Poker d’amore

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POKER D’AMORE

POKER D’AMORE

Commedia in tre atti di Enzo Duse

Personaggi

MERCEDES, madre di

ANTONIETTA

LEOPOLDO, padre di­

OTTAVIO

FLAMINIA, cameriera di Antonietta

NONO’,  cameriere di Ottavio,

ATTO  PRIMO

          Boudoir di Antonietta.

ANTONIETTA ‑ Mi trovi in forma Flaminia?

FLAMINIA ‑ La signorina è incan­tevole.

ANTONIETTA ‑ Dimmi la verità, Flaminia. Sei mai stata innamorata?

FLAMINIA ‑ Sì, signorina. Ma credo che gli uomini non mi interesse­ranno più se sono tutti come il mio ex amico.

ANTONIETTA ‑ Com'era il tuo ex amico?

FLAMINIA ‑ Asseriva che l'amore dura tre giorni.

ANTONIETTA ‑ Se è così hai fatto bene a piantarlo.

FLAMINIA ‑ No, signorina. E' stato lui a piantare me.

ANTONIETTA ‑ Come mai?

FLAMINIA ‑ Era ricco,

ANTONIETTA ‑ Beh, il denaro non guasta.

FLAMINIA ‑ Lo credo. Ma con le donne non era generoso.

ANTONIETTA – Dove lavoravi prima?

FLAMINIA ‑ Le dirò, signorina. Co­minciai il mio servizio in casa di una mantenuta.

ANTONIETTA ‑ Dio mio! Eccone una nuova. Lo sa la mamma?

FLAMINIA ‑ Ci mancherebbe altro!             Mi licenzierebbe.

ANTONIETTA ‑ Oh bella! E con me, invece, ti permetti…

FLAMINIA ‑ Oh, con lei…

ANTONIETTA ‑ E' perché t’ispiro confidenza, che mi hai raccontato questa storia?

FLAMINIA ‑ Ciò lusingherebbe la signorina?

ANTONIETTA – Flaminia! Ti giustificherebbe.

FLAMINIA ‑ Suvvia, signorina. Si sa che una cameriera fidata è come un patrimonio in banca. Non dà preoc­cupazioni e frutta sempre un ottimo interesse.

ANTONIETTA ‑ I bagagli della mamma sono fatti?

FLAMIMIA ‑ Si, signorina.

ANTONIETTA ‑ L'accompagnerò io stessa alla stazione. ,

FLAMINIA ‑ Bene, signorina. (sta per uscire; s'incrocia con Mercedes che appare nervosa).

MERCEDES ‑ Ah, sei qui?

ANTONIETTA – Cinque minuti e sono pronta mamma.

MERCEDES ‑ Non parto più.

ANTONIETTA ‑ Non parti?

MERCEDES ‑ No. Andate pure, Flaminia.

FLAMINIA ‑ La signorina non si ve­ste, allora?

MERCEDES ‑ Non subito. (­ad Antonietta) Scusa, sai; ma vorrei che tu mi concedessi qualche minuto.

ANTONIETTA ‑ E' accaduto qualche cosa?

MERCEDES ‑ (a Flaminia) An­date, dunque.

FLAMINIA - Si, signora. (esce).

ANTONIETTA ‑ Vorrei prima sapere perchè non parti più per la campagna.

MERCEDES ‑ Ti senti abbastanza forte da incassare un colpo?

ANTONIETTA ‑ Non abbastanza, mamma. Ho bisogno di rifare il mio guardaroba; m'avevi promesso la Giulietta Sprint, e avevi deciso tu stessa di andare a riscuotere le nostre rendite.

MERCEDES ‑ Ecco il punto. Quel denaro non lo  riscuoterò mai.

ANTONIETTA ‑ Perché?

MERCEDES ‑ Perché siamo rovinati.

ANTONIETTA ‑ Possibile?

MERCEDES ‑ Per non angu­stiarti ho sempre taciuto la verità. Da tre anni lotto contro l'im­possibile. Allora, per rimettere in sesto il patrimonio, ho tentato in questi ultimi mesi delle speculazio­ni: insomma è il disastro. Ecco la comunicazione del nostro uomo d'affari. (le dà una lettera).

ANTONIETTA - (dopo aver letto) incredibile. Ma perchè tacere...

MERCEDES ‑ Ti supplico. Non rim­proverarmi. Sai che soffro dì fega­to. (si siede) Il guaio è che, al punto in cui siamo, non posso nemmeno dir­ti: ci ritireremo in un appartamento più piccolo; ridurremo le spese.

AINTONIETTA ‑ Se avessi saputo, non lo avremmo sprecato il denaro. Il babbo ci aveva lasciato una fortuna.

MERCEDES ‑ Non torturarmi, Antonietta. (piange).

ANTONIETTA ‑ Ah, darmi un tale annuncio con tanta brutalità... Ebbene, venderemo. Poi... si vedrà.

MERCEDES ‑ Impossibile.

ANTONIETTA – Hai dei debiti?

MERCEDES ‑ Tutto ipotecato.

ANTONIETTA ‑ Allora niente più Giulietta Sprint?

MERCEDES ‑ Conti alla, mano, piccina mia, oggi non avremmo nem­meno di che pranzare.

ANTONIETTA ‑ Ah, è la vertigine! E per riguardo al tuo fegato non posso nemmeno sfogarmi. (prende un oggetto per scagliarlo, ma lo de­pone).

MERCEDES ‑ E' una cosa atroce; lo so...

ANTONIETTA ‑ Tutto perduto. Una vita sicura, il credito...

MERCEDES ‑ Eh No. Nessuno cono­sce le nostre condizioni. E appunto questo sarà l'argomento del secondo capitolo della nostra conversazione.

ANTONIETTA – Andiamo addirittura per capitoli? Bene!

MERCEDES ‑ Potrebbe essere l’ultimo. Dipende  da te.

ANTONIETTA – Da me? Bada che non resisterei  all'annuncio di un'altra catastrofe.

MERCEDES ‑ Al contrario. Si tratterebbe di un salvataggio.

ANTONIETTA ‑ Avresti dunque tro­vato una soluzione?

MERCEDES ‑ Non da oggi, Antonietta.

ANTONIETTA ‑ E come c'entro io?

MERCEDES ‑ Piccola mia. Tu sai che sono una donna molto liberale. Le tradizioni della nostra famiglia…

ANTONIETTA ‑ Tira via... tira via...

MERCEDES ‑ Quando mai io mi sono preoccupata dei tuoi sentimenti, del tuo patrimonio spirituale, delle tue aspirazioni…

ANTONIETTA – Mai  mammà. Mai.

MERCEDES – Infatti perché sei sempre stata sag­gia, virtuosa, affettuosa. Ciò mi è bastato per considerarmi una madre fortunata. Alla fine non ho mai messo il naso nei tuoi affari.

ANTONIETTA ‑ Questa fu sempre la legge del nostro casato: il rispetto della personalità e della libertà al­trui.

MERCEDES – Si ma i nostri antenati si trovarono sempre compatti attorno al pericolante. Salvare la grandezza del nome. Ecco il nostro motto. Cosi quando sirese necessario il matrimonio della tua prozia Carlotta. Con un uomo che essa non amava, il salvataggio fu subito un fatto compiu­to. E, alla fine, quello che poteva sembrare un sacrificio risultò una fortuna. Perché Carlotta con suo marito fu felice.

ANTONIETTA ‑ Va bene, va bene. La storia dei nostri antenati la co­nosca a memoria. Ma non vedo...

MERCEDES - (alzandosi) – Antonietta figlia mia, abbracciami,

ANTONIETTA - Mamma, in questo momento...

MERCEDES - Abbracciami. Non avrei il coraggio di parlare. (l’abbraccia) Quello che sto per chiederti è appunto un sacrificio. Capiscimi.  E' l'unica soluzione che io abbia trovato.

ANTONIETTA ‑ Un sacrificio?

MERCEDES ‑ Ma si. Ricordati della tua prozia Carlotta.

ANTONTETTA - (che ha capito; al colmo del1o stupore) –Mammà…

MERCEDES – Considera che in que­sta terribile partita è impegnato il nome di tutta la nostra stirpe.

ANTONIETTA (furente) ‑ Mai, mai, mai...

MERCEDES ‑ E allora, figliola, naufraghiamo. Io abdico.

ANTONIETTA ‑ Ma inaudito...

MERCEDES - Ti ripeto che Carlotta Tu felice.

ANTONIETTA ‑ Carlotta era gobba. Il sacrificio, se mai lo fece suo ma­rito.

MERCEDES ‑ Gobba! Aveva una piccola deformazione alla spina dorsale. Comunque, non è questo che conta. (Antonietta si è seduta con la testa tra le mani;  lei le è vicina) Suvvia, andiamo. Che io sappia, non sei innamorata... – O sei innamorata? ‑ No ‑ E dunque? - Nel matrimonio non è indispensabile l'amore. Io e tuo padre te ne abbiamo offerto un esempio. (le si siede accanto)

ANTONIETTA –Non importa, qualcosa faremo…

MERCEDES - Che faresti? Lavorare? Una parola. Da due secoli nessuno lavora nella nostra famiglia. Si è perso l’allenamento. Come vedi… (si alza) ...non penso a me; penso a te. Insomma mi sono data da fare; ecco. E il giovane ci sarebbe.

ANTONIETTA – Mammà non puoi dire sul serio…

MERCEDES - Oh,  non un grande nome: gente nuova; ma rispettabile, e con una solida fortuna alle spalle. Egli ti ha visto; ne fece cenno a suo padre... Ma questi sono dettagli che possono urtare la tua suscettibilità, e alla fine non ti riguardano. Non dici nulla?

ANTONIETTA ‑ Che vuoi che dica?! Ho bisogno di star sola. Di riflettere. (si alza) Perché? Altrimenti non c'è rimedio, vero?  E' la catastrofe.

MERCEDES ‑ Posso giurare che non ti ho taciuto nulla. E Dio mi è te­stimone che ho speso la mia vita perchè tutto ti fosse facile... (piange)

ANTONIETTA ‑ Per carità, mamma, non aggiungere le lacrime.

MERCEDES ‑ Hai ragione; bisogna essere forti. Ora ti lascio cara. Vado a stendermi un po' perchè ti assicuro che sono esausta.

ANTONIEITA ‑ Va, Va.

MERCEDES ‑ Commovente, ecco. Sei commovente. (fa per abbracciarla).

ANTONIETTA ‑ Scusa; ci abbracce­remo dopo.

MERCEDES ‑ Come vuoi. E sono si­cura, guarda, che mi ringrazierai.

ANTONIETTA ‑ Ah, bada; non ho ancora deciso.

MERCEDES – Antonietta!

ANTONIETTA ‑ Ti ho detto, che devo riflettere:

MERCEDES ‑ Hai ragione. Che Carlotta ti inspiri... (s’avvia; poi con al­tro tono…) Sono certa, però, che se ti dicessi il nome...

ANTONIETTA ‑ No, mamma. Am­metterai che a queste condizioni un marito vale un altro.

MERCEDES - (andandosene) ‑ Ah, non commovente! Eroica, eroica!

(Cinque secondi di buio sul palco­scenico. Poi di nuovo luce)

II

(La garconniere. Entra Nonò con due valigie. Si guarda attorno; le depone. Controlla l'orologio. Leva di tasca una lettera, l'annusa, la depone sul tavolino presso il divano. Apre la radio. C'è un ballabile, e accen­na a qualche passo di danza mentre osserva dei ninnoli. Esce da destra. Poco dopo entra Antonietta. Lei vede le valigie. Stupisce. E' nervosa. Chiama:)

ANTONIETTA -   Ottavio, Ottavio; amor mio.

NONO' - (appare).

ANTONIETTA - (dà un piccolo grido) Ah! Chi siete?

NONO' ‑ Pardon... (e chiude la radio).

ANTONIETTA ‑ Ma signore...

NONO' – Sono orgoglioso di poter apparire un gentleman agli occhi della signorina ma ahimè, non sono che un servo.

ANTONIETTA – Ma come vi trovate qui?

NONO' ‑ Comprendo lo stupore. E chiarisco. Sono al servizio partico­lare del signor Ottavio.

ANTONIETTA ‑ Voi?

NONO' ‑ Il signor Ottavio non le ha mai parlato di Nonò?

ANTONIETTA ‑ Nonò? No..

NONO' ‑ Nonò sono io. Però è strano. Il mio padrone, nelle situazioni delicate, mi considera un po' il suo confidente.

ANTONIETTA – Sarà strano, ma non mi ha mai parlato di Nonò.

NONO' ‑ Pazienza, una delusione di più; ma anche un insegnamento di più. (Antonietta è nervosa) Chia­risco

ANTONIETTA ‑ Lo desidererei tanto.

NONO' ‑ Il mio padrone volendo scu­sarsi di non poter essere puntuale all'appuntamento delle sei...

ANTONIETTA Quale appuntamen­to?

NONO' ‑ Qui. Oggi è sabato. L'ora fissata per il sabato, non sono le sei?

ANTONIETTA ‑ Voi sapete?

NONO' ‑ Tutto. Un cameriere fidato non è soltanto...

ANTONIETTA ‑ Concludete, vi pre­go.

NONO’ - Era per chiarire. Ma poiché i nervi della signorina sono tesi, sarò breve

ANTONIETTA ‑ Bene.

