Processo civile a …

Stampa questo copione

PROCESSO CIVILE A UREBECS, PULLECE, CAVALLETTE, TALPE, SCARABEI, LUMACUNI, LOCUSTE, ANGUILLE, LARVE, SANGUETTE, MOSCHE, TORTORELLE, SERPIENTI, VERPILLIONS, SURECE E ZOCCOLE CAMPAGNOLE

PROCESSO CIVILE  A UREBECS,  PULLECE, CAVALLETTE, TALPE, SCARABEI,  LUMACUNI, LOCUSTE, ANGUILLE, LARVE, SANGUETTE, MOSCHE, TORTORELLE,  SERPIENTI, VERPILLIONS, SURECE E ZOCCOLE CAMPAGNOLE

di

gennaro francione

                                Dedicato frienno magnanno

                                a mamma,  a papà,

alle sorelle Franca e Giulia,

                                ai cognati Carmine e Peppe,

                                alle buonanime di Zia Rosa

                                e Zio Sebastiano,

                                ai fratelli cugini Alfonso,

                                Franchino, Rosario,

                                ai nipoti tutti

                                maestri di detti e misfatti

                                napoletani

                               

        Diceva Gandhi: "La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui vengono trattati i detenuti e gli animali"(Dalla Prefazione di Monica Cirinnà al saggio di G. Francione Processo agli  animali(Il  bestiario   del  giudice) Gangemi, Roma, settembre 1996).

        Aggiungo io: "Anche gl'insetti sono animali. Dunque, gl'insetticidi sono i gas nervini di un genocidio paraumano targato 2000".

PERSONAGGI

DON LIBORIO: 'O GIUDICE SCONGIURATORE

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE: L'AVVOCATO DIFENSORE

DON MICHELE 'O  SCARPARO: L'ACCUSATORE

MARITTIELLO O'HARA: IL SERGENTE-USCIERE

DON CICCILLO PETROSINO: 'O SCRITTORE(SCRIVANO DI PIAZZA)

IL POPOLO DI NAPOLI:

PASCALE

NICOLA

CATIELLO

CARMENIELLO(DETTO CARMENELLA)

NANNINELLA

CUNCETTA

ALTRI POPOLANI

GLI ANIMALI INVASORI

                 PREMESSA SPAZIO-TEMPORALE

                

        Napoli. Metà agosto 1765.

        Scena del Palazzo di Giustizia. Ehm... la casa sgangherata di Don Liborio.

        La magione del prete è tipica del  tempo,  con serrature, spranghe, catenaccio.

        Le due porte di entrata, poste sopra le scale di accesso al proscenio, sono rinforzate con montanti trasversali, sottili tavole di legno fissate da una quantità di chiodi  a testa assai larga.

        Due fanali alle scale di accesso al proscenio, raffiguranti gli angoli della casa.

        Al centro della scena, verso il fondale, un grosso mobile pesante e scuro. Un che di mortuario provoca questo cassone con apertura centrale per accedervi.

        E' questo il cuore dell'appartamento e il padrone sembra farci davvero tutto, dormire in camicione, defecare, mangiare.

        All'interno il letto scalcagnato presenta l'intelaiatura in  quercia con fondo di tavole. Cordato col cielo, è il tipico baldacchino simboleggiante il letto di giustizia.

        Di lato un candero[1]. Dall'altro un vassoietto.

        Sotto le coperte rotte non c'è materasso ma pagliericcio.

        Sul fondale della scena, in un angolo a sinistra, un braciere trasportabile.

        A sinistra un focolare scalcagnato con materiale del focolare: lampade ad olio di terra e di stagno, lanterne, portalampade, pentole di rame, saliere e pepiera.

        Nei pressi una tinozza, una botte per la farina.

        Rare le tappezzerie ecclesiastiche, una raffigurante un diavolo sbiadito, ai muri.

        Una finestra a vetri sulla quinta di destra dà poca luce, anche per la presenza di scuri all'interno contro le intemperie, gli spifferi.

        A destra e a sinistra due sedie scomodissime.

        In platea sentieri per la processione. Alla porta di entrata del teatro un soldato con schioppo, cappello e divisa borbonica.

SCENA 1

A FUROR DI POPOLO

        Musica tarantellata.

        Il popolo vociante armato di forconi e di torce avanza in platea gridando, guidati da un capopolo Don Michele 'O Scarparo, e dal giovane avvocato Tanino Squagliazoccole.

        Don Michele è un Capo Lazzarone, vale  a dire uno di  quei  tribuni della plebe settecenteschi riconosciuti dal governo(ad evitare l'avvento di un altro Masaniello), capaci di avere accesso al  Re  e  ai suoi ministri, di cui egli finisce per diventare complice.

        Indossa un baito di velluto con bottoni d'oro, calze bianche di seta e giustacuore d'oro, coltello tipo spada al fianco e pennacchio bianco.

        L'avvocato Tanino Squagliazoccole indossa un baito nero alla spagnuola con la golilla, in pratica un abito  nero  e cappa coperta la testa dal caratteristico cappello di paglia che vale agli avvocati del tempo il nome di paglietti(o pagliette). Ogni tanto tira dalla tasca una tabacchiera d'argento, con dentro tabacco di Spagna, che annusa dandosi arie.

        I popolani maschi indossano camicie e un paio di calzoni di tela. Tra di essi spiccano Pasquale, uno spanfierone secondo solo a don Michele; Nicola, un giovane dei quartieri; Carmeniello, detto Carmenella, ricchione filosofo; Catiello, il giovane scemo.

        Le donne per lo più un abito con maniche succinte e scollatura poco dignitosa. Altre mostrano merlettini estivi, scialli, leggeri nastri con cui adornano testa  e vesti.

        Tra di esse spiccano Nanninella; una donnona, vajassa e capabanda; Cuncetta, secca  e decisa.

UN POPOLANO - NICOLA(gridando):

        "Accedimmele!".

UN POPOLANO - PASQUALE(in eco):

        "Abbruciammele 'sti scurnacchiate!".

UNA POPOLANA - NANNINELLA(in eco):

        "Sti bucchinare s'arrobbano 'o ppane de' figlie nuoste!".

UNA POPOLANA - CUNCETTA(in eco):

        "Jamme, uagliù, jamme! Zì prevete farà giustizia!".

        Il popolo sta per salire.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE.:

        "Aspettate! E' buona creanza, prima di entrare,  bussare!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO :

        "Avvocato eccellentissimo Tanino Squagliazoccole. Qua non è quistione di crianza, ma di emergenza. Ce sta l'invasione de' diavule e de'  chiattilli e  ccà nun ce sta cchiù tiempo a perdere!".

        La banda con in testa Don Michele, lasciando in coda l'avvocato, inveendo e agitando gli attrezzi sale sul palcoscenico.

UN POPOLANO NICOLA(gridando):

        "Trasimmo, 'a porta è aperta!".

UNA POPOLANA - NANNINELLA(in eco):

        "'A casa de la pruverenza è sempe aperta!".

UN POPOLANO - CATIELLO (dal volto da ebete):

       

        "'A pruverenza? Don Liborio è scurdariello!  L'ata vota s'è scurdato 'o piezzo centrale d''o paternostro e così sia!".

UNA POPOLANA - NANNINELLA(in eco):

        "Genta gè, jamme, jà!".

        Don Michele d'improvviso alza le braccia  e ferma tutti.

DON MICHELE 'O  SCARPARO :

        "Aspettate! Nun veco a Don Liborio!".

UN POPOLANO - PASCALE:

        "Forse è asciuto!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO :

        "No, no, no. Sccc... stateve zitti!".

        Silenzio assoluto mentre anche l'avvocato si porta avanti.

        Si sente il russare del prete. Improvvisa una scorreggia, ripetuta.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(indicando il cassone):

        "E' isso! Sta llà dinto!".

UN POPOLANO - CATIELLO(tappandosi il naso):

        "Sì è isoo! 'O riconosco d'o fieto!".

UN POPOLANO - NICOLA:

        "Sta durmenno!".

UNA POPOLANA - CUNCETTA:

        "Scetammolo!".

UNA POPOLANA - NANNINELLA(canticchiando con le mani sui fianchi):

        "Scetate scé! Scetate scé... scetavajasse[2]".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

        "Stavolta ci penso io!!".

       L'Avvocato va a bussare dolcemente alla porta del cassone in cui dorme Don Liborio.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(sussurrando):

        "Don Liborio...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Mmmmm...".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(bussando, con voce normale):

        "Don Liborio.".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Mmmmm...".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(con voce normale):

        "Don Liborio".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Mmmmm...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(con una belle bussata energica, gridando):

        "Don Patre Liborio!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Oh! Oh! Oh!  Chi scacateja?![3]".

DON MICHELE 'O  SCARPARO :

        "Simmo nuje!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Vuje chi?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(vago):

        "Eh.. don Michele 'o Scarparo, l'avvocato Tanino Squagliazoccole...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Eh che ve pozzano accidere! M'avite scetate 'int'o mejo suonno!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE.:

        "Padre è quasi mezzo giorno. Tra poco suona la campana dell'Ave Maria".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Ah l'Ave Maria? Allora avite fatto buono, eh".

        Si sentono movimenti nel cassone.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Stateve accuorti ca esco!".

        Tutti si fanno di lato.

        Gran fracasso e  con un sistema di funi e pulegge(in pratica viene liberata una molla che spinge fuori) il prete tira fuori il baldacchino!

        Il popolo dopo lo sbandamento per il colpo, va a sistemarsi a due lati facendo ala al letto, presso cui rimangono l'Avvocato e 'O Scarparo.

        Don Liborio è grasso, ben pasciuto, rosso in faccia. Ha barba lunga e sporca. Veste un camicione  e porta in testa un cappuccio leggero da notte con pompon, unico vezzo in quest'uomo volgare.

        Don Tanino si colloca preferibilmente - per chi guarda - alla sua sinistra e Don Michele alla destra.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Ohilà! Ave Maria, piena di grazia... (incredulo, baciandosi una mano, guardandosi attorno e avvolgendosi nelle corte coperte) E che è tutta 'sta gente? A festa e Pier'rotta?(Si fa tre volte il segno della croce, baciando la mano)".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

        "Don Liborio ce avite 'a scusà! Simmo venuti perché ce hanno invasi!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Uh Giuseppe, Sant'Anna  e Maria! So' sbarcati li sarracini?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

        "Peggio santità. C'è stata un'invasione dei campi di Fuorigrotta ad opera di bruchi e topi e autre innominabili bestiacce".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "E proprio addó me venite? J' aggio dicere 'a messa, aggio a cunfessà a gente... e po' 'int' a sto mese 'e austo nun me sento tanto bbuono! Fa talmente cauro ca me vene 'o raffreddore(Fa uno starnuto)!".

UN POPOLANO - CATIELLO:

        "Salute!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Eh, 'a salute ca se ne va!".

        Don Liborio  fa un altro sonoro starnuto.

UN POPOLANO - CATIELLO:

        "Roppia salute!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE

        "Eh! saluteme a soreta!".

        Don Liborio si pulisce il naso col lenzuolo, mentre don Michele si fa più sotto.

DON MICHELE 'O  SCARPARO :

        "Padre, aiutateci".

IL POPOLACCIO(in coro litanico):

        "Aiutateci. 'Scall'annime 'e tutti i morti vuosti![4]".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Eh che cimitero!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO :

        "Santo padre, aiutateci a ce liberà 'a sti mostri".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Nun aggio capito buono che tipo 'e criature songo?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

        "Criature. Chelle adda vedè cumme so brutte! A accummenzà d'e campe...".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

        "Sì, don Liborio, sono tutti animali invasori di campe e di stagne!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

        "No, no ' e' campe. Avvocà, cumme 'e chiammate, chilli animali ca vivono 'mmiez'e foglie de' cavelescióri".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:   

        "Ah i cavolfiori!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

        "Eh! Eh! cavelescióri... No, no... 'e campe".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "A vulite furnì. 'E campe sono quelli che Francesco Petrarca chiama bruchi!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

        "Ah i bruchi!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

       

        "Eh... e i' ch'avevo ditto? Comunque santo padre 'e bruchete se songo alleate  nzemmura a li surece, zoccole, sanguette etcietera etcietera pe' distruggere tutte 'e campe 'e Fuor'rotta! Aiutatece don Libò!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Ma pecché site venute proprio addò mme?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

        "Egregio padre io glielo avevo detto a questi qua che forse il giudice competente a decidere era quello laico non l'ecclesiastico!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Me pareva na proposta... ottima... ottimissima!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

        "Ottimistica, direi. Pare che quaccuno ccà mmiezo pare ca a orecchio s'entenne de giustizia e nun  era d'accordo! (Pausa come a cercare chi ha tralignato)".

