Piccole luci nell’Infinito

Stampa questo copione

Pulcinella viene catapultato nel mondo delle favole ;stordito e affamato si riprenderà con l’aiuto della principessa

Angelo Franchini

Piccole luci nell’Infinito

"Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?

Ma quando non faccio ciò che dici e sono al buio

cos'altro mi resta se non chiamarti?

Cos 'altro mi resta se non provare ad accendere piccole luci e cercarti?

...se solo fossi un po' meno stupido...

PRESENTAZIONE

Fede e ragione, fantasia e storia, liturgia e mistero: tutto si trova in queste Piccole lu­ci nell'infinito che Angelo Franchini, scrittore non nuovo a composizioni suggesti­ve, dona al pubblico, vuoi di lettori, vuoi di spettatori allorquando l'opera sarà rap­presentata, vuoi di anime assetate di verità.

Nelle Piccole luci nell'Infinitola poesia dilaga, discreta e seducente ad un tempo; la teatralità si nutre di parole, colte nella loro significanza più pura e quindi pregnan­te; il messaggio scocca come freccia dell'arco teso, e raggiunge l'intelligenza, il sen­timento, l'anima di chi legge o di chi assisterà.

E’, questa, poesia da leggere? O teatro da rappresentare? O messaggio da proclamare? Ognuno risponda a proprio piacimento, secondo le proprie caratteristi­che e preferenze.

A me, vecchio prete qual sono, da tanti anni innamorato di poesia e appassionato di teatro di parola, pare proprio che le Piccole luci nell'infinitosiano il dolce incontro di parole che vanno assaporate, ammirate, assunte e vissute.

Un ultimo interrogativo: Angelo Franchini è poeta?  O autore di teatro? Oppure uomo di fede coerente e testimone?

Rispondo: per quanto è dato di sapere e costatare, è l'uno e l'altro e l'altro ancora. Nulla c'è da aggiungere oltre questo: le Piccole luci nell'infinitosono un gioiellino da scoprire, apprezzare e custodire gelosamente.

Carlo Calori

Avvertenza

…sarò molto contento se non capirete tutto.

Perché nemmeno io ho capito tutto quello che ho scritto.

Soltanto... mi è capitato di accendere piccole, piccole luci sul Mistero.

Sui misteri di quel Rosario al quale, ogni tanto, volenti o nolenti, ci aggrappiamo.

Quando le feste... finiscono.

Quando i cosiddetti amici... scompaiono.

Quando le nostre intelligenti soluzioni... falliscono.

Quando anche i desideri mai realizzati... non respirano più.

Quando scopriamo le nostre porcherie...

Io ho provato ad accenderle

ma sono convinto che meritiate molto, molto di più.

Angelo Franchini


Istruzioni per l’uso

Ingredienti:

Giuseppe: sorpreso nella notte mentre parla a Maria, che dorme, con Gesù morto tra le braccia, in attesa della Risurrezione; sull'altipiano nel vento dell'Assunzione...

Giuda: in quel tratto, dalla folla a Gesù, dove rimane solo camminando verso di Lui, alla Pentecoste, (visto che non ha alcun bisogno di suicidarsi subito) quando le lingue di fuoco non si posano sulla sua testa...

Erode il Grande: parla di corone a chi, ora, è coronato di spine, ed infine ammette la sconfitta mentre assiste all'Ascensione...

Il serpente ai piedi di Maria: presente all'Annuncio, all'inizio, alla fine...

Caifa: era tra i dottori al ritrovamento nel tempio; poi parla a Gesù, "ucciso, finalmente..."

La nonna: nessuno le ha mai detto chi era davvero quel bambino...

Uno dei Magi: l'unico che portò in dono un simbolo di dolore, la mirra, ora la offre ancora a Gesù, sul Calvario...

Indicazioni per chi non si è stufato con "I testimoni oculari”, perché queste "Piccole luci" altro non sono che una "seconda parte", qualcosa che era rimasto nella penna, una sorta di minestrina riscaldata...

Per chi ama trovare il posto, perché alle serate con questo Angelo Franchini non c'è mai molta gente...

Per chi non capisce sempre e tutto... tanto nemmeno lui ha compreso completamente ciò che leggerete o vedrete...

