Pinocchio e la fata Tronchina

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PINOCCHIO E LA FATA BURINA

Teatro Comico Italiano

PINOCCHIO E LA FATA TRONCHINA

COMMEDIA IN DUE ATTI

Autore:

Camillo Vittici

Iscrizione S.I.A.E. N.118123

(In caso di traduzione dialettale si prega di specificare alla SIAE il titolo originale dell'opera)

PERSONAGGI

Pinocchio

Geppetto

La Fata Tronchina

Il grillo Parlante

Mastro Ciliegia

La Fata Nerina

Il Gatto

La Volpe

La Guardia

Lucignolo

Brontolo

La storia si svolge

Primo Atto: Nella bottega di Geppetto

Secondo Atto: In un’osteria

La storia


Geppetto, mica scemo!, da un tronco datogli da Mastro Ciliegia per ricavarne degli stuzzicadenti, ne ricava una bella moglie, la Fata Tronchina. Pinocchio, al contrario, lo vanno a comperare all’IKEA. Lo montano, ma il risultato non è confortante. Da qui iniziano le sue nuove disavventure. C’è anche un intruso… Brontolo, alla ricerca dei suoi fratelli, che ha semplicemente sbagliato fiaba

PRIMO ATTO

M.CILIEGIA: (Ha fra le braccia un tronco). Geppetto! Geppetto! Ma si può sapere dove si è cacciato quel vecchio rincoglionito? Geppetto!

GEPPETTO: Eccomi! Chi è quel rompipalle che mi chiama? Ah sei tu

M.CILIEGIA: Io rompipalle? E tu allora? Vecchio rimbambito che non sei altro!

GEPPETTO: Che vuoi?

M.CILIEGIA: Lo vedi questo?

GEPPETTO: Certo che lo vedo, mi hai preso per un presbitero?

M.CILIEGIA: Intanto non sei un presbitero, ma presbite che vuol dire che a vista sei quasi a zero

GEPPETTO: Quasi a zero sarai tu, ma di cervello. E cosa vuoi che ci faccia con quel legno lì?

M.CILIEGIA: Sarai rincoglionito, ma sei sempre un bravo falegname

GEPPETTO: Sarò un bravo falegname, ma di lavoro c’è n’è sempre di meno. Da quando esiste l’IKEA…

M.CILIEGIA: Non parlarmi dell’IKEA! Cinque minuti per comprare un mobile e il resto della vita per montarlo. Chissa' se il signor Ikea si e' reso conto di aver rovinato le domeniche pomeriggio di tutti gli uomini d'Europa che potevano benissimo passare queste domeniche standosene coricati su un divano già montato al momento dell'acquisto. Cosa dicevi dell’IKEA?

GEPPETTO: Che da quando esiste l’IKEA  tutti comprano lì e gli artigiani di una volta devono chiudere. E non abbiamo nemmeno la Cassa Integrazione. Con quella non si campa

M.CILIEGIA: Perché? Di INPS si campa? Quei pochi soldi non bastano nemmeno per la carta igienica

GEPPETTO: A me va bene; sono stitico! Allora, mi vuoi dire cosa vuoi che faccia con quel tronco?

M.CILIEGIA: Dovresti tirar fuori uno stuzzicadenti, magari due

GEPPETTO: Ciliegia, io sarò rincoglionito, ma a te è andato in trasferta il cervello. Guarda che di stuzzicadenti, da quel coso lì, ne possono venir fuori almeno cinque. Ma poi cosa ne fai se hai la dentiera?

M.CILIEGIA: Ci devo attaccare la briciola del pane che ogni giorno do al merlo che mi sono allevato in gabbia

GEPPETTO: Sei tu che dovresti andare in gabbia in un ospedale per matti. Lo metti su un dito, no?

M.CILIEGIA: Preferisco uno stuzzicadenti; è più igienico; è importante l’igiene…

GEPPETTO: Certo, ma soprattutto l’igiene mentale come il reparto dove dovresti farti curare. Vai allora, lasciamo qui il tuo legno che vedo di tirar fuori qualcosa

M.CILIEGIA: Ciao Geppetto; e ti raccomando… magari di stuzzicadenti tirane fuori anche sei o sette se ci riesci (Esce)

GEPPETTO: (Calcolatrice alla mano). Dunque… Altezza circa 70 centimetri, spessore circa 30… 70 per 30 fa… 210. 210 meno la corteccia fa 110… meno i trucioli fa… No no, troppo difficile; magari ci vuole la radice quadrata, ma la radice di questo albero non era certo quadrata, ma sarà stata come tutte le radici di questo mondo… Meglio che mi beva un cicchetto, giusto per schiarirmi le idee. (Beve)

GRILLO P.: (Entrando). E bravo Mastro Geppetto! Per risolvere i tuoi problemi di matematica pura pensi che basti un bicchiere di vino?

GEPPETTO: E tu chi sei? Mica sarai un beccamorto! Pussa via!

GRILLO P.: Beccamorto io?

GEPPETTO: Sei tutto nero come un merlo! Allora sei lo spazzacamino

GRILLO P.: Né beccamorto, né merlo, né spazzacamino; sono semplicemente un grillo

GEPPETTO: Ho capito; sei uscito dal cervello di Mastro Ciliegia. Quello sì che ne ha di grilli per la testa! Veramente anch’io devo avere qualcosa che non va nella mia testa. Se dicessi a qualcuno che sto parlando con un grillo mi prenderebbe sicuramente per matto

GRILLO P.: Veramente un po’ matti dovete essere entrambi; sacrificare un bel ceppo così per fare quattro stuzzicadenti…

GEPPETTO: Cinque! E magari anche sei! E, secondo te, cosa dovrei farne?

GRILLO P.: Qualcosa che potresti fare sfruttando la tua esperienza e la tua fantasia. Per esempio… Hai mai avuto un sogno nella vita?

GEPPETTO: Beh, un sogno segreto l’abbiamo tutti

GRILLO P.: E allora datti da fare, no?

GEPPETTO: Darmi da fare? Ma se non sai nemmeno qual è il mio sogno… Sai, ho sempre sognato di avere un figlio

GRILLO P.: Fantastico! È la cosa più semplice e divertente da fare

GEPPETTO: Magari divertente, ma semplice non mi sembra. Manca… manca la materia prima

GRILLO P.: Ma ce l’hai; con quel ceppo puoi fare tutto quello che vuoi

GEPPETTO: Ma guarda che la materia prima che manca non è il ceppo, ma una moglie. Dove la trovo una moglie disposta  a fare un figlio con me alla mia età?

GRILLO P.: Te la fabbrichi

GEPPETTO: Sì, vado all’IKEA, la compero e poi me la monto qui a casa. Monto nel senso che la metto assieme pezzo per pezzo

GRILLO P.: Non è necessario. Sei un ottimo falegname e, quindi, te la fabbrichi usando quel ceppo di legno

GEPPETTO: Sei sicuro di avere nel cervello tutte le rotelline a posto e che girino nel senso giusto?

GRILLO P.: Girano… girano, ben oliate e collaudate

GEPPETTO: Bah, dici che funziona? E poi cosa dico a Mastro Ciliegia? Che invece di fare i suoi stuzzicadenti mi sono fatto una moglie?

GRILLO P.: Vedrai che capirà. Magari, con il prossimo ceppo, ne potrai fare una anche a lui e così vivrete per sempre felici e contenti proprio come nelle favole

GEPPETTO: Senti grillo della malora, sei sicuro che non sto sognando?

GRILLO P.: Vai al tuo bancone, bravo, prendi un martello, bravo e adesso picchiatelo su un dito (Geppetto esegue)

GEPPETTO: Ahiaaa!

GRILLO P.: Visto che non stai sognando? Altrimenti dopo una botta simile sul dito ti saresti sicuramente svegliato. Allora; la vogliamo fare questa moglie e hai ancora dei dubbi?

