Premiata ditta Frisseo e Boccion

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LA PREMIATA DITTA FRISSEO E BOCCION

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Titolo

PREMIATA DITTA FRISSEO E BOCCION

Autore ed aventi diritto

Giuliano Angeletti  poetangeletti@gmail.com

tel. 3317115597

Data pubblicazione

01 .02.2012

Anno di stesura

2012

Genere

Commedia Brillante

Atti

1 /2 a discrezione della Regia

Durata (min)

70

Lingua

italiano

Personaggi maschili

5

Personaggi femminili

7

Minimo attori maschili

5

Minimo attrici femminili

7

Premi e riconoscimenti

Depositato S.i.a.e.

Sezione DOR numero posizione SIAE 198563

Codice Opera 902403A

Reparto proventi : concordato tra gli Aventi Diritto

Da effettuarsi dalla SIAE

100%

100%

SINOSSI: due imbranati nullafacenti decidono di aprire una ditta di pitturazioni: gli affari non vanno molto bene, ed un giorno si presenta a loro Gino un ex pregiudicato che propone loro un colpo sicuro  … ma sarà veramente sicuro …  ma l’unica sicurezza è questa  delirante e spassosa commedia che senza cadute tiene incollato alle sedie il pubblico contagiato dalla divertente trama

 PREMIATA   DITTA

FRISSEO e BOCCION

Commedia Brillante

di

Numero Posizione SIAE 198563

Codice Opera 902403A

Personaggi:

GINO ( ex pregiudicato ora dipendente comunale innamorato di Maria)

MARIA (dipendente comunale  innamorata di Gino)

ELVIRA ( donna anziana , pedante e litigiosa)

L’ASSESSORE (assessore comunale, può essere sia uomo che donna)

MILENA (amica di Elvira)

ERMINIA (vicina di casa di Rina)

FRISSEO (imbianchino)

BOCCION (imbianchino)

OPERAIO COMUNALE ( operaio)

ROSALBA ( vende biglietti per la lotteria)

ORTENSIA (assicuratrice)

MANRICO ( genero di Elvira e marito di Rina)

RINA ( moglie di Manrico )

Entrano passando per il pubblico vestiti da imbianchini ed ubriachi Frisseo e Boccion e vanno dietro le quinte

 

Parco: una panchina / casa di Manrico

SCENA 1

GINO – ELVIRA - MARIA

(Due innamorati sono seduti sulla panchina, Elvira frenetica passa più volte con una rivista)

GINO – Cara mi vuoi bene?

MARIA - Sì. Caro, è vero che non puoi vivere senza di me?

GINO - Sì.

MARIA – Ginetto dimmi che non amerai mai nessun’altra?

GINO - Sì.

MARIA - Oh, caro! Quante cose dolci che sai dirmi!

(Entra da sinistra Elvira scocciata perché non trova posto per sedersi, vede solo quella panchina)

ELVIRA: scusatemi ma questa panchina è libera?

MARIA:  (guardando Gino) Amore lascia un po’ di spazio a questa scocciatrice

ELVIRA: scocciatrice io, siete voi che non avete creanza, andate a sbaciucchiarvi da qualche altra parte

MARIA: questo è un parco libero a tutti

GINO: per questo facciamo quello che vogliamo

ELVIRA: allora lasciatemi spazio, io ho diritto di sedermi quanto voi

(gli innamorati si spostano, Elvira si allarga)(i due si abbracciano)

ELVIRA: certo che voi due ne avete di coraggio

GINO: (sorpreso) che coraggio?

ELVIRA: niente, dicevo tra me e me

MARIA: (diretta a Gino) lasciala perdere non vedi che gli manca qualche venerdì

ELVIRA: venerdì? ma non è venerdì

GINO: (scocciato) no oggi non è venerdì!

ELVIRA: e allora che giorno è?

MARIA: sabato

ELVIRA:  allora venerdì era ieri. E adesso lasciatemi spazio

GINO: ma avete mezza panchina

ELVIRA: e allora?

MARIA: ma non ci sono altre panchine libere?

ELVIRA: se ci fosse una panchina libera mi sarei seduta quì con voi?

GINO: no

ELVIRA: ma non avete una macchina, un appartamento, una garconnière

GINO: una cosa?

MARIA: cosa?

ELVIRA: sì una di quelle mansarde dove vanno gli amanti

MARIA e GINO: (in unisono) ma noi non siamo amanti

ELVIRA: siete sposati?

MARIA: no

GINO: ma cosa racconti?

ELVIRA:  convivete?

MARIA: ma a lei cosa le interessa?

ELVIRA: di dove siete? voi non siete di qua?

MARIA: no

ELVIRA: e allora perché siete venuti a sedervi  in questa panchina?

GINO: perché erano tutte occupate

ELVIRA: avete la macchina?

GINO: sì

MARIA: sì abbiamo la macchina

ELVIRA: e allora andate da qualche altra parte?

MARIA: e perché dovremmo  andare da qualche altra parte?

ELVIRA: (si alza) ma guardatevi allo specchio,  non siete più giovincelli, anzi siete su d’età

MARIA: ma l’amore non ha età

ELVIRA: ma anche l’occhio vuole la sua parte

GINO: come sarebbe a dire?

ELVIRA: siete vecchi e brutti, ma lei mi sembra di conoscerlo?

GINO: chi io?

ELVIRA: sì lei

GINO: non mi sembra

ELVIRA: mi sembra

MARIA: lei si sbaglia

ELVIRA: lei si assomiglia a qualcuno

GINO: tutti ci assomigliamo a qualcuno

ELVIRA: ma lei mi sembra Gino?

GINO: sì sono Gino

ELVIRA: ma lei non era in galera?

GINO: sì ma mi hanno mollato, sa per buona condotta

ELVIRA: allora lei è ritornato a Follo, ha occupato una panchina e in più si è messo a sbaciucchiare questa donna

GINO: non faccio niente di male

MARIA: non fa niente di male

ELVIRA: questa è la mia panchina

GINO: la panchina è di tutti

MARIA: il parco è del comune

ELVIRA: mi informo, ma centra qualcosa lei in Comune?

GINO: poco

ELVIRA: quanto poco

GINO: così e così, diciamo che mi hanno fatto per recuperami un contratto di solidarietà

ELVIRA: e allora?

GINO: mi hanno preso a lavorare in comune

ELVIRA: con tutti i disoccupati che ci sono in giro, hanno preso proprio te?

GINO: sì, e in comune

ELVIRA: ma voi in comune non avete niente da fare che andare ad occupare una panchina a parco e sbaciucchiarvi?

GINO E MARIA: Siamo in pausa

ELVIRA: siete sempre in pausa

MARIA: no adesso rientriamo

ELVIRA:  è finita la pausa?

GINO: sì è finita

ELVIRA: e voi avete bisogno anche della pausa?

GINO: io è dalle otto che sono in quell’ufficio

ELVIRA: lasciamo perdere … ma  sapete qualcosa di una carriola?

GINO: che carriola?

ELVIRA: quella che avete lasciato davanti a casa mia quattro mesi fa è ancora lì

GINO: si vede che dovranno finire di lavorare

ELVIRA: ma allora la carriola deve rimane lì?

GINO: ma dove abita lei?

ELVIRA: vicino alla pasticceria

GINO: ho capito, non stia a ripetere per favore

MARIA: Gino, ti risulta che ci siano stati dei lavori vicino  alla pasticceria?

GINO: no e neppure nelle vie vicine

ELVIRA: cosa fate le cose in famiglia?

