Peter Pan mi ha lasciato l’indirizzo

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Peter Pan mi ha lasciato l'indirizzo!

Autori: Salvo Grimaldi – Enzo Ferrara

Personaggi: Stella - Gipo - Paolo – invitati

Scena prima

(Un salone, un divano, due poltrone, un giradischi, una tavola apparecchiata per

due; un ragazzo, seduto sul divano, si accende una sigaretta.

Si alza , controlla che tutto sia a posto. Suonano alla porta)

Paolo: (Aprendo la porta) Ciao! Entra, accomodati, benvenuta nella mia modesta magione.

Stella: Magione o antro dell'orco?

Paolo: (Paolo sorride e aiuta Stella a sfilarsi il soprabito) Anche gli orchi hanno un'anima.

Stella: (Si guarda attorno)

Paolo: Ti piace?

Stella: Si... non c'è male.

Paolo: Siediti, prendi qualcosa da bere?

Stella: No, grazie , per ora non ho sete, più tardi forse.

Paolo: (mettendosi accanto a lei) Sono contento che tu sia venuta, sai. In fondo ci

            conosciamo da un po' di tempo ormai, e il fatto che tu abbia accettato il mio invito,

            significa molto per me.

Stella: Cioè?

Paolo: Be... Mi da, in qualche modo una certezza.

Stella: Quale?

Paolo: Che tu, se non altro, ti fidi di me.

Stella: Può darsi invece che mi fidi solo di me stessa.

Paolo: Questa mi sembra una cattiveria bella e buona, in fondo mi conosci. Sai che tipo

            sono.

Stella: (Maliziosa) Appunto.

Paolo: Come sarebbe "appunto"?

Paolo: Hai sempre l'aria di essere un cosi “bravo ragazzo" e questo mi insospettisce.

Paolo: Ma io lo sono.

Stella: Sarà! Ma preferisco stare sul chi vive! (riflettendo) ...e poi, verginità: una conquista

            o una sconfitta?

Paolo: (Ridendo) Amletica!

Stella: In ogni caso non c'è pericolo, sono vergine solo di segno zodiacale!

Paolo: Questo mi incoraggia! E poi, stringi stringi, anche se sono un genio

            dell'informatica, mi sento essenzialmente un giovane romantico.

Stella: (Sbottando con ironia) Tu... romantico?

Paolo: Certo!

Stella: Ma se il più diabolico dei politicanti, il più rapace dei finanzieri, il più astuto

            dei diplomatici, al tuo confronto è un candido angioletto, in cerca di cieli tersi

            e azzurrati.

Paolo: Evidentemente ti sfugge il mio risvolto.

Stella: Sentiamo!

Paolo: (Volutamente enfatico) Adesso trasformerò tutto con un lieve tocco di bacchetta

            magica. Farò scaturire dal nulla dolci atmosfere, rarefatte presenze, climi surreali. Ti

            farò sprofondare in una sterminata prateria, alla ricerca del senso della vita.

Stella: (Tranquilla e sardonica) Posso tradurre il vero significato della tua frase?

Paolo: Fa pure.

Stella: Dunque... prevedo che: la sterminata prateria in cui farmi sprofondare sarà un bel lettone

            imbottito e preparato con cura. E poi, senza volere mortificare la tua fertile fantasia, mi   immagino già cosa si nasconde dietro il lieve tocco della tua bacchetta magica.

Paolo: Oh! Stella, cosi stai rovinando tutto.

Stella: Già... forse hai ragione!

Paolo: Perché sei venuta allora? lo non ti ho obbligato, anche se ci tenevo e lo desideravo da tempo!

Stella: Scusami! E che forse non sono... come si dice... in forma.

Paolo: Cosa c'è che non va?

Stella: Non lo so.

Stella: Posso aiutarti?

Paolo: Non lo so proprio.

Paolo: Io ti amo! Anche se non te l'ho mai detto prima, credo di avertelo fatto capire in

            diverse occasioni. Ma tu... sei sempre cosi strana... sfuggente... indecisa...

Stella: Forse sono una che non sa quello che vuole veramente.

Paolo: Ma puoi saperlo, devi saperlo. Io te ne offro l'occasione.

Stella: Si! Lo so e ti ringrazio! Ma, forse, non è di questo che ho bisogno.

Paolo: Vedi... qualunque donna ha bisogno di essere amata, di sentirsi desiderata...

Stella: Paolo, tu sei un ragazzo di oggi... perfettamente inserito in questo contesto

            della società moderna, tu accetti pienamente le regole, ne capisci il linguaggio, ne

            assecondi i fini. Sei positivo, sicuro, concreto, pieno di certezze. Piloti la tua vita

            come se fosse un computer con programmi prestabiliti. Forse per te anche l'amore

            è un dato da incasellare, soltanto per verificare se la formula è giusta.. capisci

            cosa voglio dire?

Paolo: No! Non ti capisco! In fondo è cosi che ti vuole il mondo. Che male c'è ad

            assecondarlo? Tutto sommato si vive meglio, si produce di piu, si è coscienti di

            tutto ciò che esiste. Non ti da più serenità, la consapevolezza di avere tu in mano la

            leva del comando, di potere controllare a piacimento l'itinerario del tuo viaggio, di

            dare ordine a ciò che è confuso. L`adattamento, l'integrazione ti offrono un ruolo

            da protagonista. Oggi tutti dobbiamo esserlo. Non c'è più spazio per le comparse,

Stella: Vedi che non ci capiamo?

Paolo: Non arrenderti cosi presto.

Stella: Io non ho bisogno di certezze, ma di misteri. Non ho bisogno di verità rivelate, ma

            di invenzioni, che spariscono in un attimo... di scoperte, che non hanno valore, di

            cose che non hanno senso per nessuno... di gente che muore senza che nessuno se

            ne accorge. Ho bisogno di sentire il sole sulla pelle quando è estate e le gocce di

            pioggia quando è inverno... e non essere costretta a ripararmi... voglio sentirmi

            libera di avere un peccato che non si può confessare, un segreto che è soltanto mio,

            un cuore che non è di nessuno...

Paolo: Tu sei solo stanca.

Stella: Può darsi.

Paolo: Adesso ci rilasseremo un po', ascoltando della buona musica e consumando una

            saporita cenetta a lume di candela.

Stella: (Ironica) Una soluzione magnifica!

Paolo: Non è una soluzione! E’ una sorta di terapia naturale, che ti darà la tranquillità di

            cui hai bisogno (paternalisticamente) Affidati a me!

Stella: Grazie, sei molto caro.

Paolo: (Paolo si avvicina a lei per baciarla, Stella lo evita girando la testa dall`altra parte)

Paolo: (Riprendendosi) Vedrai! I tuoi problemi si dissolveranno nel nulla,.. Sai... credo che

            anche tu mi ami, ed hai bisogno di me... soltanto che, in questo momento, non vuoi

            saperlo... ti sforzi di non saperlo. Forse svelare i tuoi sentimenti, per te, significa

            assumere un impegno troppo gravoso, avere una responsabilità che ti opprime. E

            questo ti fa paura.

Stella: E' una scommessa la tua?

Paolo: Forse lo è.

Stella: Quelli come te si mettono sempre in competizione con se stessi, una specie di gara,

            e non devi perderla. Non puoi perdere. Quelli come te non ammettono sconfitte.

            Non si sentirebbero più veri uomini.

Paolo: (Piccato) Può darsi che io lo sia veramente un vero uomo e tu temi di scoprirlo.

Stella: (Ridendo) Sei talmente convinto di quello che dici che non so se ammirarti o

            detestarti.

Paolo: Amami! Solo questo devi fare. Non ti nascondo che sono disposto a qualunque

            cosa, pur di essere ricambiato.

Stella: Cosa ti piace di me?

Paolo: Tutto!

Stella: Cerca di essere più analitico!

Paolo: Sei bella, intelligente, sensibile, moderna.

Stella: Beh!… Queste sono doti comuni a molte altre donne.

Paolo: Lo so... ma tu le sublimi ai miei occhi, pur rendendoti viva, palpitatile... insomma

            coinvolgi un uomo senza che lui sia costretto a subirti, lo rendi complice di una

            specie di evento che si rinnova di continuo.

Stella: (Sorridendo con civetteria) Sai che sembri veramente innamorato?

Paolo: Lo sono! (Suona il telefono più volte. Paolo non si muove)

Stella: Vai a rispondere! (Paolo esita) Non preoccuparti! Sono qui! Non scappo mica!

Paolo: (Si alza, si avvicina al telefono e alza il ricevitore) Si! ...No... Gipo non è in casa..

            d'accordo ...riferirò... (richiude il telefono, torna ad avvicinarsi a Stella)

Stella: Chi era?

Paolo: Un tizio. Cercava Gipo.

Stella: (Incuriosita) Chi è Gipo?

Paolo: (Distratto e noncurante) Ah, si... non credo di avertene mai parlato.

Stella: (Insistendo) Parlamene allora!

Paolo: E’ un ragazzo che da circa un mese divide l'appartamento con me.

Stella: Perché non me l'hai detto?

Paolo: Perché non lo ritenevo importante.

Stella: E' uno studente?

Paolo: Si frequentiamo due facoltà diverse. Un amico comune un giorno me lo presentò e

            mi chiese di ospitarlo. Tutto qui.

Stella: Che tipo è?

Paolo: Oh... è molto strano. A volte mi fa anche un po' pena.

Stella: Pena?

Paolo: Si!

Stella: Perché?

