Povero Piero

Stampa questo copione

 


Commedia in un prologo e tre atti

di Achille Campanile

PERSONAGGI:

TERESA

CLELIA RIDABELLA

JONE, madre di Teresa

ANGELICA, cameriera

MARCANTONIO

LUIGI

AGENTE POMPE FUNEBRI

PORTINAIA

DEMAGISTI

LOLA

OPERAIO

SIGNORA PELAEZ

SIGNOR PELAEZ

OSVALDO

CELESTE

ROBERTO

DOMENICO

COLONNELLO

PIERO

PORTATORE

ELISABETTA PANTALEO


PROLOGO

Voce  Benché si sappia quasi con certezza che tut­ti debbono morire (almeno finora non s'hanno esem­pi di persone sfuggite a questa sorte e, se anche se ne avessero, non dimostrerebbero niente, i privile­giati potendo da un momento all'altro subirla), pure, tutti restano sorpresi del fenomeno e lo considerano un caso incredibile e addirittura impossibile. Udite.

(Provenienti da opposte direzioni Luigi e Marcantonio si incontrano)

Luigi   È morto il povero Piero.

Marcantonio No?!... Non è possibile!

Luigi   È così.

Marcantonio È incredibile!

Luigi   Anch'io, ti assicuro, non riesco a convin­cermi.

(Continuano a bassa voce)

Voce  Chi parla della morte d'altri ha in fondo l'idea di parlare d'un fenomeno che non lo riguarda personalmente.

Luigi    (a Marcantonio)   Ci ha lasciati per sempre.

Voce  Immagina evidentemente che loro resteran­no per sempre a questo mondo, senza il povero Piero.

Marcantonio(a Luigi)   Conserveremo eterno il culto della sua venerata memoria.

Voce  È vecchio, pieno d'acciacchi, e vuole con­servare eterno il culto della venerata memoria.

(Marcantonio e Luigi via) 

In casa del morto, si vedono di solito persone stupefatte, come fosse avvenuto un caso stranissimo, che, da che mondo è mondo non s'era mai dato.

(S'apre il sipario)  (Salotto in casa di Piero. Teresa, Marcantonio, Jone, Luigi, la Ridabella, Angelica, tutti con facce attonite, sbalordite)

Voce  Si pronunziano frasi che, a voler essere be­nevoli, bisogna definire insensate.

Teresa           Ditemi che non è vero.

Voce  L'idea dominante è che qualcuno dei pa­renti debba morir di dolore, o suicidarsi.

Ridabella(agli altri indicando Marcantonio)   Te­nete d'occhio il suocero, che non commetta qualche sciocchezza irrimediabile. Guardate che non abbia armi nascoste.

Voce  Ma che armi! Ha sempre avuto una paura del diavolo delle armi.

Ridabella A me fa paura quel suo aspetto come inebetito.

Voce  E il suo aspetto normale.

Ridabella Sembra che non capisca.

Voce  La cosa non ha alcun rapporto con l'evento luttuoso.

Ridabella Non sono affatto tranquilla. È capace di buttarsi dalla finestra.

Voce  Non saprebbe nemmeno arrampicarsi sul davanzale.

Ridabella(a Marcantonio)   Non dia la testa nel muro. Si potrebbe rompere...

Voce  Il muro.

Ridabella(c. s.)   Non faccia una pazzia!

Marcantonio Non ci penso nemmeno.

Voce   Indipendentemente dall'abbandonarsi ad atti disperati, vediamo che cosa succederebbe se dav­vero ai superstiti capitasse di morir di dolore.

Teresa           Io non resisto.

(Cade morta)

Jone   Nemmeno noi.

(Cadono morti tutti, compresa Angelica)

Luigi    (sollevandosi a metà ad Angelica)   Ma tu che c'entri? Tu sei la donna di servizio.

Angelica Voglio morire anch'io. (Giù)

Voce  Ma voi direte che è esagerato supporre che muoiano tutti. Anche perché, per ognuno di questi nuovi defunti, ce ne sarebbe un altro cospicuo mazzo e in men che non si dica il mondo finirebbe. Allora ri­serviamo questa morte al minimo numero di persone che più amavano il defunto: addirittura a una sola. Per la morte di Piero, muore di dolore soltanto la ve­dova.

(Tutti, meno Teresa, si alzano) 

Ma per la stessa ragione, la morte di Teresa fa morire una sola perso­na: la madre.

(Jone cade morta) 

Ed ecco che la morte della signora Jone provoca il decesso, per dolore, di suo figlio.

(Luigi muore) 

E la morte di questo porterebbe al fulminamento, per dolore, del di lui pa­dre.

(Marcantonio cade morto)

Angelica Ah!...

(Cade morta)

Luigi    (ad Angelica, sollevandosi a metà)   Ma tu che c'entri? Tu sei la donna di servizio.

Angelica Voglio morire anch'io. (Giù)

Voce  Tuttavia, anche in questo caso, la serie dei decessi per dolore non si fermerebbe qui. Difatti, an­che per l'ultimo ci sarebbe almeno una persona che morrebbe di dolore, e questa ne avrebbe un'altra, e l'altra un'altra, e così più lentamente, ma non meno sicuramente, il decesso del povero Piero finirebbe per portare alla completa cancellazione dell'umanità dalla faccia della terra. (Ai personaggi)  Signori, possono ri­suscitare.

(Tutti si alzano) 

Molti pensano che la morte di una persona cara possa significare la fine della loro vita. In alcuni casi può darsi. Ma di assoluta­mente certo bisogna dire che, per ognuno, c'è una sola persona al mondo la cui morte rappresenterà indubbiamente la fine della propria vita.

Jone   La madre!

Voce  No.

Marcantonio Il figlio!

Voce  No!

Luigi   Lo zio!

Voce  Neanche.

Angelica La donna di servizio!

Voce  Tanto meno.

Tutti  E chi allora?

Voce  Se stesso. Tuttavia, si reclama dai parenti del morto un'immediata fortezza d'animo, si esige d'urgenza co­raggio, e quello che assolutamente gli estranei non possono vedere è una lagrima. (Chiama)  Signora Teresa, può favorire un momento qui?

Teresa           Eccomi.

Voce  Lei ha perduto suo marito.

Teresa           Purtroppo. Da pochi minuti.

Voce  Le faccio le mie più vive condoglianze, signora.

Teresa           Grazie.

Voce  Bene, signora, vuol piangere un momento, per favore?

Teresa           Volentieri. (Comincia a piangere, gli altri si avvicinano)

Jone    (abbracciandola)   Non devi piangere. Asciu­gati gli occhi, via!

Ridabella(come si fa coi bambini)   Ah, ah ah, che sono queste lagrime? Hai dimenticato quello che m'avevi promesso?

Marcantonio Ci risiamo da capo. T'ho detto che non voglio vederti piangere.

Voce  Ma perché? Le è morto il marito da pochi minuti, e dunque è giusto se piange. Invece, gli altri non vogliono che pianga. Ma non è detto che, anche in questo caso essi siano soddisfatti. (Chiama)  Signora Teresa.

Teresa            (fra le lacrime)   Dica.

Voce  Vuole smettere un momento di piangere, per favore?

Teresa           Volentieri. (Asciuga gli occhi e resta impassibile)

Ridabella(piano alla cameriera)   Ma hai visto la signora? Non versa una lagrima. Che contegno cini­co! Almeno fingesse!

Jone    (piano a Teresa)   Teresa, non farti vedere così indifferente. Cerca di piangere un po' almeno, fa' uno sforzo.

Voce  Ma in certi casi l'assenza di lagrime è an­che fonte di preoccupazione per gli estranei.

Ridabella(piano a Marcantonio)   Quello che a me fa paura è il fatto che Teresa non piange. Se si sfo­gasse, dopo starebbe meglio.

Marcantonio Eh, Io so. Invece è lì, annichilita dal dolore. È questo che mi spaventa.

Voce  Parenti e amici dicono frasi prive di senso comune.

Marcantonio Chi avrebbe mai potuto immaginare una cosa simile?

Voce  Scusi, signore, se m'immischio nei suoi di­scorsi, ma forse il povero Piero era un tipo anor­male?

Marcantonio Normalissimo.

Voce  E allora perché lei non avrebbe mai potuto immaginare che un giorno gli sarebbe capitato quello che prima o poi capita a tutti? Morire. Quello che non si può immaginare è che uno non muoia, credo.

Marcantonio Ma non doveva morire, questo vo­glio intendere.

Voce  Ah, ma perché non me l'ha detto subito? II povero Piero fruiva dunque d'un esonero speciale.

Marcantonio Come sarebbe?

Voce  Esenzione dalla morte.

Marcantonio Ma che dice?

Voce  Scusi, è lei che lo dice: non doveva mo­rire. Io ritengo che, invece, doveva morire. Come tutti, prima o poi. E inutile che lei faccia nascosta­mente scongiuri. Non creda, con questo, di farla franca.

Marcantonio Ma non riesco a convincermi che un uomo come Piero...

Voce  Sentite? Tutte frasi ammissibili nel solo caso che il fenomeno della morte si sia manifestato ora per la prima volta al mondo. E bisogna vedere come ne parlano i vecchi. Proprio come se il fenome­no non li riguardasse affatto. Intanto, la casa si riem­pie di visitatori. E strilli, abbracci, strette di mano, sospiri con lo sguardo attonito nel vuoto, baci fra persone che non s'erano mai conosciute.

Marcantonio(abbraccia e bacia uno sconosciuto che entra, poi)   Lei è un parente?

Agente p. f.  No, sono l'agente delle pompe funebri.

Voce  Intorno al morto c'è un gran fervore di vi­ta. La casa non è mai stata tanto affollata e in mo­vimento. In una stanza stanno tutti seduti. In un'al­tra vanno su e giù. In cucina, alcune volonterose pre­parano caffè su caffè, per tenere un po' su i superstiti. E a ogni momento fattorini telegrafici portano quattro, cinque dispacci alla volta: la notizia dello stranissimo caso è volata lontano e amici e parenti telegrafano addirittura per esprimere, insieme col do­lore, la sorpresa. Ma sono matti? Questa è la sor­presa di Pulcinella. La sorpresa sarebbe logica se, invece della notizia che l'amico è morto, avessero ri­cevuto come fulmine a ciel sereno, la notizia che l'a­mico non morirà mai più, per l'eternità. Solo in que­sto caso sarebbero appropriate le frasi che si pronun­ciano in occasione della morte.

Voce  Non l'avrei mai creduto.

Voce  Chi poteva pensarlo?

Voce  Ancora non ci credo.

Voce  Mi pare impossibile.

Voce  Serpeggia intanto, fra i visitatori attoniti e i parenti disperati, un vago, traditore e non confes­sato nemmeno a se stessi, benessere fisico per il fatto di trovarsi ancor vivi. Come fosse scoppiato un fulmine in mezzo a una brigata: disperazione per la sorte del colpito, ma poteva capitare a ognuno. E chi non ha mangiato, chi non ha dormito, chi, se­condo l'esortazione degli estranei espressa a bassa vo­ce, dovrebbe andare a buttarsi un po' sul letto, chi pare uno straccio, chi ha la barba lunga, chi le chiome disfatte. Insomma, uno spettacolo di sbalordi­mento. Soltanto il morto ha capito la situazione e s'è messa l'anima in pace. Finché c'era un filo di speran­za, anche lui s'è agitato, ha fatto gesti incomposti e detto parole insensate. Ma ora non più. Ora è l'unico che sappia far la propria parte. È morto da poche ore, e già pare praticissimo di queste cose. Tra i fiori e le candele, steso sul letto, vestito del suo abito mi­gliore... (si vede il morto, Piero, come descritto)  ...ha già assunto quell'aspetto impenetrabile, quel pallore, quell'immobilità, quella freddezza caratteristica. In­somma, ha già le physique du rôle. Tutti i vivi s'agi­tano come pulcini nella stoppa, rivelano un'imprepa­razione deplorevole. Nel morto, nessuna sorpresa. Si direbbe che in vita sua non abbia mai fatto altro che morire. Guardatelo, com'è steso sul letto. Non dà ret­ta a nessuno, non fa commenti.

Voce  Ma come? Se poco fa pareva non volesse mai staccarsi dalle persone e dalle cose che lo cir­condano? Possibile che si sia già rassegnato?

Voce  Che vuol che le dica? Non s'occupa più di nessuno. Nemmeno di se stesso. Lo vestano, lo sve­stano, lo chiudano in una cassa, se ne disinteressa completamente.

Voce  Se vogliono lasciarlo lì, ci resta.

Voce  Vogliono pregare? Preghino. Piangere? Pian­gano. Sta lì, fermo, e lascia fare tutto. Tranquillissimo.

Voce  Ma dove avrà imparato a fare così bene il morto?

Voce  E non è questione di cultura, d'età o d'al­tro. I poveri Io sanno fare come i ricchi, i sapienti come gl'ignoranti. Giovani e vecchi, se ne stanno col medesimo assenteismo.

Voce  Guardatelo, com'è disinvolto, e imparate. C'è niente da ridire? Viene il medico del municipio, e lo trova perfettamente a posto. Viene il prete. Ven­gono gli amici, e hanno la sorpresa di trovarlo già perfettamente ambientato sul letto di morte. Non ha messo molto a prendere il nuovo aspetto. I sopravve­nienti balbettano smarriti...

Voci    (tenebrose)   Ma come?...   ma quando?...

Voce  Lui non ci pensa nemmeno. Non ha perso un minuto. Ha preceduto tutti nel farsi, come si suol dire, mente locale. E già pronto per l'eternità. Bra­vo! (I visitatori applaudono. Il morto si solleva a me­tà sul letto e ringrazia con piccoli inchini)


ATTO   PRIMO

Salotto in casa di Piero. Mattina.

All'alzarsi del sipario, Marcantonio, Jone e Teresa sono in pose di vario sconforto. La signora Ridabella armeggia intorno a un mobiletto. Dall'interno entra Luigi.

Marcantonio(ansioso, a Luigi)   Allora?

Luigi   Niente.

Ridabella Io non m'arrendo. Tante volte questi mobiletti hanno dei ripostigli segreti. Basta toccare per caso una molla nascosta...

Teresa           Tu hai sempre i libri gialli in testa. Lo vedi? Hai rotto una colonnina.

Ridabella Credevo che fosse vuota. Ti ricordi "Il documento trafugato"?

Teresa           Quello era dietro un pannello delle pareti.

Ridabella Per questo vorrei tastare anche i muri. Non si sa mai.

Teresa           Qui non ci sono nascondigli segreti.

Luigi   Ecco il testamento... (Legge)  Mie ultime volontà.

Marcantonio Che cos'ha lasciato?

Luigi   Ha lasciato detto che si dia la notizia ad esequie avvenute.

Marcantonio E nient'altro?

Luigi   Che altro doveva dire?

Marcantonio Dico: non ha lasciato altro?

Luigi   Nient'altro.

Marcantonio È un lascito veramente modesto.

Luigi   C'è qualche piccolo legato insignificante.

Marcantonio Cioè?

Luigi   Consigli, raccomandazioni. Ci sono anche parole buone per te, saluti per tutti.

Marcantonio Grazie. Ma quattrini?

Luigi   Niente.

Marcantonio È stato proprio imprevidente, a ridursi senza una lira.

Luigi   Io direi invece che è stato molto previden­te a spendere tutto mentr'era ancora in vita.

Teresa            Sì, se fosse stato lui volontariamente a ridursi così. Ma ce l'hanno ridotto gli altri. Tutti hanno qualcosa da pretendere, nessuno dà.

Jone   E i quattrini per il funerale?

Teresa            Quelli sono in una busta a parte. Povero marito mio. Non ha mai chiesto nulla a nessuno e nessuno ha mai fatto niente per lui.

Luigi   Teresa, chi è che fa qualche cosa per gli altri, a questo mondo? C'è qualcuno che ha fatto mai qualcosa per me?

Teresa           Per questo vuole che si dia la notizia ad esequie avvenute. E fa bene. Fa bene! Non vuole nes­suno. (Improvvisamente in tono di pazza)  No! ditemi che non è vero!

Jone   Non far la bambina. Se gridi, tutti ti senti­ranno, sapranno la notizia subito.

Luigi    (si alza)   Mah, nella febbrile vita moder­na, non c'è molto tempo da dedicare alla commozio­ne. Si va, ci si commuove in fretta e via. La vita ci reclama, coi suoi doveri. La vita urge. Io mi sono già commosso. (A Marcantonio)  Tu ti sei commosso?

Marcantonio Mi sto ancora commovendo.

Luigi   Non hai ancora finito?

