Polissena

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Polissena

Polissena

Di Giovanni Carmignani

PERSONAGGI

PIRRO

POLISSENA

EROPE

CALCANTE Gran Sacerdote

POLIDORO

ARSINDO

Sacerdoti

Guerrieri

Guardie

Popolo

La scena è sotto le Mura di Troja già diroccate, ed arse.

,

PREFAZIONE

Io non dò quest'edizione, che tremando. Tante opere applaudite al Teatro, e disprezzate sotto gli occhi del Lettore mi fanno temere un evento simile per la mia. Una, o due situazioni, l'arte, la destrezza degl'Attori, e qualche altra felice combinazione hanno potuto conciliarmi alle rappresentazioni i suffragj del Pubblico. Ma vi abbisognano dei meriti ben superiori per prodursi al gran giorno della stampa. Così presso a poco scriveva il Poeta-Filosofo di Ferney nel produrre la sua Marianne, e così posso dir'io. Una condotta presso che irreprensibile, un'arte grande d'interessar sempre, e di non annoiar mai, uno stile terso, e robusto nel tempo medesimo, ecco ciò, che potrebbe qualificare una buona Tragedia. Si deve commuovere, si deve atterrire in ogni benché minima situazione, e allora si è tragici. Un tratto snervato, un colorito poco vivace, un' espressione non misurata, e una situazione, che troppo s'accosti al comico, tutto questo può scemare il merito d'una produzione delle più applaudite. I Rimpiattarelli di Nerone, le troppo comiche astuzie d'un vecchio Rè adoprate per venire in chiaro qual de' due suoi figli è amato da una bella Principessa, la viltà d'un Massimo, che non scuopre una congiura dall'altra parte tanto importante, che per essere scioccamente amoroso di una, di cui egli deve certo conoscere il cuore inclinato ad amare altri, e ne adduca una ragione L'amour rend tout permis; Un venerable amant ne connoit point damis Gl' amori d'un vecchio Generale assassinato vilmente da un rival furibondo; Ecco ciò che ha potuto in qualche maniera far poco rispettare l'inimitabili rappresentanze di Brittannico, di Mitridate, di Cinna, e di Sertorio dai tratti pungenti dei Critici un po' troppo scrupolosi è vero, ma non per questo poco ragionevoli. A fronte di tutto ciò come non spaventarsi al solo nome di Tragedia ? Come incoraggiarsi a por piede in una carriera così scabrosa, e così ardua dove hanno potuto non di rado inciampare gli Autori immortali del Cid, d'Atalìa, d' Atreo, e di Semiramide? L'Italia è stat quasi sempre priva di Genj, che abbiano trattato con vera dignità, e con successo il conturno, ed il pugnale sanguinoso di Melpomene. Le ragioni ne son troppo note perché io le debba ripetere. Non che Ella non abbia avuti i suoi Tragici anco i più celebri; le altre Nazioni non sono che a lei debitrici della Gloria a cui hanno potuto far risalire il loro Teatro. La munificenza di Leone X si vide porgere la mano, e far risorgere dall'oblio, in cui fino allora era vilmente giaciuta, l'arte divina dei Sofocli, e degl' Euripidi. Questo gran Mecenate dei Letterati, e dei Talenti del suo Secolo profondeva tesori immensi per far rappresentare con la dovuta magnificenza, e con un apparato sorprendente la prima Tragedia, che avesse veduta l'Europa dalla decadenza dell'Impero in poi. La Sofonisbadel Trissino a Vicenza, la Rosamondadel Rucellai a Firenze facevano echeggiare l'Italia degl'applausi dovuti a que' due celebri Scrittori prima che la Spagna, l'Inghilterra, e la Francia conoscessero l'opere teatrali dei Lopez de Vega, dei Shakespear, dei Mairet, e dei Rotrou. Il solo Metastasio sarebbe stato forse un Genio veramente tragico, e avrebbe fornito il nostro Teatro di rappresentanze così sublimi da non farci invidiare alla Francia i Racine, e i Voltaire, se non avesse dovuto scrivere al gusto dei tempi, in cui scriveva. Il trasporto per la Musica ha riportata sempre, almeno in Italia, la preferenza sopra il buon gusto per la vera Poesia. Metastasio ha composti dei Drammi, che son capi d'Opera, e che per esser troppo belli hanno chiuso il passo a chiunque avesse avuto il coraggio di metter piede nella sublime carriera, che egli ha così inimitabilmente battuta. Il gusto per altro per la Tragedia