Piccoli crimini coniugali

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PICCOLI CRIMINI CONIUGALI

PICCOLI CRIMINI CONIUGALI

di  Eric Schmitt

Traduzione e adattamento di Sergio Fantoni

Un appartamento; notte.

Rumore di serrature.

La porta si apre, due ombre scivolano dentro nella luce ocra dell’ ingresso. La donna entra spedita nella stanza, l’uomo, con una valigia in mano, resta sulla soglia, come se esitasse ad entrare.

Lisa si precipita su tutte le lampade e le accende, decisa, una dopo l’altra, impaziente di rendere il luogo visibile.

Una volta che è tutto bene illuminato, indica la stanza, a braccia aperte, come se avesse preparato il set di uno spettacolo.

LISA:        Allora?

Lui scuote la testa negativamente. Lei, inquieta, insiste.

LISA:        Ma si...! fai con calma. Concentrati.

Lui getta uno sguardo coscienzioso, attento, su ciascun mobile e oggetto poi abbassa la testa vinto, avvilito.

LISA:       Proprio niente?

GILLES:  Niente!

Non soddisfatta di questa risposta, lei gli fa posare la valigia, chiude la porta e lo conduce per mano davanti a una poltrona.

LISA:        Questa.... è la tua poltrona.

GILLES:   Alquanto malandata!

LISA:        Non so quante volte ti ho supplicato di farmi cambiare fodera. E cosa mi hai risposto? Che dovevo scegliere: o te o il tappezziere.

Gilles siede nella poltrona. Fa una smorfia di dolore.

GILLES:   Qui non c’è solo la fodera da cambiare!

                  Una delle molle è più tosto aggressiva!

LISA:        La molla intellettuale!

GILLES:   Non ho capito.

LISA:        Tu sostieni che una poltrona è una vera poltrona solo se è scomoda. La molla che ti penetra la natica sinistra tu la chiami “la molla intellettuale”, “il pungolo della riflessione”.

GILLES:   Ma cosa sono uno pseudo-intellettuale o un vero fakiro?

LISA:        E questo... è il tuo tavolo da lavoro. Prego.

Gillese ubbidiente osserva il seggiolino girevole di fronte al tavolo con diffidenza, ci passa la mano sopra. Alla fine si siede. Si sente un cigolio. Sospira.

GILLES:   Ho una teoria anche sui seggiolini che cigolano?

LISA:        Esatto. Proibito metterci una goccia d’olio. I cigolii sono dei campanelli d’allarme. “anche un seggiolino arrugginito partecipa attivamente alla lotta contro il rammollimento universale”.

GILLES:   Ho una teoria su tutto?

LISA:        Quasi. Guai mettere ordine sul tuo tavolo, per esempio. Il caos che regna tra le tue carte tu lo chiami “l’ordine di archiviazione storica”. Una libreria senza polvere per te è una libreria da sala d’aspetto. Le briciole non sono sporcizia, no, sono le “lacrime del pane” che lui piange quando  lo facciamo a pezzi. Risultato: pavimenti, letti e divani trasudano dolore. Mai cambiare una lampadina fulminata... almeno per qualche giorno, bisogna portare il lutto per la luce scomparsa... Dopo quindici anni di convivenza coniugale, sono riuscita a sintetizzare le tue innumerevoli teorie in un’ unica, fondamentale, “teoria”: “mai fare nulla, né tanto meno spostare nulla... assolutamente nulla”!

Lui, ha un sorriso desolato, tenero.

GILLES:   Vivere con me è un’ inferno?

Sorpresa lei si volta verso lui.

LISA:        Quando mi fai certe domande, mi commuovi.

GILLES:   Non hai risposto.

Lei non risponde. Ma poiché lui aspetta, finisce per cedere, tenera, pudica.

LISA:        Si, diciamo che è un’ inferno ma... in un certo qual modo... io... ci tengo a quest’ inferno.

GILLES:   Perché?

LISA:        Ci sto calda...

GILLES:   Lo credo... è l’ inferno.

LISA:        Ho il mio posto...

GILLES:   La tua sincerità è diabolica...

Soddisfatto della risposta, si guarda attorno, sfiora con la mano gli oggetti alla sua portata.

GILLES:   Che strana sensazione...Mi sento come un neonato adulto. Da quando? Voglio dire... quando è successo?

LISA:        Quindici giorni fa.

GILLES:   Di già?

LISA:        A me sono sembrati un’ eternità.

GILLES:   A me no, no. (a se stesso). Un mattino mi sveglio, all’ ospedale... la bocca impastata, come dopo un’ anestesia dal dentista... la testa tutta fasciata... e dentro una pietra rovente, “ma che mi è successo?Ho avuto un incidente?” Mi chiedo. “ Beh, se non altro sono ancora vivo”. Mi continuavo a toccare il corpo come se me lo avessero appena restituito. Le ho già raccontato...

LISA:        (correggendolo) Ti!

GILLES:   (riprendendosi) Ti ho già raccontato lo shock dell’ infermiera?

LISA:        Lo shock dell’ infermiera?

GILLES:   Si. Una mattina entra nella mia camera una infermiera e mi fa: “Felice di vederla con gli occhi aperti, signor Sobri.” Mi giro per vedere con chi sta parlando ma realizzo  che siamo soli. Lei insiste: “ Allora? Come sta, signor Sobri?” E lo dice anche con un aria molto sicura di sé. Biascico due, tre, parole, ma appena se ne va, mi trascino giù dal letto e afferro la scheda della febbre. Sopra c’è quel nome, Gilles Sobri. “Ma dico, perché mi chiamano cosi? Chi può aver fatto questo errore?” quel Sorbiri non mi dice assolutamente niente, ma nello stesso tempo, non riesco a darmi un’ altra identità. Mi vengono in mente solo certi nomi di quando ero piccolo: Topolino, Minnie,Paperino. Allora mi rendo conto che non so più chi sono. Che ho perduto la memoria. Si, perché in compenso ricordo perfettamente le declinazioni latine, la tavola pitagorica, le coniugazioni russe, l’ alfabeto greco. Anzi mi metto a recitarle ad alta voce, per tranquillizzarmi. Il resto penso tornerò. Infatti come è possibile ricordarsi come la più difficile, e non ricordarsi chi si è? Cerco di non farmi prendere dal panico. Mi convinco che la colpa è delle bende... in effetti stringono troppo le tempie... in un certo modo, forse, comprimono la memoria... quando me le toglieranno, penso, tutto tornerà a posto. Arrivano i dottori, le infermiere, racconto della mia amnesia, loro ascoltano compresi, spiego la mia teoria delle bende troppo strette, loro assecondano il mio ottimismo... Finchè qualche giorno più tardi, un’ altra infermiera, una donna molto bella, senza camice però, entra nella mia camera.

                  Accidenti, però! La nuova infermiera! Niente male!” mi dico. “ Chissà perché non si è messa la divisa?” lei non dice niente, mi guarda, sorride, mi prende le mani, mi accarezza la fronte. Io mi chiedo se per caso non mi abbiano mandato un infermiera un po’ speciale, “speciale maschi sofferenti”, della brigata puttane ospedaliere... Niente di tutto questo: l’ infermiera in borghese a un tratto mi annuncia di essere mia moglie. (si gira verso Lisa) Ma ne è proprio sicura?

LISA:        Sicurissima.

GILLES:   Non è che è in missione speciale?

LISA:        Mi devi dare del tu...

GILLES:   Si, certo... non è che lei... che tu...

LISA:        (interrompendolo) Io sono tua moglie.

GILLES:   Tanto meglio.(un tempo) Ed è.... e tu... sei sicura... che siamo a casa nostra?

LISA:        Sicurissima.

Lui osserva ancora una volta la stanza dove si trova.

GILLES:   Senza voler tirare delle conclusioni affrettate, posso affermare che preferisco mia moglie al mio appartamento.

Ridono. L’umorismo di Gilles nasconde un vero smarrimento. È confuso.

GILLES:   E ora che si fa ?

LISA:        Questa sera ? Ti sistemi. Riprendiamo la nostra vita. Come prima.

GILLES:   E se la memoria non ritorna? Che facciamo?

LISA:        (inquieta) Tornerà.

GILLES:   L’ottimismo sta per finire, sono in riserva.

LISA:        Tornerà.

GILLES:   Sono quindici giorni che non fanno che ripetermi che non ho bisogno che di uno chock... ma io quando l’ho vista l’ho riconosciuta. Le fotografie che mi ha mostrato, era come sfogliare l’elenco telefonico. Sono qui, e mi sembra di essere in un albergo. Niente mi è familiare. Niente ha senso per me. Non riesco a trovare il mio posto. È tutto molto denso, pieno, coerente, ma io... io non ci sono. Io sono scomparso.

Lei si siede vicino a lui. Stringe le mani di lui tra le sue per calmarlo.

LISA:        Lo shock arriverà. I casi di amnesia definitiva sono molto rari.

GILLES:   Per quel po’ che so di me sono proprio il tipo da avere una reazione “rara” non credi? (supplichevole) lei cosa farà...

LISA:        Tu!

GILLES:   Si d’accordo...tu cosa farai...se non mi ritrovo? Non vorrai mica vivere con un mio doppio decerebrato... una specie di scimmiotta acculturata?

LISA:        (divertendosi per la sua angoscia) Perché no?

GILLES:   Perché se mi ami, come potresti.

Lisa smette di ridere.

GILLES:   Voglio dire... se lei... se tu ami me, non puoi amare il mio gemello. Una brutta copia! Una scatoletta vuota! Un ricordo che non ricorda niente!

LISA:        Calmati!

GILLES:   Se tu mi ami, magari puoi anche accettarmi vecchio, sfigurato, malato, purchè io sia sempre io, no? Per forza! Se ami me, tu vuoi me, non la mia ombra...se mi ami... ma...tu...

Lisa, irritata, si alza e cammina per la stanza.

GILLES:   Lei mi ama?

LISA:        Tu!

GILLES:   Tu... mi ami?

Lisa lo guarda con dolore, in silenzio. Gilles riflette. Lascia una pausa tra ogni frase.

GILLES:   Voglio dire, io... sono amato? Cioè...sono amabile? Almeno questo: “amabile”? lo chiedo perché io non mi riconosco. Anzi, per quel che so, non sono neanche tanto sicuro di piacermi. Diciamo che per ora sono a corto di informazioni...

Gilles alza le spalle. Lei lo osserva in maniera strana. Vorrebbe parlare ma si trattiene. Un tempo.

GILLES:   Allora? Lui... lo amavate?

LISA:        Lui chi?    

GILLES:   Lui! Me quando ero ancora io! Suo marito!( Sembriamo una coppia pirandelliana)

LISA:        Si calmi!

GILLES:   Ah! Mi ha dato del lei! Lei non è mia moglie! Devo andarmene da qui!

LISA:        Gilles calmati. Mi fai perdere la testa con tutte le tue domande. Ti ho dato del lei per riflesso.

GILLES:   Riflesso di che?

LISA:        Grammaticale. Tu mi dai del lei e mi parli di lui come se non fossi tu. Non ci capisco più niente.

GILLES:   Nemmeno io.

LISA:        Cosa mi avevi chiesto?

GILLES:   Se amavi tuo marito.

Lei sorride. Gilles è colpito dal fatto che lei non risponda.

GILLES:   Senta, mi stia bene a sentire, se lei non l’amava, questo è il momento giusto per sbarazzarsene. Approfitti del fatto che lui non è più lui, cioè che lui sono io, per sbatterlo fuori dalla porta... per sbattermi fuori della porta... insomma per sbatterci fuori della porta tutti e due. Faccia un bel ripulisti! Lei non ha il coraggio di confessarmi che la nostra non era più una coppia felice? È questo il problema? Bene... allora approfittiamone e  chiariamo la situazione. Io me ne vado. Mi dica di andarmene e io me ne vado. Non è difficile. Io non so più chi sono io e non so chi è lei. Mi sembra un occasione ideale! Mi dica di andarmene e io me ne cado, per favore...

Lisa si avvicina a lui, sorpresa di vederlo in quello stato.

LISA:        Hai preso delle medicine?

GILLES:   (irritato). Il mio non è un male che si cura con le medicine! Cos’è questa  mania di volermi fare ingurgitare delle pillole appena provo un sentimento!

LISA:        (scoppia a ridere) Gilles!

GILLES:   Ah! E mi prende anche in giro!

