Prima della guerra

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PRIMA DELLA GUERRA

PRIMA DELLA GUERRA

PERSONAGGI:

I guerriero - Stremato, come l'altro, dalla lunga detenzione. E', in lui, un'ingannevole fusione di apparente potenza e di intima fragilità. Le turbe che lo invasano sono dissimulate e profonde.
Ha piena coscienza della propria vocazione eroica. Un soldato fino alle midolla.

II guerriero - Non sa tacere. Parla e non vorrebbe. Ogni cosa che sente o di cui s'accorge lo costringe a ricordare, a dedurre, e a tormentarsi; nonostante ciò il suo equilibrio interiore è forse più saldo che non quello del suo compagno. Solamente all'ultima scena la viltà trabocca fino a dominarlo tutto, e a travolgergli la ragione.



Donna - Una povera creatura. Piccola. Misera. Non un simbolo, tutt'altro che un simbolo. Forse davvero una pazza che viene a fare spettacolo del suo delirio di veggente derisa e scacciata.


Un'ampia cava, per ogni dove morti accatastati l'uno sull'altro. Pareti grige; luci ghiacce, miserevoli. Sangue. Silenzio. Due ombre si muovono lente. Sono talpe addestrate alle pene di un orrido lume.

I GUERRIERO: (Sul fondo, inginocchiato presso uno dei corpi giacenti, sussurra)  Dorme... (Si avvicina, cauto, all'altro che sta accovacciato, immobile, in un angolo più prossimo all'arcoscenico)  dorme... (Ancora nessuna risposta)  Allora?... non vuoi più? - Eh?... non vuoi più?...

II GUERRIERO: Io?... Te l'ho detto. Se non ti sembra peggio rimanere soli, noi due... io e te...

I GUERRIERO: Non c'è rischio, a non essere scoperti. (Sguaina una lama)  Pure a rimanere solo - io, o te! Per arrivare ad aprire le porte, là fuori, una mano basta - che sia la mia o la tua, ma che una sia ci vuole!... Ora dorme. Vieni a vedere, vieni! (L'altro tentenna; poi, impugnato anch'egli un coltello, segue il compagno presso la vittima designata. I due sollevano, lenti, il manto che avvolge l'uomo addormentato; lo scrutano in volto; non un fiato. Infine, un rapido segnale e colpiscono all'unisono affondando i pugnali in quell'inerte fagotto. Compiuto il loro delitto, sempre in assoluto silenzio, i due si separano. Il Primo, con passi misurati, si aggira fra i cumuli dei morti, come cercasse qualcosa; il Secondo torna a sedere tutto rannicchiato in terra, nello stesso punto dove si trovava prima)

II GUERRIERO: (Nettando con uno straccio la lama imbrattata di sangue. Parole pronunciate fra i denti)  Adesso, anche tu... attento sai - che resto io a guardarti!... E' meglio che non pensiamo più a farci del male - tra noi. Anche se dici che uno solo basta; uno che arrivi sano là fuori - uno! Tanta cura ci stiamo prendendo di questo fortunato che loro (accennando ai cadaveri)  sono morti per lui.(Rinfodera il pugnale e appoggia l'orecchio alla parete. Così rimane, immobile, per alcuni secondi in ascolto)  Stanno zitti adesso... ma che fanno? ... non capisco - prima tutto quel rumore, quella confusione, e ora ci lasciano così... ora che ci hanno portato dentro... silenzio. (D'improvviso distacca con un brusco gesto di insofferenza l'orecchio dal muro; poi, con una smorfia...)  Ah, il mare! (Con altro tono, citando parole altrui)  "Aguzzi le orecchie per accorgerti dal mare"... Ricordi come diceva - lui (uno dei morti) ? Quello, ricordi?, quando aspettavamo di sentire qualcosa, sulla spiaggia?... "Sai cosa vedo di te? il biancore - e sillabava - delle tue ossa..." E così il mare mi ha chiuso le orecchie. Lo sento ancora, e non riesco... però a capire. Che sta succedendo là fuori? Che?

I GUERRIERO: (Poggiando l'orecchio)  Manca poco oramai.

II GUERRIERO: Ma te... senti niente tu?

I GUERRIERO: No.

II GUERRIERO: Però aspettiamo ancora, vero?

I GUERRIERO: (A fior di labbra)  Poco.

II GUERRIERO: Strano. Troppo. Io pensavo che loro avrebbero... non so, un'altra cosa - ma così... se dopo tanto terrore è strano. (Breve pausa)  Quel vecchio, prima, quello che diceva di darci fuoco... l'hanno ammazzato a quello, vero o no? - Hai sentito che urlo - l'hai sentito?... Io sì. L'hanno ammazzato. Non credevo, sai... perché qualcuno, lì, gli stava andando dietro, gli dava anche ragione e l'avrebbe quasi fatto... "Alle fiamme! Alle fiamme!" ... Ci aveva visto, capisci... come la donna, lei!...

I GUERRIERO: Non devi più parlare di quella. Non devi più pensarci. La devi smettere! Ancora continui?...

II GUERRIERO: Sì, come lei - come lei... e io, credevo, ero sicuro che, a quel punto, oramai davvero non ci sarebbe stato più nulla da fare, e invece... l'hanno ammazzato e hanno buttato giù le mura per farci, whow!,  entrare. Un trionfo!... Perché la donna lo so... quelli dicono che è una povera pazza; lei canta, compone, sussurra versi... ma lui - ci aveva visti proprio. (Dopo una breve pausa, alzando di molto il tono della voce) "Alle fiamme! Alle fiamme!" ... "Sì, alle fiamme, alle fiamme!";

I GUERRIERO: (Con un grido sordo, soffocato)  Zitto! - vuoi stare zitto!?

II GUERRIERO: Sennò?...

I GUERRIERO: (Indica i morti)  Guarda loro! Ma bene: guardali. Tu dici: "Perché scannarli?"... Urlavano, come te. Battevano i pugni e urlavano - non dovevamo farlo?

II GUERRIERO: Forse no che non dovevamo farlo, o forse... l'abbiamo fatto troppo presto. Certo, nessuno poteva immaginare che fino a tanto - fino a tanto avremmo dovuto sopportare. (Beve da una borraccia che si tiene affianco)  Così, tu, non te l'eri immaginato - a fidarsi di un trucco cosa può essere.