GINO: anche la signorina lavora in comune

ELVIRA: comune o comunella se io prendo quello che ha lasciato la carriola davanti alla mia porta gli spacco la testa con un bastone

GINO: stia ben certa che del comune non è stato nessuno

ELVIRA: ma io la carriola, tutti i giorni la sposto, ma subito dopo me la ritrovo davanti alla porta, leva e metta, leva e metta … ma venitevi a prendere quella carriola

GINO: la carriola non è del comune di quello posso esser certo

ELVIRA: le carriole non si muovono da sole, portatevi via la carriola entro domani altrimenti vado dal sindaco o da dall’assessore

MARIA: ma potete andare anche dal prefetto, la carriola non è del comune

GINO:  volete che un dipendente comunale lasci la cariola davanti a casa sua, ma signora Elvira, e poi per andare dove?

ELVIRA: al bar

GINO: ma casa sua è distante dal bar?

ELVIRA: cento metri

GINO: ma cento metri per un dipendente comunale sono chilometri

MARIA: nessuno di noi farebbe tanta fatica

ELVIRA: di quello sono  ben certa

GINO: e poi se il mezzo si muove vuole dire che qualcuno lo sposta

MARIA: indaghi sui suoi vicini

ELVIRA: i miei vicini?

GINO: il mezzo sarà di qualcuno  di loro

MARIA:  indaghi … indaghi …

ELVIRA: ma voi due siete amanti?

GINO: no non siamo amanti

MARIA: (rivolta a Gino) amore andiamo,  non vedi che lei è fuori di cabina

ELVIRA: te la do io la cabina, e adesso vado anche dal sindaco

GINO: lasci perdere, Maria lo ha detto  così in maniera spontanea… non si deve offendere

ELVIRA: la carriola, la carriola

GINO: (prende Maria) andiamo via … andiamo  via

ELVIRA: andate dove volete ma dite a chi di dovere che quella carriola, non la voglio più vedere

(Gino e Maria escono di scena)

SCENA 2

ELVIRA – L’ASSESSORE

ELVIRA: ma guarda un po’, cosa mi deve capitare, quella carriola non si sa neppure da dove viene e di chi é , ma io la prendo e la butto giù per il canale della Durasca . Senti come si respira bene, che tranquillità, che silenzio e che profumi della natura (si alza ed inspira) (sente odore di escremento di cane)

E questo odore? …. (si  gira a cercarla, la vede). Se  prendo i padroni di questi cani  che sporcano il parco so io cosa fare… ma perché non insegnano a usare il loro cesso  (Elvira si alza e grida)

Signora  assessore …  (nel sentirsi chiamare l’assessore sorride e si avvicina)

 

L’ASSESSORE : Signora Elvira, mi ha chiamata?

ELVIRA: sì e anche forte

L’ASSESSORE : ho sentito, come sta signora Elvira?

ELVIRA: bene

 L’ASSESSORE : sì la vedo bene, sembra anche più bella

ELVIRA: come mai tutti questi complimenti? Siamo  lontani dalle elezioni

L’ASSESSORE: io le ho fatto un complimento così in modo spontaneo senza nessun scopo

ELVIRA: figuriamoci

L’ASSESSORE: sinceramente signora Elvira io la vedo bene, anzi sembra perfino più giovane

ELVIRA:  giovane o non giovane ha sentito che aria buona?

L’ASSESSORE : sì aria pulita si sente l’aria del fiume

ELVIRA: ma ha sentito bene?

L’ASSESSORE : sì

ELVIRA: bene … bene

L’ASSESSORE : sì e poi cosa dovrei sentire?

ELVIRA: si giri

L’ASSESSORE : non vedo niente

ELVIRA: (si alza ed indica un escremento di cane) quella cos’è?

L’ASSESSORE : (ride) è solo una cacca di cane

ELVIRA: questo è un parco e i vigili dove sono?

L’ASSESSORE :  i vigili sono in servizio

ELVIRA: devono venire a controllare

L’ASSESSORE :  e poi per una cacca di cane, lo so che non ci  dovrebbero essere ma

ELVIRA: e allora?

L’ASSESSORE :  ho dato  mandato ai vigili di fare le multe

ELVIRA: i vigili non si vedono

L’ASSESSORE :  i vigili hanno cose più importanti e poi lo sa benissimo

ELVIRA: e cosa dovrei sapere?

L’ASSESSORE : eppure lei ha sempre vissuto in campagna

ELVIRA: a Tivegna

L’ASSESSORE : ma non si ricorda quando era giovane,  con la cacca si concimava l’insalata

ELVIRA: (si china a raccoglierla la mette in un sacchetto e la passa al sindaco) allora signora assessore si prenda questa e ci concimi l’insalata del suo campetto

L’ASSESSORE : il mio campetto? chissà come è ridotto sono anni che non lo curo e neppure lo do’ da coltivare

ELVIRA: ecco quella che va in giro a predicare di ritornare alla terra … e nei comizi dice … salviamo il territorio …

L’ASSESSORE : sì bisogna salvare il territorio, coltivare i campi  perché la terra ….

ELVIRA: la terra è bassa

L’ASSESSORE: sì bisogna tornare alle origini, ma si ricorda? tutta Follo sembrava un giardino, laggiù  c’erano patate,  là i fagioli, lì i pomodori ed io ero  una ragazzetta

ELVIRA: e andava a fregarli

L’ASSESSORE: eravamo ragazzette

ELVIRA: ragazzette o non ragazzette, lei parla di un ritorno alla terra e poi ha un campo con i rovi oltre due metri, ormai arrivano fino alla strada

L’ASSESSORE: è vero signora Elvira, devo perdere un po’ di tempo e andare a pulire

ELVIRA: e allora prima pulisca il suo e poi vada a fare le multe agli altri

L’ASSESSORE: farò tesoro dei suoi consigli signora Elvira, adesso devo andare

ELVIRA: signora o non signora, io ho una carriola

L’ASSESSORE: una carriola, e cosa fa? … ha deciso di rimettersi a lavorare

ELVIRA: io ho una carriola davanti a casa, a momenti quando esco dalla porta ci inciampo

L’ASSESSORE: e io cosa ci posso fare? se le dà noia la sposti

ELVIRA: io la sposto ma la mattina la ritrovo al solito posto

L’ASSESSORE: i fantasmi non esistono, sicuramente qualcuno la usa e poi la rimette lì

ELVIRA: ma non sarà per caso di qualcuno dei suoi dipendenti?

L’ASSESSORE: dipendenti comunali? ma scherziamo? lavori noi non ne facciamo, non ci sono soldi

ELVIRA: perché se ci fossero i soldi?

L’ASSESSORE: ci sarebbero i lavori in arretrato di dieci anni, e nessuno nella sua strada

ELVIRA: e allora? …

L’ASSESSORE: la carriola sarà di un privato, magari anche di un suo vicino

ELVIRA: chi?

L’ASSESSORE: se non lo sa lei, adesso devo  andare: arrivederla

ELVIRA: arrivederla e non si dimentichi  quello che le ho detto

L’ASSESSORE: ne farò tesoro  (tra se e se) che rompi balle questa Elvira

ELVIRA: cosa ho sentito? guardi che non sono sorda

L’ASSESSORE:  ho detto che santa donna che è questa Elvira

ELVIRA: adesso va bene (l’assessore esce di scena)

SCENA 3

ELVIRA - MILENA

(passa Milena)

ELVIRA: ciao Milena come va

MILENA: bene ( Milena fa l’atto di andarsene)

ELVIRA: dove vai così di fretta?

MILENA: devo andare alla posta

ELVIRA: tanto è aperta fino a tardi,  fermati un attimo

MILENA: ma solo per un attimo

ELVIRA: ma cosa avrai da fare di tanto importante?

MILENA: devo andare al supermercato, e dopo ho l’appuntamento dalla parrucchiera, io quando non ho i capelli a posto mi sento meno bella

ELVIRA: allora ci dovresti andare tutti i giorni dalla parrucchiera

MILENA: e allora? io ci vado quando posso

ELVIRA: ma non ti vedi?

MILENA: e cosa dovrei vedere?