NONO' ‑ Erano esattamente le cin­que quando il signor Ottavio irrup­pe nel guardaroba dicendomi: sto discutendo con mio padre. Non po­trò essere puntuale in via della Pa­ce, al 185, terzo piano, porta a sini­stra. Andate voi. Ma partite munito di roba mia e vostra indispensabile per un lungo viaggio. Questa è una lettera che consegnerete ad Antonietta. Trattenetela, calmatela. Ditele che l'amo

ANTONIETTA -     Non ci capisco nulla.

NONO' ‑ Io invece credo di capire.

ANTONIETTA - Parte?

NONO' ‑ Ancora non è certo.

ANTONIETTA ‑ E dov'è la lettera?

NONO' ‑ Voi siete la signorina Antonietta?

ANTONIETTA ‑ Ma si.

NONO' ‑ Allora ecco la lettera. (glie­la indica).

ANTONIETTA ‑ E me la date adesso! (indispettita, sovreccitata, lei l'apre. E Legge)     <<Amore mio, sono impegnato con mio padre in una tremenda partita. Attendimi, ti supplico. Spero che tu sia decisa quanto lo sono io. Ottavio>>

NONO' ‑ Non mi sono sbagliato di una virgola

ANTONIETTA ‑ Come spiegate la faccenda?

NONO' – Stavo appunto per esprimere alla signorina il risultato delle mie considerazioni; ma la signorina...

ANTONIETTA ‑ Zitto... (e  tende l’orecchio)  Non avete udito nulla?

NONO' ‑ Nulla. E posso assicurarvi che ho un orecchio infallibile.

ANTONIETTA ‑ Nonò, mi esaspera­te. Ma da dove saltate fuori!?

NONO' ‑ Io non salto, signorina Antonietta! Ho semplicemente dato le mie dimissioni da maggiordomo da una casa reale che sarebbe una scortesia nominare ora. Ma ecco il signor Ottavio.

ANTONIETTA ‑ Dove?

NONO' ‑ Ha aperto or ora la porta. Non posso sbagliarmi.

OTTAVIO – (apparendo) ‑ Antonietta!

ANTONIETTA ‑ Ottavio!

OTTAVIO – Abbracciami amor mio; ho bisogno di sentirmi stretto a te.

ANTONTETTA -  (smarrita, accennando a Nonò) ‑ Ma...

OTTAVIO ‑ Nonò, ritirati.

NONO' – (quasi tra se,  andandosene)  Questo è il destino dei servi..

OTTAVIO ‑ Un momento. Le valigie?

NONO' -  (indicandole) Tutto in ordine, signore.

ANTONIETTA - Parti?

OTTAVIO ‑ Ora ti dirò. (a Nonò) Tusei disposto a seguirmi?

NONO' ‑ Non conosco le ragioni di questa fuga, signore

OTTAVIDO ‑ Non è il momento di discutere. Ti chiedo cieca obbedienza.

NONO' ‑ Siete certo di non commet­tere una follia?

OTTAVIO ‑ Oh! L'amore stesso è una follia!

NONO’ - Io sono per gli amori ragio­nati, tranquilli. La vita è già abba­stanza complicata

OTTAVIO ‑ Questo è vero.

NONO’ – Rischiare è bello. Ma quan­te sorprese nel rischio!

OTTAVIO ‑ Insomma vattene. I tuoi maledetti ragionamenti non mi fa­ranno rimuovere stavolta dalle mie decisioni.

NONO' ‑ Finche mi si paga... (ed esce).

ANTONIETTA - Che ti succede? Dim­mi: quali decisioni hai preso?

OTTAVIO ‑ Antonietta, sono perduto se tu non mi aiuti.

ANTONIETTA – Si, caro, si. (l'abbraccia) Non ti ho mai visto così sconvolto.

OTTAVIO ‑ Siedi, ti prego. (la fa sedere)

ANTONIETTA -  (invitandolo a calmarsi)  Tesoro...

OTTAVIO – Ho avuto una spaventosa scenata con mio padre. Ma l’ultima, se Dio vuole. Ho rotto con. lui.

ANTONIETTA ‑ Con tuo padre?

OTTAVIO ‑ Antonietta, Antonietta mia! Egli pretendeva da me una cosa mostruosa. Ho lottato sino all’ultimo per ricondurlo alla ragione. Per te rinuncio alla ricchezza, ad un avvenire sicuro. Sei tu disposta a fare altrettanto? Bada che ora sono povero perchè devo considerarmi diseredato. Mi ami, dì? Mi ami? Fuggirai con me?

ANTONIETTA ‑ Mi stordisci. Calmati. Non afferro per quali ragioni tu dovresti perdermi.

OTTAVIO ‑ Mio padre vorrebbe che mi sposassi. M’impone una moglie di suo gradimento.

ANTONIETTA (balza in piedi, sor­presa).

OTTAVIO ‑ M'aspettavo questo tuo sdegno. Oh, gli ho risposto ciò che si meritava. Ieri è arrivato dicendo: «la moglie te l'ho trovata io; un grande nome, potrai frequentare il mondo aristocratico ». Figurati! Avrei voluto gridargli: « Ma un'aristocratica io ce l’ho già; ed è tutta mia... mia... ». (l'abbraccia) Così ho preso una decisione: dobbiamo fuggire.Lo so che ti chiedo un gran sacrificio... (lei lentamente si divincola) Ma se mi ami... Antonietta, Antonietta...

ANTONIETTA ‑ Tu hai avuto questo coraggio?

OTTAVIO ‑ Di rinunciare a tutto? Certo!

ANTONIETTA ‑ Per me...

OTTAVIO ‑ Forse che se tua madre avesse voluto importi un marito, non avresti rotto con lei?

ANTONIETTA ‑ Oh si, si...

OTTAVIO ‑ E dunque, anima mia... si tratterà di superare questi primi momenti di disagio... (improvviso) O ti spaventa la scandalo?

ANTONIETTA -  (troppo debolmente) ‑ No... no...

OTTAVIO ‑ Allora spiegati. Ah, Antonietta! Credevo in una tua sorpre­sa. Ma credevo anche che subito dopo, mi avresti buttato le braccia al collo per dirmi: « Eccomi, Ottavio. Portami dove vuoi. ». Perché tu meriti di essere adorato.

ANTONIETTA ‑ Ma ti adoro, ti ado­ro! Se non mi lasci dire!

OTTAVIO ‑ E che vuoi dire ormai? Il terrore dello scandalo è più forte dell’amore. Questa è la verità.

ANTONIETTA - (decisa) ‑ Ebbene, no. Ti spiegherò con calma. Ora non saresti in condizioni di comprendere.

OTTAVIO ‑ Già, sono un povero idiota.

ANTONIETTA ‑ Si. Perché tu ti sei preoccupato delle valigie. Io, invece, parto così; come sono. Che vuoi di più?

OTTAVIO ‑ Subito?

ANTONIETTA ‑ Senza dire nemme­no addio a mia madre.

OTTAVIO -  (abbracciandola) Antonietta!

ANTONIETTA ‑ Mio adorato.

OTTAVIO ‑ No. Non una parola di più. Non abbiamo tempo da perdere. Ti domando soltanto perdono se ho potuto dubitare. (bacio lungo)  Aspettami. (rapido raggiunge la porta; sulla soglia si ferma) E' pro­prio deciso?

ANTONIETTA ‑ Assolutamente.

OTTAVIO ‑ A Roma?

ANTONIETTA ‑ Dove vuoi.

OTTAVIO ‑ Tu ed io?

ANTONIETTA ‑ Per tutta la vita.

OTTAVIO ‑ Ti adoro. (esce a precipizio. Antonietta, rimane immobile con gli occhi alla porta; poi crolla a sedere. Una pausa. Appare Nono’)

NONO' -  (la considera. Poi) ‑ La signorina non partirà.

ANTONIETTA -  (con un soprassalto) Ah voi!... (altro tono) Cosa avete detto?

NONO' ‑ Che la signorina non par­tirà

ANTONIETTA -  (nervosa) Buon uo­mo, finirete per seccarmi.

NONO’ - Sarò un buon uomo; ma al giusto momento sarete colta da uno svenimento, o da una storta a un piede. E il rinunciare a questa fuga, per un caso accidentale, sarà saggio.

ANTONIEITA ‑ Voi credete che io...

NONO' ‑ Lo svenimento o la storta al piede sono semplicemente un con­siglio che offro.

ANTONIETTA ‑ Ridicolo!

NONO' ‑ Vorrei soltanto rammentar­vi che, in questo momento, l'unico che qui abbia la mente lucida sono io. Perciò mi permetto di ripetere che un improvviso malessere può evitare guai forse irreparabili.

ANTONIETTA ‑ Avreste altre solu­zioni da proporre allora, dal mo­mento che siete informatissimo? Sa­rà divertente ascoltarle.

NONO' – Una ci sarebbe.

ANTONIETTA ‑ Per esempio?

NONO' ‑ Il matrimonio col mio padrone.

ANTONIETTA ‑ lo? Sposare Ottavio?

NONO' ‑ E' tanto semplice, nevvero, che nessuno dei due ci aveva pen­sato

ANTONIETTA -  (siede sorpresa, e quasi tra se) ‑ E' vero.

NONO' ‑ E sapete perchè non ci ave­te pensato? Perché il vostro amore è nato all'insegna dell'avventura.

ANTONIETTA - Ok ma si può sapere...

NONO' ‑ Di dove salto fuori? (le dà un biglietto da visita) Se la signo­rina permette...

ANTONIETTA -  (Legge) ‑ Professore di morale...

NONO' - Già. Ero nato per regalarli i miei consigli. Il signor Ottavio me li paga. E' avvilente, ma ho un bel vestito, camicie di seta, e faccio il cameriere soltanto per un mio gusto ironico.

ANTONIETTA     Scusate... profes­sore...

NONO' ‑ Eh, no; non confondiamo i ruoli. Nonò, semplicemente. E Nonò vi dice: «Signorina Antonietta non commettiamo sciocchezze. » Se mi permetto di intervenire è soltanto perché, credetemi, vi vedo in pericolo.

ANTONIETTA ‑ Signore!

NONO' ‑ Ma sì, lasciatemi dire. Come cominciò questa storia? Non vo­lete rispondere? Se rinunciate è perché avete paura di perderlo o soltanto di apparirgli vile?

ANTONIETTA ‑ Lo amo, lo amo, lo amo...

NONO' ‑ Può darsi. Ma non dimen­ticate. Io ero di là. Alla proposta di fuggire avete vacillato. Perciò vi chiedo ancora: com'è incominciata questa storia? E’ giusto il mo­mento d'andare alla ricerca della verità.

ANTONIETTA ‑ La verità è che voi non avete mai amato.

NONO' ‑ No. La verità è che ad un certo momento si vuol essere origi­nali. E poiché il matri­monio è troppo borghese, si cerca l'intimità di questi appartamentini. E non ci si accorge che la vera originalità sta nel matrimonio... (squillo di campanello) Il signor Ottavio dovrebbe avere le chiavi...

ANTONIETTA -  (preoccupata)  Le avrà lasciate qui.

NONO' ‑ Sarebbe strano. (e cerca).

ANTONIETTA -  (a un nuovo squillo) ‑ Forse mi chiama giù. Che si fa ora?

NONO’ – (deciso) Un momento. Sdraiatevi… (e indica il divano).

ANTONIETTA ‑ Ma...

NONO' ‑ Sdraiatevi. Siete stata colta da un capogiro. (Antonietta si abbandona sul divano. Contem­poraneamente si odono nell’antica­mera delle voci concitate).

VOCI ‑ Insomma, lasciatemi entra­re. Levatevi di mezzo.

ANTONIETTA ‑ Ma questa è la voce di Flaminia.

FLAMINIA -  (entrando)  Ah eccovi... (e indica Antonietta).

ANTONIETTA -  (esterrefatta)  Flaminia!

FLAMINIA -  (a Nonò) Scusate signore, quest’irruzione, ma devo parlare subito con la mia padrona.

NONO' -   Ah, se siete la cameriera.

ANTONIETTA -  (strilla) E’ inaudito. Come avete osato…

NONO' ‑ Lasciatela parlare.

FLAMINIA ‑ Grazie, signor Ottavio.   Devo confessarlo. Due ore fa ascoltai il colloquio che la signorina ebbe con la sua signora madre.

ANTONIETTA ‑ AH.

NONO' ‑ Non interrompetela.

FLAMINIA ‑ Allora, temendo che la signorina potesse commettere una follia sono accorsa.

NONO' ‑ Ragazza mia, sragionate.

FLAMINIA ‑ No, signor Ottavio. Perché subito dopo che la signorina è uscita ho colto una telefonata della sua signora madre col vostro signor padre. (e indica Nonò).

NONO' ‑ Ma finitela! Io non sono il signor Ottavio. Sono il suo cameriere.

FLAMINIA – Mio Dio, padrona mia! Anche col cameriere!

ANTONIETTA ‑ Idiota! Egli è qui per incarico del signor Ottavio.

FLAMINIA ‑ Meno male. Non mi risultava che aveste più di un amante

NONO' ‑ Insomma concludete

FLAMINIA ‑ Ecco qui: dalla telefonata appresi che esiste tra i genitori un progetto di matrimonio.

NONO' ‑ Come come? Il padre del mio padrone vorrebbe che il signor Ottavio sposasse la signorina?

FLAMINIA ‑ Si; e la mia padrona che la signorina sposasse il signor Ottavio. Non è una bella scoperta?

ANTONIETTA ‑ Ne sei ben sicura?

FLAMINIA ‑ Lo giuro su Clodomiro.

NONO' ‑ Ah, ma allora siamo salvi!   Colpo di scena! Essi volevano fuggire, ragazza mia, e voi accorrendo li avete salvati. Vedete come tutto si accomoda? Sembra un sogno. Ebbene: entrate nel sogno e lasciate fare a me. Qui,                                                   intanto, non è accaduto nulla. Intesi?­

FLAMINIA ‑ E' un buon principio.