Controindicazioni   Una noia mortale per chi si aspetta stimolanti prediche, grandi attori,  commedie brillanti, repentine conversioni, musical, curriculum...

Dopo l'uso sono assicurati gli stessi motivi per stare male e per bestemmiare che avete adesso.

Posologia e dosi     Un'oretta di povera e brutta umanità... di piccole, piccole luci accese sul Mistero... sui Misteri di quel Rosario al quale, ogni tanto, volenti o nolenti, ci aggrappiamo... Quando le feste... finiscono;

quando i cosiddetti "amici"... scompaiono;

quando le nostre intelligenti soluzioni... falliscono;

quando anche i desideri irrealizzati... non respirano più;

quando scopriamo le nostre porcherie...

Avvertenze    al manifestarsi dei sintomi di voler ritornare a vedere questo Angelo Franchini, se mai tornerà, consultare prima il proprio medico curante.

Se il problema persiste... lui spera di rivedervi... davvero. A presto!

angelo franchini

INDICE SCENE

Piccole luci nella Gioia…

1.1      Io... ai suoi piedi                                             L’annuncio

1.2.     Con i vecchi fanno sempre così                      La visita di Maria ad Elisabetta

1.3.     L'unico sonno                                                 La nascita           

1.4.     Vieni via da lì                                                 La presentazione al Tempio

1.5.     …e per un po' non se ne parlerà                    Il ritrovamento tra i dottori

…nel Dolore...

2.1.     Un gioco da ragazzi                                       Il getsemani

2.2.     Vattene                                                          La flagellazione

2.3.     Credevi fosse facile                                       La corona di Spine

2.4.     La mirra                                                         Il calvario

2.5.     Ancora non so                                               La morte

…nel Vento

3.1.       Buonanotte tesoro mio                               La risurrezione

3.2.       La compagnia degli imbecilli                     L’ascensione

3.3.       Un'ombra                                                   La pentecoste

3.4.       Sull'altipiano                                              L’assunzione

3.5.       Io non scherzo                                            La regina

Piccole luci nella Gioia...

1.1 Prima scena: io... ai suoi piedi

Perché non lasciare che anche lui dica la sua? Lui era presente ai piedi di Maria, quando l’arcangelo Gabriele annunciò l'arrivo di Gesù. Lui è ancora presente, oggi.

La scena è buia. Molto buia.

Voi scherzate.

In bilico su di un filo.

Mi è gradito porgervi distinti saluti, e sottolinearvi le posizioni in campo.

Io devo stare sotto i piedi di Maria, però striscio sopra di voi...

Un giorno, tanto tempo fa, vedo arrivare il mio collega Gabriele; quant'è bello: bianco, capelli lunghi, e si mette a parlare di gioia, d’incarnazione.

Che idiozia: un Dio che soffre e muore per voi; non ce n'è alcun bisogno: sdraiatevi, rilassate il corpo, ci sarà da divertirsi...

Ora s’illumina un pallone. È la Terra. Il serpente vi striscia sopra.

Maria? Ne parlate in tanti, ma non sapete quel che dite.

Io solo sono ai suoi piedi.

Io so chi è, ciò che lei può fare.

Le mie mani? Le mie gambe? Io ho soltanto occhi.

Ma i miei occhi non guardano, non osservano: i miei occhi vedono.

Passate il tempo, trascorrete...                                                                             

Io vivo; ai suoi piedi.

Sento il loro calore sulla mia testa; mi muovo per quello che posso.

Non è molto.

Il serpente ai piedi di Maria

1.2 - Seconda scena: con i vecchi fanno sempre così

Anche Gesù ha avuto una nonna, ma nessuno le ha mai detto chi fosse veramente quel bambino.

Non me l’hanno detto.

Lo sai: con i vecchi fanno sempre così...cercano di nascondere, come se non capissimo!

Tu me lo avresti detto, perché abbiamo fatto un pattoio e te: dirci tutto, senza paura.

Invece loro: neanche una parola.     Con i vecchi fanno sempre così.

Come se non avessi intuito che c’era qualcosa di strano: quelle parole di Elisabetta, la faccia di Zaccaria...

Ma sì, da piccolo giocavi, ne facevi di tutti i colori.

Cadevi e, se ti facevi del male, piangevi; però non eri uguale agli altri.