Marcantonio Vorrei commuovermi un altro po'.

Luigi   Io, purtroppo, non posso permettermi que­sti lussi. Debbo pensare alle cose pratiche, anche in relazione all'evento doloroso. La vita, non consente soste. Un saluto a chi cade, e via. (Chiama)  Angelica!

Angelica(ragazzotta robusta coi capelli arruffati, le guancie arrossate dalle lagrime e l'espressione di pian­to che le fa arrivare la bocca alle orecchie)   Co­mandi!

Luigi    (la guarda offeso)   Perché piangi, tu? Che c'entri?

Angelica Perché è morto il signor Piero.

Luigi   Tu sei molto gentile, ma ti dispensiamo da queste manifestazioni di solidarietà non  richieste.

Jone    (in tono di rimprovero)   Luigi!

Luigi   Mamma, mi urta i nervi questa ragazza, coi suoi pianti.

Jone   Poverina, è affezionata.

Luigi   Che affezionata, andiamo! È in questa casa da due giorni, figuriamoci che affetto!

Jone   Ma che fastidio ti dà?

Luigi   Se la vedono piangere, sospetteranno che Piero è morto. Come si fa a tener celata la cosa, se c'è una che va in giro con quel mascherone di fon­tana? Capirei fosse una parente, o una di quelle don­ne di servizio che stanno da anni in una casa.

Jone   Ma vedi, bisogna capire questa gente sem­plice. Per loro, un decesso senza lagrime, anche se di estraneo, sarebbe un nonsenso. Una donna di servi­zio che non pianga in queste circostanze, e perfino un estraneo, commetterebbe mancanza di riguardo. Per essi è una questione di buona educazione.

Luigi   Ma bisogna farle capire che non è così, sradicarle questi vieti pregiudizi dalla mente, dirle che è dispensata dal piangere e che anzi ci farà un segnalato piacere se si asterrà da manifestazioni di cordoglio. (Ad Angelica)  Siamo intesi?

Angelica Sì! Ih! (Spalanca la bocca fino alle orecchie e di nuovo si scioglie in lagrime)

Luigi   E dàgli! Smettila di piangere e va' giù dal­la portinaia a pregarla di salire un momento. Hai capito?

Angelica Sì. Ih!... (Via piangendo)

Marcantonio(a Luigi)   Perché vuoi la portinaia?

Luigi   Per non far sapere che è morto Piero.

Marcantonio Se cominci col dirlo a lei, stiamo freschi.

Ridabella Non è cosìche s'occulta la presenza d'un cadavere.

Luigi   Signora, lo so. Nei libri polizieschi, s'usa­no altri sistemi. Magari si brucia il cadavere. Ma qui non siamo in un libro poliziesco e alla portinaia bi­sogna dirlo. Tra l'altro vedrà le esequie, quindi, al­meno a lei, è impossibile dirlo ad esequie avvenute. La sua complicità è necessaria.

Angelica(torna tutta in lagrime)   Signore.

Luigi   E piangi! Vuoi finirla? Tu non c'entri.

Marcantonio È fedele, poverina, è affezionata.

Luigi   Ma che fedele! È rompiscatole. (Ad Ange­lica)  Smetti di piangere, o ti prendo a schiaffi.

Marcantonio Per carità, piangerebbe anche per gli schiaffi.

Luigi   E allora la licenzio.

Marcantonio Piangerebbe per il licenziamento e andrebbe in giro raccontando il perché.

Luigi   Cosicché, ci tiene in pugno?

Marcantonio Non possiamo licenziarla che ad esequie avvenute. (Ad Angelica)  Su, cara, asciugati gli occhi. Che volevi dirci?

Angelica C'è la portinaia.

Portinaia(entrando)   Buongiorno.

Luigi   Buongiorno. Sentite, cara, il signor Piero purtroppo ci ha lasciati.

(La portinaia resta impas­sibile)

Marcantonio(strilla)   È morto!

Luigi   Se strilli così ti sentiranno tutti.

Marcantonio Tutti meno che lui. (Strilla)  Il si­gnor Piero...

Portinaia Ho capito, ho capito. Avevo già sentito, ma che volete che faccia? Vado a chiudere mezzo portone.

Luigi   No. Non dovete chiudere proprio niente. Vi abbiamo chiamato per questo. Il signor Piero ha la­sciato detto che si dia la notizia ad esequie avvenu­te. Perciò, nessun segno, e non dite niente a nessuno.

Portinaia Per conto mio, stia tranquillo. Buongiorno. (Via)

Luigi   Bisognerà avvertire i parenti.

Teresa           Non vuole nessuno.

Luigi   Le pompe funebri le ho già avvertite.

Marcantonio Anche le pompe funebri?

Luigi   Queste, è certo che non si possono avver­tire ad esequie avvenute, visto che proprio esse do­vranno farle.

(Si ode suonare alla porta di casa. Tutti trasalgono e si guardano l'un l'altro sgomenti. Entra Angelica, la cameriera, tutti gli sguardi si fissano su lei, interrogativi)

Angelica Ho guardato dallo spioncino. E un signore solo.

Luigi   Dev'essere lui. Comunque, voi, via, via, via. (Ad Angelica)  Fallo entrare.

(Angelica via, mentre tutti gli altri, meno Luigi, passano nel resto dell'ap­partamento)

Agente P. F. (entrando a Luigi)   Il signore che m'ha telefonato poco fa in relazione a un avvenimen­to di cui si desidera dar notizia ai terzi soltanto do­po ultimate le prestazioni che da noi richiedono?

Luigi   Lei...

Agente P. F.  Mi scusi se sorrido. Lo fo acciocché eventuali testimoni non al corrente dell'avvenimento che ha formato oggetto della nostra conversazione e che debbano esserne messi a parte, giusta il deside­rio espresso dal protagonista dell'avvenimento stesso prima che questo si manifestasse, come da lei dettomi, non sospettino che in questa casa c'è quanto si desidera momentaneamente occultare.

Luigi   Scusi, non ho seguito bene...

Agente P. F.  Ella mi ha detto che la persona di cui alla nostra conversazione telefonica, prima che si manifestasse il caso che ha indotto lei a chiamarmi, aveva lasciato detto che la notizia del caso medesimo venisse data dopo che fossero eseguite le operazioni per le quali ella mi ha fatto l'onore di rivolgersi a noi. Questo le spiega perché uso un linguaggio peri­frastico e il mio sorriso, acciocché non si sospetti, in casa... Luigi Ma in casa sanno tutti.

Agente P. F.  Tanto meglio. Ciò limita il campo delle nostre precauzioni. Del resto, noi non possiamo sapere se tutti sanno, o no. E, visto che qui tutti sanno, mi permetto d'assumere un'espressione triste, più consona alle circostanze. Anche perché particolarmente oggi mi è penoso sorridere. (Abbassa gli occhi e in fretta, quasi vergognoso)  Proprio stamatti­naho avuto un lutto.

Luigi   Mi rendo conto di dire una sciocchezza, ma non le nascondo che mi fa una curiosa impressione il fatto che anche lei... E, se non sono indiscreto, chi...

Agente P. F.  Mia moglie, signore, la cara com­pagna della mia vita.

Luigi   Le faccio le mie condoglianze.

Agente P. F.  Grazie. Anch'io a lei, di tutto cuore.

Luigi   Grazie. (Si stringono la mano)  Si faccia coraggio.

Agente P. F.  Anche lei. Deve essere forte.

Luigi   Anche lei. Deve reagire.

Agente P. F.  Anche lei.

Luigi   Basta. Parliamo un po' del funerale di mio cognato.

Agente P. F.  Con piacere... Scusi. Volevo dire... Con dispiacere... Cioè...

Luigi   Comprendo. (Alla porta dell'interno)  Tere­sa.

(Dall'intento rientrano Teresa, Ione, la Ridabella e Marcantonio) 

Teresa. C'è qui l'incaricato delle pom­pe funebri. Vogliamo decidere il da farsi?

Teresa            (disfatta)   Fate voi. Io non sono capace di niente. Sono ridotta uno straccio.

Marcantonio Lo credo, povera figlia mia. Dovresti mangiare qualche cosa.

Teresa           Non mi va niente.

Jone   Ma così t'ucciderai.

Teresa           Volesse il cielo.

Luigi    (all'Agente)   Vede? È digiuna da ieri e non vuol prendere niente... Ma forse... anche lei... dovreb­be mangiare qualcosa...

Agente P. F.  Niente. Ho lo stomaco chiuso. Da ieri.

Luigi   Ma così s'ucciderà.

Agente P. F.  Volesse il cielo.

Ridabella(stupita)   Ma che c'entra lei?

Teresa            (all'agente)   Quello che mi raccomando, è che sia rispettata la volontà del mio povero marito: che la cosa non si sappia che ad esequie avvenute.

Agente P. F.  Stia tranquilla, signora, si farà tutto con  la massima discrezione.  Piuttosto, loro...

Luigi   Il portiere è avvertito di non dir niente a nessuno.

Agente P. F.  Parenti da informare?

Teresa Nessuno. Il mio povero marito ha parlato chiaro. Non vuole nessuno. E la sua volontà è sacra.

Agente P. F.  E più che giusto. (Accingendosi a prendere appunti)  Il feretro?

Teresa           Il più ricco possibile. Anche il carro. Non voglio badare a spese, povero marito mio.

Agente P. F.  Sei cavalli?

Teresa           Non è possibile di più?

Agente P. F.  Signora, è il massimo. Ma guardi che sei cavalli sono più che sufficienti.

Luigi   Teresa, non ti pare che siano troppi, sei cavalli? In fondo basterebbero quattro. Due. A stretto rigore, perfino uno, per quel  che pesava il  povero Piero.

Teresa           Sei cavalli.

Luigi   Manco ci fosse da portare un reggimento.

Teresa           Sei cavalli.

Agente P. F.  La capisco, signora. Anch'io, se po­tessi offrire a mia moglie un funerale di lusso... Pur­troppo sono un modesto impiegato dell'azienda e non posso permettermi certi lussi. Per l'estrema dimora hanno già qualche cosa? No? Immagino che non vor­ranno che il marmista venga qui. Sempre per non dar nell'occhio. Se credono... (Fissa Marcantonio)

Marcantonio Scusi, sa, ma quando lei mi guarda, provo un sentimento curioso. Mi pare che mi guardi con simpatia, quasi con ammirazione, e che pensi di me: "Che bel morto sarebbe!"

Agente P. F.  Ma le pare?

Mercantonio Ecco, vede? Adesso m'è sembrato quasi che mi prendesse le misure ad occhio e m'è par­so di leggere nel suo sguardo un muto rimprovero per il fatto che sono vivo.

Agente P. F.  Ma le pare!

Mercantonio Non solo, ma, per il fatto d'esser vivo, che so, mi sento un po' imbarazzato, sotto il suo sguardo. Come se, data la sua professione, io la defraudassi di qualche cosa.

Luigi   Ma che ti viene in mente, papà? (All'agen­te)  Mio padre è un po' schizofrenico. Piuttosto, lei stava dicendo qualcosa a proposito della tomba, se non sbaglio.

AgenteP. F.  Sì,se volessero vedere qualcosa di conveniente, potrei accompagnarli dal marmoraio.

Marcantonio Io direi di sì.

Jone   Andate, andate, vi farà anche bene prendere una boccata d'aria. Tanto per quel che c'è da fare qui...

Luigi   Andiamo. (Alle donne)  Mi raccomando, che nessuno sappia né sospetti niente.

Jone   State tranquilli.

Agente P. F.  Riverisco.

(Agente, Marcantonio e Luigi via. Rimaste sole nella casa silenziosissima, le tre donne siedono)

Teresa            (sospira)   Eh!...

Jone    (c. s.)   Eh!...

Ridabella(c. s.)   Eh!...

Angelica (c. s.)   Eh!...

(Si ode suonare alla porta. Le tre donne si scambiano occhiate di sgomento)

Ridabella(drammatica, con un bisbiglio)   Ferme. Vado a vedere dallo spioncino. (Via in punta di pie­di. Le altre aspettano ansiose. Rientra allarmata. Sem­pre a bassa voce, come una congiurata che riveli atro­ci segreti. Anche le altre parlano a bisbigli) 

È Demagisti, con una signorina.

Teresa            (stupita)   Demagisti?

Jone   Chi è Demagisti?

Teresa           Un amico del povero Piero. Ma non è mai venuto in casa nostra.

Jone   Avrà saputo e viene per le condoglianze.

Ridabella Non credo. Chi avrebbe dovuto dirglielo?

Jone   Eppure è qui. E non era mai venuto.

Ridabella Che vuol dire? Sapeva che Piero era malato?

Teresa           Per forza. Sono stati assieme in clinica. Che faccia aveva?

Ridabella La solita.

Teresa Ma allegra, triste?

Ridabella Piuttosto allegra, m'è sembrato.

Jone   Allora, sa.

Ridabella Però era un'allegria un po' forzata.

Jone   Allora, non sa.

Ridabella E hanno dei fiori.

Jone   Allora, sa.

Ridabella D'arancio.

Jone   Allora, non sa.

Ridabella Eh, chi lo sa?

Teresa            (ad Angelica)   Digli che non c'è nessuno. Anzi, non aprire addirittura. Crederà che siamo par­titi.

Ridabella Si fa presto a dire: "non lo ricevo", ma credo che ti convenga riceverlo, invece.

Teresa           Per carità. Conosce tutti i nostri conoscenti. Se subodora qualcosa, tra mezz'ora tutti sa­pranno.

Ridabella Proprio per questo devi riceverlo. Le ipotesi sono due: o sa o non sa. Se non sa, non glielo faremo capire. Ma se già sa, devi pregarlo di non dir niente a nessuno. E, per far questo, devi riceverlo.

Teresa           Accidenti a questo seccatore. Ha sempre scombinato le cose nostre. Piero non voleva far sa­pere ch'era in clinica, e lui capitò nella stessa clini­ca, con la stessa malattia. Non voglio assolutamente riceverlo. Non si apra la porta. Penserà che non c'è nessuno e se ne andrà. Non fatevi sentire.

Ridabella Come vuoi. (Fa una faccia terrorizzata) 

Teresa           Che succede?

Ridabella Mi scappa uno starnuto.

Jone   Trattieniti.

Ridabella(contrae i lineamenti)   I...i..i..mpossibile... (Spalanca la bocca e scoppia in un colossale starnuto. Immediatamente come a un colpo di bac­chetta magica, suonano di nuovo alla porta)

Teresa            (ad Angelica)   E va bene. Va' ad aprire.

Ridabella Non bisogna mostrarsi tristi. Forse non sa, e capirebbe.

Jone   Ma nemmeno bisogna mostrarsi allegri. Forse sa, e non sarebbe bello.

Ridabella Aspetteremo che parli lui.

(Le tre donne seggono, assumendo espressioni neutre. Introdot­ti da Angelica entrano Demagisti e Lola. Teresa, Jone e la Ridabella li fissano con facce ansiose in attesa di decidere se assumere o no un'espressione triste. I visitatori a loro volta le guardano impassibili)

Demagisti Agli amici non bisogna nascondere le cattive notizie.

(Le tre donne si scambiano occhiate sgomente) 

Mi sposo. (Addita la signorina che è con lui)  E questa è la vittima.

Ridabella(come sollevata da un peso)   Ma bravo. Rallegramenti.

Lola   Sposiamo domattina.

Jone   Così, all'improvviso?

Demagisti Le dirò, è una storia un po' curiosa. Quand'ero in clinica, Piero lo sa, dissi a me stesso: se guarisco, prometto di sposare Lola. Sono guarito.

Lola   Abbiamo anche un bel maschietto di tre anni.

Ridabella Di già? Avete fatto presto.

Jone   Sono cose più che naturali... Un parto prematuro.

Demagisti No, le dirò, è una storia un po' curio­sa. Tempo fa mi ruppi una gamba. Dovevano ampu­tarmela. Dissi a me stesso: se non me la tagliano, prometto di adottare un bambino. La gamba si salvò. Capirà, mi serviva.

Jone   Il bambino?                             

Demagisti La gamba.

Ridabella Lo credo bene.

Demagisti No. Lei non immagina perché mi ser­viva in modo particolare.

Ridabella Ballo?

Demagisti No. Una volta che viaggiavo per mare, la nave stava per affondare. Dissi a me stesso: se mi salvo, farò ogni giorno quattro chilometri a piedi. Lei capisce che, senza gamba...

Ridabella Così lei, ogni giorno, si fa questa ma­ratona.

Demagisti Non più, da qualche tempo. Perché il bambino s'ammalò. Dissi: se guarisce, rinuncio alla passeggiata quotidiana. Era l'unico mio svago. Il bambino guarì. Ma ora cercherò di riprendere le mie passeggiate.