NONO' – Quanto al signor Ottavio, lo metterò io al corrente di tutto. Pen­sate: voi v’immolerete al sacrificio chiestovi da vostra madre; il signor Ottavio si im­molerà al sacrificio chiestogli dal padre. Due genitori saranno fe­lici; e la vostra unione riuscirà perfetta perchè già sperimentata. Andate dunque da vostra madre e presentatevi con questo bel volto da vittima. E se ci saranno delle lacrime, meglio. Un giorno, in caso di fallimento, potrete sempre dire alla vostra genitrice: « Io che ti ho dato tutto!» Andate, presto, presto... (Antonietta esce).

NONO' -  (a Flaminia che lo guarda inebetita) Da quanto tempo siete al servizio della signorina?

FLAMINIA ‑ Da un anno.

NONO' ‑ E prima?

FLAMINIA ‑ Ero da una mantenuta.

NONO' ‑ Dovevo immaginarlo. Siete organizzatissima.

FLAMINIA ‑ E voi?

NONO' -  (allargando le braccia) Mi avete scambiato per il signor Ottavio! (lei ride) C'è però una cosa che non mi và.

FLAMINIA ‑ Cioè?

NONO' ‑ Prima avete giurato su Clodomiro. Chi è Clodomiro?

FLAMINIA ‑ Ma quando sì giura, si giura sempre su una persona che non esiste.

NONO' ‑ Credo che andremo d'ac­cordo.

FLAMINIA ‑ Lo spero.

NONO' ‑ lo mi chiamo Nonò...

FILAMIMA ‑ E io Flaminia.

(Cinque secondi di buio in sala. Poi di nuovo luce).

III

Un salone. Flaminia in scena entra Nono’ con un mazzo di fiori.

FLAMINIA – Avanti.

NONO' – Precedo i miei padroni.

FLAMINIA ‑ State bene?

NONO' – Sono in pensiero. Il signor Ottavio si abbandona tutto sulle mie spalle e si disabituerà a ragionare col proprio cervello.

FLAMINIA ‑ Io ho l'impressione che la signorina Antonietta mi serbi rancore. Riconosce che abbiamo sal­vato noi la situazione, ma ciò la umilia e la indispettisce.

NONO' ‑ Vi consiglio dì farle capire che ogni vostra azione verso di lei non è mossa dal dovere, ma da un sentimento di devozione. Dov'è ora?

FLAMINIA ‑ Sta preparandosi per il grande avvenimento.

NONO' ‑ E la madre?

FLAMINIA ‑ E' con lei.

NONO' - Dove servirete il the?

FLAMINIA ‑ Qui.

NONO' -  (consegnandole i fori) Por­tatele questi fiori e ditele che glieli invia il Cav. Leopoldo.

FLAMINIA - (si avvia, ma si ferma) Nonò, da quando ci conosciamo...

NONO' ‑ …da una settimana...

FLAMINIA ‑ ...abbiamo avuto occa­sione di vederci soltanto per pren­dere accordi sul piano tattico di questo incontro d'oggi...

NONO' ‑ Oh, ne avremo del tempo per parlarci.

FLAMINA ‑ Dovrei arrossire nel dirvi che mi piacete?

NONO' ‑ Anche voi piacete a me.

FLAMINIA ‑ Sì?

NONO' ‑ Ma ora siamo in servizio e non dobbiamo abbandonarci a manifestazioni eterogenee. Andate. (Flaminia esce. Nonò guarda il salotto. Riappare Flaminia dalla comu­ne) Che c'è?

FLAMINIA ‑ Sono arrivati i signori.

NONO' ‑ Fate passare.

FLAMINIA ‑ Si, si...

FLAMINIA - (esce. Entrano Leopoldo ed Ottavio).

LEOPOLDO ‑ Che effetto hanno prodotto i miei fiori?

NONO' ‑ La cameriera li ha portati in questo momento alla signora che sta dandosi gli ultimi ritocchi.

LEOPOLDO ‑ E la signorina Antonietta?

NONO' ‑ Fra poco farà l’entrata con la madre. (prende i cappotti poi chiama Flaminia e glieli da)

LEOPOLDO ‑ Bene. (ad Ottavio) Ottavio sono commosso.

OTTAVIO - (di non eccessivo buonumore)  Anch'io, papà.

LEOPOLDO ‑ Ricordati che Antonietta tu l’hai vista soltanto quattro o cinque volte per la strada. Ne ri­manesti subito colpito. E poiché sei un ragazzo come si deve me ne parlasti

OTTAVIO ‑ Ho capito, ho capito.

LEOPOLDO ‑ E' bene ricapitolare. Si fanno delle topiche in affari quando si ha la mente lucida, figurati se non si possono fare delle topiche in amore quando la mente è tur­bata.

OTTAVIO ‑ Se vuoi rammentarmi che la mia mente è turbata perchè alla vista della signorina Antonietta sono rimasto folgorato, sta tranquillo.

LEOPOLDO ‑ Speriamo. Del resto mi si dice che Antonietta sia di una avvenenza straordinaria, Sono cer­to che, vi piacerete.

OTTAVIO ‑ Vedremo.

LEOPOLDO ‑ Vedrai; e poi decide­rete. Questo è il primo incontro; per conoscervi.

NONO' ‑ Pardon. (a Ottavio)  Il Si­gnore non deve dimenticare che la signorina Antonietta non suppone nemmeno le ragioni di questo the. Ella è una fanciulla virtuosa e pura, e ...

OTTAVIO - (seccato)  Ho capito. Accompagno papà per un thè in que­sta casa. Ed è tutto.

LEOPOLDO ‑ Ma perchè sei così agitato.

NONO' -  (che vede aprirsi la porta)  Eccole (Leopoldo s'inchina, insieme ad Ottavio che mormora).

OTTAVIO ‑ Fila, fila...

NONO' -  (andandosene) Rimarrò in anticamera (esce).

MERCEDES -  (appare con i fori segui­ta da Antonietta e da Flaminia) Caro amico...

LEOPOLDO ‑ Amico? (si guarda attorno).

OTTAVIO -  (Piano) Dice a te.

LEOPOLDO -  (andandole incontro con slancio) Amica mia...

MERCEDES -  (fingendo meraviglia)  Indovino! Vostro figlio.

LEOPOLDO ‑ Già.

MERCEDES ‑ Ma perchè non mi avete detto che me lo avreste portato? (e offre la mano a Ottavio che gliela bacia dopo consegna i fiori a Flaminia che li dispone nei vasi e poi se ne andrà).

LEOPOLDO ‑ Il perché è un po'  difficile.

MERCEDES ‑ Vi somiglia, sapete?

LEOPOLDO – Ah si? (e fa un gesto come per dire: chi se n'è mai ac­corto?).

MERCEDES ‑ Ed ecco mia figlia... (saluti fra Antonietta, Leopoldo ed Ottavio) …che per fortuna non mi somiglia.

LEOPOLDO -     Oh bella! Perché?

MERCEDES - Perché è giovane. Mentre io, caro Leopoldo...

LEOPOLDO ‑ Beh se è per l'età, voi sembrate ancora in gamba. (e ride. Ottavio ha un gesto di dispetto. Ora Mercedes e Leopoldo sono a sini­stra; Ottavio e Antonietta a destra. Leopoldo che ha notato il gesto di Ottavio) Che hai?

OTTAVIO - Nulla.

ANTONIETTA -  (piano) Sta calmo.

OTTAVIO - (piano)  Orainfilerà una bestialità sull'altra.

LEOPOLDO -  (piano) Come vi va ilgiovanotto?

MERCEDES -  (piano) A me piace.

LEOPOLDO -  (piano) Dovete essere un bel tipo voi! (e le dà una botta).

OTTAVIO -  (piano) Questa commedia è urtante.

ANTONTETTA -  (piano) Ah, senti alla fine possiamo stare unpo' as­sieme

OTTAVIO -  (piano)  Mi ami? (le prende una mano).

ANTONIETTA -  (ritirandola)   Attento!

LEOPOLDO - (piano)  Mi pare che attacchino.

MERCEDES - (piano) Ora sganciatevi da me e sondate Ottavio.

LEOPOLDO ‑ Bene. (e si muove ra­pido)

MERCEDES -  (lo ferma e lo ammoni­sce)  Ma con indifferenza.

LEOPOLDO ‑ Sì... con indifferenza. <si assesta il vestito, poi fa due pas­si « con indifferenza »; alla fine scatta, battendosi un palmo sulla fronte e raggiungendo Ottavio) Per dio, scusa Ottavio.

ANTONIETTA ‑ Pardon. (si stacca da Ottavio e va verso la madre).

OTTAVIO -  (piano) Anche le be­stemmie!

LEOPOLDO - (piano) Che ho detto?

OTTAVIO -  (piano)  Hai dettoper dio.

LEOPOLDO -  (Piano) ‑ Eh, losai come sono.  Ti piace eh?

OTTAVIO -  (piano)  E' un incanto.

LEOPOLDO -  (piano)  Grazie... (e fa per andarsene).

OTTAVIO -  (lo trattiene e, piano) Aspetta.

LEOPOLDO - Che vuoi?

OTTAVIO -  (Piano) Lascia il tempo alla madre di chiedere ad Antonietta se io le sono piaciuto.

ANTONIETTA -  (piano)  sì, mammá; sono rimasta turbata.

MERCEDES -  (Piano, baciando Antonietta sulla fronte)  Non ne dubi­tavo. Grazie. (forte, mentre con un gesto allontana Antonietta) Perché, bambina mia, non fai vedere ad Ottavio la galleria dei quadri? Intanto noi, Cav. Leopoldo, potremmo riandare ai nostri vecchi tempi.

ANTONIETTA ‑ Certo. Volete accompagnarmi signore?

OTTAVIO ‑ Con piacere, signorina.

ANTONIETTA -  (avviandosi, con Ottavio) ‑ Vedete? (escono).

MERCEDES ‑ Una coppia perfetta!

LEOPOLDO ‑ Se sapeste il peso che mi sto levando dallo stomaco! L'unico figlio, capite!

MERCEDES ‑ Antonietta è della mia scuola. Lo renderà felice.

LEOPOLDO ‑ E io compenserò Antonietta con pellicce e gioielli… Sono vent’anni che non mi concedo la gioia di spendere per una donna.

MERCEDES -   E' una nobile gioia.

LEOPOLDO -       Ah sì!

MERCEDES -  E Ottavio è allevato alla vostra scuola? E' generoso an­che lui con le donne?

LEOPOLDO ‑ Certo. Con questo vantaggio, che il denaro che spende non fa fatica a guadagnarlo...  Ah, se sapeste che ore drammatiche che mi ha fatto vivere Ottavio in que­sti giorni.

MERCEDES ‑  Cosa mi raccontate?

LEOPOLDO ‑ Vi feci credere che tutto filasse a meraviglia. Ma ora ve lo confesso. Ottavio s’era fissato di non prendere moglie.

MERCEDES – Ottavio?

LEOPOLDO ‑ E io avevo oramai preso impegno con voi. Misi l'aut aut: o sposarsi o diseredato.

MERCEDES ‑ Terribile!

LEOPOLDO ‑  Sono fatto così.

MERCEDES ‑ E allora?

LEOPOLDO ‑ Dapprima minacciò di andarsene ma poi tirò le sue con­clusioni. Rientrato in casa mi disse­: «Vediamolo pure questo tuo ideale di donna ».

MERCEDES - Spero che lo avrete istruito…

LEOPOLDO -  Che casa avrei dovuto dirgli?

MERCEDES ‑ Che fu suo il desiderio di conoscere Antonietta, perché l’aveva notata per la strada.

LEOPOLDO ‑ Questo era l'accordo.

MERCEDES ‑ Una donna è sensibile se si sa guardata, ricercata.

LEOPOLDO ‑ Amica mia, credo che ormai il gioco sia fatto. Non vorrei però che le cose andassero per le lunghe.

MERCEDES - Antonietta è un po' timida.

LEOPOLDO ‑ E Ottavio! Io, invece, sono per la rapidità.

MERCEDES – Come me.

LEOPOLDO -  (dandole una botta) L'avrei giurato. C'è questo di buo­no. Che Ottavio, entrato qui diffi­dente, ha cambiato da così a così. M’ha detto che Antonietta è un in­canto.

MERCEDES -  E a me Antonietta ha detto di essere rimasta turbata.

LEOPOLDO ‑ Mi piace imparentar­mi con le donne che si turbano.

ANTONIETTA -  (di fuori)  Mammà... mammà...

MERCEDES ‑ Che accade?

ANTONIETTA – Una grande notizia

MERCEDES ‑ Parla.

ANTONIETTA ‑ Ottavio non è la prima volta che mi vede.

MERCEDES ‑ No?

LEOPOLDO -  (tra se, fregandosi le mani)  Ci siamo.

ANTONIETTA ‑ M'aveva già notata. Da tre mesi mi segue.

LEOPOLDO -  (tra se) Esagerazioni!

MERCEDES -   Ebbene?

ANTONIETTA -  (ad Ottavio)  Di' tu, di' tu, caro.

MERCEDES ‑ Caro?

ANTONIETTA ‑ Se ti affermo che mi ama? Me l'ha confessato or ora...

MERCEDES ‑ Possibile?

OITAVIO – Sì signora. La prima volta che mi apparve fu sulla porta di una chiesa.

MERCEDES ‑ Tu vai in chiesa, Antonietta?