Tu sei stato sulle mie ginocchia, t’ho raccontato tante storie; tuo padre s’ammazzava di lavoro. E tua madre, anche.

Che coraggio però a dirmi nulla.

Non sono ancora rimbambita... e comunque non del tutto!

Ah, lo avessi saputo: avrei fatto io la tua guardia del corpo perché io sono la tua nonna!

E invece loro... niente. Lo sai: con i vecchi fanno sempre così.

Come se non avessimo la stessa forza di allora...come se ai nostri occhi rimanessero soltanto lacrime e il cuore, la volontà, i pensieri fossero già finiti!

No! Noi, da vecchi, ci siamo ancora!

Io ci sono ancora!!

Perché io sono la tua nonna e dovevo sapere che mio nipote non aveva via di scampo.

Dovevo saperlo, perché io ci sarei stata! Per la miseria!  Me la sarei vista io con quei figli di cani!!

“Provate a toccarlo con un dito! Provateci!

Io sono la sua nonna!”

Se solo me l’avessero detto, per la miseria...

Ma con i vecchi fanno sempre così...

La nonna di Gesù

1.3 - Terza scena: l’unico sonno

Giuseppe sta lì… e fissa Maria che dorme. Non ci sono letti, coperte, scaldasonno… è tutto così bianco… E l’unica luce che s’accende continua a girare.

Non ho capito. Questa è la verità.

Tu dormi e credi che io scherzi ancora: ma qualche volta non c’è più tempo.

Non ho capito: tanto meno quella notte...

E adesso guardo la nostra casa: sembra vero che tutto quanto abbia così tanti anni?

Tu dormi e, se anche non parli, sento la tua quiete come ogni notte; tu puoi e sai dormire perché sai vivere, lavorare, affannarti.

Io invece sento tutto: i rumori del silenzio, il temporale che s’avvicina dal movimento della luna...e  intanto mi chiedo da dove comincerà la morte... da dove comincerò a rimpiangere...

Io ti vedo anche nel buio e, se fisso le tue palpebre, mi domando ogni volta  cosa ci faccio io, qui, vicino a te.

Come hai fatto ad amarmi?  A vivere con me?

Ancora non mi sembra vero ma, io conosco ogni tuo respiro!

I miei occhi hanno dormito mai!!

Sssttt! Non ti svegliare ti prego...

Non ti svegliare...

Adesso mi calmerò.

Ecco, tirerò un bel sospirone e starò qui in silenzio a guardarti, come tutte le altre notti, perché i miei occhi si chiuderanno su di te soltanto nella morte: l’unico sonno che potrò permettermi...

Giuseppe

1.4 - Quarta scena: vieni via da lì

Giuseppe è diventato una statua, con bastone e giglio. Ma quando la chiesa è chiusa si sgranchisce le gambe. Un salto dalla nicchia, in una nuvola di polvere.

Non sei stanca?  Stai su tanti quadri, su troppi muri, con lui tra le braccia.

E lo presenti ancora, così bello, pettinato, ordinato.

Ma non ridi.

Chissà se qualcuno se n’è accorto mai?

Perché non ridi?

Forse perché a distanza di pochi anni ancora ti stava in braccio.

O forse perché sei stanca...

Ti ricordi? Abbiamo comprato un paio di tortore, o forse erano due piccioni…era il sacrificio prescritto dalla legge, sì, ma che pena quando li uccidevano...

Chi l’avrebbe detto che poi il sacrificio voluto dalla legge sarebbe stato Lui in persona?

Vieni via da lì...non sei ancora stanca?

Vieni via da lì...io non posso vederti così stanca...

La gente ha voglia di ridere, di parlare d’altro...vieni via da lì...

Vieni via da lì...

E va bene, sono stanco io!

A volte sono tanto stanco...

Vieni via da lì...

Vado a fare due passi, tanto per sgranchirmi le gambe...

Chissà se qua fuori vendono ancora le tortore...

Ne vuoi un paio?

La statua di Giuseppe

1.5 - Quinta scena...e per un po’ non se ne parlerà più

Piaghe, croste e quant’altro; è rimasto con soltanto un grande lenzuolo bianco addosso.

Fu quando scoprii il lento svanire del sole nella mia stanza; d’un tratto sentii l’oscurità.

Quanto tempo è passato? Non so. Non so proprio. Non lo so più.