        Don Ciccillo Petrosino, lo Scrittore, Scrivano di Piazza, nella massa del popolo si fa piccolo piccolo.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(tra sé e  sé):

        "Addó sta chillo carogna! Si l'o 'cchiappo...".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

      "Don Libò, c'era chi voleva tradire i costumi della giustizia napoletana, in nome della patania!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "Ah sì... e i' che ce traso c''a patana(tra sé  e sé)de le mamme lloro[5]?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(declamando):

        "Si voleva usare la nuova pratica piemontese di far citare nientemeno gl'insetti davanti al Banco di ragione del giudice locale[6]!".

IL POPOLACCIO(in coro, facendo il verso, senza capirci gran che):

        "Ooooh!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

        "E pecché nun avite fatto accussì?".

        'O Scarparo interviene a mettersi tra l'Avvocato e don Liborio.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

        "Colpa dei vostri meriti. Vuje site state capace na vota 'e 'nturciglià 'o fruvulillo...".

UNA POPOLANA - NANNINELLA(facendosi il segno della croce):

        "A nummenato 'o diavulo. Gesù, Giuseppe e Maria!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

        "Sì chella vota che avite levato 'o dimmonio 'a d'o cuorpo 'e chillo pullasto ca pareva 'mpazzuto![7]".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(in a parte piagnucolando):

        "Gesù, Giuseppe e Maria nu piccolo 'mbruoglio pe me magnà nu pullasto facennolo apparé 'ndemoniato e guarda nu poco ca me succede! E' 'a punzione 'e Ddio ca cade 'ncopp'a mme!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

        "... e accussì nuje qua riunite avimmo pensato ca 'int'a sto fatto 'o giudice signore ce trase poco. Ca' ce vo'... 'o scongiuratore!!".

IL POPOLO(percorso da un brivido in coro):

        "Uaneme...".

UNA POPOLANA - CUNCETTA(aggrappandosi a Carmeniello):

        "Ih che paura Carmenié!".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

        "Me se alleggeriscono 'e ccarme![8] (Spingendo via Cuncetta) Frusta llà, brutta zoccola. Nun me tucca!".

UNA POPOLANA - CUNCETTA:

     "Va' fa 'nculo meza femmena!".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "Gnaccti gnà!".

     Con uno sguardo torvo Don Liborio dal suo letto va squadrando la gente, che lo guarda tra il timore e l'implorante.

     Tanino ardisce portarsi avanti frapponendosi tra don Liborio e 'O Scarparo.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Per non parlare del fatto che voi siete amante, e Dio vi benedica, della buona tavola  e del buon vino. Gl'insetti distruggono i campi, ci annientano il frumento, ci mangiano la frutta, i cavoli e pomodori, ma soprattutto afidi e cocciniglie ci succhiano le vigne e così privano gli uomini del vino, che rallegra il cuore di Dio e degli uomini. Per non parlare del diritto canonico che proibisce di promuovere agli ordini sacri  colui che non ama il vino! Mi capite don Libò?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(mugugnando):

     "E cumme nun capisco. Che so scemo? Va bbuò. (Col dito puntato) Però...".

IL POPOLO(in coro):

     "Però...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Però...".

IL POPOLO(in coro):

     "Però...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Però (canticchiando) parà parà parà perè perè... E jamme jà, don Libò, nun ce facite spantecà[9]! Accettate si o no?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(con un ultimo sguardo di suspence):

     "Accetto.

IL POPOLO(in coro):

     "Aaaah!".

    

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Ma avite a pavà a tassa p''a cchiesa?".

     Rumoreggiare tra il popolo.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Ma che state dicenno z' prevete...".

IL POPOLO(tumultuoso, in coro):

     "Nun tenimmo sorde, nun tenimmo niente! Simmo poveri 'n canna e co 'e pezze 'n culo!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Avite a pavà. 'A chiesa have bisogno di restuari[10]!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(tra sé e sé):

     "Eh! estuari e delta del Fiume Santo!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

 

     "Mò pure p'a cchiesa se paveno 'e tasse  pe'i(facendo una smorfia perché non ha capito il termine) restuari?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Sì, sì la decima, la decima per i restauri".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Ah, ah... decima, ce ne steveno aute[11] nnove... Avimmo pavato e nun ce ne simmo accorti?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "No, no. Avite pagato dando l'obolo...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "L'ovolo?! Ah allora l'ova nummero uno. Nummero doje... quacche pullasto...".

UNA POPOLANA:

     "Tre. Nu piatto 'e menesta...".

UNA POPOLANA:

     "Quatto... o cavelescióre...".

UN POPOLANO:

     "Cinque... na furmaggella...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

 

     "Sei. Nu pare 'e scarpe co nu pertusello sotto...[12]".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Basta, basta. Arrivammo a dieci  e po' ce fermammo... 'e scamorze e chi v'è muollo! Macché... decima... La decima parte      del raccolto o del reddito di qualsiasi attività che, secondo l'usanza, viene pagata come tributo...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Sempre tassa è! (In a parte rivolto al pubblico) Per rinfrescare no 'a chiesa ma panza santa 'e don Liborio!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Sì ma questa è solo la prima tassa. Anzi una una tantum. In rapporto allo scongiuro che chiedete, poi si vedrà".

IL POPOLO(tumultuoso, in coro):

     "Nun tenimmo sorde, nun tenimmo niente! Simmo pover'n canna e co 'e pezze 'n culo!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(tra sé  e sé):

     "Sicuramente stanno mejo 'e me!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Facciamo così. Ognuno darà per quello che ha. Anche i frutti di un terreno  soprattutto nella forma di contribuzioni ecclesiastiche.  Va ben don Libò?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Pò gghi bbuono!".

UN POPOLANO - PASCALE:

     "Ma don Liborio nun 'o sape che ce puzzammo 'e famme?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Figliolo, l'usanza della decima sacramentale affonda le sue radici nella tradizione biblica... Perciò pava[13] e amen! Anzi (rivolto a un paio di popolani) Guagliù, me aiutate a mettere a posto nu poco 'e cuperte?".

UNA POPOLANA - NANNINELLA:

     "Serva vosta, don Liborio! Cuncè, Nicò venite ccà e aiutateme!".

     I due popolani aiutano la donnona a mettere a posto il letto a Don Liborio che scende giusto il tempo per riassettare il letto, per poi riinfilarcisi dentro.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(tirando in  a parte l'avvocato):

     "Ma è 'o vero che 'a decima l'ha previsto Gesù Cristo?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Non Gesù Cristo, la bibbia! La legislazione mosaica stabiliva una duplice decima, quella ordinaria su tutti i frutti della terra, da offrirsi in natura o in danaro, e quella straordinaria, triennale, prelevata su tutte le entrate dell'anno di scadenza".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(dubbioso):

     "Mo pure 'e testi sacri ce se mettono per tirà 'o cuollo 'a povera gente!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

  

     "No, no, è la legge per far funzionare l'apparato dei preti. Vede, anche oggi è prevista la decima spirituale, come tributo generico, ordinario, gravante sui fedeli per sorreggere la parrocchia di residenza. Per non parlare della decima prevista dalla legge religiosa attuale quale corrispettivo dell'amministrazione dei sacramenti, della cura d'anime e, in genere, delle funzioni di culto".

     Don Liborio si è rimesso sotto le coperte. I popolani sono tornati al loro posto.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(rassegnato, rivolto a Don Liborio, in tono solenne):

         "Pagheremo, santo padre. Ciascuno secondo quanto puote. E se solo poco puote, più non dimannare!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Tutto secondo 'o diritto canonico!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "E secondo Danto Alighiero!".

UNA POPOLANA - CUNCETTA(in a parte):

     "A me quanno parlano 'e dritto, ma pare sempe ca ce sta nu stuorto, n'arravuoglio[14]".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Cosa mormoriate voi belladonna. Avite quaccosa da obiettare?".

UNA POPOLANA - CUNCETTA:

     "No, no. Nun tengo nient' a jettà[15]. Io nun tengo manco l'uocchie pe' chiagnere... Spero ca 'a quacche parte di de-ci-ma-re caccosa pe vossignoria".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Va bbuò. Allora... (rivolto all'Avvocato e allo Scarparo, a mano tesa) Affare fatto?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE - DON MICHELE 'O  SCARPARO(in coro, poggiando la mano destra su quella del prete):

     "Affare fatto!".

IL POPOLO(in coro):

     "Affare fatto!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Presentate formale istanza co' specifica degli invasori, con tanto di forma e colori... di cui trasmetterò copia al vescovo e presentateve dimmane! E mo' levammo 'a frasca, ca tengo suonno![16]".

     Don Liborio tirando le corde si rintana dentro al guardaroba col letto, preparandosi a dormire ancora.

     Spegnimento rapido delle luci.

 

SCENA 2

L'ISTANZA EPISCOPALE ANTIBESTIE

     Riaccensione rapida delle luci.

     La scena è la stessa. 'O Scarparo tiene in mano un papiello che legge con molta difficoltà. Ogni tanto rivolge gli occhi all'Avvocato per essere incoraggiato a leggere.

      

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "'O popolo de Napule, qui costituito  in testa al procuratore Don Michele 'O Scarparo rivolge  formale istanza alla Signoria Vostra Illustrimissima...".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(bisbigliando all'orecchio):

    

     "Illustrissima...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Eh, illustrimissima... e i' c'aggio ditto? (Pausa. Legge meglio) rivolge formale istanza per fare pruciesso e cacciare(fa gesto con le mani a dire che se ne devono andare)sti disgraziati, curnute, figl'e zoccole, escrementi del dimonio(mormorio del popolaccio che si fa il segno della croce) pullece, cavallette, talpe, scarabei,  lumacuni, locuste, anguille, larve, sanguette, mosche, tortorelle,  serpienti, urebecs et verpillions, surece  e zoccole campagnole e quant'altro".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Urebecs, verpillions? E che cazzo sono?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Mi perdoni Santità. Sono io che modestamente ho aiutato a compilare l'atto. E mi sono riportato a certa giurisprudenza francese...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Francese. Vò parlà sciò-sciommo 'o segnurino [17].  E me facite leggere 'i ccose de' francise? Site asciuto pazzo?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(commentando tra sé e sé):

     "All'avvocato le fete 'e campà![18]".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(incalzando verbalmente l'avvocato):

 

     "Me vulite arruvinà. E si 'o sape Re Ferdinando, 'o capo lazzarone, chillo è capace è me taglià a capa!".

     Il prete accompagna le ultime parole con una linea ideale  tracciata con la mano a dire: "Hai visto?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(spaventato):

     "Have ragione. Avvocato Tanino Squagliazoccole, ma c'avite cumbinato?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Niente Santità. Sono solo due parole. Urebecs i bruchi e verpillions gli afidi succhialinfa delle vite. Due misere parole schifose per far vedere comme a lingua francese fa revutà 'o stommaco[19]!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Va bene, va bene. (In a parte) A me 'o stomaco nun s'arrevota maje! Con la Franza o co la Spagna, purché se magna! (Rivolto al Lazzarone) State tranquillo don Michele! Pensannoce buono, è meglio nun ghì truvanno a Cristo(si fa il segno della Croce) 'int'e lupine[20]".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Si 'o dicite vuje, don Libò, so' tranquillo. Pe mme dint'e lupine ce stae vuje, cumme si fusseve Gesù Cristo anima, corpo sangue e crocifissione".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(tra sé e sé):

 

     "Già ne basta uno crocifisso a mmiezo 'e lupini... Va bbuò. L'istanza è accettata. Vuje, don Michele 'o Scarparo, siete nominato procuratore d'o popolo, e voi, don Tanino Squagliazoccole, procuratore d'e bbestie!".

