Preludio per una vita galante

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PRELUDIO PER UNA VITA GALANTE

Una scena

DI ROBERTO MINERVINI

PERSONAGGI

LALLIA

ATTILIO

 

 

Un salottino dove predomina, come si dice in tutte le didascalie delle commedie, un parti­colare gusto femminile. La comune, la finestra a destra o a sinistra, il lampadario centrale, i ri­tratti sparsi qua e là, i ninnoli, i tappeti e tutte le altre cose che ogni autore ben pensante crede opportune alla costruzione della così detta « at­mosfera », non mancano fra queste tre pareti (non bisogna dimenticare che la scena deve svol­gersi necessariamente a teatro) a cui volentieri si aggiungerebbe la quarta, almeno per conser­vare il carattere d'intimità, necessario alla vi­cenda, e per riservare la gioia di esserne testi­moni, sebbene a disagio, soltanto a quelli, più ardimentosi, ai quali prendesse vaghezza di arrampicarsi fino al soffitto, scoperchiato per l'occasione. Due mobili tuttavia sonoindispensabili: un armadio a tre porte, dipinto a guisa di mosaico, e un sommier       - (è davvero di grande effetto un vocabolo francese nelle didascalie) che molti cuscini hanno l'incarico di seppellire sotto colori più disparati e i disegni più arbitrari.

La padrona di casa, legittimamente coniugata ad uno dei soliti mariti che l'autore ha disdegnato finanche di presentare in princi­pio, tanto era comune e scialbo, si chiama Lallia; e poiché sarebbe inutile ricercare il nome di origine, si accetti con docilità il vezzoso diminutivo, in omaggio alla donna che, naturalmente, è bella, seducente, un po' ardente  e quasi fatale.

Attilio, si badi, non è patrizio, non è irresistibile, non è ricco: è giovane, timido, serio, poco loquace; e tutto ciò per natura e soprattutto, perchè se fosse ciar­liero ed intraprendente, la scena che segue non sarebbe stata riprodotta. E, per giunta, con l'avvertenza di stare attenti alle sue intenzioni segrete, al suo significato recondito, a tutte le sue cose, infine, vaganti o inespresse.

Lallia                             - E così ? Lei guarda sempre le figure e gli ornati dell'armadio?

Attilio                           - Ammiro.

Lallia                             - Ma tutti gli stessi, i visitatori di casa nostra. Al cospetto del finto mosaico riman­gono precisamente come lei: ammirati. La gran bella parola! Am-mi-ra-ti. E nessuno trova una parola diversa. Ci sarebbe da osser­vare, per esempio, che quella donna, Ja regi­na, non mi somiglia per niente, con quel suo viso livido e piangente! E che il re, anche il re, sicuro, di mio marito non ha che i baffi all'americana.

Attilio                           - Già...

Lallia                             - Senza dire che il simbolo si capisce poco, anzi pochissimo. Proviamo. Mi spieghi e è bravo, la prima figura: mio marito. Animo! L'ascolto.

Attilio                           - (confuso) Suo marito... suo marito le offre... le offre non so bene che cosa... Si direbbe un tempio bizantino.

Lallia                             - (ridendo forte) Ah, è bellissima, questa del tempio! Lei è il primo a dirla. Ma no, via! E' uno scrigno quattrocentesco. Al papa, magari potrebbe offrire un tempio, non a me che sono sua moglie, le pare?

Attilio                           - (ancora più confuso) Vede, signora, le confesso... Le confesso che non è facile, ceco. Non trovo.

Lallia                             - Allora bisogna proprio che mi decida n spiegarglielo io. I nostri amici devono essere iniziali. E' una specie d'insegna nobiliare, uno stemma della nostra intimità, a cui si è ammessi a scelta e per merito, come per le promozioni nella burocrazia. E non è male, ini creda. A parte la somiglianza, che non ha valore in questa presentazione, e che è la sola cosa discutibile, io ho quasi il dovere di avvertirle che il concetto del nostro vincolo matrimoniale è perfettamente espresso nelle figure che lei ancora...

