Piazza della Vergogna

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Piazza della Vergogna

PIAZZA DELLA VERGOGNA

Due tempi

di Salvino Lorefice

n. 11 personaggi (interpretabili da sette attori), uno femminile.

Ufficio di commissario di polizia

necessari: effetti speciali di facile realizzazione e un mega-schermo.

Voce fuori scena.

 Un ingegnere siciliano viene convocato in commissariato perché la moglie lo ha denunciato: lo accusa di voler far uccidere il commissario che sta facendo indagini sugli ambienti mafiosi palermitani.

 In un drammatico colloquio, che dura un’intera notte, il commissario scopre tante cose che gli fanno capire che nulla può contro l’ingegnere il quale, da parte sua, non fa nulla per nascondere - pur negandolo - di essere un mafioso. E durante il colloquio (che si rivelerà essere un interrogatorio) vengono uccisi tutti coloro che il commissario nomina come testimoni: la moglie stessa del1’ingegnere, un avvocato, un prestanome, un politico. Tutti uccisi in una notte, a distanza di poche ore l'uno dall'altro. Nel frattempo viene “narrata” la Storia della Mafia, in una sorta di teatro didascalico, che fa da “coro” alla vicenda narrata.

 Il mattino successivo, quando viene rilasciato, il mafioso ingegnere invita il commissario al bar di Piazza della Vergogna. Lo invita a prendere cappuccino e brioche e si capisce che un rifiuto vorrebbe dire morte per il commissario. Ma questi  non accetta.

salvino.lorefice@tiscalinet.it                         http://web.tiscalinet.it/salvinolorefice


Piazza della Vergogna

Atto unico

di

Salvino Lorefice

(S.I.A.E. - Sezione DOR – posizione N. 52246)

Personaggi:

-Ingegner Antonio Francisci

-Commissario Salvatore Catania

-Appuntato Marini

-Claudia Sammartino, moglie dell’ingegnere

-Rocco Colafesta – Mastro Matteo

-Due compari

-Voci fuori scena, maschili e femminili.

I

E’ sera.

Ufficio del commissario.

Il commissario Catania è seduto alla sua scrivania.

Entra Claudia Sammartino.

CLAUDIA                 Buona sera, commissario.

COMMISSARIO      Buona sera, signora. A cosa debbo la sua visita?

CLAUDIA                 Commissario, io non mi sono mai interessata agli affari degli uomini che mi sono stati vicini in tutta la mia vita: prima mio padre, poi mio fratello e infine mio marito, l’ingegner Francisci, Antonio Francisci, che lei conosce.

COMMISSARIO      E chi non lo conosce? A Palermo e fuori Palermo.

CLAUDIA                 Io non so cosa vuol dire o cosa sia la mafia, ma so che mio marito è un mafioso.

COMMISSARIO      Signora Francisci, prima di fare certe affermazioni…

CLAUDIA                 Ne sono sicura, commissario: mio marito ha rapporti d’affari con alcuni pubblici amministratori. Usa soldi puliti per affari sporchi e soldi sporchi per affari ancora più sporchi.

COMMISSARIO      Ma se mi ha appena detto che non si è mai interessata…

CLAUDIA                 Mai, fino a qualche mese fa, fino a quando ho capito che nella coscienza di mio marito gravavano la morte di mio fratello e le sofferenze di mio padre.

COMMISSARIO       Signora, se ha delle denunce di questo tipo da fare, non è con me che deve parlare.

CLAUDIA                 Si, invece, perché è lei, commissario, che vogliono uccidere.

COMMISSARIO      Uccidere me? E perché?

CLAUDIA                 Chiedere perché a gente come mio marito è come chiedere al lupo perché mangia l’agnello. In tutta la mia vita non ho sentito altro che dare ordini per me incomprensibili. Ho sempre ascoltato discorsi privi di senso, o così mi sembravano. Solo dopo, “a cose già fatte”, ricollegavo i fatti ai discorsi. E capivo. Capiva chi erano i miei zii, chi era mio padre, mio fratello… e infine anche mio marito. “Senti assai e parra picca”, mi diceva sempre mia madre. E io avevo tutto ciò che una donna potesse desiderare. Non mi mancava nulla, i miei uomini non mi facevano mancare nulla. Poi mi mancò il fratello. E mi tolsero anche l’affetto di mio padre. E ora: “Fate la festa al commissario Catania”. Per me è stato come svegliarsi, emergere da acque profonde. Ora o mai più, ho pensato. E sono venuta qui, da lei. C’è voluta molta forza, mi creda. E molto, molto coraggio. E ora non  mi faccia più dire

Claudia si avvia per uscire

COMMISSARIO      Uccidere me! Proprio me! Ma perché?

CLAUDIA                 (voltandosi:) Perché il lupo mangia l’agnello? (esce)

Buio.

II

La stessa sera.

Davanti all’uscio di un bar che dà sulla piazza, Rocco Colafesta è seduto ad un tavolino assieme a due compari.

Musica di una banda in lontananza: sono in corso i festeggiamenti della Patrona del paese, la Madonna del Carmine.

COLAFESTA             La fanno tanto lunga col fenomeno della mafia… ma la mafia non esiste. Tu che dici?

Primo Compare           Vero è, don Rocco.

COLAFESTA             Se qualcuno muore ammazzato, è perché doveva morire ammazzato. E tu che dici?

Secondo Compare      Vero è. Vossia ci avi ragione.

COLAFESTA                        E’ veru o unn' è veru, ah?

Primo e Secondo COMPARE           Vero, vero è! Ragione avete.

COLAFESTA             Appena un galantuomo, col sudore della fronte, riesce a farsi delle piccole la mafia dov’è? Esiste? No. E il bello è che non lo vogliono capire. E certi giornalisti sono come le zanzare: fastidiosa presenza. E l’uomo che punge deve essere punto. E’ giusto o non è giusto?

Primo COMPAR        Eiusto, don Rocco.

Secondo COMPARE Giustissimo, dite. Giustissimo.

COLAFESTA             E poi quando i giornali parlano, paragonano la mafia alla ‘ndrangheta, alla camorra. Ma che fa? Scherziamo? E’ come dire che la cucuzza è uguale al cocomero. Che centra? - dico io - la cucuzza è cucuzza e il cocomero è cocomero. E sai perché?

I COMPARE             No, perché?

COLAFESTA             Perché ‘ndrangheta e camorra sono piccoli fenomeni locali, la mafia no. La mafia è internazionale.

I COMPARE             Internazionale è.

COLAFESTA             ‘Ndrangheta e camorra sono delinquenza comune, taglieggiatori, raccoglitori di spighe. La Mafia no, la M afia è ricca e potente.

II COMPARE                       Ricchissima e potentissima è.

COLAFESTA                        Insomma, ‘Ndrangheta e camorra sono oggi la Mafia quando era bambina.

I COMPARE             ‘Ndrangheta e camorra bambini sono.

Si sente una voce

VOCE SICARIO      Don Rocco Colafesta!

COLAFESTA                        Cu’ è ca mi sta chiamannu?

VOCE SICARIO      A Marunnuzza d’o Carmini!

Buio.

Si sentono tre colpi di lupara.

La banda continua a suonare.

III

Ufficio del commissario.

Il commissario è seduto alla sua scrivania.

Mattino.

APPUNTATO            (entrando:) Buon giorno, commissario. L’ingegnere è arrivato. Ha saputo di Rocco Colafesta? Ieri sera…

COMMISSARIO       Sì, ma me l’aspettavo. Però ci sono alcuni punti che solo il nostro ingegnere ci potrà chiarire.A proposito, lo faccia entrare.

APPUNTATO           Commissario, queste indagini riguardano la omicidi…

COMMISSARIO      Riguardano anche me.

