Proprietà espropriata

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PROPRIETA’ ESPROPRIATA

TITOLO ORIGINALE: TH1S PROPERTY IS CONDEMNED

Commedia in un atto

di TENNESSEE WILLIAMS

VERSIONE ITALIANA DI SERGIO CENALINO

                                   

PERSONAGGI

Willie

Tom

Commedia formattata da

 (L'argine di una strada ferrata nei sobborghi di una cittadina del Mississippi, in uno di quei mattini invernali bianchicci e lattiginosi propri di quella regione. L'aria è umida e gelida. Oltre l'argine del binario una grande e gialla ossatura di una casa ha qualcosa di tragico nel suo abbandono. Alcune delle finestre superiori sono chiuse con degli assi mentre una parte del tetto è crollata. Tutto attorno la campagna è piatta e uniforme. Sullo sfondo a sinistra un cartello pubblicitario con la scritta: « Gin with Jake »; qua e là alcuni pali telegrafici e qualche albero spoglio. Il cielo è bianchiccio solcato ogni tanto dai corvi le cui grida sembrano al rumore di stoffa strap­pata. Willie, la ragazza, viene avanti tenendosi in equilibrio sulla rotaia con le braccia aperte. In una mano ha un pezzo di banana e nell'altra una bambola ridotta in condizioni pietose: i pochi capelli biondi rimasti sono sporchi. Willie è una figu­rina che stupisce: esile come uno stelo, veste un abito da sera di vistosa volgarità in velluto nero con un giro di pizzo molto sciupato attorno al collo, e una collana di perle da pochi soldi. Le scarpe da signorina col tacco alto, anch'esse molto sciupate, erano in origine argentate con fibbie gialle. I polsi e le dita sono sovraccarichi di cianfrusaglie da bazar. Si è inci­priata senza accortezza e il rossetto le segna delle labbra mostruose. Ha circa tredici anni e malgrado quel modo di ve­stirsi e di truccarsi, in lei è rimasto qualcosa dell'innocenza infantile. Spesso scoppia in una risata che rivela un precoce e tragico senso dell'abbandono. Tom, il ragazzo, che ha pressapoco la stia stessa età, la guarda dal basso della scarpata. Indossa pantaloncini di velluto a righe, una camicia azzurra e tiene in mano un cervo volante rosso con una lunga coda).

Tom                               - Ehi! Chi sei tu?

Willie                            - Non parlarmi prima che cada. (Continua ad avanzare sulla rotaia. Tom l'osserva ammutolito dallo stupore. Il moto ondulatorio di Willie si ac­centua paurosamente. Infine si rivolge a Tom con voce soffocata) Acchiappa... questa... stupida bam­bola... per favore.

Tom                               - (sale sino in cima alla scarpata) Ecco fatto.

Willie                            - (c. s.) Non vorrei... romperla... cadendo... Non credo che resisterò ancora... a lungo... vero?

Tom                               - No.

Willie                            - Non ne posso quasi più... (Tom s'avvi­cina per aiutarla) No, non toccarmi. Non è giusto farsi aiutare. Bisogna... riuscirci... da soli. Dio mio, vacillo! Chissà cos'è che mi rende così nervosa. Vedi quella cisterna dell'acqua là dietro?

Tom                               - Sì.

Willie                            - E' di là che sono partita. Non ho mai fatto un pezzo... così lungo... senza cadere. Voglio dire che non l'ho mai fatto se arriverò... sino al pros­simo... palo telegrafico. Oh, ecco che cado! (Si sbi­lancia e rotola giù lungo la scarpata).

Tom                               - (osservandola dalla cima dell'argine) Ti sei fatta male?

Willie                            - Mi sono spelata un po' il ginocchio. Meno male che non mi sono messa le calze di seta!

Tom                               - (scendendo) Bagnalo di saliva : fa andar via il dolore.

Willie                            - Bene, proverò.

Tom                               - E' la medicina degli animali, lo sputo. Essi leccano sempre le loro ferite.

Willie                            - Lo so, però la peggio l'ha avuta il mio braccialetto. E' saltato via un diamante. Dove sarà andato a finire?

Tom                               - In mezzo a tutte queste scorie e questa ce­nere non lo troverai mai più.

Willie                            - Peccato, aveva un magnifico riflesso.

