Prova generale

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PROVA GENERALE

PROVA GENERALE

Colpe e meriti di GIANNI ARICO'

«Prova generale» descrive quello che avviene tra i componenti di una compagnia di attori dilettanti durante una prova, a pochi giorni dall'andata in scena di un lavoro provato e non ancora del tutto a punto. L'annuncio di non voler più recitare da parte di uno degli attori, innesca un meccanismo di recriminazioni a catena tra i presenti che a poco a poco farà emergere tutti i conflitti tra i componenti della compagnia e il regista, sino allora a malapena sopiti e nascosti.

Scopo del lavoro è di mettere in evidenza questi conflitti che hanno un'origine molto remota, da un lato nelle diversità caratteriali, politiche, religiose ed umane che esistono tra i componenti della compagnia, dall'altro nel diverso modo di concepire il teatro, semplice e popolare da parte di un gruppo, professionale ed impegnato da parte di un altro.

 L'episodio costituirà lo spunto per una sorta di confessione collettiva dalla quale devono venire fuori gli aspetti più nascosti del carattere dei protagonisti, con un confronto a volte aspro, a volte più diplomatico, comunque a livelli di tensione sempre molto elevati, fino alla conclusione: dissoluzione totale della compagnia e rottura irreversibile dei rapporti umani che vi si erano instaurati.

La scena si apre durante una prova con l'ennesima litigata del regista con uno degli attori per il modo di dire una battuta: da quest'episodio, che deve essere portato alla massima esasperazione, dovrà scaturire la dinamica del lavoro, dovrà essere messa in evidenza la manifesta incapacità di sopportazione da parte di alcuni componenti della compagnia, che in maniera evidente devono manifestare il loro disaccordo con i metodi pedanti e ripetitivi del regista, devono venir fuori con poche essenziali battute i caratteri dei componenti con una contrapposizione netta e molto caricata.

La scena deve diventare un ring sul quale i personaggi si affronteranno e il regista, più che arbitro e catalizzatore, dovrà apparire vittima e carnefice nello stesso tempo. Tuttavia non si dovrà mai capire se la disputa avviene per un vero sentimento di fedeltà al regista da parte di un gruppo di attori o per un sentimento di avversione nei confronti dell'altro gruppo che manifesta più benevolenza verso il regista.

PERSONAGGI:

ANNARITA

PATRIZIA

ULDERICO

UMBERTO

SANDRO

GIUSEPPE

GRAZIA

GIANNI

NINO

TERESA

ORAZIO

GIANCARLO

La scena si svolge nella sala grande della Parrocchia di San Pietro, luogo abituale di ritrovo per le prove della Compagnia. Si sta provando «Morte di Carnevale» di Viviani e per la precisione il primo atto.

All'aprirsi del sipario Gianni è seduto a destra, di fianco e sta seguendo la prova con il copione in mano.

Anche gli altri attori in scena hanno ciascuno il proprio copione. Tre sedie a sinistra simuleranno un tavolo a fianco del quale è seduto Umberto che impersona Carnevale, a fianco di Umberto, Annarita. A destra Nino che impersona Rafele. Porta d'ingresso sulla destra dello sfondo e innumerevoli sedie di plastica sulle quali sono seduti in maniera sparsa e disordinata gli altri attori che aspettano il loro turno disinteressandosi di ciò che si sta provando, anzi parlottano tra loro.

GIANNI: (Irritatissimo, rivolgendosi a Nino che ha appena finito di dire una battuta) No! No! No! Non è così Nino, (sforzandosi e cercando di apparire calmo) quante volte l'abbiamo ripetuta questa battuta?  Perché non fai uno sforzo per ricordare come va detta?

Al grido di Gianni gli altri interrompono le loro discussioni e rivolgono la loro attenzione alla prova, manifestando a soggetto il loro fastidio per l'urlo e l'interruzione.

NINO: non me la ricordo, non ce la faccio, che vuoi da me io oggi sono stato quasi tutta la giornata a lavorare e non ho nemmeno cenato, non si può pretendere che alle nove e mezzo di sera uno stia in forma perfetta.

GIANNI: se è per questo nemmeno io ho cenato e ti posso garantire che nemmeno io mi sento in forma, ma dal momento che questa benedetta commedia si deve portare a termine cerchiamo di darci da fare perché il tempo stringe e i giorni di prove che restano sono molto pochi. A proposito, notizie di Franco?

PATRIZIA: ha fatto sapere che per il primo mese non si potrà muovere come sperava e che quindi occorre che ci troviamo qualcuno che lo sostituisca.

GIANNI: E me lo dite adesso?

PATRIZIA: E quando tè lo dovevamo dire? Tu da quando siamo arrivati non hai guardato in faccia a nessuno e avevi una espressione quasi animalesca che non presagiva niente di buono.

GIANNI: hai fatto bene a dire da quando siamo arrivati, perché il sottoscritto sta qui dalle nove e prima di mettere insieme un po' di persone per provare è passata un'altra mezz'ora. Se voi siete stanchi, non pensate che io non lo sia, a me questa commedia sta cominciando a diventare odiosa, anche se non siamo ancora riusciti a provarla nemmeno una volta per intero e chi sa se riusciremo a finirla. (Rivolto a tutti): Ma lo sapete che tra un mese si deve andare in scena e se tutto va bene al massimo ci restano una decina di prove?