APPUNTATO            Dottore, volevo solo dire che forse, prima di cominciare l’interrogatorio di quel pezzo da novanta, leidovrebbe rimettersi in forma. Forse ha lavorato troppo           ultimamente. Stamani ha una faccia… si vedesse allo specchio…

COMMISSARIO       La mia vita mi riguarda, non crede? Sa cosa vuol dire vivere sapendo che ad ogni passo che fai c’è una lupara che ti tiene di mira?

APPUNTATO           Capisco…

COMMISSARIO       Voglio chiudere al più presto i conti con quella gente. O io o loro! E basta coi pezzi da novanta.

APPUNTATO           Scusi, dottore, ma che vuol dire ‘pezzo da novanta’?

COMMISSARIO      Marini, ha mai assistito a un casteddu ‘i focu? Ai fuochi artificiali?

APPUNTATO           Certo. Qui in Sicilia abbondano, in occasione delle feste di paese.

COMMISSARIO       Bene. Durante questi fuochi, vengono esplosi vari petardi che accompagnano con i loro botti i giochi di luce di altri petardi. In chiusura, per ultimo, viene sparato un petardo da novanta millimetri, il più grosso che esista, quello che fa il botto più forte e che indica la fine dei fuochi artificiali. Ha capito, Marini? Quello è il pezzo da novanta. E’ a lui che spetta l’ultima parola.

APPUNTATO           Caspita!

COMMISSARIO      E già, la Sicilia è terra di metafore, Marini, non lo sapeva?

APPUNTATO            Ho sentito dire che i due amici di Rocco Colafesta che ieri sera stavano al caffè con lui sono stati uccisi perché erano due quacquaracquà – si dice così?– cioè uomini di poco conto.

COMMISSARIO      Anche le spine fanno il carciofo.

APPUNTATO           Il carciofo? Ah, un’altra metafora della terra di Sicilia…

COMMISSARIO      La ‘cosca’, Marini, sa cos’è la ‘cosca’?

APPUNTATO           La cosca mafiosa!

COMMISSARIO      Vabbè, va. Ma lo sa perché si chiama così?

APPUNTATO           Veramente, no.

COMMISSARIO       La ‘cosca’ deriva dal carciofo. Ha presente un carciofo? Vi sono: all’esterno le sfoglie – che in Sicilia si chiamano ‘cosche’ – e all’interno c’è il ‘torso’,quello buono, protetto dalle cosche. Quindi il torso è il capo e le sfoglie sono i subalterni riuniti attorno al capo, a proteggerlo. Togli una cosca e trovi          un’altra cosca. Strappi l’altra cosca e ne trovi ancora una… E non finiscono        mai, non si arriva mai al torso. E quando credi di esserci arrivato, ti accorgi che era il carciofo sbagliato e devi ricominciare daccapo con un altro carciofo.

APPUNTATO           E tutto il carciofo sarebbe la mafia?

COMMISSARIO      Marini, magari la mafia fosse un carciofo!

L’appuntato esce.

Buio.

IV

Ufficio del commissario.

Dopo poco.

Il commissario attende l’arrivo dell’ingegnere.

INGEGNERE                       (entrando:) Caro commissario, buongiorno. O devo dire signor commissario?

COMMISSARIO      Fa lo stesso, ingegnere, non è questo l’importante.

INGEGNERE            Beh, visto che sono stato ‘convocato urgentemente per comunicazioni e chiarimenti importanti’…

COMMISSARIO       Accomodatevi, prego, e risparmiatevi i sarcasmi. L’affare è serio. (parlando all’interfono:) Appuntato Marini, si tenga pronto per venire a dattilografare. La chiamerò io.

INGEGNERE            Dattilografare? Commissario, non vorrai verbalizzare quello che diremo… quello che dirò… E magari, poi usarlo contro di me! Ma che fa, scherziamo?

COMMISSARIO      Ingegnere, vi ho detto che la faccenda è molto seria.

INGEGNERE                       Commissario, spiegati meglio.

COMMISSARIO      Abbiamo saputo che c’è un complotto per assassinarmi.

INGEGNERE            Ah, ho capito: vorresti il mio aiuto. Non hai che da chiederlo. Se sarà nelle mie possibilità…

COMMISSARIO      Non è il vostro aiuto che voglio.

INGEGNERE                       E cosa, allora?

COMMISSARIO      Ingegnere, le nostre informazioni indicano voi come mandante.

INGEGNERE                       Io? Ma commissario…

COMMISSARIO       State zitto e ascoltate. Sapete perché ho voluto restare solo con voi per qualche minuto prima di cominciare a verbalizzare? Perché voglio sapere se le nostre informazioni rispondono a verità; perché voglio sapere se è vero che voi volete farmi uccidere.

INGEGNERE                       Ma io…

COMMISSARIO      Aspettate, non rispondete, per adesso.

INGEGNERE                       Posso fumare, almeno?

COMMISSARIO       Io ho moglie e due figli. Sono uno dei pochi commissari siciliani che hanno chiesto ed ottenuto di rimanere in Sicilia a prestare servizio. E, come certamente saprete, fino al mese scorso non sono mai stato incaricato di svolgere indagini sulla corruzione, né sugli appalti truccati, né sul traffico di droga. Ora, solo da due settimane ho messo il naso nei depositi bancari, fidi, scoperture, e già c’è una sentenza contro di me!

INGEGNERE            Una sentenza? Ma chi ti ha fornito queste informazioni? E poi, sono attendibili?

COMMISSARIO      Sono attendibili, sono attendibili.

INGEGNERE            Ah, si? Allora, visto come si stanno mettendo le cose, ti ricordo due particolari: primo, hai solo ventiquattr’ore per interrogarmi. Secondo, ho il diritto di chiamare il mio avvocato quando voglio. Anzi, lo faccio subito. (si      avvicina al telefono).

COMMISSARIO      Non volete sapere chi mi ha informato?

INGEGNERE                       Chi?

COMMISSARIO      E l’avvocato?

INGEGNERE?           Diciamo che fino a quando riterrò di sapermela cavare da solo, non lo chiamerò.

COMMISSARIO      Bene. E’ stata vostra moglie.

INGEGNERE                       Come?

COMMISSARIO      Vostra moglie! Mi ha informato personalmente.

INGEGNERE                       Mia moglie? E perché lo avrebbe fatto?

COMMISSARIO      Ogni cosa a suo tempo, ingegnere. Con la mafia…

INGEGNERE                       Mafia?

COMMISSARIO       Mafia! Con la mafia non ho mai avuto nulla da spartire e io non voglio morire con le scarpe ai piedi. Ora voi mi direte la verità.

INGEGNERE                       Non ho nulla da dire sulle tue informazioni.

COMMISSARIO      Appuntato Marini! Appuntato!

APPUNTATO           (entrando:) Eccomi, commissario.

COMMISSARIO      E’ pronto per scrivere?

APPUNTATO            Solo due secondi. (si prepara sulla sua scrivania tutto il necessario per poter trascrivere l’interrogatorio)

COMMISSARIO      Bene. Cominciamo a verbalizzare.

INGEGNERE            Commissario Salvatore Catania, ti ricordo che in qualunque momento potrò chiamare il mio avvocato.

COMMISSARIO      L'avvocato! L’avvocato Cannarozzo, immagino.

INGEGNERE                       Precisamente.

COMMISSARIO      Precisamente, già!

INGEGNERE                       E tu come fai a sapere che si tratta di Cannarozzo?

COMMISSARIO       Le domande le faccio io. Appuntato, scriva: Palermo, sette giugno millenovecento eccetera eccetera… Come si chiama? Cognome e nome.

INGEGNERE                       Ma commissario, lo sai meglio di me!

COMMISSARIO      Come si chiama, dove e quando è nato?

INGEGNERE         Francisci Antonio, nato a Caltagirone il ventisette settembre 1948. Siamo tutti e due della provincia di Catania, commissario.