sembra aver incominciato a dominare gli spiriti, e i talenti d'Italia. Ciò forse non deve ripetersi, che da una plausibile emulazione, e da un entusiasmo di arditezza, che hanno potuto eccitare negli animi l'ammirazione, e l'applauso, che si sono attirato sulle nostre Scene le produzioni immortali a noi pervenute d'oltre i Monti. Il nostro Teatro è al presente inondato da una quantità pressoché prodigiosa di tragiche produzioni. Fra un infinità di Seguaci dell'Italiana Melpomene si vedono signoreggiare i Genj dei Maffei, degl' Alfieri, dei Pindemonti, dei Campi, dei Guerra, e dei varj altri celebri Scrittori. A fronte di questo io devo produrmi al gran giorno, e all'aria di pedanteria, con cui mi presento si può dedurre quale possa essere il mio coraggio. Spes est animi nostra timore minor. La Tragedia, che io offro agl'occhi del Pubblico è stata da me composta nell'età precisamente, in cui il Voltaire compose il suo Edipo. Lungi dal reputare sulle mie labbra questa protesta un effetto di amor proprio, o di vana-gloria poco riflessiva, ella non è, che l'effetto del ribrezzo, con cui io m'induco a dare alla luce questa mia produzione. Voltaire non ebbe scrupolo nessuno a premettere, che la Tragedia, di cui egli dava l'edizione era il parto della fantasia d'un Giovine di diciott'anni, dovrò dunque averlo io? So benissimo, che queste proteste sono più che inutili, e che a nulla servono per garantire una produzione dalle critiche dei Giudiziosi, e dalle invettive dei Maligni. Il Pubblico è un Giudice inesorabile, che non ascolta altro che se stesso; e il proprio sentimento vuol dirlo con libertà, e senza ritegno nessuno. Egli non conosce in una produzione, che il merito, o il demerito di essa, e ben disse l'ingegnoso Boileau Un Auteur a genoux dans une humble Préface Au Lecteur, qu'il ennuye a beau demander grace. Polissena ebbe sulle Scene un incontro più che fortunato: Ma questo è nulla. L'abilità, l'arte, e la destrezza degl' Attori, che la rappresentarono fu ciò sicuramente, che contribuì non poco a sostenere questa Tragedia. Io sono il primo a convenirne, lontano da oppormici. L'abile Signor Pietro Andolfati, che con un'energia, e con un valore veramente tragico sostenne il carattere di Pirro, e lo espresse così al vivo tanto nello sdegno, che nell'amore; l'inarrivabile, la sensibile, la vaga Polissena, che poté spremere dagl'occhi d'un Pubblico giudizioso, e imparziale le più soavi lacrime, che formeranno sempre l'elogio il più eloquente di questa Giovine Attrice; Questi due celebri Attori, senza pure escluderne gl'altri, che recitarono nella Tragedia furono quelli s enza dubbio, che le diedero quel poco di merito, che le si attribuì, e di cui ella è sicuramente sprovvista. Io adesso la presento agl'occhi del Pubblico tal quale è sortita dalla penna dell'Autore. Secondo il giudizio, che se ne darà, potrà esso prendere o incoraggiamento a proseguire, o, il che sarà più facile, un prudente partito di desistere da un'impresa, che mal si conviene alla di lui insufficienza. Comunque però sia di questo, egli saprà senza dubbio distinguere la Critica sensata, e giudiziosa dalla Diatriba inconveniente, e maligna. Rassegnatissimo anzi che grato alla prima egli non farà, che disprezzar la seconda, che suol esser per lo più l'appannaggio distintivo dell'anime vili, e invidiose. Pur troppo è vero, che a giorni nostri le lettere umane son divenute disumanissime, come l'ha detto un celebre Letterato del nostro Secolo. L'ingiurie, le cabale, le calunnie si son sostituite a quella dolce moderazione tanto propria d'un animo sensibile, e ben fatto, alla bella sincerità, al sentimento imparziale, e giudizioso. Pur troppo si sentono ronzare la per tutto di quest'oziosi, e insufficienti calabroni, che pascer si vorrebbero impunemente delle più dolci fatiche dell' api attente, e industriose. Si dà comunemente il nome di Critico a chi altro non conosce, che la parzialità, e la detrazione. Non è a questa sorte di Critici, che io presento la mia Tragedia, ma bensì ai Lettori illuminati, imparziali, e sinceri, poiché