Tom                               - Non era un vero diamante.

Willie                            - Come fai a saperlo?

Tom                               - E' facile immaginarlo. Se lo fosse stato, tu non saresti qui a passeggiare sulle rotaie con una scassatissima bambola e un pezzo di banana marcia in mano.

Willie                            - Oh, se è solo per questo, al posto tuo non sarei tanto sicura. Potrei sempre essere una per­sona speciale o qualcos'altro. Non si può mai sapere. Tu, come ti chiami?

Tom                               - Tom.

Willie                            - Io mi chiamo Willie. Tutti e due ab­biamo un nome da ragazzo.

Tom                               - Come mai hai quel nome?

Willie                            - Prima che nascessi, volevano ch'io fossi un maschio, ma non è andata così. I miei avevano già una figlia, Alva, mia sorella. Ma tu perché  non sei a scuola?

Tom                               - Pensavo che fosse una giornata di vento e che il mio cervo volante potesse volare.

Willie                            - Che cos'è che ti ha fatto credere ci fosse il vento?

Tom                               - Il cielo così bianco.

Willie                            - E' un segno?

Tom                               - Certo.

Willie                            - Sembra sia stato pulito con la scopa.

Tom                               - Sì.

Willie                            - E' perfettamente bianco, bianco come un foglio di carta.

Tom                               - Già...

Willie                            - Tuttavia, il vento non c'è.

Tom                               - Già...

Willie                            - Forse è troppo in alto perché  noi lo pos­siamo sentire. In alto, lassù nel granaio, toglierà la polvere ai mobili che ci sono.

Tom                               - Già, già. (Pausa) Perché  tu non sei a scuola?

Willie                            - Ho piantato lì. Quest'inverno sono ormai due anni.

Tom                               - Che classe facevi?

Willie                            - Quinta A.

Tom                               - Con la signorina Preston.

Willie                            - Precisamente. Diceva sempre che avevo le mani sporche, finché le spiegai ch'erano la cenere e il fumo della ferrovia nelle quali cadevo spesso camminando sulle rotaie.

Tom                               - E' piuttosto severa, la signorina Preston.

Willie                            - Macché, è semplicemente desolata di non potersi sposare. Probabilmente non le è mai venuta l'occasione, poveretta. Così non le resta altro da fare che insegnare nella quinta A fino alla fine dei suoi giorni. Si incominciava a fare l'algebra e siccome quelle « x » non mi entravano in testa, ho piantato lì.

Tom                               - A passeggiare sulle rotaie non riuscirai mai a farti un'istruzione, però.

Willie                            - E neanche tu a far volare i tuoi cervi volanti rossi. Del resto...

Tom                               - Del resto cosa?

Willie                            - Per una donna ciò che ha importanza è saper vivere e quello l'ho imparato da mia sorella Al va. Lei aveva una meravigliosa popolarità fra gli uomini della ferrovia.

Tom                               - I macchinisti?

Willie                            - Macchinisti, fuochisti, conduttori; per­sino l'ispettore del deposito merci! Si teneva pen­sione per gli uomini della ferrovia. Alva era qual­cosa come la Grande Attrazione. Se era bella? Altro­ché, si sarebbe detto che fosse una diva del cine.

Tom                               - Tua sorella?

Willie                            - Ma sì. Uno di quelli aveva l'abitudine di portarle regolarmente, dopo ogni viaggio, una grande scatola rossa a forma di cuore, piena di cioc­colatini assortiti, noccioline e bombon. Stupendo, no?

Tom                               - Già... (Il grido dei corvi echeggia nell'aria gelida).

Willie                            - Sai dov'è adesso Alva?

Tom                               - A Memphis?

Willie                            - No.

Tom                               - New Awleuns?

Willie                            - No.

Tom                               - St. Louis?

Willie                            - Non lo indovinerai mai.

Tom                               - Allora dov'è? (Willie non risponde subito).

Willie                            - (con solennità) Nella sua tomba.

Tom                               - Come?

Willie                            - (con violenza) Fossa, cimitero, campo­santo! Non sai più il significato delle parole?

Tom                               - Certo è un po' duro...

Willie                            - Caro mio, tu non conosci neanche la me­tà della storia. Per un certo tempo in quella grande casa gialla si usava passare allegramente il tempo.