IL POPOLO(in coro):

     "D'e bbestie!?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

 

     "Eh, eh... d'e bbestie! E così sia![21]".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:           

     "Ma io...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Naturalmente percepirete il retto compenso. 1 lira tornese  a seduta![22]".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(ora sorridendo):

     "Ah bene!(in a parte) Meglio ca niente!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(in a parte):

     "Ih che zecca. Perucchiuso[23] cum'è va proprio propio buono 'int'a stu prociesso  a sanguete et similia!(Inchinandosi  al Prete) Grazie santità del beneficio economico. Onorato di rappresentare gli animali...".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "Cu chella faccia 'e mpìgna!?[24]".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(ricalcando):

     "... avendo già avuto pratica analoga e ripetuta per i minori, gl'insensati e  i prodighi delle leggi romane. (Guardando verso colui che l'ha ingiuriato) E qua a Napule  sciem'e guerre  e femmenielle  ce ne stanno in abbondanza...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Basta! E' la regola sacramentale che prevede i due procuratori. (Con sussiego) Vuje dduje  sarite 'int'o pruciesso comme cazzo e  cucchiara![25](Rivolto al popolaccio) E voi...".

IL POPOLO(in coro):

     "Sì riverendo prevete...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(prendendo a grattarsi):

     "Voi...".

IL POPOLO(in coro):

     "Sì riverendo prevete...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(prendendo a grattarsi fino a sanguinare):

     "Ste cazz'e cimmece... Voi... (Rivolto agli avvocati) Me date na mano?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE-DON MICHELE 'O  SCARPARO(in coro):

     "A disposizione don Libò".

     I due prendono a grattare.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Ccà ccà, don Tonino. Proprio ncopp'a' ascella[26]. Nu poco cchiù  abbascio! Aaaah! Facite, facite... Voi popolo facite preghiere, litanie, prucessioni ma soprattutto cantate messe e sbursate 'e decime p'a chiesa. Me raccumanno!".

SCENA 3

CORNUCOPIA DI GIUSTIZIA EPISCOPALE

     Mentre i due procuratori continuano a grattare Don Liborio, il popolo riscende in platea inscenando una processione con litanie, intervallate da suoni di campane per chiamare alla messa intervallate di tintinii di soldi. Il tutto in funzione sfottò.

IL POPOLO(in coro):

     "Napulitane: mangiapatane, accideperucchie e sonacampana... Napulitane: mangiapatane, accideperucchie e sonacampana...".

     Sul fondo della platea il popolaccio viene  raccogliere soldi, cibo(pane, salami, polli etc.)e bottiglie di vino, per ritornare infine sotto il palcoscenico là schierandosi.

     Don Tanino e don Michele terminano il loro in-gratto compito con Don Liborio che imperterrito rimane  a letto a   grattarsi ancora. Indi  i procuratori  provvedono a ricevere cibi e vini e soldi(raccogliendo questi in una scarsella) che vanno a deporre accanto al letto del sacerdote che con gli occhi avidi li carezza, assaporando la gioia dell'avere, del mangiare e del bere.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Bravi! Bravi! Accussì me piace!(Allungando un dito e gridando verso il soldato alla porta del teatro) Ehi! Sergente laggiù!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Dicite a me?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Sì. Venite accà!".

     Il Sergente, correndo, si porta proprio sotto il proscenio al centro,  con la folla che gli fa ala, mormorando.

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Agli ordini, eccellenza!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Nun me chiammà eccellenza!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Agli ordini, eccellenza!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(incazzandosi):

     "Nun me chiammà eccellenza!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Agli ordini, cumparié!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Ohé! E cumme te permiette?".

     La popolana Concetta si avvicina  al Sergente e gli bisbiglia all'orecchio.

UNA POPOLANA:

     "Chiammatelo santità!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Scusate, sanità! E' stato nu sbaglio scasuale".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Va bbuó! (Pausa) Cumme ve chiammate?".

IL SERGENTE MARITTIELLO MARITTIELLO O'HARA:          

     "O'Hara. Sergente O'Hara".

     Moto di perplessità nel prete, nei procuratori ma soprattutto nella folla.

UNA POPOLANA - NANNINELLA:

     "Oooara".

IL POPOLO(in coro):

     "Oanema 'e Ddio!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(grattandosi la testa):

        "O'Hara? Nu nomme strevuzo assaje[27]. Avete i parenti... i    parenti originari di... buóh...".

IL SERGENTE MARITTIELLO MARITTIELLO O'HARA:

    

       "Sì ma di nome faccio Marittiello. Napoletanissimo. Marittiello O'Hara!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Va bbuó... O'Hara, eroe, 'i ro site e a ro jate[28]".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "So' di Torre 'o Grieco e a vostro servizio per tutto quanto la sanità vostra ha di bisogno!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Boh, beh, boh. (Alzando la mano con l'indice in alto) Io vi affido, sergente Ciccillo O'Hara, il solenne compito di notificare 'int'e campe 'e Fuor'rotta[29] a surece, zoccole e affini, di presentarsi in questa pubblica udienza il giorno 18 settembre corrente agnolo, prima ca 'o juorno dopo se scioglie o sangue 'e san Gennaro".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Giorno ben scelto. Non confondiamo il santo col profano!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Na bella pensata. (Ripensandoci) Ma nu mese p'a notifica nun è nu poco troppo?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "No, no. Va bbuono. Chesto abbasta e  avanza".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Il giusto. Io difendo ste povere bestie...".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "Povere? Chelle fanno schifo a 'e zizze!".

     Mormorio di approvazione del popolaccio a quanto detto dal popolano.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "State zitto voi!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "E' la procedura. Bisogna dare il tempo al nominando usciere di avvertire, notificare permettere agli... agli... agli..."

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Aglio e fravaglio fattura ca nun quaglia..".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

 

     "... di parlare col difensore, preparare la difesa, venire".

UN POPOLANO - PASCALE:

     "Ma che staje accucchianno, eh? Tu pare uno 'e chilli che ce vo' mbruglià co 'e parole. Nuje avimmo pavato e stammo pavanno ancora. Vogliamo un intervento di desoricizzazione sacramentale immediato!".

IL POPOLO(in coro, mormorando):

     "Sì, sì, sì. Have ragione!".

     Don Liborio fa cenno allo Scarparo di mettere a tacere l'intruso.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Oh calioto[30], 'nta fessa e mammete! Te vo sta zitto o no? Si no te faccio ascì 'e ssovere 'a culo[31]".

UN POPOLANO - PASCALE:

  

     "Neh, figli'e zoccola, cumme te permiette e m'offennere. Scinne 'a llà ncoppa si si ommo, ca te faccio nu culo accussì".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(cacciando un coltello):

     "Teniteme teniteme... Pure 'o cazzo è piccerillo e po' se a gruosso".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(fermando 'o Scarparo coll'afferrarlo da dietro a mantenergli le braccia):

     "Lasciate perdere. Non vi compromettete".

     Il popolano fa per salire ma viene trattenuto dal Sergente.

UN POPOLANO - PASCALE:

     "Chist'hommo 'e merda! I' 'o accido!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Fermo! Fermo! Se no vi arresto!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Teniteme. Aggio 'a fa na strage!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Ora siete un uomo di legge. State bbuono!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(gridando):

     "Ooooh! In nomen d'o pataterno basta! (Suona la campana del mezzodì)Ma fà  ampressa che è miezo juorno, si no 'a menesta piglia 'e fummo![32]".

     Tutti si fanno il segno della croce e sono calmi, ora.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Mettimmo na cosa 'n chiaro. O rispettate a procedura, pavate e sarete serviti quando e cumme Cristo cummanno, o lasciamo perdere tutte cose. O si no, no tra nu mese ma tra na decina d'anni ve liberate(facendo una panoramica circolare sugli astanti con occhietti aguzzi) d'e surece, zoccole, pullece, cavallette, talpe, scarabei,  lumacuni, locuste, anguille, larve, sanguette, mosche, tortorelle,  serpienti".

UNA POPOLANA - NANNINELLA(sottovoce):

     " 'O te magno sta menesta o te vutte p'a fenesta!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

 

     "Veco ca murmuriate Caccosa. Forse m'aggio scurdato quacche bestia?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Urebecs et verpillions...".

     Sguardo di fuoco dello Scarparo.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Va bbuó. Chilli è mejo ca nun è dicimmo! (Pausa, rivolgendosi al Sergente) Allora, addó eramo arrivati?".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Aviveve ditto 'o juorno d'a prossima udienza, sanità".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

    

     "Sveglio il ragazzo. Allora voi citerete gli animali a comparire  personalmente nnanze a nuje, per tale giorno e tale ora onde sentirsi condannare ad abbandonare in breve tempo i fondi usurpati, sotto le pene di diritto".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Sanità, veramente l'ora nun l'aviveve ritta".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Sveglio il ragazzo. Facimmo... ora di rito".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "E i' che ne saccio  a che ora po' venì a zia Rita. (Tra sé e  sé) Ma po' ca ce trase 'a zia Rita cu sti fatti?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(tra sé  e sé):

     "Ch'ave a che fa 'o cazzo cu 'o marazzo[33]? (Rispondendo al Sergente) Ora di rito. Ora solita!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "E i' che ne saccio quann'è l'ora solita!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Quanno se sceta ze prevete!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Ah! Ora che se magna!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(gridando furioso):

     "Fateli venire quando cazzo volete!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(masticando duro tra i denti):

     "Chiavate 'a lenga 'nculo![34]".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Propongo alle undici, va bene eccellenza?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(non tanto convinto):

     "Va bene. E se sto dormendo, svegliatemi".

     Don Liborio comincia a tirarsi sul letto cibo e  vino che gli hanno portato.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Sicuramente".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(rivolto al Sergente):

     "E' tutto chia-ro O'H-a-ro[35]?".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "E' chiaro comme a chiarera, sanità. Chiaro comme 'o vino misto  a miele".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Ih che poesia! Bravo! Agliù se magna! E mo' levammo 'a frasca".

     Don Liborio tirando le corde si rintana dentro al guardaroba col letto, il cibo e il vino.

     Buio.

  

SCENA 4

PRIMA NOTIFICA... A VUOTO, PANCIA PIU' PIENA

     Luce in sala.

     Gran fracasso e  il prete ritira fuori il baldacchino. Il cibo e il vino aumentano a fianco del letto. La scarsella accanto al prete si è fatta più grande e se la stringe a sé avido.

     Il popolo è assiepato sempre sotto il palcoscenico.

     Sopra l'Avvocato e  'O Scarparo, che si è armato di un libriccino di norme e lo sfoglia a casaccio.

     Dalla porta centrale entra trafelato il Sergente O'Hara.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(gridando):

    

     "Sergente O'Hara!  Sergente O'Hara! Vulite fa ampressa?".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Vengo! Vengo! Ecchime!".

     Correndo e  inciampando sui gradini il Sergente si porta innanzi al prete che lo scruta dal suo letto.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "A'tenti!".

     Il Sergente si mette sull'attenti.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Riposo, riposo(O'Hara si rilassa) Qua non siamo nell'esercito 'e Franceschiello ma davanti a un giudizio di Dio. (O'Hara si fa il segno della croce) Bravo. E allora avite citato 'e bestie surece, zoccole, pullece, cavallette, talpe, scarabei,  lumacuni, locuste, anguille, larve, sanguette, mosche, tortorelle,  serpienti  a cumparì?".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA(sbiancando e tirando tremante i fogli dalla giubba):

     "Chianu, chianu sua sanità. Aggio pruvato sulo co 'e zoccole, ma ste puttane nun se so fatte vedé".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(sbattendo il libriccino sulla spalla dell'Avvocato che protesta):

     "Procediamo, don Libò. Ccà 'ncoppa sta scritto ca che zoccole tutto se pote".

IL POPOLO(in coro):

     "Sì, procediamo. Tirammo 'nnanze!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Mi oppongo. Senza citazione la contumacia non è possibile".