Paolo: Perché non è in grado di affrontare la vita e la gente come una persona normale.

Stella: E' malato?

Paolo: Non proprio.., diciamo che tutto comincio il giorno in cui gli capitò un brutto

Stella: incidente.

Stella: (Sempre più incuriosita) Di cosa si tratta?

Paolo: Veramente non siamo qui per parlare di Gipo, mi pare...

Stella: Poco fa hai detto, con molta fermezza, che eri disposto a fare tutto per me. In

            fondo ti sto solo dicendo di parlarmi di uno che...

Paolo: (Interrompendola) Va bene! Che vuoi sapere?

Stella: Di quale incidente e rimasto vittima?

Paolo: Dunque, andiamo per ordine, allora. Per conoscerlo, un giorno gli diedi appuntamento

            davanti all'università. Pioveva a dirotto e lui se ne stava tranquillo sotto la pioggia a

            bagnarsi. Era il classico tipo che vuol far credere di aspettare chissà chi e invece non ha

            proprio nessuno da incontrare.

Stella: Poveretto!

Paolo: Quando poi mi avvicinai a lui, gli chiesi che diavolo stesse facendo li impalato. Lui mi

            rispose che aspettava soltanto il ritorno del sereno. Notai subito qualcosa di strano nella

            sua risposta. Ma aspettai che arrivasse una conferma a questa mia riflessione. E infatti,

            quello che prima era stato un semplice sospetto, diventò subito dopo certezza.

Stella: (Sempre più incuriosita) Dici sul serio?

Paolo: Altro che! Una sera mi spiego la causa del suo inconsueto disturbo, Davanti ad un bicchiere

            di vino gli si sciolse la lingua. Era pieno di retaggi, di inibizioni represse, di pudori

            nascosti. In un certo senso la sua poteva definirsi una storia commovente, o meglio ancora

            un poema tragico, che assumeva però al tempo stesso, anche toni comici sconvolgenti. E

            mentre lui parlava, rime baciate, alternate, incrociate, incatenate gli si addensavano sopra la

            testa, collocandosi nella cornice ristretta di una nuvoletta... insomma mi sembrava di essere

            spettatore involontario di un fumetto vivente... (si blocca , facendo segno a Stella di non            parlare. Un minuto di silenzio teso. Si alza, fa segno a Stella di non muoversi, con molta        precauzione si alza e appoggia l'orecchio ad una parete, dopo un po' ritorna al suo posto)

Stella: Ma che succede?

Paolo: Hai sentito?

Stella: No! Cosa?

Paolo: Come un lamento, un borbottio...

Stella: Non ho sentito niente.

Paolo: E' molto strano... quella è la stanza di Gipo... certe volte di notte sento come un parlottio con      una leggerissima musica di sottofondo, eppure lui non ha radio, né televisione. Un'altra         stranezza, o mistero del mio coinquilino...

Stella: Mi incuriosisci sempre di più. Mi stavi raccontando del suo incidente...

Paolo: Ah si! Mi raccontò di lui, bambino, nella biblioteca paterna, intento a leggere un mucchio di        carta stampata. Poi, un giorno all'improvviso, la struttura che componeva e sosteneva   l'imponente libreria cedette, forse sovraccaricata dal peso eccessivo dei volumi. Una valanga             di libri di poesia gli cadde addosso, con un fragoroso boato e lui rimase seppellito sotto             quella massa cartacea. Per un breve periodo rimase in stato comatoso, ma alla fine, riusci a          cavarsela. Da quel momento però tutto ciò che esprimeva si traduceva in un rimario            perfetto. Ecco... e tutto.

Stella: Poveraccio! E’ logico che, trovandosi in questo stato, si senta un fenomeno da

            baraccone, ma cosa dicono i medici?

Paolo: Nessuno ha saputo fare una esatta diagnosi. Si limitano a definire il suo stato, come

            un trauma a carattere introiettivo con sintomatologia cronica ed irreversibile.

Stella: Vuoi dire che nel suo caso non c'è possibilità di guarigione o almeno di un suo

            recupero parziale.

Paolo: Sembra proprio di no.

Stella: E... come si comporta con l'altro sesso'?

Paolo: (Derisorio) E' una vera frana! E' timido... impacciato... come se per lui le donne

            rappresentassero un morbo letale da cui sfuggire precipitosamente.

Stella: (Pensierosa e dopo una breve pausa guardando Paolo) Vuoi ancora che ceniamo insieme?

Paolo: Certo! Più di prima.

(Si avviano lentamente verso la tavola imbandita, Paolo accende la candela posta al

centro del tavolo. Poi si avvicina allo stereo, lo accende. Si sente in sottofondo una

musica dolcissima. Si avvicina a Stella. I due si guardano)

Scena II

(Gipo é seduto davanti al tavolo della scena precedente. Ha davanti a sé una catasta di

libri. E' immerso nella lettura. Suonano alla porta! Si alza lentamente per andare ad aprire.

Ha un incedere incerto, impacciato. Dall’andatura si possono intravedere le sue inibizioni e

la sua timidezza. Gipo apre la porta. Entra Stella)

Stella: (Sorpresa) Oh...buongiorno... cioè ciao... aspetta un pò... lasciami indovinare... tu devi essere

            Gipo?

Gipo: (Molto imbarazzato, annuisce senza rispondere)

Stella: Io mi chiamo Stella... sono un'amica di Paolo... ero venuta a trovarlo... dovrei

            parlargli... è in casa?

Gipo: ...Paolo non c'è... credo avesse appuntamento in un caffè. Non so quale sia la problematica,

            ma penso si tratti del suo esame di informatica...

Stella: (Fissandolo turbata, perplessa ed indecisa) Ti dispiace se lo aspetto qui... voglio dire

            nell'eventualità che rincasi presto?

Gipo: No... non c'è  problema. Tornerà certo per la cena.

Stella: (Cercando di assumere un atteggiamento spontaneo, naturale) ...be!... che stavi, facendo?

            (Si avvia verso il tavolo pieno di libri e si siede) Ti ho disturbato forse. Vedo che stavi

            studiando.

Gipo: Ripetevo la lezione, cosi privo di concentrazione, senza nessuna convinzione.

Stella: Si è vero... in genere capita anche a me di non essere molto concentrata... oggi e distrazioni

            sono tante. (Si morde leggermente le labbra, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato)

Gipo: (Le lancia furtivamente uno sguardo)

Stella: Cioè... intendo dire che vivere bene oggi, significa avere tanti interessi... cercare di capire            cosa sta succedendo. ..

Gipo: Se mi chiedo che è successo, mi ritrovo senza un nesso. Se mi chiedo che avverrà mi ritrovo

            senza età. Ed allora non mi chiedo niente. Vivo senza risposte, forse inutilmente.

Stella: (Lo guarda attonita senza parlare. Gli sorride some un'ebete)

Gipo: Tu mi guardi e non favelli. Per fortuna hai, gli occhi belli. Il tuo sguardo e cosi strano. E mi fa

            sentire un po' un marziano.

Stella: No... per niente! ...Ecco credo... non sia facile trovare uno che parli come te...

Gipo: Se alludi alle mie  rime... per me è condanna senza fine, non poter parlare in prosa, come tutti

            senza posa...

Stella: Io non alludevo a questo. Mi riferivo ai contenuti, a ciò che si nasconde dietro le tue parole.

            La forma ha poca importanza.

Gipo: (Incoraggiato) Ti ringrazio per davvero... io mi credo uno straniero, in questo mondo senza

            luna, che cerca solo la fortuna, in questa terra senza luce, che premia solo chi produce. Oggi

            la mia generazione vive una strana situazione, diversa da quella dei famosi anni sessanta,

            quando la ribellione esisteva ed era tanta. Oggi a differenza di allora subiamo un sistema            senza storia che ci vuole tutti in processione a seguire questo o quel coglione. Invece   sarebbe bello se ognuno rendesse inafferrabile, scrivesse la storia per suo conto, svolgesse il   tema dell'incontro e il teorema dell'indimostrabile.

Stella:  (Sorridendogli) Sai che dici delle cose profonde... Mi piacerebbe molto... fare amicizia con

            te... voglio dire.. esserti veramente amica e tutto il resto... é la prima volta che mi sento

            confusa, ma, nel contempo, in pace con me stessa.

Gipo: Forse mi senti dentro al cuore, come un prete confessore?

Stella: No! Non voglio dire questo... è un pò... ecco... come se Peter Pan mi avesse lasciato

            l'indirizzo... dovrei solo decidermi di andare a trovarlo... e tu potresti accompagnarmi.

Gipo: Forse il vecchio Peter ti ha mollato la sua ombra, ma dietro il tuo sguardo che si adombra

            esiste il conflitto di una donna vera, che sfida se stessa fuori dalla sfera.

Stella: Già, credo proprio che sia come tu dici.

Gipo: (Guardandola con timidezza e alzandosi prontamente) Vado a prenderti un bicchiere, voglio

            offrirti un po' da bere.

Stella: No grazie, non ho sete... ho voglia di muovermi invece... di ballare, va anche a te?

Gipo: (Impaurito) Io non sono un ballerino, farei la figura del cretino.

Stella: Non preoccuparti, ti insegno io, tu devi solo chiudere gli occhi e lasciarti guidare dalla     musica... (Si avvicina al compactdisc) Che pezzi hai? (Senza attendere la risposta) Oh!... questo é un brano splendido. (Mette in azione l'apparecchio. Le luci si attenuano. Cominciano ad

ondeggiare, Gipo balla some un orso, teso, rigido ed impacciato.)