Les Muses filles du Ciel

Sont des Soeurs sans jalousie

Elles vivent d'ambrosie,

Et non d'absinthe, & de fiel;

Et quand Jupiter appelle

Leur assemblée immortelle

Aux fêtes, qu'il donne aux Dieux

Il défend, que la satyre

Trouble les sons de leur lyre

Par ses sons audacieux.

Voltair.

LETTERA A GAETANA ANDOLFATI

Lettera alla signora Gaetana Andolfati giovane attrice. Che sostenne il carattere di Polissena con un successo più che favorevole.

Vaga Andolfati, non sdegnar di questi  Facili Carmi, che al tuo piè presento  Il più tenero omaggio, e l'umil dono.  Riconoscenza di sensibil cuore  Tratta sul debil vol di fragil'Estro  Scorrer può far dall'inesperta penna  Sensi d'ammirazion misti, e di gioja.  Di Polissena, su i tuoi labbri il Fato,  I suoi pianti, il suo duol, le sue sventure  Tutto poteo, sol tua mercé, di pianto  Fare irrigar l'impallidite guance  Del commosso Uditor, spezzare il gelo  De' cuori più duri, e trionfar dell'alme.  Al soave girar di tue pupille,  Al suono incantator della tua voce  Il fiel s'estinse di maligna Invidia,  E inoperose caddero al tuo piede  Del severo Censor le rigid'armi.  Già pe' tuoi merti preparato io veggo  Pender dalla sanguigna altera destra  Della grave Melpomene il bel Serto  Che in mezzo a' plausi dell'Italia tutta  Il tuo bel cuor, e l'opre tue coroni.  Va', che se del feroce estinto Achille  Sulla funesta taciturna Tomba  Fra il comun pianto, e il replicato plauso  Preda cadesti di mentita morte,  L'Ara or t'attende di soave Genio  Vittima d'un amor troppo beato.Questa Lettera fu scritta avanti gli Sponsali di questa Giovine Attrice. Ciò vogliono inferire quegl'ultimi versi.

ATTO PRIMO

SCENA I

S'alza il Sipario, e lascia vedere un vasto recinto d'antichissimo Bosco. In mezzo vi si scorge la tomba dell'estinto Achille. Dalla parte sinistra in lontano appariscono le Tende dell'Armata Greca. Intorno a queste si vedranno debolmente risplendere alcuni avanzi di faci preste ed estinguersi essendo imminente il giorno. Dalla destra si scuoprono le mura di Troja diroccate, e fumanti. Il Teatro rappresenta un'oscurissima notte. Pirro appoggiato sulla tomba del Padre denota in un gran dolore, ed in una specie d'oppressione. Arsindo è sul proscenio. Pirro dopo alquanto di silenzio s'alza confusamente, e d'un aria smarrita viene ad Arsindo.