Attilio                           - (istintivo, interrompendola) Ammiro.

Lallia                             - (scattando) Per carità, non io ripeta! Gli uomini, di solito, non fanno che ripetersi.

Attilio                           - (docile, correggendosi) Che osservo...

Lallia                             - Benissimo. Comincio dalla prima fi­gura: mio marito. Dunque, mio marito, re della casa, mi offre nello scrigno, che è, si capisce, il suo cuore, tutti i tesori che egli possiede. Ai suoi piedi quel cane rappresenta la fedeltà. Trova, forse, che sia rettoi'ico?

Attilio                           - Tutt'altro. Lo trovo anzi interessan­tissimo.

Lallia                             - Sulla porta centrale fiori e frutta, sim­boli dell'abbondanza. Passiamo alla seconda figura. Io, regina della casa, ricevo con letizia e purezza i doni e gli sorrido. Vede i sigli? Il mio sorriso veramente non è ben chiaro, ma si tratta di un particolare secondario. Ai miei piedi quei due pavoni rappresentano la vanità femminile. L'autore dell'opera è lui, mio marito, pittore per diletto e quando si tratta di celebrare me.

Attilio                           - Ma...

Lallia                             - So quello che vuol dire. Le pare che celebri anche se stesso? Ma non è una celebra­zione: è piuttosto un omaggio, un devoto omaggio. Questo sì che è chiarissimo.

 

Attilio                           - Io trovo perfetta l'imitazione del mo­saico.

Lallia                             - Infatti.

Attilio                           - E suo marito dov'è? Volevo salu­tarlo.

Lallia                             - (avvicinandosi) Mio marito è sempre fuori per i suoi affari. Tornerà stasera tardi, molto tardi; E' uno di quegli uomini che non conoscono l'ora di pranzo.

Attilio                           - Ah!

Lallia                             - Scommetterei che l'aveva già indovi­nato.

Attilio                           - (preoccupatissimo) Ma no...

Lallia                             - Non insisto. E poi non c'è mica biso­gno di aver l'aria di giustificarsi. Dicevo così, per dire...

Attilio                           - Forse non è conveniente che io re­sti?Ci sarà, immagino, almeno la cameriera.

Lallia                             - Resti, resti pure... La cameriera è in licenza, ma una tazza di tè gliela preparo io. Ho il piacere di preparargliela io.

Attilio                           - (arrossendo) Grazie, però non posso permetterlo. Pensi, poi, che il tè riesce a far­mi perdere l'appetito. Ed io, a differenza di suo marito, rispetto l'ora del pranzo. Già è tardi.

Lallia                             - Oh, guarda! Lei è diventato rosso. Un bel gambero. Scommetto di nuovo: questa volta lei preferirebbe andarsene e forse senza nemmeno salutarmi, certo senza baciarmi la mano.

Attilio                           - Io sono lieto, lietissimo, invece...

Lallia                             - Cominci a fare il suo dovere. Non consento che mi si manchi di rispetto. Poco fa lei è entrato e si è appena degnato d'in­chinarsi. Alle signore bisogna baciare la ma­no. Avanti! Preferisce la destra o la sinistra?

Attilio                           - (sempre rosso, non sa dove posare lo sguardo) Ma...

Lallia                             - (avvicinandogli una mano alle labbra) Avanti, avanti...

Attilio                           - (eseguisce timidamente) Ecco.

Lallia                             - Quanti anni ha?

Attilio                           - Io?

Lallia                             - Lei, lei.

Attilio                           - Ventuno. Ventuno compiti il sedici aprile. Sarebbero precisamente... Oggi quat­tordici luglio... accenna a voler contare) Se­dici maggio, sedici giugno...

Lallia                             - Pretenderebbe per caso di risolvere un problema sulla punta delle dita? Ragaz­zo! E' proprio un ragazzo. Quello che si dice un ragazzo.

Attilio                           - E lei?

Lallia                             - Che le salta in mente?