Stella: Lasciati andare dai!

(Durante il ballo, Gipo, a causa di un passo sbagliato sgambetta involontariamente Stella,

la quale perdendo l'equilibrio cade, trascinandosi a terra anche Gipo. Nella caduta il corpo

di Gipo aderisce su quello di Stella. Per un attimo si guardano imbarazzati. Poi Gipo si

scrolla subito dal corpo di lei e alzandosi di scatto la solleva da terra)

Gipo: Spero proprio di non averti fatto male, ti chiedo scusa, mi devi perdonare.,

Stella: Oh!... E' stato piacevole lo stesso. Io mi chiamo Stella e infatti esistono le stelle cadenti, no?

            (Sorridendogli, cercando di darsi un’aria sbarazzina per alleggerire il senso di colpa di

            Gipo)

Gipo: Ti ringrazio, sei molto delicata, ma purtroppo ormai ho fatto la frittata.

(Si rimettono a sedere)

Stella:  (Dopo una brave pausa di silenzio) Tu c'è l'hai la ragazza?

Gipo: Sono solo, ma sopporto questo ruolo.

Stella: Ma in passato non l'hai avuta?

Gipo: Quante volte l'ho cercata, tipo avviso di taglia con mancia obbligata. Ma c’era sempre un

            destino distratto che mi imponeva un dolce ricatto. C‘era sempre una donna fatale che a letto

            inventava una nuova morale... C'era sempre un estraneo che mi dava un consiglio,

            gratuitamente come fossi suo figlio... Si... tante volte io l'ho cercata, dentro un elenco o

            un'agenda privata, al di fuori di un sogno o di una poesia, ma come in un sorteggio di

            lotteria, lei non risultava più mia.

Stella: Oh, come mi dispiace, sai... deve essere stato molto triste... io sono tua amica, se vuoi... non

            ti lascerò più... non ti tradirò mai... (accalorata)

Gipo: Grazie sei molto gentile, Avevo bisogno di sentirmelo dire. Queste parole cosi sincere,

            trasformano i miei inverni in dolci primavere.

Stella: E' brutto non avere neanche il ricordo di un amore.

Gipo: Forse un amore c'è stato, ma ormai appartiene al passato.

Stella: Su parlami di lei, ti prego.

Gipo: Era solo una ragazzetta, la chiamavo mollichetta. Sembrava molto felice, ma lo era meno di

            quanto si dice. Poi, appena i seni le sono cresciuti c'è state uno stronzo che glieli ha         spremuti. Appena le sue cosce si sono rimpolpate, c'è stato qualcuno che gliele ha viaggiate.     Noi due ci si vedeva la sera. Mi sembrava vestita in nessuna maniera. Senza etichetta, senza    esclusiva, un po’ bambina ma certo più viva.

Stella: E come passavate le vostre serate?

Gipo: Andavamo al cinema, nei vecchi rioni e poi sulla giostra a sentirci aquiloni. Poi a notte fonda,

            in quel locale, si beveva per sentirsi male. Si mangiavano hamburger e patate e il conto si

            pagava a rate. Lei è stata persino sull'orlo del si, ma non ho capito ancora per chi.

Stella: Vuoi dire che in fondo lei non apparteneva a nessuno?

Gipo: Già, lei era troppo delusa, ma non sapeva ancora da cosa. In mezzo alla gente, mi sfiorava un

            ginocchio, io non provavo niente ma non ero un finocchio. E' che pensavo ai miei sogni, alle

            mie manie, insomma volavo già con le mie fantasie.

Stella: E non l'hai più vista da allora? Non hai più saputo niente di lei?

Gipo: So che si è laureata, di arte e scienza ne ha fatto frittata. Forse di dentro era Fata Morgana, ma

            secondo un'élite era già una puttana. E non ne parlò mai in famiglia di quella sua voglia di          non essere niente. E’ raro che un padre capisca la figlia. E' più facile vivere controcorrente.   Cosi Mollichetta se ne andò via. A me lascio un album senza fotografia. Mi diede il diario       coi suoi ritagli. Erano a strisce non sembravano sbagli.

Stella: E per te è così difficile innamorarti di qualcuno?

Gipo: Ancora non so, ma se io amerò, sarà un'altra storia, diversa da quella che si impara a          memoria, con i genitori, gli amici imbroglioni e quei due innamorati come coglioni.

Stella: Quel giorno vorrei esserci anch'io alla tua festa, ti giuro che mi offenderò se non mi         inviterai... desidererei tanto somigliare alla ragazza di cui ti innamorerai. Non chiedermi       perché, ma sento che è cosi... penso che potrete essere felici...

Gipo: Questo proprio non lo so. Perché se l'amerò sarà per fare lo stronzo. Costruirmi una casa e poi

            andarmene a zonzo, con i jeans macchiati,  cielo in prima visione e il sesso cosi senza

            benedizione.

Stella: Ma non le starai accanto?

Gipo: Forse le starò vicino per controllare se il suo corpo è un violino... Per i miei cruciverba risolti

            a meta, l’altra parte sarà sua perché lei la saprà... e le darò i miei fumetti, i miei dubbi, i miei

            incastri imperfetti, insomma se l'amerò lo farò per capire perché chi ha capito può anche finire.

Stella: (Visibilmente commossa) Ehm... Paolo tarda ad arrivare... forse é meglio che me ne vada...

            poi magari, se capita, gli telefonerò, non voglio disturbarti oltre.

Gipo: Perché non resti ancora un poco? Aspettare è come un gioco. E poi non hai per niente

            disturbato sei la prima persona con cui mi sono rivelato.

Stella: (Contenta) Oh! Dici davvero? Non l’avevi mai fatto con nessuno?

Gipo: No... e mi è venuto proprio bene. Con te è bello stare insieme.

Stella: (Rincuorata) Sai che mi è venuta fame, hai qualcosa da mettere sotto i denti?

Gipo: Vado a prenderti un panino per placare il languorino.

            (Gipo si alza per andare in cucina. Esce fuori scena. Stella si guarda attorno. Si alza. Si

            sente una musica in sottofondo. Stella si allunga nel divano. Torna Gipo)

Gipo: Ecco qua! fatti coraggio. Ho trovato anche il formaggio. Gliene ho messo un paio di fette,

            spesse come cotolette.

Stella: Graziel Lo divorerò! (comincia a sbocconcellarlo)

Gipo: (Sedendosi accanto a lei sul divano) E' abbastanza saporito, o lo preferivi più farcito?

Stella: E' gustosissimo... davvero...

Gipo: Sai... cosa c'è... vedendoti mangiare quel panino, non so bene perché, mi rivedo bambino...

Stella: (Ridendo) Dai, raccontami cosa vedi dentro la sfera di cristallo.

Gipo: (si alza e mima sorridendo le scene dal passato che sta rammentando formando un auto con

            delle sedie.)

            Oggi si parte per le vacanze, dopo una lunga stagione di guai, anche se i guai non vanno in

            vacanza, anche se i guai non finiscono mai. Le valigie son pronte e tutte riempite. Mia     madre ha tutto da dimenticare. Mio padre ha un mucchio di cose smarrite ed io qualche        ricordo da conservare.

Stella: Uhm... Cos'è questo meraviglioso olezzo che si sta insinuando dentro le mie narici?

Gipo: E' il giardino, pieno di fiori. E' peccato lasciarlo proprio d'estate, con cento profumi, con mille

            colori e quel vago sentore di feste passate.

Stella: Ma cos'è quel foglio bianco che tieni nascosto tra le mani?

Gipo: Avrei un biglietto da recapitare, per la ragazzina che se ne va al mare. L'ho scritto di fretta

            senza illusioni. Tanto lo so... ne riceve a milioni.

Stella: Fai in fretta, perché sento distintamente il rombo del motore.

Gipo: Beh... l'auto adesso è proprio un bagaglio. Getto uno sguardo a tutto l'insieme. Per un attimo

            penso che sia un grosso sbaglio, lasciare un rimorso per chi resta e non viene.

Stella: Uhm... sento il calore intenso di un'estate torrida. E' proprio un'estate da spiaggia dorata. (Si

Gipo: A quest'ora al mare ci sono le vele, mentre in montagna c'è un mucchio di neve. A quest'ora al

            mare ci sono i nastri argentati e gli amori si squagliano insieme ai gelati.

Stella: Vedo che avete una macchina veramente stracolma di roba.

Gipo:  Si... mio padre ha portato il suo resoconto, un uomo ha sempre un bilancio da fare. io avrei          preferito che fosse un racconto o comunque qualcosa che non si deve saldare. Mia madre

            invece fare le cose di sempre. Cambierà soltanto il luogo e la gente. Ha in programma     una      torta e un maglione scozzese. E' da un po' che rinnova solo vecchie sorprese.

Stella: E tu cosa porti con te?

Gipo: Io avrò un libro per tenermi aggiornato. Cosi a scuola tornerò preparato. E' certo però che

            almeno un paio d'ore, le impiegherò per cercarmi un amore.

Stella:  Ehi, ma siete proprio strapieni. Non vi entra più nemmeno uno spillo.

Gipo: Già,  non c'è posto neppure per il canarino. Sarà meglio affidarlo al vicino. Lui è il tipo che

            ogni avventura, la butta vergine nella spazzatura...