GEPPETTO: Dubbi tanti, voglia di farmela… sì

GRILLO P.: Avanti allora; pialla sega e martello e mettiti al lavoro

GEPPETTO: (Allo specchio cerca di farsi bello. Si pettina, si profuma, ecc…). Se mi costruisco una moglie vorrei che, appena mi vede, trovasse un omino carino e in forma. Non dico un lavandin lover, ma nemmeno uno scorfano. Dai Geppetto, mettiti al lavoro e fatti una moglie. (Va al banco e si mette a lavorare sul ceppo)

GRILLO P.: Vedete miei cari signori? Basta un pizzico di fantasia, di creatività e di ottimismo e anche da un ceppo si può ricavare un sogno. Lavora, lavora Geppetto, metti tutto il tuo impegno e, ti raccomando, fattela bella la tua sposina. Pialla, sega, incolla, scarpella! Sfodera tutta la tua immaginazione, pensa alle più belle donne che vedi in televisione…, magari ispirati ai grandi dipinti degli artisti del passato e realizza il tuo sogno

GEPPETTO: Fatto! Tutto fatto!

GRILLO P.: Vediamo… (Geppetto mostra il tronco su cui, precedentemente e nascoste nell’entrata, si evidenziano le fattezze, invero brutte, di un viso. Ad esempio… due viti per gli occhi, un’asticella per il naso e via così). Ma… cos’è questo sgorbio?

GEPPETTO: Sgorbio? Ma come ti permetti! Dopo tutto me l’hai detto tu di ispirarmi ai quadri degli artisti del passato

GRILLO P.: Ma si può sapere a chi ti sei ispirato?

GEPPETTO: A Picasso

GRILLO P.: Ma almeno, se vuoi che assomigli vagamente ad una donna, falle almeno i capelli

GEPPETTO: I capelli? Mica ho una parrucca qui

GRILLO P.: Incolla i trucioli che ti sono avanzati e falle almeno una bella chioma

GEPPETTO: Buona, anzi, ottima idea (Si mette al lavoro. Ovviamente la cosa è stata già preparata)

GRILLO P.: Vuoi vedere che, se si ritrova una moglie brutta come l’orco, poi da la colpa a me? Io le idee le ho, ma è lui l’artista! Spero non si rovini con le proprie mani. A che punto sei?

GEPPETTO: Quasi pronto. Ancora un goccio di colla e… eccola! Ti piace?

GRILLO P.: Sgorbio era e sgorbio rimane. A questo punto non mi rimane che darti una mano; scusa, volevo dire una zampa

GEPPETTO: Per fare che cosa?

GRILLO P.: Per rimediare in qualche modo alla tua opera d’arte. Dai, forza; tienila stretta fra le tua mani, guardala intensamente negli occhi e dille che le vuoi bene

GEPPETTO: E dovrei dirlo a questo pezzo di legno?

GRILLO P.: Dillo convinto di dirlo alla tua donna

GEPPETTO: Bah, per me i matti qui sono due, ma tu sei più matto di me. Ci provo?

GRILLO P.: Provaci; tanto non costa niente

GEPPETTO: Però non metterti a ridere

GRILLO P.: Hai mai visto un grillo che ride? Dai, forza, deciditi! (Geppetto appoggia il tronco sul tavolo di lavoro volgendo le spalle al pubblico)

GEPPETTO: Ti voglio bene! Ti voglio bene! Bah, qui non succede proprio niente

GRILLO P.: E tu riprova. Magari è un po’ sorda. Urla!

GEPPETTO: Ti voglio beneee! (Da dietro il bancone compare Fata Tronchina)

FATA TRONCHINA:  Potrei sapere chi è che mi vuole bene?

GEPPETTO: Oddio, che emozione! Ma allora… allora è vero, è tutto vero!

FATA TRONCHINA:  (Si avvicina a Geppetto). Posso, di grazia, sapere chi sei bell’uomo?

GEPPETTO: Io?

FATA TRONCHINA:  Beh, non ci sono altri qui. Siamo soli a quanto vedo. Chi sei uomo conturbante?

GEPPETTO: Con… turbante? Ma se non ho mai portato nemmeno il cappello? Immaginati poi se porto un turbante… Non è che questa qui, oltre che un po’ sorda, è anche un po’ orba? Io sono Geppetto, artista del legno. E tu?

FATA TRONCHINA:  Io sono la tua sposa, artista dell’amore. Volevi una donna? Eccomi, sono tutta per te

GEPPETTO: Anch’io sono tutto per te

FATA TRONCHINA:  Fai di me quello che vuoi

GEPPETTO: Certo che faccio… Accidenti, adesso però non so proprio cosa devo fare. Magari questa volta sto proprio sognando. Aspetta un attimo… (Stessa scena della martellata sul dito). Ahiaaa! No, non sto sognando; è tutto vero!

GRILLO P.: E’ tutto vero Geppetto. Vedi? È bastato un pezzo di legno e hai creato la tua donna

FATA TRONCHINA:  Come un pezzo di legno? Non mi vorrai dire che…

GRILLO P.: Sai Fatina, ognuno usa il materiale che ha a disposizione

FATA TRONCHINA: E questo coso nero chi è?

GEPPETTO: Non badarci; è un tipo un po’ strano; un po’ beccamorto e un po’ pipistrello, ma lui si fa chiamare Grillo Parlante

GRILLO P: Molto tempo fa, per fare una donna, qualcuno ha usato la costola di un uomo e Geppetto ha usato un ceppo di legno

FATA TRONCHINA:  Scusa, fammi capire… Mi hai chiamato Fatina?

GRILLO P.: Certo; perché tu sei bella come una Fata, e, siccome sei nata da un tronco, ti chiameremo Fata Tronchina

GEPPETTO: Allora… Benvenuta in questa casa Fata Tronchina

FATA TRONCHINA:  Una fata io? Magari! Così potrei fare le magie che voglio…

GRILLO P.: Basta che siano indirizzate a fin di bene. Da questo momento sei Fata a tutti gli effetti. Ora vi lascio piccioncini miei. Ho altre cose cui badare. Non è detto che ripassi per vedere come funzionano le cose qui. Un ciao a tutti. E mi auguro che viviate a lungo felici e contenti e che facciate tanti bambini. Ciao! (Esce)

GEPPETTO: Beh, devo proprio dire che io sono felice e contento. Con una gnocca così chi non lo sarebbe? E tu?

FATA TRONCHINA:  Devo confessare che qui ci sto bene anch’io. Ma…

GEPPETTO: Oddio… Perché dici …ma? Qualcosa non va? Chi dice ma, cuor contento non ha…

FATA TRONCHINA:  Sto pensando alle parole di quel tipo tutto nero, insomma a quella specie di pipistrello

GEPPETTO: Macchè pipistrello, te l’ho detto… era un grillo

FATA TRONCHINA:  Comunque, grillo o pipistrello, fa lo stesso. Quel tizio, insomma, ci ha anche detto di fare tanti bambini. Quando cominciamo? Io sono pronta!

GEPPETTO: Anche subito! Anche… subito… Mah, forse subito subito no… Sai, devo farti una confidenza… Non sono mai stato con una donna e non so proprio come si faccia. Forse tu, con una parolina delle tue, magari una piccola magia…

FATA TRONCHINA:  Ciao piccola magia; qui ci vorrebbe l’esperienza di tutti i maghi della terra per darti una spinta… in quel senso

GEPPETTO: E se andassi a Lourdes?

FATA TRONCHINA:  Mi sa tanto che, anche se prolungassi il viaggio fino a Fatima, rimarresti irrimediabilmente inefficiente vista l’età che penso tu abbia

GEPPETTO: E tu quanti ne hai?

FATA TRONCHINA:  Beh, abbastanza anch’io…

GEPPETTO: E allora che si fa?

FATA TRONCHINA:  Ho capito; inizieremo un corso di educazione sessuale. Devi sapere che quando l’ape va sul fiore avviene l’impollinazione…

GEPPETTO: Guarda Fata che queste cose le so; me le ha già spiegate per filo e per segno il mio amico Ciliegia anche con i disegnini. Non è che non sappia come si fa, ho paura di non farcela proprio! Pensi che qualche grano di pepe, magari del peperoncino o un thermos intero di caffè potrebbero aiutarmi?

FATA TRONCHINA:  Povero Geppetto, mi sa tanto che qui si va per le lunghe e, soprattutto a causa della nostra età, il figlio non ci arriverà mai. A meno che…

GEPPETTO: A meno che? Parlami o donna! A meno che?

FATA TRONCHINA:  A meno che non andiamo a comprarcelo all’IKEA, nel deposito qui a lato. Potremmo montare i vari pezzi ad uno ad uno e così avremmo un figlio tutto nostro bello e pronto

GEPPETTO: Ma sai che non sei scema?