D’un tratto sentii la mia assenza, l’ossequioso ricordo di alcuni e il sospiro rinfrancato di molti altri.

Ora tocca a me morire. Che ho vissuto così tanto.

Tocca a me morire. Anche se ho vissuto così tanto...

Eppure ero forte allora. Potente.

Eppure ero forte allora! Potente!!

Si alza di scatto; l’enorme lenzuolo bianco diventa la sua veste di sommo sacerdote.

 

Eppure ero forte allora. Potente.

Perché non mi hai aperto gli occhi prima? Perché il tuo cuore voleva così fortemente morire?

Cosa ti costava metterti d’accordo con noi, con me?

Eppure ero forte allora. Potente. Così aveva desiderato mio padre: portarmi ad un grado, ad una posizione per poi lasciarmene il peso...

Ora lentamente perdo i miei vestiti e rimango sempre più nudo...

Grazie, padre; a causa della tua ambizione io sono qua alla fine di una vita che non ho scelto, ad avere paura che tutto finisca... così…

Buio improvviso. Un attimo dopo eccolo nella posizione iniziale.

Sì, ero presente tra i dottori del tempio.

Ricordo molto bene come chiedevi, come rispondevi: persino a tua madre. Ed eri poco più di un bambino.

Ti ho ritrovato quella notte, al processo, nel Sinedrio... e come rispondevi ancora!

Ora tace il figlio di Dio! Dio, Dio... ora taci!!

Abbiamo salvato tutto un popolo da te!!

I tuoi pazzi t’hanno portato via morto per poi gridare al vento che sei risorto; no! Non l’abbiamo permesso!!!

E’ tutto chiuso!

E’ tutto finito.

Ora taci.

Ora è tutto calmo...e per un po’… non se ne parlerà più.

Caifa

… nel Dolore…

2.1 – Prima scena: un gioco da ragazzi

(da dietro le quinte)

Quello che bacerò è Lui; prendetelo!

(compare in scena)

Andavamo spesso oltre il torrente, in un podere chiamato Getsemani.

Sapevo che eri qui.

Non so se ti sei accorto, ma i tuoi dormono come stupidi. E ti hanno lasciato solo.

Sarà un gioco da ragazzi.

(passeggia)

Sudi... il primo sangue di questa interminabile notte...

Non potrai impedirlo, e non lo vorrai.

Sarebbe facile sgozzarli tutti, dormono come stupidi! Non li ho mai sopportati: bassi e ignoranti, tiepidi e tristi.

Sudi...

Perché hai paura? Riesco a farti paura?

Una cosa è certa...riesco a farmi paura...

No, inutile cercare in giro o in alto...non c’è più nessuno; neanche tua madre...e quell’angelo ti ha solo rinfrescato la memoria su ciò che devi fare.

(si ferma)

Inutile cercare in giro o in alto: ora sei solo.

Ora stanno tutti a guardare... in silenzio...persino tuo Padre, lassù...

Ora ti abbraccerò io, così forte da entrare nella tua carne fino al legno della croce...

e scioglierò il mio abbraccio di morte soltanto quando ti lascerò nella tomba.

Non so se te ne sei accorto, ma il primo atto della tua vita, quello della gioia, è finito...

Ora inizia il secondo, brevissimo.. lo spazio di una notte.

Ora inizia il secondo atto.

Sarà un gioco da ragazzi...

Esce; buio. Dopo poco la luce e Giuda che rientra, con gli occhi sbarrati e con un telo bianco, sporco di sangue, fra le mani.

Giuda

2.2 - Seconda scena: vattene

Giuda abbraccia il telo bianco, insanguinato, che riflette una luce rossa sul suo viso.

Ora sei qui, stretto a me: ascoltami!

E’ meglio che tu vada, se no contro quante altre parole tue andremmo a sbattere, a combattere?

Sarebbe insopportabile!

Lo spazio di tre anni è sufficiente per la nostra inquietudine.

E’ davvero meglio che tu te ne vada via, via da noi… da questi voli bassi... da questi brutti vestiti...

Già sarà un’angoscia sapere che ci sei stato, qui.

Già sarà un’angoscia, per i tuoi discepoli, pretendere di travasarti.

Lo spazio di tre anni è troppo.