Attilio                           - (candido) Lei deve .avere trentacinque anni.

Lallia                             - Insolente! Impari che le signore gio­vani non hanno mai trentacinque anni. Al massimo trenta.

Attilio                           - (a mezza voce, con le mani sulla spal­liera di una seggiola) E dire che...

Lallia                             - Ha una voglia inaudita di sedere. Stordito! Si accomodi, dunque. E' mezz'ora che siamo insieme. Prima sul sommier, poi al cospetto del finto mosaico, ora, infine, presso il tavolo. Si accomodi, si accomodi. Non avrà bisogno, immagino, che io le sug­gerisca la maniera di fare una visita!

Attilio                           - (sedendo) Oggi sono maledettamente stanco.

Lallia                             - A che ora è andato a dormire? Ha certi occhi!

Attilio                           - Alle undici.

Lallia                             - Soltanto le undici?

Attilio                           - Soltanto.

Lallia                             - Ma si soffoca, qui. Non sente? Un caldo africano. Vogliamo aprire?

Attilio                           - Come vuole.

(Lallia raggiunge la finestra; l'apre. Attilio ha trovato un album di fotografie sul tavolo, è sfoglia le pagine con attenzione, reggendosi la fronte con la mano).

Lallia                             - (tornando presso di lui) Ma lei è dav­vero un bel tipo! Si mette a sfogliare un al­bum e non domanda nemmeno il permesso. E se ci fosse un segreto?

Attilio                           - (fa per richiudere in fretta Valbum) Ha ragione. Sono più distratto del consueto.

Lallia                             - Di solito è distratto? Ma guarda! sem­pre sempre distratto?

Attilio                           - Così...

Lallia                             - (poggiandogli un braccio sulla spalla) Continui pure... Non c'è alcun segreto. Mio marito ha la mania delle collezioni. Questa è la collezione delle istantanee di sua moglie. Possiamo guardarle insieme, le va?

Attilio                           - (che al contatto ha avuto un leggero brivido) Sì, grazie.

Lallia                             - (indicando le fotografie) Questa, ve­de, è un ricordo di Sorrento. E anche quest'altra. Quest'altra, poi, di Venezia. Conosce Ve­nezia?

Attilio                           - (non risponde).

Lallia                             - Che guarda?

Attilio                           - (scuotendosi) Nulla.

Lallia                             - Lei, oltre ad essere un gran distratto, dev'essere un gran bugiardo. Guardava invece la mia scollatura su questa fotografia. b| trova sconveniente?

Attilio                           - (fermando l'indice su di un punto) -Peccato che vi sia una macchia della negativi] Mi pare che guasti. E dire che era riusciti bellissima, molto naturale...

Lallia                             - (sorridendo) Ma non è una macchili E' un neo. Semplicemente un neo.

Attilio                           - (perplesso) Un neo così grosso? Co» smisurato ?

Lallia                             - Ora minaccia di diventarmi anche incredulo.

Attilio                           - (rimettendo a posto l'album) vrebbe regalare una sua fotografia aì!a mamma.

Lallia                             - (che non ha udito, dopo una pausa) E se glielo mostrassi ?

Attilio                           - (alzandosi di botto) Credo che... Cre­do che la mamma sarebbe molto contenta...

Lallia                             - (non sa contenere un moto di disgusto e di disprezzo. Si avvicina al sommier, vi si cm bandona leggera ed agile) Ma cos'ha dun­que, oggi ? (si mette a tirare gli angoli di m cuscino) Sempre rosso come un gambero. Ma che abbia paura? E paura di che? Me lo dice di che? Rimane lì, imbambolato, assento.., Insegue forse dei grandi pensieri?

Attilio                           - Ecco, io vorrei...

Lallia                             - Suvvia, si animi. Vorrebbe?

Attilio                           - Vorrei domandarle... Mi aiuti un po' lei!

Lallia                             - Ma è semplicissimo! Vorrebbe do­mandarmi che cosa penso del suo terrore, del suo imbarazzo alla probabile vista del min famoso neo.