ELVIRA: certo che Caterina con te l’ha trovata una pollastra da spennare

MILENA: ma cosa vuoi dire?

ELVIRA: con quei capelli dritti, sembri una maschera di carnevale

MILENA: come ti permetti?

ELVIRA: e poi con quel trucco sembri più brutta di quella che sei

MILENA: tu invece vieni da Salsomaggiore hai fatto le selezioni per miss Italia

ELVIRA: ma io ci sono stata davvero a Salsomaggiore

MILENA: sì alle terme per i cervicali

ELVIRA: non stare ad offendere, altrimenti te lo faccio vedere io

MILENA: adesso basta lo dico io (si siede)

ELVIRA: certo che noi ci conosciamo da tanto tempo

MILENA: sì ma tu hai un brutto carattere

ELVIRA: no sei tu che hai un brutto carattere

MILENA: adesso basta non ne ho voglia

ELVIRA: sì ma cerca di stare calma e non farmi innervosire, perché se  divento nervosa. Io divento una bestia

MILENA: una bestia la sei già …

ELVIRA: non ho capito bene

MILENA: niente … niente

ELVIRA: tu che sai sempre tutto quello che succede in paese, sai qualcosa di una carriola?

MILENA: ma cosa vuoi che ne so io  di una carriola, non sono un muratore

ELVIRA: hanno lasciato una carriola davanti alla mia porta, e nessuno sa di chi è

MILENA: ecco cosa volevi da me, immaginavo il tornaconto … io non so niente

ELVIRA: chi non sa niente ha preso trent’anni

MILENA: (ride) scusa … ma cosa vuoi che ne sappia io di una carriola

ELVIRA: certo che se la carriola era di un uomo prestante, sicuramente lo avresti notato

MILENA: non ti rispondo perché mi ritengo una persona educata, adesso me ne vado (si alza) hai per caso visto mia figlia?

ELVIRA: no e poi se  assomiglia alla madre, tale la madre tale la figlia

MILENA: difatti tua figlia è tanto bella

ELVIRA: ma cosa dici? mia figlia è più bella di una modella

MILENA: faceva la modella nella gabbia delle scimmie allo zoo

ELVIRA: smettila, se sei venuta per cercare rogne con me le trovi, adesso aspettami che vengo anch’io

(Milena ed Elvira escono di scena)

SCENA 3

FRISSEO – BOCCION

(vestiti da muratore arrivano stanchi e si siedono sulla panchina)

FRISSEO: che stanchezza … che stanchezza

BOCCION: ma se non abbiamo ancora fatto niente

FRISSEO. Era meglio che non ti davo retta, sarà stata la sbornia di ieri sera ma mi sono svegliato stamattina con una canzone in testa, te la faccio sentire:…..

BOCCION: anch’io canto una canzone: …….

BOCCION: non parlare così, fino a ieri ti andava bene

FRISSEO: sai l’euforia del momento, ma poi piano piano l’entusiasmo cala e se cala

BOCCION: certo che la premiata ditta Frisseo e Boccion , pitturazioni e imbiancature di ogni genere  fa effetto

FRISSEO: ho anche i biglietti da visita

BOCCION: la sede è a casa tua

FRISSEO:  ma è ora di finirla però

BOCCION: perché?

FRISSEO: perché non è giusto che la sede sia nella mia cantina

BOCCION: ma se è la sede ideale, il vino è bello fresco … e va giù bene

FRISSEO: il vino era fresco e andava giù bene

BOCCION: ma cosa mi guardi? tu hai bevuto la tua parte … e poi lo hanno bevuto anche i clienti

FRISSEO: sì.. i clienti venivano magari per un lavoro, ma tu gli dicevi … non pensare al lavoro … per ….

BOCCION e FRISSEO: (in unisono) per lavorare e morire c’è sempre tempo 

BOCCION: (si alza) dai andiamo a farci un goto

FRISSEO: ma se arriva il lavoro?

BOCCION: ma se non è arrivato adesso, per oggi non arriva più

FRISSEO: fermati, devo finire di parlarti

BOCCION: ho sete, andiamo pago io

FRISSEO: aspetta e siediti

BOCCION: cosa devi dirmi di così tanto importante

FRISSEO: io la sede della ditta non la voglio più nella mia cantina

BOCCION: allora la mettiamo nella tua sala

FRISSEO: ancora peggio, la portiamo a casa tua

BOCCION: a casa mia? ma sei matto io con il vino che ho in cantina non arrivo neppure a metà anno

FRISSEO: allora come facciamo?

BOCCION: portiamo la sede al bar

FRISSEO: sì al bar,  bravo trasferiamo la sede al bar là non saremo mai a secco

BOCCION: benissimo

FRISSEO: ma dimmi una cosa, ma gli attrezzi?

BOCCION: (esce di scena ma rientra subito) eccoli ( mostra una latta di pittura e una pennellessa) perfetti nuovi mai usati

FRISSEO: per forza ma se ci chiamano?

BOCCION: se ci chiamano?

BOCCION e FRISSEO:  (in unisono) e se ci chiamano? andiamo

FRISSEO: sembra che manchi qualcosa

BOCCION: cosa? Guarda c’è tutto (guarda e fa mente locale, apre la borsa degli attrezzi ed esce di tutto)   non manca niente

FRISSEO: la carriola … manca la carriola …

BOCCION: non mi dare colpe … io non la ho usata

FRISSEO: neppure io l’ho usata

BOCCION: ma se io non l’ho presa , chi l’ha presa?

FRISSEO: io non l’ho presa, altrimenti lo saprei, non sono scemo

BOCCION: questo è da vedere

FRISSEO: cosa insinui?

BOCCION: niente

FRISSEO: io non l’ho presa, l’hai usata tu nell’ultimo lavoro

BOCCION: ultimo lavoro? ma scherziamo? io nell’ultimo lavoro non ho usato nessuna carriola

FRISSEO:  dunque l’ultimo lavoro, fammi ricordare

BOCCION: c’è poco da ricordare ne abbiamo fatto uno solo

FRISSEO: bravo a casa del sindaco, gli abbiamo imbiancato una stanza, ti ricordi la voleva bianca?

BOCCION: ma noi di nostra iniziativa l’abbiamo fatta viola

FRISSEO: sì mi ricordo, avevamo solo il colore viola

BOCCION: stava per scadere, però era un bel viola acceso

FRISSEO: e lui quando se ne è accorto non voleva pagarci

BOCCION: voleva addirittura denunciarci

FRISSEO: invece di essere contento

BOCCION e FRISSEO: il sindaco è un ingrato

BOCCION: comunque fare l’imbianchino è facile basta prendere la pennellessa ( apre la latta prende la pennellessa e fa il gesto ) (passa l’assessore e si prende la pennellata in faccia, Boccion non si accorge e continua a spennellare) (infine si accorge, Frisseo ancora ignaro)

FRISSEO: dai Boccion allenati (Boccion rimane fermo come del resto l’assessore)

BOCCION: Frisseo

FRISSEO: (non accorgendosi) pennellata fluida, bravo continua così

BOCCION: Frisseo

 

FRISSEO: sì

BOCCION: hai dell’acquaragia? ( cerca di pulire l’abito dell’assessore)

FRISSEO: ma cosa ne fai dell’acquaragia? continua

BOCCION: serve

FRISSEO: continua a spennellare quella statua

BOCCION: non è una statua … è …

FRISSEO: (si accorge) è

L’ASSESSORE: sono l’assessore accidenti

FRISSEO: tanto usano i vestiti bianchi

L’ASSESSORE: (grida) levatevi di torno altrimenti vi denunzio tutti e due

FRISSEO : ci scusi non l’abbiamo fatto apposta

BOCCION: ci scusi, se vuole venire con noi le offriamo da bere

L’ASSESSORE: viaaaaa!