FATA TRONCHINA:  Certo che non sono scema, ma neanche bollita e malmessa come te. Dai che usciamo e andiamo a farci ‘sto figlio e saremo finalmente mamma e papà felici e soddisfatti. (Escono. Entrano quatti quatti il Gatto e la Volpe. I costumi si lasciano alla fantasia del regista)

VOLPE: Piano, fa’ piano Gatto Randagio. Sembra che la casa sia disabitata

GATTO: Disabitata

VOLPE: E quindi tutta nostra

GATTO: Nostra

VOLPE: Prendi la borsa e cerchiamo di riempirla

GATTO: Pirla

VOLPE: Pirla a chi?

GATTO: L’hai detto tu, Volpe Rognosa

VOLPE: Ho detto di riempirla, non pirla. Vediamo un po’… Dovremmo cercare la cassaforte

GATTO: Forte

VOLPE: Chi è forte?

GATTO:  L’hai detto tu, Volpe Rognosa

VOLPE: Ho detto cassaforte. Cassa…staccato…forte. Chiaro?

GATTO: Chiaro. Cassa…staccato…forte e chiaro.

VOLPE: Per me tu, più che un gatto, dovresti essere un pappagallo

GATTO: (Continua a cercare). Trovata!

VOLPE: Trovato che cosa?

GATTO: La cassa

VOLPE: Bravissimo Gatto! Dov’è?

GATTO: E’ qui dentro (Si portano su un lato del palco e guardano all’esterno)

VOLPE: Ma tu sei tutto scemo! E sì che si dice sveglio come un gatto, ma tu devi essere nato tarato. Da quando Medoro ti ha preso per il collo ti si è scombussolato il cervello

GATTO: Perché? Non è una cassa quella?

VOLPE: Vediamo… Certo che è una cassa, ma è una cassa da morto! Ma che ci fa con una cassa da morto il falegname?

GATTO: Il falegname

VOLPE: Beh, forse questa è l’unica che hai imbroccato. Prova a guardare in bagno

GATTO: (Esce e rientra subito). Niente da fare

VOLPE: Perché?

GATTO: Perché sulla tazza del bagno ci sono le ragnatele

VOLPE: E questo dimostra che il tizio che ci abita non ha molto da mangiare. No cibo… no bagno! Mi sa Gatto Randagio che abbiamo sbagliato casa

GATTO: Casa… Telefono casa…

VOLPE: Ma adesso cosa dici? Chi ti credi di essere? E.T.? Dai, su; vediamo di sparire prima che arrivi qualcuno. Qui non si ruba un chiodo

GATTO: Aspetta…

VOLPE: Aspetta cosa?

GATTO: Qui ce n’è uno

VOLPE: Di cosa?

GATTO: Di chiodi

VOLPE: Ma che ci facciamo con un chiodo?

GATTO: Allora rubiamo anche un martello

VOLPE: Sì, e poi te lo ficco in testa. Dai, da’ un’occhiata alla dispensa; magari troviamo un prosciutto, salami, formaggi…

GATTO: Vediamo… No, niente anche qui, è più vuota di una zucca svuotata. Guarda, c’è dentro un topo morto di fame. Poveretto…

VOLPE: Poveretto chi, il topo?

GATTO: Non il topo, ma chi abita in questa casa. Magari non ha niente da mangiare (Singhiozza)

VOLPE: Ma che ti prende adesso?

GATTO: Lo sai che ho la commozione facile

VOLPE: E allora?

GATTO: E allora… lasciamoci qualcosa

VOLPE: Noi, mendicanti e ladri professionisti, dovremmo lasciare qualcosa a loro? Ma tu sei tutto matto!

GATTO: Io non mi muovo se non lasci qui almeno cento euri

VOLPE: Ma dove li trovo cento euri?

GATTO: Quelli che abbiamo sgraffignato in chiesa dalla cassetta dei poveri. Se erano per i poveri li dobbiamo lasciare ai poveri e… più poveri di questi…

VOLPE: Tu sei tutto scemo caro mio; dai, muoviti che è già tardi; sento dei passi. Mica voglio finire in galera io

GATTO: Nemmeno io, ma se non lasci qui i cento euri io non mi muovo

VOLPE: E’ inaudito!

GATTO: Dito

VOLPE: Senti Gatto Randagio, proprio perché dobbiamo scappare in fretta lascio qui i cento euri. Ma è il colmo

GATTO: Colmo

VOLPE: E non diciamolo a nessuno se no la nostra reputazione è rovinata

GATTO: Nata

VOLPE: Arriva gente; via da questa casa! (Escono)

GATTO:  Casa… Telefono casa… E.T… Casa… Telefono casa… E.T… Casa… Telefono casa… (Escono. Entrano Geppetto, la Fata che danno la mano a Pinocchio. Il piccolo deve camminare a scatti o atteggiamenti da burattino)

FATA TRONCHINA:  Pianino pianino bellissimo bambino.

GEPPETTO: Cammina lentamente perché ti abbiamo appena montato e le viti potrebbero non tenere. Ecco, siediti qua.

FATA TRONCHINA:  Ti piace la tua casina?

PINOCCHIO: (Apre la bocca, ma non riesce a parlare. Solo suoni gutturali)

FATA TRONCHINA:  Geppetto; qui c’è qualcosa che non va…

GEPPETTO: E sì che l’ho montato come si deve, ad opera d’arte; ho seguito tutte le istruzioni

FATA TRONCHINA:  Ma non parla

GEPPETTO: Aspetta un po’… Uhm, non ho stretto bene una vite. Aspetta un po’… fatto. Ripetigli la domanda

FATA TRONCHINA:  Ti piace la tua casina?

PINOCCHIO: E’ uno schifo!

GEPPETTO: Come è uno schifo? C’è il pavimento, il tetto, le pareti… se non è una casa questa…

FATA TRONCHINA:  Oddio; non per offendere, ma non ha tutti i torti. Prima o poi dovremo dare una sistematina. Comunque ora un bambino l’abbiamo e possiamo essere contenti. Guardami bambino; ti piace la tua mamma?

PINOCCHIO: Mica tanto; hanno sbagliato a farti il colore dei capelli, hai pompato le labbra, hai rifatto il seno e il tuo naso non mi piace

GEPPETTO: Sarà bello il tuo! Guarda che roba! Mai visto un naso così lungo

FATA TRONCHINA:  E’ vero! Ma che naso!

PINOCCHIO: Sempre meglio del tuo che ti sei rifatto

GEPPETTO: Anche quello?

FATA TRONCHINA:  Una ritoccatina; sai, avevo una gobbetta proprio qui. Comunque, tornando a noi, non è, Geppetto, che tu abbia fatto un altro errore nel montarlo quel naso?

GEPPETTO: Ma no, che dici! Guarda il disegno; ho seguito le istruzioni per filo e per segno e… Oh, porca miseria! È vero, c’è stato un piccolo errore di assembramento. Eh, sì; guarda qui; devo aver invertito la posizione di quelle due asticelle qui. Quella più corta dovevo metterla al posto del naso e quella più lunga al posto… insomma, un po’ più in basso. Siamo sicuri che è un maschio?

FATA TRONCHINA:  Certo che siamo sicuri; sulla scatola c’era scritto “Kit per la costruzione di un burattino”. Se hanno scritto burattino vuol dire che è maschio altrimenti avrebbero scritto burattina. E adesso che facciamo?

GEPPETTO: Semplice, togliamo il naso e al suo posto mettiamo l’asticella più piccola che gli ho messo sotto

FATA TRONCHINA:  Sotto dove?

GEPPETTO: Sotto… Ma non ti ha detto la tua mamma come sono fatti gli uomini?

FATA TRONCHINA:  No, la mamma no; ho guardato solo i calendari dei maschi palestrati, ma non si riusciva a vedere tutto; avevano tutti le mutande…

GEPPETTO: Senti Fata, appena abbiamo tempo ti spiego tutto. Adesso lasciami togliere quel naso qui. (Tenta di rimuovere il naso)

PINOCCHIO: Ahia! Mi fai male! Smettila!

GEPPETTO: Niente da fare; non viene. Non solo l’ho avvitato forte, ma l’ho anche incollato

FATA TRONCHINA:  E adesso?