LISA:        (felice). Gilles, è stupendo, migliori... stai recuperando: è una delle tue frasi classiche: “cos’è questa mania di volermi far ingurgitare delle pillole appena provo qualcosa!” Sei tu, sei proprio tu. Non hai mai sopportato la gente che rifiuta le proprie frustrazioni ingurgitando sedativi dalla mattina alla sera. La tua teoria è questa: “ la nostra epoca è diventata talmente fiacca che tenta di curare con le pillole anche la coscienza. Ma non riuscirà a guarirci dall’ essere uomini”.

GILLES:   (piacevolmente sorpreso) Davvero? Però!

LISA:        E aggiungi che “ la vera forza d’animo non sta nell’ astenersi dai sentimenti, ma nel provarli tutti. Tutti, cosi come vengono”.

GILLES:   Ho capito! In casa, come in metafisica... l’imperativo è sempre... non fare niente!

Felice di averlo ritrovato, sia pure per un attimo, lo abbraccia. Gilles la trattiene, le sue labbra sfiorano quelle di lei.

GILLES:   (lentamente, a mezza voce) Ma tra di noi… il fisico… che ruole svolge? Voglio dire, è importante?

LISA:        (uguale) Molto.

GILLES:   Non mi stupisco.

Restano naso contro naso, irresistibilmente attratti.

GILLES:   Molto… nel senso molto forte… o molto spesso… ?

LISA:        Molto forte e… molto spesso.

Cerca di baciarla sulle labbra ma lei si sottrae.

GILLES:   Perchè ?

LISA :       E’ troppo presto.

GILLES:   Potrebbe essere lo shock.

LISA:        Anche per me.

GILLES:   Non capisco.

Tenta di nuovo di baciarla. Lei lo ferma.

LISA:        No. (lui insiste). Ho detto no!

Si libera decisa, ma senza violenza.

Sconcertato, Gilles, percorre con lo sguardo tutta la stanza. Poi, umiliato, si precipita sulla sua valigia.

GILLES:   Sono spiacente, ma io me ne vado. Non può funzionare.

LISA:        Gilles !

GILLES:   No.Me ne vado !

LISA:        Gilles!

GILLES:   No. Preferisco andarmene.

LISA :       Dove?

La domanda lo ferma.

LISA:        (con dolcezza). Non puoi andare da nessuna parte.(un tempo)La tua casa è questa(un tempo). Questa.

Lui, confuso, fa una smorfia.

GILLES:   Ma... noi due... davvero ci conosciamo?

Lei fa di si con la testa sorridendo.

GILLES:   Io... non la riconosco.

LISA:        Se è per questo, non riconosci neanche te stesso.

GILLES:   Chi mi dice che non sia venuta all’ ospedale come si va all’ ospizio dei cani abbandonati? Si ferma al reparto degli amnesiaci, e si domanda quale potrebbe adottare. Poi mi vede e pensa: “ah! Quello si! Quello è piuttosto carino, non è proprio di primo pelo... ma ha dei bei occhietti dolci, sembra pulito... si, me lo porto a casa e gli faccio credere che sono sua moglie”. Non sarà mica vedova per caso?

LISA:        Vedova?

GILLES:   Mai sentito parlare di un’ organizzazione di vedove che controlla un traffico di amnesiaci.

LISA:        Gilles, sono tua moglie!

Lui posa la sua valigia.

GILLES:   Allora dimmi qualche cosa. Aiutami a ritrovarmi.

Lisa indica i quadri appesi al muro.

LISA:        Che ne pensi di quei quadri?

GILLES:   Tutto il bene possibile. Sono l’unica cosa che apprezzo di questo appartamento.

LISA:        Davvero?

GILLES:   Sembrano fatti dalla stessa mano.

LISA:        Sono tuoi.

GILLES:   (d’istinto) No?! Che bravo, però! (sorpreso). Miei?!

LISA:        Si!

GILLES:   Bene! Oltre che scrivere, so anche... dipingere?

LISA:        Da non credere, vero?

Gilles studia i quadri, prima sospettoso poi entusiasta.

GILLES:   Sono decisamente un tipo formidabile, a parte qualche pecca come “casalingo”: sono sposato con una bella donna, come amante facci scintille, dipingo, scrivo, “teorizzo”. (smarrito). Mi sarebbe piaciuto conoscermi.

LISA:        (furbetta). Ti saresti piaciuto.

Gilles non coglie l’ironia.

GILLES:   È la pittura che mi dà da vivere?

LISA:        No. A quello ci pensano i tuoi romanzi polizieschi. La pittura è un passatempo.          

GILLES:   Ah!...(la osserva, a disagio). Che tipo di marito sono?

LISA:        Sii più preciso.

GILLES:   Sono un marito geloso?

LISA:        Per nulla.

GILLES:   (sorpreso). Sul serio?

LISA:        Dici che di me ti fidi. E questo mi piace.

GILLES:   E tu, ne hai mai approfittato...del fatto che non sono geloso?

LISA:        Per fare cosa?

GILLES:   Per darmi motivo di essere geloso.

LISA:        (sorridendo) No.

Lui sospira di sollievo.

GILLES:   E io? Io sono... fedele?

Lisa, divertita, lo fissa, prende tempo, soddisfatta dell’ angoscia che appare sul volto di lui, poi alla fine si scioglie.

LISA:        Si.

GILLES:   Ah…

LISA:        Almeno… per quanto ne so.

GILLES:   Perchè ? non ci sarebbe motivo, credo.

LISA:        (maliziosa) Se mi hai tradito… vorrebbe dire che hai una capacità di simulazione straordinaria.

GILLES :  Ah ! assolutamente no.

LISA :       O per lo meno il dono dell’ ubiquità. Infatti come avresti potuto tradirmi? Non metti quasi mai piede fuori casa. Non fai che scrivere, leggere, dipingere. Come avresti potuto?

GILLES :  Già...come?

Lei si avvicina e lo abbraccia.

LISA:        La tua fedeltà, per me, è molto importante. Non ho abbastanza fiducia in me stessa per dover lottare ogni giorno contro delle rivali... o dei sospetti.

GILLES:   Strano! Non hai l’aria di una donna rinunciataria. Non sono molte le donne della tua età...

LISA:        Appunto. Non ci sono “solo” donne della mia età...A vent’anni non si dà molto peso all’ età, ma a quaranta addio illusioni. Una donna si rende conto della sua età solo quando scopre di essere circondata da donne più giovani di lei.

GILLES:   Vuoi dire che io guardo donne più giovani?

LISA:        Si.

Sospira di sollievo. Benché in fondo non si senta ancora del tutto rassicurato.

GILLES:   È spaventoso! È come avanzare sull’ orlo di un precipizio. Ad ogni passo rischio di apprendere di me un particolare che come niente mi può trasformare in un bruto. Corro incontro a me stesso ma non sono del tutto sicuro che la rotta sia quella giusta... dimmi dei miei difetti.

LISA:        (riflettendo) Oh! Ne hai molto pochi.

GILLES:   Dimmeli.

LISA:        Non lo so... L’impazienza! Ecco, si, l’impazienza.

GILLES:   Eh! Ma che orrore! (pensa al sesso)

LISA:        No, non in quel senso! No, invece è piacevole, quando torni a casa hai la tendenza a spogliarti nell’ ascensore. Una volta hai spogliato anche me...

Persa nel ricordo di quel momento della loro vita amorosa. Arrossisce.

GILLES:   Veramente?

LISA:        abbiamo chiuso la porta appena in tempo.

GILLES:   Appena in tempo?

LISA:        No. A dir la verità era già troppo tardi.

Ridono.

GILLES:   Insomma posso aspettare il ritorno della memoria senza paura?

Lisa tace, a disagio. Gilles se ne accorge e insiste.

GILLES:   Vedi, ogni tanto, mi chiedo se la mia testa non si sia bloccata apposta. Se non abbia un qualche interesse a non ricordare.

LISA:        Che interesse?

GILLES:   Beh! Il fatto di non sapere la protegge. Forse ha paura della verità.

LISA:        (contrariata) Si?

GILLES:   Non lo so. Forse lo chock che ho subito non è soltanto fisico... ci sono tanti tipi di traumi...

Si osservano a lungo. Per un momento sembrano condividere la stessa angoscia.

LISA:        (con tono poco rassicurante). Io credo che tu ti stia agitando per nulla.

GILLES:   Sei sicura?

LISA:        Si non c’è nulla che tu possa scoprire... di te... che ti possa imbarazzare.

GILLES:   Me lo giuri?

LISA:        te lo giuro.

Lui si tranquillizza.

GILLES:   Parlami ancora di me. Ormai è il mio soggetto preferito.

LISA:        (provocatoria). Se è per questo, lo è sempre stato.

GILLES:   Ah!

LISA:        Si! Bisogna rendere onore al merito: ti sei sempre voluto un gran bene. Una fedeltà a prova di bomba. Dai un occhiata alla tua libreria: tutti i tuoi romanzi sono dedicati a te. (ne prende uno a caso) “dedico questo mio libro a me stesso, con tanto amore, sinceramente, Gilles”.

GILLES:   (infastidito) Ma è mostruoso!

LISA:        No… spiritoso.

GILLES:   Egomaniaco !

LISA:        Una persona di spirito può permettersi di essere sincero. ( A una persona di spirito si perdona le sincerità)

GILLES:   Mi auguro di averne dedicati anche a te.

LISA:        (ridendo). Si. (si dirige verso un’ altra mensola e estrae un altro libro) » A mia moglie, Lisa, il mio grande amore, mia buona e cattiva coscienza, che adoro ma non merito, Gilles”.

Lisa, leggendo queste parole che la riportano a un passato felice, si commuove e i suoi occhi si riempiono di lacrime. Lui la osserva in silenzio, cercando di capire. Lei si lascia cadere su una sedia, sopraffatta dai ricordi.

GILLES:   Lisa...

LISA:        Scusami. Un tuffo nel passato.

GILLES:   Lisa, io sono qui. Non sono mica morta.

LISA:        Il passato si. (si sforza di sorridere tra le lacrime). Ti ho amato molto, Gilles, molto.

GILLES:   Lo dici come dicessi: ho molto sofferto, Gilles, molto.

LISA:        È vero, ma io non so amare senza soffrire.

GILLES :  (dolcemente) Ti ho fatto soffrire?

LISA :       (mentendo, male). No.

Lui non insiste. Lei si scuote e tenta di ritrovare il suo buon umore.

LISA:        Che altro posso dirti di te. Adori andare per boutiques! Cosa piuttosto rara per un uomo. Sei capace di resistere anche un ora in un negozio di scarpe per signora e questo certamente merita una medaglia. Il tuo giudizio sui vestiti che provo è sempre gratificante, un giudizio da esteta, ma non da maschio che veste la sua donna di banconote. Ah! Ogni tanto ci diamo appuntamento in una sala da tè...

GILLES:   Mi piace il tè?

LISA:        Ne vai matto. Sembri sconvolto...

GILLES:   Beh! Mi facevo un po’ virile... i vestiti, la boutiques, il tè... si direbbe più il ritratto di una cara amica che di un....

Lisa, scoppia a ridere.

LISA:        Ma è il tuo fascino. Un miscuglio delizioso di maschile e femminile.

GILLES:   (non molto contento). Ah!

LISA:        La prova? Scrivi romanzi polizieschi.

GILLES:   Beh! Almeno questo è virile.

LISA:        Niente affatto. Infatti anche su questo hai una tua teoria. Siccome chi scrive e legge romanzi polizieschi sono soprattutto le donne, allora tu sostieni che il genere appartiene alla “letteratura femminile”. “le donne stanche di aver dato, per secoli, la vita, oggi si divertono a dare la morte, anche se virtuale”. Il romanzo poliziesco ovvero la vendetta delle mamme...

GILLES:   (contrariato). Oh... mio Dio... le mie teorie..

Si alza per prendere il libro con la dedica a Lisa.

GILLES:   Però c’è qualcosa che mi sfugge in quello che dici. Da una parte sembro avere l’aria di un galletto in calore, molto portato per il sesso, impaziente, impulsivo, con i pantaloni in mano già al pian terreno, dall’ altra sono fedele, fiducioso, per nulla geloso, pronto a passare ore e ore tra boutiques e sale da tè, insomma il classico compagno omosessuale di ogni donna che si rispetti. Le due cose non mi pare che leghino molto.

LISA:        No? Può darsi... ma è cosi.

Gilles prende il libro.

GILLES:   “A mia moglie Lisa, mio grande amore, mia buona e cattiva coscienza, che adoro ma non merito, Gilles”. L’uomo che ha scritto queste parole ha qualcosa da farsi perdonare. O no?

LISA:        No.

GILLES:   No? E allora quel... “mia buona e cattiva coscienza”?