Ridabella Come può farlo?

Demagisti Se va a buon fine questa faccenda del matrimonio, ho promesso di fare ogni giorno due chilometri a piedi. Basta. Prima di esporle Io scopo della nostra visita, mi dica una cosa, signora Teresa: Piero come sta?

Teresa           La verità? Proprio la verità?

Demagisti La sincera verità.

Teresa           Non si può lamentare.

Demagisti Ho piacere. L'essenziale è che non peggiori.

Jone   Questo è escluso.

Demagisti Lo lasci riposare. Che riposi in pace.

Jone    (distratta)   Amen. Volevo dire, certo.

Demagisti Per la colite ci vuole pace. Pace e pro­teine. E una cura americana, che si chiama perciò "dei due p", peace and proteins. In clinica i medici lo sapevano, ma avevano dimenticato che cos'era il secondo "p".

Ridabella Le proteine.

Demagisti Precisamente. Sapevano che il primo era la pace e che il secondo si riferiva all'alimenta­zione. E provavano: pace e peperoni... pace e provo­lone... pace e pomodori... pace e polpi... A ogni espe­rimento, moriva qualcuno.

Lola   Pace e piselli... Pace e porchetta... Sa, la porchetta al forno, intiera, intasata di pepe. S'usa molto nei Castelli Romani, anche perché mette sete e gli osti fanno affari d'oro. Viene cotta con tutta la pelle, che è la parte migliore, benché un po' dura, ma croccante, se ben rosolata. E fatta rosolare con un grosso bastone di legno, che entra nella bocca ed esce dalla parte opposta.

Ridabella Certo, darà un po' fastidio.

Lola   Che cosa?

Ridabella Questo bastone.

Lola   Ma il bastone va ficcato nella porchetta.

Ridabella Ah, volevo ben dire.

(Entra Angelica al solito col volto lacrimoso e serve il té)

Demagisti(alla Ridabella indicando Angelica)  Piange?

Ridabella Ma sì, sta pulendo certe cipolle.

Lola   E c'è da piangere, per tanto poco?

Demagisti(allarmato)   Cipolle? Qui si mangiano cipolle? Voglio sperare che non ne farete mangiare anche a Piero.

Teresa            (patetica)   No, no, stia tranquillo.

Ridabella(A Demagisti)   Una sigaretta?

Demagisti Grazie.

Ridabella No, dico: avrebbe da darmela?

Demagisti Mi dispiace, non fumo.

Lola   Se hai sempre fumato?

Demagisti Fumavo. Fumavo fino a un'ora fa. Ma adesso non fumo più.

Lola   Non m'avevi detto che ti sei tolto il vizio.

Demagisti Ti dirò, è una storia un po' curiosa. Avevo, come sai, un dente che mi faceva soffrire le pene dell'inferno, ma non trovavo il coraggio di farlo strappare. Stamani ho detto: se trovo questo corag­gio: non fumo più. L'ho trovato.

Lola   Così l'hai perduto.

Demagisti No, l'ho trovato.

Lola   Alludevo al dente.

Demagisti Io al coraggio. Così me lo sono tolto.

Lola   Il dente.

Demagisti No, il vizio del fumo.

Lola   Ma ti sei tolto anche il dente. Hai fatto be­ne a togliertelo.

Demagisti Il dente?

Lola   No, il vizio del fumo. Ma se adesso venissi allo scopo della nostra visita?

Demagisti Ah, già. (A Teresa)  Lo scopo, anzi gli scopi, perché sono più d'uno. Primo, invitarvi al no­stro ricevimento di nozze.

Teresa Credo che Piero non potrà venire.

Demagisti Secondo, pregare Piero di farmi da testimonio.

Teresa           Questo sarà anche più difficile, ho paura.

Demagisti Se non può venir lui, potrà delegare qualcuno a rappresentarlo.

Teresa           Anche questo non sarà tanto facile, credo.

Demagisti Non mi dica di no. M'offendo.

Angelica(entra turbata)   Signora, c'è di là un operaio che vuole assolutamente entrare nella stanza dove riposa il signor Piero.

Teresa            (imbarazzata)   Forse è quello che viene per certi lavori...

Operaio(entrando)   Signora, non è per un capric­cio, che voglio entrare. Ma s'è spezzato un filo della corrente elettrica ad alta tensione e questo mette in pericolo la vita dei passanti.

Teresa           Oh, Dio mio, ci mancava anche questa. Ma che c'entra la stanza di mio marito?

Operaio C'è già l'operaio all'esterno, sulla scalaporta, ma il lavoro di riparazione non può esser fatto che con un altro operaio dalla finestra di quella stanza.

Teresa           Santo cielo, come si fa?... C'è... c'è... di­sordine, in quella stanza...

Operaio             Non è il caso di far cerimonie, io non guardo. Passo un momento, ed esco dalla finestra. Anche se c'è disordine, non lo vedo.

Ridabella Ma c'è un signore che dorme.

Operaio Stia tranquilla, che non si sveglia. Fac­cio pianissimo.

Ridabella Ha un sonno leggerissimo.

Operaio Non si preoccupi.

Angelica(rientra)   Signora, può farlo entrare, l'ho tolto.

Teresa           Che cosa?

Angelica Il... disordine. Ora possono andare.

Teresa            (la guarda sbalordita. Ai visitatori)   Scu­sate un momento. (All'operaio)  Venga.

(Via con l'operaio, con Angelica, Ione e la Ridabella)

Demagisti(a cui è del tutto sfuggito il significato drammatico della scena precedente e che sta beata­mente sorseggiando il tè, rimasto solo con Lola si volge improvvisamente a lei con un gemito)   Lola.

Lola   Che c'è, Paolo?

Demagisti Ho paura che non potrò sposarti più.

Lola   Perché?

Demagisti Tu sai che avevo fatto un voto: se fossi guarito...

Lola   Mi avresti sposata. Sei guarito.

Demagisti Non sono guarito.

Lola   E me lo dici adesso?

Demagisti Adesso me ne accorgo. Ohi, ohi.

Lola   Be’, non ti disperare. In fondo, non è che tu non possa sposarmi più. Sei semplicemente dispen­sato dall'osservanza del voto, se ancora non sei gua­rito. Ma questo non ti impedisce di sposarmi lo stes­so. Anzi, anticipando l'esecuzione della promessa, di­mostri d'aver fede.

Demagisti Sì, ma ho anche l'aria di voler obbli­gare il cielo. E poi, se non guarisco? Tu sai: passata la festa...

Lola   Tanto meglio. Invece di stare a mercanteg­giare col cielo in un poco dignitoso do ut des, avrai dimostrato di essere più signore tu: non hai ottenuto quello che chiedevi, e tuttavia hai fatto ugualmente quel che avevi promesso.

Demagisti E una soddisfazione relativa. Ma io sto male. Non avrei dovuto prendere il té. Ohi, ohi, debbo andare nel bagno.

Lola   E vai.

Demagisti Mi vergogno: non sono in confidenza.

Lola   Lo dirò io alla signora.

Demagisti No, assolutamente. Te lo proibisco. Piuttosto, dammi un momento la penna stilografica.

Lola   Non vorrai dirmi che occorre una domanda scritta.

Demagisti Ma no, spicciati. (Afferra la penna che Lola gli porge)

Lola   Bravo. Ti sei macchiato le mani. Io doman­do se questo è il modo di maneggiare una penna sti­lografica.

Demagisti L'ho fatto di proposito. Secondami. Eccole che tornano.

Teresa            (rientrando con Ione e la Ridabella)   Scu­satemi, cari amici, ma siete capitati in una giornataccia. Piena di complicazioni.

Lola S'immagini, signora. Piuttosto, questo sba­dato di Paolo voleva scrivere una cartolina e s'è spor­cato le dita d'inchiostro. Dovrebbe lavarsi  le mani.

Teresa            (chiama)   Angelica.

Angelica Comandi.

Teresa           Accompagna il signore nel bagno.

Angelica Oh, povera me!

Teresa           Che altro succede?

Angelica Non si può... C'è disordine.

Ridabella Anche nel bagno? (Spaventata)

Teresa            (ad Angelica)   Hai portato il... il disordi­ne nel bagno?

Angelica Per forza.

Teresa           E come hai fatto?

Angelica Me lo sono caricato sulle spalle.

Teresa           Misericordia! E adesso come si fa? Il si­gnore deve lavarsi le mani.

Angelica Un momento. (Si avvia)

Teresa           Dove corri?

Angelica Torno subito.

Teresa           Che cosa va a fare quella ragazza? Fer­matela, in nome del cielo, per l'amor di Dio!

Ridabella Sta' calma, Teresa, controllati. Mi pa­re che tu sia d'un'impressionabilità estrema, oggi.

Teresa           Ammetterai che ho ben ragione di esserlo.

Ridabella Lo capisco, ma forse quella ragazza è andata a portar via il disordine dal bagno.

Teresa           E proprio quello che temo, mio Dio.

Jone    (guardando fuori dalla porta)   No, no, è più giudiziosa di quanto crediamo! Sta tornando con una bacinella d'acqua.

Demagisti(vedendo rientrare Angelica con l'occor­rente per lavarsi le mani, con una smorfia di orrore)   Eh?!...

Angelica Ho portato anche la pomice.

Jone    (a Demagisti)   Faccia come stesse in casa sua.

Demagisti In casa mia vado nel bagno. Come tut­ti, in questi casi.

Teresa           Lo capisco, ma, col disordine che c'è...

Ridabella Se lo vedesse, si metterebbe le mani nei capelli.

Jone   Scapperebbe. Si lavi, si lavi pure.

Demagisti(comincia a lavarsi le mani con smorfie dolorose. Alla fine esplodendo)   Signora, quella del­le mani era una scusa. Io ho bisogno di andare nel bagno!

(Angelica via di corsa)

Teresa            (drammaticamente mettendosi sulla porta, pronta a contendere il passo)   Non è possibile.

Demagisti Le assicuro di sì.

Teresa           Ma non è possibile andarci.

Ridabella È occupato.

Demagisti Bussate, sfondate la porta. (Si torce per il mal di pancia)

Jone   Ma che occupato! Le dico che c'è... c'è di­sordine.

Demagisti (esasperato) Iome ne infischio del di­sordine. Debbo andare nel bagno. Lo esigo. Lo pre­tendo. Lasciatemi andare.

Teresa           Oh, povera me! (Chiama)  Angelica... An­gelica... Dove s'è ficcata quella ragazza?

Angelica(rientrando calma)   Eccomi, eccomi. Avevo già sentito il discorso. Adesso il signore può an­dare nel bagno. L'ho tolto.

Demagisti Che cosa?

Angelica Il disordine.

Teresa            (con un lugubre ululato)   Uh!...

(Cade se­misvenuta tra le braccia della robusta montanara che è pronta a sostenerla mentre Jone e la Ridabella fan­no strada a Demagisti)

Ridabella(a Demagisti)   Vada, vada pure nel bagno.

(Demagisti via nel bagno).

Lola   Vado un momento in farmacia. (Via)

Teresa            (con un fil di voce, ad Angelica)   Dove lo hai messo?

Angelica Che cosa?

Teresa           Il... disordine.

Angelica L'ho riportato nella stanza da letto.

Teresa            (cadendo nuovamente in deliquio)   Acci­denti, come sei forte!

Angelica Al paese mio portiamo fascine di quin­tali sulla testa.

Teresa            (con un altro principio di svenimento)   Lo hai portato sulla testa?

Angelica No. Fo per dire. L'ho portato sulle braccia.

Teresa           E l'operaio?

Angelica Che cosa?

Teresa           L'ha visto?

Angelica No. Stava lavorando fuori dalla finestra.

Teresa           Sia lodato il cielo. E quando dovrà rientrare?

Angelica Be'?

Teresa           Lo vedrà?

Angelica L'ho coperto, come se dormisse.

Teresa           Brava. Però adesso basta, col portarlo avanti e indietro.

Angelica Non sono mica stanca. Al mio paese portiamo le fascine per chilometri e chilometri.

Teresa            Sì, ma questa è un'altra cosa. Povero Piero! Non ha pace nemmeno adesso. Sballottato da una stanza all'altra.

Angelica Ma il bagno e la camera da letto sono vicini.

Teresa            Non è una buona ragione. Mi fa male al cuore, pensare che quella bell'anima è sballottata qua e là.

Jone    (che si è avvicinata)   Per rispettare la sua volontà.

Teresa           Anche questo è vero.

Jone   Santo cielo, tutto questo scompiglio, per la sua bella pretesa di dar la notizia dopo le esequie. Chi sa perché poi, tutto questo mistero. E tanto bel­lo far le cose come le fanno tutti, alla luce del sole. No, lui si doveva distinguere. Sempre. In tutto. Vuoi far la sorpresa. A cose fatte. Vuol far l'originale. Gran brav'uomo, non c'è che dire, che Dio l'abbia in glo­ria. Ma aveva certe idee, tutte sue. Va', Angelica, va' ad assicurarti che non si veda. Che, se si trasgre­disse alla sua volontà, chi lo sent... Uh, Dio mi per­doni, stavo per dire: chi lo sente? Pignolo com'era!

Teresa            (mentre Angelica esce)   Mamma, è morto e gli dài del pignolo.

Jone   In senso buono, Teresa. In fondo lo era.

Teresa           Sì, ma non bisogna dirlo. Almeno i pri­mi giorni.

Angelica(pallida come una morta e con una faccia spaventatissima, rientra e si avvicina a Teresa)  ... Signora...

Teresa           Che altro succede?

Angelica(turbata sempre)   Signora. Una cosa ter­ribile... Una cosa incredibile.

Teresa           Oddio, mi fai venire un accidente. (A Jo­ne e alla Ridabella)  Voi badate alla porta di casa. (Jo­ne e la Ridabella escono. Ad Angelica)  Parla.

Angelica Non ho il coraggio.

Teresa           Insomma, che è successo?

Angelica Mi promette di non spaventarsi?

Teresa           Ma vuoi spiegarti in nome del cielo?

Angelica Non c'è più.

Teresa           Chi?

Angelica Il disordine.

Teresa           Vuoi dire il signor Piero?

Angelica Sì. Sono andata a vedere se era coperto bene, e non l'ho più trovato.

Teresa           Ma che dici? Sei impazzita? Guarda be­ne. Ti pare possibile?

Angelica Glielo assicuro. Ho guardato benissimo.

Teresa           Non fare l'imbecille. Dove l'avevi messo?

Angelica Gliel'ho detto: sul letto, coperto.

Teresa           E adesso?

Angelica Non c'è più. Scomparso.

Teresa           Ma non dire sciocchezze. Hai guardato sotto il letto?

Angelica E stata la prima cosa. Non c'è. E, poi, come ci andava?

Teresa           L'avrai lasciato nel bagno.

Angelica E l'ha preso per un fazzoletto?

Teresa           Ma sei certa di non sbagliare? Che tu lo abbia dimenticato nel corridoio?

Angelica Le dico di no. Prima l'avevo portato nel bagno. Poi, quando ho sentito che il signor Demagisti voleva andare assolutamente nel bagno, l'ho ri­portato nella camera e l'ho ricoperto, in modo che pa­reva che sotto le coperte ci fosse uno che dormiva.

Teresa            Ma sei sicura di non averlo lasciato in qualche altro posto? Non ti sarà cascato, benedetta ragazza? Con quell'uso di portare i pesi sulla testa.

Angelica Per carità. Le dico: l'avevo messo sul letto. Adesso sono tornata, ho alzato le coperte e non c'è più.

Teresa           E spaventoso. Non può essersene andato da sé. Non può averlo portato via l'operaio. Per qua­le ragione doveva farlo?

Angelica L'operaio se ne è andato da un pezzo. Ho guardato fuori dalla finestra, non c'è più.

Teresa           E come se ne è andato?

Angelica Con la scala che era fuori.

Teresa           Che si sia portato via la buonanima?

Angelica Ma le pare?

Teresa            E allora? dove sarà, la buonanima? San­to Cielo! Va' a vedere se ci sono ancora altri operai, fuori. Cerca di sapere se hanno visto qualche cosa. (Angelica esce)

Teresa            (a Jone e alla Ridabella che stanno fuori la porta)   Mamma, Clelia, scusate, potete venire un momento qui? (Le due entrano)  Capita un fatto in­credibile.

Jone   Cioè?

Teresa           Non si trova più il povero Piero.

Ridabella Ma va'!

Teresa           Angelica l'aveva riportato dal bagno nel­la stanza da letto, e adesso non c'è più.