GEPPETTO: Adesso rimane com’è

FATA TRONCHINA:  Non è che magari, da grande, diventi un trans?

GEPPETTO: Ma tu come fai a sapere queste cose?

FATA TRONCHINA:  L’ho letto su Visto e su Chi e poi al telegiornale ne hanno parlato tanto… Beh, vuol dire che ce lo terremo così. Comunque, anche con quel naso, a me sembra bello; anche perché per comperarlo abbiamo speso un occhio della testa. Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace e a me questo coso… volevo dire… questo bambino piace

GEPPETTO: A proposito di occhio, guarda che occhi belli che ha, occhi intelligenti; per me, da grande, dovrà fare l’avvocato, no, il dottore; dare tante soddisfazioni al suo babbino e alla sua mammina. Cosa vorresti fare da grande bel bambino?

PINOCCHIO: Il ladro, così non lavorerei come hai fatto tu per tutta la vita e mi godrei il mondo comprese donne e champagne

FATA TRONCHINA:  Come programma non c’è male, ma vedrai che la sua mamma lo saprà educare per benino

PINOCCHIO: L’importante che non mi rompiate i maroni!

FATA TRONCHINA:  Senti un po’ mio caro… A proposito; dovremmo dargli un nome. Tu che ne dici Geppetto? Io direi che, siccome ha degli occhi così belli lo chiamerei… Occhio!

GEPPETTO: Ma siamo matti? Che nome è Occhio? Mai sentito. No no, voglio chiamarlo come mio padre, Pino

FATA TRONCHINA:  Occhio sa di visione sul mondo

GEPPETTO: Pino sa di montagne e di verdi valli

FATA TRONCHINA:  E allora arriviamo ad un compromesso; gli daremo entrambi i nomi… Pino e Occhio che, uniti, fanno… Pinocchio. Ti piace?

GEPPETTO: No, proprio no; non mi piace che mio figlio si chiami Finocchio

FATA TRONCHINA:  Senti Geppetto; lavati le orecchie e ascoltami. Non ho detto Finocchio, ma Pinocchio

GEPPETTO: Beh, così va meglio

FATA TRONCHINA:  Che ne diresti Geppetto di lasciarlo un po’ solo? Magari si ambienta un po’

GEPPETTO: Ma sì, proviamo, tanto qui non c’è niente che possa rovinare

FATA TRONCHINA:  Pinocchio, figlio mio, riposati un po’. Noi andiamo di là e ti prepariamo una buona zuppa

PINOCCHIO: Una zuppa? Ma a me fa schifo la zuppa

GEPPETTO: A questo mi sa che fa schifo tutto. E cosa vorresti?

Tutto, ma non la zuppa. Magari… qualche tartina con caviale, crostini con il lardo di Colonnata, souté (suté) di vongole, un’aragostina alla griglia…

GEPPETTO: Senti figliolo, guarda che qui non sei nella casa di Arcore. Se hai fame ti becchi la zuppa o rimani con la pancia vuota. O mangi la minestra o salti dalla finestra…

FATA TRONCHINA: Capirai che castigo… siamo a pianterreno… (Escono)

PINOCCHIO: Ma guarda tu dove sono capitato. Prima si sbagliano a montarmi e mi mettono le mie cosine al posto sbagliato e adesso mi devo sorbire anche la zuppa. Era meglio quando stavo nel magazzino dell’IKEA in compagnia dei miei amici; il Gatto con gli stivali, Cappuccetto rosso, Cenerentola (Entra Brontolo; piccone a spalla)

BRONTOLO: Chi ha parlato di Cenerentola?

PINOCCHIO: Io ho parlato di Cenerentola. Ma tu chi sei sgorbio di un nanerottolo?

BRONTOLO: Piano con le parole. Sgorbio sarai tu; tutto di legno, un costume che fa ridere anche i polli, e non parliamo di quel nasone

PINOCCHIO: Io avrò il nasone, ma tu sei più piccolo e più ridicolo di me. Ma si può sapere chi sei? E cosa fai qui?

BRONTOLO: Risposta alla prima domanda… sono uno dei sette nani di Biancaneve e mi chiamo Brontolo; risposta alla seconda domanda… mi sono perso e non trovo più i miei compagni. Ho paura di essere uscito dalla mia fiaba e di essere entrato nella tua

PINOCCHIO: Brontolo? Scemolo ti dovevano chiamare se non sai nemmeno dove stai andando

BRONTOLO: Ah sì, Scemolo mi dovrei chiamare? Allora tu sei Legnolo, fantoccio che non sei altro

PINOCCHIO: Fantoccio a me? Guarda che io ti sego in due. Li vedi là gli strumenti di mio padre? Farei presto

BRONTOLO: E io ti do una picconata sulle dita dei piedi che ti chiameranno tutti Moncolo e poi diventerai Zoppolo. Ma insomma, sono passati di qua i miei fratelli o non li hai visti?

PINOCCHIO: Senti Foruncolo, mi sa che tu hai sbagliato fiaba. Qui non centri proprio. Qui ci sono solo io, Geppetto e la mia mamma, la Fata Tronchina dai capelli turchini

BRONTOLO: Capelli turchini? Che ridere! Capelli turchini! Magari li ha neri e si li è fatti tingere; le donne se lo fanno tutte… La mia invece, che si Chiama Biancaneve…

PINOCCHIO: Ah, che nome scemo!

BRONTOLO: Perché scemo?

PINOCCHIO: Biancaneve… Per forza deve chiamarsi Biancaneve, mica si chiamerà Rossaneve o Azzurraneve. La neve è bianca e basta

BRONTOLO: Ti stavo dicendo che la mia è bionda, magari con qualche besciamelle… no…come si chiamano? Ah, mesh. È tanto bella e buona… Ma a volte mi fa arrabbiare

PINOCCHIO: Tutte le mamme ci fanno arrabbiare

BRONTOLO: Mi fa arrabbiare tutte le volte che va in camera per farsi un Pisolo e noi sempre fuori a guardare dal buco della serratura. Dov’è la democrazia? Dov’è? Mai che ci sia il turno di ognuno di noi; sempre lui, Pisolo!

PINOCCHIO: Ma la vuoi finire di brontolare?

BRONTOLO: Se mi chiamano Brontolo ci sarà pure una ragione, no? Infatti sono sempre incazzato

PINOCCHIO: Perché?

BRONTOLO: E mi chiedi perché? Cosa credi, che sia facile la vita per noi? Quando piove dobbiamo sempre evitare le pozzanghere perché potremmo annegare. Al mare possiamo andare solo quando c’è la bassa marea. Quando ci facciamo qualche birra e siamo felici non possiamo dire di essere al settimo cielo, ma siamo alla settima cantina; se vogliamo un cane dobbiamo per forza prenderci un bassotto. La chiami vita tu questa? E tutti ci tirano in giro; ci dicono che siamo come le bugie

PINOCCHIO: Come le bugie?

BRONTOLO: Sì, come le bugie… abbiamo le gambe corte. Ma dimmi tu, come facciamo a crescere?

PINOCCHIO: Beh, basterebbero due litri di vino al giorno per due mesi

BRONTOLO: Due litri… Perché? Due litri di vino al giorno per due mesi mi farebbero diventare alto?

PINOCCHIO: Se non proprio alto ti farebbero diventare alticcio e dimenticheresti di essere un nano

BRONTOLO: Ma vuoi davvero che ti dia una picconata sul piede?