ANTONIETTA ‑ Sempre, mammà. Al pomeriggio.

OTTAVIO -  (continuando)  ...midi­cevo: ecco la fanciulla del miocuore.

MERCEDES -  (ad Antonietta)   Insomma, vuoi dire che tu…

ANTONIETTA ‑ Sì, madre mia. La dichiarazione di Ottavio mi ha profondamente colpita. E se acconsenti...

MERCEDES ‑ Ma Antonietta! Vi par­late oggi per la prima volta! Hai ben riflettuto?

ANTONIETTA ‑ Hai riflettuto tu quando sposasti papà?

MERCEDES - Ah, no davvero!

ANTONIETTA ‑ E allora?

MERCEDES -  (aprendole le braccia) Antonietta...

ANTONIETTA -  (abbracciandola) Mammà...

LEOPOLDO -  (tra se)  Ma qui si va a precipizio... (a Ottavio, piano) Che le hai detto?

OTTAVIO -  (piano)  Hai sentito.

LEOPOLDO -  (piano)  Ma ti piace davvero?

OTTAVIO - (piano)  Ne sono entu­siasta.

LEOPOLDO ‑ Figlio mio.  (L'abbrac­cia).

OTTAVIO ‑ papà mio. (l'abbraccia. Leopoldo viene meno) Papà... papà ...

LEOPOLDO -  (forte)  Non è nulla ...  Mercedes, io sono trasecolato.

MERCEDES ‑ A chi lo dite, Leopoldo.

ANTONIETTA ‑ Allora è cosa fatta.

MERCEDES – Ma si... (ad Antonietta) Abbraccialo dunque il tuo fi­danzato! (i due si abbracciano).

LEOPOLDO ‑ E abbracciamoci anche noi, Mercedes!

MERCEDES -  (abbracciandolo)  Leopoldo!

OTTAVIO -  (piano ad Antonietta) Così ne siamo fuori una volta per tutte.

ANTONIETTA ‑ Ti amo. (poiché, Mercedes e Leopoldo sono ancora ab­bracciati e Leopoldo continua a bat­tere una mano, sulla schiena di Mer­cedes, Antonietta e Ottavio si bacia­no lungamente. Leopoldo e Mercedes si lasciano e vedono i due abbrac­ciati. Rimangono stupiti. Allora Mer­cedes risolve).

MERCEDES -  (forte, andando verso la Comune) ‑ Flaminia... Flaminia... (i due si sciolgono dall'abbraccio).

LEOPOLDO   - Che giornata!

FLAMINIA - Eccomi

MERCEDES -  Il the presto. La signorina Antonietta si è fidanzata col signor Ottavio.

FLAMINIA - Di già?

MERCEDES -  Come di già? Si ama­no da tre mesi.

ANTONIETTA -  (intervenendo)  Si, va bene. Portate il the.

FLAMINIA -  (uscendo)  Chefamiglia frettolosa! (esce).

LEOPOLDO ‑ Propongo che le nozze si facciano al più pre­sto.

OTTAVIO ‑ Domani.

LEOPOLDO ‑ Eh! Fra due mesi.

ANTONIETTA – Accettato!

 (riap­pare Flaminia con lo champagne).

MERCEDES -     Beh, e il the?

FLAMINIA - Ho pensato signora, che per un brindisi ci vuole lo spumante.

LEOPOLDO ‑ Brava! (prendendo la bottiglia) Ed è di marca pregiata, anche.

OTTAVIO ‑ Ma papà...

LEOPOLDO ‑ Eh, lasciami esser felice. Per queste nozze ti faccio una dote di cinquanta milioni. (Flaminia stap­pa la bottiglia).

NONO' -  (entrando)  Pardon...

MERCEDES ‑ Chi è costui?

LEOPOLDO ‑ Scusate. E' il mio ca­meriere.

OTTAVIO -  (ad Antonietta) Che cosa verrà a combinare, adesso?

ANTONIETTA ‑ Sta zitto.

LEOPOLDO ‑ Che volete?

NONO' ‑ Il signore mi perdoni, ma la notizia è troppo importante

LEOPOLDO ‑ Coraggio

NONO' ‑ Le azioni delle miniere del Sud sono salite di cento punti. (sal­ta il tappo).

LEOPOLDO ‑ Cento!...

NONO' ‑ Esatti, signore!

LEOPOLDO -  (euforico) ‑ Le mie miniere di brillanti, Mercedes! (pren­dendo un bicchiere) Antonietta! Ti regalerò un diadema.

MERCEDES ‑ Ottavio! Io ti faccio il modesto regalo che può permettersi una povera madre. Te la consegno col velo bianco!

LEOPOLDO -  (ridendo) ‑ Al giorno d’oggi? Un miracolo figlio mio!

NONO' ‑  Forse che il signor Ottavio...

OTTAVIO ‑ Si, sposo Antonietta!

NONO' ‑ Che bella sorpresa… (alzano i bicchieri). E allora musica. (accende la radio)

ATTO SECONDO

Per la scena è sufficiente un fondale a pannelli: un tavolino al centro con due sedie.

MERCEDES - Fareste bene a riflettere, invece di agi­tarvi.

LEOPOLDO ‑ Rifletto camminando.

MERCEDES ‑ Ma camminando impedite a me di riflettere.

LEOPOLDO - Siederò. (siede).

MERCEDES - Bene.

MERCEDES ‑  Vi dico che conosco Antonietta.

LEOPOLDO ‑ La conoscete come figlia. E' il passaggio dello stato nu­bile allo stato matrimoniale che porta nell’organismo femminile il bacil­lo dell'anarchia.

MERCEDES ‑ Vi prego di ricordarvi che parlate alla madre di Antonietta.

LEOPOLDO ‑ E perchè volete voi dimenticare che parlare al padre di Ottavio?

MERCEDES ‑ Andiamo suvvia! Voi nel matrimonio foste pure felice.

LEOPOLDO ‑ Si. Il giorno che mia moglie passò a miglior vita.

MERCEDES ‑ Leopoldo! Non do­vevamo sollecitare queste nozze? Avanti. Dite che la colpa è mia.

LEOPOLDO ‑ La situazione è terri­bile.

MERCEDES ‑ Se siamo appena agli inizi! Il barometro segna leggere perturbazioni: venti moderati con qualche precipitazione primaverile. Basta un nulla per mettersi ai ri­pari.

LEOPOLDO ‑ Si, l'ombrello. Quando penso che al ritorno dalla luna di miele erano raggianti!

MERCEDES ‑ Scendevano dalla luna!

LEOPOLDO -  (deciso) Io li affronto.

MERCEDES ‑ Mettere il dito fra moglie e marito?

LEOPOLDO ‑ Devo pur sapere come ebbero inizio i loro dissidi.

MERCEDES ‑ Le solite storie. Forse un’attenzione mancata da parte di Ottavio.

LEOPOLDO ‑ Forse un'incomprensione da parte di Antonietta.

MERCEDES ‑ Si lamentò forse Ottavio con voi?

LEOPOLDO ‑ Nulla: il silenzio. Ma Antonietta?

MERCEDES ‑ Una tomba.

 (appare Flaminia)

LEOPOLDO ‑ Ebbene?

FLAMINIA ‑ Siamo alle solite.

MERCEDES - Venite adesso di là?

FLAMINIA - Direttamente, signora,

MERCEDES - Hanno manifestato il desiderio di vederci?

FLAMINIA ‑ No; anzi la signora Antonietta esclamò ieri: per fortuna che non ho mammà fra i piedi. Oggi la signora è scesa ad­dirittura a mezzogiorno. Provò un nuovo vestito primaverile e disse invece di questo colore cele­stino oggi mi si adatterebbe un colore nero. Da lutto.

MERCEDES ‑ Oh Dio!

LEOPOLDO ‑ E Ottavio?

FLAMINIA ‑ Il signor Ottavio fece la prima colazione servito da Nonò, ma non pronunciò parola.

LEOPOLDO ‑ Volete dire che non hanno dormito nella stessa camera?

FLAMINIA ‑ Nemmeno ieri notte, signore.

LEOPOLDO -  (a Mercedes, preoccupato)  E voi mi richiamavate alla calma! Ecco il focolare domestico già spento. Forse non avremo nemmeno dei nipotini

MERCEDES ‑ Non interrompete; e voi raccontate.

FLAMINIA ‑ Quando la signora l’altro giorno mi comandò di prepararle un'altra camera...

LEOPOLDO ‑ Ah, dunque fu un'idea dalla signora quella di disertare il talamo coniugale!

FLAMINIA - Per quanto mi risulta.

MERCEDES -  Può darsi che Ottavio nell'intimità manifesti istinti da bruto.

LEOPOLDO ‑ Mio figlio un bruto?

MERCEDES ‑ Io mi chiedo perchè dovete sempre accusare Antonietta,

LEOPOLDO ‑ E voi perché accusate sempre Ottavio? (a Flaminia) Quale giustificazione dette Antonietta a questo colpo di testa di dividere le camere?

MERCEDES ‑ Avrà il vizio di russare.

FLAMINIA ‑ No, perchè la signora una volta mi disse: Tu lo vedes­si! Dorme come un bambino.

MERCEDES ‑ Dorme! Ecco svelato il mistero. Forse fin dalla prima not­te egli ha ripudiato mia figlia.

LEOPOLDO ‑ Impossibile che Ottavio non sia maschio. E' mio figlio.

FLAMINIA ‑ Infatti, posso assicurare che questo non risponde a verità.

MERCEDES ‑ Come lo sapete voi?

FLAMINIA ‑ Perché una notte la Signora lanciò dei piccoli gridi acu­tissimi.

MERCEDES ‑ Antonietta ha gridato?

LEOPOLDO -  E la ragione?

FLAMINIA ‑ Dio mio; era evidente che il signor Ottavio stava facendo­le delle manifestazioni amorose.

MERCEDES ‑ Indecente. Non dove­vate ascoltare.

FLAMINIA ‑ Io? A dir la verità ne provai fastidio. Ma fu un baccano d'inferno. Tennero sveglia tutta la servitù.

LEOPOLDO - Una notte soltanto?

FIAMINIA - Sì, signore.

LEOPOLDO - E le notti precedenti? E quelle seguenti? Nessun grido?

FLAMINIA ‑ Mai. Quella notte soltanto sembrò crollasse la casa.

MERCEDES ‑ Ma cosa andate farne­ticando?

LEOPOLDO - (che segue un suo pen­siero) No, no, no. Evidentemente c’è altro. (e  siede al tavolo)  (a Flaminia) Quando servite i pasti notate se sono di cattivo umore, se discutano...

FLAMINIA ‑ Durante i pasti sembra di essere in un convento.

LEOPOLDO ‑ Anche i primi giorni?

FLAMINIA ‑ Oh, no. Scherzavano, ridevano,

LEOPOLDO ‑ Ecco dunque precisato che la tavola non c'entra.

FLAMINIA -          Il guaio è che...

LEOPOLDO - C'è dell'altro?

FLAMINIA - Oggi a mezzogiorno il signor Ottavio ha detto a Nonò: « Preparate un coperto solo ».

MERCEDES ‑ Oh, Dio! Forse che egli ha pranzato al club e mia figlia a casa sola?

FLAMINIA -  Eh sì, signora; e se devo dire la verità, s'è nutrita con una sola arancia.

MERCEDES ‑ E' mostruoso. Quella creatura morirà di fame.

LEOPOLDO ‑ Non direte ora che le faccio mancare i mezzi di sostentamento!

MERCEDES ‑ Ah, vigliacco! (e cade a sedere, semisvenuta).

FLAMINIA -  (accorrendo)  Signora!  (mentre fa aria a Mercedes…)

LEOPOLDO ‑ Dopo appena due mesi: di­visione di letto, divisione di tavola... Possibile che voi non abbiate sco­perto nulla?

FLAMINIA ‑ No, signore.

LEOPOLDO ‑ Frugate nella vostra memoria, andiamo.

FLAMINA - A meno che...

LEOPOLDO - Coraggio.

FLAMINIA ‑ Ecco. Il giorno seguente a quella notte in cui tutta la casa fece veglia...

MERCEDES ‑ Ancora?

LEOPOLDO ‑ Lasciatela dire; che giorno era?

FLAMINIA ‑ Il dodici di gennaio. Lo ricordo esattamente.

LEOPOLDO ‑ Ecco intanto precisato il punto di partenza: il dodici di gennaio. E' importantissimo.

MERCEDES - Continuate.

FLAMINIA - Alle cinque del pome­riggio servii, come al solito, il thè. E Ottavio si scottò e disse: «Per dio, questo the» E la signora ebbe la malaugurata idea di commentare: « Un'altra volta sarai più attento »!

MERCEDES ‑ Saranno volati degli schiaffi.

FLAMINIA - No... Volò la teiera.

LEOPOLDO -    Dove?

FLAMINIA -  Il bersaglio designato era la testa della signora: ma il si­gnor Ottavio mancò il colpo.

MERCEDES ‑ Assassino!

LEOPOLDO ‑ Io vado sul posto e li affronto. (prende il cappello).

MERCEDES -  (piangente)  Ma che di­rete?

LEOPOLDO ‑  Spetta a Ottavio giu­stificarsi. Io le mie donne le batte­vo con un fiore.

MERCEDES ‑ Con un fiore.  Ecco un uomo!

LEOPOLDO ‑ Venite. Sbrigatevi.

MERCEDES ‑ Temo di non resistere all'urto, Leopoldo.

LEOPOLDO ‑ Non raccontatemi storie. Avete seppellito vostro marito. (esce).