LISA:        Perché non faccio che costringerti a lavorare. A essere più esigente con te stesso.

GILLES:   Ah! E quel.... “ ma non merito”?

LISA:        Hai sempre sofferto di un complesso di inferiorità nei miei confronti.

GILLES:   Io?

LISA:        Senza dubbio più sociale che intellettuale. I tuoi genitori erano dei salumai, i miei ambasciatori.

Gilles, al momento, è sconcertato, non risponde. Ma non è convinto.          

LISA:        (sorridendo). È vero! Ci scherzi anche sopra. Non fai che ripetere: “ quando si nasce nel camembert, la puzza non te la togli più di dosso”.

Lui fa una smorfia contrariata.

GILLES:   Smettila di citarmi di continuo, sembri una vedova.

LISA:        Un’po’ lo sono.

Lui si arresta sorpreso da questa gelida e precisa osservazione. Lei sente il bisogno di addolcire le sue parole e aggiunge con una voce più calda.

LISA:        Almeno per il momento. (Ridiventa leggera e gira su sé stessa). Sono una vedova ambiziosa. Una vedova con una grande aspirazione: smettere di esserlo. (lo abbraccia). La memoria tornerà.

GILLES:   (colpito). Perdonami.

Lei va a preparare da bere.    

GILLES:   E’ dura essere costretti a credere agli altri per sapere chi sei.

LISA:        È cosi per tutti.

Torna con due bicchieri di whisky.

GILLES:   Niente più tè?

LISA:        Si.

GILLES:   Meglio cosi!

LISA:        Brindiamo al tuo ritorno.

Brindano.

GILLES:   Che effetto fa trovarsi faccia a faccia con uno sconosciuto che è tuo marito?

LISA:        E’ strano.  Ma anche rivitalizzante. E per te?

GILLES:   Per me?... Io soprattutto, ho una gran paura.

Lei ride.

GILLES:   Sono agli ordini di una bella domanda che non conosco, che mi sorride, mi porta a casa sua, mi fa capire che tra noi potrebbe succedere tutto, perché, tutto sommato, io sono suo marito... è come aspettare di essere sverginato.

Lei ride e si versa ancora un po’ di whisky, che beve d’un fiato.

GILLES:   Anche se, a pensarci bene, non sarebbe male, che la memoria mi ritornasse “dopo”... non credi? Sarebbe come averne una seconda...”prima notte”.

Lei ride di nuovo.

GILLES:   Dove è stata la “prima”?

LISA:        In Italia.

GILLES:   Che banalità!

LISA:        Si ma che ricordo!

GILLES:   Non per tutti!

Di fronte alla stranezza della loro situazione scoppiano a ridere.

GILLES:   Dove mi fai dormire stanotte?

LISA:         (seducente). Nella camera degli ospiti.

GILLES:   (solleticato). Ah...

LISA:         (respingendolo) Ma c’è un divano... in caso di incidenti.

GILLES:   Incidenti? Disgraziatamente credo proprio sia il caso mio.

LISA:         Non fare quegli occhi da cane bastonato in cerca di coccole... sai bene che con me non                               funzionano sempre.

GILLES:   (felice dell’ informazione) Davvero funzionano?

Lui si convince dell’ ascendente sessuale che ha su di lei. Lei lo lascia fare. Si toccano, emozionanti. Ma lei, d’ improvviso, si allontana.

LISA:        No, non può essere cosi semplice!

Queste parole, come il suo allontanamento, le sono sfuggite. In piedi, si muove nervosa.

Gilles, sul divano, non comprende quel brusco cambiamento.

LISA:        Perdonami. Ti spiegherò... io.. verso da bere.

Prende il bicchiere di Gilles, che è ancora quasi pieno.

LISA:        Non hai bevuto niente.

Si serve.

GILLES:   Quello è il terzo lo sa?

Come “toccata” da questa osservazione reagisce in modo brusco.

LISA:        E allora?

Gilles la osserva, sorpreso.

GILLES:   Lei beve, Lisa?

LISA:        No, sei tu che bevi...

GILLES:   Io?... Io bevo?

LISA:        Si la sera.... a volte. Ti piace...

GILLES:   Troppo?

LISA:        Si. Troppo.

Gilles riflette.

GILLES:   Ah ecco! Allora è questa la brutta cosa che dovevo scoprire. L’ alcool.

LISA:        L’alcool?

GILLES:   Mi tengo su a suon di whisky, affogo nel bourbon, don in escandescenze... magari ti ho anche picchiato, è cosi?

LISA:        Perché dai tutta questa importanza a quello che dico. La sera ti piace farti un bicchierino o due, tutto qui.

GILLES:   Non è vero!

LISA:        Si che è vero!

Lisa tesa, rifiuta che si continui a parlare di alcool.

GILLES:   Lisa, io credo che noi avevamo dei problemi e che tu ora stia cercando di minimizzarli.

LISA:        Noi non avevamo nessun problema !

GILLES:   Non fare la bambina !

LISA:        Non avevamo nessun problema. Non più di chiunque altro. (cercando di controllarsi). Si, certo... che avevamo dei problemi. Gli stessi di tutte le coppie dopo quindici anni di convivenza.

GILLES:   Per esempio?

LISA:        Il logorio, l’ usura, come vuoi chiamarla? Ma questo è un fatto, non è un problema. È normale. Come le rughe.

GILLES :  E cosa si sarebbe logorato?

LISA :       Il desiderio.

GILLES:   È per questo che mi respingi?

LISA :       No, no...

Lisa, si rende conto che le sue risposte si contraddicono. Prende un bel respiro per guadagnare tempo, per cercare una risposta. Ma poi rinuncia irritata.

GILLES:   La coerenza non è il tuo forte, vero ?

LISA:        ( con forza). Me lo hai sempre rinfacciato.

GILLES:   Ah si ?

LISA:        Si.

GILLES:   Davvero ?

LISA :       Si. Sempre.

GILLES :  Non ho scelta. Devo crederti.

LISA :       Già.

Tacciono, poiché lei sembra sul punto di arrabbiarsi, lui cede.

GILLES:   Va bene. Allora... diciamo... che ti credo.

LISA:        Bene.

È chiaro che tutti e due sono in totale malafede.

Un silenzio.

GILLES:   (timidamente). È passato un angelo.

LISA:        (subito, di riflesso). A chiappe strette.

GILLES:   Come hai detto?

LISA:        (divertita). Parole tue. Tu non sopporti le frasi fatte, cosi aggiungi sempre qualcosa che le renda ancora più cretine. Se uno dice: “ ah, è passato un angelo”, tu aggiungi: “ si, a chiappe strette”...

Lei ride. Lui no. Le sue vecchie battute non lo divertono per nulla.

GILLES:   Dio, che tristezza!

LISA:        Hai ragione.

L’avvilimento di Gilles fa scoppiare Lisa.

GILLES:   Dovevate divertire un sacco voi due, eh? Chissà se anche gli altri si divertivano altrettanto. ( un tempo). Oggi gli altri sono io.

Lei capisce che lo sta irritanto con la sua risata. Tenta si riprendere il suo tono serio.

GILLES:   Dov’è che ho avuto il mio incidente?

Lisa risponde immediata.

LISA:        Là.

Lo prende per un braccio e lo conduce alla base della scala che porta al soppalco.

LISA:        Scendendo le scale, ti sei girato bruscamente... forse hai fatto una mossa falsa... hai perso l’equilibrio e... sei andato a sbattere la nuca... su quella trave.

Gilles ispeziona il luogo dell’ incidente. Non gli dice gran che. Tira un sospiro.

GILLES:   Ti sarai presa una gran paura, immagino.

LISA:        Avevi perso i sensi. (le sue mani tremano). Quando sei caduto, ti stavo parlando. Non so, forse ho detto qualcosa che ti ha sorpreso, che ti ha fatto ridere, o che... ti ripeto, non lo so... se fossi stata zitta, non ti saresti voltato e non saresti caduto. Mi sento colpevole. È colpa mia.

Gilles la osserva

GILLES:   È terribile...

LISA:        Cosa?

GILLES:   Non ricordare.

Scossa da questo ricordo, lei scoppia in singhiozzi. Lui la prende tra le braccia per calmarla. Ma invece di condividere la sua agitazione, riflette ad alta voce.

GILLES:   Io, di solito, sono un tipo maldestro ?

LISA:        No.

GILLES:   Ero già caduto altre volte ?

LISA:        Mai.

GILLES:   E tu ?

LISA :       Io si. Più di una volta. Ecco! Era a me che doveva accadere. Perché non è toccato a me...

GILLES :  Ti farebbe sentire meglio?

LISA :       Si.

Lui la consola meccanicamente, cullandola contro di sé e accarezzandole i capelli.

GILLES:   Su...è stato un’ incidente... non puoi sentirti in colpa per un incidente.

Appena comincia a calmarsi, la lascia e va a sedere sullo sgabello del suo tavolo da lavoro, sul quale fa un giro su se stesso.

GILLES:   Sono come l’eroe dei miei romanzi gialli, l’ ispettore James Dirdy…

LISA:        (correggendolo istintivamente). James Dirty.                  

GILLES:   Ecco quello! Per scoprire la verità indago sul luogo del delitto.

LISA:        Delitto? Quale delitto?

GILLES:   È  un modo di dire. Anche se... chi può dire che qui non si sia davvero consumato un delitto.

LISA :       Non scherzare, per favore.

GILLES :  Stasera quando sono entrato, non ho riconosciuto nulla, ma ho avuto la netta sensazione che qui fosse accaduto qualcosa di grave. Strano, no? Un’ allucinazione? Un presentimento? O l’ inizio di un ricordo?

LISA :       Deformazione professionale. Non dimenticare che scrivi romanzi gialli. Ti piace essere in ansia, sospettare... e supporre che il peggio debba ancora venire.

GILLES :  No, la sensazione era che il peggio fosse già passato.

LISA :       Allora sei cambiato. Non fai che ripetere che il peggio è sempre in agguato.

GILLES :  Anche pessimista?

LISA :       Pensi come un pessimista, ma vivi come un ottimista. O almeno come uno che crede nella vita. Però scrivi come uno che non ci crede.

GILLES :  Qualcuno ha detto che il “pessimismo è il privilegio dell’ uomo che riflette”.

LISA :       Si però non si può passare la vita sempre a riflettere.

GILLES :  Ma neanche sempre ad agitarsi.

Tacciono di nuovo, si guardano come due nemici. Ognuno vorrebbe dire molto di più all’ altro ma nessuno dei due osa.

GILLES:   L’amnesia è strana. È come dover rispondere a una domanda che non si conosce.

LISA:        Quale domanda?

GILLES:   Appunto, la sto cercando.

Sono immobili. Il tempo si è fermato.

LISA:        Come và ?

GILLES:   Prego ?

LISA:        Come ti senti ?

GILLES:   Molto male, grazie. Perché?

LISA:        (tesa). Io ti trovo in gran forma, intellettualmente voglio dire. Faccio fatica a pensare che, parlando come parli, tu non abbia più accesso alla tua memoria.

GILLES:   Intelligenza e memoria non sono localizzate nelle stesse zone del cervello.

LISA:        Se lo dici tu..        

GILLES:   (secco). Non sono io che lo dico. È la scienza.

LISA:        Ah, se lo dice la scienza allora...

GILLES:   Perché non ci crei?

LISA:        (altrettanto secca). Con la scienza non è questione di credere o non credere. Lei ti sbatte in faccia le sue verità, se poi gli credi o non gli credi non è affar suo. Non è cosi forse?

GILLES:   Si, più o meno.

Si studiano con lo sguardo.

GILLES:   Però, malgrado tutto, credo di essere sulle mie tracce. Quello che mi sembra strano è che abbia lasciato cosi pochi indizi.

LISA:        (ironica). Già, non è nel tuo stile.

GILLES:   Non sei divertente.

LISA:        Rilassati. Hai la mano troppo pesante per riuscire a mettere ordine nella tua testa. Non credo ti aiuti.

GILLES:   (febbrile). Ho paura di ciò che posso scoprire. Di cosa potrei essere stato.

LISA :       Che assurdità! Tu eri... sei… una persona per bene.

GILLES :  No, sento che non è cosi.

LISA :       Ti dico che è cosi !

GILLES :  No. Chi me lo garantisce ?

LISA :       Io.

GILLES :  Non mi basta. Magari sono un gangster, uno sporco gangster, disonesto anche nel mio mestiere disonesto... qualcuno ha tentato di farmi fuori... e mia moglie cerca di farmi credere che si tratta di un incidente per farmi cambiare vita. Tu approfitti della mia amnesia per riportarmi sulla retta via.