PINOCCHIO: Guarda che anche per me non sono tutte rose e fiori. Se vado vicino al fuoco rischio di bruciarmi una gamba, se voglio andare al mare e fare il subacqueo non posso perché schizzo sempre a galla, se c’è umidità nell’aria mi gonfio tutto e, se qualcuno mi chiama testa di legno, non mi posso nemmeno offendere

BRONTOLO: C’è poco da dire, siamo entrambi sfigati. Comunque io sono più sfortunato di te; io devo lavorare tutto il giorno mentre tu hai soldi dappertutto

PINOCCHIO: Ma cosa dici? Sei ubriaco? Magari avessi dei soldi; non mi fermerei certo qui, in questa spelonca

BRONTOLO: E quelli cosa sono? Guarda lì sul tavolo, non penso sia carta igienica, sono euri, di quelli veri

PINOCCHIO: E’ vero! Vuoi vedere che qui piovono soldi dal soffitto. (Se li intasca). Se dici una parola ai miei genitori ti assicuro che ti do una martellata in testa che ti verrà un bernoccolo così alto che ti farà crescere di almeno di venti centimetri e da Brontolo diventerai Gigantolo

BRONTOLO: Ho altro per la testa io; devo ritrovare i miei fratelli e uscire da questo ambiente, lontano da un tipaccio come te. Violento, ladro e maleducato

PINOCCHIO: Senti nanerottolo, smettila di dire stronzate; adesso è ora che tu vada. Fra poco arriva la zuppa e non vorrei dover dividerla con te. Fuori dalle scatole! Rientra nella tua fiaba e, se proprio non ci riesci, rivolgiti a Chi l’ha visto

BRONTOLO: Vado, vado, ma, se per caso incontrassi gli altri sei, fammi un SMS per avvertirmi. Ciao Pidocchio

PINOCCHIO: Pidocchio? Pidocchio a me?

BRONTOLO: Non solo Pidocchio, ma anche Malocchio perché tu, burattino, sei destinato a menare gramo! (Esce cantando)

Andiam, andiam, andiamo a lavorar

Se no, se no come si fa a mangiar

Laralà lalà lallà lallà lallààà

PINOCCHIO: Spero che da queste parti non passi qualcun altro che ha sbagliato fiaba. Questa è la mia fiaba; la fiaba di Pinocchio! La fiaba è mia e la gestisco io!

SECONDO ATTO

(Siamo all’esterno di  un’osteria. Ad un tavolo sono seduti Il Gatto, la Volpe e Pinocchio. Il Grillo Parlante ha il grembiule dell’oste. Sta versando da bere)

VOLPE: E tu chi sei? Non ti ho mai visto gestire questa osteria

GATTO: Osteria

VOLPE: Sei nuovo?

GRILLO P.: Il titolare è ammalato e lo supplisco io

VOLPE: Come ti chiami?

GRILLO P.: Mi chiamo Grillo… Grillo e basta

VOLPE: Più che grillo hai il muso da grullo

GATTO: Grullo

PINOCCHIO: Senti Grullo, perché a me non lo riempi il bicchiere?

GRILLO P.: Sei ancora un ragazzino e ti potrebbe far male

PINOCCHIO: Far male a me? Sentitelo questo prepotente! Ma chi sei tu che ti permetti di parlarmi in questo modo?

GRILLO P.: Conosco tuo papà e tua mamma e non si meritano di avere un figliolo come te

PINOCCHIO: Conosci i miei?

GRILLO P.: Certo che li conosco: tuo padre è Geppetto il falegname e tua madre è la Fata Tronchina, quella bellissima signora con i capelli turchini

VOLPE: Hai una madre turchina? Ma cos’è? Una Puffa?

GRILLO P.: E’ turchina poiché e figlia del Principe azzurro e della Pantera Rosa; forse sarà meglio che avvisi i tuoi che sei qui

PINOCCHIO: Se ti arrischi a farlo ti lancio un martello e ti faccio un bernoccolo su quella tua testa da grullo. Poche storie; versami da bere e vai fuori dai piedi

GRILLO P.: (Rivolgendosi al pubblico)

Qui ritorna, aprite l'occhio,
l'avventura di Pinocchio.
Guarda guarda dove sono
Volpe, Gatto e quel bel tomo.
Mentre insieme all'osteria
stanno in gaia compagnia,
tien la Volpe al burattino
un discorso truffaldino:
"Cento euro, si rifletta,
son ben misera sommetta...
Facci crescere una pianta
e ne avrai più di millanta!".
"Ne avrò minimo un milione!"
pensa il bravo credulone
e di notte, arcicontento
forse fa l'esperimento.

 (Grillo, ritornando al bancone,non visto fa una telefonata al cellulare).

PINOCCHIO: Questa è proprio bella! Mi dite che, se io metto i miei cento euri in una buca del campo, in poche ore cresce una pianta di euri?

VOLPE: Ma certamente; non è vero Gatto Randagio?

GATTO: Certamente Volpe rognosa

VOLPE: Da dove credi che venga la Nutella? Basta fare una buchetta sotto un albero di nocciole, metterci un cioccolatino e, poco dopo, spunta una pianta piena zeppa di vasetti di Nutella. E non solo; se ci metti un acino d’uva dopo poco vien su una pianta carica di bottiglie di vino, ma ben più buono di quello che stiamo bevendo. Per cui, se ci consegni quei cento euri…

PINOCCHIO: Ma siete proprio sicuri che, se vi consegno i miei soldi…

VOLPE: Sicuri?

GATTO: Sicurissimi!

VOLPE: Allora… se ci consegni quei cento euri noi li sotterriamo…

GATTO: Sotterriamo…

PINOCCHIO: Ma allora potrei farlo anch’io in un vaso di fiori

VOLPE: Ma si vede subito che non sei esperto in queste cose! Non funziona in un terreno qualsiasi, ma solo nel Campo dei miracoli

GATTO: Miracoli

PINOCCHIO: Ma, se proprio esiste un campo simile e un modo così semplice di far crescere una pianta piena di euri, perché non lo fate voi?

VOLPE: Certo che lo faremmo, mica siamo scemi. Il fatto è che non abbiamo un soldo bucato in tasca

PINOCCHIO: Quindi vorresti dire che questa bottiglia di vino dovrei pagarla io… Poveri scemi, siete stati voi ad invitarmi in questa osteria e quindi, da ospite, non devo pagare

VOLPE: Come, tu non ti fidi di noi?

GATTO: Noi?

VOLPE: Ma io ti strozzo! (Lo prende per il collo)

PINOCCHIO: Ahia, ahia, lasciami!

VOLPE: Ma com’è che questo collo è così duro?

PINOCCHIO: Per forza, sono di legno!

GATTO: Allora gettalo nella stufa che ci scaldiamo!

VOLPE: Bravo Gatto Randagio, finalmente hai avuto una buona idea. (Mentre entrambi sollevano Pinocchio entra la Guardia)

GUARDIA: In nome della legge fermatevi! (Lasciano Pinocchio)

VOLPE: Meno male che è arrivata lei signora guardia

GUARDIA: Per forza; con quel baccano che stavate facendo… In nome della legge ditemi subito cos’è successo

VOLPE: Il fatto è, signora guardia, che il qui presente Pinocchio ci ha rubato cento euri e non ce li voleva restituire

GATTO: Restituire

PINOCCHIO: Non è vero! Sono loro che volevano imbrogliarmi e farseli consegnare per sotterrarli nel campo dei miracoli

GATTO: Miracoli

GUARDIA: Qui si deve immediatamente individuare la responsabilità; chi è stato il derubato e chi è il ladro. Sedetevi e non tentate di scappare altrimenti tutti tre andate in gattabuia. Allora, riassumendo… Imputato Pinocchio, cos’ha da dire a sua discolpa?

GATTO: Colpa!

GUARDIA: Ma la vuol smettere lei di fare il pappagallo?

GATTO: Pappagallo? No pappagallo, io sono gatto, gatto Randagio. Miaoooo…

GUARDIA: Allora?

GATTO: Allora?

GUARDIA: Allora sputate la verità! (Entrano Geppetto e la Fata)

GEPPETTO: Pinocchio, figlio mio prediletto!

FATA TRONCHINA:  Eccolo il mio bambino! Quanto siamo stati in pena per te!

GEPPETTO: Ma si può sapere che fai qui; ti pensavamo a scuola

PINOCCHIO: Oggi a scuola non si va; c’è la riunione sindacale degli insegnanti, domani sciopero per la riforma della scuola e dopo domani la scuola è chiusa per infestazione di pidocchi

GUARDIA: Sicchè voi siete i genitori di questo bel tomo

GATTO: Tomo

FATA TRONCHINA:  Ma cos’ha combinato?

GUARDIA: Questi due signori…

GATTO: Signori

GUARDIA: Affermano che ha loro rubato cento euri

GEPPETTO: Ma se non ha mai un centesimo in tasca! Senti Pinocchio, è vero?

PINOCCHIO: In tasca li ho, ma li ho trovati a casa sul tuo bancone di lavoro

GEPPETTO: Impossibile!