PIRRO

Arsindo, ah! per pietà toglimi a questi

Luoghi sacri alla morte ove non spira

Che lutto, che terror, che pianto intorno.

ARSINDO

Come, Signor! già trasgredir vorrai

Al comando celeste? Egli t'astringe

A consultar del Padre tuo la tomba.

Pirro vedi i marmi?

rend="italic">accenn. la tomba

Ivi riposa

Il Padre tuo, l'inclito Achille, il solo,

Per cui tutta avvampò Troja superba;

Calcante degli Dei l'organo augusto,

Lor ministro, e interprete a te svela

Esser brama del Ciel, che tu ti prostri

A venerar quell'Urna ov'è raccolto

Dell'estinto tuo Padre il cener sacro.

L'inclita Ombra di lui placar t'è duopo,

Ed ella a te paleserà qual sangue

Debba grondar per ammollir quell'ira.

Tu sai, che invan spiega le vele a i venti

La Greca Flotta; Il Mar s'oppone, e nega

Che dall'Asia depressa il Greco Legno

Onde in Patria tornar l'Ancora salpi.

Ciascun paventa, ed il soccorso indarno

De' Numi invoca. In te, Signor, sua speme

Fissa la Grecia, ed a te solo è sato

Al tuo gran Genitor porger vendetta.

Forse è questa la notte, in cui rompendo

Quell'eterno confin dal Ciel prescritto

Tra l'Averno, e la luce a lumi tuoi

Mostrar debbesi Achille onde svelarti

Dello sdegno de' Numi il fran segreto.

PIRRO

Troppo tu speri; a rosseggiar comincia

Sul Balzo Oriental la bella Aurora.

Mira.

quì si vedono quasi del tutto estinte le faci in lontano

Del Campo omai le faci estinte

L'orror notturno a dissipare accese

Non brillan più. Spettro infernal non puote

Del già vicino Sol soffrir la luce.

ARSINDO

Ebben? forse non può del tuo gran Padre

Fatta già Semi-Dio l'anima augusta

Cinta di gloria a te mostrarsi in mezzo

Allor splendor del più brillante giorno?

PIRRO

Tutto è ver: Ma chi sa, che il sacro cenno,

Che quì m'astringe ad ingannar non tenda

La vigilanza mia! … tu sai, che schiava

Polissena la sorte un dì mi fece:

Agamennone l'ama: Ei tutte cerca

Tutte le vie per involarla a Pirro.

Calcante lo protegge … Ei seco forse

Sì reo pretesto onde ingannarmi a preso.

ARSINDO

Come! … Calcante! … un Sacerdote? Ah, taci:

Un Ministro de' Numi in lui rispetta:

Non offender così chi lor somiglia.

PIRRO

Infallibile dunque esser tu credi

Cet organe des Dieux est il donc infallible? Un ministére saint les attache aux autels: Ils approchement des Dieux, mais ils sont des mortels. Oedip. Trag.

Quest'organo del Cielo? Un sacro rito

È ver lo stringe all'Are, e il fa simile

Quasi agli Dei, ma egl'è mortale alfine.

Le passioni non toglie il sacro ammanto.

Anzi v'ha chi con questo a render giunge

Quasi virtudi i suoi delitti, ed avvi

Più d'un fellon de' Santuarj al piede.

Amico, io non ho pace … al Campo andiamo:

Tutto mi fa tremar.

ARSINDO

Ma qual ti punge

Cura sì grave? …

PIRRO

Ah! Polissena …

ARSINDO

E tanto

La schiava tua fra' tuoi pensieri a loco?

Tanto degna ti sembra …

PIRRO

Olà: che parli?

Questa schiava rispetta. A lei si debbe

Qualunque omaggio, e benché vinta il collo

Pieghi al giogo d'un Greco, ella è Regina.

ARSINDO

Signore perdona al zelo mio … tant'ira,

Un sì acerbo parlar … di Polissena

Al nome sol tu di color cangiasti

Forse …

PIRRO

Che dir vorrai?