BOCCION: va bene ce ne andiamo, ma prendersela per così poco

FRISSEO: andiamo a farsi un goto, lasciala perdere, non la vedi che è fuori di testa

L’ASSESSORE: fuori di testa, ed io sarei fuori di testa

( Frisseo e Boccion escono di scena, rimane in scena l’assessore)

SCENA 3

L’ASSESSORE – ERMINIA – ROSALBA

(L’assessore cerca di pulirsi)

L’ASSESSORE: tutti gli scemi li devo trovare io, ma guarda cosa mi deve capitare, ho una riunione tra un’ora … e come faccio?

(entra Erminia e vede l’ assessore con il vestito sporco di pittura)

ERMINIA: assessore ma come ti sei conciata, sei passata sotto un’impalcatura mentre sopra stavano imbiancando?

L’ASSESSORE: no sono stati …

(entra Rosalba ha con se un blocchetto di biglietti della lotteria)

ROSALBA: vuole un biglietto assessore?

OPERAIO: figuriamoci se  conciata così  ha voglia di comprarti un biglietto

ROSALBA: ma come si è vestita?

ERMINIA: ma cosa le interessa di come è vestita l’assessore?

OPERAIO:  aiutiamola a pulirsi?

ROSALBA: ma cosa vuole lanciare una   moda ?

ERMINIA: sì vuole lanciare una moda (intanto pulisce l’assessore)

ROSALBA: e allora se vuole lanciare una moda, cosa si pulisce a fare?

L’ASSESSORE: guardi, signora Rosalba non ho tempo, mi scusi

ROSALBA: allora  comprami due biglietti e me ne vado

L’ASSESSORE: va bene ecco i soldi (si fruga nelle tasche ma non trova niente)

ROSALBA:  e allora?

L’ASSESSORE: mi dispiace, Rosalba io non ho niente

ERMINIA: l’assessore non ha niente

ROSALBA: dai che siete carichi di soldi

OPERAIO: dai Erminia compra tu due biglietti

ROSALBA: dai Erminia

ERMINIA: sì ma devo sempre pagare io?

L’ASSESSORE: dai tanto noi ci rifacciamo

ERMINIA: sì tanto … ci rifacciamo! Quanto costa?

ROSALBA: quattro Euro

ERMINIA: ma non erano biglietti da un Euro?

ROSALBA: tira fuori i soldi

ERMINIA: (tira fuori i soldi dalla borsetta) ma l’estrazione?

ROSALBA: (prende i soldi velocemente) per l’estrazione faremo sapere …  (rivolgendosi all’assessore) certo che ridotta così, non credo che lei prenderà tanti voti

(Rosalba esce di scena)

L’ASSESSORE: Erminia mi aiuti , mi aiuti Erminia …

ERMINIA: sì signora

L’ASSESSORE: macchè signora dammi dal tu, aiutami a pulire il vestito devo andare in riunione

SCENA 4

ERMINIA – L’ASSESSORE – ELVIRA

(entra Elvira ) (fissa le due persone ma rimane in silenzio)

ERMINIA: cosa ha da guardare?

ELVIRA: niente

ERMINIA: e allora non ha niente da fare?

ELVIRA: cerca di stare attenta perché se mi scappa la pazienza

L’ASSESSORE: Erminia lascia perdere, e piuttosto dammi una mano

ELVIRA: e adesso andiamo al tu

ERMINIA: io e l’assessore siamo  amiche

ELVIRA: è inutile che ti arruffiani tanto in comune non ti prendono

L’ASSESSORE: non darle ascolto, è una povera matta

ELVIRA: povera matta a me? ma guarda come sei vestita? sembri una maschera di carnevale, da questa povera matta non ne prendi di voti stai ben certa e in quanto alla carriola, guarda che la riempio di spazzatura e  la porto a casa tua

L’ASSESSORE: basta non ho tempo devo andare ad una riunione

ELVIRA: e in riunione lei ci va vestita così? … siete una politica senza dignità (Elvira esce di scena)

L’ASSESSORE: andiamo via Erminia, andiamo via devo trovare qualcosa da mettermi al più presto

(l’assessore ed Erminia escono di scena)

SCENA 5

FRISSEO – BOCCION – GINO

(rientrano Frisseo e Boccion e si siedono sulla panchina)

FRISSEO: come si sta bene qui a questa arietta

BOCCION: che goduria, basta un vinello con un po’ di gassosa

FRISSEO: in un bicchiere un terzo di gassosa

BOCCION: no ci va ancora più vinello e meno gassosa

FRISSEO: stai zitto

BOCCION: ho ragione io

FRISSEO: disseta di più

(entra Gino)

GINO: cosa disseta di più?

(Frisseo e Boccion si alzano di scatto)

FRISSEO e BOCCION: (in unisono) Gino sei tornato?

GINO: sì

FRISSEO: ma non ti dovevano dare due anni?

BOCCION: non sarai per caso scappato di galera?

GINO: mi hanno mollato per buona condotta e poi mi hanno trovato anche un lavoro

BOCCION: un lavoro?

FRISSEO: se ti hanno fatto uscire per lavorare è meglio che rimanevi in galera

GINO:  mi hanno fatto uscire e mi hanno trovato anche un lavoro in comune

FRISSEO: ho capito allora per lavorare in comune bisogna spaccare le vetrine

BOCCION: e cosa ti fanno fare in comune? tu non sei capace di fare uno zero con un bicchiere

GINO: è vero non so fare uno zero con un bicchiere

FRISSEO: allora solo lì ti potevano prendere

BOCCION: insomma come ti trovi?

GINO: bene anche voi vi vedo bene, avete messo su anche una ditta?

FRISSEO: una ditta di pitturazioni e lavori in genere

GINO: lavoro ne avete?

BOCCION: sì tanto

GINO: quanto?

FRISSEO: così ( allarga le braccia)

GINO: cala

FRISSEO: così (allarga le braccia)

GINO: niente?

BOCCION: niente … niente

GINO: ve lo trovo io un lavoro?

BOCCION: no i tuoi lavori no

FRISSEO: no i tuoi lavori finiscono tutti male

GINO: il mio è sicuro

FRISSEO: ma poi ci prendono?

GINO: fidatevi, con me siete in una botte di ferro

BOCCION: spiegati meglio

(i tre si radunano e fanno cappanella )

GINO: vedete, in comune ho visto le dichiarazioni dei redditi, e me le sono tutte stampate qui (si tocca la testa)

FRISSEO: devi avere una buona memoria, io non mi ricordo neppure quello che ho mangiato ieri sera

BOCCION: neppure io, ricordo solo che ci siamo presi una bella sbronza

FRISSEO: quello me lo ricordo anch’io, mi sono rimasti pochi soldi in tasca

BOCCION: per forza hai voluto pagare sempre te

FRISSEO: così ho pagato sempre io

BOCCION: ho provato a fare un giro io ma tu ti sei talmente alterato che sembravi un bufalo

FRISSEO: io un bufalo? mi hai bevuto i soldi, se ti prendo

(si rincorrono sul palco)

GINO: adesso calma, ci penso io … ci penso io a recuperare i vostri soldi non preoccupatevi

( si fermano )

BOCCION: la colpa è di quel tamburo, bastava che lo dicesse

(i due litiganti  si mettono ai lati e Gino in mezzo cerca di fare da paciere)

FRISSEO: ti sei approfittato di me farabutto

GINO: calma … calma (alterato) ho detto di calmarvi

(tutti si siedono nella panchina, Frisseo e Boccion ai lati e Gino al centro, tutti rimangono in silenzio)

SCENA 6

FRISSEO – BOCCION – GINO - RINA

( I tre sono seduti ed immobili sulla panchina entra Rina, ma loro non la degnano neppure di uno sguardo)

RINA: (rivolgendosi a Frisseo) è questa la ditta Frisseo – Boccion? (non viene degnata neppure di uno sguardo, allora gira dietro la panchina e si avvicina a Boccion, Gino rimane muto ed immobile)

RINA: (rivolgendosi a Boccion) è questa la ditta Frisseo – Boccion? (non viene degnata neppure di uno sguardo, allora si avvicina a Frisseo e gli grida nelle orecchie)

FRISSEO: ma cosa urli Rina, mi spacchi i timpani?