Tom                               - Lo credo.

Willie                            - Tutti gli strumenti musicali erano in azione.

Tom                               - Strumenti? E quali?

Willie                            - Pianoforte, violino, chitarra hawaiana. Suonavano tutti qualche cosa. Però adesso è terri­bilmente tranquilla. Senti forse qualche suono?

Tom                               - No. E' vuota?

Willie                            - Ci sto solo io. Hanno implacato un grosso cartello.

Tom                               - E che c'è scritto sopra?

Willie                            - (esitante ma al tempo stesso ad alta voce) «Proprietà espropriata».

Tom                               - Ma tu non l'abiti lo stesso?

Willie                            - Sì, sì.

Tom                               - Cosa è successo? Gli altri dove sono andati?

Willie                            - La mamma se ne andò con un guardia-scambi della C.E.I. e tutto il resto andò di male in peggio. (Da lontano il fischio di un treno) Senti questo fischio? E' l'espresso. Non c'è nulla di più veloce di lui tra St. Louis, New Awleuns e Memphis. Quanto a mio padre, lui si mise a bere.

Tom                               - E adesso dov'è?

Willie                            - Scomparso. Penso che dovrei parlarne all'ufficio delle Persone Scomparse, come fece lui quando scappò la mamma. Così restammo sole Alva ed io finché i suoi polmoni ressero. Hai mai visto Greta Garbo nella « Signora dalle Camelie »? Lo davano al « Delta » la primavera scorsa. Anche quella signora aveva lo stesso male di cui Alva morì: tisi.

Tom                               - Ah sì?

Willie                            - Valeva la pena di vederlo per ammirare il modo col quale moriva. Bellissimo. Tu lo sai, a suon di violino. E poi tanti, tanti fiori bianchi e tutti i suoi innamorati che le stavano attorno nella com­movente scena finale.

Tom                               - Ah...

Willie                            - Ma quelli di Alva sparirono tutti.

Tom                               - Sì?

Willie                            - Come i topi da una nave che affonda! Lei li definiva così. Però... non era come la morte nel film.

Tom                               - No?

Willie                            - Lei diceva : « Dov'è Alberto? Dov'è Clemente? » Nessuno le era vicino. Io la ingannavo sempre e le rispondevo : « Ti mandano i loro saluti. Verranno domani a vederti ». « Dov'è il signor John­son? » mi chiedeva. Quello era l'ispettore capo del deposito merci, il tipo più importante che frequen­tasse la nostra casa. « E' stato trasferito a Grenada -le rispondevo - ma prega di essere ricordato». Lo sapeva lei che la ingannavo.

Tom                               - Lo sapeva?

Willie                            - « E' venuto il momento di render conto di tutto - diceva - ma essi mi sfuggono tutti, come i topi da una nave che affonda ». Tutti salvo Sidney.

Tom                               - Chi era questo Sidney?

Willie                            - Quello che portava le grosse scatole a forma di cuore, piene di quei cioccolatini chiamati « Bellezza americana ».

Tom                               - Oh!...

Willie                            - Fu l'unico a rimanerle fedele.

Tom                               - Questo è bello.

Willie                            - Ma lei lo trascurò sempre. Diceva che aveva i denti guasti e che il suo alito puzzava.

Tom                               - Oh!

Willie                            - La morte di Alva non assomigliava a quella del film: lì quando muore qualcuno suonano i violini.

Tom                               - Per Alva non si suonò nulla?

Willie                            - No, neanche una dannata armonica. Di­cevano che non era conforme al regolamento del­l'ospedale. Andava sempre in giro per la casa can­tando...

Tom                               - Chi, Alva?

Willie                            - Sì, e dava vita a delle stupende serate. Questo era il suo numero favorito. (Tende le braccia e chiude gli occhi nella simulata estasi dei cantanti professionisti di « blues ». La sua voce è molto acuta e pura con un timbro che denuncia una precoce emotività)

«Tu sei la sola stella

del mio cielo blu

la stella che risplende

per dar la gioia a me ». Questo è il suo abito che ho ereditato da lei. Tutto ciò che era di Alva ora è mio, eccetto le sue perle.

Tom                               - Dove sono andate a finire?

Willie                            - A finire? Non se ne è mai separata.