VOLPE: Possibile… Possibile…

GATTO:  Possibile… Possibile…

GUARDIA: Perché possibile?

VOLPE: Perché su quel bancone li abbiamo lasciati noi. Quanto mai… Tutta colpa di questo disgraziato Gatto Randagio

GUARDIA: E perché?

PINOCCHIO: Perché li ho sorpresi a rubare e, per non denunciarli, mi hanno dato cento euri

GUARDIA: Quindi i ladri siete voi! Allora via in prigione entrambi! (Li prende entrambi per il colletto e li trascina fuori fra le proteste dei due)

PINOCCHIO: Ma come avete fatto a trovarmi qua?

FATA TRONCHINA:  Ti dimentichi Pinocchio che sono una Fata e la Fate sanno tutto?

PINOCCHIO: Non è, per caso, che vi è giunta una telefonata da quel grullo di un oste…

GEPPETTO: Pinocchio, ti ordino di consegnare a noi quei soldi; serviranno a comperare i libri della scuola

PINOCCHIO: Non è giusto, non è giusto però…

GRILLO P.: Pinocchio Pinocchio… Da’ retta ai tuoi, altrimenti ti caccerai nei guai. (Verso il pubblico)

Qui ritorna, aprite l'occhio,
il caratter di Pinocchio.

Dalla Volpe l’ha scampata

per Geppetto e la sua Fata.

Vedi, caro burattino

Te lo dice il tuo grillino

Se non cambi, dammi retta,

penso poi che mal si metta.

Vuoi a lor spezzare il cuore

e morire di dolore?

Cambia vita bellimbusto

Prova a viver con più gusto.

Or sto zitto e dico niente

C’è già qui un altro cliente

M.CILIEGIA: (Entrando). Guarda guarda chi c’è qui. E sì che è la prima volta che ti vedo all’osteria Geppetto. Mi sai dire a che punto sono i miei stuzzicadenti?

PINOCCHIO: Di che stuzzicadenti parla babbino?

GEPPETTO: Eh, già, gli stuzzicadenti… Ti devo dare una brutta notizia Ciliegia; ne è uscito solo uno, ma bello! Dritto! Forte! Tuttavia…

M.CILIEGIA: Tuttavia?

GEPPETTO: Tuttavia, se ne vuoi un altro, mi dovrai portare un altro ceppo e ti assicuro che da quello ne usciranno altri cinque

M.CILIEGIA: Mi sa tanto che tu m’imbrogli Geppetto…

FATA TRONCHINA:  Ma dai Geppetto; non ti pare il caso di dire la verità?

M.CILIEGIA: L’ho detto io che c’è sotto qualcosa di storto…

GEPPETTO: Di storto? Ma ti pare che sia storta questa qua?

M.CILIEGIA: Appunto; mi stavo chiedendo chi fosse questa bella signora

GEPPETTO: Questa signora è figlia del tuo tronco

M.CILIEGIA: Questa signora è figlia… Che io stia davvero diventando scemo?

GEPPETTO: E al posto degli stuzzicadenti ho ricavato la qui presente Fata, la mia graziosissima sposa

M.CILIEGIA: E… quello chi sarebbe?

GEPPETTO: Quello chi?

M.CILIEGIA: Quel burattino lì. Anche quello l’hai tirato fuori dal tronco?

GEPPETTO: No, non c’erano tronchi abbastanza. Quello l’ho montato dopo averlo preso all’IKEA

M.CILIEGIA: Senti Geppetto, in tutta confidenza… Se quello che dici è tutto vero, non è che, se ti do un altro tronco, ne tiri fuori una mogliettina anche per me?

GEPPETTO: Dimmi come la vuoi e te la faccio sui due piedi

GUARDIA: Allora vediamo… La vorrei bruna, capelli lunghi, gambe slanciate, fianchi stretti, il di dietro ben scolpito, due palloni così qui davanti…

PINOCCHIO: Anch’io, anch’io ne voglio una così

FATA TRONCHINA:  Pinocchio, tu sta zitto che non hai ancora l’età!

PINOCCHIO: Ma nemmeno lui non ha più l’età, è meglio che si prepari alla tomba, non alla mogliettina

FATA TRONCHINA:  Villanzone screanzato! È questo che ti abbiamo insegnato?

M.CILIEGIA: Non si potrebbe averne una di 20 anni? O magari no, forse è meglio di 30

FATA TRONCHINA:  Magari con gli occhi azzurri…

GEPPETTO: E con le unghie laccate. Senti un po’, vecchio barbogio… Ma si può sapere per chi mi hai preso?

M.CILIEGIA: Per uno che la sua donna se l’è fabbricata. Pensandoci bene… Se il tronco era mio vuol dire che questa donna è mia…

GEPPETTO: Giù le mani dal banco vecchio caprone! Tu volevi gli stuzzicadenti e io, con quello che m’è rimasto del tuo tronco, ti farò gli stuzzicadenti, ma niente di più!

M.CILIEGIA: Un bel corno! Io ti do un tronco nuovo e tu fai una moglie per me. Ne ho giusto un altro a casa. Oddio, c’è da dire che è un po’ bruciacchiato perché l’ho dimenticato vicino al fuoco, ma, se togli la parte nera superficiale, una bella donna ci può venire lo stesso

GEPPETTO: Tu portamelo in bottega e io vedrò cosa ci posso ricavare

GRILLO P.: (Uscendo dall’osteria). I signori desiderano qualcosa?

GEPPETTO: Per me acqua di rubinetto

FATA TRONCHINA:  Per me acqua piovana

M.CILIEGIA: Per me acqua di fonte

PINOCCHIO: Per me un grappino

GEPPETTO: Ma sei scemo Pinocchio? Alla tua età un grappino? Ma quando mai!

GRILLO P.:

Qui ritorna, aprite l'occhio,
il caratter di Pinocchio.

Senza briciol di giudizio

Ha nel cuore solo vizio.

Che faran Geppetto e Fata

Con quella testa di patata?

Testa dura, è di legno…

Ma non ha nessun ritegno!

Tratta gli altri seppur vecchi

Come fosser ferri vecchi.

Senti, senti burattino

Pianta lì d’esser cretino

Da’ ascolto alla coscienza,

ma mi sa che tu sia senza.

Ma di legno è il tuo cuore

E non sai cos’è l’amore

PINOCCHIO: Ma la vuoi smettere scarafaggio che non sei altro? A me questo pare di conoscerlo… Non sei per caso…

GRILLO P.: Un oste; solo un oste

PINOCCHIO: Un oste della malora!

GRILLO P.: No, un oste di cui l’amicizia ti onora. Vado a prendervi da bere (Esce)

FATA TRONCHINA:  Pinocchio, mio Pinocchio… Ti stai mettendo su una cattiva strada

PINOCCHIO: Lo so, qui le strade sono tutte piene di buche

FATA TRONCHINA:  Non vai a scuola…

PINOCCHIO: La strada della scuola è ancora più piena di buche e io non voglio né inciamparmi né cadere e, se mi rompo una gamba, chi me la aggiusta poi?

GRILLO P: Ma ci penserebbe il tuo papà Geppetto

PINOCCHIO: Non vorrei che facessi come hai fatto col naso. Guarda tu che naso mi hai fatto…

FATA TRONCHINA:  Ma tu sei bello anche così, sei unico

GRILLO P: (Entrando, versa da bere). Acqua piovana per Geppetto, acqua di rubinetto per la Fata e acqua di fonte per Mastro Ciliegia

PINOCCHIO: E il mio grappino?

GRILLO P: Finito; di grappa non ce n’è più nemmeno un goccio. Se però vuoi ti posso portare un bicchiere di Buonsenso

PINOCCHIO: Di… Buonsenso? Cos’è questa robaccia?

GRILLO P: E’ succo di cervello, un concentrato di saggezza e di maturità che a te mancano

PINOCCHIO: Se non vuoi che ti tiri in testa una sedia sparisci immediatamente! (Grillo fugge fuori)

M.CILIEGIA: Posso dirti una cosa Geppetto? Forse era meglio che tu non andassi all’IKEA. Mi sa… ma ti hanno dato un prodotto alquanto scadente

GEPPETTO: Dici che potrei restituirlo?

FATA TRONCHINA:  Impossibile! Primo perché a Pinocchio voglio tanto bene e secondo perché il periodo minimo di recesso ormai è scaduto. Forse è meglio che torniamo tutti a casa. Vieni anche tu figlio mio?