RINA: quando si domanda si deve risponde

BOCCION: cosa vuoi Rina?

(Gino rimane in silenzio, quasi assente)

RINA: voglio che venite ad imbiancare a casa mia

BOCCION: non veniamo

RINA:  perché non venite?

FRISSEO: perché la ditta è fallita

BOCCION: fallita sì… (Frisseo e Boccion in unisono) : Fallita… la ditta è F.A.L.L.I.T.A. chiaro?

RINA: perché è fallita?

FRISSEO E BOCCION (in unisono) : colpa sua …

FRISSEO:  Boccion è uno scroccone

BOCCION: sei tu che hai le mani bucate

(interviene Gino)

GINO: basta finitela voi due, arriva del lavoro e lo rimandate indietro

BOCCION: (indicando Frisseo) la colpa è sua che ha le mani  bucate

RINA: basta se non volete venire ad imbiancare, ditelo ed io cercherò altra gente

GINO: ma cosa dice veniamo, veniamo noi

RINA: anche lei fa parte della ditta?

GINO: sì da oggi

BOCCION: come da oggi?

GINO: sì da oggi (si alza) io sono il nuovo socio

RINA: io dovrei imbiancare una camera

BOCCION: (rivolgendosi a Frisseo) adesso lavoriamo poi tra noi due riprendiamo con calma

FRISSEO: (rivolgendosi a Boccion) e non finisce qua, lo sai bene

BOCCION: adesso lavoriamo

RINA: dovrei imbiancare lo studio di mio marito

GINO: dimensioni?

RINA: quelle dello studio o il coso di mio marito?

GINO: macché coso di suo marito, le dimensioni dello studio

RINA: cinque per otto

BOCCION: quaranta

FRISSEO: la gallina canta

BOCCION: dov’è la gallina?

FRISSEO: ma è un modo di dire

GINO: suo marito ha lo studio grosso?

RINA: lui ha quello che ha

GINO: va bene

RINA: fatemi un preventivo

FRISSEO: (soddisfatto e rivolto a Boccion) ci ha chiesto un preventivo

BOCCION: (rivolgendosi a Frisseo) è la prima volta in quattro anni di ditta

RINA: Su dite la cifra

(i due si consultano e poi farfugliano)

BOCCION: 248 Euro – 267 Euro

FRISSEO: 300 Euro – 389 Euro

RINA: cercate di trovare un accordo

GINO: 500 Euro e a buon patto

RINA: per me va benissimo, devo lasciare un acconto?

BOCCION: no

FRISSEO: (da uno scappellotto a Boccion) sì abbiamo bisogno di un anticipo

GINO:  di un anticipo, dobbiamo comprare il materiale

RINA: quanto vi lascio?

GINO: facciamo 300 Euro

RINA: (tira fuori il libretto degli assegni) va bene un assegno?

GINO: preferiamo in contanti

(Rina apre la borsetta)

RINA: in contanti ho solo questi (tira fuori 200 Euro)

(Gino glieli strappa di mano)

GINO: ok

RINA: per quanto riguarda la tinta cosa mi consigliate?

GINO: per la tinta non ci sono problemi, ci pensiamo noi

RINA: sicuro?

BOCCION: sì ci pensiamo noi

FRISSEO: non preoccuparti ci pensiamo noi

RINA: allora sono in una botte di ferro, quando venite?

GINO: al più presto

RINA:  io cosa devo fare?

GINO: se è possibile fateci trovare pulito, insomma spostate i mobili, levate i quadri e poi noi veniamo e operiamo

FRISSEO: sì operiamo

BOCCION: fateci trovare anche da bere

FRISSEO: vinello

BOCCION: di quello buono

RINA: va bene, ci vediamo a casa

( Rina esce di scena )

SCENA 7

FRISSEO – BOCCION – GINO – ROSALBA

( Frisseo e Boccion litigano tra loro)

FRISSEO: ridammi i soldi ladro

BOCCION: sei tu che hai pagato e mentre bevevi, ridevi, ridevi …

GINO: basta smettetela

(Entra Rosalba)

ROSALBA: guarda chi c’è? Adesso vi vendo qualche biglietto

 

GINO: ragazzi devo andare

BOCCION: prima devi darci la nostra parte dell’acconto

FRISSEO: si vogliamo la nostra parte mondo cane

GINO: ci rifaremo a casa di Manrico, gli porteremo via tutto

FRISSEO: ma ora dove scappi?

GINO: devo andare in un certo posto, ci vediamo là

(Gino scappa ed esce di scena) (rimangono in scena i due imbianchini)

SCENA 8

FRISSEO – BOCCION – ROSALBA

FRISSEO: sono i biglietti della lotteria?

ROSALBA: compratene una decina

FRISSEO: una decina?

ROSALBA: e cosa vuoi che siano

BOCCION: ma siamo matti, uno è anche troppo

ROSALBA:  se credi che io ho fatto tanta strada per venderti un biglietto solo ti sbagli di grosso

BOCCION: io non ne voglio biglietti

(Frisseo cerca di uscire di scena)

OPERAIO: dove vai Frisseo? non vorrai per caso scappare senza aver comprato una ventina di biglietti per la Croce Rossa

FRISSEO: (canticchia) croce o non croce non ho un centesimo in tasca … (ride)

ROSALBA: (canticchia) e io ti do’ dieci biglietti, e te li segno. Quando hai i soldi mi paghi

FRISSEO: no non li voglio …

ROSALBA: e io te li do’ lo stesso

(stacca i tagliandi e li mette nella tasca di Frisseo)

FRISSEO: io non li voglio (li ritoglie dalla tasca e li dà a Rosalba)

ROSALBA: (li ridà a Frisseo) prendili tanto ormai li hai pagati

FRISSEO: io non li ho pagati,  soldi non ne ho

ROSALBA: prima o poi gli avrai

FRISSEO: adesso dobbiamo andare a lavorare

OPERAIO: non vorrei essere nei panni di quello che vi ha chiamato

BOCCION: (prendendo sottobraccio l’amico) andiamo, non dare ascolto a questo suonato, siamo già in ritardo

OPERAIO: per andare al bar?

BOCCION: al bar dopo, prima dobbiamo imbiancare…

ROSALBA: ma non sareste per caso voi che avete dimenticato una carriola davanti alla porta di Elvira?

(i due a sentire le parole carriola ed Elvira si fermano di scatto  come terrorizzati)

FRISSEO e BOCCION: (in unisono) una carriola noi … no… no …

(Frisseo e Boccion escono di scena)

OPERAIO: hai visto?

ROSALBA:  il mondo va proprio alla rovescia, vanno a lavorare anche loro due

SCENA 9

ELVIRA – MARIA - MILENA

(Elvira entra in scena e si siede sulla panchina con i ferri per la calza)

ELVIRA: (fa la calza) diritto – rovescio – diritto – rovescio

(passa Maria)

MARIA: Elvira come va?

ELVIRA: me lo devi dire tu come va

MARIA: e cosa dovrei dire?

ELVIRA: la carriola, di chi è la carriola,? guarda che io la butto in mezzo alla strada

MARIA: io non so niente del padrone

ELVIRA: e il tuo uomo? quello che prima era in galera non sa niente neppure lui?

MARIA: no non sa niente

ELVIRA: non sapeva niente neppure l’ultima volta e gli hanno dato dieci anni

MARIA: ma era innocente

ELVIRA: allora dovevano dargliene venti

MARIA: ma scherziamo? piuttosto cosa fai Elvira?