Stella: (Facendo il rumore del motore  che si avvia) Vrommm Vroommmm

Gipo: Adesso l'auto sta per andare. Si sente da casa il tele squillare. Gli altri non vogliono. Io in

            fondo vorrei... peccato... chissà... potrebbe essere lei...

Stella: Ma si! Sono io. La ragazzina graziosa, con le trecce nere e le labbra vermiglie. Pronto‘?... dai

            rispondi... fa presto... se no riattacco... forza non esitare...

Gipo: (Afferra un telefono immaginario) Pronto Stellina... allora eri proprio tu, quella mattina...

Stella:  Certo! E chi altri se no! Ho letto il tuo biglietto e mi e sembrato il più bello tra i tanti che ho

            ricevuto. Sono rimasta per te. Mi stanno tremando un po' le mani ma mi faccio coraggio

            perché tu sei li che aspetti una risposta, quasi senza speranza. Io compongo il tuo numero di

            telefono, ecco... hai alzato il ricevitore... ci sei... E' la tua Voce:

Gigo: Ora... se aspetti un momentino... ti passo a prendere con il motorino, potremo imparare

            insieme la lezione, la mia l'ho dentro e non fa alcun rumore.

Stella: (sorridendo) Mi dispiace, Gipo! Ormai è tardi! Anche se passerai fra un secondo, non mi

            troverai... ora sono cresciuta, non vedi? Sono diventata donna... Sono volubile... incostante

            tendo verso il futuro. Lavoro e vado all'università.

Gipo: (Come se si trovasse dietro una cattedra, comincia ad esaminare Stella)

            Ullallà! Vai al'università!

Stella: Si è sono una ribelle!

Gipo: Bene... Allora signorina, mi dica cos'è la poesia. Sono il suo professore, con occhiali,         barba e follia. Fuori oggi c'è il vento. Lo sente? E’ come un lamento. Fuori sta piovendo e lo   scroscio è  violento. Lei guarda le vetrate e pensa all'ultima estate. Guardi in prima fila! C'è       una sua amica: tutta truccata, tutta impettita. Quella, cos'è la poesia, l'avrà letto       nell'enciclopedia. Guardi all'ultimo banco! C'è uno del partito. Sembra stanco, impaurito.             Non è neppure in rivoluzione. Somiglia piuttosto ad un vecchio coglione. Signorina, le    ripeto la domanda. Si concentri. E’ lei l'esaminanda. Ora ripassi veloce la vita passata. Lo           so... comunque sia andata si sente fregata. In fondo e rimasta con troppi misteri. Non glieli      ha risolti neanche Dante Alighieri...  il fatto è che lei non è troppo in forma. Ha fatto i conti e    qualcosa non torna. E’ meglio che torni fra qualche mese. Certo... lei è senza parole. Ma ora       non piove più. E' spuntato anche il sole. (Stella nel frattempo, in piedi mima la scena) Su,           ritorni al paese. Lasci la città addormentata, con i libri sottobraccio e una risposta non data.

Stella: (Torna repentina e si butta ridendo sul divano insieme a Gipo. Poi si fa seria

            all'improvviso, fissandolo profondamente negli occhi) Che faresti Gipo se ora ti baciassi?

Gipo: (Balbettando, più intimidito e imbarazzato che mai) Per... perché mi vuoi baciare? No... non

            è meglio ricordare?

Stella: Tu mi hai fatto ricordare chi sono veramente... prima di incontrarti, ero solo quella che

            vogliono gli altri... ero una infinità di donne tutte diverse... ero come mi voleva la gente...

            vedi... adesso invece... io sono la scoperta, tu sei l'invenzione.

Gipo: (Continuando a balbettare) So... sono orgoglioso e fiero di aver tracciato il tuo sentiero.

Stella: Allora, perché hai paura di me?

Gipo: Non si tratta di paura. E che sono impreparato. Tu sei bella, sei sicura, io mi sento un

            imbranato.

Stella: (mettendoglisi sempre più vicina) Cerca di rilassarti.

Gipo: E’ molto curioso, come hai capito che sono un po' nervoso.

Stella: Stai balbettando, sei in un bagno di sudore e tremi come una foglia.

Gipo: Può darsi che non si tratti di emozione, ma di segni di intossicazione.

Stella: (ridendo) Beh... se si tratta di questo, ti conviene metterti subito a letto. Io verrò a

            rimboccarti le coperte.

Gipo: No, per carità preferisco stare qua!

Stella: (Con aria riflessiva e un po maliziosa) ...Senti ti propongo un giochino. Può darsi che ti

            faciliti le cose... guarda... fa quello che ti dice... ha a che fare un po' con la geografia... e cosi

            come la geografia fa conoscere la terra. Questo gioco ti permette di conoscere una persona...

            si gioca in due... un uomo e una donna.

Gipo: (Attratto dalla notazione culturale) bene, dunque... sono attento, Qual'è il regolamento?

Stella: (Alzandosi e posizionandosi eretta di fronte al pubblico) Io sono il mondo, tu sei il

            viaggiatore...

Gipo:  Se tu sei il nostro pianeta con la sua orbita smarrita, qua1'è dunque la mia meta che da’ un

            senso alla partita? 

Stella:  La meta può cambiare da individuo a individuo. E’ proprio questa la finzione del gioco. Tu

            dovrai scoprire la tua. All'inizio del viaggio ancora non la conosci. Potrai scoprirla a poco a

            poco gradualmente, oppure all'improvviso. I1 cammino è irto di pericoli, di soste, di        deviazioni. Si può correre il rischio anche di arrivare a metà percorso e persino di non poter   proseguire. Si. può addirittura ritornare al punto di partenza, o rinunciare a1 viaggio, ma        sempre, in ogni caso ci sarò io a guidarti durante il tragitto...  Su... dammi la mano e        poggiala sulla mia fronte. Adesso io chiuderò gli occhi e la tua mano scenderà dolce e lieve             su di me e poi... e poi... e poi... (dice queste ultime parole ansimando progressivamente. Le         luci piano piano si attenuano fino a scomparire del tutto per lasciare il posto sul grande        schermo bianco alla sagoma irriverente di Peter che in controluce ancora una volta vola             versa l’isola che non c'è.)

FINE PRIMO ATTO

ATTO SECONDO

Scena prima

(Casa di Paolo. Due giovani invitati: Lele e Giorgia. In disparte Gino).

Giorgia : Io odio le feste di compleanno, le trovo commemorazioni sciocche e inutili. Li definirei

            manifestazioni di masochismo. Come se uno dicesse: "Che bello, ho un anno in meno da

            vivere".

Lele:  La solita pessimista. La verità è che per voi donne gli anni trascorsi sono un passo verso la

            vecchiaia, per noi uomini, un passaggio verso la maturità

Giorgia: Questa 1’hai letta su un cioccolatino!

Lele: Perché? Non può essere il frutto di una mia profonda riflessione?

Giorgia: Stai attento, per certi uomini la profondità di pensiero è come una immersione in apnea.           Può essere fatale.

Lele: Cara Giorgia, il pensiero non ha sesso e solitamente alloggia in cervelli spaziosi e

            modestamente, il mio lo è. Io seguo la teoria di Nietzsche che diceva: "Bisogna avere

            almeno cinque pensieri al giorno". E questo non l’ho letto su un cioccolatino.

Giorgia: Siamo alle citazioni! Allora ascolta questa: "I pensieri sono come lo zucchero filato, ti

            riempiono la bocca, ma ti lasciano affamato".

Lele: La Fontaine?

Giorgia: No! Paperon de Paperoni.

            (Paolo si avvicina)

Lele: (Rivolgendosi a Paolo) Auguri al festeggiato!

Paolo: Grazie. Spero vi divertiate stasera. Voglio che i miei amici siano contenti come lo sono io.

Giorgia. Avevo ragione. Un caso evidente di perversione masochistica.

Paolo: Non capisco!

Lele: Non dargli retta. Giorgia scherza. A proposito ieri sono venuto a casa tua ma tu non c'eri... non     te lo ha detto...

Paolo: Chi Gipo?

Lele: No, non Gipo, non c'era nemmeno lui.

Paolo: Allora chi avrebbe dovuto dirmelo, scusa.

Lele: Quel signore che mi ha risposto al citofono.

Paolo: Impossibile! Se non c'ero io e non c'era Gipo non può esserci stato nessun altro.

Lele: Eppure qualcuno mi ha risposto al citofono dicendomi che non c'era né Paolo né Gipo.

Paolo: Avrai citofonato a qualcun altro...

Lele: Escluso. Sono sicuro di aver citofonato al vostro citofono e aver parlato con una voce che mi        diceva che non eravate in casa nessuno dei due.

Giorgia: Avete un ospite e non sapete di averlo?

Paolo: Ma quale ospite! La casa è quella che vedi... Li c'è la mia stanza e da quella porta si va nella        stanza di Gipo.

Lele: (perplesso) Eppure sono certo di aver parlato con un uomo da questo citofono.

Giorgia: Avrete un visitatore misterioso che si introduce in casa a vostra insaputa.

Paolo: Ma non è mai mancato niente, non che ci sia molto da rubare, eppoi avremmo notato       qualcosa...

Giorgia: Parlane con il tuo coinquilino, Gipo forse ha notato qualcosa.

Paolo: Gipo? (sorridendo fra se) Gipo! Si, si, gliene parlerò! Ma non stasera.

Lele: Ma tu piuttosto dimmi, com'è andato il colloquio che dovevi sostenere per quel lavoro?