LISA :       Gilles!

GILLES :  O forse, no. Sono un assassino... non ancora scoperto, che tu tenti di proteggere nascondendogli tutto. O un maniaco seriale, stupratore di bambine...

LISA :       Basta! Ma perché vuoi immaginarti cosi orrendo?

GILLES :  Perché ho la sensazione, fortissima, che nel mio passato ci sia qualcosa di brutto... qualcosa di tenace... di pervicace...

LISA :       Non è vero. Ti prego, credimi.

GILLES :  Ma andiamo Lisa! Anche se fosse vero diresti cosi. E hai ragione. Chi può rimproverarti. Se sono un porco perché non dovresti approfittare della mia confusione mentale per tentare di cambiarmi, per convincermi che non sono poi cosi male, per regalarmi un passato accettabile, per inventarmi una personalità meno imbarazzante.

LISA :       (ironica, ma con forza). E va bene, hai ragione: ti sto “riinventando”, ti sto “riciclando”! col vecchio Gilles ne faccio uno nuovo. Cancello tutti i tuoi difetti, te li nascondo ben bene e ti regalo tutte le qualità che ti mancano. Ti modello a misura della coppia perfetta che ho sempre sognato... in una parola ristrutturato le mia vita coniugale: la facciata è la stessa, ma gli interni sono tutti nuovi. Che divertimento! In fondo realizzo il sogno di ogni donna: dopo quindici anni di vita sotto lo stesso tetto, finalmente addomesticare il proprio marito. Attento! Davanti a te non hai un infermiera ma una domatrice.

Questo discorso blocca Gilles. Si calma.

GILLES:   Perdonami.

LISA:        Vuoi scherzare? Io non perdono un bel niente: io frusto!

GILLES:   Lisa...

LISA:        Seduto! In piedi! E quando hai finito di mangiare... di corsa, a cuccia, sul divano.

GILLES:   Oh, no... questo no.

LISA:        Cosa, no?

GILLES:   (con i suoi famosi occhi di cane bastonato). Il divano nooo, padrona il divano noooo...

Lei lo guarda e improvvisamente scoppia a ridere. Anche lui. Sono di nuovo complici.

Lei si avvicina, gli passa la mano nei capelli, quasi tenera.

LISA:        Non ti sto mentendo, Gilles. Sei esattamente come ti descrivo. Un uomo. Un uomo che mi sta bene. Un uomo che a una donna non capita spesso di incontrare.

Le loro labbra si sfiorano.

GILLES:   Noi due parliamo troppo.

LISA:        E quello che hai sempre detto quando...

GILLES:   Si?

LISA:        Quando...

GILLES:   Vai avanti...

LISA :       Parliamo troppo...

Si baciano. Con passione, questa volta. Poi, come ubriachi si lasciano cadere sul divano.

GILLES:   Muoio dalla voglia di una nuova « prima notte ».

LISA:        Stavolta hai messo l’ asticella troppo in alto.

GILLES:   Ce la caveremo altrettanto bene.

LISA:        Dove andremo ?

GILLES:   Perchè muoversi ?

LISA :       (scivolando sotto di lui). Dove?

GILLES :  Qui.

LISA :       (radiosa). Che impazienza!

GILLES :  Ti va bene ?

LISA :       ( con entusiasmo). Si.

GILLES :  Perché andare fino a Portofino.

La bacia. Dopo qualche istante lei interrompe il bacio e lo allontana leggermente.

LISA:        Cosa hai detto ?

GILLES:   Perchè andare fino a Portofino.

LISA:        Perchè Portofino ?

GILLES:   Come? Non è a Portofino che abbiamo celebrato la nostra prima notte?

LISA:        Te ne ricordi ?

GILLES :  No. L’ hai appena detto tu.

LISA :       Niente affatto. Io ho detto Italia.

GILLES :  (con calma). Hai detto Portofino.

LISA :       Ho detto Italia.

GILLES :  È impossibile. Come farei a saperlo?

LISA :       Gilles, stai recuperando la memoria!

GILLES :  Ma no! Non sto recuperando un bel niente.

LISA :       Come no? Ti sei appena ricordato...

GILLES :  Sono sicuro. Sei tu che hai parlato di Portofino poco fa.

LISA :       Io ho parlato dell’ Italia.

GILLES :  Non te ne sei resa conto ma hai pronunciato la parola Portofino.

LISA :       Non posso aver detto Portofino perché proprio in quel momento ero furiosa perché non riuscivo a ricordarmi il nome di quel posto.

Si alza. Gli si mette davanti e lo guarda. Lui smette di protestare. Poco a poco lei capisce ciò che è accaduto.

LISA:        Gilles, tu non hai perso la memoria.

GILLES:   Si. Ti dico di si.

LISA:        Tu mi stai mentendo.

GILLES:   Anche tu Lisa!

Si studiano.

Qui potrebbe terminare il primo tempo, nel caso si volesse dividere lo spettacolo in due parti)

Si alzano. Girano, uno intorno all’ altra, come due belve che stanno per azzannarsi.

LISA:        Io sto mentendo ?

GILLES:   Si! Lisa, quei quadri... sono tuoi. Sei tu che dipingi, non io! Quel Gilles che va per boutiques insieme a te... l’ hai inventato tu! Quel Gilles che se ne sta sempre chiuso in casa, che non ti ha mai tradito... non sono io. Forse è quello con il quale avresti preferito dividere la tua vita.

LISA:        (dolorosamente). Allora ricordi...

GILLES:   No. Ricordo soltanto che io non sono cosi.

LISA:        ( in un lamento). Oh mio Dio, non vorrai ricominciare.

GILLES :  Ricominciare cosa?

Senza rispondere Lisa si riprende. Va verso di lui, afferra un cuscino e lo colpisce al volto.

LISA:        (con durezza). Tu non hai perduto la memoria. Tu ricordi tutto.

GILLES:   No. Assolutamente no.

LISA:        Non ti credo. Tu ricordi.

GILLES:   Solo in parte.

LISA:        Non ti credo.        

GILLES :  Sta ritornando, ma mi mancano ancora tanti tasselli.

LISA :       (continuando a picchiarlo con il cuscino). No, tu ricordi!

GILLES :  Non l’ ultimo giorno...

LISA :       (restando con il braccio in aria). L’ ultimo giorno?

GILLES :  Il giorno dell’ incidente. Di quello non ricordo nulla.

LISA :       (ricominciando a colpirlo). Non è vero. Tu sai tutto e mi stai prendendo in giro!

GILLES : Non l’ultimo giorno!

LISA :       La tua falsa amnesia è il supplizio che hai escogitato per punirmi. Vuoi cuocermi a fuoco lento, umiliarmi...

GILLES :  (sincero). Punirti per cosa Lisa?

Lei smette di colpirlo, ha un piccolo riso forzato. Lui le afferra le braccia.

GILLES:   Punirti per cosa?

Lei vorrebbe svincolarsi ma quando capisce che nella sua domanda non c’è nessun sottinteso e nessuna ironia, rassicurata, scuote la testa.

LISA:        Scusami. Tu ci hai messo due settimane con infermieri, dottori, medicine, per rimettermi in piedi, io sono stata qui, sola, a mangiarmi le unghie. Nessuno si è preso cura di me. Ho bisogno che qualcuno si occupi di me.

Lui le bacia la mano con delicatezza.

GILLES:   Ho la testa come un libro dal quale siano state strappate delle pagine. L’ ultima in particolare. Del giorno dell’ incidente non ricordo nulla.

LISA:        Nulla?

GILLES:   Nulla. (la guarda fisso negli occhi). Te lo giuro.

Lei capisce che è sincero.

GILLES:   Credo di doverti delle scuse.

LISA:        Già.

GILLES:   Molte scuse ?

LISA:        Non so se riuscirai mai a saldare il debito.

GILLES:   E stato lunedì. A poco a poco, mi sono accorto che la memoria stava tornando. Come una spugna che, goccia dopo goccia, riprende il suo volume. Tu, quel giorno, non c’eri, non so perché. Allora, senza dir niente ai dottori, ho cominciato a mettere insieme i pezzi della nostra storia, del nostro rapporto, che tornavano a galla, ero contento di me, felice. Poi, il giorno dopo, quando sei entrata, stavo lì lì per raccontarti tutto quando tu mi hai gelato con quella bugia. La prima.

LISA :       Quale?

GILLES :  Avevi portato con te i miei libri, la collezione dei miei romanzi gialli, per stuzzicare la mia memoria. Ne avevi dimenticato uno però. Ricordi quale? “piccoli crimini coniugali”. Te l’ho fatto notare e tu hai risposto che non era importante, perché io odiavo quel libro, anzi rimpiangevo perfino di averlo scritto. Ed eccola lì, la piccola, deliziosa, bugia, pronunciata con una tale sicurezza che mi ha chiuso la bocca.

Lisa, borbotta senza tentare di negare.

GILLES:   Allora ho pensato. Ma come? Io sono sempre stato molto orgoglioso dei miei “piccoli crimini coniugali”. Anzi, non ho fatto che ripetere che, secondo me, se proprio si doveva salvare un mio libro, era proprio quello che si doveva salvare...e tu, lì, davanti a me, tranquillamente, affermavi il contrario?

LISA:        D’accordo. Ho spacciato una mia opinione per tua. È cosi grave?

GILLES:   No, figurati. Se è per questo niente è grave.

LISA:        (difendendosi). “piccoli crimini coniugali” non ha avuto alcun successo.

GILLES:   Anche tanti altri miei libri non hanno avuto alcun successo.

LISA:        “Piccoli crimini coniugali” ancora meno. C’è differenza tra meno e meno di niente.

GILLES :  No Lisa! Quando un mio libro non ti è piaciuto non hai mai avuto bisogno del parere di nessuno per difenderlo con le unghie e con i denti contro tutti.

LISA :       È vero. Io odio “piccoli crimini coniugali” e tu invece lo adori. Ti ripeto, è cosi grave?

Lui prende il libro in questione dalla libreria. Legge la copertina.

GILLES:   “Piccoli crimini coniugali, raccolta di racconti”. A dir la verità sarebbe più corretto chiamarli: raccolta di cupi racconti intrisi del più bieco pessimismo. (legge dal libro) “La coppia è un associazione di assassini, uniti fin dall’ inizio dalla violenza di un desiderio che li proietta uno dentro l’ altro, tra rantoli, sudore, miagolii, che si risolve in un armistizio, chiamato dai più piacere, solo per esaurimento delle forze. I due assassini sposandosi, firmano una tregua, ma solo per dirigere, uniti, la loro violenza contro la società, brandendo i frutti delle loro risse: i figli. E qui l’ inganno rasenta il capolavoro! Perché d’ ora in avanti, in nome della famiglia, sarà loro tutto permesso. I loro istinti brutali e licenziosi passeranno per un servizio reso alla specie umana. La loro ottusità, la loro idiozia, il loro insulso vociare coprirà ogni altra voce. La famiglia sarà la punta di diamante della truffa. Una volta invecchiati, mentre i figli si danno da fare per mettere su altre coppie di assassini, loro, i vecchi predatori, ormai a corto di nuovi bersagli, finiscono per prendersela con se stessi. Solo che non usano più il colpo di reni, eh no!... quello ormai...ciao, ciao...no, adesso ricorrono ai colpi bassi, i più vigliacchi: la malattia, la sordità, l’ incontinenza, l’ indifferenza, il rincoglionimento. Chi vincerà? Che se ne va all’ altro mondo per ultimo. Ecco, la vita coniugale: un’ associazione di assassini... un lungo cammino verso la morte che lascia lungo la strada un mucchio di cadaveri. Una giovane coppia è una coppia che cerca di sbarazzarsi delle altre coppie. Una vecchia coppia è quella dove ciascuno cerca di sbarazzarsi del proprio compagno. Quando guardate un uomo e una donna sull’ altare davanti al prete o davanti al sindaco non vi siete mai chiesti chi dei due sarà il primo a uccidere l’altro?”

Lisa, ironicamente, batte le mani.

LISA:        Bravo! Applaudo per non vomitare!

GILLES:   Sai spiegarmi perché ho scritto questa roba?

LISA:        Quando te l’ho chiesto mi hai risposto: “ perché è la realtà”.

GILLES:   Si, sarà anche la realtà, ma mi domando, perché pensare la realtà cosi com’è? Perché non pensarla come la si vorrebbe? Una coppia non è la realtà. Una coppia, prima di tutto, è un sogno. O no?

Poiché Lisa non risponde lui continua con passione.