Meglio chiuderti qui: non sopravvivrebbero a qualche anno in più di passi tuoi sulla sabbia, di sguardi tuoi alle ferite, di immediati perdoni...

Buio.

Addormentati...

Addormentati con me.

E poi vattene!

Vattene via!!!

Giuda

2.3 - Terza scena: credevi fosse facile

Quest’uomo ha vissuto con una idea fissa: trovare chi gli strappò la corona. E l’ha trovato; ma Cristo, in testa, ha un’altra corona.

Erode ha in mano un nodoso e grosso bastone; abito ridicolo, trucco ridicolo, capelli tinti in maniera ridicola.

Credevi fosse facile portare una corona?

Non lo è, vero?

Nascendo me l’hai strappata dalla testa, estirpandomi anche il cervello; mi sono messo a fare cose, dicono, molto insensate.

Ma quando ho scoperto che tu c’eri ancora, in giro per il mondo, con la tua maledetta mansueta corona,

ho fatto in modo di morire...

Trovando un corpo decomposto e bruciato nella mia stanza hanno pensato subito fosse il mio.

Aveva addosso la mia inconfondibile giacca rosa... un po’... tostata.

Mi è dispiaciuto molto rovinare la mia bella giacca rosa, addosso ad un altro, quando gli ho dato fuoco prima d’andarmene.

Mi sono rifatto il trucco e t’ho cercato: c’è voluto molto tempo ma ora ti ho trovato!

Una splendida corona!! Lascia che  te la sistemi meglio!!

Inizia a bastonare con violenza.

Ecco, così va bene. Adesso si è adattata alla tua testa.

Un’acconciatura molto hippy.

Ed un trucco adeguato ad una star come te.

Credevi fosse facile essere re?    Peccato! Non lo è!!!

Credevi ti riconoscessero, t’incoronassero; invece ti uccidono con l’unica corona che sono riusciti a creare...ed io sono presente.

Ho bruciato la mia giacca rosa, è vero; io solo so quanto è costata... alle tasche dei miei sudditi!

Ma forse ne è valsa la pena.

Questi idioti di romani credono che io sia un vecchio mercenario, come loro.

Nessuno sa chi sono veramente; soltanto tu ed io sappiamo.

Credevi fosse facile portare una corona?

Non lo è, vero!?

Erode il grande

2.4 – Quarta scena: la mirra

Un nobile vecchio. Senza più fretta. E’ illuminato da una sfera magica fra le mani; gli occhi fissi su quel che succede.

Piangi, su questo Calvario.

Da piccolo piangevi come tutti gli altri bambini; ora piangi come tutti gli uomini che soffrono.

Ti ricordi di me? Fui l’unico a portarti in dono un simbolo di dolore: la mirra.

Avevo tanto raccomandato a tua madre di conservarla, perché l’oro lo puoi vendere, l’incenso lo puoi spargere… per la mirra devi soffrire.

Ora che soffri io sono qui per offrirtela ancora; vorrei diminuire… annullarti il dolore!

Ma tu rispondi di no: le tue lacrime si fermano, e nessuno al mondo spasima...

Tu sei la mirra per il dolore della morte, per il dolore della vita...

Impressioni anche i soldati; sento dire: “Imparate ragazzi; questo è un morire da uomini!”

A me sfugge un sussurro che diventa un grido: ”Questo è il morire di Dio!”

Mentre ti issano sulla croce, levandosi l’elmo, io abbasso gli occhi sulla mia anfora, ancora piena di vino mirrato.

E quando tua madre ti avrà in braccio lascerò il mio dono ai suoi piedi.

Per la seconda, inutile volta.

L’ultima.

Uno dei Magi

2.5 – Quinta scena: ancora non so

Solo; ancora solo; sempre più solo. Giovane o vecchio; sano o paralizzato, non importa. Coperto da un enorme lenzuolo o da un peso sugli occhi: non importa. I fratelli sono divisi, adesso…

Ti abbiamo ucciso, finalmente...e per un po’ non se ne parlerà più.

Ti vedrò solo io, in qualche sogno, a dirmi cose che sarebbero normali e che invece svaniscono lì, nei piccoli dormiveglia dell’alba.

Ancora non so se sarai materia di giudizio; e per te, soltanto per te, avrò una lunga e dolorosa malinconia

di Luce.