UN POPOLANO - CATIELLO:

     "State zitte tu, curnù!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(gridando):

     "Basta! Si no faccio sgomberare l'aula. (Rivolto a  chi ha parlato) E a vuje si dicite n'auta parola ve faccio  fa  nu bagno a Pusillipo pe' mmano d'o sergente! Chiaro?!".

         L'uomo accenna di sì.

  

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(rivolto allo Scarparo):

     "Me pare che don Tanino have ragione. Ma si nun l'have citate, cumme putimo purtà avanti sta carretta?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Eh, eh... Chello ca se vò, se pò; chello ca nun se vò nun se pò. E po'... chi campa vede".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(dubbioso):

     "Mmmm....".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(incalzando):

     "Santo scongiuratore, è evidente che i miei clienti si trovano sparsi tra numerosi villaggi e quindi ci vuole più di una citazione notificata, (tirando fuori un codicello dalla giacca) come recita l'art. 38.757.644 del diritto canonico... eventualmente a mezzo di pubblicazioni fatte dal pulpito della nostra e delle chiese locali nei giorni di predica in ciascuna parrocchia"[36].

     Brusio tra il popolaccio. 'O Scarparo mastica rabbia.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(grattandosi la testa):

    

     "Me pare na bona pensata. Sergente a orario...".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA(scattando sugli attenti):

     "'Gnorsì".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Provvedete!".

     Don Liborio tirando le corde si rintana dentro al guardaroba col letto, il cibo, il vino, la scarsella dei soldi.

     Il Sergente con passi militareschi se ne scende tra la gente che lo piglia a fischi e pernacchi, mentre si avvia all'uscita.

     Buio.

  

SCENA 5

SECONDA NOTIFICA... A VUOTO, PANCIA ANCORA PIU' PIENA

     Luce in sala.

     Gran fracasso e  il prete ritira fuori il baldacchino. Il cibo e il vino aumentano a fianco del letto. La scarsella accanto al prete si è fatta ancora più grande e se la stringe a sé avido.

    Il popolo è assiepato sempre sotto il palcoscenico.

     Sopra l'Avvocato e  'O Scarparo, che si è armato di un libriccino di norme e lo sfoglia a casaccio.

     Dalla porta centrale entra trafelato il Sergente O'Hara.

     La scena si ripete all'inizio identica  a quella precedente, soltanto più veloce e automatica. Tutti ricalcano a sfottò le stesse identiche parole dette prima, come se stessero imparando una parte che già sanno.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(gridando):

    

     "Sergente O'Hara!  Sergente O'Hara! Vulite fa ampressa?".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Vengo! Vengo! Ecchime!".

     Correndo e  inciampando sui gradini il Sergente si porta innanzi al prete che lo scruta dal suo letto.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "A'tenti!".

     Il Sergente si mette sull'attenti.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Riposo, riposo(O'Hara si rilassa) Qua non siamo nell'esercito 'e Franceschiello ma davanti a un giudizio di Dio. (O'Hara si fa il segno della croce) Bravo. E allora avite citato 'e bestie surece, zoccole, pullece, cavallette, talpe, scarabei,  lumacuni, locuste, anguille, larve, sanguette, mosche, tortorelle,  serpienti  a cumparì?".

IL POPOLO(in coro):

     "Stavota rispunne juste! Si no te scassammo tutte 'e corna ca tiene 'nfronte!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA(sbiancando, mordendosi il labbro, tira  tremante i fogli dalla giubba e balbetta):

     "Chianu, chianu sua sanità. Aggio pruvato sì, ma sulo co 'e surece".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Ancora e sulo cu ste sfaccimme 'e surece?!".

     Mormorio di disapprovazione e di bestemmie del popolaccio.

    

IL POPOLO(in coro):

     "Fetent'e mmerde! Scaveragliuolo[37]! T'avimmo fà cacà l'uva, l'aceno e ' streppone[38]! Ommo 'e puppù!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(urlando):

     "Silenziooo!(Pausa di panoramica: non vola una mosca). Allora spiegateci stavota ch'è succieso".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA(balbettando):

     "Non songo venuti 'e surece perché 'e jatte, saputosi il fatto, l'aspettavano  al varco e questo ne ha impedito la presenza".

     Il popolo mormora. 'O Scarparo trattiene i pugni.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Guaglió, ce vuoi piglià p'e culo?".

IL POPOLO(in coro):

     "'Mbruglió! Truffaiuó! 'Mpacchió!  Trappulié!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Sua santità, mi corre l'obbligo di cautelare il sergente, per difendere i miei stessi clienti. L'art. 3.875.764 del diritto canonico...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Avimmo capito... (Alzando il dito verso il Sergente) Avanti march!(Il Sergente con passi militareschi se ne scende tra la gente che lo piglia a fischi e pernacchi, avviandosi all'uscita). Jammuncenne jamme!".

     Don Liborio tirando le corde si rintana dentro al guardaroba col letto, il cibo, il vino, la scarsella.

     Mentre l'Avvocato prepara le sue cose, 'O Scarparo riservatamente si porta sul proscenio a parlottare col popolo.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(facendo attenzione a non farsi sentire dall'Avvocato):

     "Guagliù, chisti ce stanno piglianno pe' culo. A prossima vota facimmo menu casino. Rivulgimmece a don Ciccillo o  Scrittore...".

UNA POPOLANA:

     "Chi, chillo c'aiuta a stennere 'e petizione a porta Capuana?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Eh, propio chillo! Petrusino ogni menesta[39]!".

     Mormorio di approvazione della gente.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Facimmoce da na mano a stennere nu poco de atti cumme Dio commanna!".

     Gatton gattoni 'O Scarparo si porta a salutare l'Avvocato,  un po' sorpreso da tanti salamelecchi.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(in a parte col pubblico):

     "Questo qui mi nasconde qualcosa. Lo vedo troppo in tiro. Ma poi chi se ne fotte... (ridacchiando mentre va via sul proscenio) l'importante è macinare il compenso in questa pagliacciata degl'insetti processati. Ah, ah, ah ah!".

     Buio.

  

SCENA 6

LA NOMINA DEL PIRITUS PIRITORUM

     Luce in sala.

     Gran fracasso e  il prete ritira fuori il baldacchino. Il cibo e il vino aumentano vertiginosamente a fianco del letto. La scarsella accanto al prete è diventata un sacco e se lo stringe a sé avido, con difficoltà.

     Il popolo è assiepato sempre sotto il palcoscenico, attorniando il nuovo personaggio. E' Don Ciccillo 'o Scrittore(Scrivano), dall'aspetto ancora più fetente di quello del prete. Indossa un vestito scuro con toppe ai gomiti, unto e bisunto, occhialini alla Cavour, una matita su un orecchio.

     Reca sotto il braccio una borsa piena di fogli e sempre in tasca  e a portata di mano un temperino, che ogni tanto estrae per affilare la matita.

     Sopra l'Avvocato e  'O Scarparo.

     Dalla porta centrale entra trafelato il Sergente O'Hara.

     La scena si ripete all'inizio identica  a quella precedente, soltanto sempre più veloce e automatica. Tutti ricalcano a sfottò le stesse identiche parole dette prima, come se stessero imparando sorvolando una parte che già sanno.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(gridando):

    

     "Sergente O'Hara!  Sergente O'Hara! Vulite fa ampressa?".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Vengo! Vengo! Ecchime!".

     Correndo e  inciampando sui gradini il Sergente si porta innanzi al prete che lo scruta dal suo letto.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "A'tenti!".

     Il Sergente si mette sull'attenti.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Riposo, riposo(O'Hara si rilassa) Qua non siamo nell'esercito 'e Franceschiello ma davanti a un giudizio di Dio. (O'Hara si fa il segno della croce) Bravo. E allora avite citato 'e bestie surece, zoccole, etcetera etcetera a cumparì?".

     Silenzio.

     Il Sergente si guarda in giro aspettando una reazione del popolo che non viene.

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA(lentamente, tirando i fogli dalla giubba):

     "No".

     Il Sergente attende ancora invano una reazione del popolo.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(trionfante):

     "Se sta sbaglianno 'o Sergente! 'A citazione è stata fatta e cumme! So state citate zoccole, surece pullece, cavallette, talpe, scarabei,  lumacuni, locuste, anguille, larve, sanguette, mosche, tortorelle,  serpienti e pure quacche auto animale!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Ma...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Ma putevamo maje pensà che tutto 'na botta il nostro usciere armato notificava a tutta sta bella gente? Don Libò io vi    propongo di raccomandare costui come generale usciere!".

     Il Sergente non crede ai suoi occhi.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Vedremo...".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Intanto io mi oppongo...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(in a parte col popolo):

     "Oh, sempe a scassà a mazzarella 'e san Giuseppe, chisto. Ma stavota nun a passa liscia!".

     'O Scarparo con passo deciso e minaccioso, con la mano sul coltello, si avvicina al Sergente e lo tocca con la fronte.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "E' vero che avete notificato agli insetti e  ai parassiti?".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "'I veramente...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(tappando la bocca all'usciere):

     "Certo che ha notificato. Abbiamo carte e testimoni. (Indicando lo Scrivano) Don Ciccillo 'o Scrittore, per l'occasione anche entomocolo oltre che spilacesso[40].  Salite salite".

     A furor di popolo lo Scrivano viene fatto salire sopra. Cammina a gambe aperte.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(in a parte, commentando il modo di camminare a gambe larghe del nuovo personaggio):

     "Pare ca tiene nu strunzo appiso a 'o culo".

     Lo Scrivano rivolge un grande inchino al prete, per poi prendere a baciargli la mano con passione. Il prete se ne libera, ma lo scrivano rimane inginocchiato al capezzale, squadrato dall'Avvocato come una bestia rara.

     Lo Scrivano, oltre a grattarsi continuamente, tartaglia vistosamente. Pronuncia imperfettamente le parole, per lo più ripetendo lettere o sillabe iniziali.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Mi oppongo!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

    

     "Eh no. Me so 'nfurmato. Nun ve putite opporre. Ciò che non è vietato - truvatela la norma, truvatela! - è accurdato. E' vero eccellentissimo don Liborio?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Me pare justo. (Rivolto allo Scrivano che sta ancora inginocchiato) Ajzateve e qualificatevi!".

DON CICCILLO PETROSINO(alzandosi):

     "So' Don Ciccillo 'o Scrittore per l'occasione anche entomocolo oltre che spilacesso[41]".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Già l'aveva detto il vostro compariello".

DON CICCILLO 'O SCRITTORE:

     "Arrapate iuvant![42]".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Arrapate e 'ntuoste 'e carte. Repetite, repetite...".

DON CICCILLO 'O SCRITTORE(tartagliando vistosamente):

     "Eh... repetite. E i' c'aggio ditto?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Che titoli avete per essere qui presente?".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "Eh... i' aiuto 'a gente a fa 'e domande, a leggere, a scrivere 'e lettere...".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Siete anche entomologo...".

DON CICCILLO PETROSINO(grattandosi e tirandosi zecche dalla testa):

     "Sì entomocolo. Quann'ero piccerillo ero i' ca luvavo 'e perucchie a capa a Grazzittina. Sorema chella a cchiù peccerella!".

         Don Liborio comincia a grattarsi. Lo Scrivano mostra le unghie ad artigli agitandole.

DON CICCILLO PETROSINO:

     "Eccellenza  favorite?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "No, no grazie. Preferisco farmi 'e pullece mieje. Continuate!".

DON CICCILLO PETROSINO(rivolgendosi all'Avvocato):

     "Ma faccio pure 'o spilacesso. Per hobby. E pe' guadagnarmi quanno se pò na pagnuttella".

     Il grattarsi, mentre parla don Ciccillo, diventa un'epidemia: l'Avvocato, 'O Scarparo, il popolo.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Insomma ne capite voi di surece, zoccole, pullece, cavallette, talpe, scarabei,  lumacuni, locuste, anguille, larve, sanguette, mosche, tortorelle,  serpienti?".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "E cumme. I' songo autodidattico pe' mme stesso. Pe' trent'anni aggio fatto 'o campagnuolo. Po' me so' 'mparato a leggere e scrivere e me so miso a fa 'o scrivano p'a povera gente".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Ammesso e non concesso. Cosa avete visto?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Don Ciccillo, raccontate pe' filo e pe' segno, e mostrate alla corte chello c'avite mustrato a mme!".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "E che sto facenno! (Cercando le parole da lontano, molto lontano, con scariche di tartagliamento finali) Io aggio visto tutte cose. Cu chjisti uocchie mieje! Aggio visto bruchi e sorci ca magnavano, leggevano 'e carte, discutevano nzemmura ncopp'a causa...".