ELVIRA: è inutile che ti arruffiani, trovami di chi è la carriola

MARIA: va bene … va bene … ciao Elvira

ELVIRA: ti ho forse salutato io

MARIA: neppure il diavolo ti prende te

(Maria esce di scena)

ELVIRA: non merita neppure risposta e poi (ride) non si può dare una risposta ad una donna che si è messa con quello scemo di Gino; scemo lui … scemo lei … guarda chi arriva: ci mancava anche lei

(entra in scena Milena)

MILENA: ciao Elvira

ELVIRA: siediti

MILENA: non ho tempo, io ho una famiglia e una figlia

ELVIRA: quella babecha

MILENA: sarà più bella la tua, sembra un carciofo, e poi la mia poteva fare la modella

ELVIRA: si taglie forti

MILENA: cerca di non criticare mia figlia, visto che la tua ha sposato mio figlio

ELVIRA: e allora mi sono proprio ritrovato dei bei parenti

MILENA: questo devo dirlo io

ELVIRA: ma cosa devi dire? tu che sei sempre a caccia di uomini ma non ne trovi uno giusto, ti prendono e ti mollano, ti prendono e ti mollano … è sempre la solita storia … allora vuol dire che non  ci sai proprio fare

MILENA: no questo non lo devi dire, sono sempre stata io che li ho lasciati

ELVIRA: (ride poi tira fuori uno specchietto dalla borsa e si avvicina a Milena e la specchia) ma guardati un po’ allo specchio … cosa vuoi mollare … (ride) ma cosa vuoi mollare … ormai sei da rottamare

MILENA: così io sarei da rottamare e tu, come stai a uomini

ELVIRA: gli uomini, gli uomini sono solo buoni a fare del casino, basta vedere cosa c’è nello studio di mio genero

MILENA: e cosa c’è nello studio di mio figlio?

ELVIRA: c’è di tutto, tutta roba vecchia, c’è più casino che nello studio di Angeletti

MILENA: a proposito dello studio di Manrico, il dottor Manrico … mio figlio e tuo genero

ELVIRA: genero non tanto … mi sa che genera poco, però conoscendolo sono sicuro che la carriola non è la sua

MILENA: mio figlio ha deciso di imbiancare lo studio

ELVIRA: come imbiancano lo studio? Ed io non so niente?

MILENA: non ti dicono niente perché tu sei una rompipalle

ELVIRA: io non mi faccio fregare, così vogliono fare le cose senza dire niente, aspetta … aspetta

MILENA: io non ti ho detto niente … ma mi raccomando non metterci il becco … mi raccomando lasciali fare sono i nostri figli …

ELVIRA: cosa tu vorresti dare consigli a me?…

MILENA: mi raccomando non fare niente … non fare niente

(Milena esce di scena)

ELVIRA: vuoi che non faccio niente, ma allora cosa me lo hai detto a fare?

(pausa)

(Elvira esce di scena)

SCENA 10

ERMINIA – RINA

(entra Erminia, gira per il palco)

ERMINIA: ma mia madre mi aveva assicurato che mi aspettava qua,  aspetto ancora un minuto e poi  me ne vado (si siede, entra Rina)  Rina hai visto mia madre per caso?

RINA: no

ERMINIA: e dove può essere andata?

RINA: non lo so, ma Follo non è Parigi

ERMINIA: è vero una persona in questo paese è più facile vederla che non vederla

RINA: ad ogni modo cercavo proprio te, mi faresti un favore?

ERMINIA: se posso… dimmi

RINA: io e Manrico abbiamo deciso di fare imbiancare lo studio

ERMINIA: ne aveva proprio bisogno, quanti anni sono sembra la cappa del camin…

RINA:  sono otto anni e domani vengono i pittori, tuo fratello è impegnato ed io ritardo…

ERMINIA: allora vorresti che io aprissi casa e rimanessi con loro?

RINA: brava

ERMINIA: io ci vado, ma non potevi dirlo a tua mamma

RINA: a mia mamma, sei pazza … lei non deve sapere niente, altrimenti è capace di combinare qualche casino, io ti lascio le chiavi di casa, gli imbianchini vengono verso le otto

ERMINIA: comunque non ritardare tanto, anch’io ho i miei impegni

RINA: se vedi mia madre, mi raccomando non dirle nulla

ERMINIA: no non preoccuparti, ma la tinta che hai scelto

RINA: io mi sono messa nello loro mani, sono loro gli esperti …

ERMINIA: non preoccuparti

(le due escono di scena)

SCENA 11

GINO – FRISSEO – BOCCION

(si siedono sulla panchina)

GINO: allora siamo d’accordo così

FRISSEO: ma siamo sicuri che andrà tutto bene?

GINO: questo te lo posso assicurare

BOCCION: ma dove li tiene i soldi?

GINO: mi hanno detto che li tiene sotto il materasso

FRISSEO: sotto il materasso?

BOCCION: ma ormai non li tiene più nessuno i soldi sotto il materasso

GINO: Manrico non si fida delle banche

FRISSEO: a non fidarsi delle banche fa bene

BOCCION: vorrei sapere chi ti ha detto queste cose?

GINO: le informazioni che ho avuto sono attendibili

FRISSEO: non si può sapere chi te le ha date?

GINO: (si guarda attorno e dopo chiama a raccolta gli altri due e fanno capannello) silenzio, e che rimanga tra noi … in via oltremodo confidenziale me lo ha detto Maria quella che lavora in comune e con cui ho una … insomma capite

(al sentire il nome di Maria Frisseo e Boccion sciolgono i capannello e ridono a crepapelle)

GINO: perché ridete, cosa ho detto di tanto strano?

BOCCION: ma te lo ha detto Maria

FRISSEO: Maria dell’Armida la bugiarda

GINO: come la bugiarda? ma lei mi ama ed è sincera

BOCCION: sincera, proprio lei: bugiarda era l’Armida e bugiarda è anche lei

FRISSEO: e tante balle le racconta anche Beppe

GINO: anche Beppe?

FRISSEO: quella è una famiglia di ballisti, e oltretutto sono di manica corta

BOCCION: non vanno neppure al cesso per non consumare la carta igienica

GINO: ma cosa dite: io sono sicuro che Maria mi ha detto la verità

FRISSEO: (rivolgendosi a Boccion) lasciamo perdere, andiamo a farsi un bicchiere, pago io

BOCCION: sì andiamo

( vanno l’atto di andarsene ma Gino li blocca)

GINO : aspettate un attimo, fatemi finire

FRISSEO: no noi andiamo

GINO: al limite ci rimetto solo io, e se non mi prendono dividiamo tutto

FRISSEO: non ci interessa

BOCCION: ma se non ci prendono pensa a quante sbornie ci prendiamo

FRISSEO: però potrei rifarmi tutta la cantina

BOCCION: sentiamo

GINO: sentite, voi lavorate mentre io vado in camera a frugare sotto il materasso

FRISSEO: no … lavoriamo a turno

GINO: no lavorate voi, siete del mestiere

BOCCION: una volta trovato i soldi, li metto nel borsone degli attrezzi

FRISSEO: e poi?

GINO: voi finite di lavorare, poi ci troviamo in questa panchina e qui dividiamo i soldi

BOCCION. In parti uguali?

GINO: poi vedremo, ma questo è il meno

FRISSEO: ma la piantina dell’appartamento ?

GINO: la piantina è stampata nella mia mente

BOCCION: e chi ti ha informato?

GINO: Maria

BOCCION: Maria allora siamo a posto

( i tre escono di scena)  

SCENA 12

RINA - ERMINIA - ORTENSIA

ERMINIA: ho cercato di lasciare le pareti libere, ho messo il nylon e i giornali per terra ed ora aspetto questi imbianchini, sperando che arrivino in orario e Rina non ritardi perché io non posso fermarmi più di tanto

(guarda l’orologio)

Sono già in ritardo (suonano alla porta) Forse sono loro (va ad aprire) Ortensia come va?