I GUERRIERO: Saremmo saliti lo stesso.

II GUERRIERO: Non tutti.

I GUERRIERO: Non tu, probabilmente!

II GUERRIERO: Come ti pare... pensa quello che vuoi! Hai visto, però, gli occhi che ci puntano addosso quanto sono potenti- l’hai visto?... Sembra che non li vediamo, sembra... e pure noi - sembriamo invisibili, invece... non potevamo nasconderci peggio. (Nel tanto l'altro è tornato ad ascoltare con l'orecchio alla parete; il Secondo zittisce in attesa di sapere qualcosa)

I GUERRIERO: (Ascoltando)  Mi sembra che... possiamo prepararci.

II GUERRIERO: Ma sali a vedere! Se non si sente niente da fuori, proviamo.

I GUERRIERO: (c.s.)  Non erano le tue orecchie: è proprio il mare: questo suono - oltre le mura. Non c'è nessuno qui, non c'è più - nessuno.

II GUERRIERO: E sali a vedere!

I GUERRIERO: (c.s.)  Ma sì che se ne stanno a dormire - felici e contenti. Felici... e contenti.

II GUERRIERO: (A fior di labbra)  Proprio niente?...

I GUERRIERO: (c.s.) Se ti dico che dormono, vuol dire che dormono.

(Lenta azione. I due si preparano per uscire; da alcune ciotolette prendono sulle dita del liquido nero col quale cominciano a spalmarsi la faccia, quando, inattesa, di fuori si leva una musica lieve che crescerà minuto a minuto; i soldati raggelano, ne segue una pausa in cui appena è disegnato un abbozzo di azione. Entrambi pensano: "Sono solo io che la sento questa musica... sono io che me l'immagino - non è da fuori, ma è dalla mia testa che viene..." Il filamento mimico si sviluppa e matura, ne derivano gesti bruschi, scomposti - ora è chiaro: non è un sogno questa musica, ma reale.)

II GUERRIERO: (Sillabando impietrito)  Questi... sono loro... (Corre in un angolo dello scafo, rapido e silenzioso si porta su di una scala che conduce a una piccola e nascosta finestrella)  Spegni! (Buio, poi, per un attimo solo, la luce della finestrella: non più di un sottilissimo raggio che coglie ed illumina l'occhio del soldato in osservazione.
Subito buio, e dopo alcuni istanti, di nuovo luce. Il primo guerriero è tornato nel centro della scena. E' sconvolto dall'orrore)  Sono... qui - sono ancora tutti qui... tutti - tutti - tutta la città sta qui, attorno a noi... tutta la città... lo vedrai, a far festa tutta la notte, e domani lo vedrai - lo vedrai se non ci danno fuoco!...

I GUERRIERO: (Con violenza)  E' musica di festa questa? Per loro è finita la guerra. Avranno chi ringraziare, che pensi?... Io lo sapevo: non poteva essere che fosse possibile tanto presto. Meglio.

II GUERRIERO: Meglio?... Che meglio?...

I GUERRIERO: Quando sarà, saremo sicuri. Almeno questo. Per questo, meglio.

II GUERRIERO: Ma sali a vedere quanti sono - sali!

I GUERRIERO: Lo so! Ma ormai ci siamo. Eccoci. Che vuoi fare?... Pure a volerti solo salvare, non dico di più - devi vincere. E' tutto quello che hai in mano. Per questo siamo venuti noi e nessun altro. Chi altri poteva? Dico solo sopravvivere, solo questo, fino adesso? - Sta' giù e aspetta. Finita questa musica finirà davvero tutto. Calmo. Sta' calmo, e aspetta. (I due tornano a sedersi in terra, schiena contro le pareti, uno di fronte all'altro; segue una breve pausa. La musica invade la scena)

II GUERRIERO: (Piano)  Però, comunque... non dovevamo rimanere in due. In due no. Certo, sì - urlavano, urlavano... che potevamo fare? Lasciare che ci scovassero qui dentro?... Però solo che in due, ora, il rischio è troppo.

I GUERRIERO: Molto di meno, invece. Questi morti erano calcolati.

II GUERRIERO: Già, se ne basta uno... (Accennando a uno dei corpi che giacciono per la scena)  E' stato lui a dare il primo ordine. Ancora lì, sulla spiaggia. Da giorni e notti, finita l'acqua a bere vino... quelli che si facevano sotto. Come faine. Ci avevano visto, mica no! Io me ne accorgevo quando ce li avevamo proprio sotto la pancia, qui. Zitti zitti... se ne venivano da soli - uno per uno - in processione - a spiarci - zitti zitti, impauriti... più di noi. (Ricordando e simulando le voci degli altri, dei compagni morti)  Schhhhhh! sta venendo qualcuno. Delle voci. Ecco, si chiamano... Cosa?... Delle voci!... Dei passi?... No, voci! Voci!... E’ il mare... No, non è il mare! - ora, ora, ecco! Di nuovo, e sono molti! Sono molti che vengono, lenti, sicuri, a prenderci e a portarci - whow!, dentro! - Ah, un trionfo! (Poi, più direttamente all'altro, smorzando la voce e con altro tono)  Però, abbiamo fatto male a rimanere in due. (Ancora accennando all'ultimo ucciso)  Con lui, credo, potevamo evitarlo... O ci tieni proprio tanto - eh?... a presentarti da solo là fuori, alle porte... "Loro?... niente! morti! Non ci sono riusciti, loro - era troppo, per loro!" ... Solo tu, che ce la fai ad arrivare sino in fondo... Questo sì ti piacerebbe! Ma sta' attento... stai attento ché pur io l’ho imparato, e bene, come si fa, e bene: ad ammazzarci tra di noi - a fare la guardia qui dentro - e se... casomai ti tornassero certe idee non ci sarebbe più nessuno ad aiutarti: dovresti fare da solo contro di me, e io tengo gli occhi - bene, benissimo, aperti.

I GUERRIERO: Imparerò da te: a guardarmi da chi mi sta di fronte.

II GUERRIERO: Tu da me? Ma cosa c'entri tu? mica devi aver paura. Di cosa mai?... Io la mia gloria, lo sai, la spartisco volentieri.