Paolo: Bene. Molto bene. Mi hanno dato l'esito stamattina. Sono stato assunto al "Pascal" che

            come sai, é uno dei più importanti istituti d‘informatica. '

Lele: Congratulazioni! Un lavoro di prestigio. Cosa vuoi di più dalla vita?

Giorgia:  L'amore!

Lele: Amore e informatica: un cocktail inverosimile!

Paolo: Meno inverosimile di quanto tu creda. In fondo l'amore  che cos'è? E' il risultato di una   somma di dati, quali: piacere, egoismo, eccitazione sensoriale, ecc., che vengono             analiticamente elaborati dal nostro cervello, successivamente assemblati e rivestiti dalla nostra cultura, dal nostro senso estetico.

Giorgia: E la passione? Il trasporto dei sensi? Giulietta e Romeo? Margherita Gauthier? Anna

            Karenina? Emma Bovary?...

Lele: ...Cirano de Bergerac? Lancillotto? Don Chisciotte?...

Giorgia:  My fair lady? Il cielo in una stanza? Michelle...

Paolo: Alt! Tutti questi sono luoghi comuni. Elaborazioni e schemi che fanno parte della nostra

            cultura. Immagini olografiche del nostro inconscio collettivo. Un modo per enfatizzare i             nostri processi informatici. In fondo l'amore è solo un bel programma multimediale.

Stella: (Avvicinandosi) Auguri per il tuo compleanno!

Paolo: Grazie. Ma dimmi, qual è la sorpresa di cui mi avevi parlato?

Giorgia: Sorpresa?

Stella: Non è un regalo... cioè è un regalo. Ma un regalo che tu devi fare a me.

Lele: Anche tu festeggi qualcosa?

Stella: No! Ma mi piacerebbe farlo...

Giorgia: Io vorrei capirci qualcosa!

Stella: Non è semplice da spiegare... C'è un sogno che facevo da piccola, sognavo un'isola, la     vedevo dall'alto, e, nel sogno, io planavo dolcemente su di essa. Sfioravo i suoi boschi, le       sue colline sinuose e verdi, poi, mi abbassavo sin quasi a toccare le sue valli, piene di fiori di

            campo: le margherite, i lilla, i papaveri. Sentivo il rumore del torrente, ne avvertivo la

            freschezza. Poi, dapprima piano, poi sempre più vorticosamente, l'isola girava davanti a me

            come una trottola e si allontanava, fino a scomparire.

Lele: Ma che isola era?

Giorgia:  (Sarcasticamente spaventata) L'isola fantasma!

Paolo: Se quest'isola esiste, mi impegno a condurti li. Se mi dici dove?

Stella: E' proprio questo il regalo che ti chiedo. Riuscire a  scoprire dov'è l'isola. Ho pensato ad una

            caccia al tesoro, anche per divertirci un po’. Senza che tu te ne accorgessi ho nascosto dei

            messaggi sparsi per la casa. Ogni messaggio contiene una indicazione per arrivare al

            messaggio successivo. l'ultimo conterrà la mappa dell'isola dei miei sogni di bambina.

Paolo: Bella idea! Io amo i giochi intelligenti e non arretro mai davanti ad una sfida. Ci state anche

            voi? Rivolgendosi a Giorgia e Lele)

Giorgia: Almeno ravviviamo la serata. Ci sto!

Lele: Io non ho mai vinto al gioco, ma mi piace tentare. Ci sto anch'io!

Stella: (A Gipo) E tu Gipo, non vuoi giocare con noi? Perché te ne stai in disparte, c'è qualcosa che

            non va?

Gipo: Metterò nero su bianco. Invero sono stanco, il mondo è una porta che si chiude e la gente

            non mi accetta ma mi esclude.

Stella: Questo non mi sembra un buon motivo per mollare, per gettare la spugna. Io penso che se al

            mondo non ci fossero quelli come te, tutto sarebbe grigio e massificato.

Gipo: Ti ringrazio per avermi concesso la tua stima. Ma la mia condanna e proprio questa rima che

            mi perseguita con chiunque stia parlando, non conta il dove, il come, il quando. So solo che

            non ce la faccio più. Il mio io è stanco di non avere un tu. Partirò presto, lascio l'università,

            vivrò da solo la mia assurda realtà.

Stella. (Commossa) Mi dispiace... veramente... era importante per me che anche tu partecipassi alla

            ricerca della mappa.

Gipo: Perché ritieni che sia importante che al gioco partecipi un inutile passante?

Stella: Per cominciare a capire qualcosa di me... per mezzo tuo...

Gipo: E' inutile cercare un'illusione perché io ho già la soluzione.

Stella: (Eccitata) E qual è? (In quel momento viene strattonata e presa per un braccio da Paolo

            che la trascina via) 

Paolo: Allora, qual è la partenza?

Stella: (Stella esce un foglietto della tasca del vestito, lo legge o lo fa leggere a qualcuno)

           

            1° messaggio:

            Se all'isola vuoi approdare,

            un oceano devi attraversare.

            Scegli tu se brigantino o baleniera.

            Parti con Achab per una lunga crociera.

Giorgia: Crociera... quindi viaggi, viaggi... agenzia". agenzia di...   Quindi cataloghi, dépliant, mi

            pare di averne visto in quel mobile. (Va a cercare fra i cataloghi e dépliant di agenzie

            turistiche)

Lele: Secondo me, invece, la parola chiave e "ba1eniera". Le baleniere hanno un arpione, arpione...

            arpia... megera... strega (guarda allusivamente Giorgia) Strega e anche un liquore, nel tuo

            bar c'è una bottiglia di Strega? Sotto la bottiglia ci sarà il secondo messaggio.

Paolo: No, io non ho questo liquore, e comunque state sbagliando tutti e due. Non ci vuole molto a

            capire che la chiave è Achab, il capitano della Pequod alla caccia di Moby Dick. Infatti fra le

            pagine del libro si trova il secondo messaggio,

            2° messaggio:

            ll cuoce di bordo è un raffinato,

            cucina il soufflè col riso soffiato;

            ma la sera nel consommé,

            mette lenticchie e un po di sachè.

            Poi ascolta nel suo CD

            quel che vedremo un dì.

Giorgia : Tutto questo mi fa pensare ad una cucina: riso, lenticchie, soufflé...

Lele: La tua perspicacia e sconvolgente. A volte sospetto in te capacita medianiche.

Giorgia: Spiritoso... (I due si guardano, poi cambiamo espressione di colpo e velocemente...) Io

            guardo nel barattolo delle lenticchie...

Lele: ...e io in quello del riso. (i due si catapultano in cucina)

Paolo: Cara Stella, Giorgia e Lele non ti conoscono come ti conosco io.

Stella: Sei così sicuro di conoscermi?

Paolo: Tu sei per me come una formula matematica, un teorema che io solo ho capito, e per darti

            una dimostrazione decifrerò il tuo messaggio. Allora, riso e sachè sono caratteristici del

            Giappone, vedremo un dì o "un bel dì vedremo" che è, si sa, una romanza della "Madame           Butterfly" e, infatti, nel disco della Butterfly si trova il terzo messaggio!

            (Rientrano Lele e Giorgia)    

Giorgia: Noi abbiamo fatto una scoperta.

Paolo: Cosa?

Giorgia: Le tue lenticchie hanno fatto i vermi... 

Lele: ...e il tuo riso non è buono neanche per le galline cinesi.

Paolo: (Tenendo in mano il disco, da cui estrae il terzo messaggio) ed ecco qua il terzo messaggio.

Giorgia: Più sono bravi, più sono antipatici.

Lele:  I1 tuo guaio è che non fai lavorare il cervello.

Giorgia: Ho l'impressione che anche il tuo cervello sia in cassa integrazione.

            3° messaggio:

            In mezzo all'oceano il sole t'inchioda,

            giri come un gatto che si morde la coda.

            il tempo scorre irreale, flessuoso,

            andare da qui o da lì del circolo vizioso?

Lele: Ormai ho capito come si risolvono questi indovinelli.

Giorgia: Come?

Lele: Leggendo la soluzione riportata nell'ultima pagina. Faccio sempre cosi con la "Settimana

            enigmistica"

Giorgia: Ma questo è barare?

Lele: Conosci un sistema migliore?

Giorgia : Attivare al massimo le cellule cerebrali, fare accostamenti, deduzioni, formulare           sillogismi, muoversi come un investigatore, distinguere fra indizi falsi e indizi veri,       sommarli in maniera logica, alternando metodi induttivi e deduttivi a seconda dei casi.

Lele: Perfetto! Tu che ne dici Paolo?

Paolo: Mi sembra un ragionamento giusto.

Giorgia: ...dunque: in mezzo all'oceano il sole ti inchioda". il gatto che si morde la coda... ci sono

            ...ho capito.

Lele: ...e allora? ,

Giorgia: ...ho capito che non riuscirò mai a risolvere questi enigmi.

Paolo: lo non lo definirei un enigma, ma piuttosto un calambour, un gioco di parole. "Il tempo

            scorre irreale", il tempo viene scandito da un orologio. Un orologio strano, morbido,

            "f1essuoso", come dice Stella; ricordate quando dice "da qui O DA LI'", alludeva all'ormai

            celebre quadro dell'orologio di Salvador Dalì, di cui io ho una copia. Che ne dici Stella?

Stella: La tua arguzia, non mi stupisce, né mi sorprende la tua cultura; in fondo sapevo che tu ci

            saresti arrivato, ed è questo il lato ambiguo degli enigmi, sapere che chi li prepara vuole che        si indovinino.