ORTENSIA: bene, bene …

ERMINIA: fatti vedere ormai sei pronta, ma è un maschio o una femmina?

ORTENSIA: una femmina

ERMINIA: una femminuccia e hai già trovato il nome?

ORTENSIA: Nora

ERMINIA: Nora che bel nome e poi se assomiglia a te sartà une bambina bellissima

ORTENSIA: grazie, sei sempre gentilissima Rina è in casa?

ERMINIA: no viene più tardi, io sono qua perché aspettiamo gli imbianchini, mio fratello ha deciso di dare una rinfrescatina allo studio

ORTENSIA: chi avete chiamato?

ERMINIA: chi hanno chiamato loro vuoi dire? Frisseo e Boccion

ORTENSIA: verranno? Conoscendo i tipi, sono capaci di essere in qualche bar a sbronzarsi

ERMINIA: sono problemi di mio fratello, io appena arriva Rina ne me vado

ORTENSIA: di’ a Rina, appena rientra ,di passare da me a prendere la polizza di assicurazione

ERMINIA: certamente

ORTENSIA: ciao Erminia

ERMINIA: ciao

(Ortensia esce di scena)

ERMINIA: (rimasta sola) non si vede nessuno ed io ormai devo andare, va a finire che quelle leggere non si faranno neppure vedere

(suonano alla posta) Qualcuno arriva, meno male

(va ad aprire, entra Rina, carica di pacchi)

RINA: (piena di pacchetti) dammi un po’ una mano?

ERMINIA: si (prende i pacchetti) dove li metto?

RINA: portali in salotto

(Erminia esce di scena con i pacchetti ma torna subito)

RINA: Erminia novità?

ERMINIA: ha telefonato Ortensia

RINA: per l’assicurazione?

ERMINIA: si

RINA: dopo ci passo, ma dove sono i pittori?

ERMINIA: non sono ancora venuti

RINA: come? non sono ancora venuti? dovevano essere qui alle otto

ERMINIA: conoscendo i tipi te li raccomando, io comunque devo andare

RINA: grazie Erminia … ciao

(Erminia esce di scena, Rina porta la borsetta fuori scena)

(nel frattempo suona il campanello, la donna va ad aprire ed arrivano finalmente i pittori)

SCENA 13

RINA – GINO – FRISSEO – BOCCION – ELVIRA (fuori campo)

(i pittori entrano fischiettando, hanno con loro una scala)

RINA: siete in ritardo, sono più di dieci minuti che aspetto

GINO: ci sono i tempi tecnici

FRISSEO: si i tempi tecnici

BOCCION: devono venire anche i tecnici

RINA: i tecnici? ma voi siete già sbronzi di prima mattina

GINO: no … io ho preso solo un caffè

RINA: ma loro non mi sembra

FRISSEO: noi siamo sani come pesci

BOCCION: si dice sobri … Scieeeemmooooo

RINA: come mai siete in ritardo?

BOCCION: non riuscivamo a trovare la strada

FRISSEO: giusto, non riuscivamo a trovarla

RINA: scommetto che la strada dell’osteria l’avete trovata subito

GINO: si … noi ci siamo portati da bere e la colazione

RINA: e perché adesso volete fare anche colazione?

GINO: vedo che  ha preparato tutto, ma scusi posso andare in bagno?

RINA: il bagno è in fondo al corridoio a destra

GINO: grazie

RINA: non cominciate a perdere tempo

GINO: mi sbrigo in un attimo, vado a fare…

RINA: vuole che l’accompagno?

GINO: no lo trovo da solo, in fondo al corridoio a destra

RINA: sì ma ora voglio vedere la tinta

(Gino esce di scena)

FRISSEO: la tinta … come la tinta? io i capelli non li ho mai tinti

RINA: ma io volevo dire il colore

FRISSEO: questa qua è matta digli qualcosa Boccion

BOCCION: e cosa devo dire?

FRISSEO: il colore

RINA: si il colore

BOCCION: e allora io i capelli me li tingo, perché è forse proibito?

RINA:  io insomma, volevo dire la pittura per la stanza

BOCCION: allora cerchiamo di essere chiari

(rientra Gino)

GINO: limpidi

RINA: parlo con te che mi sembri il più sveglio

GINO: parla con me

RINA: di che colore pensate di fare la stanza

BOCCION: bianca

FRISSEO: verde

GINO: gialla

RINA: allora non ci siamo capiti

GINO: come non ci siamo capiti, la facciamo gialla

BOCCION: bianca

FRISSEO: hai trovato le palanche?

GINO: non ho trovato niente

RINA: ma se vi ho dato anche l’anticipo

FRISSEO: ma è questa la stanza?

GINO: (pensa alla stanza dei soldi) non trovo la stanza

RINA: come? La stanza è questa. ma quante volete che ce ne siano di stanze in questa casa?

GINO: io intanto vado a vedere la stanza

RINA: ma tu Gino, non mi sembri tanto a posto, è questa la stanza e in quanto al colore

(tutti in coro) noi vogliamo sapere il colore

RINA: io la vorrei Rosa, sì Rosa uno studio rosa

(gira per la stanza e mostra agli altri pittori tutti i posti dove devono fare i ritocchi)

GINO: (rivolto ai pittori) ma avete il colore rosa?

BOCCION e FRISSEO: (in unisono) nooo!

GINO: allora vado a comprarlo, no cerco la  pittura nell’altra stanza

RINA: ma tu sei suonato, io non ne ho pittura in casa

GINO: (simulando con la mano il gesto dei soldi)

RINA: (accorgendosene)   cosa volete anche i soldi per la pittura? eravamo d’accordo che  nel prezzo c’era compreso tutto

GINO: allora vado a prenderla

(Gino esce di scena )

RINA: e voi due cosa fate?

BOCCION: adesso beviamo

(si passano il fiasco di vino)

FRISSEO: intanto beviamo questo

RINA: ho cambiato idea, andate a comprare anche la pittura arancione

FRISSEO: ma come si fa a comperare la pittura arancione?

BOCCION: arancione?

RINA: sono io che comando, la voglio arancione

BOCCION: ma avevi detto rosa

RINA: arancione

FRISSEO: dopo, adesso sono stanco

RINA: ma se non avete ancora cominciato

FRISSEO: abbiamo portato la scale e la pittura blu

RINA: chi vi ha detto di portare la pittura blu? Io non la voglio

BOCCION: ma allora cosa vuoi?

RINA: la pittura arancione

FRISSEO: ma dove la trovo la pittura arancione?

RINA: dove vendono la pittura blu, vendono anche quella arancione

BOCCION: (chiamando a se Frisseo) vai a comprarla, questa qua e più matta che sua madre

FRISSEO: ma non ci fanno più credito

BOCCION: te ne fai dare una scaduta

FRISSEO: ho capito, ho capito … vado . vado

 (Frisseo esce di scena)

RINA: e tu cosa fai?

BOCCION: (seduto sul gradino della scala) mi riposo da solo non si può lavorare

RINA: allora gratta

(Boccion alla parola gratta si gratta la testa)

RINA: ma cos’hai i pidocchi?

BOCCION: no

RINA: allora perché ti gratti?

BOCCION: mi hai detto di grattarmi

RINA: non ho detto di grattarti:  ho detto gratta

BOCCION: ho capito!

( Boccion vede un vasetto di porcellana, lo prende e lo mette dentro la borsa)

RINA: cosa fai rubi?

BOCCION: mi hai detto gratta ed io ho grattato

RINA: rimetti il vaso a posto altrimenti ti mando in galera,  io volevo dire grattare il muro

BOCCION: grattare il muro ma sei matta? (ride) noi … no … noi non grattiamo il muro, noi ci dipingiamo sopra

(ritorna Frisseo con la pittura e le pennellesse)

RINA: adesso basta, non ne posso più di voi due, me ne vado, i lavori li seguirà mio marito

(entra in scena Manrico, saluta la moglie e Rina esce di scena, Frisseo e Boccion fischiettando riprendono a dipingere)

SCENA 14

MANRICO – GINO – FRISSEO – BOCCION

(entra Manrico e vede i pittori lavorare, Gino è ancora fuori scena)

MANRICO: scusate, voi siete i pittori?

