel liquore...

Il valzer, come ad evocare la vicenda fin qui raccontata, commenterà il finale con un crescendo orchestrato con un tono ironicamente funereo.

F I N E