            (Paolo si avvicina al soprammobile che rappresenta l'Orologio di Salvador Dalì, lo solleva           e prende un biglietto)

            4° e ultimo messaggio:

            La rotta é sempre la stessa

            basta conoscere la premessa.

            Tutto il resto é relativo

            segui la nuvola e resterai vivo.

            Mister X segue il sole per sette dì

            e la sua Lady Y prende il te a metà di mezzodì.

Giorgia: Io mi sono gia arresa.

Lele: Io pure, ma mi piacerebbe seguire il tuo ragionamento, Paolo.

Paolo: Questa e più complessa come traccia. Vediamo. Gli elementi importanti sono: la nuvola e il

            relativo, ovvero la "Relativita di Einstein". Quando lo scienziato spiega l'asse Cartesiano,           parla della nuvola sulla Postdammer Platz; ora se la X del mister la facciamo diventare asse

            cartesiano che va da est a ovest, ricordate "segue il sole" e consideriamo la sua lady come Y

            perpendicolare a X, otteniamo le due coordinate. Diamo ad X il valore di 7, ricordate. “sette      dì” e ad Y il valore di 6, ricordate: a metà di mezzodì, cioè metà di dodici, cioè sei. (Paolo si   muove sul palcoscenico contando i             passi) Facendo 7 passi ad ovest e 12 a sud avremo il           punto esatto in cui si trova il messaggio, ovvero la mappa. (Paolo si ferma sul posto, prende      il messaggio brandendolo come un trofeo) Vedi, era scritto che fossi io a trovare l‘isola del        sogno. (apre il foglietto ed ha un'amara sorpresa, sul foglio non c'è scritto niente).

Paolo: (Sorpreso e stupito) Ma questo foglio è vuoto, che vuol dire?

Stella: Mi dispiace, questo foglio non può che essere vuoto, perché io non possiedo un sogno.

            Pertanto non posso neanche avere un'isola. (Rivolgendosi a Gipo) E tu, sei sorpreso?

Gipo: No, non più di tanto, sapevo già che quello era un foglio senza senso. E mentre voi cercavate

            io vedevo l'incanto, guardavo nell'immenso. (Si avvicina alla finestra e la spalanca)

            Guardate lassù in alto nel cielo, cosa vedete? Oltre quel manto nero?

Gli altri: (Tranne Stella) Niente!

Gipo: Io invece riesco a vedere un'isola fatta di me e riesco a vederla proprio perché non c'è!

Stella: Ma si... ora ho capito... Certo non può essere che cosi. Noi scambiamo sempre i sogni con i

            desideri, con le ambizioni. Ma per avere un sogno bisogna appartenergli. E il sogno sarà

            l'unica cosa che può essere: una ricerca senza fine... forse di se stessi, o di quello che non            saremo  mai... o di ciò che non deve esistere, perché solo esistendo ci permette di vivere. In

            fondo è cosi stupendamente giusto tutto questo. Sono felice perché finalmente ho capito che     è tutto un gioco, ma se sai sognare puoi vincere ogni regola.

Buio.

 Entra in scena un nuovo personaggio. Un commissario di polizia.

Buio in scena. Un personaggio con cappello in testa entra e si muove al buio con circospezione alla ricerca di qualcosa. Ha in mano una piccola lampada tascabile. Si toglie il cappello e lo poggia su un mobile di scena. Si sentono delle voci dietro la porta. Il personaggio cerca un posto dove nascondersi ma dimentica di prendere il cappello. Entrano gli attori parlando.

PAOLO: … ma non so cosa sia... mi sento un po' frastornato...

LELE: (rivolgendosi a Paolo) Difatti ti vedo un po' fuori forma.

GIORGIA: Sei deluso per la festa di ieri sera?

PAOLO: Deluso? Non è la parola giusta. Direi che sono... confuso, disorientato..

LELE: Ti riferisci alla reazione di Stella?

PAOLO: Anche... non riesco a mettere a fuoco la sua personalità, qualcosa mi sfugge,     anche Gipo     mi risulta di difficile collocazione.

GIORGIA: In che senso scusa.

PAOLO: Non so se definirlo un disadattato, un idealista o un furbo...

GIORGIA: (prendendo in mano il cappello dimenticato) ...si, e poi usa strani cappelli...

PAOLO: Di chi è quel cappello? Non è certo mio. Io non uso cappelli:

LELE: Sarà di Gipo...

PAOLO: No, nemmeno lui ne usa...

GIORGIA. Ma allora di chi è?

            (Il personaggio di prima esce dal nascondiglio, indossa una impermeabile             modello investigatore anni trenta si avvicina al gruppo prende il cappello dalle             mani di Giorgia)

COMMISSARIO: E' mio! Scusate la mia entrata poco formale. Permettete: Vice            Commissario Megretti della              Polizia Sezione prevenzione crimini.

PAOLO: Polizia! Prevenzione crimini... ci deve essere uno sbaglio... eppoi lei, com'è       entrato?

COMMISSARIO: Nessuno sbaglio! C'è stata una precisa denuncia a cui stiamo dando   seguito. Per quanto riguarda la sua domanda: è vero mi sono introdotto in casa   sua con mezzi illeciti, ma l'ho fatto nel suo interesse.

PAOLO: Denuncia?

COMMISSARIO: Esattamente. Alcuni vicini di casa hanno notato movimenti, rumori e             presenze anomale nel suo appartamento e hanno presentato una regolare   denuncia.

PAOLO: (Rivolgendosi a Lele e Giorgia) Avete sentito?

LELE: Allora avevo ragione quando ti parlavo del personaggio che mi ha risposto al       citofono l'altro giorno!

COMMISSARIO: Lei vive qui? (a Lele)

LELE: No, no, sono solo in visita.

PAOLO: No, guardi, signor... ispettore...

COMMISSARIO: No, non sono ispettore, non siamo in Inghilterra, sono il vice commissario Megretti.

GIORGIA: Megret!... parente?

COMMISSARIO: Megretti, non Megret... e non ci può essere parentela, Maigret è un    personaggio di fantasia, io sono un vice commissario della polizia investigativa.

            (Il personaggio pur dichiarando la sua diversità dal famoso Maigret ne imita le     caratteristiche: fuma la pipa,  porta il cappello e si muove con noncuranza             nella casa, aprendo porte, cassetti etc...)

COMMISSARIO: Vede signor?

PAOLO: Paolo, mi chiami Paolo.

COMMISSARIO: Signor Paolo, la sezione di cui faccio parte si occupa della      prevenzione dei crimini, forse lei avrà sentito quella famosa formula: prevenire           è meglio che scoprire.

GIORGIA: Ma non era: prevenire è meglio che “curare”?

COMMISSARIO: In medicina, non in criminologia.

PAOLO: Criminologia! Ispet... scusi: commissario, comincio a preoccuparmi...

COMMISSARIO: Niente da temere. Oggi la polizia dispone di tecnologia          d'avanguardia... (tira fuori un'antiquata lente di ingrandimento e si mette alla   ricerca di tracce ovunque: mobili, vestiti dei presenti, pareti...)

LELE: Quella cos'è? Una lente a raggi laser?

COMMISSARIO: (imbarazzato guarda la sua lente) …Lei, signor Paolo, non ha             notato qualcosa di strano in casa?

PAOLO: (Titubante) Strano? Cos'è strano? Definire: Strano.

GIORGIA: Non saprei... Gipo?

LELE: Gipo è strano!

COMMISSARIO: Chi è Gipo?

PAOLO: E' il mio coinquilino. Ma non è più  strano di chiunque altro. Per esempio di     lei.

COMMISSARIO: Di me? Io sono strano? Come sarebbe?

PAOLO: Forse la definizione esatta è: originale. Gipo è originale, come lei ispettore.

COMMISSARIO: E' un complimento?

Lele e GIORGIA: (insieme) SI!

COMMISSARIO: Grazie... ma devo portare avanti la mia investigazione.. (facendosi     serio) Voi allora mi confermate che non avete avuto nessuna scomparsa di        oggetti di valore, documenti...

PAOLO: No, nessuna scomparsa... anzi... no...

COMMISSARIO: Ah! C'è una scomparsa!

PAOLO: No, c'è una ricomparsa!

COMMISSARIO: Una ricomparsa?

PAOLO: Come potrei definirla... lei crede nel paranormale, nel extrasensoriale...

COMMISSARIO: Fantasmi?

PAOLO: In un certo senso... direi: Presenze. Quell'indefinibile e immateriale che             percepisci come definibile, fisicamente presente.

GIORGIA: Oddio! Hai visto un film dell'orrore recentemente?

LELE: Paolo! Non ti riconosco più! Tu, il più agnostico degli agnostici parli di:    presenze, immateriale...

COMMISSARIO: Un momento, un momento, volete dire che siamo in presenza di un   fenomeno paranormale?

GIORGIA: Sembra di si.

COMMISSARIO: Ma questo esula dalla mia mansione di vice commissario, ma (guardandosi attorno con sospetto) lo dico in forma ufficiosa: io sono un            esperto di fenomeni paranormali.

GIORGIA e LELE: (insieme) NOOOO!?

COMMISSARIO: Si! Anche se come funzionario dello stato non posso ammetterlo        pubblicamente, ma io ho sempre creduto all'aldilà. (rivolgendosi a Paolo)       Allora, mi dica, come si manifesta questa presenza: rumori notturni, visioni di      ectoplasmi, improvvisi variazioni di temperatura...