I GUERRIERO: Se potessi, se non ci fossi io... correresti fuori ad abbracciarli tanto te li senti vicini: quelli - pronti a graziarti, e a ringraziarti - eccome. Non ci tengono, loro, alle tue imprese. Che pretendono da te? Niente. E tu: pure a te, di loro, cosa importa?... Non li vedi, non li senti... Ma sono io, io, che sto qui, e dunque: a minacciarti - io quello contro cui... tu combatteresti!

II GUERRIERO: E perché forse me l’immagino?... Ma che è successo qui dentro? Non ci siamo battuti tra di noi?... Noi, tra di noi! In questa impresa, fino adesso, sono solo da contare i nostri morti. Questo massacro è tutta roba - nostra. Ora - ascolta di fuori: sono in tempo di pace, quelli. Il campo di battaglia, quello che vedo, è qui!

I GUERRIERO: Fino ad ora, ancora - sì. Ma è proprio per questo che siamo vicini a vincere. Se vittoria verrà saranno - le tenebre a portarcela. (Indicando un morto)  Lui lo sapeva: lui che ci ha fatto salire qui dentro. Lui sì. I campi della nuova guerra non hanno più luce - e a non essere scoperti, e massacrati... a massacrare, bisogna saper combattere al buio. Questo - è quello che ti provi a fare. Sta' calmo, tanto... meno che in due non finisce: chi rimane solo - urla.

II GUERRIERO: Se questo è quello che tu faresti...

I GUERRIERO: Questo è quello che pure tu faresti: a rimanere solo. Ci vuole un coltello puntato alla gola per stare zitti! E se non sai aspettare pochi minuti ancora, non togliermi gli occhi di dosso. Ah, tu...  che nemmeno, e lo sai, dovevi starci! Tutto consunto ti sei aspettando. Non rimane più niente di te - un carbone. Più niente che ci serva! Perciò almeno stai zitto, e fermo. Vuoi rimanere vivo? Fallo!

II GUERRIERO: Perché non dovevo starci?... Perché io no?... Valgo meno di te? o di loro, che non hanno - ma nemmeno un po' - saputo tener duro come io, qui, di faccia te resisto. Eh?... Io almeno so, capisco, che sta accadendo: che siamo in due - lo vedo, mentre tu nemmeno te ne accorgi; per te... sei rimasto - solo, sei già - solo, e io... sono ciò che ti sta dentro, ma che dentro di te non vedi - e che solo fuori di te, in me, puoi vederlo: ovvero: non io ma te stesso: la tua paura, che non te la vuoi vedere addosso. Perché non è roba mia ma tua quella che dici: tua. Ti viene davanti un'ombra, una figura identica a te - ti fa ribrezzo e dici: sei tu. Me. Cioè, io. No. E’ la tua paura, e con la faccia che ti pare e piace. Perciò la mia. Di faccia, dico.

I GUERRIERO: Qui niente mi spaventa, solo te! Non vali il peggiore di no, e mi sei rimasto vivo. E debbo, per forza, anche fidarmi, io - che la mia fiducia l'ho regalata a pochissimi! Io... di te - far conto che tu non sia quello che sei, e questo, credimi, è veramente il peggio!

II GUERRIERO: Sei ingiusto! Te l'inventi, dici per dirlo... non è vero! Io non ho paura... di niente!... E poi, sali a vedere se non sai di che parlo! Sali!

I GUERRIERO: Lo so.

II GUERRIERO: Sali!

I GUERRIERO: Lo so!

II GUERRIERO: Sali, ti dico! Sali!

I GUERRIERO: Lo so, lo so!

II GUERRIERO: Quanti sono... qui intorno...

I GUERRIERO: Lo so quanti sono: tutti! Ecco quanti sono: tutti, lo so!

II GUERRIERO: Tutti, dici... e quanti sono "tutti"? Sali a vedere: uno sguardo appena. Se li vuoi vedere che continuano a venire... Sali!

I GUERRIERO: E' pericoloso, e basta!

II GUERRIERO: Ah, è pericoloso.

I GUERRIERO: Tienti l'anima in pace e sta' muto - muto! - Me li immagino benissimo quelli là fuori, non me lo devi venire a dire te.
A frotte ci stanno raggiungendo. Se ce n'è uno, uno solo, nascosto sulla terra che ci vuole morti - eccolo, arriva! Ma loro - o si salvano adesso o niente, perché fuori di qui, io, non mi faccio più ammazzare.

II GUERRIERO: Fuori di qui, certo... tante cose succederanno usciti di qui, tantissime. Però, meglio non dirlo: "non mi faccio più ammazzare". Meglio non dirlo. Fin quando tutto non sarà compiuto, niente dipende da noi se non un poco appena. Un poco che, di certo, sa poco e niente delle nostre vite! Se ne frega, dammi retta: se ne frega.(Accosta l'orecchio alla parete. Pausa - Poi, con altro tono)  Questa musica... è quasi bella. Se quelli, proprio quelli, là fuori, che adesso la intonano per dar voce alla vittoria riuscissero ad intenderla, non esiterebbero un istante a darci fuoco... un solo istante! (Pausa, torna a guardare l'altro in volto)  Tu dici "combattere al buio" ... ma a me che importa? Niente. E' questo che ci trasforma invece: così rinchiusi ad aspettare. Io rinchiuso ad aspettare ho conosciuto l'acqua e il cielo. E pure in fondo al mare m’hanno calato, in una cuccia. Altro che questa!... La prima cosa da imparare è amministrarsi il cibo. Ad aspettare non si sa mai quanto si aspetta. E poi, quando non ti mandano più solo, gli altri dicono che sei andato a rubargli la carne dalle sacche, perché tu continui a averne e loro no. (Ancora una breve pausa)  Ecco, tu che parli tanto di chi ci sa fare e di chi no: cominci adesso, caro mio. Ogni volta che capita, e che ne esci... che tu sia senza ferite o meno, un proiettile - uno, almeno - ti è sempre entrato in corpo. Sempre.

I GUERRIERO: Tranquillo! Portati via anche questo e sarà l'ultimo davvero.

(Pausa.)