PINOCCHIO: No, andateci voi; voglio andare a scuola

FATA TRONCHINA:  Ve l’ho detto che in fondo in fondo è un bravo ragazzo.

M.CILIEGIA: Sì, però solo in fondo in fondo! (Escono. Entra Lucignolo)

LUCIGNOLO: (Declama). Io m’iro, tu t’iri, egli s’ira, noi c’iriamo, voi v’irate, essi s’irano…

PINOCCHIO: Senti amico, stai dando i numeri o qualche tarlo ti ha rosicchiato il cervello

LUCIGNOLO: Più che i numeri sto studiando i verbi riflessivi… Che rottura di maroni… Abbiamo un maestro che ci insegna le cose più strane che ci possano essere. A cosa serviranno poi… Per cui ho deciso che a scuola Lucignolo non lo vedranno più

PINOCCHIO: E cosa sarebbe quel… io m’iro, ti t’iri e tutte le altre scemenze?

LUCIGNOLO: Il maestro ci sta insegnando il presente del verbo irarsi. Dice che si chiama verbo riflessivo. Io m’iro, tu t’iri, egli s’ira, noi c’iriamo, voi v’irate, essi s’irano

PINOCCHIO: Più che scemenze sono stronzate. Io quando m’iro, insomma, quando mi arrabbio, spacco tutto. Non ci credi? (Afferra il tavolino, lo solleva e si attiva per scagliarlo. Irrompe il Grillo)

GRILLO P: Ma che fai testa di legno che non sei altro? Ma non t’hanno insegnato nulla i tuoi genitori?

PINOCCHIO: Sono stufo di sentire le loro prediche. Fa’ questo, fa’ quello, non devi fare questo, non devi fare questo…

LUCIGNOLO: Abbasso i genitori! Era meglio che quelli non fossero mai nati così avremmo potuto partecipare gratis alla gita degli orfani

GRILLO P: Verrà un giorno che li rimpiangerete. Non ci sono più i ragazzi di una volta! (Esce)

LUCIGNOLO: Non mi hai ancora detto come ti chiami

PINOCCHIO: Mi chiamo Pinocchio

LUCIGNOLO: Pinocchio? Ma fa ridere questo nome

PINOCCHIO: A me fa piangere invece… E tu?

LUCIGNOLO: Lucignolo

PINOCCHIO: Bello il tuo, quello sì che mi fa ridere. Comunque ho un’idea Lucignolo

LUCIGNOLO: Sono tutt’orecchi Pinocchio

PINOCCHIO: Se sei d’accordo fondiamo un gruppo su Facebook

LUCIGNOLO: E come lo chiamiamo?

PINOCCHIO: Gli orfani mancati e che vorrebbero esserlo

LUCIGNOLO: Mi piace l’idea, tu sì che non hai legno nel cervello

PINOCCHIO: O dio, magari un po’ di legno c’è davvero, ma funzionare… funziona lo stesso

LUCIGNOLO: E allora te la dico io un’altra idea

PINOCCHIO: Dimmi Lucignolo

LUCIGNOLO: Che ne diresti se ce ne andassimo lontano da qua e piantassimo baracca e burattini e…

PINOCCHIO: Calma… Magari la baracca sì, ma i burattini no altrimenti io non potrei venire

LUCIGNOLO: Perché? Cosa centrano i burattini?

PINOCCHIO: Perché io sono… beh, mi vergogno un po’, ma, vedi, io sono un burattino

LUCIGNOLO: Tutti siamo burattini nella vita; ognuno si prende il diritto di farci fare quello che vuole. Prendi i genitori… Non fare questo… non fare quello…

PINOCCHIO: E allora piantiamo la baracca e andiamo… andiamo dove?

LUCIGNOLO: Ho letto in internet che c’è un paese che si chiama Paese dei Balocchi. Là tutto è permesso; nessuno ti vieta qualcosa, ci si diverte, Nintendo, Games Boys, ma soprattutto niente genitori e niente scuola

PINOCCHIO: Hai detto niente genitori e niente scuola? Ma cosa aspettiamo allora?

LUCIGNOLO: Non si aspetta nulla e ci si va! (Si incamminano. Irrompe Brontolo)

BRONTOLO: Ehi, voi due! Che fretta avete?

LUCIGNOLO: E questo paperonzolo chi è?

PINOCCHIO: Ah, me lo ricordo; è uno svanito che non riesce mai a rimanere nella sua favola. Si chiama Brontolo

LUCIGNOLO: Brontolo? Mignolo vorrai dire!

PINOCCHIO: Ma che ci fai ancora da queste parti?

BRONTOLO: Niente da fare; non riesco a trovare i miei fratelli. Ho chiesto a Cappuccetto Rosso, ma quello non era in vena; mi ha detto che qualcuno gli aveva mangiato la nonna

PINOCCHIO: La nonna? Chissà che ossa dure doveva avere e quanto tempo per digerirle…

LUCIGNOLO: Ma non ti ha detto com’è avvenuto?

BRONTOLO: Mi ha detto che è stato un lupo. Quello si è avvicinato alla nonna e lei lo ha guardato per bene e gli ha detto: “Che denti lunghi che hai…”

LUCIGNOLO: E lui cos’ha risposto?

BRONTOLO: “Per forza, sono il lupo!”. E fu così che la nonna morì di spavento

PINOCCHIO: Ma non l’aveva mangiata?

BRONTOLO: Mica poteva mangiarla viva, no?

LUCIGNOLO: E adesso che fai? Vuoi venire con noi nel paese dei Balocchi?

BRONTOLO: Perché no? Magari ci trovo i miei sei fratelli…

LUCIGNOLO: Allora si va? Pronti? (Escono cantando).

Andiam, andiam, andiamo a cazzeggiar

Se no, se no come si fa a giocar

Laralà lalà lallà lallà lallààà

GRILLO P: (Uscendo). Ma dove andate squinternati! No, al Paese dei Balocchi no! Vi imbrogliano; la vera vita non è quella! Fermatevi! Meglio che li rincorra, meglio che controlli quello che fanno. Arrivo; aspettatemi! (Corre nella stessa direzione. Entrano Geppetto con Fata Tronchina, Mastro Ciliegia con Fata Nerina… che è nera)

GEPPETTO: Che ne dici della mia opera mia Fata Tronchina?

FATA TRONCHINA:  Sei un professionista insuperabile mio Geppetto. Sei riuscito a crearla molto più giovane di me

GEPPETTO: Beh, il ceppo che mi ha dato Mastro Ciliegia non era così stagionato come il primo

FATA TRONCHINA:  Contento Ciliegia?

M.CILIEGIA: Contento? Contentissimo! Grazie Geppetto; la tua è stata una vera opera d’arte. Comunque vieni qua un momento… Ma si può sapere perché me l’hai fatta extracomunitaria?

GEPPETTO: Come extracomunitaria?

M.CILIEGIA: Ma non la vedi? Ti è uscita nera! Mi sai spiegare questo fatto?

GEPPETTO: Ma non ci arrivi da solo?

M.CILIEGIA: No, da solo non ci arrivo. Dimmi tu…

GEPPETTO: Ma ti ricordi che mi hai dato un tronco mezzo bruciato…

M.CILIEGIA: E allora?

GEPPETTO: E allora… siccome non era solo mezzo bruciato in superficie, ma anche dentro… mi è uscita nera. Punto e basta. Non ce l’avrai mica con i neri per caso?

M.CILIEGIA: Ma nemmeno per sogno! E poi ti confesso che mi piace un casino! Tant’è vero che l’ho chiamata Fata Nerina. Che ne dite donne? Ce lo facciamo un goccio? Offro io

GEPPETTO: Beh, se offri tu, anche due gocci. Oste! Oste! Ma come, non c’è nessuno?

M.CILIEGIA: Intanto sediamoci al tavolo; prima o poi arriverà qualcuno. (Passa la guardia)

FATA TRONCHINA:  Mi scusi signora guardia; visto come ha preso le difese del nostro figliolo, perché non prende un goccetto con noi?

GUARDIA: Signora la ringrazio, ma in servizio non si può bere. Piuttosto, mi sapete dire chi è questa signora?