PAOLO: Niente di tutto ciò. Umori!

ISP. GIO. LELE:(Insieme) UMORI???

PAOLO: Come un'infiltrazione di fluidi nell'aria. La cosa può apparire inverosimile ma   io ho percepito un influsso... energetico da quando c'è questa presenza.

LELE: Sicuro che non ci sia LSD nel deodorante che spruzzi in casa?

GIORGIA: Se è così dammi il nome del deodorante.

COMMISSARIO: Signori, signori... io credo di aver capito cosa intendeva dire, il          signor Paolo descrive             quelle sensazioni di ebbrezza tipiche di chi viene in             contatto con: ”presenze positive”, cioè con presenze che vogliono trasmettere     un messaggio e per farsi notare trasmettono energia positiva.

GIORGIA: (adulatrice) Ma lei commissario è un esperto. Mi piacerebbe discutere con    lei di questi argomenti cosi misteriosi ma anche affascinanti, naturalmente io e lei da soli...

COMMISSARIO: (preso dalla voce di Giorgia) Certamente signorina... (riavendosi)       Appunto come dicevo... queste presenze hanno il bisogno di mostrarsi ma     devono sentire di essere nel posto giusto e davanti alla persona giusta.

PAOLO: E come si fa per comunicare con loro, lei che è un esperto lo saprà.

COMMISSARIO: Non è una cosa semplice, sono loro che decidono quando e a chi       mostrarsi.

LELE: Lei ne parla come se ne avesse esperienza diretta... e secondo lei, queste   presenze possono rispondere al citofono?

COMMISSARIO: No, non mi risulta ci siano stati casi del genere, una volta una             presenza rispose al telefono, ma chi chiamo credette di aver sbagliato numero e la cosa non ebbe seguito...

GIORGIA: Ma commissario lei è una miniera di informazioni.

COMMISSARIO: Sono solo un appassionato di paranormale. Quello che dobbiamo       capire invece adesso chi è questa presenza e cosa vuole comunicare...

PAOLO: Cosa dovremmo fare per far si che si sveli?

COMMISSARIO: Aspettare, rendere questo ambiente ospitale, accogliente, caldo, se     lui avverte la vostra benevolenza, il vostro affetto allora, si rivelerà.

PAOLO: Io sono un scettico per cultura e formazione, ma  non farò niente per     ostacolare la presenza di questa “presenza”.

Ispettore. Bene allora io vi lascio in sua compagnia e tolgo il disturbo. (Si avvia   all'uscita)

GIORGIA: (Bloccandolo) Non vorrà lasciarmi cosi senza raccontarmi qualche storia...    di fantasmi...(Allusiva)

            (Giorgia prende sottobraccio il commissario e insieme si avviano mentre il            commissario comincia a raccontare)

COMMISSARIO: Vede signorina tutto ebbe inizio quando avevo quindici anni come     tutti i ragazzi a quella età  avevo un eroe preferito, eroe che dividevo con un   compagno con cui giocavo, poi lui partì, … (escono di scena)

            Buio.

(musica sottofondo, penombra, sfere multicolori in rapido movimento roteano nella stanza.

Gipo è disteso sul pavimento esamine. Stella entra nella stanza.  S’inginocchia in silenzio e china il capo.)

 Buio.

Stella: (voce fuori campo) Gipo.. o … no!...forse questo corpo non sei tu….forse è il       peter pan che c’è in te… o forse è soltanto la proiezione della tua fantasia che materializza la morte dei propri sogni… cosi’ come la fantasia crea il sogno…           allo stesso modo puo’ farlo morire…

(Sirena della Polizia – Buio – Il corpo disteso a terra non c’è piu’. Le sfere multicolori diventano statiche).

Megretti: ( voce fuori campo) chi mi ha svegliato nel cuore della notte per un morto che non esiste…. Per qualcosa che non è successa? Sono un commissario di Polizia,           perdiana! Svegliatemi quando succede qualcosa!...

SCENA SECONDA

            (Paolo e Stella soli. Paolo si muove irrequieto, ha un bicchiere in mano, ogni tanto

            sorseggia).

Paolo: (Riempie un bicchiere e lo porge a Stella) Prendi, dobbiamo brindare.

Stella: A che cosa?

Paolo: A te, ...a me, ...a Gipo, all'isola dei tuoi sogni, l'isola che non c'è. Brindiamo alle favole, ai

            sogni, ai desideri, alla vita, all'amore...

Stella: Non capisco la tua ironia.

Paolo: Ironia? Sono solo in vena di romanticismo. O la poesia è solo per individui come Gipo?

Stella: Che centra Gipo?

Paolo: Ho avuto la sensazione che la sua visione poetica del mondo ti stesse contagiando!

Stella: Parli come se la sua visione del mondo sia un morbo o una malattia.

Paolo: Nel suo caso si! Sognare è un bisogno dell'uomo, ma vivere di sogni è follia.

Stella: C'è più follia nella realtà che nel sogno. E poi Gipo non è un sognatore, non nel senso che

            credi tu, è uno che, senza saperlo, crede in una vita senza trucchi.

Paolo: Il solito vecchio discorso dei valori. Che cos'è la vita? Chi siamo? Dove andiamo? Ho     smesso di farmi queste domande a quattordici anni.

Stella: Questo tuo cinismo è quasi patetico.

Paolo: Forse è vero, forse io esagero...  la verità è che ho scoperto molto presto che i sogni

            sono un intralcio, un bagaglio inutile, un peso morto se vuoi andare spedito.

Stella: Andare dove?

Paolo: Andare da te. Con te. Ecco questo è il mio piccolo sogno, Come vedi non sono poi cosi

            cinico.

Stella: Ascolta Paolo, io non so come dirtelo...

Paolo: ...Non dire niente. Sono io che debbo dirti qualcosa, qualcosa di importante. Ho riflettuto

            molto prima di dirtelo, ho analizzato bene i miei sentimenti per te e sono arrivato alla

            conclusione che io e te dobbiamo stare insieme. Ti chiedo di sposarmi.

Stella: (Fa una lunga pausa) Devo dirti la verità, non mi aspettavo una richiesta del genere e sono

            molto confusa...

Paolo: ...non ti chiedo una risposta immediata, pensaci, analizza, poi deduci...

Stella: ...pensare, analizzare, dedurre, trarre conclusioni... ma è proprio questo quello che mi

            spaventa, questo tuo modo di valutare i sentimenti, come una astrazione logica, fredda,

            asettica. Tu parli di sogno e poi non riesci ad entrarci dentro il sogno. Forse per te questo e

            normale, è il tuo modo di essere e io non voglio cambiarlo. Tu sei un bravo ragazzo e la tua

            proposta mi lusinga, ma non è questo quello che voglio, non in questo momento.

Paolo: Capisco. Anche se pensavo che questo potesse aiutarti a superare la crisi che stai vivendo.

Stella: Forse non sono entrata in crisi, ma sto uscendo da una crisi, una crisi che è iniziata quando          ho smesso di essere ragazzina e sono diventata donna.

Paolo: Non ti capisco...

Stella: Non è semplice da spiegare. Io ero come te, come tanti altri; credevo che bastava fissarsi            degli obiettivi, lavorare per raggiungerli, omologarsi al gruppo e seguire le indicazioni. "La          vita": per l'uso leggere attentamente le istruzioni. Poi... .

Paolo: Poi?

Stella: Poi ho conosciuto Gipo.

Paolo: Gipo?

Stella: Si, Gipo.

Gipo: In poche parole ti sei innamorata di Gipo?

Stella: Se "innamorata" è la parola giusta, credo di si.

Paolo: (Perplesso e rassegnato) Ah! Stella, Stella... mi deludi... io ti conosco come una ragazza

            intelligente, e per ciò ambiziosa... come puoi. farti irretire da un povero sognatore come

            Gipo...

Stella: Sognatore? Forse, ma non "povero".

Paolo: Tutti i sognatori lo sono, e quando hanno finito di dispensare sogni a se stessi e agli altri si

            ritrovano con tutte le loro frustrazioni, pronti a raccattare solo le briciole della loro esistenza.

Stella: Forse, ma bisogna avere un sogno per dare un valore alla propria esistenza.

Paolo: E allora vai dal tuo sognatore, anzi vola dal tuo Peter Pan, e andate insieme verso l’isola che

            non c'è, un futuro che non c'è, un mondo che non c'è, ma quando i sogni si spegneranno

            ricordati che io non sarò li ad aspettarti. (Paolo esce rabbioso)

SCENA TERZA

            (Stella e Gipo)

            (Stella passeggia nervosamente. Entra Gipo. E' visibilmente turbato)

Stella: Gipo.

Gipo: (Non risponde e tenta di darsi un atteggiamento più calmo)

Stella: Dimmi... cos'è successo... ti vedo... strano.

Gipo: Sono turbato... non capisco cosa sia stato, ho la mente confusa, le cose si sono succedute alla

            rinfusa...

Stella: Siediti e dimmi con calma...

Gipo: No.. preferisco camminare, solo cosi riesco a ragionare. Quando la rabbia si sposa alla

            intolleranza, buonsenso e ragione vanno in vacanza:

Stella: Paolo!

Gipo: Già, non l'avevo mai visto così arrabbiato. Non capivo quello che diceva, restavo

            imbambolato. Parlava di te ed affermava, di come ti avevo plagiata, ingannata, rubata. Non

            riuscivo a comprendere, cercavo di farlo intendere, ma lui continuava a colpirmi, tentavo in

            tutti i modi di difendermi,invero in modo goffo, maldestro, somigliavo più ad una palla

            buttata in un canestro. A menar le mani non sono mai stato bravo, fin da piccolo più volevo

            darle, più le buscavo.