COMMISSARIO      Professione?

INGEGNERE            Ingegnere, laureato all’università di Palermo, con 110 e lode. E bacio in fronte.

APPUNTATO           ‘bacio’…

INGEGNERE                       …‘in fronte’, sì.

APPUNTATO           Scrivo anche ‘bacio in fronte’?

COMMISSARIO       Allora: suo padre era un “caporale”, uno che arruolava braccianti in piazza, vero?

INGEGNERE                       Vero.

COMMISSARIO      Come faceva a mantenere lei agli studi?

INGEGNERE            Commissario, ma che razza di domande mi stai facendo? E poi chi ti dice che mi abbia mantenuto lui?

COMMISSARIO       Va bene, va bene. Appena laureato, lei non possedeva un centesimo, nulla di nulla. Un anno dopo lei era diventato uno degli uomini più ricchi della Sicilia. Come ha fatto?

INGEGNERE                       Ho lavorato sodo.

COMMISSARIO       Ma risulta che, pur essendo ingegnere, lei non ha mai esercitato, e non è mai stato alle dipendenze altrui, niente. Mi può dire com’è che ha lavorato sodo?

INGEGNERE            Subito dopo la laurea, nel ’73, vinsi un concorso bandito dalla Regione; quella    siciliana, naturalmente. Si trattava di presentare un progetto per un’opera pubblica - che poi non fu mai realizzata, ma questo è un altro discorso. Io lo presentai, quel progetto, e dopo qualche mese, quando mi invitarono per illustrarlo, conobbi alcune persone, politici… Poi avevo molti parenti e anche un sacco di amici. Insomma, da allora non ho più avuto bisogno di lavorare, nel senso che intendi tu. Però credimi, ho sempre lavorato sodo.

COMMISSARIO       Mi prende per i fondelli? (squilla il telefono) Pronto? …Sì … E come? …Quando? …E dov’è, ora? …Vengo subito. (riattacca) Devo andare.

INGEGNERE                       Come sarebbe ‘devo andare’? E io?

COMMISSARIO      Vi lascio qui.

INGEGNERE                       Ma come?

COMMISSARIO      Si tratta di vostra moglie.

INGEGNERE            Mia moglie? E’ qui?

COMMISSARIO      No, all’ospedale.

INGEGNERE            Le è successo qualcosa?

COMMISSARIO      Le hanno sparato.

INGEGNERE                       Vado subito da lei.

COMMISSARIO      No. Per le indagini è meglio che rimaniate qui.

INGEGNERE            Rimanere qui? Commissario, sei crudele.

COMMISSARIO      Anche sparare a quella donna è stato crudele.

INGEGNERE            E io che c’entro? Quella donna è mia moglie e ho il diritto, accidenti…

COMMISSARIO      Voi restate qui.

INGEGNERE            Telefono all’avvocato.

COMMISSARIO      Anche al diavolo, se volete.

Il commissario esce.

Buio.

V

Il commissario è appena uscito. Nell'ufficio sono presenti l'ingegnere e  l'appuntato.

INGEGNERE            Il tuo commissario è veramente crudele.

APPUNTATO           Crudele?

INGEGNERE            Crudele, sì. Mia moglie è all'ospedale, forse lotta tra la vita e la morte e lui non mi permette di vederla. Mi ha lasciato qui a soffrire.

APPUNTATO            (scettico:) Ingegnere, sua moglie l'ha denunciato, e lei soffre per lei?

INGEGNERE            (sorride, come perso nei suoi pensieri) Denunciarmi è il minimo che potesse fare. Appuntato, vuoi sapere una cosa? Mia moglie mi odia.

APPUNTATO            (incalzante, ma suadente, come se volesse approfittare di quel momento di debolezza dell'ingegnere) E perché l'odia? Mi dica…

INGEGNERE            (sorride, da vecchio marpione, e guarda per qualche istante l'appuntato, come per studiarlo) tu mi piaci, appuntato. Sei giovane, ingenuo, inesperto della vita. Con me potresti fare grandi cose… se mi aiuti.

APPUNTATO            Aiutarla? Aiutare uno come lei? E perché?

INGEGNERE            Perché io mi fido di te. E tu… dovresti fidarti di me.

APPUNTATO            Perché sua moglie l'ha denunciato?

L'ingegnere non risponde. Le luci si abbassano ed entra in scena Claudia.

Il dialogo che segue si effettua come se avvenisse nei pensieri dell'ingegnere.

INGEGNERE            (alzandosi) Tuo padre sta esagerando. Si vede che l'arteriosclerosi se lo sta mangiando.

CLAUDIA                 Non parlare così di mio padre. Hai sposato me e ha fatto al tua fortuna.

INGEGNERE            La mia fortuna me la sono fatta da me. Devo dire che mi ha aiutato, agli inizi, questo sì, ma io, io ho fatto me stesso.

CLAUDIA                 Un mostro, hai fatto.

INGEGNERE            Sai di cosa si occupava tuo padre?

CLAUDIA                 Non lo so e non lo voglio sapere.

INGEGNERE            Dei mercati!, ancora dei mercati!

CLAUDIA                 Non sono cose che mi devono interessare.

INGEGNERE            Dei mercati. Comprava frutta all'ingrosso e la rivendeva ai commercianti, guadagnandoci il cinquanta… al massimo il sessanta per cento: briciole.

CLAUDIA                 E' per questo che l'hai rovinato?

INGEGNERE            Non l'ho rovinato io.

CLAUDIA                 Tu hai rovinato mio padre, tu. Disgraziato. Per colpa tua sta morendo chiuso in quell'ospizio.

INGEGNERE                       Ospizio? Clinica di lusso.

CLAUDIA                 (urlando) Clinica per malati di mente.

INGEGNERE                       I medici l'hanno dichiarato incapace di intendere.

CLAUDIA                 Quei medici sono compari tuoi.

INGEGNERE            Il tribunale li ha nominati periti.

CLAUDIA                 E anche i giudici sono compari tuoi.

- pausa -

CLAUDIA                 Mio padre non dovevi toccarlo. Non dovevi.

INGEGNERE            Non rompere più le scatole, ora.

CLAUDIA                 E hai rovinato anche mio fratello.

INGEGNERE            Non l'ho rovinato io. Si è rovinato da solo perché ha seguito i consigli di gente che gli voleva male. Ha voluto fare di testa sua…

CLAUDIA                 Mio fratello e mio padre. Me la pagherai.

INGEGNERE            Basta ho detto. La figlia di Mastro Matteo si sposa alle undici. Sbrigati a vestirti. Mettiti la collana di perle… e l'anello di diamante che ti ho regalato il mese scorso. Mia moglie non deve sfigurare e tutti devono sapere che è felice.

Claudia, alza il braccio con l'indice disteso ad accusare l'ingegnere e  si avvia lentamente ad uscire,  mentre la scena torna ad illuminarsi.

L'ingegnere si rivolge all'appuntato.

INGEGNERE            Ecco, ora sai tutto. Ma non puoi dirlo. Non puoi dimostralo. Questo è il nostro segreto. E se mi aiuterai conoscerai tanti altri segreti. I segreti della famiglia. Della Nostra Grande Famiglia.

APPUNTATO            Ingegnere, lei sarà arrestato, processato e condannato.

L'ingegnere scoppia in una fragorosa, lunga, risata.

INGEGNERE            Non mi hanno mai arrestato, tanto meno condannato. Nemmeno quando è saltato in aria…  (si blocca e tace)

pausa -

L'appuntato lo guarda in silenzio. Nel suo sguardo la condanna.

INGEGNERE            Nemmeno quando è crollato il palazzo di via… l'ho costruito io, sai? Voglio dire la mia azienda…. Ne ho vinti, di appalti, io.

Idem

INGEGNERE            Cento milioni per te. Subito.