MERCEDES ‑ Ah!  (sta per svenire; ma Flaminia la sorregge e l'aiuta a uscire)

(Cinque secondi di buio in sala poi di nuovo luce).

II

Il salotto.

LEOPOLDO -  (che entra con Mercedes ‑ a Nonò seduto al centro con servi­zio di cognac) Comodo, comodo.

NONO' -  (balza in piedi)  Signore!

LEOPOLDO ‑ Ve la spassate eh?

NONO' ‑ Mi meraviglio, signore: vigilo.

MERCEDES ‑ Mia figlia, dov'è?

NONO' ‑ Nel suo appartamento.

LEOPOLDO ‑ Mio figlio?

NONO' ‑ Nel suo. Da quest'altra parte

MERCEDES ‑ Ora vivono in due ap­partamenti divisi? (a Leopoldo) Avevate ragione: di minuto in minuto è il precipizio.

NONO' ‑ No, signora. I due appartamenti sono un consiglio che mi sono permesso di gettare là, e che è stato raccolto.

MERCEDES ‑ Ma di che diavolo v’immischiate, voi?

LEOPOLDO ‑ Nervi a posto, Merce­des. Nonò è un fine psicologo.

MERCEDES ‑ Non dite bestialItà. (a Nonò) Il matrimonio è un sacramen­to. Due sposi devono vivere uniti, e voi li separate.

NONO' ‑ Appunto perché trovino la possibilità di riunirsi.

MERCEDES ‑ Questo è un rebus.

NONO' ‑  Se la signora permette, chia­risco.

LEOPOLDO ‑ Sedete; sedete e ascol­tate. (egli e Mercedes siedono). Ci interessano le cause di questo dissidio. Le avete scoperte?

NONO' ‑ No, signore

LEOPOLDO ‑ E allora, che cosa state a fare qui? A bere il mio cognac?

NONO' ‑ Oh signore! Osservo, ragio­no e deduco.

LEOPOLDO -   E che cosa avete dedotto?

NONO' -  Dati importantissimi...

LEOPOLDO – Sentiamoli.

NONO' -  Due giovani si sono piaciuti, si sono sposati, sono stati felici.

LEOPOLDO ‑ A conti fatti, un mese su due di matrimonio.

NONO' – Esattamente e ad un tratto: crac. Come una frattura. Una saracinesca che cala tra i due.Ecco; sbaglierò, ma per me il dissidio si concretizza in una sola ipotesi: impossibilità di convivenza.

MERCEDES ‑ Avete le traveggole. Il matrimonio impone la convivenza.

NONO' ‑ E se nessuno dei due avesse un temperamento matrimoniale?

LEOPOLDO ‑ Impossibile. Si nasce col temperamento matrimoniale.

NONO' ‑ Sì; ma poi la moglie avvelena il marito, il marito strangola la moglie...

MERCEDES - Quale orrore...

LEOPOLDO - E allora?

NONO' ‑  Sbaglierò, ma il signore e la signora hanno un temperamento da amanti.

MERCEDES ‑ Non fatemi ridere. Due amanti devono desiderare di star sempre insieme.

NONO'‑ Errore. Due amanti non pos­sono vivere sotto lo stesso tetto; il dramma scoppierebbe perchè la co­noscenza, mette fa­talmente in luce i reciproci difetti.

LEOPOLDO ‑ Sacrosanto!

NONO' ‑ Due amanti non devono mai conoscersi. Devono cercarsi negli angoli più remoti. Hanno il gusto dell'avventura, del sotterfugio, del rischio.

LEOPOLDO - Va bene. Ma allora?

NONO' ‑ Allora, signore, in quel fatidico dodici gennaio, deve essere accaduto un fatto percui i due amanti han­no avuto la rivelazione di una spiacevole sorpresa. Qual'è questo fatto?

LEOPOLDO ‑ Bisogna scoprirlo.

NONO' ‑ Ecco. Nell'attesa c'interessa intanto sapere se così divisi essi ri­cominceranno a cercarsi. Lasci fare a me, signore.

LEOPOLDO ‑ Purché non andiamo per le lunghe. .

NONO' ‑ Intanto perchè i signori non fanno un viaggetto?

LEOPOLDO -  (spaventato)  Chi?

NONO' ‑ Loro due. Sono i genitori. Vedovi entrambi...

LEOPOLDO ‑ Siete pazzo?

MERCEDES -  (cui si sono illuminati gli occhi)  Un momento. Potrebbe es­sere un'idea.

LEOPOLDO - Ma Mercedes!

MERCEDES - Nonò è un fine psico­logo. L'avete detto voi stesso. E io sono esaurita. Ma dove andare a ri­temprare le nostre forze? Ho notizie che la Riviera è affollata...

LEOPOLDO ‑ Ecco. E' affollata. Me­glio restare.

MERCEDES ‑ E restiamo. Restiamo. Teodoro però si sarebbe preoccupato della mia salute. Avessi almeno continuato ad abitare questa casa! No. Per farvi piacere l'ho lasciata agli

          Sposi, e mi sono ridotta a vivere nella stamberga che mi  avete offerta.

LEOPOLDO ‑ Una stamberga? Dieci camere con tre bagni? (squilla il campanello).

NONO' ‑ Zitti. (sottovoce) Questo è il campanello della signora Antonietta. (appare Flaminia, di corsa).

FLAMINIA -   La signora ha chiamato...

NONO' ‑ Presto. (a Leopoldo e a Mercedes) Da quella parte (e indica la sinistra dove i due si nascondono dietro una tenda. Poi a Flaminia) Filate. (Flaminia va via).

FLAMINIA ‑ La signora esce senza prendere nemmeno il the?

ANTONIETTA ‑ Lo ha preso il si­gnore? (si infila i guanti).

FLAMINIA ‑ No. E' chiuso nel suo appartamento e...

ANTONIETTA ‑ Basta così. Che ore sono?

FLAMINIA ‑ Quasi le sei.

ANTONIETTA -  (sospirando) Quasi le sei. (poi, con altro tono) Alle sette sarò di ritorno.

FLAMINIA ‑ Bene. E se il signore chiede della signora?

ANTONIETTA ‑ Sono uscita. Che c'è di straordinario?

FLAMINIA - Oh nulla.

ANTONIETTA ‑ Ah; telefona a mammà. Dille che mi scusi se ho poco tempo da dedicarle; che devo sorvegliare la casa... e che sono felice.

FLAMINIA ‑ Anche il signor Ottavio è felice?

ANTONIETTA ‑ Flaminia, sei troppo intelligente per affliggermi con questo genere di domande.

FLAMINIA ‑ Bene, signora. (Antonietta esce; Flaminia, a un cenno di Nonò che è sbucato fuori, la segue).

MERCEDES -  (avanzando con Leopoldo e Nonò)  Dove andrà adesso? Ha chiesto che ore sono.

NONO' ‑ E quando Flaminia ha ri­sposto: «quasi le sei », la signora ha sospirato.

MERCEDES ‑ Che significa ciò?

NONO' ‑ Lo sapremo. Sulla signora è Flaminia che vigila.

MERCEDES ‑ La fate pedinare?

OTTAVIO -  (di dentro) Nonò...

NONO' -  (piano ‑ sollecito) Presto.  (forte) Vengo, signore. (Mercedes e Leopoldo si avviano a sinistra; Nonò li arresta) Non di là; di qua. (e indica la destra dove i due si rifu­giano, correndo, dietro una tenda).

OTTAVIO -  (di dentro)  Nonò.

NONO' ‑ Eccomi, signore

OTTAVIO -  (appare pronto per uscire) Sempre di là?

NONO' ‑ No. E' uscita pochi minuti fa.

OTTAVIO ‑ Uscita?

NONO' – Ho creduto opportuno farle seguire da Flaminia.

OTTAVIO ‑ Ah! Che ore sono?

NONO' ‑ Quasi le sei, signore.

OTTAVIO -  (sospira) Quasile sei...

NONO' -  (Piano)  Ed oggi è sabato…

OTTAVIO ‑ …come quel sabato in via della Pace…

NONO' ‑ Nella vita avviene  sempre ciò che non ci si aspetta. Ma bisogna aver  fiducia.

OTTAVIO ‑ Lo prendo come un augurio. Ciao. (esce).

LEOPOLDO – Le sei… sabato… Via della Pace… Insomma, svelateci questi misteri.

NONO' -  (versandosi da bere ‑ come as­sorto)  Non posso. Devo riflettere.

MERCEDES -  (indignata)  Incredibile. Deve riflettere bevendo. (Nonò subito abbandona la bottiglia) Sifa pedinare mia figlia, si lascia libero Ottavio... (andandosene)  Impazzirò, impazzirò.

LEOPOLDO ‑ Aspettatemi Mercedes... (ma si ferma) Ah, vipiace questa marca di cognac?

NONO' ‑ E' la mia preferita, signore.

LEOPOLDO ‑ Vi basteranno le bot­tiglie che sono in cantina per siste­mare la faccenda?

NONO' ‑ Basteranno. Basteranno.

LEOPOLDO - Allora sono in una botte di ferro. (si avvia).

NONO' ‑ Piuttosto, signore. A quel viaggetto, pensateci.

LEOPOLDO ‑ Ah, no! (esce).

(Cinque secondi di buio in sala. Un carillon comincia a suonare le ore 10. Di nuovo luce).

III

Stesso salone ‑ I lumi sono accesi.

NONO' -  (seduto a bere agitato, entra Fla­minia)  Finalmente. Sono le dieci!

FLAMINIA -  (siede ansimante)  Non ho più fiato.

NONO' ‑ Deve l'avete lasciata?

FLAMINIA ‑ Sbalordite: li ho lascia­ti assieme alla Taverna di Onofrio. E sapete dove si sono incontrati? In via della Pace.

NONO' ‑ Lo sospettavo.

FLAMINIA ‑ Oh, essi si amano. Se quel giorno fossero fuggiti oggi tu­berebbero come due colombi.

NONO' ‑ E avrebbero sollevato uno scan­dalo. (si odono di fuori delle risate).

FLAMINIA ‑ Zitto. Eccoli.

NONO' - Ridono?!

ANTONIETTA -  (ubriaca) E domani facciamo il bis.

OTTAVIO -  Si.

ANTONIETTA ‑ Ma io ho un caldo da morire. (entrando) Non trovate anche voi, Nonò, che stasera fa caldo?

FLAMINIA - Gran Dio. Sono ubriachi!

OTTAVIO ‑ Naturalmente. Ma ora ti corichi. E vedrai che passa. Su a letto...

ANTONIETTA ‑ Il letto! Oh, Ottavio; eravamo tanto felici, allora!

OTTAVIO ‑ Certo, certo.

ANTONIETTA – Il nostro incontro quel sabato, te lo ricordi? Tu mi aspettavi ansioso, io entrai trepidante...

OTTAVIO ‑ Antonietta!

ANTONIETTA ‑ Lasciami dire. Deb­bo ricordare. Sarebbe bastata un'ora la settimana alla nostra felicità.

OTTAVIO ‑ Invece no.

ANTONIETTA ‑ Hanno voluto che fossimo felici tutta la vita...

OTTAVIO ‑ E ci hanno sposati.

ANTONIETTA ‑ Ucciderei mia ma­dre.

OTTAVIO ‑ E io mio padre. ‑ Ma ora vai a letto.

ANTONIETTA ‑ Sì, sì. Tu non  vieni?

OTTAVIO ‑ Come no? Ti seguo. (a Flaminia) Accompagnate la signora.

ANTONIETTA ‑ Andiamo. (cammi­na, poi improvvisa) Ottavio!

OTTAVIO ‑ Che c’è  ancora?

ANTONIETTA ‑ Ho l'impressione che mi manchi qualcosa. Mi viene da piangere. (via, accompagnata da Flaminia).

OTTAVIO - (la guarda uscire. Poi con dispetto getta soprabito e cappello. Siede) Cognac.

NONO' ‑ Vi farà male, signore.

OTTAVIO ‑ Cognac. (Nonò lo guarda, poi lo serve Ottavio si siede) Antonietta mi ha tradito.

NONO' ‑ Tradito?

OTTAVIO ‑ Ti pare impossibile, eh? Ah, quella notte del dodici gennaio.

NONO' -  (tra se)  Ci siamo. (forte) Ancora un po'?

OTTAVIO ‑ Versa.

NONO' ‑ Che io sappia la notte del dodici gennaio fu una notte co­me tutte le altre.

OTTAVIO ‑ Non per me. Da quella notte, tra me e lei, c'è un altro uomo che credevo di averle fatto dimenticare, che il matrimonio doveva farle di­menticare, e che lei invece rimpian­ge: quell'uomo sono io.

OTTAVIO ‑ La so. E' difficile. E' mostruoso. (una breve pausa) Nonò: ella ha – come dire? – un punto sensibile qui. Dietro l’orecchio. (e indica dietro l'orec­chio)

NONO' ‑ E'… allegro.

OTTAVIO ‑ Ebbene: sentirsi toccata in quel punto, e perdere la testa è per lei tutt'uno. Allora...

NONO' ‑ Strilla!

OTTAVIO -  (fa un gesto affermativo).

NONO' ‑ In via della Pace strillava sempre!?

NONO' – Allora non capisco….

OTTAVIO ‑ L'assurdo è questo: che in via della Pace ci trovammo una volta soltanto.

NONO' ‑ Una volta?

OTTAVIO ‑ E' così.

NONO' ‑ Oh bella! Il secondo incontro era dunque fissato per quel sabato che inviaste me con la let­tera?

OTTAVIO ‑ E' cosi. Una volta sposati io vo­levo dimenticare quelle due ore di avventura. Quando, improvvisamen­te, la notte del dodici gennaio mi sussurrò...