ARSINDO

Forse il tuo cuore

Vinto da lei …

PIRRO

Sì: mio fedele, io l'amo.

Tacer nol posso … Il primo sei, che aperto

Tutto il cuor mi leggesti, e il grande arcano

Alfin m'escì chiaro da' labbri a forza.

Dissimular non giova … io peno, amico,

Io tutto avvampo, e i lunghieri incanti

Di Polissena idolatrar m'è duopo.

ARSINDO

Oh, Ciel!

PIRRO

Stupisci?

ARSINDO

E chi stupir non debbe!

Tu di Priamo uccisor, tu il più crudele

De' Nemici di Troja ardere al fuoco

Di Trojana beltà! … decol cotanto,

Scusami, non credei d'Achille un figlio

PIRRO

Ah! sol fugge l'amor chi non ha cuore!

Amico, fu nella terribil notte,

In cui piacque agli Dei veder distrutta

La superba Ilion dall'Armi Greche,

Che una dolce beltà schiavo mi rese.

Col favor di Sinon le mura appena

Varcar potei della Città superba,

Che bramoso di strage, e sciolto il freno

Al desìo di vendetta, incendio, e morte

Portai dovunque, e il fulmine di Giove

Brillar parea sulla fatal mia detra.

Giunto alla Reggia, ove più vivo, e spesso

Protinus ad sedes Priami … . Virg. En. II.

Crescea l'assalto, io di mia mano infranta

Con bipenne letal la maggior porta

Tutta al Greco furor la strada apersi

Agl'aditi reali, ed ai vestusti

Tuttor vuoti di sangue atrii superbi.

Pianti, singulti, e feminili strida

S'udiano intorno: Ad abbracciar gl'artari

Timorosa correa la turba imbelle.

Oltre io mi spingo, ed inseguendo irato

Polite del Re Teucro uno de' figli

L'incalzo là dove piangendo insieme

Col crin disciolto al vecchio Padre intorno

Lacrimanti di Primao eran le Figlie.

Il mio Nemico ivi disteso al suolo

Il brando inalzo, e gli trafiggo il seno;

A vista sì feral tutto commosso

S'alza fremendo il Genitor canuto,

Ed un acciar bieco impugnando, invano

Sorto del Figlio a vendicar la morte

Contro di me debole colpo ei vibra.

Torbido allor, e di vendetta acceso

Il Vecchio assalgo, ed efferando irato

Con la sinistra a lui la bianca chioma

La destra inalzo, e semivivo al suolo

Fo dal corpo spiccar reciso il teschio.

D'un caro Padre il rimirar lo scempio

Gridar le Figlie … e Polissena … oh, Cielo!

Molle di pianto alla sua Madre in braccio

Pel dolor già svenuta, e quasi esangue

Solo da me parea sperar mercede.

Languia la sventurata, e in sen piegando

Pallido il volto, e dispiegando all'aura

Dolcemente negletto il crin disciolto

Credimi … avria mosse le tigri al pianto.

Ancor tinto di sangue il guardo volgo,

E … oh! dolce incontro! … in cotal atto oppressa

Miro giacer la bella mia Nemica.

Facilmente s'arrende un cuor commosso:

Ond'io tuttor fervido d'ira … il seno

Tutto avvampar da nuovo fuoco intesi.

Impallidii … mancommi il piè … m'invase

Tutte le fibre, e al cuor mi scese un moto,

Che tormento non fu, ma fu piacere.

Ad amar comincia fin da quel punto,

E a questo seno a Polissena in faccia

Contro ogni voglia mia varcar fu forza

Dallo sdegno all'amor il breve passo.

ARSINDO

Deh! reprimi, Signor, se pur ti cale

Dell'onor tuo, della tua gloria, in seno

Reprimi alfin questo nascente affetto.

Un orribil timor mi presagisce,

Ch'ei fra non molto esser ti dee funesto.