Idem

INGEGNERE            Anzi duecento: Duecento bei milioncini… Per te. E altri duecento per il tuo commissario… sono tanti, duecento milioni.

Mentre l'ingegnere dice le ultime due battute, le luci si abbassano lentamente, sino al buio completo.

VI

Ufficio del commissario.

Primo pomeriggio.

Sono presenti l’ingegnere e l’appuntato.

Entra il commissario, l’ingegnere, ansioso, si alza e gli rivolge uno sguardo interrogativo.

COMMISSARIO      (entrando:) All’ospedale hanno fatto il possibile. Mi dispiace, ingegnere.

INGEGNERE                       Chi era il chirurgo?

COMMISSARIO      Andrea Lo pezzi. L’intera equipe medica…

INGEGNERE            Non dire niente, commissario, perché se no dovrei fare la scena, sbraitare, piangere… e io sono stanco.

COMMISSARIO      Come erano i rapporti con vostra moglie?

INGEGNERE            Buoni. Ottimi. Che vuoi che ti risponda, che mi odiava? Adesso non hai più testimoni contro di me: al massimo una denuncia scritta. Forse neanche quella. Ma mia moglie mi ha davvero denunciato? Non posso crederci, non ci crederò mai. E non voglio che si infanghi la sua memoria.

COMMISSARIO       Non faccia la scena, ora. Io scoprirò chi l’ha uccisa.

INGEGNERE            Ma cosa vuoi scoprire, commissario? Cosa? Lascia perdere. Se ‘quelli’ hanno deciso di mandarti al Creatore, stanne certo: lo faranno. Magari hanno ammazzato mia moglie per farti davvero credere che ci sia di mezzo io.

COMMISSARIO      O forse per dare un avvertimento: si usa con chi sa, e lei sa molte cose.

INGEGNERE                       Davvero?

COMMISSARIO      Mi parli di suo cognato.

INGEGNERE            Ma che? Vuoi ancora continuare? Commissario, dove vuoi arrivare? Mia moglie è morta…

COMMISSARIO       (urlando): Le ho chiesto di suo cognato!

INGEGNERE            E va bene. Mio cognato Cecè – Calogero Sammartino per l’anagrafe – era proprietario di un mulino. Che vuoi sapere ancora?

COMMISSARIO       Era proprietario di un mulino e dieci, venti, trenta appartamenti, qui e in altre città; possedeva terre, autotreni, mezzi di scavo… Poi, da un giorno all’altro, non risultava più padrone di niente. E quelle stesse proprietà sono passate a un certo Rocco Colafesta. Come è stato possibile?

INGEGNERE            Commissario, mi fai delle domande a cui io non sono in grado di rispondere. Alle attività di mio cognato, io non mi sono mai interessato. Faceva tutto lui. E se lui fosse vivo ti potrebbe confermare quello che dico. Ma siccome è morto…

COMMISSARIO       …morto in circostanze misteriose: un incidente.

INGEGNERE            Un incidente, sì.

COMMISSARIO       Ma come mai lei non possiede niente, neppure uno spillo? Le auto, le case, le ville al mare, tutto ciò di cui lei dispone, e di cui lei usufruisce spesso, è a questo Rocco Colafesta. Come lo spiega?

INGEGNERE            Rocco Colafesta è mio carissimo amico. Ogni tanto gli chiedo di favorirmi le sue proprietà e lui - che vuole? - mi accontenta.

COMMISSARIO      Sa che il suo amico Colafesta è stato ammazzato?

INGEGNERE            Morto un papa, se ne fa un altro.

COMMISSARIO      L’hanno ucciso ieri sera.

INGEGNERE                       E’ campato un giorno di più.

COMMISSARIO      Era suo amico: sa dire solo questo?

INGEGNERE                       E che dovrei dire? Devo stare attento a come parlo.

COMMISSARIO      Ha chiamato l’avvocato?

INGEGNERE                       No.

COMMISSARIO      Vuole chiamarlo?

INGEGNERE                       No.

COMMISSARIO      Non le sembra che sia il caso di farlo?

INGEGNERE                       No.

COMMISSARIO      Come mai?

INGEGNERE            Perché l’avvocato Cannarozzo è un azzeccagarbugli.

COMMISSARIO      E perché lo tiene, allora? Perché non lo cambia?

INGEGNERE                       Affari miei.

COMMISSARIO      Anche questo interrogatorio è affar suo.

INGEGNERE            Per tirarmi fuori da questo affare ci vorrebbe un avvocato con le palle, oppure…

COMMISSARIO      Oppure?

INGEGNERE                       Quanto guadagna un commissario di polizia?

COMMISSARIO      Appuntato, ha verbalizzato?

APPUNTATO           Tutto, commissario.

INGEGNERE                       E quanto guadagna un appuntato di polizia? Hai verbalizzato anche questo?

COMMISSARIO      Ingegnere, lei scherza col fuoco.

INGEGNERE            E tu con la vita.

COMMISSARIO      Appuntato, ha verbalizzato?

INGEGNERE            Verbalizzate! Verbalizzate tutto. Anche le minchiate, tanto io non firmo. Ah! Ah! Ma cosa credi, commissario, che sono nato ieri? Che fa, vorresti incastrarmi con le mie stesse parole? Mi fai ridere, commissario, quando parli tanto di mafia. Ti riempi la bocca: mafia, mafia! Sei siciliano: sai meglio di me che la mafia non esiste.

COMMISSARIO       Non esiste, eh?

INGEGNERE            Non esiste. E se esiste è un governo nel governo, con i suoi ministri, i suoi tribunali, i suoi esecutori e le sue leggi. Per sconfiggerla ci vorrebbe più di un colpo di Stato, più di una rivoluzione: ci vorrebbe il ricambio quasi totale della popolazione siciliana, di una certa cultura siciliana.

COMMISSARIO       La Mafia esiste.

INGEGNERE            Non esiste, ti dico. La mafia non e-si-ste! Se esistesse, per sconfiggerla ci vorrebbe il sovvertimento del concetto di ‘famiglia’, l’unico istituto veramente vivo nella coscienza del siciliano… E’ la famiglia lo Stato del siciliano. Mentre lo Stato vero e proprio è un nemico, che impone obblighi non graditi, che chiede tasse e tasse e dà in cambio disoccupazione ai poveri e            sempre maggior ricchezza ai ricchi. E così nascono i clan, le ‘famiglie’, le cosche: l’Onorata Società. E tutti si sentono più forti, più sicuri, più protetti.        Ecco perché la mafia non esiste. E tu vuoi combattere – o addirittura sconfiggere – qualcosa che non esiste?

COMMISSARIO       La mafia esiste. Lei è un mafioso e vuole farmi uccidere.

INGEGNERE            La mafia non esiste e se esiste è come la gramigna perché neanche il fuoco la può estirpare. Ecco perché la mafia non esiste.

APPUNTATO            (scattando:) Ah, la mafia non esiste, eh? Dov’è? Domanda dov’è? Dottore lo lasci a me per qualche minuto, quest’individuo.

COMMISSARIO      Appuntato, la prego, stia calmo.

APPUNTATO           La prego io, commissario, non riesco più a stare zitto. Devo rispondergli.

INGEGNERE            Proprio tu vuoi rispondermi? Proprio tu che non sei siciliano?

APPUNTATO           Io, sì.

INGEGNERE            E allora forza: dov’è la mafia?