II GUERRIERO: (Leva lento lo sguardo a un dipinto maldestramente tracciato sulla parete - ma può anche trattarsi di un foglio scarabocchiato, o altro, abbandonato in terra - si alza e va ad osservare il disegno da vicino)  Questo è suo...

I GUERRIERO: Se ti piacciono i suoi disegni, frugagli in tasca. E' pieno.

II GUERRIERO: Sai, cos'è?... Sempre lei - quella donna. E' lei, davvero!

I GUERRIERO: Mille volte l'ha fatto quel ritratto. Frugagli in tasca.

II GUERRIERO: Neppure sembra, ma è lei. Io una volta l'ho vista. Però, se ci penso, non è  quella di allora che rivedo ma un'altra cosa: è... un'immagine che io, con gli occhi non ho mai, mai-mai, conosciuto... che mi prende al cuore, ecco - come l'ha vista lui, proprio, che si è messo a ritrarla e diventava pazzo.

I GUERRIERO: Non per questo!

II GUERRIERO: Ma non lo sai, tu, chi è lei?

I GUERRIERO: Una demente. Lo dicevate voi.

II GUERRIERO: Sì, come la chiamano loro.

I GUERRIERO: Quello che è!

II GUERRIERO: Non come la vedi, ma così: la figura che a ricordarla ti torna dentro - viva! Più che a toccarla! O che a sentirla!

I GUERRIERO: Quello che è! Quello che dicono!... ridicolo... ridicoli - tu e lei!

II GUERRIERO: Cosa parli tu che non sai - che non conosci? ... Sta là fuori adesso, fra gli altri... a guardarci. Oltre queste pareti - ci vede, ci spia, perché lei... sa tutto - e lei, a loro... lei - li ha avvertiti di tutto, e loro - oh, dicono che è pazza a parlare di morte: di quella, della loro, che lei sola conosce. E io, ora, sì che la vedo! E son veduto! La vedo - là fuori - inorridita a saperci qui dentro, a dirlo. A dirlo ancora. Per l'ultima volta. Però io penso: se qualcuno l'ascoltasse?!... Perché quello che canta è vero - cose mostruose: le nostre gesta future ai nemici... la sciagura del nostro arrivo... Lei lo vede. Sogni... immagini - ma noi... lo sappiamo che è vero. Siamo qui: lo sappiamo. Anche adesso... se poggi l'orecchio e ascolti, sotto questi suoni cercala e la trovi la sua voce che ancora insiste a dirglielo, a tutti quelli, a loro - a quelli che nemmeno debbono pensarlo che possa essere vero ciò che da tempo sanno. - Nemmeno pensarlo, perché lei sta lì, fra gli altri, in mezzo a tutti - lei che vede, che ci vede, che sa, sta lì - e uno solo basterebbe che venisse fuori un'altra volta a dire: "Ma perché non guardarci là dentro? Perché no?"...

I GUERRIERO: Ma vuoi stare zitto! Già ne hanno ammazzato uno per questo, chi vuoi possa provarci ancora? Anche volesse... anche, uno a uno, tutti loro volessero - e non è vero!... anche volesse, anche ci credesse... ma tu pensi che andrebbe a dirlo?... No! A questa pace ci tengono troppo. Nessuno oserebbe! Loro - non si azzardano, loro. Sei solo tu, qui, che ci può condannare: quella lì fuori è più muta di te, e di me. La tua voce è quella che si sente - la tua, sì - se non stai zitto è quella che li chiama e che li farà venire!... E' in mezzo agli altri?... e farà la stessa fine degli altri... Sta lì, va bene sta lì - ma ricordarla non serve.

II GUERRIERO: Se lui però ci pensava, anche prima di morire...

I GUERRIERO: Era impazzito e per questo è morto.

II GUERRIERO: ... qualcosa avrà saputo.

I GUERRIERO: Da chi?

II GUERRIERO: Da quella donna, sempre. Ha il suo modo di parlarci, lei. Tu non l'hai vista: non lo sai: non quello che fa: a raccontarlo è niente. Non sai chi è, cos'è: a raccontarlo, niente. Se non l'hai mai vista  non puoi averne memoria: il ricordo che lascia è quello che di lei più conta, è quel che cresce - ciò che non sai di tenere dentro ma che poi, contro di te che l'ignoravi, resuscita, e l'immagine che improvvisa ti si para innanzi capisci, d’improvviso, che tu già la possedevi, anche se mai veduta: con i tuoi occhi - mai! E quanto, sapessi, ti sono, i suoi versi, vicini! (Accennando a poggiare l'orecchio contro la parete)  Ascolta il saluto che ci manda, ascoltalo:  mischiato a questi suoni che dicono, ascolta!, le sue stesse cose.

(Una breve pausa.)

I GUERRIERO: A che ti serve pensarci?

II GUERRIERO: (Con voce lenta, stanca)  E' un bel coraggio per te non saperne niente. Te la stai cavando bene, per me è impossibile. A sopportare certi pensieri ci vuole una forza che tu neanche te l’immagini.

I GUERRIERO: Fortuna ha voluto che tanto peso sia toccato al migliore tra noi qui dentro.

II GUERRIERO: Perché?... non solo a me: pure loro (i morti) , e guarda: chi è sopravvissuto tra quelli che l'hanno conosciuta? Io sono l'ultimo, e l'unico fra tutti. L'unico a resistere in un'impresa mille volte più tremenda della tua, perché tu non te l’immagini che sia per me sapere: "anche questo era già detto. A loro, a quelli, nulla è nascosto. Lei, quella, le nostre carte gliele ha messe tra le mani e loro... ringraziamo che neanche le guardano, neanche lì: gettate in terra... sotto gli occhi di tutti! Ringraziamo. Basterebbe guardarle, e non le guardano!”

I GUERRIERO: Lo credi tu.

II GUERRIERO: Basterebbe, per un attimo... supporre che sia vero.

I GUERRIERO: A vederlo, in un attimo, ciò che è vero non basterebbe un secolo.

II GUERRIERO: Ma lei lo vede! lo sa!