NONO' ‑ Tocca, tocca... dietro l’orecchio.

OTTAVIO ‑ Fui preso dalla vertigine. Toccai. Ma riacquistata la mia lucidità, l'allontanai con violenza. Non ero più l’amante ero il marito. Non potevo… E lei si sentì avvilita, forse offesa, certo adirata. Ebbi l’impressione, non so, che lei si trovasse con un altro uomo, e io con un'altra donna.

ANTONIETTA - Ora magari mi disprezzi, eh! Ma cosa vuoi: io credevo che l'amore dovesse essere totale. Invece no, ci sono due amori: quello che si fa con la moglie e quello che si fa con l'amante.

OTTAVIO ‑ Ora sei tu che vuoi umiliarmi.

ANTONIETTA -  Sai, quale è la verità? Che non mi ami più. Oh, come avevo ragione quel giorno! Sappilo ora. Anche mia madre mi aveva propo­sto un marito, come tuo padre ti aveva proposto una moglie. Ma men­tre tu rompesti con tuo padre, io ero venuta quel giorno in via della Pace per dirti addio.

OTTAVIO ‑ Non può essere.

ANTONIETTA ‑ Oh, soltanto la pietà mi consigliò di accettare la tua proposta di fuga...

OTTAVIO ‑ Non è vero. Menti. Menti! Menti!

ANTONIETTA ‑ Va va! Ti sei messo davvero nella buona situazione per portare le corna.

OTTAVIO ‑ Oh! (sta per scagliarsi su di lei; ma poi fugge gridando) Basta, basta...

ANTONIETTA -  (cambiando tono, smar­rita per quello che ha detto vorrebbe ora trattenerlo, e quasi lo in­voca)  No, no... Ottavio. Ascoltami... ascoltami. (ma Ottavio, è uscito sbattendo la porta mentre ella con­tinua a chiamare con tono sempre più alto e disperato) Ottavio... Ottavio... Ottavio...

OTTAVIO - Ecco. Questo avvenne la notte del dodici gennaio.

NONO' – Certo che il problema è com­plesso.

OTTAVIO ‑ Vedi? Vedi?

NONO' – Dal momento che il matrimonio s'è fatto, ebbene signore, la­sciatemelo dire: anche da marito dovevate continuare a toccare quel punto sensibile. Il marito deve es­sere sempre l'amante della moglie.

OTTAVIO ‑ Tutto ciò è scandaloso. Io ho il rispetto della sacra istitu­zione.

NONO' ‑ In nome della sacra istitu­zione non vorrete essere becco!

OTTAVIO ‑ Anche voi!

NONO' ‑ Suvvia, signore; anche ai casi più disperati c'è rimedio... Dal momento, che malgrado tutto la amate...

OTTAVIO ‑ Ebbene si: l'amo, l'amo!

NONO' ‑ Ne sono certo... Perché oggi, per esempio, siete tor­nato in via della Pace? E perchè vi è tornata lei?

OTTAVIO ‑ Non vi avevamo messo più piede dal giorno in cui si doveva scappare. Oggi vi sono tornato in preda allo smarrimento. (Lentamen­te si spegne la luce, e la luce si ac­cende a destra. Ottavio per un po', al buio, continua a parlare, poi, voltando le spalle al pubblico, entra) ... Tutto era in­tatto. Ma come mi parve lontano! Un altro mondo. Quand'ecco un rumore mi fa sobbalzare. (si ode il rumore di, qualche cosa che cade. Ottavio tra­sale, non sa che fare. La porta si apre e appare Antonietta).

ANTONIETTA ‑ Tu qui?

OTTAVIO ‑ Perdonate, signora ma la meraviglia dovrebbe essere tutta mia.

ANTONIETTA ‑ Quali siano, Ottavio, le ragioni che ci hanno guidati qui tutti e due, non ha importanza. Im­portante è che ci ritroviamo.

OTTAVIO ‑ Ti garantisco che mi ha guidato qui soltanto la decisione di liberarmi di questo luogo. Lo met­terò in vendita.

ANTONIETTA ‑ Vuoi disfartene?

OTTAVIO -  Assolutamente.

ANTONIETTA ‑ Allora è la fine.

OTTAVIO ‑ Che cosa  ti aspettavi?

ANTONIETTA ‑ Speravo che almeno questo ricordo, rimanendo in vita, potesse tenere la porta aperta a una sia pur tardiva comprensione.

OTTAVIO -  (esaltato) Comprensione, comprensione...

ANTONIETTA ‑ Ah, senti. Non hai il diritto di continuare ad offendermi. Non hai capito. Non capisci nulla. Quella notte io piangevo di gioia. Credevo di aver ritrovato il mio amante; invece ho scoperto di avere soltanto un ma­rito.

OTTAVIO -  (sgomento)  Cosa?

ANTONIETTA ‑ Un marito...

OTTAVIO -  (prendendola per i polsi e costringendola a sedere)  Taci!

ANTONIETTA -  (scoppiando a ridere, convulsa) ‑ Un marito... (e la risata si spegne).

OTTAVIO -  (urla) Antonietta!. (ma ella non risponde. Ottavio si rende conto che forse è svenuta e allora, preoccupato, invoca dapprima piano e poi forte) Antonietta, Antonietta... Antonietta... Antonietta..

NONO' ‑ Non sapevate dir altro che Antonietta?

OTTAVIO ‑ Ella era svenuta. Allora ricorsi ai liquori. Poco a poco rin­venne. Ma come io la invitavo a parlare, mi chiedeva invece da bere. Sconvolto, andammo alla Taverna di Onofrio. Bevve ancora. Ma quella terribile parola ‑marito‑ mi aveva col­pito in piena faccia come un schiaffo. Io un marito, capisci, io!

FLAMINIA -  (apparendo)  La signora ha fatto il bagno ma non riesce a calmarsi.

OTTAVIO ‑ Non dorme?

FLAMINIA ‑ Direi che i fumi le sono passati; ma piange e continua a ripetere: « Non ho sposato che un marito »!

OTTAVIO -  (a Nonò, scattando, fuori di se)  Senti? Senti?

NONO' ‑ Ebbene: se la parola mari­to vi manda su tutte le furie, perchè non considerate che anche Napoleone, anche Nerone, furono dei mariti?

OTTAVIO -  Tutti cornuti.

NONO' ‑ E' il destino dei grandi uomini, signore.

FLAMINIA ‑ Oh... (e scoppia a ri­dere).

OTTAVIO -  (scatta contro Flaminia) Andate via, voi!

 (Cinque secondi di buio in sala. Poi ancora luce).

IV

Stesso salone

LEOPOLDO -  (entra con  un pacchetto in mano)  Figlioli?Figlioli?

NONO' – (entrando da fuori) Buon giorno, signore. Come mai così mattiniero?

LEOPOLDO ‑ Dimenticate che oggi è il compleanno di Antonietta?

NONO' ‑ No, signore.

LEOPOLDO ‑ Spero se ne sarà ricordato Ottavio...

NONO' ‑ La signora non è con lei?

LEOPOLDO ‑ Era con me, ma l'ho piantata in un negozio.

NONO' ‑ Ora strillerà.

LEOPOLDO ‑ E che strilli. Qui tutto continua a filar benino vero?

NONO' ‑ Sì, signore. La signora si alza a mezzogiorno; all'una il signor Ottavio ritorna dalla fabbri­ca; fanno colazione leggendo; poi il signor Ottavio esce di nuovo per il lavoro, la signora visita qualche ne­gozio. E alla sera dopo cena al­legria.

LEOPOLDO ‑ Bevono

NONO' ‑ Cognac e wisky, alternati. Io speravo che prendessero la spun­to dall'alcool per riavvicinarsi. Sfortunatamente la signora ha la sbornia allegra e il si­gnore la sbornia funebre. Così ognuno ride o piange per conto proprio, poi se ne vanno a letto...

LEOPOLDO ‑ Lui di qua e lei di là.

NONO' ‑ Annuisce

LEOPOLDO ‑ E quest’ostinata divisione di talamo non mi persuade. Eh perbacco, almeno una volta la settimana.

NONO' – Suggerirei il sabato…

LEOPOLDO – Il sabato è la giornata biblica per l’amore coniugale. Darei non so che cosa per un sab... (cor­regge la papera) ‑‑‑per sapere cosa avvenne quel maledetto dodici di gennaio.

MERCEDES -  (di fuori)  Leopoldo...

LEOPOLDO -  (desolato)  Eccola qua.

MERCEDES - (apparendo carica di involti che Nonò l'aiuta a deporre) Potevate aspettarmi no? Oppure lasciarmi la macchina. Ho dovuto prendere un taxi.

LEOPOLDO ‑ Non la finivate di far acquisti! Qui ci sono regali per una doz­zina di compleanni.

MERCEDES ‑ Vorreste negare a vostra nuora cinque minuti di gioia?

LEOPOLDO ‑ Cinque minuti? Per rendere gioiosa la vita di vostra figlia non basterà la Banca d’America. Ci sono ancora pacchi in tassi?

MERCEDES ‑ Non sono matta. Si ac­contenterà di questi. (a Nonò) Ma il tassì è da pagare.

LEOPOLDO -  (dando del denaro a Nonò)  Questo lo so.

MERCEDES - (a Nonò) E andate dunque, che il tassametro sale... (Nonò esce).

MERCEDES - Quando vi libererete di quell’imbecille che non ha il sen­so dell'economia?

LEOPOLDO ‑ Quando voi metterete giudizio.

MERCEDES ‑ Leopoldo: parliamoci chiaro. Cosa debbo fare per non sen­tirmi sempre insultata?

LEOPOLDO ‑ Non dimenticare, per esempio, che non siamo ancora ma­rito e moglie.

MERCEDES -  (tutta illuminata)  Perché voi avete pensato di sposarmi?

LEOPOLDO ‑ Ma no.

MERCEDES ‑ Non negatelo. La pro­posta vi è uscita come un grido di liberazione.

LEOPOLDO ‑ Non era una proposta. E’ stato un grido di dolore!

MERCEDES - Che tu sia benedetto!

LEOPOLDO - Che voi siate dannata.

ANTONIETTA -  (apparendo)  Quan­do la finirete di bisticciare?

MERCEDES -  (abbracciandola)  Antonietta.

ANTONIETTA - Buon giorno, papà.

LEOPOLDO - Si va bene.

MERCEDES ‑ Non le date nemmeno un bacio?

LEOPOLDO ‑ Le ho portato un gioiello che costa un milione. Certo lo preferisce. (le getta il pacchetto).

ANTONIETTA - Per il mio complean­no?

MERCEDES ‑ E non me l'avete detto! Avete voluto farmi un dispetto. Avete voluto ridicolizzare i miei poveri regali...

LEOPOLDO ‑ Comperati col mio de­naro.

ANTONIETTA ‑ Vorrei parlarvi. Paparuccio, anche l’altro giorno se ne parlava con Ottavio.

LEOPOLDO ‑ Con Ottavio ti sbronzi.

ANTONIETTA ‑ Proprio ieri dicevamo. « Essi hanno una buona età »...

MERCEDES ‑ Essi, chi?

ANTONIETTA ‑ Voi due. Non inter­rompermi. (a Leopoldo) E se essi, per la nostra felicità hanno potuto pensare al nostro matrimonio, non vedo perché noi per la loro fel­icità...

LEOPOLDO ‑ Tu eOttavio siete due canaglie.

ANTONIETTA ‑ Papà!

MERCEDES ‑ Io non capisco nulla. (e sorride con pudica ingenuità).

LEOPOLDO ‑ Meglio!

MERCEDES ‑ Lo senti? Lo senti?

ANTONIETTA -  (a Mercedes)  Ma ha ragione, scusa non fai che aggre­dirlo.

MERCEDES ‑ Io?

ANTONIETTA ‑ Eh, cara mia. Ti è sempre stata troppo facile la vita. Ora ti sei attaccata a questo povero uomo... Ma lo asfissi..

LEOPOLDO ‑ Ah, finalmente! Lo ri­conosce anche vostra figlia che siete implacabile. Ma riuscirò a liberarmi di voi. Fuggirò.

ANTONIETTA – T’inseguirà.

LEOPOLDO - (smontato) ‑ E' vero.

OTTAVIO ‑ Non festeggiate voi Antonietta? Antonietta ed io intendia­mo festeggiare te e mammà.

NONO’ – Eccomi Signore (entra, chiama Flaminia che arriva con le paste)

LEOPOLDO ‑ Non voglio essere fe­steggiato con vostra madre. E poi perchè dovrei essere festeggiato?

ANTONIETTA -  (piano)  Suvvia,papà! Se fossi te mi convincerei che soltanto l’amore la domina, e che soltanto l'amore può domarla.

LEOPOLDO ‑ Me ne infischio.

ANTONIETTA ‑ Ma no... (andando ad abbracciare Mercedes) Guardala: ella ti ama.

OTTAVIO -  (piano a Leopoldo) Non ti sei accorto che è pazza di te?

ANTONIETTA -  (che si è staccata da Mercedes ‑ piano a Leopoldo) Soltanto sposandola la terrai in pugno...

NONO' -  (misterioso)  Etenendola in pugno potrete fare di lei ciò che vorrete.

LEOPOLDO – Non capisco.

NONO’ -  (piano)  Suvvia, signore. Non volete liberarvene al più pre­sto?

LEOPOLDO ‑ Subito.

NONO' - (piano) Ebbene: prima la sposate, (fa il gesto di tagliarsi la gola) e poi l'ammazzate.