IL POPOLO(in coro):

     "Ohhh!".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "Eeeh... (Rivolto al prete)Chesta me dicevo è sicuramente opera d'o dimmonio!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(facendosi il segno della croce):

     "Gloria patre!".

IL POPOLO(in coro):

     "Brrr... Gloria patre!".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "Cose mai vista primma, santità... opera di Astaroth e  Belzebù. Tutte, tutte, ma proprio tuttequante 'e bestie hanno ricevuto 'e carte. (Mostra all'avvocato le mani sporche di terra) E bbì, mo' sto venenno d'a campagna! Oggi proprio l'urdema notifica è gghiuta 'npuorto!".

     Comincia a tirare fuori fogli a non finire dalla borsa, mettendole sul letto provocando fastidio in don Liborio. Intanto si gratta provocando un'altra epidemia.

DON CICCILLO PETROSINO:

     "Don Liborio io parlo anche a nomme 'e sto bello popolo ca rappresento. Pure io tengo a campagna e ce vulimme liberà 'a chisti esseri malefici. Io, su incarico del qui presente, onorevole, ruffiano, eccellentissimo,  don Michele ho provveduto a ricogliere testimonianze di (sbirciando e sfogliando le carte) cafoni, campagnuoli, furetani, massari, pacchiani e terrazzani".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "So sempe a stessa cosa. Tirate avanti!".

DON CICCILLO PETROSINO(buttando le carte per aria):

     "Tutte le bestie so state citate. Confermo!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

 

        "A regola dattele[43]!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Dattele?!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

 

     "Eh 'e dattere! E vuje 'o sapite pecché sta a croce 'ncoppa?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "No".

IL POPOLO(in coro):

     "Pecché a Madonna into deserto se magnaje e dicette: 'Ho che bei frutti!".

 

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Sì, sì, ma che c'entra?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Basta! Basta! Nun miscammo 'o sacro co profano!  M'aggio ritirà in cammera de consiglio pe' decidere 'ncopp'a regolarità d'e notifiche".

     Don Liborio tirati sopra un calamaio, una penna posti accanto al letto, nonché il gruzzolo di carte, si ritira sotto il lenzuolo[44].

     Là, con musica sfottò a tarantella, si muove, si agita, esamina là sotto, legge, si dispera, scribacchia su un foglio fino a riemergere tutto sporco d'inchiostro in faccia con il foglio della decisione in mano.

     Chiama vicino a sé  i due procuratori.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(leggendo le carte):

     "Cà me pare ca tutto è a posto!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Va bene, ma ci vogliono pur sempre tre citazioni regolari e, se non sono comparsi, verranno dichiarati contumaci".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "A denti stretti. Va bbuono accussì. Ma stavota 'a via l'avimmo truvata 'e o prociesso vero e proprio s'avvicina!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(alzandosi in piedi sul letto e leggendo la decisione):

     "Lo Scongiuratore, in nomine Patre, d'a Madonna e 'e Gesù Cristo solennemente visto l'articolo sciu, sciu, sciu del diritto canonico decreta la regolarità delle notifiche...".

IL POPOLO(in coro, applaudendo):

     "Bravo! Beneditto! Manecone[45]!Ommo 'e Dio!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Sccc. Stavete zitte!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Facitelo continuà ca nun ha furnuto!".

     Il popolo lentamente si zittisce.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Inoltre solennemente decreto che il qui presente don Ciccillo, nominato pirito dei piriti, in ausilio al sacro Tribunale,  alla fine delle tre regolari citazioni, assista gli abitanti di Fuorigrotta, aiutandoli a stilare memoriali con danni, indicando forma  e colore e peso degli animali devastatori. Curerà lui stesso, in persona del qui presente,  le due successive citazioni, esonerando il Sergente a Orario che sarà pagato a orario tot soldi a ora. Curerà il pirito Don Ciccillo gli  accessi giudiziali ai campi, con accessi stragiudiziali e visto che si trova spilacessi, dai quali trarrà compensi per la sua attività a parte le regalie spontanee dei cafoni. Così aremediando [46] adda verificare lo stato dei vigneti e il danno arrecato da insetti, lumaconi, serpienti sure, zoccole  'e campagna e chi cchiù ne have cchiù ne mette. Così decretato. (Rivolto a Don Ciccillo che sprizza soddisfazione e tempera matita a tutta forza) E vuje(allo Scrivano) pigliatevi tutte ste carte e jatevenne!".

     Don Liborio dà qualche soldo al Sergente.

IL SERGENTE O'HARA:

     "Ma so' quatto sorde. Pe tutta sta fatica?!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "So' poche e pigliele pe' assaje! Pe' te e pe' patete stasera te dico pure n'Ave Maria  e tre paternoster!".

IL SERGENTE O'HARA(sornione):

     "E accussì me renfresco l'anima. Co sto cavero!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

 

     "Avanti march! (Il Sergente se ne va via di scena mugugnando, a passi militari)Uno, due! Uno, due!".

     Don Liborio sta liberando il letto dalle carte, dandole a Don Ciccillo.

DON CICCILLO PETROSINO(rivolto sottovoce allo Scarparo):

     "E che me ne faccio don Michè!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(sottovoce, ma non tanto):

     "V'astujate 'o culo! Site o nun site spilacesso?".

DON CICCILLO PETROSINO(raccogliendo le carte):

     "Eh, eh...(Come mosso da un'idea brillante si rivolge con le carte a Don Liborio) Santità, se nun vi offendete, volevo darvi il materiale delle citazioni?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Don Ciccillo ma fusseve asciuto nu poco scemo? E che me ne faccio i' d'e citazioni?".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "V'astujate 'o culo santità! E scusate se è poco... Pure 'e sante cacano  e s'astojano, co tutto 'o rispetto!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:       

     "'O culo? E già... nun ce avevo pensato. Bravo. E' na buona idea, nu vero sparagno![47]".

     Don Liborio, arraffando le carte  e tirando le corde si rintana dentro al guardaroba col letto.

     Prima di chiudere si rivolge allo Scrivano che sta per andare via.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "A proposito. Me scurdavo... Facite molta carta, tanta tanta carta... Scrivite, scrivite, ca poi sicuramente sarà di custrutto [48] 'a causa d'a giustizia! (Rivolto al popolo) E vuje llà bascio. Pregate. Pregate".

     Il popolo intraprende preghiere in litania.

IL POPOLO(in coro):

     "Napulitane: mangiapatane, accideperucchie e sonacampana... Napulitane: mangiapatane, accideperucchie e sonacampana...".

     Si sentono sonore scorregge e grida di soddisfazione venire dal cassone

     Buio.

  

SCENA 7

LA PROCESSIONE SCACCIABESTIE CON LETTO GESTATORIO

     Luce in sala.

     Il cibo e il vino sono aumentati ancora a fianco del letto di Don Liborio, come pure il sacco coi danari che il prete stringe a sé avido.

    Il popolo è assiepato sempre sotto il palcoscenico.

     Sopra l'Avvocato e  'O Scarparo che gira nervosamente, accigliato.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Santità, ccà 'o tiempo passa e nun se cumbina niente. E' bestie stano sempe llà. Io propongo n'attacco immediato all'arma bianca co Gesù, tutt'e sante e 'a Madonna 'e Pumpei! Sparammo nu paro 'e bombe 'ncoppo 'e campe e nun se ne parla cchiù!".

     Il Sergente spara due colpi, quasi attingendo 'O Scarparo che schiva miracolosamente.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Oh co' sto coso! E che cazzo. (Toccandosi la fronte) N'auto poco me cugliveve".

IL SERGENTE O'HARA:

     "Scusate. Scusate. Ma i' quanno sento parlà 'e guerra, vaco 'nfreve! Me va 'o sangue all'uocchie e sparo".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Sì ma sparateve na sega, accussì ve passa a foga. E' o stesso!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Scusatelo, don Michele. E voi, Sergente Marittiello,  stateve cchiù attiento! (Rivolto a don Tanino) Che cosa proponete, difensore delle bestie?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Vedete santità, nuje popolo de Napoli ce conoscono in tutto il mondo come un popolo gioioso, onesto, amante del canto e   del mare. E che si dirà di noi se stermineremo tutte 'ste povere bestie?".

     Il popolo non fiata.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Io penso che 'e surece e le autre bestie nun vanno cacciati o sterminati subbeto. Cercammo n'accordo. Facimmelo na benedizione, seguita da na transazione. E po' vedimmo. 'O tiempo aggiusta tutto!".

     Pausa di riflessione per tutti.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "La strategia mi sembra buona assaje. Pruvamme prima 'a via leggiera, po' passammo a 'e metodi forti! Va bbuono pe' voi, don Michele?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(stringendo i denti):

     "E m'adda i' bbuono. Va biene!? (Tra sé e sé) Ohé, a me st'avvocato me sta proprio 'ncopp'e palle. Neh... si putesse 'o facesse sparà 'e subbeto d'o Sergente O'Hara! Speranno c'o coglie".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Coraggio don Michele. Na bella benedizione e vedimmo ca succede! (Rivolto ai popolani) Guagliù veniteme  a piglià  e purtateme 'in 'e campi 'nzaccariati![49]".

IL POPOLO(in coro):

     "Subbeto, santità!".

UN POPOLANO - PASCALE:

     "Guagliù, iamme bello jà. Dateme na mano!".

     Musica tarantellata a sfottò.

     Antonio seguito da altri popolani sale sul palcoscenico e col loro aiuto comincia a prendere il letto con sopra don Liborio.

     Questi, intanto, afferra il bicchiere che ha a fianco del letto e con le dita dentro comincia  a spruzzare a destra  e a manca, cogliendo gli occhi dei collaboratori di giustizia e dei giovani.

     'O Scarparo e 'o Scrivano intanto, pulendosi, si consultano. Lampo di cattiveria negli occhi dello Scarparo per una proposta misteriosa che l'altro gli ha fatto.

     Nel mentre che le donne del popolo preparano le lanterne per avventurarsi nella notte, finalmente i giovani issano sulle spalle la singolare sedia gestatoria e  portano il giudice ecclesiastico giù in mezzo al Pubblico. Anche i collaboratori di giustizia danno una mano, se non altro per indicare, fare strada.

     Buio in sala. Solo le luci delle lanterne illuminano la notte.

     Inizia la processione. In testa il Sergente che apre la via con lo schioppo, con davanti Don Michele e don Tanino, al centro il letto gestatorio con Don Liborio sorretto dai baldi giovani; attorno e dietro il popolo.

     Il prete suda come un matto. Gli altri sotto a soffrire e lui, seduto comodo,  a sudare.

  

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(benedicendo il pubblico):

     "I' ve benedico bestie zoccole e puttane in noem[50] de Santa Romana Chiesa...".

IL POPOLO(in coro):

     "Napulitane: mangiapatane, accideperucchie e sonacampana...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(benedicendo il pubblico):

 

     "Si Sancta Maria virgo puerum Jesum vere peperit, liberetur animal hac passione. In nomine patris, Filii et Spiritus     Sancti[51]".

IL POPOLO(in coro):

     "Napulitane: mangiapatane, accideperucchie e sonacampana...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(benedicendo il pubblico):

     "I' ve benedico bestie zoccole e puttane in noem[52] de Santa Romana Chiesa...".

UN POPOLANO - NANNINELLA:

     "Genta gè. Facite casino. Accussì chille 'e curnuti se na vanno!".

UN POPOLANO - NICOLA:

     "Sì, have ragione. Facimmo burdello!".

     Il popolaccio fa rumori, batte i piedi a terra, picchia sui legni.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(benedicendo il pubblico):

 

     "Si Sancta Maria virgo puerum Jesum vere peperit, liberetur animal hac passione. In nomine patris, Filii et Spiritus Sancti. Amen".