I GUERRIERO: E di chi parli? di una povera mentecatta che brancola tra la sua gente. Sei tu che lo racconti - io, per me, non la conosco. Per di più le sue visioni mi sembra siano di buon auspicio: tant'è, ci siamo. (Dopo una breve pausa, con altro tono)  Ah, sogno quando sarò io... quando - tutto finito - sarò io a decidere la sorte di questo bel sepolcro. Ne tirerò sù la fiamma più alta dell'incendio. Perché i nostri morti non rimangano insepolti. Non vedo più niente di troppo difficile oramai. Io no. Ma ecco tu dov'è che sbagli! Di quello che ti passa per la testa devi parlarne a tutti i costi, non sai tenertelo per te - dentro. Non capisci che se le cose le dici è come se tu le avessi messe per scritto: restano. Dentro, invece, tutto brucia, termina, finisce. I pensieri spesso, a volerli ricordare, non li ritrovi più.. ma se ti affanni tanto a dirle le cose, e a dirle bene, chiare - che siano proprio quelle e non altro da ciò che pensi e che ti sei fissato a raccontare, allora - non te le cavi più di dosso. Dammi retta.

II GUERRIERO: E che c'entra questo - con me? Che c'entra?

I GUERRIERO: Lo sai che c'entra: a quella, tu, non la devi nemmeno nominare e forse c'è caso che trovi un po' di pace. Come me - visto che io me la passo tanto bene e che tutto qui sta il rischio... chiudi gli occhi, che ci vuole!

II GUERRIERO: Non è questo che ho detto, ma solo che non sai...

I GUERRIERO: E se pure sapessi non sarei tanto idiota da mettermi a ricordare quel che non avrei mai voluto, mai!, sapere. A fare quello che fai devi stare zitto! Perché quando a fare quello che facciamo si comincia a parlare, sta’ sicuro che la speranza è morta e sai perché? se parli - son troppe le cose che ti tocca di vedere e questo... beh, a che serve? dove siamo siamo e la porta, qui, per uscire è solo quella, e allora?... Non abbiamo - altro. Questi spettri: sono le parole che te li portano vicini, che te li spingono addosso e te l'inchiodano dentro - e te con loro!... Sono le parole che ti rubano l'anima, che corrompono e ti consumano...

II GUERRIERO: (Lento, dopo una breve pausa, scrutandolo fisso in volto)  Sicché... pure tu la conosci.

I GUERRIERO: Chi?

II GUERRIERO: Sicché, pure tu!

I GUERRIERO: Quella?

II GUERRIERO: E' così. Pure tu la conosci.

I GUERRIERO: No - io è a te che dico, a te. Non fare il sordo. E' tanto chiaro che più mi  capisci e meno mi vuoi sentire.

II GUERRIERO: Mi sembrava impossibile!... tutti noi sapevamo di lei, e solo tu niente. Invece no: anche tu la conosci e non ne vuoi sapere, non ne vuoi parlare... ma perché la conosci. Pure tu. Per questo.

I GUERRIERO: Io parlo d'altro! Io ti dico che... chiusi come stiamo chiusi, a un passo da quello che ci tocca fare, questi specchi - le parole! - ci vuotano. A guardarsi in faccia è la morte, e lo sai perché - eh?... Ascolta: io ti vedo, e vedo quello che sei diventato - ma vedo te, non me... allora, io posso anche sperare - anzi... io ti guardo e so che, mentre tu di me forse pensi lo stesso, la morte è talmente cosa tua che io mi sento un immortale a misurarmi con la tua immagine. E queste idee, che sembrano da poco, sono quelle che ti salvano; perciò... guai a turbarle con le parole, che ti dicono tutto, e ti rivelano tutto, e ti ricordano la verità, e non sanno inventare mai niente di buono: mai!

II GUERRIERO: Io... non è che parlo più di te, solo - ho altre cose da dire. (Una breve pausa. Il primo guerriero osserva, ancora congestionato, l'altro che, nel tanto, si è messo a frugare in una sacca e ne cava pochi rimasugli di cibo appena commestibile)

I GUERRIERO: Che sono? I resti delle nostre porzioni?... Eh, sciacallo - che sono?... Ah, no - dimenticavo! Tu sei bravo, te lo sai amministrare il cibo... mica che lo rubi: è che sei bravo! (Comincia a ridere, e ride forte, sempre più forte. L'altro si volta atterrito a guardarlo, mentre lui continua a ridere, a ridere...)

II GUERRIERO: Smettila!... La vuoi smettere?... Ma sta' zitto!... Zitto! (Non sopportando oltre, gli balza addosso con il coltello in pugno, forse per ucciderlo. Si accende una zuffa rapida, convulsa e il più possibile silenziosa; a questo punto la musica, da fuori, si fa più lieve - accenna ad interrompersi; i due, allora, impietrano col fiato mozzo nella paura di essere stati scoperti - infine, a cauti passi, il primo guerriero, svincolatosi dalla morsa dell'altro, si accosta alla parete e si mette in ascolto. Finalmente la musica riprende con la forza di prima.)

I GUERRIERO: Vuoi saperlo?... Ah, ti farà piacere!... L'ho sentita.

II GUERRIERO: Chi?

I GUERRIERO: Lei, la tua donna, l'ho sentita.

II GUERRIERO: Ora?

I GUERRIERO: Prima.

II GUERRIERO: E adesso - la senti?

I GUERRIERO: No, ora non più. Ma prima l'ho sentita - l'ho sentita, sai - che diceva... quello che dici tu.

II GUERRIERO: Che?

I GUERRIERO: "Sventrate quella bestia!... loro sono lì, chiusi lì dentro... - sventrate quella bestia!..."

II GUERRIERO: Scherzi?

I GUERRIERO: Come sarebbe? ora che te lo dico io non ci credi?

II GUERRIERO: Davvero l'hai sentita?

I GUERRIERO: Fosse un sogno la colpa sarebbe tua. Ma l'ho sentita. Davvero. (Il secondo guerriero appoggia l'orecchio alla parete e si ferma in ascolto)  No, non c'è più ormai. Canta piano, appena un gemito... Prima, nel silenzio sì che si distingueva bene... una voce sottile, lontana ma chiara - la sua... proprio! La sua!

II GUERRIERO: Nel silenzio... E si era fatta più alta, e più forte - così, vero?

I GUERRIERO: Perché?