Tom                               - Oh!

Willie                            - E ho anche ereditato tutti i suoi spasi­manti : Alberto, Clemente e persino l'ispettore capo.

Tom                               - Ah sì?

Willie                            - Dapprincipio sono spariti, e credo per la paura di sentirsi chiedere del denaro per le spese, ma adesso sono ritornati tutti come un mucchio di centesimi quando si prende il resto. Alla sera esco con loro e sto diventando popolare. Guarda.

Tom                               - Cosa?

Willie                            - Come so essere seducente. (Si mette di fronte a Tom e gli fa vedere come sa fare la danza del ventre).

Tom                               - Frank Waters dice che...

Willie                            - Cosa dice?

Tom                               - Lo sai bene cosa dice.

Willie                            - Lo so?

Tom                               - Sì, dice che l'hai fatto entrare e che hai danzato per lui nuda.

Willie                            - Oh! I capelli di questa sciocca bambola hanno bisogno di essere lavati. Ho paura di lavarla perché  si potrebbe scollare la testa, nel punto che si è già rotta. Credo che il cervello sia schizzato fuori tutto perché  dopo non ha fatto altro che la stupida. Dice e fa le cose più scandalose.

Tom                               - Perché  non lo fai anche a me?

Willie                            - Cosa? Incollarti la testa rotta?

Tom                               - No, quello che hai fatto per Frank Waters.

Willie                            - Innanzi tutto l'ho fatto perché  ero sola e adesso non lo sono più. Puoi anche dirglielo a Frank Waters, e digli anche che ho ereditato da mia sorella tutti i suoi spasimanti. Regolarmente  esco con dei tipi che hanno intenzioni serie. Ma guarda come è bianco il cielo, bianco come un foglio di carta. Nella quinta A ci facevano disegnare. La signorina Preston ci dava un foglio di carta e ci diceva di disegnare quello che volevamo.

Tom                               - E tu cosa facevi?

Willie                            - Ricordo che una volta feci mio padre intento a bere alla bottiglia. A lei quelle cose piacevano e disse : « Guardate qua un ritratto di Chaplin con il suo cappello sulle ventitré! » Io ri­sposi : « Oh, no : è mio padre non Chaplin, e quello non è un cappello, è una bottiglia! ».

Tom                               - E lei cosa disse?

Willie                            - Oh, non avrai mai visto qualcuno che sia capace di far ridere una professoressa.

« Tu sei la sola stella

del mio cielo blu... ». Il direttore era solito dire che nella nostra famiglia c'era qualcosa che non funzionava perché  ce la in­tendevamo con gli uomini della ferrovia e perché  alcuni andavano a dormire con mia sorella.

Tom                               - Ma è poi vero?

Willie                            - T'ho detto che Alva era la Grande At­trazione, ma adesso la casa è vuota.

Tom                               - Ma tu non l'abiti più?

Willie                            - Certo.

Tom                               - Da sola?

Willie                            - Sì. La gente non lo sa, ma è così. La proprietà è espropriata, ma è sempre là. Qualche agènte investigatore ogni tanto viene a fare un giro. Soprattutto donne: ieri ne è venuta una e l'ho subito riconosciuta per il cappello che proprio non si poteva dire di buon gusto.

Tom                               - Davvero?

Willie                            - Sembrava a un coperchio di stufa. Alva sì che sapeva cos'era il buon gusto! Aveva l'ambi­zione di diventare disegnatrice di quei grandi empori di Chicago. Di solito mi faceva vedere i suoi disegni. Però non riuscì ad ingranare.

«Tu sei la sola stella

del mio cielo blu...».

Tom                               - Cosa hai fatto quando è venuta l'agente"?

Willie                            - Mi sono rifugiata sopra, per farle cre­dere che in casa non ci fosse nessuno.

Tom                               - E come fai per mangiare:

Willie                            - Oh, non so neanch'io. Se ti guardi attorno trovi sempre qualcosa che serve. Questa banana, ad esempio, l'ho trovata nel cestino dei rifiuti dietro il Caffè dell'Uccello Blu. (Finisce di mangiare la banana e butta via la felle).

Tom                               - (sogghignando) Sì, la signorina Preston ad esempio...