Lascia ogni speme, e quei maucauti moti

Ond'è sospinto il giovanil tuo cuore

Frena ora che il puoi; vince l'amor chi 'l fugge.

PIRRO

Non sperar, ch'io t'ascolti; Il Ciel in pria

L'invido Ciel sulla mia testa irato

Lanci senza pietà sue fiamme ultrici,

Ch'io spenga nel cuor mio quel puro affetto,

Che smorzar non potrà la morte istessa.

Tu vola al Campo, e tutti i moti osserva

E di Calcante, e del maggiore Atrida …

Ah! se mai l'empio Duce a danno mio

Macchina inganni, o qualche frode ordisce

Paventi … Il grado in lui rispetto, è vero,

Ma … mostrar gli potrei come far suole

La sue vendette un disperato amante.

ARSINDO

Dunque, Signor …

PIRRO

Cedi al mio cenno, e parti.

Arsindo s'inchina, e parte.

SCENA II

PIRRO

Posso solo una volta appien disciorre

Libero il freno alle mie pene, o Dei!

siede

hellip; Del grande Achille il Figlio

Respira in te! … Della tua Patria ancora

Sei tu la speme? … Ah! ti ravviso appena.

Misero! ov'è quel tuo valor primiero,

Onde tenero ancor ne' tuoi verd'anni

Spingendo il piè del Padre tuo sull'orme

Della gloria le vie calcasti, ardito?

Ove il rigor, che disprezzar ti fece

Sordo d'amore alle più dolci voci

D'ogni beltade i lusinghieri inganni?

Bagnato in pria sulla marziale arena

Del bel sudor della Palestra Elea

L'onor, l'armi, il destrier fu sol tua cura,

Ed or … torpido! … ed or schiavo infelice

Piegando il collo a una passion tiranna

Educato agl'Allori, ai Mirti aspiri? …

Ah! invan dal sen strappar vorrei quel dardo,

Che il cuor mi strazia … e che ad amar mi spinge

Ad onta mia … quella, che odiar dovrei …

Stelle! odiar Polissena! …

pensa, poi con forza

! no … perdona

Della fierezza mia , bella mia fiamma,

Perdona in me quest'infelice avanzo.

Dell'uccisor del grande Achille, è vero,

Tu sei germana, e il Ciel ti vuol mia schiava,

Ma in te colpa non regna … Il tuo bel cuore,

Cara, non è di crudeltà capace.

Io t'amo … io t'idolatro … e l'amor mio,

Sì quest'amor … mia speme, al suol frappoco

Cader farà le tue catene infrante.

s'ascolta un lugubre mormorio nella tomba

a qual grido feral …

s'alza spaventato

Da quella tomba

Udir si fa! …

trema il Teatro

Tremar le piante … il suolo

Balza sotto il mio piè …

va errando atterrito per il Palco

iel! quai rimiro

Pallidi spettri, e formidabil'ombre

Errar sdegnose a quest'orrore intorno?

Numi!

(vacilla)

il cuor mi s'agghiaccia …

il Teatro trema

Io tremo … il piede

Nega di sostenermi

(disperato)

ah! con tant'ira

Che volete da me, barbari Dei?

si getta a sedere

SCENA III

Cessa il fragore, e vedesi il gran Sacerdote Calcante venire a passo lento; Pirro l'osserva; S'alza, e dice:

PIRRO

Calcante

(andandoli incontro)

quai prodigj!

CALCANTE

Il Ciel t'elegge

Per suo vendicator; seconda, o figlio,

Col voler tuo la volontà de' Numi.

PIRRO

Ma qual'è mai la minacciata testa,

Che vuol recisa al suo furor l'Olimpo?

Me l'addita, se il fai … Questa mia mano

Scorrer farà l'abominevol sangue

Scelto dal Cielo, e che del Dio dell'acque

Molcer debbe lo sdegno, onde propizia

Spinga l'aura bramata i Greci legni.