Stella: Gipo, mi dispiace che per colpa mia...   ma spiegami cosa è successo.

Gipo: Non ti devi sentire responsabile, era logico che fosse inevitabile. Stamattina mi sono recato          alla sua facoltà, per metterlo al corrente della mia decisione che è quella di lasciare           l'università. Ed era giusto che conoscesse la ragione. Ma non mi ha dato il tempo di spiegare.      E' stato come un fulmine durante un temporale. Finché nel tafferuglio, nella confusione,       finimmo in un ambiente attiguo, uno stanzone, un deposito di computers vecchi, una parete       di polverosi specchi. Non ricordo come successe, uno scatto, un'impennata, ebbi l'istinto di             contrastare la sua ondata e lo respinsi con forza, con veemenza. Non sospettavo in me una          simile violenza. Un urto che non poté più bilanciare. Sbatté in uno scaffale facendolo    ondeggiare. E' stato questione di un secondo, poi sembrò che crollasse il mondo. Monitor,         schede e tastiere a tempesta, gli piovvero addosso sulla testa.

Stella: Oh! Mio Dio!

Gipo: E' stato come rivivere un incubo del passato, qualcosa che la mia vita ha segnato.

Stella: Perché dici questo?

Gipo: Quando, finito il diluvio di vetro e di metallo, gli son corso vicino a rianimarlo, Paolo era

            immobile li con gli occhi chiusi. Lo scrollai, evitando di toccargli i punti contusi. Aprì gli            occhi di scatto, con uno sguardo grigio, piatto. Non ricordava quel che gli era accaduto. Si           alzò e si mosse imbambolato in viso. Sembrava un automa che aveva perduto, cosi senza            preavviso, gesti umani e i suoi comportamenti:

Stella: (Visibilmente preoccupata) Ci pensi... per una strana ironia della sorte è successo a lui la

            stessa cosa che capitò a te tanti anni fa. Più o meno la stessa causa e lo stesso effetto. Mi

            chiedo qual'è il significato e cosa succederà adesso... Gipo cosa dobbiamo fare?...

SCENA QUARTA

            (Stella - Gipo – Paolo)

(Gipo sta preparando la valigia. Suonano alla porta. Gipo va ad aprire. E' Stella.)

Stella: Che fai., parti?

Gipo: Si... è cosi...

Stella: E dove andrai? Tornerai a casa?

Gipo: Non lo so ciò che farò.

Stella: Porterai con te il tuo amico. (indicando la porta della stanza di Gipo)

Gipo: No, sai lui non sopporta, avere legami di sorta, vive senza fissa dimora, decide quando è l'ultima ora. Qualcosa l'ha staccato del suo io, ma lui vive come se fosse mio,

Stella: Io sono venuta apposta per te... vorrei dirti una cosa importante... almeno credo che lo  sia...

            (Gipo dando le spalle a Stella, non risponde. Continua a preparare la valigia.)

Stella: (Esitante ed imbarazzata) Ecco... volevo dirti che io mi sono innamorata di te...  ma...

            (Gipo continua a dare le spalle a Stella. Ma si blocca, rigido, senza più badare alla

            valigia.)

Stella: Ma tu non sei Peter Pan... voglio dire... tu sei Gipo. Attraverso di te ho scoperto i miei

            sentimenti quando credevo di non averne, mi hai permesso di capire che avevo un sogno.           Ma tu non sei il mio sogno... e prima di decidere con chi stare, con quale uomo passare la           mia vita, prima ancora di questo, ho bisogno di afferrare, di sentire, di vivere il mio sogno,        di innamorarmene di identificarmi con lui... capisci cosa intendo? Perciò non basta l'amore     che provo per te... non basta per darti tutto di me, per decidere oggi la mia vita.

            (Gipo continua a non rispondere, rigido e impalato da sempre le spalle a Stella.)

Stella: Perché non dici nulla?

Gipo: Già immaginavo il finale. E' un motivo in più per andare.

Stella: Sai qual è il regalo più bello che mi hai fatto in questa storia?

Gipo: Forse il ricordo... la memoria.

Stella: No.. sono i dubbi che mi hai dato contro le certezze di Paolo... e la tua inquietudine contro la

            sua sicurezza... sono i tuoi misteri contro le sue rivelazioni. Pensa... che noia mortale        sarebbe state la vita con lui! Un essere umano muore quando crede di poter fare ed ottenere    tutto... di poter capire il mondo, di poterlo dominare. L'eccessiva sicurezza lo rende      arrogante, arido, egoista e prima o poi lo spinge ad imboccare un'unica strada, quella del        potere... ed il potere conduce al nulla, ...non credere più a niente, a non sapersi più illudere...             e allora finisci per non rinnovarti più... il mio amore per te è una proposta per vivere e per            sognare... non è una soluzione... un risultato... le soluzioni lasciamole a chi vuole andare oltre i confini della conoscenza... noi sappiamo solo sognare e abbiamo imparato che il     sogno supera ogni dimostrazione e la fantasia vince ogni conflitto... io non ho altro da dirti...

Gipo: (Girandosi lentamente versa di lei) Bene! Io mi complimento. Quello che mi hai detto non ha

            bisogno di commento. Tu hai imparato la lezione. Adesso mettiti in azione. Cerca di capire

            per quale vita tu sei nata. Conoscine mille, ma scegli la sola che nessuno ti ha insegnata.

            Domani verrà un qualcosa di straniero, un qualcuno che ti leggerà il pensiero. E non

            t'importerà sapere come ha fatto. Lo accetterai come si accetta un matto. E lo amerai perché

            non ti chiederà mai niente, pur dividendo gli orizzonti che avrai nel cuore e nella mente. Lui

            avrà l’identità del tuo mondo. E' sarà come un vagabondo, senza partenza e senza arrivo. La

            stessa corsa, lo stesso abbrivio.

Stella: Tornerai un giorno da me?

Gipo: Forse, se avrò una risposta ai miei perché.

Stella: Qualunque cosa farai, a qualunque conclusione arriverai... per piacere non rinnegare Peter

            Pan. Se un giorno ti capiterà di passare delle mie parti, bussa alla mia porta. Io capirò subito

            che sei tu e ti aprirò, in quel momento vedrò davanti a me un uomo che non ha mai

            rinunciato a se stesso e che convive magnificamente con un bambino, tenero e dolce... un

            uomo che è cresciuto senza avere dimenticato che può volare. Magari avrai l'ombra un po’

            scollata dal tuo corpo ma in prenderò ago e filo e te la riattaccherò, cucendotela alla

            perfezione... forse nel frattempo avrò scoperto di essere la tua Wendy.

Gipo: (Annuendo e sorridendo chiude la valigia e la solleva) Ora devo andare. Non posso più

            restare. Mentre la luna se ne sta a metà, io sposto me stesso un po' più in la. Oggi è troppo

            presto per amarti e troppo tardi per dimenticarti: (I due si abbracciano)

Stella: Grazie per essere una contraddizione.

(In quel momento si sente lo scatto metallico di chiavi inserite nella toppa della serratura.  E' Paolo che entra in scena. Ha un atteggiamento freddo, asettico, impersonale. Sembra quasi un'automa)

Paolo: (Dando un'occhiata a Gipo e Stella) State andando via?

Stella: Si!

Paolo: (Porgendo a Stella una stella di latta) Tienila! E' un pensiero per te... conservala per ricordo

            (Stella prende l'oggetto lo guarda per alcuni secondi tenendolo per le mani. Poi abbraccia           Paolo e lo bacia)

Paolo. Pensaci... se non ci fosse nessuna differenza tra una stella e un computer, tra un uomo e il

            suo processo di informazione che si chiama vita? Se fossero una cosa sola? Se fossero     diversi solo in apparenza ed invece entrambi appartenessero ad un unica inscindibile realtà?

            (Stella non risponde. Si ferma ancora un attimo a guardare Paolo, poi ancora Gipo. Poi,

            senza voltarsi indietro, scende dal palcoscenico, percorrendo il corridoio destro della sala.

            Gipo contemporaneamente ne percorre il lato sinistro. Entrambi si allontanano passando

            fra il pubblico. Paolo resta solo, immobile al centro della scena)

Paolo: (Paolo ha con se un involucro. Lo apre con calma e ne trae un computer che poggia sul

            tavolo. Appena comincia a digitare, le luci si spengono, su uno schermo nel fondale

            appariranno immagini indistinte.)

"Voce Fuori campo”: Oggi incidentalmente sei entrato in un mondo sconosciuto, in una dimensione

ignota che esiste fra il reale e l'irreale. Un uomo di età indecifrabile è stato trovato svenuto e

dormiente ai piedi di un albero. L’albero ha le foglie fluorescenti ed è parte di una fitta foresta

popolata da fiori multicolori, da ampie distese di verde, e da enormi cascate di acqua limpida

e cristallina. A1 suo risveglio, l'uomo che non possiede un codice di riconoscimento nè uno di

accesso ha dichiarato di chiamarsi Peter Pan, ma non ha saputo fornire alcuna spiegazione

sulla sua inquietante, misteriosa presenza in quel mondo virtuale. La sua vera identità non e

stata ancora accertata ma sembra che... ma sembra che... ma sembra che... (La voce si

interrompe)

 

Musica, buio, finale.