       Il popolaccio incalza facendo rumori, batte i piedi a terra, picchia sui legni.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(benedicendo il pubblico):

     "In nomine patris, Filii et Spiritus Sancti. Amen. Basta accussì. Jammuncenne. Purtateme a casa ca s'è fatto notte e me moro 'e suonno!".

     La processione si blocca  e rapidi i giovani riportano il letto con Don Liborio al suo posto, per poi scendere in mezzo al popolo.

     Anche i collaboratori di giustizia riprendono il loro posto.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Io penso che più che benedire le bestie come è stato già fatto, non si può fare".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(facendosi suggerire dallo Scrivano che sta dietro e legge il libretto in sua vece):

     "Si liscet, va liscia 'a benedizione - come nella solenne formula riportata da Malleolo  e pronunciata dalla Signoria Vostra, o come facette San Biagio per rendere agguerriti animali deboli, però na cosa sia chiara. Si liscet, a maggior ragione le se pò malericere ste sfaccimm'e bestie, fa scongiurà, esorcizzà, scomunicà e,  si delinquenti ste sfaccimm'e bestie, jettarle 'n galera e, nfrungtr nfrangt nfrangt nfrugt, rinfrescarle c'a curreja[53] per nce dà na bella lezione! Si liscet, ben assestato, nó lisciabus nun ce 'o leve manco 'o capo d'o pere e o mus![54]".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:  

     "Sì, sì, sì. Così è e così sarà. Nun ve preoccupate, don Michè.  A pe' mmò levamo sto capo a terra e po' vedimme. Vuje don Ciccillo Petrosino recatevi 'ncopp'e poste e, se doppo 'a benedizione 'e bestie stanno ancora là,  pruvate e farle venì a n'intesa, a na transazione".

DON CICCILLO 'O SCRITTORE(fattosi avanti):

     "A servirla Eccellenza. Sarà fatto tosto!".

     Don Liborio si aggiusta il letto per la notte.

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

  

     "Guarda chi parla! Chi è muscio 'e chiammata e curto 'e bacchetta!".

DON CICCILLO 'O SCRITTORE(con la bocca storta indirizzato con linguaggio netto al ricchione):

     "Pullanghella, faciteve 'e cazze vuoste!".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "Ah... 'N'copp'e ' cazze ca te vanno 'nculo nun cancaglie cchiù, eh?!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:                        

     "Signù, a seduta è sciolta! Faciteme durmì!".

     Don Liborio si mette sotto le coperte.

  

   IL POPOLO E I COLLABORATORI DI GIUSTIZIA IN CORO(in coro):

     "Buonanotte, don Libò!".

     Luci spente improvvise.

SCENA 8

TRANSAZIONE

     Luce accesa immediata.

     Il prete è nel suo baldacchino, seduto. Cibi, vini assiepati ai lati del letto all'inverosimile. Il sacco coi soldi è diventato il cuscino.

    Il popolo è assiepato sotto il palcoscenico.

     Sopra l'Avvocato e  'O Scarparo, oltre a Don Ciccillo innanzi al prete con le carte in mano.

DON CICCILLO PETROSINO:

     "Nun se pò negà ca 'a bona volontà ce l'avimmo misa tutta. Ce avimmo  offerto nu  spazio sicuro e chieno 'e vegetazione, facendo un vero e propeto papiello [55] 'e cessione de terra a ste bestie disgraziate. Quacche campagnuolo s'e accurdato  nientemeno pe' na servitù 'e passaggio 'ncopp'o campo concesso per recarsi ai fondi cchiù luntani, alle miniere di ocra, ovvero per ritirarsi in caso e tiempo 'e guerra".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "C'è opposizione da parte nostra".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Oilloco oì 'o scass'ambrella. N'auta perdit'e tiempo!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Nell'assegnazione del nuovo luogo ai bruchi si è scelto un terrenaccio, un pantano spacciato per il paradiso terrestre. Io i miei clienti se li devo difendere, li devo difendere. Santità, loro si lamentano che il nuovo terreno è sterile".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "E' 'over don Ciccillo?".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "Ma veramente".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Va bbuò jate a vedè e turnate e diciteme!".

     Don Liborio tirando le corde si rintana dentro al guardaroba.

     Luci spente improvvise.

SCENA 9

     Una campana suona la mezzanotte.

       Nel buio occhio di bue sul Sergente che va girando in mezzo al popolo semiaddormentato.

IL SERGENTE O'HARA:

     "E' meza notte. L'Angelo va pe 'ccase. 'O justo esce e 'o malamente trase. Guardateve 'e corne  e ricurdatevi ca dimmane 'O Grande Scongiuratore, don Liborio Malaspina, emetterà solenne sentenza contro gli animali invasari. Dimmane  ematine di buon'ora. E mo durmite!".

     Il Popolo dorme.

     Buio.

     Si sentono rumori da sotto terra(stridulazione, canti, rumore delle ali), e risatelle demoniache.

     Gl'invasori brulicanti là sotto sembrano ridersela del processo.

SCENA 10

ARINGHE E CHIOCHIERE FINALI[56]

     Chicchirichì e stop al brulichio.

     Luce in sala.

     Gran fracasso e  il prete ritira fuori il baldacchino. Cibo e  vino quasi lo sommergono. Il sacco di soldi enorme dietro di lui. Davanti qualche carta.

    Il popolo è assiepato sempre sotto il palcoscenico.

     Sopra 'O Scarparo attende nervosamente l'arrivo dell'Avvocato. Si va a consultare sotto con lo Scrivano e lo fa salire ponendoselo accanto. Farà da suggeritore nell'arringa.

     Don Tanino arriva dalla porta reggendo sulle spalle insieme al Sergente una sorta di barella su cui sono ammucchiati una serie di libri.

     Don Liborio guarda preoccupato il sopraggiungere di questo materiale che viene portato sulla scena. L'Avvocato lo sistema a sinistra, ai suoi piedi. Là, nei pressi, rimane il Sergente a placare gli animi durante le arringhe.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Don Tanì, e che m'ite purtato, tutta 'a biblioteca 'e sua maestà 'o capo Sorece?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Eh vire, vire[57]. Pusilleche e Marechiare!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Il diritto, santità, è scienza e la scienza si legge nei libri. Più se ne hanno più forti si è".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Sì ma oggi tenimmo le aringhe....".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(tra sé  e sé):

     "Eh le aringhe salate e 'o pesce spada 'ncoppa 'a valanza d'a giustizia!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Finalmente santità siamo venuti oggi qui per la sentenza di scombro!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(tra sé  e sé):

     "Eh... oggi ce l'avimmo co 'e pisci. Piscis fetit a capite. (Gridando) Scombro (Sorridendo a denti stretti) Sì per la sentenza di(sillabando) sgombero!".

     L'Avvocato continua a mormorare frasi incomprensibili, rivolgendosi al Sergente,mentre don Liborio dà qualche sguardo alle carte.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Cosa bobbottate là?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Niente, niente. Pensavo a voce alta. Avevo aperto la cassaforte della mia arringa".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Allora chiudite a porta..."

UNA POPOLANA - CUNCETTA:

     "... d'o cesso".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "E vedimmo 'e fa na cosa de juorno![58]".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Non vi preoccupate Don Liborio... per quel che mel consenton le carte...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(ripassandolo):

     "Per quel che mel consenton le carte... Votte a fa mpressa![59]".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "Ajaza 'o culo c'a suppressa[60]!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "In medias res, me raccummanno a tutti e  due... Parlate prima vuje don Michè, che siete svelto di lingua e di mano...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Benissimo ecciellentissima ecciellenza. 'O pruciesso è stato lungo e faticoso, ma 'e bestie nun se mosse. Stanno ancora llà a fa 'o cummercio co diavulo. (Appoggiandosi allo Scrivano per farsi suggerire) Il coll'e cazz'[61].".

DON CICCILLO PETROSINO(alzando un po' la voce per farsi sentire meglio):

     "Collega, collega..."

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Eh, eh... coll'e cazz'. (A bocca storta per parlare con lo Scrivano)E ih c'aggio ditto? (Alzando la voce) qua presente non    ha fatto autro che presentare eccezioni di lattàro[62]".

DON CICCILLO PETROSINO(alzando un po' la voce per farsi sentire meglio):

     "Dilatorie, dilatorie. Mannaggia 'a fruscella[63]!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Ah, ah... eccezioni  e frusciamienti [64] 'e lattàro. 'O tiempo passava... n'auta  eccezione. Cchiù vote ce avimmo financo appiccicate, e si nu me tenevano vulavano 'e mazzate,  e il  difensore degli animaleschi steve sempe 'ntridice[65]: ora sostiene che (consultandosi con difficoltà con lo Scrivano) 'a  lenzulenza...".

DON CICCILLO PETROSINO(alzando un po' la voce per farsi sentire meglio):

     "Consulenza".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Eh consulelenza, 'a lenza 'e soreta. O lenzuolo le jeve stritto. Tira 'a coppo e te scommuoglio 'e piede. Tira a sotto e siente fridde 'e spalle... A cosa 'nsomma  è stata fatta male assaje, mò nun le va bbuono chesto, mò le scassa 'o cazzo chello. 'Nsomma le eccezioni d'o lattaro non le abbiamo più contate. Le citazioni non sono in regola. Ci sono, ma so' poche, ci sono..."

     Lo Scrivano cerca di suggerire qualcosa d'incomprensibile per il tartaglio.

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Che... che... che?!  Nu' capisco. Ci sono, so poche  e pigliale pe' assaje. E ce haje abbuffato 'a guallera...[66] E' stato tutto un susseguirsi di comparse, memorie, repliche, dupliche, e anche tripliche, oltre che di lesbiche, prefiche, saffiche,  nonché,a  nun furnì... prereche[67]".

DON CICCILLO PETROSINO(alzando un po' più la voce per farsi sentire meglio):

 

     "Fermatevi, ma che jate dicenno! Chiudite, chiudite".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(sottovoce a don Ciccillo):

     "Chiurite sto cesso! (Rivolto a don Liborio) Eminenza, 'o popolo di Napoli tutto s'aspetta a vuje na bella scomunica co' cazzi e controcazzi, accussì che ste sfaccime ajazono 'u culo e se na vanno... sapite addó...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Immagino".

IL POPOLO(in coro):

     "A ffa 'nculo!".

     Con un gesto don Michele manda a quel paese lo Scrivano che mogio mogio se ne va all'angolo estremo del palcoscenico.

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "Biat' a lloro!".

UNA POPOLANA - NANNINELLA:

     "State zitte tu, meza femmena!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Avite autro 'a agghiuntà?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "No, basta accussì".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Bravo! Don Tanì, prendete esempio. Parlate pure vuje frienno magnanno[68], me raccumanno!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(furente avendo percepito):

     "Santità signori, io mi sono assunto l'ingrato compito di difendere insetti, bestie e parassiti e come deontologia professionale impone, lo svolgerò sino in fondo.

     Vedete tutti questi libri(Ne sbandiera alcuni). Se c'è in giro questa caterva di manuali  per la pratica di processi civili alle bestie, significa che essi sono assai diffusi, assai sentiti  dagli uomini di giustizia e dalla gente comune,  di cui qui (con gesto schifato) abbiamo ampia rappresentanza".

     Mormorio nel popolo, sedato dal Sergente.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "La materia è così vasta che si è arrivati a stampare formulari e a pubblicare manuali contenenti dall'A alla Z tutta la materia in fatto di diritti delle parti e  procedure civili contro gli animali.     Scusate se è poco...".

UN POPOLANO:

     "No, no. Ce basta e suverchia. 'A vuo' furnì si o no? Uno, doje e tre!".

IL POPOLO(in coro):

     "Avanza 'o pede ca 'o sole coce!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Nèh ve vulite sta zitti. Sinnò ve sparo, quant'è vero a Madonna!".

UN POPOLANO:         

     "Uno, doje e tre!".

IL POPOLO(in coro):

     "Avanza 'o pede ca 'o sole coce!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Basta laggiù. (Si fa silenzio) Avvocato continuate!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Maestro nei formulari  fu nella seconda metà del secolo scorso Gaspare Bally...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "'N'ata vota co 'i francisi?".