Jone   Che dici mai?

Teresa           Bisogna pensare che se lo sia portato via l'operaio, il quale pure non c'è più.

Ridabella E per che farne?

Teresa           Che ne so? Se ne sentono tante. Ho man­dato Angelica a cercare l'operaio.

Jone   Ma non è possibile che sia stato lui.

Teresa           D'altronde, non può esser volato in cielo.

Ridabella Un caso simile avviene nel "Cadavere scomparso".

Teresa(ansiosa)   E non rammenti dove era scom­parso?

Ridabella Era stato disciolto in un liquido cor­rosivo, che ne aveva completamente cancellato le tracce.

Jone   Non può essere il caso nostro.

Angelica(tornando)   Niente.

Ridabella Hai guardato dietro i mobili?

Angelica E stata la prima cosa. Del resto, chi doveva nasconderlo, e perché?

Ridabella E allora, non c'è che una spiegazione possibile.

Jone   Cioè?

Ridabella Angelica non dice la verità.

Angelica Giuro...

Ridabella E inutile. Non s'è mai visto che il col­pevole giuri. Comunque, il giuramento non può consi­derarsi una prova.

Angelica Ma io non sono colpevole.

Ridabella Può darsi. Ma allora, vedi, siamo in presenza d'un caso di mitomania. E lampante. Ce ne era uno del "Delitto immaginario", che faceva perde­re la testa a tutto il dipartimento di polizia di New York, proprio per la fantasia malata di una dome­stica.

Jone   Clelia, ti supplico, lascia stare i libri gialli e vieni al dunque. Che c'entra la, come dici? mitomania? Che cosa intendi dire?

Ridabella Che questa ragazza sbaglia, è vittima di un'illusione abbastanza frequente nei temperamen­ti fantastici e un po' nervosi. Forse per l'emozione, forse per l'abitudine a mentire, ella crede di aver portato il povero Piero nella stanza da letto, e invece l'ha lasciato nel bagno.

Teresa           Misericordia! Nel bagno c'è Demagisti. Se s'è trovato alle prese col cadavere, gli sarà venuto un accidente.

Ridabella Ci mancherebbe anche questo. Bisogna accertarsi. (Ad Angelica)  E intanto tu resta a dispo­sizione.

(Le donne vanno davanti alla porta del ba­gno e la Ridabella appoggia l'orecchio alla serratura e sta in ascolto trattenendo il respiro) 

Jone    (pianissimo)   Be'?

Ridabella(c. s.)   Non dà segni di vita.

Jone    (c. s.)   Cha davvero abbia trovato il cadave­re e sia morto per l'impressione?

Ridabella E quello che vedremo. Un caso simile c'è nella "Vasca insanguinata" e dà molto filo da tor­cere al coroner, pover'uomo, che per poco non finisce al manicomio. Tanto simpatico.

Jone   Chi?

Ridabella II coroner.

Jone   Ma che m'importa del coroner? Io mi pre­occupo di Demagisti. Che gli sia capitato qualcosa?

Ridabella(con l'orecchio alla serratura)   Comin­cio a pensare che sia proprio morto e che... (Fa all'improvviso un salto indietro)  No. Non è morto. A meno che non sia morto proprio in questo momento. Non me ne stupirei affatto. (Si rimette in ascolto. Non udendo altri rumori, arrischia una timida bus­satina)

Voce Demagisti(dall'interno del bagno)   Occupato.

Ridabella Scusi, signor Demagisti, è occupato soltanto da lei e non da altri?

Voce Demagisti(un po' seccata)   Non capisco la sua domanda.

Ridabella Dico: non c'è nessun altro con lei?

Voce Demagisti  Diamine, chi vuole che ci sia? Sono solo.

Angelica Lo vede? Nel bagno non c'è. Lo so bene.

Ridabella(a bruciapelo, ad Angelica fissandola ne­gli occhi)   Angelica, dove avete nascosto il liquido corrosivo in cui avete disciolto il corpo del povero si­gnor Piero?

Angelica Che liquido?

Jone    (alla Ridabella)   Ma perché doveva discioglierlo?

Ridabella Per farlo scomparire. Non è il primo caso. Ed è il sistema più comodo, che non lascia traccia.

Jone   Ma fammi il piacere. Ti prego, non pensare ai libri gialli.

Ridabella Converrai che la situazione è proprio da libro giallo. (Energicamente)  Il povero Piero deve venir fuori.

Jone   E stiamo fresche, se aspettiamo che venga fuori lui!

Ridabella Anche se fosse caduto dal letto, dovreb­be trovarsi. Intanto, questa ragazza dovrebbe fare un salto dal portiere e domandargli se ha notato qual­cosa di sospetto nell'operaio che è andato via. Se a-veva oggetti, pacchi, o cose del genere. O se sosteneva a fatica un compagno, apparentemente in stato di ubriachezza. C'è un caso di questo genere, che fa am­mattire la squadra omicidi...

Jone   Finiscila coi tuoi casi.

Ridabella(ad Angelica)   Non tentare di tagliar la corda, piccola. Sarebbe inutile. E ti metteresti nei guai. (Angelica via)  La prolungata permanenza di De­magisti nel bagno non mi persuade. (Torna a bussare pian pianino)  Signor Demagisti!

Voce Demagisti(dall'interno del bagno in tono la­mentoso)   Che altro c'è?

Ridabella Scusi se la disturbo ancora, non mi mandi al diavolo, ma vorrei domandarle una cosa. Mi risponda con tutta franchezza: perché si trattiene tanto nel bagno?

Voce Demagisti(gemendo)   Signora, la supplico, la scongiuro, mi lasci in pace. Se mi trattengo, avrò le mie buone ragioni, no?

Ridabella Scusi, scusi, scusi.

(S'allontana con le altre)

Angelica(entra, a Teresa)   Il portiere ha visto l'operaio andarsene, ma senza pacchi o altro, ed era solo.

(Le tre donne si scambiano occhiate sgomente)

Teresa Cerca ancora, Angelica!

(Angelica via)

Lola    (rientrando da destra, dall'esterno, con pac­chetti di medicinali)   Eccomi qua!

(Contemporaneamente, dalla parte opposta, rientra Demagisti)

Ridabella(vedendo entrare Demagisti, lo fissa ansiosa)   Allora?

Demagisti(un po' sorpreso dalla domanda)   Allora che?

Ridabella Dico: nel bagno, tutto in ordine?

Demagisti(seccato)   Ma sì, signora, non capisco questa sua insistenza.

Ridabella Scusi, volevo dire: non ha avuto emo­zioni speciali?

Demagisti In che senso?

Ridabella Tutto normale? Nessuna sorpresa?

Demagisti Ma che domande! Sto bene, non si preoccupi, signora. Grazie. Pensi ai fatti suoi.

Lola   Paolo, perché rispondi così scortesemente?

Demagisti Ma se n'esce con certe domande!

Angelica(rientrando, a Teresa)   Non si trova. Ormai ho cercato in tutta la casa.

Teresa            (angosciata, ridendo istericamente, accioc­ché i visitatori non capiscano, e per darsi un'aria di­sinvolta, minimizzando il caso)   Non si trova... Ah... ah... (Ride)

Jone, Ridabella e Angelica (ridendo c. s.)   Non si trova... Ah... ah...

(Tutt'e quattro le donne ridono iste­ricamente, fissando Demagisti e Lola, che le guarda­no stupiti) 

Non si trova... Cerchiamo ancora... Ah... ah...

(Via, ridendo istericamente tutt'e quattro, fra lo stupore di Demagisti e Lola)

Demagisti Lola!

Lola   Che c'è?

Demagisti(in tono astuto)   Debbono aver perduto qualche cosa.


ATTO SECONDO

Stessa scena. Stesso momento della fine del primo atto. Demagisti e Lola sono nel medesimo atteggia­mento in cui li abbiamo lasciati.

Demagisti(ripete con lo stesso tono astuto la bat­tuta finale del primo atto)   Debbono aver perduto qualche cosa.

Voce Angelica(dall'anticamera)   Le dico che il signore sta riposando e la signora non riceve nes­suno.

Voce Operaio (c. s.)   Qualcuno della famiglia, in­somma. È cosa importante.

Angelica(introducendo l'operaio)   S'accomodi qui, vado a sentire. (Via)

Operaio(imbarazzato e agitato a Demagisti e a Lo­la)   Loro sono della famiglia?

Demagisti No, siamo degli amici. Perché? È suc­cesso qualcosa?

Operaio Una cosa tremenda. Non ha colpa nessu­no, è stata una fatalità.

Demagisti Insomma, che è successo?

Operaio Una disgrazia spaventosa, non so come dirlo a questa povera gente.

Demagisti Ma che c'entrano loro?

Operaio Lavoravo a riallacciare un filo dell'elet­tricità da una finestra di questa casa.

Demagisti Lo so. C'eravamo noi, quando lei è venuto.

Operaio Nella stanza c'era un tale a letto.

Demagisti Che dormiva, lo so.

Operaio Non l'avevo nemmeno visto, perché sta­va sotto le coperte. Mentre lavoravo fuori dalla fine­stra, il filo mi è scappato dalle pinze isolanti ed è andato a finire nella stanza, e precisamente sul letto. La corrente era stata tolta, ma si vede che, per una errata manovra della centrale, proprio in quel mo­mento era stata ridata. Per un attimo solo. Ma è ba­stato: il signore che dormiva a letto è rimasto...

Demagisti(atterrito)   No!

Operaio Stecchito.

Demagisti Oh, povero Piero!

Operaio E passato dal sonno alla morte. Senza un gemito. Proprio la morte del giusto. Ah, sì, per questo, non ha sofferto minimamente.

Demagisti Oh, povero Piero!

Operaio Per ritardare la scoperta, preso dal pa­nico, ho nascosto il cadavere, e sono scappato dalla finestra.

Lola   E qui nessuno ne sa niente. Oh, poveretti!

Demagisti Sfido che cercavano. Cercavano il po­vero Piero. Ed evidentemente non l'hanno ancora tro­vato, se no sai che strilli, povera gente!

Lola Scappiamo prima che tornino. Qui avverrà l'iradiddio, quando lo troveranno.

Demagisti Ma non possiamo abbandonarli in un momento simile. Abbiamo il dovere d'essere vicino a questi poveretti.

Operaio Io aspetto di là.

(L'operaio via a destra)

Demagisti(a Lola)   E noi occupiamoci delle cose più urgenti. Sono povere donne sole. Pulcini nella stoppa. Per prima cosa dobbiamo fare le partecipa­zioni agli amici. (Scrivendo)  Debbono venire tutti. Ec­co fatto. (Legge ad alta voce)  Ha cessato di vivere Piero Davenza / cittadino integerrimo / lavoratore in­defesso / sposo esemplare / figlio amorosissimo / fra­tello discreto / cugino soddisfacente / cognato passabile / genero detestabile / prozio tenerissimo / bi­scugino senza particolare rilievo / nipote insignifican­te / pronipote modello / suocero insuperabile / ami­co pignolo / avolo, bisavolo, arcavolo impareggiabile / a cui i posteri diranno un giorno: / grazie, arcavolo! Adesso bisogna avvertire i parenti.

Lola   Anche questo! Com'è complicato vivere!

Demagisti Anzi, morire.

Lola   Cioè, sopravvivere. C'è da far venire un ac­cidente a questa povera gente, a telegrafare di veni­re, perché Piero è morto.

Demagisti Naturalmente. Non bisogna telegrafa­re con brutale franchezza la notizia del decesso.

Lola   Io direi di telegrafare come s'usa in que­sti casi:   "Piero gravissimo, venite subito".

Demagisti Lola, tu sei una brava ragazza, ma non rifletti mai, prima di parlare. Allora, tanto var­rebbe telegrafare:  "Piero morto".

Lola   È per non allarmarli.

Demagisti Benedetta figliola, si sa che, quando si telegrafa "gravissimo," vuol dire morto. Tu stessa hai detto: come s'usa in questi casi.

Lola   Allora, telegrafiamo: "Piero grave." È me­no allarmante.

Demagisti Non mi sembra. Capiranno che non vo­gliamo allarmarli con "gravissimo" e che Piero è pro­prio gravissimo, cioè morto.

Lola   Allora telegrafiamo: "Piero non bene, veni­te subito."

Demagisti Ti pare possibile? Se uno non sta be­ne in modo tale da richiedere l'immediata partenza dei suoi cari, vuol dire che è gravissimo, e siamo da capo. C'è da accoppare quei poverini. Oppure, da far­si prendere per pazzi.

Lola   È giusto. Allora, telegrafiamo:  "Piero non benissimo, venite subito." Oppure:  "Leggera indispo­sizione Piero richiede vostra immediata partenza." O...

Demagisti Non ci siamo.

Lola   Non vorrai telegrafare "Piero ottimamente, venite subito."

Demagisti Cara, non è tanto il non bene o il non benissimo, quanto il "venite subito," che toglie ogni valore all'eufemismo. D'altronde, non possiamo tele­grafare:  "Piero, non bene, restate dove siete."

Lola   E se, invece di "Piero gravissimo" telegra­fassimo  "Filippo gravissimo, venite subito?"

Demagisti Che c'entra Filippo, se è morto Piero?

Lola   Così non si allarmerebbero.

Demagisti Non s'allarmerebbero, ma non capi­rebbero nemmeno. (Sospettoso e un po' geloso)  E poi chi è questo Filippo?

Lola   Fo' per dire. Un nome qualunque. Del resto c'è il portiere che mi pare si chiami Filippo.

Demagisti(con le mani nei capelli)   Lola!... Lo­la!...

Lola   Eppure, un simile espediente ci permette­rebbe di telegrafare senza reticenze: Filippo morto, Filippo crepato!

Demagisti Ma a che scopo? direbbero: "Salute a noi."

Lola   Non credo. Per quanto non esista tra i loro parenti e amici nessun Filippo, pure sono convinta che non possano non provare per la morte d'un loro simile quel minimo d'umana pietà, che non si nega nemmeno a un cane.

Demagisti Ma non al punto di muoversi e veni­re qui.

Lola   E allora invertiamo le parti. Telegrafiamo che loro sono gravissimi e che Piero va subito.

Demagisti Oh, povera ingenua! Ma davvero tu credi che una persona s'allarmerebbe di meno, sen­tendo che è gravissima lei stessa, piuttosto che un terzo, sia pure molto caro? Ma dove stai con la te­sta? La salute è il numero uno. E, poi, sentendolo co­municare per telegrafo. C'è da far pigliare un acci­dente al destinatario. Ma poi non servirebbe a niente.

Lola   Come sei prolisso, Paolo. Non so se resiste­rò, quando saremo sposati, e certe volte sarei tentata di avviare fin da ora le pratiche per la separazione.

Demagisti Insomma, non capirebbero, mentre debbono venire ai funerali: senza sapere con certezza che lui è morto.

Lola   E vuoi fargli credere che gli si fanno i fu­nerali mentre è vivo?

Demagisti Debbono capire e non capire.

Lola    E allora perché non telegrafare, per esempio: "Vinto lotteria, venite subito per incassare"? Sai co­me si precipiterebbero? E farebbero un viaggio felice.

Demagisti E non pensi all'arrivo? Il contraccol­po sarebbe anche peggiore. Sarebbe come esporre qualcuno a un forte calore, per poi sottoporlo a una doccia gelata.

Lola   Lo fanno i norvegesi e pare se ne trovino bene.

Demagisti È la sauna, Io so. Ma qui non siamo in Norvegia. Qui siamo in Italia. E già molto se si fa il bagno caldo. Mille volte meglio allora...

Lola   Figlio mio, come sei prolisso! Penso con terrore...

Demagisti Abbrevio, concludo, arrivo, sintetizzo, compendio, riassumo. Noi dobbiamo creare non del­le perniciose illusioni, ma uno stato di preallarme ge­nerico che...

Lola   Insisto per il mio testo: "Vinto lotteria, ve­nite subito per incassare".

Demagisti Lo respingo.

Lola   Ci metto la questione di fiducia.

Demagisti Be', fra il tuo sì e il mio no, adottia­mo una via di mezzo: usiamo soltanto la metà del testo da te proposto.

Lola   Cioè?

Demagisti Sopprimiamo il "Vinto lotteria" e te­legrafiamo soltanto "Venite subito per incassare".

Lola   Ma no. Allora telegrafiamo "Piero ottima­mente, non muovetevi". Se vogliono capire, capiranno.

Demagisti E l'unica. Andiamo a telegrafare. (All'operaio che rientra)  Avvertite che ce ne siamo an­dati.

(Demagisti e Lola via)

Operaio(a Teresa)   I signori che erano qui se ne sono andati.