APPUNTATO            La vuoi vedere, la vuoi vedere, la mafia? Palermo ne è piena. Interi quartieri con tanti palazzi tutti uguali, e questo vuol dire che fanno parte dello stesso progetto, dello stesso appalto. Chi li ha costruiti? La stessa società, la stessa persona. E con quali soldi? Non ci vuole molto a capirlo. Per me è anche quella mafia. A Catania si chiama Musumeci. A palermo Lo Cascio. Individui come loro fanno il bello e il cattivo tempo: raccomandazioni, elezioni, beneficenza, subappalti… E chi paga in prima persona siamo noi, le forze dell’ordine, la polizia. Noi siamo i più indifesi e dovremmo essere i più forti. I mafiosi si conoscono, si sa chi sono. Quattro o cinque sono i mafiosi, in Sicilia. E sono quelli che restano sempre impuniti, mentre prefetti, magistrati e… commissari vengono uccisi o trasferiti. Certo, ne arrestiamo di gente, ogni tanto. E quando leggo i giornali non so se ridere o piangere: ‘sgominata cosca mafiosa: cento, centocinquanta arresti’; ma quei quattro o cinque? Quelli niente, quelli mai! Questa è la mafia, secondo me. Ma ora lo abbiamo in mano un pezzo grosso. Certo, non è uno di quelli, lo so, ma è sempre un pezzo da novanta. Lo lasci a me per una mezz’ora e le assicuro che gli faccio sputare l’anima. Bastardo!

- pausa -

L'ingegnere resta indifferente a quelle parole e a quell'offesa.

APPUNTATO            Se una persona chiede un fido di trenta milioni ad una banca, questa persona deve possedere almeno centocinquanta milioni in beni, per poterlo ottenere. Se chiede un fido di cento milioni, deve possedere           beni per mezzo miliardo. Se lo chiede per un miliardo, deve possederne per dieci miliardi. Lei non possiede un cazzo! Almeno così risulta ufficialmente. E allora, perché le hanno dato un fido da un miliardo?

INGEGNERE         E che ne so io? Domandalo alla banca.

Buio.

VII

Giorno. Esterno del ristorante in cui si tiene il pranzo di nozze della figlia di Mastro Matteo. Tre uomini entrano in scena sorseggiando e passeggiando.

Primo UOMO             Complimenti, Mastro Matteo, è stato un gran bel pranzo di nozze. Si parlerà a lungo di questo sposalizio. Vostrafiglia ha fatto proprio un bel matrimonio, sposando quel giovane.

Mastro MATTEO       È  avvocato, mio genero. Si è laureato a Roma. Era in vacanza a Taormina e lì ha conosciuto mia figlia.

Secondo UOMO         … E l’amore ha fatto il resto.

I tre uomini ridono.

Primo UOMO             Quel giovane farà carriera, ve lo dico io.

Entra in scena, bicchiere in mano, l’ingegnere.

INGEGNERE            Mastro Matteo, vi aspettano dentro per il brindisi finale. Di nuovo auguri per la scelta del genero!

Mastro MATTEO       Vi ringrazio, ingegnere. E pensare che mia figlia non se lo voleva prendere. Ma come? - dico io – è un bel giovane… di buona famiglia… un buon partito come quello non si trova tutti i giorni.

Secondo UOMO         E vostra figlia che disse?

Mastro MATTEO       In principio ha fatto delle storie. Poi le ha parlato sua madre… - mia moglie è una santa donna…- le ho fatto parlare da sua madre, dicevo, e pian piano si è convinta. Poi le ho regalato una bella vacanza a Taormina e guardacaso lì c’era anche il novello avvocato, il figlio del Barone di Corolla.

Secondo UOMO         Grand’uomo di rispetto, quel Barone!

Primo UOMO             Ed ora è diventato persino assessore reginale!

Mastro MATTEO       Già, non si è accontentato più del pizzo. Ha voluto anche le redini del carretto.

Secondo UOMO         Gioca forte

Mastro MATTEO       Gioca forte. Sì.

INGEGNERE            Com’è che ha cambiato trazzera?

Mastro MATTEO       Ha creato dei gruppi che si dedicano non solo allo sfruttamento dei braccianti, ma anche all’organizzazione di tutti i traffici, leciti e anche illeciti, basta che diano alti profitti.

Primo UOMO             Ha invaso il campo.

Mastro MATTEO       E questo non è bene. Tu nel tuo terreno. Io nel mio. E chi sgarra, paga.

Secondo UOMO         Fu lui che, per arrivare dove è arrivato, fece scatenare una lotta per il potere all’interno del Mandamento. Una lotta che terminò dopo omicidi a ripetizione, a Palermo e fuori Palermo.

Primo UOMO             vere e proprie stragi, dove ha persola vita anche Peppe il tatuato, figlio di don Tano Ricotta.

INGEGNERE            Un vero coraggioso, il Barone di Corolla! Un eroe!

Mastro MATTEO       Lo chiamate eroe? Per la verità dimostrò di essere un Piglia-in-culo.

INGEGNERE            Perché, che fece?

Mastro MATTEO       Che fece? Quel seggio all’Assemblea Regionale non gli spettava. Per averlo fece razzolare i voti che non erano suoi.

Secondo UOMO         Povero Barone.

Mastro MATTEO       Ma tanto, suo figlio ha sposato mia figlia. Nulla sarà sprecato.

Da fuori scena Si ode il rombo di una motocicletta che si avvicina. Poi, una frenata e, subito dopo tre colpi di lupara.

Buio.

Rombo della motocicletta che riparte e si allontana.

Nel buio si odono le grida di spavento e urla di pianto. Tra le grida spiccano alcune voci.

Prima voce di DONNA         Matteu, Matteuzzu miu… Mi lu ammazzare… Matteeeu…

Seconda voce di DONNA     Papààààà… Nooo… Papààà…

Prima voce d’UOMO Curriti, curriti: Ammazzare a Mastru Matteu e a du’ so’ cumpari…

Terza voce d’UOMO  …Cu fu?... Cu fu?...

VIII

Ufficio del commissario.

Pomeriggio.

COMMISSARIO      Conosceva Mastro Matteo?  

INGEGNERE         Ma non mangiate mai, voi poliziotti?

COMMISSARIO      Lo conosceva?

INGEGNERE            Chi?

COMMISSARIO      Mastro Matteo! Lo conosceva o no?

INGEGNERE                       L’ho sentito nominare. Qualche volta.

COMMISSARIO      Ma se ha banchettato con lui al matrimonio di sua figlia!

INGEGNERE                       Ero lì per parte dello sposo.

COMMISSARIO      Ed era presente quando l’hanno ammazzato?

INGEGNERE                       Non ho visto niente, io.

COMMISSARIO      E’ sicuro?

INGEGNERE            Ma commissario, come facevo a vederli?

COMMISSARIO       Qualcuno ha dichiarato che lei era fuori e parlava con le vittime, prima degli spari.

INGEGNERE                       Avranno visto male o mi avranno scambiato con qualcun altro.

COMMISSARIO       La figlia e il genero di Mastro Matteo la conoscono bene e hanno una buona vista.

INGEGNERE            E va bene, ero fuori, ma sono rientrato poco prima che succedesse quel macello. Sono accorso poi, con tutti gli altri invitati. E comunque non ho   visto niente.

COMMISSARIO       Già, nessuno ha visto niente.

INGEGNERE            Se hanno sparato a Mastro Matteo, vuol dire che doveva morire.

COMMISSARIO       E gli altri due?

INGEGNERE            E che ne so io? Vuol dire che anche loro…

COMMISSARIO       Ho capito: non hai nessuna intenzione di collaborare, ma io ti faccio finire male, ti mando in galera. Ti butto ’ngalera ccu tutti i scarpi, ’ngigneri di ’sta coppola!

INGEGNERE            Sei tu quello che finirà male, commissario! Tu vuoi fare il passo più lungo della tua gamba e questo non te lo permetteranno, ricordalo.

COMMISSARIO      Appuntato, lo porti fuori! Non voglio più sentirlo.

INGEGNERE            (con ironia) Ah,         commissario, e la sua famiglia come sta? I miei rispetti a sua moglie e ai suoi figli…

COMMISSARIO      Lo sbatta in cella!