CALCANTE

Frena il malcauto ardor. Spesso si rende

Del favore de' Numi un cuore indegno

Quando rapido troppo, i grandi arcani

Senza adorar, vuol penetrarne il cenno.

Calmati, o figlio, e l'alma tua prepara

Alla grand'opra … Ella costar ti debbe.

PIRRO

Ah! ciò, Signor, ch'ho di più sacro al Mondo

Ceder pronto agli Dei dolce mi fia,

Se il ceder debbo. Una virtù severa

Ad opra tal mi servirà di scorta.

So quanto fe per sua Patria un giorno

Dell'Eubea sull'arene il maggior Duce.

In valor non è solo, e in queste vene

Scorre limpido ancor d'Achille il sangue.

Ma il credesti? … a questo cupo in mezzo

Orror di morte, onde vien sparso ovunque

Questo sacro recinto, all'aura sorse

Mesto un grido feral da quella tomba.

Che mai sarà! …

CALCANTE

Del Padre tuo la voce,

Figlio, sortir da questi marmi udisti.

PIRRO

E che brama da me?

CALCANTE

Chiede vendetta.

Sai, che per man del rapitore infame,

Che contro l'Asia il fulmin Greco accese

Cadde, ha non molto, che non valor, non forza

A sì valido Eroe tolse la vita.

Ei tradito spirò.

PIRRO

Ciel! che mi narri!

CALCANTE

Quest'orribil segreto, è ver, coperse

Con le tenebre sue finor l'oblìo;

E ver, ch'io tacqui, e che soltanto Achille

Fe i suoi gemiti udir da quell'orrore

Ombra sdegnosa invendicata ancora.

Principe … Figlio, alla tua man s'aspetta

Il compir la grand'opra.

va alla tomba, e ne estrae un pugnale

Ecco l'acciaro,

L'indegno acciar, che penetrò le vie

Del cuore augusto al Padre tuo tradito.

PIRRO

Stelle! … che sento … in rimirar quel ferro

Tutte m'arde le fibre un fuoco ignoto.

Porgi …

volendo impaziente il pugnale

CALCANTE

Ascoltami in pria. Giurar tu devi

Su quest'acciaro a tutti i Numi in faccia

Di vendicar del Padre tuo la morte.

PIRRO

Che? … dubitar della mia fe potresti?

CALCANTE

No; ma voglion gli Dei, che all'opra astringa

La tua virtude indissolubil nodo.

PIRRO

Ebben …

(risoluto)

Ma oh Numi!

s'arresta

in appressarmi io provo

Un non so che, che mi tormenta il cuore.

Signor …

(esitando)

Che fo? …

a parte

giurar vorrei …

(alto)

pur sento …

CALCANTE

Eh! l'Uomo estingui, e in te l'Eroe ravviva.

Forse di contentar l'ombra sdegnata

Paventi di colui, che ti diè vita?

(vanno alla tomba)

Vieni. Eseguisci il giuramento.

PIRRO

Quale,

Qual mai terrore ad esitar m'induce!

a par.

Si giuri.

alto

CALCANTE

Ecco l'acciar.

Pirro prende il ferro

PIRRO

Macchiar prometto

Questo perfido ferro entro le vene

A quei, che il Ciel per olocausto elegge …

E su quest'urna a tutti i Numi giuro.

CALCANTE

Degno figlio d'Achille! Il tuo deponi

Innocente pugnale, e quello stringi.

accennando quello estratto dall'urna. Pirro gli dà il proprio

Quello ferir dee l'olocausto … e questo

Finché l'opra fatal non sia compiuta

Restar dovrà dal fianco tuo lontano

Nel cupo orror di questa tomba ascoso.

ve lo ripone

Intanto, o Figlio, il braccio tuo prepara

A lacerar quell'ostinato laccio,

Che per opra de' Numi al Teucro lido

Tien ferme ancor le vincitrici antenne.