IL POPOLO(in coro):

     "'N'ata vota co 'i francisi?".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Silenzio. O si no sparo!".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "Spara, sparalo! Chillo è bello 'o figlio d'a mamma! Cazzo muscio cul'n fiamma!".

UN POPOLANO:

     "Te piacesse, eh!".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "Chillo tene l'emorroide c'haje capito?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(urlando):

     "Lasciatelo parlare, se no vi caccio.  (Tra sé  e sé) Con la Franza o co la Spagna, purché furnesce sta lasagna!".

     Il popolo si acquieta. L'Avvocato può riprendere.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Gaspare Bally... che avvocato meraviglioso. Che penna! Che grinta!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(tra sé e sé):

     "'E penne all'arrabbiata!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(soppesando il libro di Bally):

     "Io qua soppeso questa mirabile opera dell'ingegno suo, l'ineguagliabile  Discours des Monitoires avec un paidoyeur contre les insectes. Che peso ho davanti!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(tra sé e sé, mostrando volgarmente la paccottiglia che ha sotto):

     "'E pigliate sto bello pesce 'i contrappiso arreto![69]".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Santità qua dentro ci sta tutta la filosofia, l'amore per le bestie tanto che pure san Francesco sta ridendo nella sua tomba. (Rivolto allo Scarparo)Piaciuta la parabola?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(tra sé e sé):

     "Ih che bello paraguallara[70]! Mo' pure 'e sante n'hanno durmì 'npace a causa 'e ste bestie schifose e de sti rivoluzionari francisi?!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(levando in aria un foglio):

     "Don Liborio in questa memoria che la santità vostra potrà leggere con calma... (Rivolto allo Scarparo) Se vuole il collega può dare uno sguardo...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(dando uno sguardo allo Scrivano che fa una smorfia negativa):

     "Tenetevella vuje. La mia memoria è ottima...".

DON CICCILLO 'O SCRITTORE(suggerendo con sforzo da lontano):

     "Liggite! Facite a vedé ca liggite!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "A leggere troppo vene 'o malo 'e capo!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Have ragione, avvocato Squagliazoccole. Ccà 'o tiempo stregne[71]. Dammece 'na mossa!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Va bene, padre. Bally  sostiene - e chi può dargli torto? - che gli animali sono stati creati prima degli uomini  e quindi hanno  diritto di cibarsi delle erbe!".

     Mormorio del popolaccio di disapprovazione.

UN POPOLANO:

     "L'evera puchiacchella 'e mammete!".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "'A zeza ca sì, tu 'e chella boscaiola d'a sfaccimma 'e soreta!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Chiste so' nummere! 'E bestiale so' state criate po' custrutto 'e l'uommene [72]  e allora nun hanno 'a fa dammaggio 'e cose noste. Si no, a ccà dinto, ascimmo tuttequante curnute e mazziati!".

IL POPOLO(in coro):

     "Ben ditto!".

UNA POPOLANA - NANNINELLA:

     "Si nu santo!".

UN POPOLANO - PASCALE(a Squagliazoccole):

     "'Mmoccate sto pruno, Matalè![73]".

UNA POPOLANA - CUNCETTA(rivolta a Nanninella):

     "Nanninè, co chisto, t'a faje cu ll'ova 'a trippa![74]".

     Mormorio montante del popolaccio di approvazione misto al disappunto contro quanto riferito da Squagliazoccola.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(rivolto al popolo):

     "Bestie! Lote! Stateve zitte!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Silenzio! figli'e zoccole. Uppele e surece  'nmocca![75] Si no, sparo".

     Il popolo non se ne dà per inteso al che il Sergente spara un colpo e tutti s'acquietano.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Coi metodi dolci si ottiene sempre tutto!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Non provocate e continuammo!".

     Squagliazoccole tira fuori un libro più grosso.

     Mormorio di noia nel popolo.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(tra sé  e sé):

     "Quanno 'o ciuccio è tuosto, a mazza se fa sempe cchiù tosta!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(sollevando il libro pesante a due mani):

     "Anche il grande Menabrea...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(tra sé  e sé):

     "E chi 'o conosce!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

    

     "... pone allo stesso livello  il capolavoro della creazione, l'uomo,  e il piccolo, indifeso, lillipuziano  insetto dei campi. Dio ha dato agli animali il diritto  di cibarsi delle erbe. Ergo ci si trova di fronte a creature di Dio, con uguali uguali uguali ma proprio uguali diritti degli uomini".

UN POPOLANO - CATIELLO:

     "Ce haje rutto 'e ppalle. Ha vuò furnì si o no?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Scc...".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Santità ho provato tutto quanto potevo per difendere queste povere bestie. Mi chiedevo finanche se questi processi contro gli animali fossero conformi a diritto ma poi ho lasciato perdere...".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Haje fatto buono!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Ora, dopo la sofistica, mi appello comme facette il grande causidico Bartolomeo Chassanée, 'int'o processo a 'i surece 'n Francia, alla vostra santa umanità. (Leggendo con un paio di occhialini sul librone) Nulla esservi di più ingiusto delle proscrizioni generali  che colpiscono  in massa le famiglie, che fanno ricadere sui figli  la pena dei delitti dei loro genitori, che colpiscono senza distinzione anche coloro che la tarda età rende incapaci di  delinquere".

     Mormorio nel popolo.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(rivolto allo Scrivano):

     "Neh ma c'ha ditto? I' nun 'o capisco proprio a chisto!".

DON CICCILLO PETROSINO:   

     "E chi Madonna 'o sape!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Veniamo al sodo, Squagliazoccole. I' c'aggia fa. Che vulite a me!?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

  

     "Don Libò, 'e bestie, nun 'e putite scomunicà!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(guardando lo Scrivano):

     "Nun 'e pò scomunicà?!".

DON CICCILLO PETROSINO(guardando 'O Scarparo e tartagliando a camminando a gambe aperte al ritmo della successiva litania sul punto):

     "Nun 'e pò scomunicà?!".

IL POPOLO(in coro):

     "Nun è pò scomunicà?!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(guardando lo Scrivano):

     "Nun 'e pò scomunicà?! Co' tutte 'e dammaggi ca ce hanno fatto!".

DON CICCILLO PETROSINO(guardando 'o Scarparo e tartagliando):

     "Nun è pò scomunicà?!".

IL POPOLO(in coro):

     "Nun è pò scomunicà?!".

     Il Soldato spara un colpo per interrompere la litania.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "E pecché nun 'e pozzo scomunicà?".

IL POPOLO(in coro):

     "E pecché nun 'e pò scomunicà?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Pecché?".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(canticchiando a mani aperte):

     "E pecché co' sto 'ndringt ndrà, mmiez'o mare nu scoglio ce sta...".

IL POPOLO(cantando in coro):

     "Tutte veneno a bevere ccà, pecché 'ndringt 'ndringt ndrà".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Pecché??".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(canticchiando a mani aperte):

     "E pecché co' sto 'ndringt ndrà, mmiez'o mare nu scoglio ce sta...".

     'O Scarparo, lo Scrivano e il Sergente si mettono a ballare.

IL POPOLO(cantando in coro):

     "Tutte veneno a bevere ccà, pecché 'ndringt 'ndringt ndrà".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(urlando):

     "Baaaasta! Ce mancano solo 'e canzone! Ai vostri posti di combattimento!".

     Tutti si ricompongono.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Allora... ca ce trase 'o scuoglio!".

     Il popolo non fiata.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Santità, ormai la causa è agli sgoccioli. Tutte 'e bestie in un modo o nell'altro sono state cacciate. E la gente si lamenta solo p'e surece e 'e zoccole campagnole. Per così poco un atto così grande come la scomunica!".

     Brusio di perplessità nel popolo.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Io propongo allora e scaccià ste bestie ncoppo'a nu scoglio deserto, 'o scuogli'e Margellina ad esempio, essendo il luogo fornito di fontane[76].  (Rivolto a lo Scarparo con un occhiolino) Mi capite?".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Sì, ma ce vò nu precedente. Faciteme vedé nu poco ccà!".

     Don Liborio si mette a  scartabellare tra i fogli.

DON MICHELE 'O  SCARPARO(perplesso, rivolto allo Scrivano, rifacendogli l'occhiolino):

     "Neh, ma che bò dicere?".

IL POPOLO(in coro facendosi l'un l'altro l'occhiolino):

     "Neh, ma che bò dicere?".

DON CICCILLO PETROSINO(facendo l'occhiolino allo Scarparo):

     "E' un eufemismo".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Ah! E' un femminismo? (Rivolto al ricchione giù che gli fa l'occhiolino) Ricchiò, tu nun ne saje niente 'e sta cosa?".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "E c'aggia sapè, 'a fess'e mammete a mmiez'o ppane?".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "Ohé fetent'e merda...".

DON CICCILLO PETROSINO(facendo l'occhiolino ricambiato):

     "Lasciate 'o sta! Eufemismo. Eufemismo. Quanno don Tanino ha parlato e funtane nun è 'o vero. Voleva dicere l'acqua d'o mare. E' surece moriranno a' primma ondata!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(illuminandosi):

     "Aaaah! (Rivolto a don Tanino) Eh bravo l'avvocato. 'A proposta vosta me piace assaje! E bravo paglietta!".

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE(incalzando don Liborio):

     "Mannammole 'ncopp'o scoglio 'e Marechiaro!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE(grattandosi la testa e abbandonando le carte):

     "Me pare 'na bona pensata... Che ne pensate don Michè".

     Don Michele è dubbioso e si consulta con gli occhi con lo Scrivano che incerto fischietta la canzoncina di prima.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Pensateci. Noi uomini abbiamo il diritto di comandare agli animali ma non di punirli o di scomunicarli. Almeno diamogli un'ultima possibilità. Nu poca 'e carità. E che marina 'e Margellina, simmo cristiane!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(consultandosi con gli occhi con lo Scrivano che  annuisce):

     "Se pò fa. Basta ca se ne vanno  e ce lasciano 'npace!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Va bbuò, va bbuò. Me retiro 'int'a cammera 'e cunsiglio pe' decidere".

UNA POPOLANA  - NANNINELLA :

     "Angelo 'a vocca toja[77]".

SCENA 11

SENTENZA

     Don Liborio tirati sopra il calamaio e la penna posti accanto al letto, si rifugia sotto il lenzuolo.

       Là, con musica sfottò a tarantella, si muove, si agita, si dispera, scribacchia su un foglio fino a riemergere tutto sporco d'inchiostro in faccia con il foglio della decisione in mano.

     Si alza sul letto all'in piedi e guarda in giro.

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Aizeteve! Tuttequante, ca parla don Liborio".

UN POPOLANO - CARMENIELLO:

     "E ce  avimmo aizà! Ccà stamo già tutte tuoste e arrizzate!".

UNA POPOLANA - CUNCETTA:

     "Na vota ha ditto na cosa bona Cramenella 'a meza 'ntacca[78]! A me me fanno male tutte e cosce  a forza 'e sta in piedi!".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Silenzio! Uppelo e surece 'nmocca! Si no sparo!".

     Tutti tacciono, rivolti al prete.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Udite le conclusioni del Procuratore Episcopale, visti gli articoli 24 chiaie e 'a cora fraceta[79], 29 picciune e ova[80],  37, 'o tuppo[81] 'e mammete 'int'a cazetta[82] del codice canonico, lo Scongiuratore qui presente, in nome di Santa Romana Chiesa, 'e San Giuseppe, 'e Gesù Cristo, e d'o Pataterno emette sentenza 'e scomunica sub conditione e lancia 'ntramente 'na bella jastemma contro surece e zoccole, a piacere del popolo qui riunito in pubblico consesso, un forte... Jastemmate!(Col dito invita il popolo a bestemmiare, facendosi rapidamente il segno della croce imitato dagli Avvocati  e dallo Scrivano)".

IL POPOLO(in coro):

     "Mannaggia 'a chille scuorze 'e limone fracite[83] che lucerettero 'e pome d'ottone d'e casce 'e muorte di meglio muorte d'e chi t'è stramuorte e chi t'è stramuta. Saglienno  e scennenno pe' sette generazioni. Chi v'è mmuorto! Chi v'è stramuorto! Chi v'è stramutatamuorto!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Arripetite!(Si fa il segno della croce)".