GILLES:   Vedi, quel pomeriggio, proprio mentre mi dicevi quella piccola, insignificante bugia, mi sono reso conto che in fondo, io ero assolutamente d’ accordo con te. ( si gira verso lei). Io, quel libro... lo odiavo. Senza saperlo, ma lo odiavo. Ed è stata proprio la tua bugia a farmelo scoprire.

Lei lo osserva, intrigata, ma non è sicura di aver capito bene.

GILLES:   Per questo ho deciso di non dirti niente. Ho voluto lasciarti... raccontare “come” mi avresti voluto. Magari il Gilles Sorbiri che stavi per presentarmi, che rinnegava i suoi “Piccoli Crimini Coniugali, avrebbe potuto essere migliore del precedente. Una versione riveduta e corretta. Perché non approfittarne? “che il mio incidente serva almeno a questo” ho pensato. Insomma ho provato a nascondermi dietro l’amnesia per cercare di capire con quale uomo avresti voluto vivere.

LISA:        Non è stato molto onesto.

GILLES:   Cosa?

LISA:        Il tuo comportamento.

GILLES:   Né più ne meno del tuo. Però altrettanto istruttivo. Confesso: ceduto alla voluttà di essere rigenerato dalla donna che amo. Volevo tentare di assomigliare all’ uomo che volevi. Un pizzico del vecchio io, un pizzico del nuovo... ed ecco fatto... un marito su ordinazione...su misura. Ma...

LISA :       Ma...?

GILLES :  Beh, prima di tutto la memoria stava ritornando... ed ero sicuro che da un momento all’ altro avrebbe fatto saltare i punti della nuova personalità che mi stavi cucendo addosso, poi... e poi, sinceramente, non riuscivo a capire dove volessi arrivare. Si! Perché il tutto non quadrava.

LISA :       Non quadrava?

GILLES :  No. Vedi, noi abbiamo dei problemi, su questo non ci piove. Ma ciò nonostante mi son reso conto che tu, in fondo mi ami per quello che sono. Non è che ami un’ altro, no?

Lisa sorride.   

LISA:        Allora?

GILLES:   Allora è una bellissima notizia.

Anche lui sorride.

LISA:        E poi?

GILLES:   Poi... sono giunto alla conclusione che il problema non ero io, ma tu.

LISA:        Ah!

Il colpo,inatteso, diretto, la lascia senza parole. Lui corre alla libreria dove sono i libri che si è dedicato e getta tutta la fila a terra.

LISA:        (folle di rabbia). Che accidenti fa?

GILLES:   Ti mostro quello che so.

La caduta dei libri ha rivelato delle bottiglie di alcolici nascoste dietro i libri. Le prende in mano.

GILLES:   Una! Due! Tre! Quattro! Questa è vuota! Cinque!

Lisa, spavalda, alza la testa.

LISA:        Lo sapevi?

GILLES:   Da qualche mese.

LISA:        Quanti?

GILLES:   Devo ammettere che ti nascondi bene. Non ti ho mai vista bere e non ti mai sorpresa ubriaca!

LISA:        (con fierezza). Mai ?

GILLES:   Come fai ?

LISA:        Sono brava.

GILLES:   È una maledizione regger cosi bene l’alcool. Ho scoperte le bottiglie, per caso, mentre mettevo in ordine.

LISA :       (alterata). Ah, perché tu metti anche in ordine?

GILLES :  ( correggendosi). No. Hai ragione. Cercavo un dizionario. Poi ti ho osservata. Facendo finta di niente.

Lisa, si nasconde la faccia dietro le mani.

LISA:        Smettila !

GILLES:   Non ci penso neanche.

LISA:        Lasciami stare, mi vergogno.

GILLES:   Sei in errore. Lisa. Sono io che devo vergognarmi. Io! Quando ho scoperto quelle bottiglie dietro i libri sono stato io quello che si è vergognato. Qual è il tuo problema con l’ alcool?

LISA:        Io non ho nessun problema con l’alcool.

GILLES :  Però bevi.

LISA :       Si, bevo, ma non perché ho un problema con l’alcool. Il problema io ce l’ho con te.

GILLES :  Quale?

Lei fa un gesto vago. Rispondere le costerebbe uno sforzo troppo grande cosi rinuncia.

LISA:        C’è gente che beve per dimenticare. Io no. Con me non funziona. Io al tuo posto non avrei mai perso la memoria. Neanche se m’avessero spaccato la testa in due. Niente può farmi perdere la memoria. La nostra memoria. Né due, né tre, né cinque bottiglie. Figuriamoci la tua piccola botta.

Si rende conto che sta diventando cattiva, allora tace, confusa. Anche lui è sinceramente commosso.

Non riuscendo a comunicare, sembrano condividere la stessa solitudine.

GILLES:   Cos’è successo l’ultima sera ? la sera di cui non ricordo nulla?

LISA:        Niente.

GILLES:   Tu mi nascondi qualcosa.

LISA:        E quand’ anche fosse ?

GILLES:   Sarebbe odioso che tu mi nascondessi qualcosa.

LISA :       (rancorosa). Lo scoprirai da solo. Non hai forse scoperto le bottiglie?   

Un tempo.

GILLES:   Io non sono tuo nemico, Lisa.

LISA:        (chiusa). No ?

GILLES:   (tenero). No. Io ti amo.

LISA:        (sempre più astiosa). Le parole non hanno lo stesso senso per te e per me.

GILLES:   (insiste, con dolcezza). Io credo di si. Ti amo.

LISA :       Bene! Bravo! E io amo il camembert e le settimane bianche! E anche che ogni tanto mi lasci in pace!

Si alza, afferra una bottiglia di whisky, se ne versa un bicchiere e guarda Gilles con aria di sfida.

LISA:        E ora me lo bevo.

GILLES:   Bevitelo.  

LISA:        Poi ne berrò ancora.

GILLES:   Bevi quanto ti pare. Tuffatici dentro, tanto sai nuotare.

LISA:        (in tono di sfida). Me lo scolo tutto.

Lui la osserva senza intervenire.

LISA:        Allora? Non me lo impedisci?

GILLES:   Perché? Da chiunque altro ti difenderei con piacere ma da te stessa...

Lisa abbassa la testa, come un bambino abbandonato, con le lacrime agli occhi.

Gilles le si avvicina e le toglie, lentamente il bicchiere dalla mano. Lei lo lascia fare, poi si abbandona, riconoscente tra le sue braccia. Si aggrappa amorosamente a lui.

GILLES:   Cos’è che non va tra noi? Cos’è che non va più?

Lei alza le spalle. Esprimere questo malessere le sembra un compito troppo difficile.

Si siedono uno accanto all’ altra, lui la accarezza leggermente, ma con calore, per incoraggiarla ad aprirsi,

a confidarsi.

LISA:        Non lo so. Forse tutto ha una fine... una durata limitata. O forse anche la coppia è... come dire? “ organica”, programmata come un essere vivente. Forse anche lei ha una sua morte “genetica”.

GILLES:   Credi davvero a quello che dici?

Come risposta lei tira su col naso rumorosamente. Lui le carezza i capelli, questa volta teneramente.

GILLES:   In questi ultimi giorni ho pensato spesso al nostro primo incontro. Anzi, devo dire, che all’ ospedale, è stata questa la prima cosa che mi è tornata alla memoria.

A queste parole Lisa sorride.

LISA:        Davvero, te lo ricordi ?

GILLES:   Almeno, credo.

LISA:        Proprio tutto ?

GILLES:   Me lo auguro.

LISA:        Ci penso spesso, a quell’ incontro.

GILLES :  Anch’io. Secondo te incontrarsi in occasione di un matrimonio è di un buono o cattivo auspicio ?

LISA :       Non vorrei dire ma… il povero Jacques e la povera Hélèn… si sono lasciati subito.

Ridono, sembrano più giovani, più sereni.

LISA:        Ce ne hai messo di tempo prima di farti sotto !

GILLES:   E come facevo ?! non eravamo nello stesso gruppo… alla stessa tavola…

LISA:        E’ vero  che ero anche ben protetta…

GILLES:   Dal silenzio sopratutto. Mai vista una donna nascondersi dietro tanto silenzio. Un mistero vivente...protetto da muraglie invisibili ma... palpabili. Lontana...Inaccessibile...Mi hai fatto una grande impressione.

LISA:        Ma dai...

GILLES :  Giuro. È il tuo sguardo... Dio! Uno sguardo sapiente, antico, di almeno due mila anni, al centro di un corpo vibrante di giovane donna. (rabbrividendo) Non ti ho tolto gli occhi di dosso per tutto il giorno e... la sera... non ero ancora riuscito ad abbordarti.

LISA :       Seguivo le tue manovre...

GILLES :  Me ne ero accorto e mi sentivo doppiamente ridicolo.

LISA :       È stato quello che mi ha intenerito. Mi avevano avvertito che eri un seduttore pericolosissimo.

GILLES :  Io? Forse. Ma non avevo mai osato avvicinarmi alle vette solitarie. (molto coinvolgente). I grandi viaggiatori dicono che quando si muore di sete e non c’è acqua, bisogna riandare con la mente alla prima volta che si è bevuto. È l’unico modo per attraversare il deserto. Aiutami a ricordare quel giorno... vuoi? (con nostalgia). Allora... Ho aspettato fino a...

LISA :       Mezzanotte.

GILLES :  Mezzanotte?

LISA :       (si diverte a ricordare). Si. Improvvisamente vedo che lasci il salone della villa di corsa. Come cenerentola! Incuriosita vado sulla terrazza, non ti trovo, vado più avanti e ti intravedo, dietro il parcheggio, che...

GILLES :  ... vomitavo!

Scoppiano a ridere. Lei comincia a recitare la scena e lui la segue.

LISA:        Le chiedo scusa, ma ho paura che la macchina sulla quale sta vomitando sia la mia.

GILLES:   Sono desolato.

LISA:        Non si preoccupi. Continui pure. Non mi è mai piaciuto il suo colore. Lo avrei preferito più originale.

GILLES:   Perfetto! Adesso è unico.

Scoppiano a ridere, come in passato. E continuano a rivivere il loro incontro.

GILLES:   E da stamattina, prima della cerimonia, che sogno di parlarle, ma le cose non sono andate come speravo. Per darmi coraggio mi sono scolato non so quanti bicchieri, volevo essere brillante e ... ecco il risultato. La vita è veramente bastarda.

LISA:        La vita fa di testa sua. Le consiglio di andare a darsi una rinfrescatina. Dopo, senza alcun dubbio, si sentirà più a suo agio, se ha intenzione di essere brillante.

GILLES:   Lei mi aspetta?

LISA:        Un uomo che si prende cosi cura delle macchine, lo si aspetta volentieri.

GILLES:   (commenta). E cinque minuti dopo un nuovo Gilles profumato all’ acqua di colonia, ritentava la fortuna. (riprendendo il suo ruolo). Lei che tipo di donna è?

LISA :       Il suo tipo?

GILLES :  Confermo. Ogni parola mi provoca un brivido lungo la schiena, ho l’impressione di aver il cervello in fiamme: tutti i sintomi di un grave malessere che i medici definiscono: attrazione fatale.

LISA :       Sono spiacente. Non c’è medicina per questo.

GILLES :  E’ lei la mia medicina! (un tempo) Mi dica: Che tipo di donna è lei? Fredda, timida, svergognata? Voglio solo sapere se devo saltarle subito addosso, cosa di cui avrei una voglia matta, o tenermi a rispettosa distanza. In breve che tipo di donna è significa: lei è il tipo che fa l’amore, la prima sera?

LISA :       Secondo lei?

GILLES :  Io sono il tipo che fa l’amore la prima sera.

LISA :       Quale uomo non lo è ?

GILLES :  E lei ?

LISA :       Non sono quel tipo di donna.

GILLES :  Non ne ha voglia ?

LISA :       Si.

GILLES :  Ho capito. Lei rifiuta solo perchè, un domani, in caso di scenata, nessuno possa rimproverarle di essere una donna che si da al primo che passa.

LISA :       Che radioso futuro immagina per noi ?

GILLES :  Perchè, sbaglio ? Lei rifiuta per prudenza, non è cosi ?

LISA :       Forse.

GILLES :  Preferisce rovinare il presente in nome di un futuro del tutto ipotetico.

LISA :       Sono fatta cosi : o tutto o niente. (un tempo). E poi credo di meritarla una piccola attesa. No? L’ho bene aspettata io.

GILLES :  Cinque minuti.

LISA :       C’è qualcuno, in questo momento, nella sua vita?