II GUERRIERO: Perché loro si stavano accorgendo di noi, e davvero qualcuno ci ha pensato - a sventrarlo l'animale e quella, allora, ha cantato più forte, più forte. (Ancora ascoltando)  Ma forse adesso è finita per sempre. Ci ha provato per l'ultima volta. Ora sì che per lei - non corriamo più rischi. (La musica è tornata potente come e più di prima)  Senti? Tutto passato - finito. Tutto a posto. (Torna come l'altro a sedere; beve da una borraccia)  Poveraccia... (Beve)  Poveraccia! (All'altro)  Ma che ti aveva preso?... Poi hai il coraggio di dire a me! Fossi stato io a fare quello che hai fatto, e se... tu non fossi stato solo - già sgozzato m’avresti, o m'avresti fatto sgozzare! Dì di no!... Lo vedi a parlare, a parlare... che figure si fanno! (Beve)

I GUERRIERO: (Ignorando le parole dell'altro)  Non manca molto; sta finendo. Prepariamoci.

(I due prendono le ciotole di vernice che già stavano usando e tornano a tingersi il volto di nero - azione.)

II GUERRIERO: (Alzando, lento, gli occhi sull'altro)  Però tu, al posto mio, non ce l'avresti mica  fatta. Al posto mio, tu saresti morto. Ti saresti fatto uccidere o ti saresti ucciso, ma non ce l'avresti fatta... Ora sali a vedere.

I GUERRIERO: Stiamo calmi. Stiamo calmi, fermi e zitti. Sono ancora molti, e continuano a girarci intorno, li senti?... Stupidi! Dovrebbero festeggiare fino all'alba invece di andarsene a dormire - fosse vero quello che si credono!

II GUERRIERO: In molte case rimarranno svegli.

I GUERRIERO: Noi sappiamo quello che dobbiamo fare.

(Pausa - Il I guerriero, adoperandosi in una lenta pantomima trascina i morti uno affianco dell'altro, allineandoli con meticolosa precisione.)

II GUERRIERO: Fai bene. Cinque morti sono pur sempre un bel guadagno. Meritano.

I GUERRIERO: Aiutami, allora! Mica possiamo lasciarli così, come porci scannati.

II GUERRIERO: Sai chi li vede!

I GUERRIERO: Sono i nostri caduti questi; non mi va di lasciarli così.

II GUERRIERO: Ma fa' piano o ti farai sentire. Dopo che li abbiamo ammazzati perché si stessero zitti! (Pausa - il Primo porta a termine l'operazione; l'altro, seduto in terra, attende immobile ripetendo stancamente: "Fa' piano... fa' piano...")

I GUERRIERO: (Con voce spossata, lievissima)  Ma per quanto ancora?...

II GUERRIERO: Che?

I GUERRIERO: Quanto da aspettare!

II GUERRIERO: Bisogna salire se vuoi sapere qualcosa - oppure calmo, fermo, e zitto. Parole tue.

I GUERRIERO: (Tornando pure lui a sedere)  Eppure, per quello che si sente, si direbbe il deserto là fuori... solo come - una musica incisa.

II GUERRIERO: (Ancora dopo una breve pausa, quasi tra sé)  "Via, raccogliete quegli stracci... via, via!" ...Brutti ordini.

I GUERRIERO: Cosa?

II GUERRIERO: Ricordo l'ultima volta che ho avuto in consegna dei condannati, un solo giorno. Lunghe panche annerite, dritte contro muri grigi, fradici. A migliaia ne abbiamo fatti passare su quelle panche. Un minuto e via. "Raccogliete quegli stracci!" E via. All'alba cominciammo le esecuzioni. In un vecchio mattatoio, con la muffa che grondava dai soffitti. (Butta giù qualcosa da mangiare, beve)

Per quanti ne riuscivamo ad ammazzare i vivi restavano sempre più dei morti. Non si riusciva a contarli, tanti erano quel giorno. - Da sotto, dove li tenevamo ammucchiati per la notte, saliva, da sotto, lo stesso identico silenzio. Solo un fischio si sentiva... - un prigioniero. E pure lì - sembrava quasi una musica incisa. Non una voce, un sospiro - nulla... solo questo fischio... lungo, interminabile. Sì, era un'altra cosa, certo. Quasi però la stessa. Un’altra, certo... però la stessa.

(La musica nel frattempo è cessata.)

I GUERRIERO: Sssssst... zitto!

II GUERRIERO: Cos'è?

I GUERRIERO: Senti?

II GUERRIERO: Cosa?

I GUERRIERO: E' finita...

II GUERRIERO: Finita?

I GUERRIERO: Finita... ascolta che silenzio - è finita!

II GUERRIERO: Sei diventato sordo, per caso?

I GUERRIERO: Sordo?... Perché, tu la senti ancora?

II GUERRIERO: Certo che la sento. Come fai a dire che è finita... e questa cos'è?...

I GUERRIERO: E’ niente. Non c'è... più niente.

II GUERRIERO: Forse fra poco, ma ancora... è tanto forte... ma così forte che se non te ne accorgi sei davvero diventato sordo.

I GUERRIERO: Povero scemo, che ti inventi?... Questo sai cos’è?  Il tuo prigioniero che ti fischia nelle orecchie. Loro, lì fuori, se ne stanno andando. Ora sì che puoi salire, e vienimi poi a dire se hanno finito o no. Sali!

II GUERRIERO: (Eccitato)  Ma è come prima! Credimi - si sente come prima.

I GUERRIERO: Adesso noi - dobbiamo uscire, hai capito? aprire quella porta e uscire fuori.

II GUERRIERO: Ma io la sento, la sento!... (Quasi singhiozza)

I GUERRIERO: E' la paura che te la farebbe sentire in eterno. Faresti la tua cuccia in questa bara a gustarti la musica che ti cavi dall'anima e a dire che sono loro: qui intorno radunati a rendere omaggio al nemico che si è addormentato nella sua stessa trappola... (Scuotendolo per una spalla)  Sveglia! e sta' pronto che andiamo! (L'altro respira pesante, la paura, in lui, è ormai terrore; il I va alla parete ad ascoltare)  Se ne vanno. Prova, vieni - se li vuoi sentire, vieni. Se ne vanno, davvero. Nelle loro case, per non uscirne più. Ma senza fretta, aspettiamo! Troppo ridicolo sarebbe, arrivati a questo punto, perdere la testa: calma. (L'altro è rimasto fermo, di pietra, al centro della scena)  Ah... riecco il mare che ti piace tanto; ma lontano, e loro - ci stanno ancora girando attorno. Pochi, però. Tra poco - non ci sarà più nessuno. Poco da fare, poco da dire - amico mio, ci siamo - tocca a noi!.. E tu... ricordi tutto?