IL POPOLO(in coro):

     "Chi v'è mmuorto! Chi v'è stramuorto! Chi v'è stramutatamuorto!".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Basta così... Servato juris ordine, surece e zoccole invasori so condannati ad abbandonare i territori piere e  mane ammonendo parassiti e insetti e auti scassacazzi naturali di andarsene  a fa' 'nculo  'ncoppo 'o scuogli'e Margellina[84] entro il termine di giorni 15! Pena 'a maledizione eterna e 'a scomunica prevista dai sacri testi. Allebrecando [85], e ripeto allebrecando, ca chisto è sulo n'avvertimento, affinché le povere bestiole si emendino...".

UN POPOLANO - CATIELLO:

     "'A merendina?!"

UN POPOLANO - NICOLA:

     "Eh, mo pure 'a marenna[86] nce dammo!".

IL SERGENTE O'HARA:

     "Scccc...".

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Ca si nun rispettano sto sacro monitorio or ora fulminato... (Rivolto al Sergente) Orario, spara!(Il Sergente spara un colpo)in giorno festivo, oggi è 'a santa dummenica, 'na bella sentenza 'e scomunica a chilli scurnacchiate nun ce ha leva nisciuno!"[87].

     Recita preghiere incomprensibili, sotto voce, imitato dai collaboratori di giustizia  e dal popolaccio.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "'N coro 'a formula 'e rito".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:           

     "'N coro 'a formula 'e rito".

UN POPOLANO - NICOLA:          

     "I' saccio 'a formula 'e Raziella!".

UN POPOLANO- CARMENIELLO:

     "'A tene roppia fine e bella".

IL SERGENTE MARITTIELLO O'HARA:

     "Uppele! 'N coro 'a formula 'e rito".

     Silenzio.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Sto aspettanno. Si no facimmo Natale!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO:

     "E qual è?".

    

     Lo Scrivano è perplesso.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Fiat, fiat, fiat!".

     Il Sergente prende una trombetta e suona.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Eh... Fiato alle trombe. Chisto è scemo. (Rivolto alla  gente) No,no, no, avite 'a dicere 'Fiat, fiat, fiat!'".

IL POPOLO(in coro):

     "Fieto! Fieto! Fieto!".

     Tanino guarda disperato Don Liborio rassegnato.

DON LIBORIO 'O SCONGIURATORE:

     "Va buono accussì! L'intenzione vale... E mo' iatevenne!".

     Musica tarantellata a sfottò.

     I due avvocati vanno a prendere qualche soldo da Don Liborio che li dà  a malincuore. Poi arraffa tutte le cose   e le mette sul letto che ormai non può più accoglierlo. Sicché lo infila a spinta nel cassone.

     I due avvocati si salutano.

TANINO SQUAGLIAZOCCOLE:

     "Arrivederci don Michele!(Mostrando i pochi soldi) Quaccusarella avimmo arraffato!".

DON MICHELE 'O  SCARPARO(mettendo un soldo tra i denti per provarlo):

    

     "Meglio ca niente... 'A bbon'e Dio!".

     I sue scendono dal palcoscenico e si avviano all'uscita.

     Lo Scrivano, dietro dietro, Don Michele cerca di chiedergli un soldo a mano aperta.

DON CICCILLO 'O SCRITTORE:

     "Don Michè, don Michè...".

     Don Michele non lo degna di uno sguardo, al che il povero Scrivano rimane tra il popolo con la mano aperta.

UN POPOLANO - CARMENIELLO(rivolto allo Scrivano):

     "E chesto è tutto? Pisiello e presutto. Stanco e strutto e co culo rutto!".

UNA POPOLANA - CUNCETTA:

     "I chissà ca me pensavo che era!".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "Guagliù avite ragione. I' quaccosa 'e sorde ce aggio guadagnato, poco poco, ma vuje...".

UN POPOLANO - CARMENIELLO(rivolto allo Scrivano):

     "'Nsomma ce hanno fatto perdere tutto sto tiempo e pe' che cosa?".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "E' 'over era meglio accattà 'a scomunica bell'e fatta a Roma. Putiveve i' addò Nevroni. 'O canuscite?".

UN POPOLANO - NICOLA:

     "Maje sentuto".

DON CICCILLO 'O SCRITTORE:

 

     "Chillo è nu grande incettatore 'e iastemme giudiziali e le rivende al minuto a chi glie da cchiù assaje[88].  Sempe meno e quanto avite spiso accà".

UN POPOLANO:

     "E allora c'avimmo 'a fa".

DON CICCILLO PETROSINO:

     "Niente. Ormai è fatta. A prossima vota venite addò mme  a piazza del Gesù - io abito là vicino 'o vicolo d'a chiesa, na cosa riservata, e co quatto surdacchielli ce penso i'".

     Il popolaccio va sciamando, alcuni dietro Don Ciccillo che continua a parlottare, mentre va una musica napoletano di sfottò.


[1]Napoletanismo. Aggeggio cilindrico per fare i bisogni.

[2]Scetavajasse:strumento popolare, formato da un legno rotondo che si appoggia alla spalla come un violino e da un'altra canna sfaccettata a triangolo su due lati, lungo il cui vertice presenta una dentatura che fa tintinnare i dischetti di latta(ricavati da fondelli di scatole di pomodoro)infissi alla sua estremità e lungo il dorso(Altamura).

[3]Schiamazza!

[4]Tmesi  da rinfresca ll'anime, frase usata dai poveri, l'obolo verso i quali serviva a rinfrescare le anime del purgatorio dell'offerente.

[5]Che c'entro?

[6]D. Perrero, Gazz. Lett. di Torino, op. cit.

[7]Avete tolto il demonio dal corpo del pollo che pareva impazzito.

[8]Sento un brivido passarmi per la pelle.

[9]Attendere con ansia.

[10]Errore voluto.

[11]Altre.

[12]Piccolo buco sotto.

[13]Paga.

[14]Inganno.

[15]Gettare.

[16]La seduta è sciolta.

[17]Onomat. Si mette in ridicolo chi vuole imitare la parlata  francese con accento 'pulito'(Altamura).

[18]Gli puzza il vivere, vuole morire.

[19]Rivoltare lo stomaco.

[20]Non fare i pignoli.

[21]Leonardo Vairo, De Fascino, libri tres,in quibusomnes Fascini species et causae optimo methodo describuntur, libro II, cap. 12. cit. da C. D'Addosio. Bestie delinquenti, p. 115.

[22]A Napoli nel 1700 il ducato valeva 4 lire tornesi e 6 soldi. Un artigiano con moglie e 4 figli viveva  con 4 ducati o 18 lire tornesi al mese. 1 lire tornese a seduta per professionisti è davvero poco nello spirito avaro di don Liborio.

[23]Avaro.

[24]Tomaia di scarpa o di  zoccolo.

[25]Due persone inseparabili.

[26]Più o meno la scapola.

[27]Strano assai.

[28]Di dove siete e dove andate.

[29]Fuorigrotta.

[30]Galeotto.

[31]Le sorbe dal culo.

[32]Va a male per troppo cuocere, si brucia.

[33]Falce. Modo di dire: collegare due ternmini solo per la rima.

[34]Mettiti la lingua nel sedere. Stai zitto.

[35]Errore voluto per far rima.

[36]La figura del difensore ricalca quella del grande giureconsulto Bartolomeo Chassanée, nel memorabile processo ai sorci celebrato ad Autun nel 1522, quando i topi citati  non si presentarono, innescò eccezioni dilatorie. Chassanée nacque in Francia a Issy-l'-Evêque nel 1480. Studiò diritto a Dôle, a Poitiers, Torino e infine a Parigi dove assunse il titolo di dottore in giurisprudenza. Ad Autun nel 1522 ebbe a svolgere la difesa dei sorci  che avevano invaso la città. Raggiunte le più alte cariche dello Stato, pubblicò volumi assai eruditi: Commentario sui costumi della Borgogna, Catalogus gloriae mundi, il libro di Consigli(Consilia D. Bartholomei à Chassaneo) edito nel 1531, ristampato nel 1558.

[37]Scaldachiodi, fannullone.

[38]Ti dobbiamo far defecare uva, acino e sterpo. Ti dobbiamo far pagare tutto.

[39]Prezzemolo che sta in tutte le minestre.

[40]Sturagabinetti.

[41]Sturagabinetti.

[42]Invece di "Repetita iuvant".

[43]Dattero.

[44]"Il buon giudice italiano non è il magistrato formalista, vestito d'ermellino e di parrucca, ma quel pretore - di cui racconta Calamandrei - il quale, ammalato di paralisi alle gambe,  riceve i litiganti a casa sua, stando a letto,  e, sentite le ragioni dell'uno e dell'altro, caccia il capo sotto  le coltri, camera di consiglio di fortuna, per meditare  la decisione in assoluta concentrazione di  pensiero  e quiete. Cfr. G. Francione Il  tocco  e  la  penna(ovvero  dei  giudici scrittori). Inedito; Dino Greco, Il tempo e la giustizia, Edizioni di Comunità - Milano, 1963,p. 23. L'episodio è  citato anche da G. Ghirotti, La magistratura, Vallecchi - Firenze, 1959, p. 57 e da P. Pajardi in Per questi motivi - Vita e passione di un giudice-Vita e passione di un giudice,Jaca Book, Milano 1986, p. 18. In entrambi gli ultimi testi si precisa che il giudice prima di ritirarsi annunzia gravemente: "Il pretore si ritira per deliberare!".

[45]Generoso.

[46]Arrangiandosi.

[47]Risparmio.

[48]Utilità.

[49]Infangati, dalle bestie.

[50]Errore voluto.

[51]Malleolo.

[52]Errore voluto.

[53]Cintura di cuoio, correggia.

[54]Piede e muso di maiale, inteso qui come entità mostruosa.

[55]Contratto.

[56]Chiochiere sono una qualità di peperoni rossi, usati durante le festività donde il detto: "So' furnute 'e feste, spartimmoce 'e chiochiere". Vale  a dire che non rimane quasi niente.

[57]Vedi, vedi.

[58]Una cosa di fretta.

[59]Gettati a fare presto.

[60]Doppio senso giocato su pressa = cilindro per pressare.

[61]Collo di cazzo.

[62]Lattaio.

[63]Canestrino di paglia per deporvi ricottine molli.

[64]Atteggiamenti vanitosi.

[65]Sempre in mezzo, sempre all'erta.

[66]Il collega qui presente non ha fatto altro che presentare eccezioni dilatorie. Il tempo passava... n'auta  eccezione. Le eccezioni dilatorie non le abbiamo più contate. Le citazioni non sono in regola. Ci sono, ma so' poche, ci sono e ce haje abbuffato 'a guallera...

[67]Prediche.

[68]Friggendo mangiando.

[69]E prenditi sto bell'uccello di contrappeso dietro.

[70]Sin. vrachiere = cinto ernario.

[71]Stringe.

[72]Per l'utilità dell'uomo.

[73]Beccati sto pruno, Maddalena.

[74]Ora sbrigatela tu, l'hai voluto.

[75]Tacete e sorcio in bocca = Zitto e mosca!

[76]Così nel processo ai bruchi sopra citato celebrato a S. Giovanni di Moriana nel 1587.

[77]Che Iddio ti ispiri.

[78]Taglio.

[79]Quattro piaghe  e sinanche la coda fracida. Il prete cita questi modi di dire per ricordarsi di numeri altrimenti astrusi.

[80]Le uova dei colombi si schiudono dopo 29 giorni.

[81]Nodo di capelli dietro il capo che le donne fermano con un pettine o un nastro.

[82]Raccolti nella calzetta.

[83]Si usa anche perute.

[84]Così nel processo ai bruchi sopra citato celebrato a S. Giovanni di Moriana nel 1587.

[85]Ribadendo.

[86]Merenda.

[87]Così nel processo ai bruchi, celebrato  a Pont-de-Château(Alvergna), nel 1690.

[88]D. Perrero, Gazz. Lett. di Torino, op. cit.