Attilio                           - Le assicuro che...

Lallia                             - Che preferirebbe, lo so, vederlo in fotografia. Lei è uno di quelli che costituisco­no una vita con la complicità di una Kodak. Uno di quelli, insomma, che sarebbero capaci di ammazzarsi per una donna in effige. I timidi in amore... Ebbene, penso questo. Ora sono io, invece, a rivolgerle una domanda: che cosa pensa di me, cioè di una donna che voleva mostrarle un neo.

Attilio                           - Oh, si figuri... Io...

Lallia                             - Ma è chiarissimo. Lei appartiene pro­prio a quel genere di uomini. Quegli uomini lì, appunto, si esprimono a monosillabi, trat­teggiano la loro vita con le mezze parole.

Attilio                           - Oggi sono maledettamente stanco.

Lallia ^                          - Da capo con la stanchezza! Lo ha già detto una volta. Lei piuttosto è maledettamente confuso. Allora glielo dico io che cosa ha pensato della donna che voleva mostrarle il ueo. Ha pensato che io... Ma si faccia «orag­li io una buona volta! lo dica lei!

Attilio                           - (esitante) Mi creda, donna Lallia, non ho avuta l'intenzione di offenderla. Al­cuna intenzione.

Lallia                             - Lei offendermi? E che? Avrebbe potuto pensarlo? Si rimetta qui, accanto a me, e mi dica delle cose carine. In questi pomeriggi di estate ho proprio bisogno di qualcuno che mi dica delle cose carine.

Attilio                           - (si avvicina. E' titubante. Cade lenta­mente a sedere, sull'angolo del sommier).

 Lallia                            - (battendogli con civetteria la mano sulla spalla) Di nuovo al posto di prima? Si av­vicini, si avvicini. Ma devo insegnarle tutto? Anche la maniera di comportarsi con le don­ne? Si avvicini, via, e dica qualche cosa. Una cosa molto carina, intendiamoci, carina tanto.. (Una lunga pausa. Lallia, che tira sempre gli angoli del cuscino, ora guarda di sottecchi il giovanotto che ogni tanto abbassa le palpebre e le riapre subito scuotendosi. La donna storce le labbra ed aspetta. Una altra pausa, ancora più lunga. Poi Attilio dischiude con una smorfia le labbra e tenta invano di nascondere con la mano lo sbadiglio, uno sbadiglio interminabile, pieno, liberatore).

Lallia                             - Lei ha sonno! Ha sonno! Ma se ne vada, non faccia complimenti. Una buona dor­mitina e passerà.

Attilio                           - (si rimette in piedi, definitivamente av­vilito) La notte, sa, non riesco a dormire…

Lallia                             - Provi adesso. Nei pomeriggi si dorme bene. E se proprio non ci riesce, si faccia vi­sitare dal medico. L'insonnia è un male fastidiosissimo.

Attilio                           - Sono davvero mortificato! (S'inchi­na, fa per baciarle la mano) Non so come scu­sarmi... Le giuro...

Lallia                             - Non mancava che un giuramento, adesso. Ma lei non sa che giurare, che assicu­rare... E' inaudito! Se resta ancora un mo­mento, mi cade davanti in ginocchio. Che cosa dovrei scusarle, che cosa dovrei perdo­narle? (Contenendosi) Lei, del resto, è un ragazzo simpaticissimo. Avrà molta fortuna con le donne, glielo dico io. Ma bisogna che si curi l'insonnia... Non perda tempo. Vada a dormire, intanto. E non pensi a nulla, per carità! Lei sarebbe capace di mettersi a pen­sare al mio neo... Ride con provocazione).

Attilio                           - (cercando di affrettare la fine del mar­tirio) Non dubiti... Arrivederla. (Esce gof­famente, in fretta).

Lallia                             - (avviandosi) Aspetti, l'accompagno. (Quasi fra se) Domani andrà a raccontare a tutti che io sono diventata la sua amante.

FINE