II GUERRIERO: Io?

I GUERRIERO: Ricordi o no?

II GUERRIERO: Ma perché? cosa?...

I GUERRIERO: Tutto?

II GUERRIERO: Quello che è!

I GUERRIERO: Vuoi salire?

II GUERRIERO: Va' tu.

I GUERRIERO: Spegni! (Buio. Dopo alcuni secondi si vede filtrare un raggio dalla finestrella aperta; la poca luce durerà qualche attimo appena, poi di nuovo buio)  Non riaccendere. (Breve pausa; il soldato è tornato verso il centro della scena e la sua voce giunge più chiara da un punto prossimo alla ribalta)  Non un'anima in giro. Solo le strade. Braci fumanti, e nei muri - luci che si spengono.

II GUERRIERO: E allora...

I GUERRIERO: Zitto!

II GUERRIERO: Ma cosa?...

I GUERRIERO: Zitto!

(Silenzio. I due rimangono assolutamente immobili, poi, d'improvviso, prima che sia stato uno dei guerrieri a farlo, una mano ignota spalanca il portello che avrebbero dovuto essere loro ad aprire. Un fascio di tiepida luce stellare inonda la scena. Alla soglia si profila una figura indistinguibile. Pausa. La figura lentamente avanza, con pavidi passi, verso il centro della scena. E' avvolta in miseri stracci bianchi, rivelati da rari bagliori tra i corpi immersi nella penombra. Inciampa in un corpo, poi in un altro ancora; procede lenta, stentata. I due uomini, annichiliti, non azzardano il più lieve movimento. La donna si volta in direzione della porta per la quale è entrata, e alza il braccio a indicare lo spazio oltre di essa.)

DONNA: Là fuori, là - guardate... vedete nessuno? Là fuori - sorge una notte illune, si scalda la folgore nel cielo - e, dopo tanta gioia, nel sonno si prepara il nuovo giorno.
Nessuno nel buio di fuori. Solo io che mi muovo e voi che andate... solo io che nel silenzio giungo, fredda - con il frastuono delle parole, con il loro baccano - qui scaraventata dalle esalazioni sanguigne, dai cocci bollenti che lascio al mio passo... da quelle carni moribonde, bianche, languide come il marmo - plumbee, come le pietre di queste fabbriche... Là fuori, è la città nel sonno imbandita per voi... (Scrutando in volto i soldati)  Poveri angeli, come potrete, in due, divorare tutto?... E che mi guardate così, con quello sguardo che tocca ai pazzi?... Come potete? Voi che siete quello che io canto... da sempre! Voi, cari oggetti delle mie parole, dei miei versi... da sempre vi ascolto, e vi pronuncio; e tutto, per voi, ho sacrificato! Tutto! Per voi, io, della mia vita, della vita, ho mantenuto, a mio beneficio, solo il respiro e a cantarvi ho levato una voce per loro (indica lo spazio oltre le mura)  inaudita... inaccessibile. (Uno dei due guerrieri sguaina una spada e gliela punta contro)  Puoi farlo, se vuoi... puoi farlo. Ti spaventa un mio grido?... Non temere. Per natura l'aria dischiude le mie labbra, fa vibrare il mio corpo, lo allevia di ogni peso e ne cava infiniti suoni. Non urla, ma suoni, lamenti, parole - Trafiggimi e canto. Ma che sciocchezza uccidermi! Contro di me - è sufficiente non prestarmi ascolto: e loro... di lamenti, miei, quanti ne hanno sentiti! Che melodie! Che versi! quanti... Ma un urlo - un urlo ci vorrebbe, se avessi paura e mi volessi salvare. Un urlo, non un lamento... (Poi a voce altissima, quasi con strida di civetta)  "QUI QUI QUI... LORO SONO QUI..." (I soldati, tremanti, quasi piangono per la paura. Tranquillizzandoli)  Non verranno mai! La conoscono questa voce. Siate coraggiosi: neppure stanotte risponderanno alla sua invocazione. Così, chiamandoli, io non li salvo! Ma un urlo, un urlo ci vorrebbe - e sarebbe più rapido delle vostre armi. Un urlo... che tutti lo possono levare: solo un urlo. Ma le mie sillabe, le mie, sembra, sono fatte di nulla.
Tutto nel tempo del mio silenzio avviene. Tutto accade e si conclude... nonostante me. La foga degli spazi, i moti dei vortici, dei flutti, alle soglie trascinano, dentro involucri d'ombra, le ultime bellezze... affrante. La vita, intera, è succinta sotto un opaco velo... Quale vento la sferza? E quale, quale profumo ne è levato... impossibile ai viventi?... Ma chi brilla di tanto dono, di tanta maestria non può morire facilmente - non muore facilmente chi troppo facilmente frequenta i morti. (Scrutandoli)  Siete perplessi, sui vostri volti la paura tramuta. Quasi che non stia parlando di voi, quasi non l'avessi mai fatto... Comprendetemi - è qui una madre che viene a rendere omaggio ai propri figli, alle proprie creature, ahimè - più potenti di lei... Fino a questo giunta... io - che con tanta arte ho saputo annunciarvi. Ah, i miei poveri uomini forti, i miei poveri sopravvissuti, pazzi di terrore... arenati pellegrini, incagliati petti alle pulegge della morte... siete voi, ormai, i miei prediletti. Non più loro, ma voi - figli! Voi!

Dopo tanto dolore, ogni anima, prima di farmi del male, accende la mia speranza. Pure, vi sembra che io non parli di voi... Ma come potevo dirlo altrimenti? Senza giudicare?... Senza svelare e senza mostrare queste orribili cose che mai sono state fuor che nel pensiero, e che presto saranno?... E come ho saputo ritrarvi, prevedervi - costruire, allora, nei miei canti, l'invisibile... il crimine che venite a compiere stanotte!