GILLES :  Si, in questo momento, si. C’è lei.

Le loro labbra si sfiorano.

LISA:        (mormora). Non ancora.

Lui insiste. Si fa più tenero.   

LISA:        Non ancora.

Lei lo respinge con delicatezza.

GILLES:   Stai recitando la scena del nostro primo incontro o quella di stasera?

LISA:        La mia risposta è la stessa : non ancora.

GILLES:   Non ti da fastidio rifiutare sempre ?

LISA:        Io non rifiuto, «  differisco ».

GILLES:   Io non capirò mai perchè le donne godono a trasformare gli uomini in mendicanti. Ogni qualc volta cerco di farti capire che voglio andare a letto con te, ho l’impressione di chiedere l’elemosina. Poi quando finalmente mi concede questa carità, ho la fugace sensazione di trovarmi di fronte una monaca... che non è proprio l’immagine più pertinente alla situazione.

LISA:        (scherzando). Perchè no ti piacciono i miei seni, figliolo ?

GILLES :  (eccitandosi). Spiegami perchè una sonna non prende mai l’iniziativa ?

LISA :       Perchè è cattiva, vuol dare all’ uomo l’impressione di essere solo ad averne voglia.

GILLES :  Ah! Bene! Allora in quel momento chi è che inganna l’altro?

LISA :       Ottima domanda. Rileggiti: “piccoli crimini coniugali”.

Ridono quasi complici.

GILLES:   Chi vincerà?

LISA:        Chi può scegliere di cadere. Chi conduce il gioco.

GILLES:   (con ammirazione). Che puttana!

LISA:        Grazie. (sottinteso: come dici tu). Insisto. Rileggiti: “piccoli crimini coniugali”.

Non ancora pronta a riconciliarsi con lui, si divincola.

GILLES:   Dimmi la verità,Lisa. Cosa è accaduto?

LISA:        Quando?

GILLES:   La sera che sono caduto. Perché non riesco a ricordare quel momento?

Lisa riflette prima di rispondere. Poi, una volta presa la decisione, assume un tono freddo.

LISA:        Perchè non ti và.

GILLES:   Come ?

LISA:        Perchè per te è meglio non ricordare.

GILLES:   E accaduto qualcosa di brutto ?

LISA:        Brutto? Si.

GILLES :  Cosa?

LISA :       Se la tua mente ha deciso di dimenticare non voglio essere io... No, è senz’altro meglio cosi.

Gilles, si avvicina ai piedi della scala.

GILLES:   Non sono caduto, vero?

Lisa non risponde.

GILLES:   Èun po’ che guardo questa scala e non riesco a capire come abbia potuto sbattere lì, (indica uno scalino della scala) e andare a sbattere la testa laggiù. È una caduta al quanto improbabile.

Lisa gli si avvicina e annuisce.

LISA:        Forse la mia è stata una spiegazione un pò troppo frettolosa.

GILLES:   Mi hai mentito !

LISA:        Ti proteggo Gilles, come.. la tua amnesia.

GILLES:   Mi proteggi da cosa?

LISA:        (con naturalezza). Da te. (un tempo), solo da te.

Gilles è colpito da questa rivelazione. I suoi più cupi presentimenti gli sembrano giustificati

GILLES:   Lo sapevo! L’ ho saputo da quando ho messo piede in questa stanza, che mi sarebbe toccato scoprire qualcosa di brutto a mio riguardo. Avanti! Cosa è accaduto?

LISA:        non insistere Gilles. Saperlo ti farà stare ancora peggio.

La afferra per le braccia. Sta perdendo la pazienza.

GILLES:   Ripeto, cosa è accaduto ?

LISA:        Laciami. Non voglio dirtelo. Anch’io cerco di dimenticare.

GILLES:   Lisa, sii sincera, tu mi ami?

LISA:        Perché credi che voglia dimenticare?

GILLES:   Allora ti prego, se mi ami, dimmi cosa è successo quella sera.

LISA :       Niente, Gilles, non è successo niente.

GILLES :  Lisa...

LISA :       Almeno... niente di grave... in fondo siamo qui, no? È tutto passato.

GILLES :  Cosa? Cosa è tutto passato?

LISA :       Hai tentato di uccidermi.

Gilles, resta a bocca aperta. Lisa sostiene il suo sguardo. Poco a poco indietreggia, sconvolto da ciò che ha

appena appreso. Lei ripete con calma.

LISA:        Si, hai tentato di uccidermi.

Sollevata dalla sua confessione, si serve un wisky e si siede.

Lui, dietro di lei, resta muto per lo sgomento.

LISA:        Quella sera, quando sei tornato a casa, mi hai sorpreso che stavo preparando la valigia. È ancora di sopra pronta. Cosi ti ho annunciato che andavo via. O meglio, più esattamente che ti lasciavo.

GILLES:   Tu?

LISA:        Ecco, hai reagito proprio cosi. “Tu”? mi hai detto. Come se fosse stato scritto da sempre, chissà dove, che se uno di noi due doveva andarsene, quello avresti dovuto essere tu non io.

GILLES:   Perché?

LISA:        Ecco... questa fu la seconda domanda. (accende una sigaretta). Mi auguro che la somiglianza tra la conversazione di oggi e quella di allora si fermi qui.

Lei aspetta una risposta. Lui pallido, balbetta qualcosa.

GILLES:   Vai avanti. Ti prometto di stare calmo.

LISA:        Va bene. Ti annunciavo che ti lasciavo perchè ero …stanca.. sì, stanca del nostro rapporto, che a te, certo, andava bene, ma a me no. Ti ho chiesto di rispettare la mia decisione e soprattutto di non chiedermi altre spiegazioni. Da principio ho creduto che tu mi lasciassi andare, ma poi, d’improvviso, ti sei messo a urlare:” Chi è? Chi è? Con chi te ne vai?”. Con nessuno, ti ho risposto. Ma tu non ci hai creduto ed hai cominciato con una delle tue solite teorie, secondo la quale l’uomo si fa l’amante per restare con sua moglie mentre la donna si fa l’amante per lasciare il marito...

GILLES:   È vero!

LISA:        Sarà anche vero, comunque per me non vale!

GILLES:   Come faccio a crederti?

LISA :       (stancamente). Non ricominciare, per favore!

GILLES :  (vinto). D’accordo.

LISA :       Da quel momento la discussione ha degenerato... Sei diventato violento...hai...

Lei, fa fatica a continuare. Lui non si muove confuso.

Lisa, cercando di trattenere le lacrime, prende una statuetta di una trentina di centimetri, sopra

un mobile.

LISA:        Quando sono scesa con la mia valigia,  ti sei gettato su di me. Hai tentato di strangolarmi. Per difendermi, ho afferrato quella statuetta e...

Lei resta in silenzio. Piange sommessamente. Gilles sembra più sorpreso che pentito.

Scuote la testa, come se questo gesto potesse schiarirgli le idee e riportare in superficie i suoi ricordi.

Dopo qualche esitazione si avvicina a Lisa e le tocca la mano con delicatezza.

GILLES:   Ti ho fatto molto male?

Spontaneamente, Lisa, fa segno di no. Poi ci ripensa e porta una mano al collo.

LISA:        Qualche piccolo livido. Per questo, i primi giorni, non mi hai visto in ospedale.

Gilles fa cenno di si, lentamente.

GILLES:   Adesso è chiaro perché non sopporti che ti tocchi.

Lisa, annuisce sospirando. Gilles si guarda intorno come se fosse per l’ultima volta.

GILLES:   Bene, ora tocca a me.

Si dirige verso la sua valigia, lasciata vicino alla porta. Lisa alza gli occhi, sorpresa.

LISA:        Dove vai?

GILLES:   Non posso restare qui. Almeno, non dopo quello che ti ho fatto.

LISA:        Ma...

GILLES:   Come potresti avere ancora fiducia in me?

Distrutto, prende la sua valigia e apre la porta. Lisa abbassa la testa. Non riesce a trovare una risposta.

GILLES:   Ah. Una domanda... una sola... prima di andarmene.

LISA:        Si.

GILLES:   C’è un altro uomo?

Lisa prende un tempo prima di rispondere.

LISA:        No.

GILLES:   Nessuno?

LISA:        Nessuno.

GILLES:   Ancora peggio. Addio.

Esce.

Restata sola, Lisa, non sta bene. La partenza di Gilles invece di darle sollievo l’angoscia ancora di più.

Dopo qualche gesto senza senso, gli corre dietro e lo raggiunge fuori.

LISA:        Gilles! Torna in dietro!

Lo tira per un braccio per farlo rientrare in casa.

GILLES:   No, Lisa, non è possibile. Non vorrai che ti chieda di perdonarmi, dopo quello che è successo?

LISA:        Vieni, siediti. Vuoi? Solo un momento. Devo dirti una cosa.

Lui cede. Lei chiude la porta, soddisfatta di avere almeno ottenuto questo.

Gilles si siede. Lisa cerca le parole da dire.

LISA:        Ascolta Gilles, tu... “la situazione”, la scopri ora, ma io, la conosco da quindici giorni, “ la situazione”. Voglio dire che sono quindici giorni che ci rifletto sopra, che me la giro e rigiro nella testa, e se ho deciso di venire a trovarti in ospedale e poi riportarti qui è... con cognizione di causa. Ero sicura che la memoria sarebbe tornata, o quanto meno, che avrei potuto fartela tornare...

GILLES:   Non capisco.

Lisa si mette in ginocchio davanti a Gilles.

LISA:        Gilles, è tutto dimenticato.

GILLES:   Una cosa di quel genere? No.

LISA:        Si invece. È da quella sera stessa che ho voglia di dimenticare. E alla fine ci sono riuscita. (un tempo). Ti ho perdonato.

Gilles resta muto, colpito. Ci mette qualche secondo prima di mormorare con voce atona:

GILLES:   Grazie!

Lisa sorride. Anche Gilles, più debolmente, con più difficoltà.

Poi si alza. Lei sorpresa, vacilla.

LISA:        Che cosa fai?

GILLES:   Me ne vado. Grazie di avermi addolcito la partenza.

Lei lo trattiene.

LISA:        Gilles, non credo tu abbia capito quello che ti ho detto.

GILLES:   Io credo di si.

LISA:        Io voglio che tu resti, qui con me.

Lei lo costringe a rimettersi seduto. Lui stordito, non le oppone alcuna resistenza e la lascia fare.

LISA:        Io voglio continuare a vivere con te.

GILLES:   Quindici giorni fa non volevi lasciarmi ?

LISA:        Quindici giorni fa!

GILLES:   e cos’è successo dopo ? ho tentato di accopparti e ho perduto la memoria ti pare poco?

LISA:        (con forza). Io non voglio più lasciarti.

Gilles si gratta dolorosamente la nuca, del tutto disorientato dalle continue giravolte di Lisa.

LISA:        Io ci tengo al nostro rapporto.

GILLES:   Perchè ?

LISA:        Perchè non può finire. È fuori discussione. Sono quindici anni che ci lavoro. È opera mia.(correggendosi) cioè voglio dire, è opera nostra. Non ne sei fiero anche tu?

GILLES:   “Un rapporto non sta in piedi per orgoglio, ma solo per amore. Altrimenti non  è che amor proprio” ti ricordi?

LISA:        Va bene, sì, mi ricordo... ma tu resta.

GILLES :  Lisa, mi dispiace, ma non capisco. Non capisco. Già due settimane fa non era chiaro perché avremmo dovuto lasciarci, oggi, poi, mi è ancora meno chiaro perché dovremmo restare insieme.

LISA :       Perché uno non può voltare le spalle al suo destino.(un tempo). E il mio destino sei tu. (con dolcezza, leggera, quasi scherzosa). Sono d’accordo con te, noi non saremo mai del tutto, fisicamente, uno dell’altra... ma mentalmente lo siamo. Tu mi sei entrato, nel profondo, e io in te. Siamo schiavi uno dell’altra. Anche se non sei mio in tutto e per tutto, nei miei pensieri, nei miei sogni, nelle mie aspettative lo sei. È questo che mi lega a te. Noi, possiamo anche separarci, ma in realtà, non potremo mai lasciarci. Nei giorni che non c’eri, che non eri in te, io non ho mai smesso di pensare a te, di dividere tutto con te, pensieri, sensazioni... sai cosa vuol dire amare un uomo..con amore? Vuol dire amarlo malgrado sé stessi, malgrado lui, contro tutto e tutti. Vuol dire amarlo in un modo che non dipende più da questa o da quella cosa. Io ti amavo prima che tu volessi uccidermi e continuo ad amarti anche dopo. In me c’è una parte di te. E anche se te ne vai quella parte resta. Hai capito? In me ormai c’è la tua impronta. In te, la mia. Nessuno di noi due può vivere senza l’altro.