M.CILIEGIA: E’ la mia sposa

GUARDIA: Complimenti; bella signora. Ce l’ha il permesso di soggiorno?

M.CILIEGIA: Il permesso… quale permesso?

GUARDIA: Se è un’extracomunitaria deve obbligatoriamente avere il permesso di soggiorno. Prego mostrarmelo. Da dove è venuta?

M.CILIEGIA: E’ venuta… è venuta… lo so che è difficile farglielo capire, ma è venuta da un legno

GUARDIA: Da un legno? Quindi da una barca; sbarco a Lampedusa suppongo

M.CILIEGIA: Macchè barca, proprio da un pezzo di legno

GUARDIA: Non vorrete dirmi che ha attraversato il mediterraneo a cavalcioni di un pezzo di legno

FATA TRONCHINA:  Non è proprio così signora guardia; la qui presente Fata Nerina è stata ricavata proprio da un pezzo di legno da mio marito che è un valente falegname

GUARDIA: Ma a chi la volete dar da bere?

GEPPETTO: Appena arriva l’oste vogliamo che beva anche lei

GUARDIA: No, qui c’è qualcosa che non quadra

M.CILIEGIA: E cosa ci sarebbe che non quadra?

GUARDIA: Che è nera e basta!

FATA NERINA:  Le faccio rispettosamente notare, signora Guardia, che ora non si dice nera, ma di colore…

GUARDIA: Ma il colore è sempre nero! Cos’ha da dire questa signora a sua discolpa?

FATA NERINA:  Primo che essere neri non è una colpa, secondo che se gratti un po’ la pelle, sotto sotto, sono fatta come voi

GUARDIA: Non mi dica che siamo uguali se no è la volta che mi arrabbio e l’arresto!

FATA NERINA: Certo che voi bianchi siete proprio strani e complicati

GUARDIA: Perché? Cosa vorrebbe dire?

FATA NERINA: Vede signora guardia… le vorrei spiegare una cosa… Quando noi nasciamo siamo neri, quando cresciamo siamo neri, quando andiamo al sole siamo neri, quando abbiamo paura siamo neri, quando siamo ammalati siamo neri,  quando morirò sarò nera…

GUARDIA: E allora?

FATA NERINA: E allora io le dico… Tu, uomo bianco, quando sei nato eri rosa, quando sei cresciuto eri bianco, quando vai al sole sei rosso, quando hai freddo sei blu, quando hai paura sei verde, quando sei ammalato sei giallo, quando morirai sarai grigio... E dopo tutto ciò, hai la faccia tosta di chiamarmi donna di colore?

GUARDIA: Tutte queste cose sono delle solenni stronzate! O tirate fuori il permesso di soggiorno o vi faccio seduta stante un foglio di via obbligatorio con rimpatrio assicurato

GEPPETTO: Ah, che ridere! Vuoi vedere che se ti rimpatriano andrai a finire nel bosco da dove è stato tagliato il tronco?

GUARDIA: Ancora con la storia del tronco!

FATA TRONCHINA:  Aspetta aspetta… Le devo dire una cosa in tutta confidenza e non voglio che gli altri mi sentano. Usciamo un attimo. (Escono. Davanti la Guardia e dietro, facendo strani gesti, la Fata. Fuori si dipingerà di nero la faccia e le mani della Guardia)

M.CILIEGIA: Mi piacerebbe proprio sapere che cos’ha in testa la tua mogliettina

GEPPETTO: Lasciala fare; quella, di cervello, ne ha più di te e di me messi assieme. Quella un’idea ce l’ha di sicuro (I due rientrano)

GUARDIA: Io, comunque, non ho capito un accidenti di quello che mi ha detto, ma mi sento così strano…

FATA TRONCHINA:  Se sono una Fata dovrò pure evidenziare i miei poteri…

FATA NERINA: Mi scusi signora Guardia… Ma lei ce l’ha il permesso di soggiorno?

GUARDIA: Se ho… se ho il permesso… Ma di cosa parla?

FATA NERINA: Parlo dell’uomo di colore che è di fronte a me

GUARDIA: E chi sarebbe… (Fata Tronchino gli mostra uno specchietto)

FATA TRONCHINA:  Lo può verificare da solo…

GUARDIA: (Esclamazioni di orrore). Ma no.. Questo sarei io… Impossibile! Non ho parole!

FATA NERINA: Ecco, bravo, faccia a meno delle parole e vada via prima che le consegniamo un foglio di via obbligatorio. (La Guardia esce urlando. Entra il Grillo con un martello in mano e un evidente cerotto in testa seguito, poco dopo, dai due ragazzi con orecchie da somaro- attaccate a una cinghietta)

GRILLO P: Ohi ohi ohi che male!

GEPPETTO: Ma cosa ti è successo!

GRILLO P: E’ stato quello sventurato di tuo figlio. Quando ho cercato di fermare quei due mi ha tirato in testa questo martello. Ohi ohi ohi che male!

FATA TRONCHINA:  Ma dov’eravate?

GRILLO P: Nel Paese dei Ginocchi… no… dei Gnocchi… no… dei Finocchi… no… dei Pidocchi… oddio che confusione!  Forse sarà meglio che lo chiediate a loro

PINOCCHIO: Babbino! O caro il mio babbino!

GRILLO P: Caro il mi babbino un corno! Racconta invece dove siete stati

LUCIGNOLO:

Qui ritorna, aprite l'occhio,
l’avventura di Pinocchio.

Stanchi morti di obbedire,

di dover sempre sì dire

siam scappati come allocchi

nel Paese dei Balocchi.

C’è ogni sorta di ragazzi

belli, brutti e anche un po’ pazzi

E non manca Mangiafuoco

che diverte mica poco.

Fa ballare i burattini

come fosser dei cretini.

Senza libri, senza scuola

l’ignoranza vola vola.

Ecco questo è il risultato!

In due ciuchi ci han mutato!

FATA TRONCHINA:  In due ciuchi… Non potevate finire meglio

GEPPETTO: Senti Fatina… non è che con una delle tue magie…

FATA TRONCHINA:  Solo ad una condizione…

PINOCCHIO: Che sarebbe…

FATA TRONCHINA:  Scuola, obbedienza e serietà

PINOCCHIO: Promesso

LUCIGNOLO: Prometto anch’io!

FATA TRONCHINA:  Questa volta ci voglio credere, altrimenti Geppetto ti smonterà pezzo per pezzo e ti riporterà nel magazzino dell’IKEA. (Le stacca ad entrambi. Entra Brontolo. Anche lui con le orecchie)

BRONTOLO: Scusate; non si può fare niente per queste? Lo so, lo so che anch’io l’ho combinata grossa…

FATA NERINA: E per questo, da ora in poi, ti chiameranno Stronzolo!

BRONTOLO: E queste orecchie? Devo proprio tenermele?

LUCIGNOLO: Io le terrei. Se non altro ti fanno sembrare più alto. Così, suvvia, sei più bellino. Ma perché arrivi solo ora?

PINOCCHIO: Ho dovuto portare Mangiafuoco in ospedale

GEPPETTO: In ospedale? Cosa gli è successo?

BRONTOLO: A forza di mangiare fuoco gli è venuta l’ulcera. Il dottore gli ha fatto la gastroscopia e gli ha ordinato di bere solo acqua, ma subito dopo è scappato via

FATA TRONCHINA:  Perché?

BRONTOLO: Per la vergogna; tutti ormai lo chiamano Bevilacqua

M.CILIEGIA: E adesso che si fa?

LUCIGNOLO: Noi, se non vi spiace, si va a scuola

BRONTOLO: E io a cercare i miei fratelli. Vi saluto e, la prossima volta, vedrò di non sbagliare favola. Promesso! (Escono i ragazzi salutando e Brontolo. Entra il Grillo)

Qui finisce, aprite l'occhio,
l’avventura di Pinocchio.

Vorrei dire a voi ragazzi,

sia ai savi e sia ai pazzi,

non seguite, come ha fatto,

tipi come Volpe e il Gatto.

Il Paese dei Balocchi

esiste solo per gli allocchi.

Ogni mamma per voi è Fatina,

che sia Tronchina o sia Nerina,

dai papà avrete affetto

che sia Ciliegia o sia Geppetto.

Questa non è solo una storia

che finisce solo in gloria;

è la storia della vita

che vi auguro infinita!