Teresa            (come trasognata)   E lei che vuole?

Operaio Io che cosa voglio? Non è facile, signora mia, dire che cosa voglio. Per me, non voglio niente e avrei fatto volentieri a meno di questa visita.

Teresa           Non capisco.

Operaio Anzitutto, mi preme dirle una cosa: io non ho nessuna colpa.

Teresa           Insomma si spieghi.

Operaio Loro, ancora non sanno niente?

Teresa           Di che cosa?

Operaio E stata una disgrazia. Certo ci sarà un'in­chiesta. Il filo è scappato. Però non ha sofferto, que­sto glielo posso assicurare. Non ha avuto nemmeno il tempo di dire « ahi ». Benché alla centrale si ostinino a negarlo, ci dev'essere stata proprio in quel mo­mento la corrente ad alta tensione. Una scarica.

Jone    (preoccupata, piano alla Ridabella)   Dev'es­sere matto.

Ridabella C'è un caso simile in "L'evaso del ma­nicomio".

Angelica(entra agitata)   Ho trovato. Era nell'ar­madio.

Teresa            (stupefatta)   Nell'armadio? Non può es­serci andato da solo.

Angelica Tanto più che l'armadio era chiuso a chiave. Dall'esterno.

Ridabella Tale quale come "La morta nel baule" ; identica situazione.

Teresa           Ma chi può avercelo messo?

Operaio Scusino, credo di capire di che cosa stan­no parlando. Ce l'ho messo io. Le spiegherò.

Jone    (esterrefatta e indignata)   Come s'è permesso di fare una cosa simile?

Teresa           Oh, povero Piero!

Operaio Si calmino. Loro hanno tutte le ragioni. Ma io non ho colpa. Non l'ho fatto apposta.

Ridabella Ah, sì, ce l'ha messo per disgrazia.

Operaio Sicuro, è stata una disgrazia. Mi lasci spiegare: il signore è morto...

Jone Parli piano, che non si deve sapere.

Operaio Volesse il cielo, che non si sapesse. Ma credo difficile che si possa tener nascosta la cosa.

Jone   Lo diremo tra due giorni.

Operaio Perché?

Jone   Perché così vuole.

Operaio Chi?

Jone   Il defunto.

Operaio(esterrefatto)   Ma perché? Parla?

Jone   Chi?

Operaio Il defunto.

Jone   Ma lei è matto.

Operaio Ha detto lei che il defunto ha detto di dirlo fra due giorni.

Jone   Ma l'aveva detto prima di morire.

Operaio(sempre più disorientato)   Ha parlato?

Jone   Ma no, l'ha lasciato scritto.

Operaio Nell'armadio?

Jone   Ma no, nell'armadio era già morto.

Operaio Questo lo so. Ma allora vorrei sapere quando ha detto di denunziar la cosa fra due giorni.

Jone   Oh, benedetto uomo! L'aveva lasciato scrit­to prima di morire.

Operaio(sempre più confuso)   Non capisco. Ma allora non era del tutto morto, quando è stato chiuso nell'armadio?

Jone   Perché?

Operaio Se ha potuto scrivere...

Jone   E dàgli.

Operaio Ma signora, quand'uno è morto...

Jone   La prego, parli piano. Le ho già detto che desidera che la cosa si sappia fra un paio di giorni, dopo le esequie, insomma.

Operaio Ma allora vada a dirgli che per favore non la faccia saper mai.

Jone   Ma a chi dovrei dirlo?

Operaio Al morto.

Teresa           Ma lei è pazzo!

Operaio Se si potesse non farlo sapere mai...

Ridabella Sarebbe anche meglio, d'accordo. Ma intanto, almeno fino alle esequie, non si deve far sa­pere niente. così vuole il defunto.

Operaio Io non parlo.

Jone   Eh, mica, tanto. Mi pare che stia facendo un chiasso del diavolo.

Operaio S'immagini, non parlo più.

Teresa           Mi raccomando.

Operaio Mi raccomando a loro. È mio interesse. E guardi se può convincerlo a non farlo sapere nem­meno dopo.

Ridabella Convincere chi?

Operaio IlI morto.

Jone   E dàgli! Ma è una fissazione. Come vuoi con­vincerlo, se è morto?

Operaio Facciano loro, insomma. Tanto, ormai, è successo, è stata una disgrazia.

Teresa           Eh sì, una disgrazia grande!

Operaio A chi lo dice! Se sapesse che colpo è sta­to per me.

Teresa            (commossa)   Grazie, grazie... (Stringe la mano all'operaio)

Operaio Be', ringraziarmi, forse è troppo.

Teresa           No, sono cose che fanno piacere.

Operaio Lei è la vedova?

Teresa           Sì.

Operaio Be', contenta lei...

Ridabella Comunque: acqua in bocca.

Operaio Anche loro. Non è successo niente.

Jone   Niente assolutamente.

Operaio Si figurino. Se non parlano loro, io non fiato certo. Ma piuttosto, come si farà, quando lo por­teranno via?

Ridabella Cercheremo di far le cose alla cheti­chella.

Operaio Brava signora. Questo si chiama ragiona­re. Lei mi toglie un gran peso dal cuore.

Teresa           Anche lei a me. Arrivederci. Allora, pos­siamo star tranquilli.

Operaio Tranquillissimi. (Si avvia, sulla porta si volta)  Ah scusi. Dimenticavo di dirle che ho cinque figli.

Jone   Complimenti.

Operaio Tutti piccoli.

Jone   Sono così carini, a quell'età.

Operaio(a ognuna delle tre donne, con inchini timo­rosi)   Riverisco... Riverisco... Riverisco... (Via)

Portinaia(entrando, a Teresa)   Signora, io non ho detto niente a nessuno, ma sono venuti ad addob­bare la porta. Li hanno mandati il signore e la signo­rina che erano qui. C'è l'annunzio sul giornale. Arri­vano le visite. (Via)

Teresa           Oh, poveri noi, non c'è niente da fare!

Jone   Vado a prendere almeno degli scialli neri, di là. (Esce e torna subito con scialli neri che le don­ne si mettono sulle spalle)

Angelica(entra e annunzio)   Ci sono i signori Pelaez.

(Mentre i Pelaez entrano e Angelica si ritira. Teresa tira fuori il fazzoletto e si diffonde in lagrime si­lenziosamente, come farà ad ogni arrivo di visitatori. Lungo abbraccio con la signora Pelaez, stretta di ma­no col signor Pelaez. Poi Teresa indica ai nuovi ve­nuti due poltrone e tutti seggono, irrigidendosi in una espressione di muto dolore)

Sig.ra Pelaez(sospira)   Siamo nati per soffrire. Io ancora non ci credo, che sia morto. Mi pare impos­sibile.

Ridabella È quello che dicevo io un momento fa. Le parole precise.

Sig.ra Pelaez Anche mio marito. Conosceva appe­na il povero Piero, eppure ha avuto un dolore tale...

Teresa            (a Pelaez)   Grazie, grazie.

(Pelaez senza scomporsi fa un piccolo cenno di cortesia col capo)

Sig.ra Pelaez Ha capito di morire?

Teresa            (apre le braccia come chi non sa, con lo sguardo nel vuoto)   Mah. Povero Piero! Se mi do­vessero dire: "non è morto, è cieco", per me sarebbe meglio.

Ridabella Ah, sì, fra morto e cieco, io preferisco cieco. (Alla Pelaez)  Tu preferisci morto o cieco?

Sig.ra Pelaez Io morto. (Volgendosi al marito)  E tu?

Pelaez            (seccamente)   Cieco. (Rifiuta col gesto al­cuni telegrammi che la moglie gli porge dopo averli scorsi)

Osvaldo(nuovo visitatore. Entra e si dirige a brac­cia tese verso Teresa, esclamando in tono patetico e declamatorio)   Signora Teresa! (Senza aggiungere parole, stringe a lungo con forza tutte e due le mani di Teresa. Poi siede, scambia qualche cenno di saluto coi presenti. Sospira. A Teresa) 

Ha capito di morire?

(Teresa apre le braccia) 

Io ancora non riesco a con­vincermi che sia morto.

(La Ridabella approva con profonda convinzione. Teresa intanto tira fuori da un cofanetto religiosamente vecchie fotografie del defun­to e le porge ai vicini)

Sig.ra Pelaez Qui è tutto lui, guarda, Marco. (Por­ge una fotografia al marito, che senza guardarla la porge ad Osvaldo)

Osvaldo E parlante. (Porge la fotografia alla Ri­dabella)

Ridabella L'ho già vista, grazie. La dia alla si­gnora Celeste, che arriva in questo momento.

Celeste Grazie. Mi farebbe troppo male.

(Saluti. Luigi e Marcantonio, provenienti dall'esterno, si af­facciano nella sala stupiti di vedere i visitatori e fan­no gesti interrogativi a Teresa, accennandole di an­dar fuori)

Teresa            (ai visitatori)   Scusate un momento.

(Via con Jone)

Osvaldo(a Pelaez)   Sembra una tremenda fata­lità: mi sono visto sparire in meno d'un mese tre ami­ci, tutti press'a poco della nostra età. (Pelaez fa na­scostamente scongiuri)  Anche quel povero Paolo.

Pelaez            (scarsamente interessato)   Chi Paolo?

Osvaldo Demagisti. Non lo sa? È morto poco fa, d'un colpo d'accidente.

Pelaez            (atterrito)   Ma no!

Osvaldo Glielo garantisco.

Pelaez           Ma se m'ha telefonato tre ore fa e stava bene. E stato lui a darci la notizia della morte del po­vero Piero.

Osvaldo E be', una sincope.

Pelaez            (mettendosi a piangere)   Oh, povero Paolo, eravamo come fratelli!

Sig.ra Pelaez(allarmata)   Marco, non ti far tro­vare da Teresa che piangi per un altro.

Pelaez            (singhiozzando)   Ma non posso trattenermi.

Sig.ra Pelaez Sforzati, eccola.

Teresa            (rientrando, vede Pelaez in lagrime e resta sorpresa e commossa)   Lei gli voleva molto bene, è vero?

(Pelaez la guarda imbarazzato, attraverso le lagrime)

Sig.ra Pelaez E come! Si conoscevano appena, ma Marco è così. Ha un cuore talmente sensibile! Gli è venuta in mente a un tratto una volta che incontrò il povero Piero e s'è messo a piangere.

(Pelaez in lagrime conferma)

Ridabella(piano a Osvaldo)   Però Pelaez fa la commedia. Credo che conoscesse appena il povero Piero. Non capisco perché faccia tante smancerie.

Osvaldo(piano)   Ma lui non piange per il povero Piero, piange per Paolo Demagisti, che è morto un'ora fa di sincope.

Ridabella(esterrefatta)   Demagisti è morto? (A Celeste)  Hai sentito, Celeste? È morto Demagisti.

Celeste No!?

Osvaldo(conferma)   Una sincope, pare.

Celeste Oh poveretto. (Singhiozza).

(Teresa ode i singhiozzi di Celeste e, credendoli per Piero, l'ab­braccia)

Pelaez            (piano a Osvaldo badando che Teresa non senta)   Ma come è stato?

Osvaldo(piano)   Non conosco i particolari, ma la notizia m'è stata data poco fa dalla stessa fidanzata del povero Demagisti.

Pelaez           La signorina Lola?

Osvaldo Lei. Piangeva. Non riusciva a parlare.

Pelaez Lo credo. Che cosa spaventosa! Dovevano sposare domani.

Osvaldo Forse era malato di cuore.

Luigi    (entra in quel momento e sente)   Ma no, ma no, il povero Piero non aveva assolutamente nulla al cuore, ed era sposato da anni.

Pelaez           Adesso si parlava di Paolo Demagisti che è morto poco fa. Povero amico mio. (Reprime un sin­ghiozzo)

Teresa            (avvicinandosi a Luigi)   Pelaez è commo­vente. Non me lo sarei mai aspettato.

Luigi   Scusa, Teresa, sai, ma il signore non sta piangendo per il povero Piero. Piange per Paolo De­magisti, morto un'ora fa.

Teresa            (freddamente)   Ah, scusate. (Alla signora Pelaez)  Potevi dirmelo subito. Non c'è niente di male.

Sig.ra Pelaez(imbarazzata)   È stato per un riguar­do al tuo dolore.

Teresa            (le volta le spalle. Alla Ridabella)   Non ca­pisco perché viene qui a piangere un altro. Poteva fa­re a meno di venire. Nessuno l'ha pregato.

Sig.ra Pelaez(con molto riguardo)   No, Teresa, mio marito è venuto per il povero Piero. Poi qui ha saputo che è morto anche Demagisti, e piange per tut­ti  e due.

Teresa            (scattando)   Non è vero! Per mio marito non ha pianto. Ma questo non ha importanza.

Ridabella Forse era più amico di Demagisti che del povero Piero.

Celeste Non è per questo, Teresa, ma pensa: doveva sposarsi domani. (È commossa)

Teresa            (amara)   Anche tu piangevi per lui?

Celeste Teresa, non devi pensare...

Teresa           Lascia andare. Sei stata mezz'ora qui, senza versare una lagrima.

Celeste Ma per Piero avevo già pianto. A casa.

Teresa            (patetica)   Va bene. Va bene. Tu non hai nessun dovere, naturalmente, di piangere per mio marito o per me. Tengo soltanto a mettere le cose a posto.

Celeste Teresa, io piangevo per tutti e due. Del resto, guarda, non piango più. (Sgrana gli occhi sotto lo sguardo di Teresa perché questa ne constati l'asciut­tezza)

Teresa            (in tono infinitamente patetico)   Oh, tu sei padrona di piangere per chi vuoi e finché vuoi, ed io non ho alcun diritto di proibirtelo. Soltan­to, sai, trovo che in casa mia, a poche ore di distanza dalla morte del mio povero marito, si potrebbe ben piangere per lui e non per altri.

Celeste(accorata)   Oh, Teresa, davvero mi fai piangere, a dirmi queste cose. Non piango, proprio perché tu non debba credere che piango per altri.

Teresa            Ma piangi, piangi, come te lo debbo di­re? Tanto, il mio dolore è tale, che nessuno può ag­giungervi o togliervi niente. (Teresa si mette a pian­gere. Celeste l'abbraccia, piangendo anche lei. Ma Teresa si svincola dalla stretta)  Vai, vai. Ognuno pian­ga per conto proprio. Almeno a questo avrò diritto. Non confondiamo le lagrime.

Luigi    (a Roberto, nuovo visitatore che entra in quel momento)   Mia sorella non ha tutti i torti. Vengo­no a fare una visita di condoglianze e si mettono a piangere per un altro.

Roberto Possibile?

Luigi   Hanno saputo che è morto improvvisa­mente Deraagisti...

Roberto(con voce strozzata dall'emozione)   È mor­to Paolo?!

Teresa            (in tono amaro)   Anche lei!

Roberto Scusi tanto, signora. Io di Piero sapevo già. Ma di Paolo la ferale notizia mi giunge come fulmine a ciel sereno. (Si volge ai circostanti desolati)  Ma come è stato? Quando?

Teresa           Povero marito mio! Anche questo doveva capitargli!

Luigi    (vede Domenico, altro visitatore entrato da poco che è rimasto in disparte a piangere silenzio­samente. Si affretta a raggiungerlo)   Scusi, lei pian­ge per Piero o per Demagisti?

Domenico(lo guarda stupito attraverso le lagrime)   Per Piero. Demagisti non lo conoscevo.

Luigi   Sia lodato il cielo. (Si volge alla sorella)  Teresa, c'è uno che piange per il povero Piero!

Colonnello(entra e si dirige verso Teresa con le mani tese e la testa inclinata su una spalla. In una espressione dolorosa)   Signora...

Pelaez            (da solo, lamentosamente)   Povero Paolo, morto così giovane!

Colonnello(si ferma smarrito. A Luigi)   Ma il defunto non si chiama Piero?

Luigi   Sì, ma il signore allude a un altro.

Colonnello E perché piange Paolo, se è morto Piero?

Luigi   È morto anche Paolo.

Colonnello E chi è questo Paolo?

Luigi Sarebbe lungo spiegarle.

Colonnello Non ci capisco niente. (A Teresa)  Si­gnora, sento che un nuovo lutto s'è abbattuto sulla sua casa e le faccio le condoglianze più vive. Anche per la morte di Paolo.

Teresa(irrigidendosi in una espressione di dignità offesa)   Non s'è abbattuto nessun nuovo lutto. Già è abbastanza grande quello che m'ha colpito. Ma pur­troppo questi signori (accenna col gesto a tutti gli astanti)  con una delicatezza veramente  esemplare...