Ancora non so se è come un mal di testa; se devo sperare che passi e provare a dormire, ché domani magari andrà meglio.

Ancora non so cos’è successo di così tanto grande da non capirci; da non sapere più di tutto quello che potrebbe essere ma non è.

Ancora non so se basta soltanto aspettare, perché quando anch’io sarò nella verità, non potremo fare altro che incontrarci così, così come veramente siamo.

Né ragionamenti, né calcoli.

Senza più nulla.

Così, così come veramente siamo:

fratelli...

Caifa

… nel Vento.

3.1 – Prima scena: buonanotte, tesoro mio.

Tiene in mano un lenzuolo bianco che ha dentro tanta luce… tanta luce…

Buonanotte, tesoro mio...

Sarà un buon sonno; incontrerai cavalli bianchi che corrono, agnellini da tenere in braccio… accarezzali.

Lasci la tua mamma... ancora ornata da perle di sudore sulla fronte; le nostre uniche ricchezze.

Buonanotte, tesoro mio...

Non farai brutti sogni; andrai oltre...

Ti sveglierai, non sai come; e quando ti sveglierai il tuo papà sarà qui, come quella febbre passata.

La morte è un passaggio così stretto, scomodo… ma dura un attimo.

Questa morte, che fa così paura: guardata in faccia... cos’è poi? Un sotterraneo sospiro. Un battito di ciglia.

Che male può fare una morte, se non è per sempre?

Buonanotte, tesoro mio...

Adesso nulla fa più male: è tutto finito.

Mi raccomando dormi: hai bisogno di riposare, che sei tanto stanco.

Hai bisogno di non pensarci più, perché hai fatto tutto il possibile! E sei ancora così giovane...

Buonanotte, tesoro mio...

Finalmente hai una pietra dove posare il capo e chiudere gli occhi.

Rassicura la mamma: anch’io, ormai, non soffro più!

Dille che torneremo una sera a prenderla: sentirà un filo d’aria leggera dalla porta, metterà il vestito da sposa, e andremo

assieme

alla festa dell’estate senza fine...

Giuseppe

3.2 – Seconda scena: la compagnia degli imbecilli

Ora, mentre assiste all’Ascensione, sembra più calmo, più “lucido”. Vestito come prima, porta anche un paio d’occhiali con lenti gialle.

Devo ammetterlo: io sono stato il primo idiota!

Perché ho cercato di ucciderlo subito. Ho fatto una strage.

E lui? Ah, nessun problema.

Una vacanza in Egitto.

Però sono in buona compagnia, e questo mi consola.

Caifa. Caifa!!  Vieni qua, brutto vecchiaccio scimunito!

Una vita intera sprecata a preoccuparti di coglierlo in fallo e un processo-farsa, di notte, di fretta, senza bisogno di maggioranze.

Ma che fatica condannarlo!

E lui, che ha risposto?

“Nessun problema; son qui per questo.”

Pilato!  Cretinetti!!  Ti ho sentito quando hai detto: “Lasciamo che lo ammazzino, così mi tolgo di torno questa storia! …Che ha fatto? … Niente?!… Bah, che importa!”

Flagelli, spine, botte, croci, lance....

Per essere sicuri che sia morto, molto morto... il più morto possibile.

E poi, sorvegliatelo anche da morto!

E lui?

“Nessun problema; la morte è un sonnellino.”

E così è ancora qui, tra noi; dicono che sia contemporaneamente anche in altri posti.

Ma allora cerchiamolo…

Prendiamolo….

Tagliamolo noi a fette, una volta per tutte!!!

E lui?

“Nessun problema.”

Lui ascende tra canti di angeli.

E, mentre i suoi lo salutano piangendo di gioia, Lui non può fare a meno di scorgere anche noi, che lo salutiamo piangendo di rabbia.

Tenteremo di ammazzarlo ancora, facendo fuori tutti i suoi amici, fino alla fine del mondo.

Si può essere più imbecilli?

Erode

3.3 – Terza scena: un’ombra.

Prima il forte rumore di vento, poi il silenzio. Giuda compare, furtivo.

Sono scappato dal covo dei tuoi discepoli, da quel Cenacolo pieno di fessure, e sono sempre stato qua fuori, nascosto dietro la parete nord, ombra nell’ombra.