Lui la osserva, conquistato da questa confessione.

LISA:        Allora?

GILLES:   Allora....

Siccome lui esita ancora, lei tenera, vulnerabile, lo supplica con gli occhi lucidi.

GILLES:   ...Dal momento che sono già qui... resto.

Questa volta è Lisa che prende l’iniziativa per baciarlo, offrendogli le sue labbra come non mai.

Si baciano a lungo.

GILLES:   Ueh!!! Ne valeva la pena: niente a che vedere con i precedenti.

LISA:        (felice) Ti va di uscire? Andiamo a bere qualcosa da qualche parte?

GILLES:   Ai suoi...ai tuoi ordini.

LISA:        Vado a cambiarmi.

Scompare immediatamente, impaziente di farsi bella.

Gilles è solo, tira un gran sospiro. È teso, ora non mostra la stessa allegria di Lisa. Pensieroso, si muove

lentamente in giro per la stanza. Sembra che gli costi fatica. Si avvicina al giradischi, sceglie un disco e lo fa

partire. Il suono di un languido jazz invade la stanza. Come se le note gli suggeriscono un messaggio segreto.

Ascolta con molta attenzione. I suoi occhi improvvisamente si illuminano.

Sembra ritrovare la sua forza, la sua energia.

Ora sa cosa fare. Lisa riappare, con un vestito nuovo che la rende ancora più bella.

Si offre alla vista di Gilles.

LISA:        Ti imbarazza uscire con me... cosi?!

GILLES:   Da morire.

LISA:        Allora va bene.

Quando lei gli passa davanti, lui la bacia sul collo. Lei lo lascia fare con voluttà. Arrivata alla porta si gira.

LISA:        Allora si và?

Lui la osserva.

GILLES:   Cosa ti ricorda questa musica?

LISA:        Niente, credo.

GILLES:   E’ la musica di quella sera.

Lisa ha un sussulto. Sente che le parole di Gilles nascondono una minaccia.

GILLES:   Quella sera ero rientrato tardi, verso le otto. Era tutto buio. Ho pensato che fossi ancora fuori. Ho messo su questo disco, ho acceso la lampada sulla mia poltrona con la molla rotta, ho aperto il giornale. Appena seduto ho sentito un rumore. Ho pensato fosse il vento. Ho ripreso a leggere. Poi c’è stato un nuovo scricchiolio. Mi sono girato. Appena in tempo per vederti, nella penombra, con qualcosa in mano. Poi è arrivato il colpo.

LISA:        Mi hai vista?

Lisa china la testa, colpevole. Vorrebbe essere altrove. Non sa più cosa dire e come comportarsi.

Le sue mani passano e ripassano sulle cose che si trova a portata di mano. Afferra il libro di Gilles.

Meccanicamente lo apre, gli dà un occhiata fa una smorfia e lo da a Gilles.

LISA:        “Piccoli crimini coniugali”. In fondo, è il tuo libro migliore.

GILLES:   Si. “Chi dei due sarà il primo a uccidere l’altro?” (un tempo). Ho peccato di ingenuità però. Non sono arrivato al punto di immaginare che un coniuge potesse accusare l’altro del delitto commesso da lui. (si inchina davanti a lei). Mi hai superato.

LISA:        L’hai scritto tu:” Quando la violenza si insinua in una coppia, non ha importanza chi la esercita”.

GILLES:   Complimenti, avvocato. Bell’incipit per la sua arringa.

Lisa, alza le spalle, cupa, chiusa. Gilles le si avvicina a assume un tono più dolce.

GILLES:   Di quale violenza parli ?

LISA:        (esplodendo). La violenza di quindici anni di vita in comune! La violenza che mi piaci ancora! Che ti vedo invecchiare, mi vedo invecchiare, e non riesco a rinunciare ad averti tutto mio! La violenza che vorrebbe che fossi stanca e invece non sono stanca! Che...che ti trovo ancora stupendo! Che ho paura che mi lasci! Che tu sei un uomo e io una donna! Che hai successo, che piaci, continui a piacere, che le ragazze ti sorridono per strada più di quanto i ragazzi non sorridano a me. La violenza che tu potresti benissimo fare a meno di me, mentre io non riesco a vivere senza di te.

GILLES:   Non è vero!

LISA:        Si che è vero!

GILLES:   Ti sbagli! In buona fede, ma ti sbagli!

LISA :       E con questo?

GILLES :  Lisa, non si uccide per questo.

La voce di Lisa è di una sincerità straziante.

LISA:        Tu che ne sai? Io non volevo ucciderti, io volevo solo smettere di soffrire.

Scoppia a piangere.

GILLES:   Perché bevi? (lei non risponde). Per smettere di soffrire? (lei fa cenno di si con la testa). Per diventare brutta, grassa, gonfia, prima del tempo? (lei annuisce e sorride). Dov’è che ti fa male, Lisa. Deve essere molto difficile da dire, altrimenti non berresti di nascosto e non mi colpiresti alle spalle. In genere, uno fa quello che non riesce a dire. Perché non provi a dirlo...

Lisa fa un cenno di diniego. Lui insiste con dolcezza, come se fosse una bambina.

GILLES:   Ti sembra molto complicato ma in realtà non lo è, dal momento che non fai che pensarci…

LISA:        (tra i singhiozzi). La nostra coppia…

GILLES:   (incoraggiandola). Si.

LISA:        Per me è importante, per te no…

GILLES:   (come prima). Non è vero, ma continua.

LISA :       Per te è solo una sistemazione pratica.

GILLES :  Anche questo non è vero, ma vai avanti...

LISA :       Hai scritto : » l’amore è destinato a finire.” Che cosa orribile. La prima volta che ho letto quella frase, in quel maledetto libro ho avuto la sensazione di aver sorpreso una conversazione doce parlavi male di me, raccontavi un sacco di porcherie su di noi, una conversazione che d’un colpo faceva piazza pulita di tutte le mie illusioni. In amore è come con le termiti, quegli insetti che mangiano le travi di legno. Non si vedono, non si sentono, ma loro rosicchiano, rosicchiano finchè un giorno crolla tutto. È tutto vuoto. E nessuno se ne era accorto. Tutto ciò che avrebbe dovuto sostenere la casa: è vuoto! La pigrizia prende il posto dell’ amore, l’abitudine cancella i sentimenti... la prima volta che mi hai vista, tu mi hai scelta, no? Oggi, dimmi, mi scegliereti ancora? Dici di amarmi, ma sii sincero,io... io ti piaccio ancora? La verità è che io non sono più la tua “evasione”, sono la tua “prigione”. Ti sono di intralcio... ti sto sempre tra i piedi.

GILLES:   Io voglio andare… cioè… volevo che…

LISA:        Ma avanti per che cosa ? Ricorda cosa hai scritto. “gli uomini e le donne restano insieme solo per ciò che in loro c’è di più basso e vile, l’ interesse...la paura del cambiamento... il timore della vecchiaia... dell’ angoscia della solitudine. Si tengono per mano solo andare da soli verso il cimitero”. Se sei ancora qui è solo per delle pessime ragioni.

GILLES:   Le tue invece, naturalmente, sono ottime.

LISA:        Si.

GILLES:   Dimmene una.

LISA :       Tu.

Per quanto colpito dalla violenza con la quale si confessa il suo amore, Gilles non può fare a meno di ironizzare.

GILLES:   Ho capito. Siccome mi ami, mi ammazzi.

Lisa ha la testa piegata, lo sguardo a terra, sussurra più a se stessa che a lui:

LISA:        No, è che ti amo troppo.

Gilles capisce che è sincera.

LISA:        Quel giorno, stavo malissimo, mi sentivo sola. Mentre ti aspettavo ho cominciato a bere. All’ inizio solo un po’. Ma tu non rientravi. Allora ho continuato. E più mi mancavi, più bevevo. Più ti aspettavo, più mi sembrava che facessi apposta a tardare. Pensavo, è chiaro, se non mi dice mai che mi tradisce è perché mi tradisce sempre, se non parla mai delle altre donne è perché le incontra in continuazione, se non lascia mai in giro indizi è perché sta attentissimo. Quando bevi per liberarti di un pensiero questo un po’ alla volta diventa un’ ossessione... cosi mi sono convinta che stavi per lasciarmi. Col primo bicchiere mi sembrava probabile, alla fine della bottiglia ne ero sicura. Quando sei rientrato ero ubriaca, mi sono nascosta e ti ho colpito.

GILLES:   Hai pensato che stessi con un’ altra donna ?

LISA:        (assumendo un espressione di chiusura) La cosa non mi riguarda.

GILLES:   Hai pensato che stavo con un’ altra donna ?       

LISA:        Tu puoi fare quello che vuoi : io non voglio saperlo.

GILLES:   Tu hai pensato che ero con un’ altra donna.

LISA :       Siamo una coppia aperta no ? tu vai dove vuoi e io pure. Non riapriamo l’argomento.

GILLES :  Allora è proprio questo che hai pensato!

LISA :       Ti prego, non provare a convincermi che ero gelosa.

GILLES :  Ma si invece! Proviamo a essere semplici per una volta: eri gelosa.

LISA :       (fuori di sé) no!

GILLES :  Suona un’ po’ riduttivo ma è cosi.

LISA :       Io non sono riduttiva!

GILLES :  Si! In società fai quella di larghe vedute, ma la verità è che non sopporti l’ idea che io possa toccare un'altra donna.

LISA :       Chiaro che no! Quelle sono stronzate che si dicono a cena con gli amici, solo per aver l’ aria interessante tra una portata e l’ altra.

GILLES :  Allora non sei di larghe vedute?

LISA :       Neanche un po’!

GILLES :  Quindi sei gelosa?

LISA :       Da morire!

GILLES :  Quindi non siamo più una coppia aperta?

LISA :       Si che lo siamo... ma in teoria, solo in teoria. E in modo molto astratto. Tra il formaggio e il caffè. Tutto il resto del tempo, no.

GILLES:   Non sono per nulla d’ accordo.

LISA:        (viokenta). Neanch’ io sono d’accordo con me stessa, Gilles ! perché io non ho un cervello solo, io ne ho due. Si, Gilles. Due! Due cervelli! Quello di oggi e quello... che viene da chissà dove. Quello di oggi rispetta la tua libertà, è tollerante fino all’esasperazione, ma l’ altro ti vuole solo e tutto per me... sussulta al primo squillo di telefono non chiaramente identificato... suda freddo di fronte a un conto di ristorante per due non del tutto giustificato... o al minimo cambio di profumo, o quando riprendi a giocare a tennis, o ti compri una giacca nuova o quando di notte, nel sonno, ti vedo sorridere e divento una terribile serial killer al solo pensiero che un’ altra donna possa toccarti, abbracciarti, baciarti, fare l’amore con te. Brr! Nel profondo del mio essere c’è un rettile con gli occhi gialli, sempre all’ erta, che vigila senza tregua... Si, Gilles, io sono anche questo. E anche con mille corsi intensivi e duemila e cinquecento anni di educazione non riuscirai mai a strapparmi di dosso quel che c’è di bestiale nel mio amore.

GILLES:   “Lisa la coppia è una bella casa della quale solo gli inquilini hanno le chiavi. Se la chiudi al di fuori diventa una prigione. E i suoi inquilini dei prigionieri.”

LISA:        Bello bravo! L’hai scritto tu? Mi mancava. Allora rispondi: Conosci qualcuno che pur di evadere è sempre fuori di casa? Io si: te.

GILLES:   Non è vero.

LISA :       Come non è vero? Non fai che incontrare donne, vivi di appuntamenti dalla mattina alla sera, trasudi disponibilità da tutti i pori. Per me sei malato

GILLES :  La mia salute sei tu. I miei appuntamenti sono solo fabbriciattole.

LISA :       Per i miei gusti sei fabbricante troppo spesso

GILLES :  Questo quello che credi. Tu non sai niente.

LISA :       No. Ma immagino....

GILLES:   Sai o immagini ?

LISA:        (urlando) immagino! Immagino! Ma è lo stesso. Fa altrettanto male!

GILLES:   Se è per questo, forse anche di più. (un tempo) Le termiti? Io so dove sono le termiti:qui qui sono! (Indica la testa)

LISA:        Che altro posso fare: non mi dici mai niente.

GILLES:   Non mi sembrerebbe carino dirti tutto. Nota bene che, per quella sera, avevi ragione: ero con una donna

LISA :       Ah vedi!