INGEGNERE            Hai chiuso, commissario! Hai chiuso! Puoi fare tutti i verbali che vuoi. Hai chiuso!        

L’appuntato e l’ingegnere escono.

Buio.

IX

Ufficio del commissario.

Stesso pomeriggio.

Il commissario, solo, sta telefonando.

COMMISSARIO       (parlando al telefono:) Pronto? …Sono il commissario Catania …sì …vorrei prenotare tre posti sul volo Palermo-Torino delle 20,50 …Domani? …D’accordo …Sì …Sì, un adulto e due bambini, mia moglie e i miei figli. Sì… manderò      qualcuno a ritirare i biglietti. Grazie. Buongiorno. (riattacca)

Rientra in scena l'appuntato. Non parla e va a sedersi, stanco.

APPUNTATO            E' in cella di sicurezza. Continua a dire che la mafia non esiste. Facciamogli capire com'è bella la vita in una cella. Vedrà che parlerà.

COMMISSARIO       Non parlerà. E senza indizi non possiamo trattenerlo a lungo.

APPUNTATO            Ma perché ci tiene a ripetere che la mafia non esiste?

COMMISSARIO       Appuntato, deve sapere, che sul finire degli Anni Cinquanta, un paio di parlamentari - Rognoni e La Torre - proposero un disegno di legge che prevedeva l'istituzione di una Commissione Parlamentare d'inchiesta  che indagasse sul fenomeno Mafioso in Sicilia. I parlamentari siciliani si opposero dichiarando che quell'inchiesta avrebbe gettato discredito sulla Sicilia e avrebbe offeso il popolo siciliano. E quindi giustificarono quella opposizione dichiarando: "la mafia non esiste". E nei comizi e nei dibattiti i deputati siciliani ripetevano "la mafia non esiste". Ma più che un concetto, quella frase si è rivelata  una specie di messaggio da lanciare, una sorta di slogan e infatti veniva ripetuta come uno slogan. E da allora viene ripresa  e ripetuta ogni volta che si vuole negare uno stato di fatto, una condizione, un avvenimento addebitato alla mafia.

APPUNTATO            Ma perché non cominciamo con l'incriminare quell'ingegnere? Poi si vedrà.

COMMISSARIO       Perché la mafia non è "un uomo" o dieci o cento uomini. E non è una Società con una sua sede legale. La mafia è un metodo.

APPUNTATO           Un metodo?

COMMISSARIO       Ha sentito, poco fa? L'ingegnere ha mandato i suoi saluti a mia moglie e ai miei figli. Sa cosa vuol dire? Che non esiterebbero un istante ad uccidere i miei cari, per vendicarsi.

APPUNTATO            Ma io sapevo che i mafiosi non uccidono le donne e i bambini.

COMMISSARIO       La mafia di una volta, forse. Quando la mafia era quella rurale, quella dei frutteti, fatta di campieri e Uomini d'onore. Oggi la mafia ha cambiato metodi, non usa più "avvertimenti". Oggi prende "contatti d'affari". Ha scoperto le bische, la prostituzione, la droga, l'edilizia e viaggia in aereo e in Internet. La mafia è ovunque. E non può fermarsi davanti ad un commissario che pesta i piedi.

APPUNTATO            E che c'entra la sua famiglia?

COMMISSARIO       Lei non è sposato e forse non può capirlo. Mia moglie si sveglia di notte, quando riesce a prendere sonno. Mia figlia, la più grandicella, è bersaglio dei suoi compagni di scuola. L'accusano. Le dicono che suo padre non lascia lavorare in pace la gente di rispetto. E il piccolo, che non si rende ancora conto, mi domanda se la sera tornerò ancora a casa. E certe telefonate, di notte… quando meno te l'aspetti….

APPUNTATO            Per fortuna le hanno assegnato la scorta.

COMMISSARIO       La scorta? La scorta non può entrare nella mia coscienza, non può infondermi coraggio, né cancellare la mia paura.

APPUNTATO            Ma lei non ha paura, vero?

COMMISSARIO       Paura di morire, no. Temo per i miei cari, di lasciarli soli. Temo che possa accadere loro qualcosa. Per motivi di cui non hanno colpa. A causa del mio lavoro.

APPUNTATO            Dottore, l'ingegnere mi ha offerto dei soldi. Molti soldi. Per me e per lei…

COMMISSARIO       Vede? Lei è già al primo gradino. Io l'ho superato tanti anni fa. E facile superare il primo gradino. Vedrà che riceverà altre offerte. E sarà sempre più difficile rifiutare. Molti nostri colleghi le hanno rifiutate e rifiutando le offerte hanno rifiutato la vita.

APPUNTATO            Dottore, ho voglia di torcergli il collo, a quell'ingegnere. Lo lasci "interrogare" a me… da solo…così lei non sarà responsabile…

COMMISSARIO      Responsabile?

APPUNTATO            … dei lividi che avrà sul corpo…

COMMISSARIO       Lasci stare la fantascienza, appuntato. Siamo in uno Stato Democratico. Le regole vanno rispettate e noi siamo i primi a doverlo fare.

APPUNTATO            Ho l'impressione che contro questa gente le regole non servano.

COMMISSARIO       Basta così, appuntato. La pausa è finita.  Veda a prendere l'ingegnere: dobbiamo riprendere il lavoro.

L'appuntato, dopo una breve, evidente esitazione, esce.

X

Ufficio del commissario.

Tardo pomeriggio.

L’interrogatorio prosegue.

APPUNTATO           Mafia maledetta!

INGEGNERE            Allora tutta la Sicilia è maledetta.

APPUNTATO           Ah, sì?

INGEGNERE                       Sì.

APPUNTATO           E perché? Sentiamo.

INGEGNERE            Perché Sicilia è sinonimo di mafia, e viceversa. Nel mondo non si può pronunciare la parola ‘Sicilia’ senza evocare l’immagine della lupara, dei baffi e della coppola. 

COMMISSARIO       Perché non collaborate, ingegnere?

INGEGNERE            Collaborare?

COMMISSARIO       E’ vero che la mafia vuole la mia pelle?

INGEGNERE            Quando ero ragazzo e studiavo qui, a Palermo, spesso mi capitava di andare al porto a cercare lavoro. Parlando con i marinai stranieri, mi capitava di dover dire di essere siciliano e, quasi sempre, qualcuno di loro replicava: “Ah,      sei un maphioso!”. All’estero la mafia ormai è leggenda.

L’appuntato va alla scrivania  per verbalizzare.

COMMISSARIO      Lasci stare, appuntato. Lasci stare.

INGEGNERE            No! Si imparano tante cose dalle leggende: lascialo scrivere.

COMMISSARIO       Tutti questi morti non sono leggenda. La mafia è realtà. La mia condanna a morte è realtà.

INGEGNERE            Una volta, un marinaio coreano che avevo conosciuto entrò nel bar, mi vide e, rivolgendosi ai suoi compagni che lo seguivano, mi indicò come una bestia rara: “Maphia! Maphia!” E tutti gli altri stranieri mi guardarono di traverso. E così ho capito che, della mafia, nel mondo, si ha un’idea simile a quella che noi europei abbiamo delle sette segrete del misterioso oriente, il ‘Drago Nero’, la ‘Triade’, i ‘Tughs’… E tu vuoi sapere – da me, poi – se la mafia ti vuole morto. La mafia!

COMMISSARIO       La mafia gliela dà, alla vittima, la possibilità di salvarsi. La ‘sentenza’ è l’ultima via. Prima vengono i ‘consigli’, poi le ‘offerte’, poi le minacce…

INGEGNERE            La mafia non esiste, quante volte lo devo ripetere?

COMMISSARIO       E il vostro potere, allora?

INGEGNERE            Io ho potere perché mi faccio rispettare. Fatti rispettare anche tu!