Ma pria volgiti al Ciel; la tua virtude

È grande, il so; Pur senza lui languisce.

E folle è ben quei, che di troppo altero

Arbitro de' suoi voti il Ciel non brama.

PIRRO

Tutto farò … la vittima infelice,

Che il Cielo elegge a massacrar m'accingo,

È già pronto il mio cuor - pur sulla scelta

Tremo, Signor …

CALCANTE

Trema, ma sul delitto.

Non paventar. Lascia, che il Ciel tu guidi

Al sacrifizio, e ch'ei ti regga il braccio.

S'appressa alcuno …

PIRRO

Arsindo! che mai reca!

SCENA IV

Calcante, Pirro, Arsindo frettoloso.

ARSINDO

Corri, Signor.

(a Pirro)

Tutto è in tumulto il Campo.

Agamennone freme: Egli solleva

La Plebe sediziosa. A lei fu noto

Il novel sacrifizio, e ciascun teme,

Onde i Numi placar, della sua vita.

Si minaccia Calcante, e te con lui.

Mormora ognun, che ingannatori entrambi

Per saziar la vostr'ira, e un fin privato

Dello sdegno del Ciel la falsa voce

Spargete ad arte, e che tuttor si vuole

Far di sangue innocente il suol vermiglio.

S'oppone invan de' fidi tuoi lo stuolo:

Vola la Plebe alle tue tende, e i gridi

Del Popol folle han preceduto il giorno.

CALCANTE

Al riparo si corra - Empj! a quel segno

Giunger non puote un temerario ardire?

Pirro, renditi al Campo, ed io del Cielo

Implorato il favor, su' passi tuoi

Pronto verrò. Vedrem se questi alteri

Osan far fronte a un Sacerdote ancora.

Già gl'Atridi conosco, e i lor disegni …

Ma …

PIRRO

Ti calma, ch'io pronto a tanto sdegno

Volo ad impor qualche riparo almeno.

E se mai furibonda, il che non credo,

Spinger contra di te la cieca Turba

Volesse il suo furor … pria, tel prometto,

Marciar dovrà su questo corpo esangue.

via

SCENA V

Calcante, Arsindo.

ARSINDO

Da quell'ira che speri?

CALCANTE

Ogni soccorso.

ARSINDO

Ma il suo fatal amor …

CALCANTE

Soffri, che tutta

Spero sanar di quel gran cuor la piaga.

Di già l'ostia a svenar su questa tomba

L'astringe al mio voler sacra promessa.

Polissena è la vittima … il suo sangue

L'Oracolo richiede; Ei sarà sparso.

ARSINDO

Ah! di Pirro pavento.

CALCANTE

Anch'io conosco,

E con dolor, se confessar il deggio,

L'indiscreto calor de' suoi trasporti.

Vedo le fiamme ree de' sensi suoi;

E il torrente fuocoso, a cui far sponda

Procuro ognor, troppo sovente, è vero,

Da me lo svelle, e troppo lungi il porta.

Violento non men, che grande è nato:

Tenero, ma furioso, egli è capace

D'un gran delitto ancor. Del nobil sangue

Che lo formò tutto l'ardor m'è noto.

Ogni passione in lui furor diventa,

Ma nutre ancor mille virtù, che appieno

Compensar tutti ponno i vizj suoi.

Di strapparli dal cor sperar mi giova

Quest'affetto funesto. Or tu frattanto

Vola al suo fianco, e di sedar procura

Insiem con lui la sollevata Plebe.

ARSINDO

M'è legge il cenno. Ad ubbidirti io corro.

SCENA VI

CALCANTE

Voi, che il cuor mi vedete, amici Numi,

Deh! secondate il mio desir. Ritorni

Alle vie di virtù quel cuor sedotto,

Questo giovine Eroe, che alla mia cura

Lasciò morendo un virtuoso Padre.

E tu Ombra sacra, che sdegnosa ancora

Forse

FINE