Luigi    (cercando di farla tacere)   Teresa, ti prego...

Teresa Lasciami dire. Con una delicatezza vera­mente esemplare, sono venuti qui a piangere un al­tro, invece del mio povero marito.

Colonnello(indignato)   Oh, ma che cosa inde­gna! È la prima volta che sento un fatto simile. Ma non potevano andare a piangere altrove?

Pelaez            (a Teresa)   Scusi, signora, non siamo ve­nuti per piangere un altro. Purtroppo, si tratta di una tremenda coincidenza, che accomuna nel nostro pian­to i nomi di Piero e Paolo.

Teresa            (secca)   Io rispetto il dolore altrui, ma qui si piange Piero e non Paolo.

PelaezPerdoni, signora, noi eravamo già qui quando s'è saputo di Paolo, e non abbiamo potuto trattenere il nostro dolore. Certi sfoghi del cuore non si possono rimandare ad ora fissa. Ma questo, le as­sicuro, e credo di poter parlare anche a nome degli altri, non diminuisce il sincero cordoglio che noi tutti proviamo per la fine del nostro caro Piero.

Ridabella Vedi, Teresa, io non sono sospetta, perché non piango. Ma debbo dirti che, malgrado la nuova disgrazia, questi signori sono rimasti tutti qui. E questo ti dimostra il loro dolore per Piero e la loro solidarietà con te.

Teresa           Vadano pure, se vogliono.

Pelaez No, signora. Andandocene noi conferme­remmo quello che ella ha potuto pensare in un mo­mento di nervosismo, più che giustificato, d'altron­de. E invece ci stringiamo tutti intorno a lei.

Teresa            (con amarezza)   Piangendo un altro. Gra­zie tante! Povero Piero, sempre disgraziato. (Si vol­ge a Domenico che, il fazzoletto sugli occhi, appare scosso dai singhiozzi)  Smetta di piangere, anche lei, buffone!

Domenico(in lagrime)   Le assicuro, signora, che piango per Piero.

Teresa           Vada, vada.

Domenico Parola d'onore. Purtroppo, m'è impos­sibile dimostrarglielo, ma la prego di credermi.

Teresa           Ormai non credo più a nessuno.

Domenico(piano)   Anzi, se questo può farle pia­cere, le dirò che della morte di questo Demagisti a me non importa niente.

Teresa           Questo non c'entra.

Domenico No, no, quel che è giusto è giusto. Le ripeto: il decesso di questo signore mi lascia del tutto indifferente.

(Gli occhi di Teresa si posano sul Colonnello, che si affretta ad assumere un contegno indifferente)

Colonnello Signora, la prego di constatare che io non piango. Guardi. (Straluna gli occhi, perché si veda bene che sono asciutti di lagrime)

Teresa            (amara)   Lei è l'unico sincero.

Colonnello Mi trattengo dal piangere, appunto per evitare equivoci.

Luigi    (a bassa voce, conciliante, al colonnello)  Se è per questo faccia il suo comodo, colonnello, pian­ga pure.

Colonnello Grazie, grazie, ma ormai mi sono tal­mente confuso le idee, che non so nemmeno per chi dovrei piangere. Il marito di sua sorella era Piero o Paolo?

Luigi   Era Paolo... scusi, finisco per impappinar­mi anch'io, era Piero. Ma se lei vuoi piangere per Paolo, ormai faccia come crede.

Colonnello No, no, preferisco non piangere per nessuno. Pro bono pacis.

Pelaez            (che intanto ha confabulato con gli altri si avanza verso Teresa con qualche solennità)   Signo­ra, a nome di tutti desidero spiegarle che il nostro sincero dolore per il povero Piero...

Teresa            (secca)   Vi ringrazio, ma risparmiatevi delle pietose bugie.

Marcantonio(entrando in quel momento con Jone, sente la frase di Teresa e trasecola, anche perché ve­de che tutti piangono)   Teresa, io mi rendo conto del tuo stato d'animo, ma dovresti gradire invece questo commovente plebiscito...

Teresa            (beffarda)   Che plebiscito! E per un altro, il plebiscito.

Marcantonio(guardando stupito i presenti)   Co­me?!

Pelaez           Permetta che le spieghi: la repentina morte d'un  altro nostro amico, segnalataci...

Jone   Oh sfacciati!

Marcantonio Taci, tu. (A Pelaez)  E mai possi­bile una cosa simile?

Pelaez            (imbarazzato)   Vede, la signora sua figlia deve capire che da parte nostra non c'è stata nessuna mancanza di riguardo verso il suo dolore. Tutto è successo perché l'avvocato Osvaldo, qui presente, ci ha portato una dolorosa notizia.

Teresa            (a Pelaez)   Ah, è stato l'amico Osvaldo, eh? Grazie. La ringrazio proprio.

Osvaldo(che si è fatto piccino piccino, confusetto)   Ma, signora, io che colpa ho?

Teresa           Già l'ho sempre conosciuto come un chiac­chierone, pettegolo, maligno.

Osvaldo Signora! Io ho saputo la notizia dalla stessa fidanzata del povero Demagisti, poco fa, e non ho potuto fare a meno di riferirla.

Teresa           Viene qui a portar via le lagrime al mio povero marito.

Pelaez           Ma no, signora! Santo cielo, non m'era mai capitata una cosa di questo genere. Io capisco il suo dolore, capisco il suo risentimento perfino, ma da parte nostra le garantisco che non c'è alcun ma­lanimo verso il povero Piero, al quale eravamo tutti affezionati. Ciò non toglie che, saputo della morte di Demagisti...

Jone   Io me ne infischio di Demagisti. Già era ve­nuto stamattina a conciarci l'anima.

Luigi   Mamma, mamma, non aggravare la situa­zione.

Jone   Oh, sappiamo tutti chi era.

Marcantonio Ma questo non c'entra? Sta' zitta, tu.

Jone    (indignata)   Non c'è da far paragoni fra lui e quella bell'anima del mio povero genero. Luigi Mamma, parce sepulto.

Jone   Mi ci tirano per i capelli. Debbo vedere che, a poche ore di distanza dalla morte di mio genero, i suoi amici vengano qui e, per suprema irrisione al dolore di mia figlia, si mettono a piangere un altro. Mentre il corpo del mio povero genero è, direi quasi, ancora caldo.

Pelaez           Lo capisco, ma quello di Paolo è più caldo.

Celeste E come!

PelaezTutto è avvenuto perché la fine di Paolo è stata così repentina. Stava benissimo. Racconti, racconti, signor Osvaldo.

Colonnello(indignato)   Oh, basta! Qui si deve piangere  Paolo e non  Piero.

Luigi    (piano tirandolo per la manica)   No, colon­nello, guardi che sbaglia. Qui si deve piangere Piero.

Colonnello(piano)   Ah, già, scusi. Mi fanno con­fondere coi nomi. Il marito della signora era Piero.

Luigi    (c. s.)   Era Piero. Ma se lei, ripeto...

Colonnello(c. s.)   Nemmeno per sogno. (Forte, rivolto a tutti)  Chi vuol piangere Paolo Demagisti, fuori da questa casa!

Angelica  (entra visibilmente   turbata  e  annuncia)   Il signor Paolo Demagisti con la fidanzata!

Tutti   (sorpresi)   Demagisti?! 

(Sbalordimento e silenzio generale. Occhiate interrogative di tutti ad Osvaldo, che è il più sbalordito di tutti)

Teresa           Fallo passare.

(Tutti gli sguardi si volgono ansiosi verso la porta, mentre Angelica si fa da parte per lasciare il passo ai nuovi venuti. Demagisti entra con la fidanzata vi­vo e vegeto, se pure con una faccia di circostanza e vedendo per primo il vecchio Marcantonio lo saluta con un mesto cenno del capo)

Marcantonio(lo guarda dall'alto in basso, sostenuto e freddissimo, suo malgrado)   Buongiorno, buon­giorno.

(Gli volta le spalle. Demagisti stupito per la accoglienza ostile, saluta la signora Jone con un altro mesto e riguardoso cenno del capo)

Jone    (secca e quasi ostile)   Buongiorno, buon­giorno. (Gli volta subito le spalle, con un'aria offesa)

Demagisti(vede Teresa e le va incontro con le ma­ni tese, mentre comincia a essere scosso dai singhioz­zi. Con enfasi dolorosa)   Signora Teresa! (Prosegue a bassa voce mentre molti fra i presenti si affollano attorno ad Osvaldo)

Pelaez            (con voce soffocata e in tono risentito)  Ma che ci aveva raccontato, lei, ch'era venuto un ac­cidente a Demagisti. Come le è saltata in mente una simile panzana?

Osvaldo(si stringe nelle spalle sempre più confuso)   A me l'aveva detto la fidanzata. Avrà scherzato.

Marcantonio Sono scherzi da cretini, però.

Osvaldo Ma non aveva l'aria di scherzare. Pian­geva, perfino. Non riusciva quasi a parlare, per il di­spiacere. Vi pare possibile che scherzasse? Forse sa­rà stata informata male.

Pelaez           Certo. La signorina Lola è persona seris­sima.

Osvaldo Del resto, sentiamo subito. (Chiama)  Si­gnorina Lola! Permette una parola?

(Teresa e Dema­gisti continuano a parlare mestamente; guardando dalla porta la camera dove è il defunto. Tutti si af­follano attorno a Lola e a Osvaldo che si rivolge a Lola piuttosto risentito) 

Lei che cosa m'aveva detto? Che Demagisti era morto?

Lola    (lo guarda esterrefatta)   Io?

Osvaldo Lei, lei, poco fa, dal dentista. Mentre io uscivo e lei entrava. Le ho domandato come mai non c'era Demagisti, che di solito veniva con lei per una cura, e lei ha alzato gli occhi al cielo e, gemen­do, ha detto:   "Ha finito di soffrire".

Lola   Certo. Perché s'era levato il dente.

Osvaldo(aggressivo)   Ma perché ha alzato gli occhi al cielo? Perché gemeva, con un'espressione di cordoglio?

Lola    (serafica)   Perché mi doleva il dente mio.

Osvaldo Ha detto, pure, sospirando: "Adesso Demagisti sta meglio di noi".

Lola   Certo. Lui s'era già tolto il dente. Noi ce lo dovevamo ancora togliere.

Osvaldo(scatta indignato)   Chi poteva immagi­nare? Sento dire: (alzando gli occhi al cielo per rifare l'atteggiamento di Lola)  "Ha finito di soffrire... Ora sta meglio di noi". Ho creduto che fosse morto.

Pelaez            (ridendo)   Oh, che granchio! Oh, che gran­chio!

Sig.ra Pelaez(con voce soffocata e mettendosi le mani nei capelli)   Marco, non ti far vedere a ridere.

Pelaez            (seccato)   Ma in questa casa non si può né piangere né ridere!

Luigi    (rimasto in disparte coi parenti e il colonnel­lo, vede che più di uno nel capannello dei visitatori ridacchia per il qui pro quo di cui essi non hanno sentore: seccato)   E un contegno ignobile. Hanno visto che Demagisti è vivo, ed eccoli là: tutti allegri e ridenti.

Colonnello(piano a Luigi alludendo a Demagisti)   Io non ho ancora capito bene. Quel signore pian­ge per Piero o per Paolo?

Luigi   Di lui non c'è dubbio. Piange per Piero, piange per Piero. È Paolo!

(I visitatori intanto si raccontano la storia dell'equivoco in cui è caduto Osvaldo e vengono presi da una ilarità nervosa col­lettiva che, quanto più essi cercano di reprimere, tanto più cresce fino a diventare spasmodica. Teresa e i parenti del morto li guardano allibiti e indignati. Quando a un tratto si apre la porta di fondo e si ode la voce stizzosa di Piero)

Piero  Teresa!

(Tutti si voltano sorpresi e istan­taneamente il riso si gela sulle labbra di tutti. Sulla porta, ritto in piedi, in marsina e in peduli con una decorazione sul petto, con un fiore che gli spunta fuor dal buco di un orecchio, una piccola corona di fiori appesa a un braccio e, in mano, una lunga can­dela accesa, c'è Piero il defunto risuscitato. Si senti­rebbe volare una mosca)


ATTO TERZO

Stessa scena. Stesso momento della fine del secon­do atto. Tutti i personaggi in scena sono nel mede­simo atteggiamento in cui li abbiamo lasciati.

Piero   (con stizza)   Teresa! Questa candela frigge. Non l'avete smoccolata!

Teresa           Oh, Piero, scusami, non me n'ero accorta. Provvedo subito. (Fissa all'improvviso Piero, come se lo vedesse ora per la prima volta e non credesse ai propri occhi. Lancia un urlo)  Ah!... (Poi, con voce tremante)  Ma dunque, Piero, tu...

Piero  Come vedi, sono risuscitato. Forse anche per merito di quella candela, che asfissia col fumo. (Spegne la candela e la butta via)

Luigi    (fissando impressionato il redivivo)   Un ca­so di morte apparente.

Piero  È quello che ho pensato anch'io quando mi sono risvegliato in questo elegante abito da ce­rimonia e in mezzo ad omaggi floreali e ad addobbi di dubbio gusto, ma d'indubbio significato. È stata tale l'impressione, che per poco non è diventato rea­le quello ch'era soltanto apparente. Benché l'atmo­sfera di gaiezza, che regnava fino a un istante fa in questa stanza, parrebbe dover fare escludere un'interpretazione troppo pessimistica delle mie condizio­ni. (Ai visitatori)  Non vorrei tuttavia che il mio inopi­nato risuscitamento portasse fra voi una nota stona­ta, che posso dire?, una venatura di mestizia, e che io dovessi essere un guastafeste. Prego, signori, con­tinuate pure a ridere e a divertirvi. Fate come se io fossi ancora di là, voglio dire nel mondo di là. O me­glio, se non sono indiscreto, potrei partecipare an­ch'io alle manifestazioni del vostro buon umore? La avventura da cui sono reduce me ne rende estrema­mente desideroso.

Pelaez           Mi scusi, signor Piero, premesse le no­stre più sincere congratulazioni per il suo felice ri­suscitamento,  le debbo una  spiegazione a  nome  di tutti: un buffo qui pro quo...

Piero   (gli fa cenno di aspettare. Si volge a Teresa che è rimasta come impietrita)   Non vorrei esser tacciato di scarso senso di ospitalità, ma che cosa fa tutta questa gente qui?

Teresa           Piero... sei vivo, che felicità!...

Piero  Lascia stare la felicità e rispondi. Se la memoria non m'inganna, avevo detto di dar la noti­zia della mia morte ad esequie avvenute. Non mi ri­sulta che questa simpatica cerimonia sia già stata celebrata; ma pare, ciò nonostante, che tu abbia invita­to tutti a farsi quattro risate. Correggimi, se sbaglio.

Teresa           Ti spiegherò. Ridevano perché...

PelaezPerché, mentre stavamo qui per lei, l'ami­co Osvaldo ha portato la notizia che era morto anche Demagisti.

Piero   (sussulta)   È morto Paolo?

Teresa           Anche tu... piangi per lui...

Demagisti Ma no... non sono morto, era un equi­voco e questo aveva provocato un po' d'ilarità, ma appena appena.

Piero   (a Teresa)   Avevo o non avevo detto di dar la notizia ad esequie avvenute?

(Teresa imbarazzata non risponde)

Jone    (piano a Marcantonio)   L'ho sempre detto che era un pignolo.

Marcantonio(piano)   Quale il vivo, tale il morto.

Jone    (c. s.)   Ma non è morto affatto.

Marcantonio Ma è pignolo.

Piero   (a Teresa)   Rispondi, cara: l'avevo detto, o no?

Teresa           Sì, Piero, l'avevi detto, ma...

Piero  Ma voi, al solito, vi siete infischiati dei miei ordini.

Teresa            No, Piero, ti giuro che ho fatto di tutto perché non si sapesse. Ma la notizia è trapelata.

Marcantonio Ormai era il segreto di Pulcinella.

Piero  E già. E il Pulcinella ero io.

Pelaez           Scusi, signor Piero: se m'immischio nei fatti suoi, ma credo d'aver il diritto di parlare, per­ché io non sono venuto qui spontaneamente. Per con­to mio ne avrei fatto volentieri a meno. Ma mia mo­glie, amica di sua moglie, mi ha trascinato. Lei sa come sono le donne.

Piero  La ringrazio, ma non tenevo affatto che veniste.

Pelaez           D'accordo. Ma, a parte il piacere o no di far la visita, io trovo che il morto non ha il diritto di pretendere che si dia la notizia ad esequie avve­nute.