LEOPOLDO -  (illuminandosi negli oc­chi ‑ deciso)  Mercedes, vi sposo.

MERCEDES - (gli offre una pasta) Leopoldo! BIRU BIRU

ANTONIETTA e OTTAVIO (allo stesso tempo, rivolti verso il pubblico) Saremo vendicati.

NONO’ – (guarda il pubblico e allarga le braccia)

Velario

ATTO TERZO

Stesso salone

OTTAVIO -  (entrando da sinistra)  Nonò... Nonò...

LEOPOLDO - (appare dalla comune infuriato) Imbecille, chiami Nonò invece di occuparti di tuo padre.

OTTAVIO - (irato)  Oh, proprio tu!

LEOPOLDO ‑ Quella vecchia canaglia di tua suocera pretende già la separazione o cinquanta milioni.

OTTAVIO ‑ Non l'hai sposata per poterla ammazzare? Ammazzala.

LEOPOLDO ‑ Non si può! E' più forte della morte. E' di là che si torce per il male al fegato ma non muore.

OTTAVIO ‑ E allora dalle i cinquan­ta milioni.

LEOPOLDO – Figlio mio!

OTTAVIO – Il figlio tuo ne ha piene le scatole, papà mio.

LEOPOLDO ‑ Dopo quello che ho fatto per te? Dovresti essermi rico­noscente!

OTTAVIO ‑ Invece sarò becco.

LEOPOLDO ‑ Antonietta ti tradisce? Può essere una soluzione.

OTTAVIO ‑ Cosa?

LEOPOLDO ‑ E' un mio vago pensiero. Sei ancora immaturo per poter comprendere l’importanza di certe concessioni perché il focolare domestico stia in piedi. Insomma ti tradisce?

OTTAVIO ‑ Non ancora. Ma mi tra­dirà.

LEOPOLDO ‑ Te lo ha annunciato?

OTTAVIO ‑ Non so... non so più... Ieri sera parlava di voi. Siete voi gli unici pretesti dei nostri fugaci colloqui. Ella ha interpretato male una mia parola. Certo si vendicherà.

LEOPOLDO ‑  Eravate ubriachi?

OTTAVIO - Avevamo bevuto un poco.

LEOPOLDO ‑ Oh, una moglie non ha mai la delicatezza di preannunciare al marito che gli metterà le corna. Gliele mette e poi nega.

OTTAVIO ‑ Tu non conosci Antonietta.

LEOPOLDO ‑ Ma che è accaduto, ancora? Un modus vivendi per tirare innanzi lo avevate trovato.

OTTAVIO ‑ Si, ma col vostro dan­nato matrimonio vi siete innestati nella nostra vita. Discutevamo sui vostri infernali caratteri.

LEOPOLDO ‑ Non rimproverarmi ti supplico.

OTTAVIO ‑ Ad un certo momento io ho preso le difese di mia suocera.

LEOPOLDO - Osi rinnegare tuo pa­dre?

OTTAVIO - Non tormentarti. C'è Antonietta che ti difende.

LEOPOLDO ‑ Generosa fanciulla!

OTTAVIO ‑ Allora litigammo. Ogni pretesto è ormai buono per insultarci. E io proposi ad Antonietta la separazione.

LEOPOLDO -  (spaventato) Cosa?

OTTAVIO - Il matrimonio è irrimediabilmente fallito? Si rompe.

LEOPOLDO ‑ E Antonietta ha accettato?

OTTAVIO ‑ No. Ha rifiutato.

LEOPOLDO ‑ Respiro. Sarebbero stati altri milioni.

OTTAVIO ‑ Già tu non pensi che al denaro.

LEOPOLDO - E tu sei una canaglia. Come Mercedes. Ecco le beffe della vita. Tu dovevi essere il figlio di Mercedes e io il padre di Antonietta!

OTTAVIO ‑ Oh!

LEOPOLDO ‑ Ma la difenderò io Antonietta. Proporle una rottura... umiliarla... offenderla! (appare Antonietta) Antonietta, mia cara.

ANTONIETTA -  (pronta per uscire) Ti prego, papà.

LEOPOLDO ‑ Hai sposato un pazzo, ma non temere. Ci sono io.

ANTONIETTA -  Oh, papà!

OTTAVIO - Tu non uscirai.

LEOPOLDO ‑ Taci.

OTTAVIO ‑ Se non vuole la separazione, il marito rimango io.

LEOPOLDO ‑ Ma io rimango quello che paga.

OTTAVIO ‑ Oh!

ANTONIETTA ‑ Non insultarlo pa­pà. Sarà sufficiente la lezione che io gli darò.

LEOPOLDO - Non vorrai commet­tere sciocchezze, piccina mia?

ANTONIETTA - Voglio rivendicare semplicemente la mia indipendenza.

LEOPOLDO - Allora la separazione, il divorzio.

ANTONIETTA - Fossi pazza. Mi si insegnò che il matrimonio è un sa­cramento che apre le porte alle gioie del martirio. Egli non è che un ma­rito? Gli darò il martirio.

LEOPOLDO - Non capisco.

ANTONIETTA ‑ Voglio crearmi un’indipendenza economica. Voglio... (entra Mercedes).

MERCEDES -  (furiosa)   Benissimo io posso morire e qui si discute.

LEOPOLDO ‑ Per me potete crepare anche subito.

MERCEDES - (con un grido) Eccolo qua. Ora lo denuncio. Vuol far­mi morire di paura. Da dieci notti, mentre dormo, per spaventarmi egli entra nella mia camera avvolto in un lenzuolo e grida: « Marchesa, ricordati del fegato; sarà la tua tom­ba.  ». Lo porterò in tribunale per crudeltà mentale.

LEOPOLDO ‑ Si. Non ci mancherebbe altro.

MERCEDES ‑ Anche Nonò sa che mi hai sposato per farmi morire. Dov'è Nonò? Nonò?

NONO' -  (apparendo) Eccomi signora.

MERCEDES ‑ Voi potete deporre al giudice che Il Cav. Leopoldo, sposandomi, cercava l’impunità per sopprimermi?

LEOPOLDO ‑ Finiscila, per Dio!

MERCEDES ‑ Rispondete. O non avete capito la domanda?

NONO' – Ho capito benissimo signo­ra. Ma io non ho mai udito una simile mostruosità.

MERCEDES ‑ Negate che Il Cav. Leopoldo in vostra presenza...

NONO' ‑ Assicuro la signora che io non ero presente.

MERCEDES ‑ Ma eravate dietro la porta.

NONO’ -  Ero dietro la porta e tutta­via non ho udito.

LEOPOLDO ‑ Vedi?

MERCEDES ‑ Anche voi contro di me? Siete licenziato.

LEOPOLDO ‑ Nonò è al mio servizio e per la sua onestà avrà un mi­lione.

NONO' ‑ Grazie, signore.

MERCEDES ‑ Allora questo è un complotto. Antonietta, figlia mia, qui si fa di tutto per torturare la tua vecchia madre.

ANTONIETTA ‑ Lascia andare, mammà...

LEOPOLDO ‑ Brava.

OTTAVIO - Ti proibisco di insultare tua madre.

ANTONIETTA ‑ Lo senti? Solo per accanirsi contro di me si mette dalla sua parte.

OTTAVIO ‑ Tua madre è una santa.

MERCEDES ‑ Oh, voce amica!

ANTONIETTA ‑ E io ti proibisco di difenderla.

LEOPOLDO ‑ Finalmente!

ANTONIETTA ‑ Se è stata proprio lei la ragione dì questi guai.

LEOPOLDO -  (baciandole la testa) Tò... tò...

ANTONIETTA -  (continuando, alla madre) ‑ Non hai visto che denaro, denaro, sempre denaro!... Non hai pensato che al tuo egoismo; e hai di­strutto due vite.

LEOPOLDO -  Tre vite! Anche la mia Antonietta.

ANTONIETTA ‑ Oh, papà. Andiamo­cene. Tu solo mi hai compresa. Mi aiuterai a conquistare la mia indipendenza eco­nomica.

LEOPOLDO ‑ Costerà molto?

ANTONIETTA ‑ Soltanto il tuo affetto.

LEOPOLDO ‑ Sono con te.

OTTAVIO ‑ Ebbene, andatevene!

LEOPOLDO ‑ Se ce ne andiamo!... Ma ritorneremo.

OTTAVIO ‑ Qui?

LEOPOLDO ‑ Questa è la casa di Antonietta.

OTTAVIO ‑ E io?

LEOPOLDO ‑ Arrangiati con lei... (e indica Mercedes).

OTTAVIO ‑ Antonietta è mia moglie e io sono sempre tuo figlio.

MERCEDES ‑ E io tua suocera.

LEOPOLDO ‑ Vi assicuro che assieme state benissimo. Vieni piccina. (si trascina via Antonietta).

OTTAVIO -  (smania)  Eccoci ora a un'altra svolta. Come uscirne?

MERCEDES ‑ Non irritarti, Ottavio. Nonò: siete con noi?

NONO' ‑ Io sono sempre con la verità.

OTTAVIO ‑ E qual’è la verità?

NONO' ‑ La verità è che se uniscono le loro forze potranno ottenere le rispettive separazioni. Ma prima penso che un ultimo tentativo bisogna farlo perchè non vada distrutto il focolare domestico.

MERCEDES ‑ Ha ragione. C'è il focolare domestico.

NONO' - La suocera invoca aiuto? Ecco il genero pronto a darglielo. Il figlio è maltrattato dal padre? Ecco la suocera accorrere in sua difesa. Mi sbaglie­rò, signore, ma il nostro caso offre tutte le premesse perchè il focolare non si spenga.

MERCEDES ‑ Io mi erigo a custode del focolare. Mi installo qui.

OTTAVIO ‑ Con me?

MERCEDES ‑ Ci proteggeremo a vicenda.

NONO' ‑ La casa è grande. E gli appartamenti sono due. Una coppia di qua. Una coppia di là. Lascino fare a me. (chiama) Flaminia...

MERCEDES ‑ Bisognerà essere forti Ottavio. (entra Flaminia).

NONO' ‑ Voi avete udito tutto, na­turalmente.

FLAMINIA ‑ Si.

NONO' ‑ Andate dunque a casa della signora marchesa e portate qui quanto le occorre per un lungo sog­giorno.

MERCEDES -  Per un soggiorno lunghissimo.

FLAMINIA - Bene.

NONO’ ‑ Un momento. Vi metterete poi al servizio dei signori; mentre io baderò all'altra coppia.

MERCEDES – Allora ci abbandonate? (Flaminia via).

NONO' ‑ Il mio sarà un servizio di sorveglianza.

MERCEDES ‑ Li spierete?

MERCEDES ‑ Ottavio, la pace! Pre­pariamoci alla guerra. (escono).

Cinque secondi id buio in sala poi di nuovo la luce.

II

Stesso salone

NONO' -  (entra da destra con un vassoio).

FLAMINIA - (entra dal centro con un vassoio).

NONO' ‑ Wisky?

FLAMINIA - Per il Signor Ottavio.

NONO' ‑ Ma la vecchia non glielo aveva proibito?

FLAMINIA ‑ Cerca di accontentarlo in tutto perché stasera non esca.

NONO' ‑ I miei, di qua, per ingan­nare la noia stanno giocando a scacchi,

FLAMINIA ‑ Com'è possibile se la signora Antonietta non conosce il gioco?

NONO' ‑ Il Cav. Leopoldo si è proposto di insegnarglielo ma Antonietta sbadiglia.

FIAMINIA ‑ C'è da divertirsi.

LEOPOLDO -  (da destra)  Nonò!

NONO' -  (a Flaminia)  Filate. (Flaminia esce).

LEOPOLDO -  (appare da destra) Ma dove andate a cacciarvi?

NONO' – Il signore mi ha detto che se avesse avuto bisogno di me mi avrebbe chiamato.

LEOPOLDO ‑ E' un pezzo che chiamo. Con questa maledetta emicra­nia.

NONO' ‑ Non passa?

LEOPOLDO ‑ Aumenta. E ho avuto il torto di lamentarmi. Ora Antonietta vuole uscire e passare lei da una farmacia.

NONO' ‑ Posso andarci io.

LEOPOLDO - Gliel'ho detto.. Ha in­sistito affermando che così prenderà una boccata d'aria; e sta vestendosi. Che cosa pensate?

NONO' ‑ Che una boccata d'aria fa sempre bene. La signora è così sacrificata tutto il giorno...

LEOPOLDO ‑ Credete che la mia compagnia la sacrifichi?

NONO' ‑ Non dico questo… Ora la signora fa da segretaria al signore. Lavora. E da quando vivono in quell’appartamento la vita scorre senza urti. Oh, un'intesa perfetta la loro. Ma…

LEOPOLDO ‑ Ecco, c'è un ma.  Sentiamolo.

NONO' ‑ La signora ha poco più di vent'anni.

LEOPOLDO ‑ Mentre io ne ho cinquantacinque, vero?

NONO' ‑ Non sono molti, e il signore li porta bene...

LEOPOLDO ‑ Nonò, questa conside­razione l'ho fatta anch'io, e me ne preoccupo.

NONO' ‑ Anche la signora Mercedes è preoccupata, ma per altre ragioni.

LEOPOLDO -  (curioso, felice) Hanno litigato?

NONO' ‑ Si sopportano a vicenda. Si sorridono, ma dentro si rodono perchè vedono che di qua tutto fila.

LEOPOLDO ‑ Essi scontano i loro peccati.