COMMISSARIO       Cosa volete che vi dica? Che siete un uomo d’onore? E va bene: siete un uomo d’onore!

APPUNTATO            Commissario, ma cosa dice? Se non è lui un mafioso! Altro che uomo d’onore!

INGEGNERE            Uomo d'onore, mafioso, mafia… ma dov'è? Cos'è questa mafia? Che è?

COMMISSARIO       (con aria di sfida:) Cos’è? La mafia è arroganza, prepotenza evidente, a tu per tu: ‘io sono il più forte e devi fare come dico io’. E allora, ingegnere, perché non ci fate vedere il vostro fegato? Forza! Perché non ci raccontate ogni cosa? Così, tanto per togliere la curiosità a noi e lo sfizio a voi.

- Pausa -

INGEGNERE            E va bene. Non hai paura di essere sconfitto?

APPUNTATO            Confessa? Io scrivo!

INGEGNERE            No, niente verbali. E niente testimoni.

COMMISSARIO       Che c’è? Avete paura di un appuntato, adesso? Non avete temuto i prefetti…

INGEGNERE            No, è che questo giovanotto mi è simpatico. (all’appuntato:) Quanto guadagna un appuntato di polizia?

L’appuntato china il capo.

COMMISSARIO       Voi non avete il diritto di…

INGEGNERE            (c.s.:) Tu non sei sposato, vero?

L’appuntato fa cenno di ‘no’ con la testa.

INGEGNERE            E non sei nemmeno fidanzato?

Dopo un attimo di indecisione, l’appuntato fa ancora cenno di ‘no’ con la testa.

INGEGNERE            Io ce l’avrei sottomano una bella picciotta che andrebbe bene per te. Forse la cosa si può fare.

- Pausa -

COMMISSARIO       Poche parole, ingegnere. Avanti, raccontateci tutto.

INGEGNERE            Tutto? Io non so niente e non ho detto niente. E poi quello che dico non so se sia vero o no: io ho solo sentito correre delle voci.

COMMISSARIO       Perché hanno ammazzato Mastro Matteo?

INGEGNERE            Forse perché non faceva mistero del fatto che era lui che voleva far fuori il Barone suo consuocero. Solo che il Barone è stato più svelto: prima ha acconsentito al matrimonio dei ragazzi e poi ha ordinato l’esecuzione del consuocero.

COMMISSARIO       E gli altri due? Perché sono stati ammazzati? Errore?

INGEGNERE            Nooo! Quei picciotti non sbagliano mai. Si dice che quei due in motocicletta hanno voluto fare due servizi con un viaggio solo! Anzi tre servizi… Quelli che sono morti insieme a Mastro Matteo, pace all’anima loro, erano un geometra e un notaio: avevano anche loro una ‘sentenza’ sulla testa.

COMMISSARIO       Per quale motivo?

INGEGNERE            Mah! Dicono che il geometra aveva costituito una società edile, con atto costitutivo redatto da quel notaio. Questa società partecipava a grosse gare di appalto pubbliche al solo scopo di dare fumo negli occhi, presentando cioè agli Enti interessati prezzi gonfiati, e di far apparire credibili le richieste delle ditte ‘amiche’, che avrebbero vinto la gara. In cambio, questa società avrebbe vinto altri piccoli appalti o avrebbe avuto quelli grossi in subappalto.

COMMISSARIO       Va bene, ma perché è stato ucciso?

INGEGNERE            Aspetta! Si vede che la cosa non deve essere piaciuta a qualcuno, che vedeva in questo geometricchio un nuovo concorrente. In realtà era un mezz’uomo.

COMMISSARIO       E che c’entrava il notaio?

INGEGNERE            Era compiacente…

COMMISSARIO       Perché i beni di cui voi usufruite erano intestati a Rocco Colafesta? Prima erano intestati a vostro cognato, domani non si sa a chi risulteranno intestati.

INGEGNERE            E’ vero, erano intestati a mio cognato, ma lui non si contentava più di fare il prestanome, voleva anche possedere. Possedere nel vero senso della parola. Insomma voleva acquisire personalmente! Uno sgarro simile non poteva essere perdonato, commissario! Lo capisci anche tu, no? Poi mio cognato ebbe un incidente, quello in cui perse la vita. E allora non ci fu più il problema…

COMMISSARIO       E come faceste a far passare tutto, e in breve tempo, nelle mani del Colafesta?

INGEGNERE            Grazie al notaio di cui sopra! Il caro notaio, buon’anima, conservava vecchio inchiostro, vecchie carte bollate fuori corso, vecchi timbri e tutto quanto siusava una volta per stendere gli atti di vendita. Fu un gioco da bambini far comparire gli atti di vendita come fossero vecchi di anni.

COMMISSARIO       E la firma?

INGEGNERE            Con due soldi trovi chi ti falsifica anche la tua.

COMMISSARIO       Vecchio inchiostro? Vecchia carta bollata?

INGEGNERE            L’hobby dell’antiquariato, aveva.

COMMISSARIO       Sicchè anche il notaio aveva le mani nella torta!

INGEGNERE            E non solo nella torta.

COMMISSARIO       E Colafesta? Perché è stato fatto fuori?

INGEGNERE            Colafesta! Uomo raccomandato. Con la legge antimafia rischiava di farsi sequestrare tutti i beni. Il suo difetto era che aveva la lingua troppo lunga.Qualcuno gli ha tolto tutto ed è rimasto senza nulla. Dalle stelle alle stalle. Però lui e i suoi due quacquaracquà cominciavano a dare i numeri e a parlare di mafia a vanvera, a destra e a sinistra. E la polizia premeva. E la finanza anche. I carabinieri, poi, non ne parliamo. Non si poteva contare più su di loro, non potevamo rischiare: perdere il potere quando lo si è assaporato non piace a nessuno e può far commettere degli sbagli a cui non si può porre rimedio. Quindi, per prevenire l’irreparabile…

APPUNTATO            Ma perché ci sta raccontando tutte queste cose?

COMMISSARIO       Non l’ha ancora capito? Perché siamo già dentro una bara, secondo lui. Il commissario Catania e l’appuntato Marini: Eroi, e con funerali di Stato.

INGEGNERE            Commissario, non correre troppo. Finchè c’è vita c’è speranza.

APPUNTATO            Dottore, io a questo mestiere ci credo. Io non ho paura.

COMMISSARIO       Neppure io, Marini; ma ho moglie e due figli.

APPUNTATO            Ma è anche un poliziotto.

COMMISSARIO       I poliziotti vanno e vengono. Oggi ci sono e domani non ci sono più.

APPUNTATO            Ma finché ci siamo, dobbiamo fare la nostra parte.

INGEGNERE            Appuntato, fatti anche tu una famiglia: ormai l’età ce l’hai. Io penso che la figlia di un mio cugino andrebbe bene per te. Si chiama Maria Rosaria.

APPUNTATO            E’ così che combinate i matrimoni, qui? E dopo che l’avrò sposata? Ti dovrei dare del ‘vossìa’, vero?

INGEGNERE            Vuoi darmi del ‘tu’? E dammi del ‘tu’. Alla fin fine, tu non sei siciliano e queste cose non le puoi capire. Poi col tempo…

Squilla il telefono.Il commissario risponde.

COMMISSARIO       Pronto? …Ah! …Sì …Va bene, grazie. (riattacca) Hanno ammazzato l’avvocato Cannarozzo, due ore fa, sulla statale 117. Anche l’avvocato Cannarozzo! Perché?

INGEGNERE            Avvocato, quello? Un azzeccagarbugli era. Valeva quanto il due di coppe quando la briscola è bastoni!

APPUNTATO            E perché lo teneva, allora?

INGEGNERE            Mi faceva comodo.

COMMISSARIO       Comodo?

INGEGNERE            Sì. Per le aste.