Demagisti Un funerale, oltre a tutto, è una ras­segna di forze vive, un mezzo per avvicinare persone che c'interessano, per mettersi in vista.

Piero  Proprio per questo avevo detto di dar la notizia ad esequie avvenute.

Pelaez           E questa, scusi, è una malignità.

Osvaldo Il morto non ha niente da perdere, se si va ai suoi funerali, anzi, tanto onore per lui.

Lola   Si tratta d'un'usanza gentile, che giova ai vivi e onora il morto. E dunque egli lasci a noi i fu­nerali.

Osvaldo I funerali appartengono ai vivi. Faccia il morto, lui, e non s'immischi.

Pelaez           E rammenti quello che si dice a Roma: chi s'impiccia, muore ammazzato.

Piero  Io me ne infischio! Qui non si tratta di vedere se il morto ha diritto o non ha diritto. Io non volevo e basta. E fuori tutti!

Pelaez            (sostenutissimo abbottonandosi la giacca per andarsene)   E va bene. Un'altra volta voglio essere ammazzato, se vengo ai suoi funerali.

Piero  Mi farà un favore a star lontano. Per conto mio, stia tranquillo che ai suoi non mi vedrà certo.

Pelaez           Lo spero. (Si volge alla moglie)  Andiamo, Lucilla.

Sig.ra Pelaez(costernata per il battibecco: a Teresa)   Ciao, Teresa, coraggio... Cioè, non coraggio... (S'impappina)  Scusa... Questo improvviso risuscita­mento non ci voleva.

Pelaez            (a Teresa guardando in modo significativo Piero)   Signora le faccio le mie più sentite condo­glianze. (Via con la moglie sostenutissimo, senza sa­lutare nessuno)

Celeste(abbraccia Teresa)   Ciao, Teresa. Corag­gio! (Via)

Osvaldo(s'inchina a Teresa)   Signora... (Via)

Colonnello(fa scattare i tacchi mettendosi sull'at­tenti davanti a Teresa)   Signora, le faccio consta­tare che io non piango. (Fa scattare nuovamente i tacchi nel saluto. Dietro front e via)

Demagisti Non è bello, però, vedere questi screzi fra visitatori e defunto. Cioè, ex defunto. Basta, tutto è bene quel che finisce bene, e, adesso che siamo ri­masti fra intimi, avrei da fare una proposta.

Angelica(entra con una corona di fiori; a Piero)   Hanno portato una corona.

Piero  Che corona dei miei stivali!

Angelica Ih, che morto vivace! (Lascia la corona e se la batte)

Piero   (a Teresa)   Avevo detto, non fiori, ma ope­re di bene. Ecco qua: fiori come piovessero. Ne ho perfino uno in un orecchio.

Teresa           Scusa, Piero, ormai s'era saputo e sono stati mandati dei fiori!

Piero  Insomma, bisogna far sempre come vo­gliono gli altri? (Si avvicina alla corona e legge il nastro)

Piero   (leggendo)   "Gli amici Demagisti e Lola". (Commosso, a Demagisti)  Oh, grazie. Com'è bella!

Demagisti(modesto)   Una cosetta da niente.

Piero  No, no, magnifica. (Si prova la corona e tracolla davanti allo specchio pavoneggiandosi)  Non so proprio come disobbligarmi.

Demagisti Ti suggerisco io il modo, ed è appun­to la proposta che volevo fare. A causa della tua morte, io avevo rinviato il mio ricevimento di nozze, che doveva esserci oggi. Nello stesso tempo, c'è da festeggiare il tuo risuscitamento. Visto che siamo riuniti, si potrebbero fondere le due feste e farle qui?

Piero  L'idea non mi dispiace.

Marcantonio Finalmente cominci a ragionare.

Piero   (a Demagisti)   Permettimi di offrire alla sposa questi pochi fiori. (Offre a Lola la corona mor­tuaria arrivata testé)

Lola    (commossa)   Oh, grazie. Come sono belli!

Piero   (modesto)   Una cosetta da niente.

Demagisti No, no, sono magnifici.

Piero  Figurati! Quattro zeppi di nessun valore.

Demagisti(a Pietro)   Tu non devi preoccuparti di niente. Pensiamo a tutto noi. (Via con Lola)

Marcantonio(a Piero)   Ma sai che t'ha fatto bene, morire? Sei molto migliorato d'aspetto.

Piero  Trovi?

Marcantonio Non c'è paragone con come stavi poco fa...

Piero  Effettivamente, mi sento meglio. (Chiama)  Angelica!

Angelica Comandi.

Piero  Le scarpe.

Teresa Perdonami, Piero!

Piero  Che c'è?

Teresa Ho fatto un'opera buona in suffragio dell'anima tua.

Piero  Cosa sarebbe a dire?

Teresa Ho mandato le tue scarpe vecchie al par­roco, perché le distribuisse ai bisognosi della parroc­chia.

Piero  Cosicché, i bisognosi della parrocchia van­no in giro con le mie scarpe, ora. E le scarpe buone?

Teresa Quelle le ho regalate alla portinaia.

Piero  Sei impazzita? Un paio di scarpe nuovis­sime.

Teresa Tu non ne avevi più bisogno.

Piero  Potevate aspettare un momento, no? Non si sa mai. Angelica!

Angelica Comandi.

Piero  Va' a dire alla portinaia che mi restituisca le scarpe.

Angelica Sissignore. (Via)

Luigi   Ma lascia andare, ormai, poveretta. Le sono state regalate, che se le tenga.

Piero  Dàlle le tue, se ci tieni. Io delle mie ho bisogno. Voglio uscire.

Luigi   Ma sei pazzo? Sentitelo: uno che è risu­scitato appena e già vuole uscire. E dove vuoi an­dare?

Piero  A passeggio.

Teresa            (emette un gemito doloroso)   Ah!...

Piero  Che altro c'è?

Teresa           Anche i tuoi vestiti ho regalato.

Piero  Ma si può essere più stupidi di così? Mi lasciano in marsina e senza scarpe. Dove mi presen­to, in quest'arnese? Dove vado?

Luigi   Scusa, ma tu dovevi andare...

Piero  All'altro mondo. E perciò mi avevate com­binato questa bella tolettina.

Marcantonio Scusa, Piero, non te ne avere a ma­le, ma è così che si vestono i morti.

Piero   (con un orribile presentimento si tocca die­tro le spalle e un'espressione di folle terrore si dise­gna sul suo viso)   Mi avete anche squarciato la marsina!

Teresa           Non si riusciva ad infilartela.

Piero  Disgraziati! Una marsina nuovissima. La avrò messa in tutto un paio di volte.

Teresa            Ti andava stretta. Te la facesti per il matrimonio, ricordi? Quante memorie, quanti sogni, in questo vestito! Pensavamo che dovessi metterlo chissà quante volte, per chi sa quali feste! che la nostra vita dovesse essere un seguito di feste. E in­vece...

Piero  E invece l'avete ridotto così. L'unico abito da sera che avevo.

Teresa           Tu eri morto, Piero.

Piero  Ma potevate tagliare un vestito vecchio. Che bisogno c'era di tutta questa eleganza? Forse nell'aldilà è prescritto l'abito da sera?

Teresa           Ecco la portinaia.

Marcantonio(alla portinaia)   II signor Piero è risuscitato. (La portinaia resta impassibile)  È risu­scitato!

Portinaia Ho capito! Ho capito!

Piero  Mi dispiace che un avvenimento per me lieto debba ripercuotersi sfavorevolmente su di te, ma sono costretto a chiederti indietro le mie scarpe che ti erano state regalate.

Portinaia(fa una faccia spoetizzata e mostra i pie­di)   Eccole.

Piero   (guarda le scarpe, poi guarda la portinaia. Con severità)   Amica, a che gioco giuochiamo? Le mie scarpe erano nuovissime. Queste sono vecchie e scalcagnate. Ti pare che io potessi andare in giro con un paio di scarpe simili?

Portinaia È quello che ho pensato anch'io, quan­do me le hanno date. Ma a caval donato...

Piero  Be’, meno chiacchiere. Va a prendere le mie scarpe.

Luigi   Ah, dimenticavo. Scusami, Piero, avevo pen­sato che alla portinaia si potevano dare le mie scar­pe e io ho tenuto le tue per avere un tuo ricordo, visto che abbiamo le stesse misure... Tanto...

Piero  Io ero morto, ho capito. Ma adesso sono vivo e, se permetti, rivorrei le mie scarpe.

Luigi    (desolato, alla portinaia)   Come vedete, non è colpa mia, ma sono costretto a richiedervi le mie scarpe.

Portinaia E io resto scalza? Le mie le ho buttate via.

Luigi   Non pretenderete che resti scalzo io. Ca­pisco essere generosi, ma est modus in rebus. C'è una misura in tutto.

(Mentre l'operazione scarpe vie­ne condotta a termine col risultato di lasciare in pe­duli la portinaia, che poi se ne andrà, la signora Ione, vista la piega che prendono le cose, tira fuori dalla borsetta l'orologio e il portafogli di Piero e glieli re­stituisce. Intanto, il vecchio Marcantonio si toglie i pantaloni. Da qualche minuto Piero fissava con inte­resse la cravatta di Luigi che, accortosi di essere og­getto di questo esame, se la toglie. Restituendo la cravatta a Piero)  Sai, visto che abbiamo le stesse misure...

Piero  Capisco, capisco. Guarda se per caso non avessimo le stesse misure anche di portasigarette.

Luigi   Ah, già. (Restituisce il portasigarette a Piero)

Piero  Ma bravi. V'eravate già divisi il bottino.

Luigi   Per aver un tuo ricordo.

Piero  Tu t'eri accaparrato parecchi ricordi.

Luigi   Sono un sentimentale.

Piero  Hai il culto dei ricordi. Forse volevi metter su un museo.

Luigi   È perché...

Piero  ... abbiamo le stesse misure, ho capito. E le mie pantofole?

Luigi   Quelle non le ho toccate.

Teresa Le pantofole, veramente, le hai lasciate in eredità ad Angelica!

Piero  Avete già distribuito anche i legati?

Teresa           Be', le pantofole erano l'unico legato.

Piero  E bravi. Avevate proprio fretta. Mi dispia­ce per voi. Angelica!

Angelica Comandi.

Piero  Il legato con cui ti avevo ricordata nel mio testamento olografo era dovuto più che altro al­la fortuita coincidenza di due circostanze indipenden­ti fra loro: la mia morte e la eccezionale grossezza dei tuoi piedi, che ti aveva più volte indotta, nei ri­guardi delle mie pantofole, ad usarle clandestina­mente, sino a farne due autentiche barche. Venendo ora a mancare una delle due circostanze, e benché sussista sempre l'altra, non ti resta che restituire il legato.

Angelica Dovevo immaginarlo. (Si toglie le pan­tofole e via)

(Rientrano Demagisti e Lola con bottiglie di spu­mante e dolci)

Demagisti Viva il redivivo!

Piero  Viva gli sposi!

(Scoppi di sciampagna e vengono distribuiti bicchieri colmi)

Lola    (alzando il bicchiere verso Piero)   Sono lie­ta che Piero sia morto...

Piero  Lieta?

Lola   Voglio dire: sono dolente che Piero sia mor­to... e risuscitato.

Piero   (scandalizzato)   Dolente che sia risuscitato?

Lola   Be', allora passo a salutare Paolo, (alzando gli occhi al cielo con una espressione di spasimo)  ...che vi lascia per una più alta sposa! (Applausi)

Piero   (alza il bicchiere verso Demagisti in tono com­mosso)   Desidero rivolgere un commosso saluto al­l'amico Demagisti, che deve dare l'estremo saluto al­la donna amata...

(Demagisti sta abbracciato a Lola e i due si stanno sbaciucchiando) 

...visto che proprio alla vigilia delle nozze ha deciso di abbandonare fi­danzata, amici e pompe mondane, per farsi frate...

Lola    (sciogliendosi dall'abbraccio con Demagisti, gli appioppa un sonoro ceffone)   To'... così imparerai a farti frate. Razza d'imbecille. Dice che vuole spo­sarmi, arriva alla vigilia delle nozze, e poi si fa frate. Ma ti dò tanti di quei ceffoni...

Demagisti(a Piero)   Ma che sciocchezze vai di­cendo? Come ti salta in mente, che io voglia farmi frate?

Piero  L'ha detto Lola.

Lola   Io?!

Piero  Lei, lei, poco fa. Non faccia il pesce in barile. Non lo rimangi. Ha detto che Demagisti lascia tutti per una più alta sposa.

Lola   Alludevo a me stessa, che sono un po' più alta d'un'altra signorina, la quale in passato ebbe a concepire Qualche speranza matrimoniale su Paolo.

Piero  Ma lei l'ha detto alzando gli occhi al cie­lo, in uno spasimo d'estasi.

Lola   Ma che estasi? Era una trafitta per il mal di denti.

Piero  Senta: la vuol finire di spasimare per il mal di denti, ogni volta che parla? Prima fa credere che Demagisti fosse morto. Adesso, che si fa frate... Con gli occhi al cielo e le guance lacrimose, dice: "Ci lascia per una più alta sposa", credevo alludesse alla sposa celeste.

Demagisti Oh, che granchio! oh, che granchio! (Tutti ridono)

Angelica(entra e annunzio a Piero)   C'è la cassa.

Piero  Che cassa?

Angelica La cassa per lei.

Luigi   Ah già, non abbiamo pensato a disdirla. (Ai circostanti)  Passate di là, per favore.

(Tutti me­no Luigi e Piero passano nella stanza accanto dove continuano a far baldoria. Angelica via dalla comune. Entra il portatore portando il feretro. Lo mette giù con cautela e si ferma ad asciugarsi il sudore e a ripigliar fiato)

Portatore(asciugandosi il sudore)   Che fatica!

Piero  Grazie, ma non serve più. Il morto è risu­scitato.

Portatore Risuscitato?

Piero  Sì, sì, che c'è di straordinario? Era un ca­so di morte apparente. Sono io il defunto.

Portatore Porca miseria, se avessi saputo mi ri­sparmiavo la fatica.

Piero  Mi dispiace.

Portatore E be', pazienza. Ma adesso, riportar via la cassa è un problema. Ci avevano raccomandato di far le cose in fretta, senza dar nell'occhio, perché il defunto voleva si desse la notizia ad esequie avve­nute, e così il furgone è ripartito subito. Telefoni alla ditta, rimanderanno il furgone.

Luigi   Bisognerà anche farsi ridare indietro i quat­trini.

Portatore Sarà difficile. Sa, uscito il danaro dal­la cassa... cioè, uscita la cassa... Tanto peggio per lui, se è risuscitato. La cassa è stata fatta sulle sue mi­sure. Comunque, parlino con la direzione. Nella cas­sa noi non c'entriamo. Buongiorno. (Via)

Luigi    (a Piero)   A meno che tu non voglia tener­la per quando sarà la volta buona... Scusa, per quan­do si manifesterà in modo definitivo la dolorosa eve­nienza.

Piero  Preferisco farla nuova. Può darsi che cam­bi la moda. Piuttosto, se volessi ricomperarla tu, vi­sto che hai le mie misure...

Luigi   Grazie, ma, tra l'altro, potrei ingrassarmi.

Piero  E quello che potrebbe capitare anche a me. Perciò non resta che darla indietro e farsi resti­tuire il denaro.

Luigi   O trovare un altro defunto che la prenda d'occasione, anche se gli va un po' larga. Meglio che niente...

Piero  L'essenziale è che se la riportino via, per­ché è un oggetto che non mi piace vedere in casa.

Luigi   Benché, quando c'è, è sempre meglio ve­derlo che non vederlo.

Piero Volessimo darla ai Demagisti come cassa nuziale? E un bell'oggetto e noi dobbiamo fare un regalo agli sposi. Ci hanno portato la bomboniera.

Luigi   Non mi pare molto adatto, come dono di nozze.

Angelica(entra e annunzio)   C'è l'impiegato delle pompe funebri.

Luigi   E il cielo che lo manda. (Mentre Angelica si ritira)  Venga, venga!

AgenteP. F. (entra con faccia di circostanza)  Permesso?...  (Trasecola  udendo venire  dalla  stanza accanto un allegro canto) 

Coro   (dalla stanza accanto) 

Ma co' sti modi, Brigida

tazz' 'e cafè parite,

sotto tenite o zucchero

e 'ncopp'amara site...

Luigi    (affacciandosi verso la stanza accanto)  Più piano, per favore!

(Il Coro prosegue a bassa voce. Luigi si volge all'agente delle pompe funebri) 

Non si preoccupi, era un caso di morte apparente. Il morto è risuscitato. Permette? (Fa le presentazioni)  L'agente delle pompe funebri... L'ex defunto...