Non sento bruciare alcun fuoco dentro, quindi non avverto stimoli a “fare del bene”.

Soccorrere, sfamare, aiutare, annunciare, convertire, donare la mia vita… calma, calma!

Voglio godermela ancora un po’.

“Loro” vogliono convertire i lontani; io mi sdraio a prendere il sole.

“Loro” sono vicini alla sofferenza di tutti, anche di quelli che non la vogliono condividere; io sono molto in salute, mi sento bene. Non è colpa mia.

“Loro” soccorrono i bisognosi, anche quelli che non hanno bisogno di nulla, con tutte le offerte possibili... degli altri.

“Loro” sono stati investiti dallo Spirito Santo, non io!

Calma, calma...

Io non ho alcun bisogno di andare ad ammazzarmi subito.  Nessuna necessità. Nessun’urgenza!

Calma, calma...

M’hanno già impiccato tutti ma io non ho alcun bisogno di suicidarmi!

Non ho ancora trovato il coraggio di togliermi definitivamente la vita.

Non sono ancora riuscito ad uccidere il mio bisogno di te.

Pioggia? Vento? Gelo? Fuoco?… Non li sento.

Sono soltanto un’ombra ormai, inconsistente, inesistente.

Nessuno mi vede, ma so che rivedrò il tuo paziente sorriso, e ancora una volta mi spiegherai dove ho sbagliato, quando avrei potuto fare qualcosa di più.

Giuda

3.4 – Quarta scena: sull’altipiano

Piccole luci girano sul suo volto. Rumore di vento, inizialmente impetuoso.

Qui c’è sempre vento.….

Io accendevo sempre le mie piccole luci; Maria, a volte, non mi degnava di uno sguardo. Però sapeva che c’ero.

Guardavo i suoi capelli: tanti, lunghi, lucidi.

I suoi anni passavano davanti a me ed io, quasi, non m’accorgevo dei miei... se non avessi avuto quell’ansia di guardarla…

Pensavo: “Qui non può...ma quando non ci saranno più limiti mi sorriderà sempre!”

Lo faceva anche allora, segretamente, e vedevo le sue lacrime dire di sì, davanti a Dio ed agli uomini.

A volte non mi degnava di uno sguardo ma io la portavo in braccio, sulle braci che bruciano di dolore...

dei suoi capelli ne rimaneva sempre uno sulla mia spalla...

Quando il mio corpo andò io rimasi ancora con lei; quando lei se ne andò io non restai più qui.

E... in un attimo... sull’altipiano... guardo il vento pieno di luce che le attraversa i capelli, portandola via...

Io sono lì... a vestire di sorriso ogni luogo dove lei è stata, ma loro non lo sanno!

Io sono lì a scaldare di carezze ogni viso che la invoca… ma loro non lo sanno.

Nessuno capisce perché non ho tomba, non ho morte, non ho vita passata, non ho chi mi dimentica.

Ho soltanto il mio silenzio, nel suo sorriso, sull’altipiano..

Riprende il rumore del vento.

Qui c’è sempre il vento… ma non c’è polvere,

non c’è buio,

non ho più freddo,

non ho più paura… ho Maria accanto; mi sorride.

Giuseppe

3.5 – Quinta scena: io non scherzo.

Il serpente continua strisciare sopra la terra, illuminata.

Io c’ero all’inizio.

Io ci sono alla fine.

Ai suoi piedi.

Io so di cosa parlo.

Conosco molto bene la Regina del cielo che sta sopra di me, con un peso leggero, ma insopportabile.

Io so chi è; vedo distintamente la sua ombra sopra di me.

Io la sento, devo obbedire...

Voi scherzate in bilico su di un filo… io non scherzo!!

Afferra la Terra, la copre con un telo nero e la porta via, con sé.

Io non scherzo.

Io non ho più bisogno di seminare, la mia piantagione è già molto ricca…

Non ho più bisogno di ruggire, di azzannare, di divorare…

Mi riconoscete?  Certo che sì… sono il vostro papà!!

Mi assomigliate così tanto, adesso…

E’ stato preparato un fuoco eterno per me, per i miei angeli…

ed è stato preparato un fuoco eterno anche per voi…

vi aspettooo…

Il serpente ai piedi di Maria