Willie                            - No, non lei. Lei ti dà un foglio di carta bianca e ti dice: «Disegna quel che vuoi». Una volta ho disegnato... ma te l'ho già raccontato, no? A proposito vuoi farmi una commissione a Frank Waters?

Tom                               - Che commissione?

Willie                            - Digli che l'ispettore capo m'ha compe­rato un paio di scarpe da signorina. Di marca, per giunta. Uguali a quelle di Alva. Sono andata con lui a ballare al Casinò Lago di Luna. Ho ballato tutta la notte e sono tornata all'alba ubriaca. Ci saranno poi delle serate con tanti strumenti musi­cali : trombe, tromboni e chitarre hawaiane! Già, già. (Ride eccitata) Il cielo sarà bianco come adesso.

Tom                               - (impressionato) Credi?

Willie                            - Sì, sì. (Ride poi si volta ponendosi di fronte a lui) Bianco... com'è bianco... un foglio di carta... (Poi eccitata) E ci farò sopra... dei disegni!

Tom                               - Dici sul serio?

Willie                            - Ma certo!

Tom                               - E che disegni farai?

Willie                            - Io che danzo con l'ispettore capo! Con un paio di scarpette da signorina. Sì, sì. Con i tacchi alti, alti come i pali telegrafici. E suoneranno la mia musica preferita.

Tom                               - Qual è?

Willie                            - Quella che preferiva Alva. (Con passione sino a perdere il fiato)

« Tu sei la sola stella

del mio cielo blu...».

Avrò...

Tom                               - Cosa avrai?

Willie                            - Avrò dei fiori attorno alla scollatura.

Tom                               - Come sarebbe a dire?

Willie                            - Dei fiori da attaccare al vestito nelle grandi occasioni. Rose, violette, mughetti! Quando si torna a casa sono tutti appassiti, ma non hai che da metterli in un bicchiere con un po' d'acqua perché  ritornino freschi.

Tom                               - Già, già...

Willie                            - Alva faceva così. (Pausa. Nel silenzio si sente il fischio del treno) Ecco l'espresso...

Tom                               - Tu pensi molto ad Alva, non è vero?

Willie                            - Oh, non troppo. Qualche volta, di tanto in tanto. I suoi spasimanti sparirono tutti quando lei morì e non c'erano i violini che suonavano. Beh, adesso torno indietro.

Tom                               - Dove vai, Willie?

Willie                            - Fino alla cisterna.

Tom                               - Sì?

Willie                            - Poi ricomincio di nuovo; forse un giorno riuscirò a battere un record. Alva l'aveva fatto. In una maratona di ballo, a Mobile, lungo la strada, da un estremo all'altro di Alabama. A Frank Waters di' pure tutto ciò che ti ho detto. Non ho tempo da perdere con gente inesperta. Per ora esco con tipi importanti della ferrovia, uomini che hanno degli ottimi salari. Non ci credi?

Tom                               - No, ho piuttosto l'impressione che tu stai lavorando di fantasia.

Willie                            - Uff, se volessi, potrei anche dimostrar­telo, ma non vale la pena. (Pettina la bambola) Io vivrò per un pezzo come visse mia sorella e quando i miei polmoni non ce la faranno più, finirò anche io per morire come lei, e molto facilmente non come nel film al suono dei violini... ma con la mia collana d'oro e gli orecchini che mi verranno recati da Memphis...

Tom                               - Credi?

Willie                            - (esaminando seriamente la bambola) Allora mi sembrerà che...

Tom                               - Cosa ti sembrerà?

Willie                            - (con gaiezza, benché un po' esitante) ... che qualcuno dovrà ereditare i miei spasimanti. Ah, com'è bianco il cielo!

Tom                               - Certo!

Willie                            - Bianco come un foglio di carta. Adesso torno indietro.

Tom                               - Addio.

Willie                            - Sì... addio. (Ripercorre a ritroso il cam­mino fatto in principio tenendosi faticosamente in equilibrio sulla rotaia. Poi sparisce di scena. Tom si lecca un dito e alza la mano per sentire da che parte viene il vento. Nel silenzio si sente Willie che canta già lontana)

« Tu sei la sola stella

del mio cielo blu ». (Poi breve pausa e mentre la scena si oscura)

«La stella che risplende

per dar la gioia a me».

FINE