Agente P. F. (stringendo la mano a Piero)   Fortunatissimo.

Piero  Fortunatissimo io.

Luigi    (all'agente)   E sua moglie?

Agente P. F.  Ebbene?

Luigi    (esitando)   Dico: è sempre morta?

Agente P. F.  Purtroppo.

Luigi   Mi dispiace. Però, ho da farle una propo­sta. Ci ha detto stamane che avrebbe voluto per li sua povera moglie un feretro lussuoso, ma che non poteva permettersi la spesa. Potrei cederle il nostro a prezzo d'occasione.

Piero  Ma diamoglielo gratis, sarà un'opera buoni.

Agente P. F.  Oh, grazie. Allora, giacché sono così buoni, potrei profittare anche del funerale? Tanto non si fa più in tempo a disdirlo. Quando verrà il carro, ci farò metter la cassa, come ci fosse il de­funto, e invece la portiamo a casa mia, dove ci mettiamo mia moglie. I musicanti sono anche amici miei, verranno con me, così mia moglie avrà quelle solenni onoranze che sognavo per lei e che la ripaghe­ranno di tante rinunzie, di tante privazioni. E questo lo debbo a loro. Non lo dimenticherò e spero di po­ter ricambiare...

Piero   (facendo scongiuri)   Ma non ci pensi nem­meno.

Agente P. F.  Però non voglio aver tutto comple­tamente in dono. Le manderò quello che posso, altri­menti mi parrebbe di non far niente per mia moglie.

Piero  Come vuole.

Agente P. F.  Grazie. Riverisco. (Via commosso)

Piero  Pover'uomo. Gli daremo anche le corone. Sarà un raro caso, in cui, in un funerale, s'identifi­cheranno i fiori con le opere di bene. Piuttosto, spe­riamo che torni presto.

Luigi   Perché?

Piero  Non si sa mai, dovesse risuscitare anche sua moglie.

Luigi   Be', non pensiamo a malinconie, adesso. Vado a brindare alla tua salute. (Via nella stanza ac­canto).

(Si ode avvicinarsi dall'esterno un lamento sem­pre più straziante)

Teresa            (entra e guarda Piero con occhi di folle)  Piero, sta arrivando tua sorella Elisabetta.

Piero   (con occhi di folle)   Chi l'ha avvertita?

Teresa            (apre le braccia)   Mah!

Voce di Elisabetta(avvicinandosi in tono di lamen­tazione)   Anima benedetta, ci hai lasciato, te ne sei voluto andare. Requiem aeternam...

Elisabetta(un donnone disfatto dal dolore e dalle fatiche del viaggio, con un vasto volto arrossato, co­perto da una peluria biancastra e rigato dalle lagrime. In gramaglie entra con valigia. A Teresa, non accorgendosi, nel primo momento, che Piero è lì, vivo, intento a sgranocchiare dolciumi, con un bic­chiere di spumante in mano. In tono dolente)   Ha capito di morire?

Teresa(l'abbraccia)   Domandalo a lui. E lì. (Gli indica Piero)  Io, scusami, ho di là degli ospiti. Vieni poi a bere qualcosa. (Si stacca e via nella stanza ac­canto)

Elisabetta(si volge a Piero, con lo stesso tono do­lente di poco prima)   Hai capito di morire?

Piero   (con naturalezza a bocca piena)   Ho capito, sì.

Elisabetta(trasecola. Si stropiccia gli occhi. Guar­da Piero sbalordita, accorgendosi soltanto ora di aver parlato con lui)   Ma allora...

Piero   (c. s.)   Un caso di morte apparente. Pren­di qualche cosa. (Le porge un vassoio di dolci)

Elisabetta Oh, santi del Paradiso! E adesso co­me si fa?

Piero   (c. s.)   Come si fa che cosa?

Elisabetta Quando abbiamo avuto il telegramma, mio marito ha capito subito. Ha avuto una crisi ter­ribile, ma ora è passata.

Piero   (deluso)   Di già?

Elisabetta    Sì, per fortuna. E malato di cuore, lo sai,  e  qualsiasi  emozione  può  ucciderlo.  Questa volta poco ci è mancato. Ora, grazie al cielo, è fuor di pericolo, tanto che ha potuto sostenere tranquil­lamente la vista dei paramenti funebri sul portone di casa tua.

Piero  Meno male.

Elisabetta Il medico, però, ha detto che un'altra emozione gli sarebbe fatale. Per conseguenza, non si deve assolutamente dirgli che sei risuscitato. Mori­rebbe.

Piero  Come?! Sa che sono morto, e sta bene; e morirebbe  se  sapesse che sono vivo?

Elisabetta Piero, devi capire. Pantaleo non sa­rebbe mai capace d'una bassezza. Sai che t'adora. Ma il colpo della notizia ferale l'ha già avuto e, per for­tuna, l'ha superato felicemente.

Piero  Ringraziamo  il Signore.

Elisabetta Se venisse a sapere che sei risuscita­to, avrebbe un'altra scossa, per la gioia, e due scosse così violente a breve distanza e l'una in senso contra­rio all'altra, causerebbero la sua morte.

Piero  Oh, poverino. E allora, lascia che creda che sono morto, se questo gli giova alla salute.

Elisabetta Piero, tu continui a fare dell'ironia, ma hai torto. Pantaleo, è un nobile cuore. Ti adora. Morirebbe dalla gioia. Si può fare di più? Ormai c'è in lui dolore e soltanto dolore: profondo, incancella­bile, eterno, ma calmo, ormai, sereno.

Piero  Ha fatto presto. Comunque, non potevo continuare eternamente a fingermi morto, per far pia­cere a mio cognato.

Elisabetta Non per fargli piacere, Piero, devi capirmi, Pantaleo...

Piero  È un nobile cuore, ho capito.

Elisabetta Per evitargli un'altra scossa.

Piero  Per evitargli un'altra scossa, sia pure. Ma un bel giorno l'altra scossa dovrà averla.

Elisabetta Certamente. Dovrà finire col sapere. Lo prepareremo a poco a poco, con le debite cautele. Ma per ora, essendo troppo fresco il colpo della mor­te, bisogna che non sappia.

Piero  E non dirgli niente. Non glielo scrivere. Quando tomi a casa, gli dirai...

Elisabetta  E qui.

Piero  E venuto anche lui?

Elisabetta Si. S'è fermato un momento al bar, per prepararsi all'ultima prova da affrontare.

Piero  Cioè?

Elisabetta La visita della tua salma.

Piero  Non farlo salire. Digli che potrebbe avere un altro colpo, se vedesse la mia salma.

Elisabetta Piero, non ci siamo ancora capiti. Il colpo della morte l'ha già avuto e superato felicemen­te, per fortuna. Adesso è calmo, sempre relativamente parlando. E, se anche non lo fosse abbastanza, si sta rinforzando con uno zabaione. Perché vuol vedere la tua salma.

Piero  Ma guarda un po' che pretese.

Elisabetta Non per cattiveria, Piero, devi capirmi. Dice che ormai si sente in grado d'affrontare la terribile prova.  E' pronto.  E' disposto.

Piero  Ma bravo.

Elisabetta Dice che vuol darti il debito tributo di lagrime.

Piero  Lo dispenso.

Elisabetta Via, stènditi sul letto!

Piero  Ma fammi il piacere! Dovrei fare il morto, se no muore lui.

Elisabetta Ti scongiuro, Piero, fallo per Pantaleo.

Piero  E non potete dirgli che m'hanno già por­tato via?

Elisabetta No, perché al bar gli hanno detto che il funerale non s'è fatto ancora. così s'è tranquilliz­zato. Perché il suo terrore era d'arrivar tardi e non poterti tributare gli estremi onori.

Piero  E un pensiero squisito, ma io il morto non me la sento di farlo.

Elisabetta Via, che ti costa?

Piero  Non insistere, Elisabetta, chiedimi tutto, ma non questo.

Elisabetta Ma lui vuoi vedere la tua salma. Con­tentalo, povero Pantaleo. Il tempo di farti vegliare un po' da lui. Poi lo allontaniamo con dolcezza, di­cendo che debbono chiuderti, e tu ti rialzi.

Pietro           Senti, fagli vedere il feretro.

Elisabetta Vuoto?

Piero  Vuoto. Gli dite che io ci sono dentro. Sarà l'estremo saluto alla cassa vuota.

Elisabetta Eccolo! Nasconditi!

(Piero via nella stanza del rinfresco)

Pantaleo(affranto, massiccio ed alto come un ele­fante, entra. Si direbbe che le sue grosse spalle un po' curve e rigonfie, tengano tutto il corpo sospeso come a un uncino, sicché esso, malgrado la mole, sem­bra sfiorare leggero il pavimento, anche in virtù dei piedi che nel camminare si sollevano appena, arric­ciandosi come quelli dell'elefante. Tendendo le brac­cia quasi ad allontanare qualcheduno che voglia trat­tenerlo, con profondo dolore)   

Non ditemi niente!

(Guarda un attimo il feretro e subito si copre gli oc­chi inorridito con una mano e fa il gesto quasi di fuggire. Ma si trattiene e comincia a scoprirsi gli occhi lentamente un pezzettino per volta come fanno i giocatori con le carte del poker, per tosto ricoprirli mentre è scosso da silenziosi singulti. Durante questa scena entra Teresa, che consegna ad Elisabetta un piatto con fetta di torta)

Teresa            (ad Elisabetta alludendo a Pantaleo)   Tienilo d'occhio, che non faccia qualche grossa corbelleria.

Elisabetta(a Pantaleo)  Coraggio. So che nessu­na parola serve in questi casi. Solo il tempo potrà darti quella rassegnazione che oggi non trovi, per la morte di tuo cognato. Ma bisogna reagire. Guai a lasciarsi vincere dallo sconforto.                      

Pantaleo(con specie di ruggito)  No! Lasciatemi!

Elisabetta(tranquillamente mangiando)   Capisco il tuo dolore ma sii forte. Sii uomo. Ora tuo cognato è lassù, che ti guarda e ti benedice. Si ha il dovere di vivere anche per gli altri.

Pantaleo(ruggendo e benché nessuno lo trattenga)   Lasciatemi!  Voglio morire, voglio troncare una vita ormai divenuta inutile, per me e per gli altri.

Teresa            (ad Elisabetta)  Ma digli che Piero è vivo.

Elisabetta Per carità. Questo è uno sfogo saluta­re (Porge a Pantaleo un piatto con una fetta di torta. Pantaleo guarda stupito)  Volontà del defunto.

Pantaleo Che animo nobile.                    

Angelica(entra piano a Teresa)  Signora i gelati si squagliano.

(Teresa ed Elisabetta si scambiano occhiate di sgomento)

Teresa(ad Elisabetta)  Scusa.

(Via con Angelica. Dalla sala accanto, insieme con un lieto tintinnio di bicchieri e un acciottolio di piatti, misto a voci fe­stose, viene a un tratto il suono di un giradischi che suona un valzer. Si vedono le coppie che turbinano nella danza)

Pantaleo(scandalizzato ad Elisabetta)  Ballano?

Elisabetta(scuote il capo con simulata mestizia) Desiderio del defunto!

Pantaleo Che animo nobile ! Non ha voluto nem­meno che si piangesse attorno al suo feretro. BÈ, facciamo anche noi un balletto, per ottemperare alla sua volontà. (Si alza con un sospiro e si mette a balla­re pesantemente il valzer con la moglie, con tristezza)

Portatore(entra)  Permesso? Sono venuti a pren­dere il feretro.

Pantaleo(sospendendo la danza)  Di già? (Sospi­ra, con sorpresa del nuovo venuto. Bacia il feretro)

Portatore(tira fuori un assegno)  Pago a lei?

Pantaleo(stupito)  Perché? Qui li comprate?

Portatore Eccezionalmente. Un nostro impiegato lo compera a prezzo d'occasione. Ma vuole che non si sappia.

Pantaleo(scambia una occhiata significativa con la moglie. Piano al portatore, badando di non essere udito dalla stanza accanto)  Io non parlo. Ma, mi raccomando, anche voi, acqua in bocca con tutti! (Prende l'assegno che il portatore gli consegna: guar­da la cifra) È un po' pochino.

Portatore Questa è la cifra che mi è stata data.

Pantaleo(intasca l'assegno, badando di non essere visto dalla stanza accanto. Abbassando la voce e sem­pre tenendo d'occhio la porta)  Ma mi tolga una curiosità, che se ne fa, il compratore?

Portatore(ridendo)  Be', che cosa ci si fa, di so­lito?

Pantaleo(sgomento)  Non so proprio.

Portatore(c. s.)  Ah, non lo sa? Beato lei. (Incol­la il feretro)

Pantaleo(al feretro facendo gesti di accorato sa­luto e lanciando piccoli baci sulla punta delle dita) Addio, addio.

Elisabetta(a Teresa che si affaccia dalla stanza accanto, piano)  Andiamo anche noi, altrimenti Pan­taleo capisce.

(Dalla stanza accanto vengono fuori Teresa, Jone, Marcantonio, Luigi, la Ridabella e An­gelica, Demagisti, Lola, Giamboni e Osvaldo. Si forma il corteo dietro la cassa vuota. Il corteo aperto da Pantaleo con aria di profondo cordoglio traversa la scena ed esce. Un attimo di scena vuota. Dalla stanza accanto viene fuori Piero cauto; dopo aver fatto ca­polino per accertarsi che non ci sia nessuno va ad affacciarsi. Dalla strada salgono, lente e solenni, le note di una marcia funebre. Profondamente commos­so per i propri funerali, Piero si stacca dalla finestra e si asciuga una lagrima)

(Calato il sipario, il funerale continua a mo' di pas­serella: i partecipanti escono da una parte e rientra­no dall'altra del sipario (o del teatro, se non c'è si­pario), passando da dietro; mentre non si vedono, cambiano qualche particolare dell'abbigliamento, o del trucco, in modo da dar l'impressione che si tratti sempre di nuova gente (mentre sono sempre gli stes­si) e che il corteo duri all'infinito. Cosi li vedremo successivamente; volta a volta:

1)come li abbiamo già visti, ma seguiti da tutti gli altri personaggi della commedia precedentemente usciti;

2)tutti con ombrelli aperti;

3)tutti con candele, o torce;

4)con cotte ecclesiastiche, come in una proces­sione religiosa;

5)con nasi lunghi, con occhiali neri, o altro;

6)tutti pelati;

7)tutti con grandi capigliature;

8)con mantelli militari, elmi, ecc;

9)con feluche da diplomatici, ammiragli, ecc;

10)con cappucci da confraternite;

11)con strumenti d'ottone, grancasse, pifferi, ecce­tera, della banda musicale.  Contemporaneamente, sfileranno tutto l'armamenta­rio e tutti i luoghi comuni dei funerali, come:

12)il cuscino con le decorazioni;

13)il cuscino con la spada;

14)i pennacchi dei cavalli che fanno su e giù;

15)l'affusto di cannone;

16)il capo della banda musicale che dirige col ba­stone di maresciallo ;

17)le lamentatrici;

18)il sindaco in cilindro e con la sciarpa tricolore;

19)le autorità in cilindro;

20)quello che finge di leggere il discorso, sbrac­ciandosi;

21)quello che piange;

22)i due che parlano di affari propri; eccetera, eccetera, chi più n'ha ne metta, ad libitum, sempre con gli stessi attori e sempre con accompa­gnamento della marcia funebre)

Fine

Questa commedia è stata rappresentata per la prima volta il 27 marzo 1961 al Teatro S. Erasmo di Milano dalla Compagnia del «Teatro delle Novità» diretto Maner Lualdi che ne ha curato anche la regia. La distribuzione era la seguente:

LUIGI - Giuseppe Pertile; MARCANTONIO - Guido Verdiani; TERESA - Olga Ghepardi; RIDABELLA - Germana Monteverdi; JONE - Liana Casartelli; ANGELICA - Pupella Maggio; LA PORTINAIA - Anna Mazzelli; DEMAGISTI - Franco Scandurra; LOLA - Alba Petrone; L'operaio - Sandro Massimini; Signor Pelaez - Luciano Rebeggiani; Signora Pelaez - Miriam Crotti; Osvaldo - Enrico Ardizzone; Celeste - Vittoria Dal Verme; IL Colonnello - Cesare Polesello; GIAMBONI - Armando Benetti; PIERO - Carlo Ninchi; IL portatore - Gilberto Calindri; Elisabetta - Ada Vaschetti; Pantaleo - Enrico Ardizzone.

La commedia è tratta dal romanzo « Povero Piero » edito da Rizzoli.