NONO' ‑ Perciò consiglio al signore: lasci un po’ libera la signora di fare ciò che le piace. Stasera vuol prendere una boccata d'aria? La prenda. Qualche volta vorrà fare da sola le commissioni per i negozi? La lasci fare. Ritornerà a casa con mille cose graziose da raccontarle e la vita per entrambi sarà più varia, interessante e piacevole. Non riduciamo la famiglia a una prigione!

LEOPOLDO ‑ Capisco. Standole ap­piccicato per lei io rappresento un poco la parte di un vecchio e noioso guardiano.

NONO' ‑ Non osavo...

LEOPOLDO ‑ Sarà triste non uscire più assieme.

NONO' ‑ Ah, no. Almeno una volta la settimana.

LEOPOLDO ‑ Alla domenica!

NONO' ‑ Ecco, la domenica va bene.

LEOPOLDO – Così Antonietta uscirà col vecchio mamma­lucco. Magnifico discorso, ma le pre­occupazioni rimangono. Vado a riflettere. (raggiunge la porta di destra, mentre sulla porta di sinistra appare Mercedes. Leopoldo ha un sussulto e, con disgusto) Oh!

MERCEDES -  (gli fa uno sberleffo. Leopoldo esce).

MERCEDES ‑ Che cosa voleva?

NONO' ‑ E' afflitto da una tremenda emicrania.

MERCEDES – Ne godo. Hanno liti­gato?

NONO' ‑ Continuano a sopportarsi a vicenda. Si sorridono, ma dentro si rodono perché di qua tutto fila.

MERCEDES ‑ Essi scontano i loro peccati. Ma io sono preoccupata.

NONO’ ‑ Anche la signora marchesa ha l'emicrania?

MERCEDES ‑ Preferirei. Ottavio vuole uscire. Dice che ha una conferenza a un Consiglio d’amministra­zione. Sarà vero?

NONO' ‑ Uhm! Forse si tratta di un pretesto.

MERCEDES – L’ho pensato subito.

NONO' – Se la signora permette vor­rei darle un suggerimento.

MERCEDES ‑ Fuori.

NONO' ‑ Finga di credere alla conferenza,

MERCEDES ‑ Fingere con Ottavio?

NONO' ‑ Mi segua. Ora la loro vita, in quell’appartamento, scorre senza urti; ma la signora non deve di­menticare che il signor Ottavio la­vora, e nelle ore libere ha bisogno di svagarsi.

MERCEDES – E non ci sono io a te­nergli compagnia?

NONO' ‑ Si. Ma il signor Ottavio è così giovane...

MERCEDES ‑ Oh!... Capisco. Volete dire che appiccicandomi a lui io rappresento un poco la parte di un noioso gendarme?

NONO' ‑ Non osavo.

MERCEDES ‑ E' una crudele realtà, ma me ne rendo ragione.

NONO' ‑ Perciò le dico: finga di credere a questa conferenza. Il signor Ottavio andrà al caffè, al circolo, converserà con qualche amico e, tornato a casa, avrà mille cose graziose da raccontarle. La vita sarà più varia, interessante e piacevole. Non riduciamo la famiglia a una prigione!

MERCEDES ‑ Allora dovrò rinunciare a uscire con lui.

NONO’ ‑ Ah, no. Una volta la  settimana è indispensabile.

MERCEDES ‑ La domenica!

NONO' ‑ Ecco la domenica va bene. Il si­gnor Ottavio avrà il dovere di uscire con la suocera.

MERCEDES ‑ Come dire: ricordati che devi morire.

NONO' ‑ Oh...

MERCEDES ‑ E' triste. Ma rifletterò. (si avvia per uscire; appare Ottavio).

OTTAVIO ‑ Vi cercavo.

MERCEDES ‑ Oh caro. Chiedevo a Nonò che tempo fa fuori.

OTTAVIO ‑ Previdente creatura! (e con un braccio la stringe a sé) (la lascia e s'avvia rapido, ridendo) Un'oretta e torno.

MERCEDES ‑ Bada che fuori fa un po' freddo. Copriti bene. E non correre per le scale. Puoi cadere.

OTTAVIO ‑ Sarò cauto... (ed esce).

MERCEDES -  (lo guarda compiaciuta. Poi vedendo che Nonò sorride) Nonò!

NONO' - signora.

MERCEDES ‑ Avete una faccia da imbecille.

NONO' - Sì signora (Mercedes esce. Riappare Ottavio, in punta di piedi)

OTTAVIO -  (piano)  Se n’è andata?

NONO' ‑ Stzz... (va alla porta. Ascolta: sono soli).

OTTAVIO -  (irato) Ah, quella non è una suocera. E' una moglie.

NONO' ‑ Il signore rinuncia ad uscire?

OTTAVIO ‑ E dove dovrei andar? Non mi diverto più in nessun luogo.

NONO' ‑ Crede proprio impossibile una riconciliazione con la signora?

OTTAVIO ‑ Assolutamente.

NONO' ‑ Pare che stasera la signora esca.

OTTAVIO ‑ Buon divertimento,

NONO' ‑ Sola...

OTTAVIO - (colpito)  Sola? (Nonò accenna di sì col capo) E mio pa­dre?

NONO' ‑ E' afflitto dall'emicrania.

OTTAVIO ‑ Questa sarebbe una ragione di più perchè ella rimanesse in casa.

NONO' ‑ Invece esce. Credo passi da una farmacia per acquistare un cal­mante.

OTTAVIO - Bella scusa. (è nervoso. Vede aprirsi la porta di destra. Ap­pare Antonietta. Imbarazzo dei due).

NONO' ‑ Attento.

OTTAVIO - (a Nonò) Allorasiamo intesi. Ritorno fra un'ora. (ma non si muove e gioca con i guanti. Allora si decide Antonietta).

ANTONIETTA -  (a Nonò) Avete de­gli spiccioli?

NONO' ‑ Subito.

OTTAVIO (istintivamente mette mano al borsellino, con premura. Antonietta lo guarda. Egli rinuncia. Antonietta riceve il denaro da Nonò).

NONO' ‑ Basterà?

ANTONIETTA ‑ Grazie. Per quando torno che sia pronta la borsa del ghiaccio.

NONO' - Bene signora. (ella si avvia).

OTTAVIO ‑ Avete un meraviglioso vestito signora. Comprato col de­naro che vi guadagnate facendo l’ar­chivista?

ANTONIETTA - (lo guarda, alza le spalle)  Oh! (e si muove ancora).

OTTAVIO -   Imbecille anche voi! (esce).

NONO' - (scattando nell'attenti)  Me l'hanno detto poco fa signore. (e  esce).

LEOPOLDO -  (entra con l'orologio in mano) Non torna... non torna... Oh, la mia testa...

MERCEDES -  (da sinistra) Oh!

LEOPOLDO - Ancora voi!

MERCEDES ‑ Questi incontri signo­re, spiacciono tanto a voi quanto a me. Ma questo salotto è comune.

LEOPOLDO ‑ Si tratta di un salotto di passaggio, signora. Dunque pas­sate.

MERCEDES ‑ Pretendereste di soggiornarvi voi?

LEOPOLDO ‑ Io attendo Antonietta.

MERCEDES ‑ E io Ottavio (contem­poraneamente chiedono stupiti):

LEOPOLDO - Ottavio è uscito solo?

MERCEDES - Antonietta è uscita sola?

LEOPOLDO - Ascoltatemi. Inutile negarlo. Siamo preoccupati.

MERCEDES ‑ A chi lo dite. Eppure i primi giorni uscivo assieme con Ottavio...

LEOPOLDO ‑ Ed io a braccetto con Antonietta. Oh, si è vendicata bene trovandosi un lavoro. Si è resa indi­pendente e lo ha umiliato.

MERCEDES ‑ Avevamo scelto per le nostre passeggiate quotidiane un iti­nerario incantevole. Corso della Ri­voluzione, Parco della Rimembran­za, Via della Pace...

LEOPOLDO ‑ Via della Pace?

MERCEDES ‑ E' così.

LEOPOLDO ‑ Via della Pace era anche la nostra meta. E' Singolare.

MERCEDES - Perché? La percorrevamo cinque o sei volte avanti e in­dietro.

LEOPOLDO - Diavolo, diavolo... Anche Antonietta, per via della Pace, mi tirava su e giù cinque o sei volte. E sospirava.

MERCEDES ‑ Anche Ottavio sospi­rava.

LEOPOLDO - No!

MERCEDES ‑ E' così.

LEOPOLDO ‑ Mercedes. Siamo bug­gerati. Qui sotto c'è qualche cosa.

MERCEDES ‑ Oh Dio!

LEOPOLDO ‑ Se Ottavio avesse un’amante?

MERCEDES ‑ Dovrebbe averne uno anche Antonietta. E proprio nella stessa strada!

LEOPOLDO ‑ Idioti: con tante strade che ci sono. Lasciate fare a me. Consiglierò Ottavio di scegliersi un'altra strada.

MERCEDES ‑ Ma con discrezione. Parlatene a Nonò.

LEOPOLDO ‑ Naturalmente. Salvare la felicità dei nostri figli sarà il no­stro segreto.

MERCEDES ‑ Oh, i figli non sapran­no mai che cosa facciamo per loro.

Cinque secondi di buio poi di nuovo luce.

III

Alzatosi il velario, appare un sipa­rietto sul quale sono dipinte in grande due coppie. La coppia di sinistra è composta da Leopoldo e Mercedes, e Leopoldo bacia la mano alla donna; la coppia di destra è composta da Ottavio e Antonietta e i due sono abbracciati.

NONO' -  (subito appare da destra, e, sporgendo il capo, chiama rivolto al lato sinistro) Pstz, pstz…

FLAMINIA -  (mette fuori la testa da sinistra, e sottovoce)  Ebbene?

NONO' ‑ Come vanno i vostri?

FLAMINIA ‑ Benissimo. E i vostri?

NONO' - A meraviglia (sorridendo  maliziosamente) Antonietta è uscita per prendere una boccata d’aria...

FLAMINIA - (con la stessa intonazione) Ottavio è uscito per un Consiglio d'Amministrazione… (brevissima pausa, e i due scoppiano a ridere; s’avvicinano, e sulla risata)

NONO’ - (continua) ...e i vecchi li han­no lasciati andare con le solite rac­comandazioni: «Non indugiare Ottavio, fuori!» ‑ «Torna subito Antonietta»

FLAMINIA ‑ Siete stato grande!

NONO' ‑ Oh Dio! Ho aiutato lo svi­luppo degli avvenimenti. (il sipa­rietto dietro di loro comincia ad  alzarsi lentamente).

FLAMINIA -  (sottovoce)  Attento!

NONO' ‑ Via... via... (i due ritornano ai loro posti d’angolo  mentre il siparietto si alza del tutto e, oltre una cortina di velo, appaiono nella solita sala Mercedes e Leopoldo in atteggiamento di giocare a carte.

NONO' ‑ Che invidiabile quadretto. Essi vivono nell'attesa di queste loro partite alle quali si apprestano non appena Ottavio e Antonietta sono usciti. (Leopoldo osserva l'orologio. Rapidi i due mettono via le carte, si alzano, si salutano, mentre Nonò continua) Ma è già tardi, potreb­bero venir sorpresi. S’affrettano a far sparire le tracce della loro complicità.

FLAMINIA - (poichè Leopoldo bacia la mano a Mercedes)  Un saluto galante...

NONO' ‑ ...e un arrivederci a quando Antonietta uscirà nuovamente a prendere una boccata d’aria e Ottavio avrà un Consiglio d’Ammini­strazione. (Mercedes esce a sinistra, Leopoldo a destra, dopo aver spento la luce). (Sola luce in ribalta).

FLAMINIA - (avanzando) Dite la verità, Nonò: è una bella storia.

NONO' - (avanzando) E' la storia di un matrimonio salvato. (si accende la luce nella solita sala. Antonietta l'ha accesa; ed ora lei guarda e ascolta se non ci sia alcuno).

FLAMINIA ‑ Zitto ritornano i gio­vani. (e come Nonò, si ritira).

NONO' ‑ Già. Essi ritornano da via della Pace dove hanno ripreso ad incontrarsi. (l'azione dei due giovani è questa: Antonietta, assicuratasi che i vecchi sono nelle loro camere, chiama con la mano Ottavio, che appare. I due si sorridono, si lan­ciano l'uno nelle braccia dell’altro: lungo bacio. Poi si lasciano e raggiunte, rapidi, le rispettive porte, dopo un ultimo bacio inviato con la mano, entreranno cautamente. Pri­ma di scomparire Ottavio spegne la luce. Durante quest'azione Nonò continua) In via della Pace si sono ritrovati amanti. Chissà! La morale del ma­trimonio sta forse in questo. (guarda Ottavio e Antonietta che si inviano con le mani l'ultimo bacio) (ora che la luce nel salone si è spenta, cala il siparietto con l’immagine del­le due coppie, e Nonò e Flaminia avanzano al centro) Ed ora nei due appartamenti si svolgerà la stessa scena dei rimproveri... Perché hai fatto così tardi? ‑ Dove sei, stata? ‑ Attenta figliola a non far sciocchezze.

FLAMINIA ‑ Ma se il gioco fosse scoperto?

NONO' ‑ Non dubitate. Tutti conti­nuerebbero a recitare la loro parte.

FLAMINIA - Oh, Nonò! Possibile che noi dobbiamo assistere a tanti inganni felici, senza ingannare nessuno?

NONO' ‑ Ma noi non siamo sposati piccina; saremmo soltanto due im­morali.

FLAMINIA ‑ Oh, sentite: con me volete finalmente discutere di mo­rale o d'amore?

NONO’ – D’amore naturalmente. (apre le brac­cia ella vi si getta).