Ma facilmente resiste ogni tempo alle insidie del bene. Ah, lo so cosa vi passa per la testa: "Ma no, non parla di noi... Ma che anima è questa?..." (ride)  ... Voi, voi... pure voi... di cosa abbisognate per capire - voi che siete, senza mistero, la mia poesia che insorge e devasta? Ho lasciato intendere il massacro, le gabbie, le prigioni che in eterno schiudono le loro torride porte alle vostre spalle. L'audacia dell'ingordo suono nulla ha mascherato.
Ora non traditemi. Sappiate intravedere l'ora, sappiate carpirla, come io ho voluto... per voi!... Oh, quale poesia ha di già celebrato questa rovina, questi roghi... il fuoco! Le parole più belle! Ad ogni sillaba, ad ogni accento, il sangue, l'orrore e la pena dell'estremo flagello erano forze coinvolte, coltivate, dominate con formidabile ingegno, con suprema magia. Sopra una idea sicura lavorava la mia fantasia ad illuminare ogni suono, frammenti della mia grandezza. (Concentrata nei propri ricordi)  La morte, la strage, la fine... qualche anima più tenera sapeva fremere ai miei racconti, e ne riparlava - ai sordi... agli abominevoli sordi.
E ora, eccomi, per tutto ciò, innocua, a questo tetro appuntamento. (Con accresciuta ferocia)  Non risparmiate nessuno dunque, ché nessuno dalle mie parole fu risparmiato! E i tesori di questa terra, le mie cose, i miei paesaggi... Ah, che caduta la loro! Tutto... tutto! Anche alle pietre stanno i loro peccati! Non basta un batticuore a schivare le catastrofi.

Pure nel volto! E nei gesti!... Vi ho descritti pure nel volto. Prima di uccidere sentirete gridare i vostri nomi, vi riconosceranno! Allora, finalmente, pure il mio nome, il mio nome, con quello delle mie creature, la mia voce irromperà nella memoria di molti!... Ma adesso? Adesso, dico - dico adesso... adesso?... Che sono ancora un passo al di qua dalla gloria.. sconosciuta, scacciata... non ho che voi, non ho che le vostre mani per cogliere la mia corona. Fatemi avere ciò che mi spetta. Alla punta dei vostri ferri è fissato per me un seme di alloro. Con quella punta potreste fendere un diamante. Dovete solo arrivare a schiudere le porte, e allora... che sciagura il mio trionfo!
E' un disagio straziante l'epoca che ci avvinghia, raffrena, inaridisce. Misera di colori, al maggese,  la terra, ossidata, rapprende, illividisce - e sono mali nel corpo che la luce più forte non vede... (Piange. Uno dei guerrieri le si avventa contro e le insozza il volto con la mano intrisa di liquido nero; lei rotola in terra e lenta si rialza; guarda fuori)  Guardate... guardate... nessuno ci sente... e niente ci ascolta. Lo sapete: non c'è nessuno - Guardate - l'orizzonte... quel lungo filo diritto e vuoto... la vita - la vita è solo ciò che vediamo... le forme - curiose e struggenti, queste piccole cose... come la sabbia è il deserto. E voi... distruggerete tutto.

(L'altro guerriero le si getta addosso e la scaraventa con forza contro il muro; l'impatto è violento; la donna scivola dolente, appena tramortita, in terra. I due soldati ancora per alcuni istanti restano immobili a fissarla, poi, silenziosi, escono. Entra un pallido fascio di luce lunare dalla porticciola dischiusa. La donna, in terra, si è tutta aggomitolata su se stessa. Trema. Le battono i denti per la paura.)

NOTE DI REGIA - Straordinaria importanza, in questo testo, ha la struttura musicale. E non mi riferisco tanto ai ritmi del dialogo quanto proprio a quella musica che giunge da fuori a battere il tempo della paura e dell'attesa. Tutt'altro che una melodia di sottofondo. In assenza di questa partitura, Prima della guerra   può considerarsi un lavoro incompleto, del quale, per adesso, esiste solo la prima metà.

Una questione assai delicata, poi, riguarda l'uso delle luci, che (inevitabili!) rischiano di creare una contraddizione evidente tra impostazione scenica e situazione drammatica. Bisogna ammettere, difatti, che, all'interno dello scafo, sarebbe logico che regni una tenebra pressoché assoluta; una tenebra che appaia, al contempo, velenosa e protettrice. "La lucetta da comodino" accesa e spenta dai soldati, mi soddisfa assai poco e temo possa sembrare una pretestuosa invadenza. Per essa, inoltre, risulterebbe minimizzato l'effetto (annunciato dalla prima didascalia) dei guerrieri ridotti a due pietose talpe dalla lunga segregazione: ciechi, ma provvisti di un rigenerato sesto senso che permette loro di orientarsi e di agire con una sufficiente, per quanto brutale, cognizione dello spazio. Il problema può essere risolto rinunciando alle luci di scena (riflettori, o altro) e - se si immagina una cave  come teatro ideale per questo dramma - fornendo il pubblico di torce elettriche (in numero proporzionato a quello degli spettatori). In questa maniera sarà il pubblico stesso (direzionando le luci - aumentando e diminuendo il numero delle torce accese) a decidere cosa  vedere, e quando  vedere; sarà così il pubblico a determinare un'illuminazione che non appartenga alla scena bensì alla platea. Un'illuminazione clandestina, ignota a quei larvali gòlem che per essa si trascinano.

Si tratterà, dunque, di spiare  il dialogo, e ciò che da esso consegue.
Esistono, certo, nel testo, frequenti riferimenti a sguardi ed occhiate che i due personaggi si scambiano... ma simili atteggiamenti, e con grande vantaggio dell'impostazione interpretativa, possono tradursi in altre e più ineffabili forme di comunicazione. Quando, poi, il secondo guerriero si interessa al disegno che ritrae la donna, basterà fargli capitare tra le mani della carta, e questi - per eccesso di evocazione - potrà immaginare, o forse avvertire, in quei fogli una minacciosa traccia di ciò che maggiormente lo terrorizza: l'immagine di Cassandra.