GILLES :  con Roseline: il mio editore

LISA :       (spiazzata) Roseline?

GILLES :  Si. L’immensa, l’incommensurabile Roseline. Quella che tu con squisita gentilezza femminile chiami la vacca senza corna.

LISA :       Perché ha le corna? No! E allora?

Gilles e Lisa si guardano poi scoppiano a ridere. Dura poco, ma li distende un po’.

GILLES:   Riassumiamo. Dunque io sono consapevole solo nella tua immaginazione. Mi hai processato qui, senza la mia presenza, senza contraddittorio, senza difesa, tra due bottiglie di whisky nascoste dietro i mie libri, e poi mi ha colpito, perché nella tua fantasia, un Gilles virtuale, fregandosene di te, se la stava spassando tra braccia sconosciute! Il problema è uno solo e sai qual è?che quello che hai colpito non era una testa virtuale, ma la mia.

LISA:        Scusa.

GILLES:   Figurati. Altre volte te la sei presa con te stessa ciucciando quel veleno, stavolta è toccato a me.

LISA:        Scusa

GILLES :  Chissà ! Forse non sei fatta per quelle belle storie lunghe, dove la gente invecchia insieme. A te piacciono quelle brevi...quelle che appena sono cominciate sono già finite.

LISA:        (protestando) Non è vero

GILLES:   Si. Si. Tu preferisci le storie che si possono controllare. Ma allora se vuoi avere tutto sotto controllo devi accontentarti di storie brevi. Relazioni ben calibrate, riconoscibili, con un inizio, uno svolgimento, una fine. Un percorso segnato da tappe sempre chiare: il primo sorrisino, la prima bella risata, la prima notte insieme, la prima litigata, la prima pace fatta, le prime vacanze andate male, la prima separazione, la seconda, la terza, e infine l’ultima quella vera. E poi si ricomincia. Come prima. Ma con un altro. E’ chiamata una vita d’avventure. Io la chiamerei una vita di merda. Pensi che non sia ragionevole amare per sempre? Amare a lungo? Pensi che sia pura follia? E’ vero. La cosa più ragionevole sarebbe amare finchè è piacevole. Sai come si chiama? “Razionalismo amoroso”. Amiamoci finchè le illusioni reggono appena crollano, lasciamoci.

LISA:        Io non ho mai pensato questo.

GILLES:   Non è vero, l’hai detto:” è contro natura amare per sempre”.

LISA :       Non è vero.

GILLES :  Ah, no? Allora se vuoi che duri devi saper accattare l’incertezza...il rischio di avventurarti in acque pericolose, dove si va avanti solo se si ha fiducia, dove bisogna navigare a vista, dove bisogna saper destreggiarsi tra onde contraddittorie tra mille dubbi, momenti diversissimi tra loro, alcuni faticosi, altri felici, sempre cercando di tenere la rotta senza mai sapere, veramente quale sia quella giusta.

LISA :       Tu non ti scoraggi mai?

GILLES :  Si.

LISA :       E cosa fai allora?

GILLES:   Ti guardo. E penso: a dispetto delle mie incertezze, dei miei malumori, della mia stanchezza: la voglio o non la voglio? E la risposta arriva subito. Ed è sempre la stessa. E arriva anche il coraggio. Amare è una cosa assolutamente irrazionale. E’ una fantasia che non appartiene a questa epoca. Perché non si riesce a giustificare, non è una cosa pratica. La sua unica giustificazione è che c’è.

Cade un silenzio pesante. Lisa e Gilles inseguono i loro pensieri.

LISA:        Io...Io prendo la valigia.

Aspetta un cenno di assenso da parte di Gilles, ma dal momento che non arriva, insiste.

LISA:        E’ su che aspetta da quindici giorni.

Gilles non batte ciglio. Lei sale la scala che porta al soppalco. Lui mette su un CD. Lei riscende con la sua valigia. Si ferma davanti a lui.

GILLES:   Non ti sfiora neanche l’idea che ti possa perdonare.

Lisa rifiuta la sua generosità

LISA:        C’è troppo da perdonare.

GILLES:   Posso farti un conto unico

LISA:        Te ne ho fatte troppe.

GILLES:   Se il prezzo da pagare per noi due è questo....

In maniera puerile Lisa rifiuta ancora, scuote la testa.

GILLES:   Poco fa tu mi hai perdonato.

LISA:        Era più facile. Tu non hai tentato di uccidermi.

GILLES:   No, mi riferivo al tuo :”Voglio continuare a vivere con te.”

LISA:        Ah.

GILLES:   Non lo  vuoi più ?

LISA :       No. Prima non sapevi. Eri convinto di essere stato tu a…

Lisa fa il gesto del colpo di testa

GILLES:   Non è esatto. Io....lo sapevo anche prima

Lisa non osa crederci. Lui continua lentamente

GILLES:   Io ricordo tutto, Lisa. Appena mi hanno messo sulla barella ho subito ripreso conoscenza...sono ritornato in me. Io non ho mai perso la memoria.

LISA:        Cosa?

GILLES:   Si. Ma....in quel momento...mi è sembrato che la storia dell’amnesia fosse l’unico mezzo per capire”perché” mi odiassi tanto...tanto da colpirmi, alle spalle, al buio...forse l’amnesia, a pensarci adesso è stato solo un misero tentativo per ritrovarti. Si, tutto sommato credo di averti tentativo per...per amore.

Lei lo guarda severa. Ma lui continua con dolcezza.

GILLES:   A me e a te, dopo quindici anni di vita in comune, ormai non resta che dire bugie per arrivare alla verità.

LISA:        (con violenza) bene. Ora la sai, la verità. Allora? Eh? Che ci facciamo con questa verità? Cosa vuoi che ci facciamo? Niente!

Lei si versa un bicchiere di whisky e lo beve tutto di un fiato. Poi prende la sua valigia e va verso la porta.

GILLES:   Lisa io ti ho perdonato.

Lisa si ferma sulla porta e si gira con collera.

LISA:        Buon per te! Ma non ti stanchi mai di fare la parte dell’eroe buono?

GILLES:   (carezzandosi la ferita)io? Non me ne ero accorto, scusa.

LISA:        Be, io ne ho abbastanza. Ne ho abbastanza, di te che metti il becco nel gran casino che ho in testa, di te che mi comprendi, oh! Come mi comprendi, che mi perdoni eccetera eccetera. Io voglio essere disprezzata è chiaro? Voglio essere presa a sberle, essere insultata. Va bene? E vorrei anche che tu stessi male quanto sto male io.

Gilles indica la bottiglia del whisky.

GILLES:   Ancora un goccetto? Il bicchiere della staffa? No?!

Furiosa per la provocazione, Lisa afferra la bottiglia, se la porta alle labbra e, testarda, beve fino all’ultima goccia

LISA:        Ecco fatto.

GILLES:   Bel colpo

LISA:        Non ne posso più che tu sia migliore di me.

GILLES:   Come? Un momento fa ero peggiore.

LISA:        Beh ora sei migliore. Ma sei ugualmente insopportabile.

GILLES:   Mi spiace di essere come sono.

Lei va verso la porta. Lui prova a trattenerla

GILLES:   Noi ci amiamo, Lisa:perché dobbiamo lasciarci!

LISA:        E’ vero. Ci amiamo. Ma ci amiamo male. Addio.

Lei apre la porta.

GILLES:   Posso almeno ringraziarti?

LISA:        Di cosa?

GILLES:   Per aver finalmente sotterrato la coppia imbalsamata che eravamo diventati. Grazie. Brava. Solo una donna poteva farlo.

Lei alza le spalle. Ma lui per trattenerla continua.

GILLES:   Si, perchè noi uomini siamo una manica di vigliacchi: a noi non piacciono i problemi, preferiamo credere che tutto procede bene... voi donne invece, voi non voltate mai la testa dall’altra parte.

LISA:        Bravo, scrivilo nel prossimo libro. Vedrai quante lettrici guadagnerai....

GILLES:   Ma è così. Voi donne i problemi li riprendete di petto. Anche se avete la tendenza a credere che il problema siate voi. Come quando vi fissate con l’idea che l’usura di una coppia dipenda dall’usura del vostro potere di seduzione. E così vi sentite responsabili, colpevoli. Vi fate carico di tutto....

LISA:        Chiaro! Noi egocentriche, voi egoisti.

GILLES:   più o meno. Allora? Uno a uno. Palla al centro?

LISA :       No zero a zero. Match nullo. Addio.

GILLES :  No, per Dio, fermati Lisa. (adesso urla per fermarla) Ma perché credi che sia tornato qui, a casa? Sono tornato perché volevo tornare nella nostra vita, nella nostra coppia. Io la memoria l’ ho persa “prima” non “dopo” l’incidente.....si! E’ cosi! Ero pazzo di te ed ero sempre lì a fare il cretino con ogni gonnella che mi capitasse a tiro. Ti adoravo!...fare l’amore con te mi mandava ai “pazzi”......e non mi sono mai preoccupato di dirtelo. Ti ero fedele sostanzialmente fedele, ma mi sarei fatto ammazzare piuttosto di ammetterlo. Mi dispiace Lisa.... noi uomini siamo un gran brutta razza....viviamo nel mito della libertà. vogliamo sempre sentirci liberi....vorremmo vivere la vita come fosse un romanzo di cui solo noi siamo gli ispirati poeti. Sono tra le tue braccia felice per la millesima volta? Niente. Nello stesso istante mi piace immaginarmi irresistibile seduttore di mille altre donne. Ci credi se ti dico che dal momento che abbiamo messo piede in questa casa io non ho fatto che pensare a come andarmene. E’ più forte di me. A terra mi sento marinaio, in mare muratore. Sto in un posto e vorrei essere in un altro. Sono innamorato ma non voglio legami. Mi sposo e vorrei subito fuggire con un’altra. Sono due Gilles. Lisa. Non potevo dirti quanto ti amavo.... perchè sarebbe stato come tradire l’altro. Capisci? Ammettere che tu ed io eravamo la più bella avventura della mia vita mi avrebbe reso ridicolo ai suoi occhi. Ora sono tornato. Il mio doppio l’ho lasciato all’ospedale. E’ morto con la botta che mi hai dato. Pace alla sua anima inquieta. Non lo rimpiango.

                  (la guarda con dolore)

                  Io ti amo, Lisa. E sono tremendamente geloso di ciò che hai fatto per noi due. Davvero! E lo sai perché.... Ti amo? Perché non sei tenera. Perché mi tieni testa. Perché, quando è proprio necessario, sei anche capace di aprirmi la testa in due. Perché, per me, resti sempre una bellissima sconosciuta. E infine.... perché fai l’amore con me solo e quando ti piace farlo.

LISA :       E se ti ammazzo? 

GILLES :  beh, se proprio devo morire ammazzato meglio tu che un altro. Resta, per piacere. Non voglio un’altra donna. Non voglio un altro assassino per casa.

LISA :       Addio

Lei esce. Si sentono i suoi passi allontanarsi.

Gilles, solo, ha un’esitazione. Poi decide. Spegne tutte le lampade come volesse andare a dormire.

Lascia accesa solo la luce sopra la sua poltrona. Fa ripartire lo stesso disco di jazz di prima, poi va a sedersi, pensieroso, nel cerchio di luce della poltrona. Lisa dopo un po’ rientra lentamente, incerta, senza valigia. Lui la sente ma non si gira. Aspetta. Lei arriva dietro di lui.

LISA:        Credo aver vomitato sulla sua macchina.

Gilles è felice, ma controlla la sua emozione. Senza guardarla decide di risponderle con naturalezza, riproponendo il dialogo del loro primo incontro, al contrario. Cioè lui dice le battute di lei e lei quelle di lui.

GILLES:   Non si preoccupi. Continui pure. Non mi è mai piaciuto il suo colore. Lo avrei preferito più originale.

LISA:        Perfetto! Ora, è unico!

Ridono. Lisa capisce che può continuare così, su questo tono

Leggero.

LISA:        La vita è davvero crudele.

GILLES:   La vita fa di testa sua.

Lei gli passa davanti. Lo guarda.

LISA:        Che tipo di uomo è lei ?

GILLES:   Il suo ?

LISA:        Confermo. Ogni parola mi provoca un brivido lungo la schiena. Tutti sintomi di un malessere che i medici definiscono: attrazione irresistibile.

GILLES:   Spiacente. Per questo non c’è medicina.

LISA:        La mia medicina è lei.

Si sorridono

LISA:        In questo momento, nella sua vita c’è qualcuno?

GILLES:   si. In questo momento, ci sei tu.

                                               Fine della commedia