COMMISSARIO       Per che cosa?

INGEGNERE            Per le aste. Vendite all’asta. Lo tenevo perché, spesso, Cannarozzo era nominato curatore fallimentare di certe imprese. Imprese fallite perché… Eh… Perchè?!

COMMISSARIO       Ho capito: Cannarozzo organizzava le aste fallimentari e vi favoriva in qualche modo.

INGEGNERE            Un modo semplice: faceva stampare sei manifesti di avviso di vendita all’asta e pagava l’attacchino perché li affiggesse – alle cinque del mattino – in punti prestabiliti. Mezz’ora dopo, un ragazzo, anch’esso pagato apposta, li andava a staccare. In tal modo, benchè nessuno venisse a conoscenza dello svolgimento dell’asta, l’avvocato era a posto con la legge. Naturalmente alcuni ‘amici’ venivano tempestivamente avvertiti e potevano partecipare, incontrastati, all’asta. Si potevano acquistare, per soli cinque milioni, appartamenti del valore di cento, dico cento, milioni.

APPUNTATO            E l’avvocato riceveva un congruo ringraziamento.

INGEGNERE            Ha sposato tre figlie senza spendere una lira.

COMMISSARIO       Ma perché è stato ucciso? Non l’avete ancora detto.

INGEGNERE            Ora vengo e mi spiego. Impaziente, il commissario! Ma capisco: è tardi e dobbiamo andare tutti a casa a mangiare, vero? Abbiamo fame! Bene. Mio cognato, don Cecè Sammartino, era uno di questi assidui frequentatori di aste. Ottimo compratore, poverino. All’ultima asta l’avvocato Cannarozzo ha sbagliato. Ha avvertito dell’imminente vendita all’asta gente che non c’entrava. Eppure Cannarozzo sapeva che tutti i beni messi all’incanto dovevano essere riacquistati dal titolare della ditta fallita. Ruspe, camion, fabbricati, e persino una villa con piscina: tutto regalato per un piatto di minestra. E certi errori si pagano. E cari, anche.

COMMISSARIO       E adesso come farete a partecipare alle aste?

INGEGNERE            La Sicilia è piena di avvocaticchi come Cannarozzo. (Pausa) Posso andare adesso? Sempre a tua disposizione, commissario.

L’ingegnere si appresta ad uscire.

APPUNTATO           (All’ingegnere:) Un momento. (Al commissario:) Lo posso far rilasciare?

INGEGNERE            Rilasciare? Che ero, in stato di fermo? Commissario!

COMMISSARIO      E c’è ancora chi crede che la mafia sia coppola, baffi nerie lupara…

INGEGNERE                       Già! E tu sai che la Sicilia non è così, vero?

COMMISSARIO      No, non è questa la mafia. Non è più questa.

INGEGNERE            Oh, ti sei convinto, finalmente, che la mafia non esiste! Allora ti saluto… Ah, appuntato, perché qualche volta non vieni a prendere un aperitivo al caffè che c’è in Piazza della Vergogna? Quella mia nipotina, sai?, Maria Rosaria, aiuta il padre e fa la cassiera proprio li. (Fa per uscire poi si ferma) Ah, un’ultima cosa, commissario: visto che siamo già in estate, tua moglie e i tuoi bambini, perché non li porti a trascorrere qualche giorno di vacanza a Taormina… La montagna, la Valle d’Aosta… Troppo lontano, senti a me… A Taormina c’è un amico mio che ha una magnifica villa sul mare, e sarà felice – ne sono sicuro – di metterla a tua disposizione. Se ci vuoi andare fammelo sapere al        più presto. E se no.. Salutiamo la compagnia!

L’ingegnere esce.

Buio.

XI

Ufficio del commissario.

E’ sera.

Il commissario e l’appuntato sono soli.

APPUNTATO            Dottore, sappiamo tutto: lo possiamo incastrare.

COMMISSARIO       Marini, non l’ha capito? Ci ha confessato tutto per dimostrarci la sua potenza, la sua arroganza. “Io sono il più forte e tu non puoi fare nulla contro di me”.

APPUNTATO            Dottore, ma questa nipote dell’ingegnere, lei la conosce? Davvero farei bene a sposarla?

COMMISSARIO       Appuntato, quand’ero ragazzo il Ministero della Pubblica Istruzione, per sensibilizzarci sul fenomeno mafioso diramò una circolare con la quale invitava gli studenti a svolgere un tema sulla mafia e chiedeva anche di precisare se nella scuola che frequentavamo c’era la mafia. Cosa potevamo scrivere noi ragazzi? Nessuno ci aveva mai parlato della mafia, e siccome c’eravamo cresciuti dentro, come potevamo vederla? Solo più tardi mi resi conto di che cosa è la mafia. E’ ovunque. È nella supplenza data da un preside            ad un suo nipote senza che questi ne abbia diritto; è nelle raccomandazioni negli Enti pubblici; è nell’omertà di chi copre le colpe altrui. Questa terra è rassegnata. E lei mi domanda se farebbe bene a sposare la nipote dell’ingegnere? Non sa che sarebbe onorato e rispettato da tutti? Altro che appuntato! Per tutti sarebbe il “nipote dell’ingegner Francisci”.

-Pausa-

APPUNTATO            E lei dottore, ci andrà in quella villa di Taormina?

COMMISSARIO       (Prende i fogli su cui l’appuntato ha verbalizzato l’interrogatorio, li mette in una carpetta e li ripone nel cassetto della scrivania) Venga qua, Marini… (L’appuntato si avvicina al commissario) Si sieda qua, davanti a me… (L’appuntato si siede) Marini, davvero lei ha fatto un pensierino sulla nipote dell’ingegner Francisci?

- Breve pausa -

APPUNTATO            No, dottore… volevo solo cercare di leggere nei suoi pensieri, quando le ho chiesto sul possibile matrimonio… Le chiedo scusa.

COMMISSARIO       Ma che fa, Marini, mi tende anche le trappole, adesso?

APPUNTATO            Sono mortificato, dottore… ma è stato più forte di me.

COMMISSARIO       E… questa Maria Rosaria? E la sistemazione…?

APPUNTATO            Dottore, io ce l’ho a Viterbo, la ragazza… (mostrando una foto:) Guardi… si chiama Paola… Ci sposeremo l’anno prossimo, ad aprile. Mi scusi [ancora].

COMMISSARIO       Non deve scusarsi, Marini. E’ l’aria che respiriamo, la tensione accumulata, che creano mostri. Non parliamone più.

APPUNTATO            Grazie, dottore. (Si alza) Posso andare?

COMMISSARIO      Si, ma prima faccia un’ultima cosa per me.

APPUNTATO           Comandi!

COMMISSARIO      Chiami la Procura…

L’appuntato, incredulo ma raggiante, attende ancora un cenno d’assenso dal Commissario, poi forma un numero al telefono.

APPUNTATO            Pronto? …E’ la Procura della Repubblica? …Attenda un attimo (Porge la cornetta al commissario)

COMMISSARIO       Pronto? Sono il commissario Catania. Volevo fissare un appuntamento per domattina col sostituto procuratore… alle 17? …17,30? …D’accordo… La ringrazio. (Prende il fascicolo dal cassetto della scrivania, poi, all’appuntato:) Ora, Marini, possiamo anche andare a mangiare. Viene con me?

APPUNTATO           Con piacere, dottore, grazie!

COMMISSARIO      Bene! Ma prima le offro l’aperitivo, se indovina dove andiamo a prenderlo…

APPUNTATO           In Piazza della Vergogna?

COMMISSARIO      Bravo, Marini: se l’è meritato! Ma, attenzione, però: non saremo soli…

Buio.

Fine.

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Salvino   Lorefice                          salvino.lorefice@tiscali.it               Telefoni: 348.7222568 cell.

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