FRISSEO: no, noi siamo aviatori

MANRICO: aviatori? allora cosa fate a casa mia?

BOCCION: il mio amico vuole imparare a volare gettandosi dalla scala

MANRICO: e si vorrebbe buttare sul pavimento?

BOCCION: difatti abbiamo fatto mettere il nylon apposta per non sporcare

MANRICO: e si c’è il nylon, ma certo che siete vestiti in un modo strano per essere aviatori

FRISSEO: non ci sono soldi per comprare le divise

MANRICO:  sapete cosa mi sembrate?

BOCCION: e cosa sembriamo?

MANRICO: due imbianchini

BOCCION: bravo ha indovinato

FRISSEO: noi siamo i due pittori

(Manrico al sentire il nome pittori cambia atteggiamento e si mostra zelante ed opprimente)

FRISSEO: si io sono il primo pittore

BOCCION: ed io il secondo pittore

MANRICO: cosa fate anche dell’ironia?

(i due ridono)

MANRICO: (tira fuori un foglietto, lo apre e lo legge) nel mio preventivo è compreso un’altra persona mentre voi siete in due

BOCCION: no: c’è anche un’altra persona, il terzo operaio è ..

FRISSEO: in bagno … il terzo operaio è in bagno

MANRICO: ma quanto ci deve stare in bagno?

BOCCION: avrà qualche problemino

MANRICO: problemino o non problemino, se non lavora io lo tolgo dal preventivo, anzi lo cancello  proprio

FRISSEO: no non lo tolga è in bagno

MANRICO: no lo tolgo così vi pago di meno

BOCCION: ma diamoci del tu, siamo o non siamo paesani?

MANRICO: possiamo darci anche del tu, ma se credete che mi intenerisco vi sbagliate, il lavoro deve essere fatto bene

FRISSEO: ho capito … ho capito

(i due mugugnando continuano a pitturare)

MANRICO: (indica un punto) pitturate bene in quel punto là

( Frisseo si sporge dalla scala e pittura nell’angolo)

MANRICO: (rivolto a Boccion) e tu cosa fai in piedi ?

BOCCION: (con il fiasco di vino beve a garganella ) bevo

MANRICO: (strappa il fiasco dalla bocca di Boccion) e beve anche, mi sembra vino

BOCCION: (cerca di riprendersi il fiasco) è vino ed è mio

MANRICO: il fiasco è confiscato

(guardando i due pittori)

MANRICO: ma come vi siete conciati? … e queste cosa sono? …

BOCCION: scarpe

FRISSEO: scarpe non le vedi?

MANRICO: e voi per venire a lavorare vi mettete delle scarpe?

BOCCION: e cosa dovremmo metterci delle scialuppe?

FRISSEO: no a lavorare noi ci andiamo scalzi

(i due si tolgono lo scarpe, ma l’odore è nauseante e Boccion ha un buco nei calzini)

MANRICO: che odore, ma sono anni che non vi lavate i piedi

BOCCION: no, solo una settimana

MANRICO: ma Frisseo, di più

FRISSEO: non me lo ricordo più …

MANRICO: per favore, rimettetevi le scarpe

(i due si rimettono le scarpe)

MANRICO: ma dove volete andare con questi cappelli?

(i due si tolgono i cappelli di carta di giornale)

FRISSEO: cosa hanno i nostri cappelli?

BOCCION: sono sporchi ma vanno bene

MANRICO: ci vogliono i … caschi … ho detto caschi

BOCCION: (tiene Frisseo)

FRISSEO: cosa fai?

BOCCION: ti tengo

FRISSEO: perché?

BOCCION: caschi

MANRICO: i caschi, questi sono i caschi ( esce di scena e porta due caschi antinfortunistici)

BOCCION: belli

FRISSEO: bello e cosa ne facciamo?

MANRICO: li mettete e pitturate, e anche alla svelta che il tempo corre

FRISSEO: corre

BOCCION: e dove va?

MANRICO: cosa vi interessa dove va … pitturate

(i due pitturano, nel frattempo fuori scena Elvira cerca di entrare ma Manrico si nega)

ELVIRA: posso entrare?

MANRICO: no sono occupato

ELVIRA: stai imbiancando?

MANRICO: non capisco

ELVIRA: apri ti ho detto

MANRICO: non posso, Rina non c’è

ELVIRA: passo più tardi, tanto non mi freghi

(Elvira esce di scena)

MANRICO: meno male che quella befana se ne è andata

(i due pittori continuano a pitturare fischiettando)

(entra in scena Gino e sventola i soldi alle spalle di Manrico)

(nel vedere i soldi Frisseo scende dalla scala e Boccion mette il casco in testa a Manrico

MANRICO: e ora cosa avete intenzione di fare?

(Frisseo mette il pennello in mano a Manrico)

FRISSEO: ecco cosa facciamo

BOCCION: guarda cosa ti facciamo

(Boccion rovescia la pittura in testa a Manrico oppure lo spennellano con le pennellesse)

(i due pittori escono di scena, Manrico rimane allibito poi esce di scena, si tolgono i nylon e la nuova scena si svolge nella panchina)

SCENA 14

ROSALBA – GINO – FRISSEO – BOCCION – ELVIRA

(Gino, Frisseo e Boccion sono seduti sulla panchina e litigano per dividersi il malloppo, la borsa è posizionata a lato della panchina)

GINO: sono quattromila Euro, noi li dividiamo così …  tremila a me e mille a voi due

FRISSEO: no sono pochi

BOCCION: no non va bene

GINO: ho rischiato io … ho rischiato io

BOCCION: dividiamo in parti uguali

GINO: in parti uguali, io ho rischiato la galera mentre voi due fingevate di lavorare

BOCCION: no lavoravamo davvero e poi tu hai anche l’anticipo

GINO: facciamo una cosa , lasciamo i soldi qua e parliamo

( entra Rosalba con i biglietti)

ROSALBA:  biglietti

GINO: Rosalba, guarda che non abbiamo tempo

ROSALBA: qualcuno di voi deve pagare i biglietti …

FRISSEO: io … ma ora non posso

ROSALBA: paga bello

BOCCION: neppure io posso

ROSALBA: (vede la borsa) se non potete mi arrangio da sola (prende la borsa e prende i soldi)

Posso prendere qualche soldo in più per finire il blocchetto?

BOCCION: si

( i tre gesticolano tra di loro e non si accorgono che Rosalba si prende tutti i soldi e se ne va)

GINO: va bene, facciamo a metà dividiamo tutto il malloppo per tre

BOCCION: dividiamo

FRISSEO: dammi la mia parte che me ne vado a bere

(aprono la borsa e invece dei soldi trovano i biglietti della lotteria di Sant’ Isidoro )

GINO, BOCCION e FRISSEO: (in unisono) Noooooooooooooo! Siamo rimasti fregati da Rosalba

(si accasciano sulla panchina)

(entra Elvira)

ELVIRA: brutti disgraziati, non solo avete rovinato l’appartamento di mia figlia, ma oltretutto siete anche scemi: avete comprato quasi cinquemila Euro di biglietti e poi per vincere cosa una scemata… adesso vado a vedere se qualcuno si è portato via quella benedetta carriola

(Elvira esce di scena)

(nel sentire la voce carriola)

(i tre gridano a squarciagola ) La carriola

( i tre corrono di corsa fuori scena e rientrano scena ubriachi con Frisseo che agita un fiasco di vino dentro il cassone della Carriola trasportata da Boccion)

SIPARIO