UMBERTO: Certo come stiamo combinati in scena non ci possiamo certo andare; io non parlo per me dal momento che sono presente in un atto solo e la parte la ricordo abbastanza bene ma dall'ultima volta che ho provato, non mi sembra che si siano fatti grandi progressi, anzi.

NINO: ma perché in scena ci dobbiamo andare per forza? Mica ce lo ha ordinato il medico, per me vi posso assicurare che sta diventando una fatica, (crescendo) non ce la faccio più non mi sento preparato, non me la sento di continuare... Anzi sapete che c'è: vi dico proprio chiaro e tondo che per quanto mi riguarda il discorso si può pure considerare chiuso. (Getta violentemente il copione, da una parte).

L'atmosfera si fa improvvisamente gelida. Tutti si guardano tra loro con un'espressione di meraviglia mista ad incredulità, anche i distratti si volgono verso Nino e per qualche secondo rimangono tutti come pietrificati.

GIANNI: (con tono accomodante) Ma… stai dicendo sul serio?

NINO: certo !

GIANNI: (ancora con tono accomodante): Ripeto la domanda: stai dicendo sul serio?

NINO: ti ripeto che dico terribilmente sul serio, non mi sento preparato, in questi ultimi tempi ho avuto un sacco di problemi col lavoro, lo sapete, e non mi è stato possibile imparare la parte, e poi tu con tutte queste pause, con tutte queste ripetizioni, non mi aiuti certamente.

GIANNI: (ancora accomodante): vi ho già detto migliaia di volte che queste pause, queste ripetizioni, come tu le chiami servono a migliorarci, servono a dire meglio le battute, non le faccio certo per un mio sfizio personale, del resto ho sempre interrotto tutti, e dovete darmi atto che l'ho sempre fatto con tutto il garbo possibile.

TERESA: si ma qualche volta potresti pure passarci sopra se uno la battuta non la dice come vorresti tu, in fondo non siamo mica dei professionisti! Noi quando veniamo qui la sera veniamo per rilassarci, per scambiare qualche parola tra di noi dopo una giornata di lavoro, non per respirare un'atmosfera di tensione.

NINO: io da un po' di tempo a questa parte mi sento sempre come se avessi un fucile puntato alle spalle!

ORAZIO: anche io mi sono accorto che l'atmosfera non è più quella di prima, non mi diverto più.

ANNARITA: forse siamo solo un po' stanchi...

GIANNI: non mi pare, anche per l'altra commedia, anche quella non portata a termine, avevamo attribuito alla stanchezza la causa del fallimento, io credo che ci sia qualcos'altro e se non ho capito male, stasera questo qualcos'altro deve venire fuori altrimenti non si prosegue.

UMBERTO: ma non hai capito che in ogni caso non si può proseguire? Non vedi che un motivo o per un altro tutto sta andando  a scatafascio?

GIANNI: quando dico che si deve proseguire intendo che si deve uscire fuori da questa situazione, che dobbiamo fermarci un attimo, forse anche due attimi, parlare un poco e prendere una volta per tutte una decisione, anche se credo di sapere già in partenza quale sarà.

TERESA: non dimentichiamoci che abbiamo un impegno con la parrocchia per la festa di San Pietro, non possiamo mica lasciarli con una mano davanti...

GIANNI: per quanto mi riguarda questa è l'ultima cosa, a me non importa nulla della festa e della recita per la festa, del resto non è mica la prima volta che lo dico, io sto qui solo per fare teatro e perché pensavo di aver trovato un gruppo che aveva come primo scopo il teatro, se poi la parrocchia viene prima di ogni altra cosa, potete anche continuare senza di me, fatevelo da voi e per favore non costringetemi a dire altro.

PATRIZIA: perché che cosa altro vorresti dire, durante le prove ci hai detto di tutto, qualche volta hai anche  ecceduto, e noi zitti per carità di Dio, ma ti posso assicurare che qualche volta ci sarebbero voluti gli schiaffi.

TERESA: e' vero.

ORAZIO: e' proprio vero.

GIANNI: ma allora tutta quest'atmosfera di ecumenismo.(calca molto sulla parola) che si respirava fin adesso era fasulla, e meno male che io mi sono dato anima e corpo alla causa, senza fare distinzioni, senza barriere, a questo punto devo arguire che la mia disponibilità non è stata capita.

NINO: per favore non parliamo di disponibilità, non dire che ti sei comportato nella stessa maniera con tutti, basti pensare a come hai attribuito le parti!

GIANNI: Vorrei proprio sapere cosa c'entra questo con il fatto che stasera per la seconda volta ci siamo bloccati, che per la seconda volta nel bel mezzo di un lavoro quasi portato a termine qualcuno e tu in particolare, ma vedo che non sei il solo, si accorge che non se la sente di andare avanti, che è troppo faticoso e che udite, udite! qualcuno dice che veniva qui per distrarsi e non per lavorare insieme; e non dimentichiamo che con i risultati che abbiamo avuto per il passato forse c'è anche chi si aspetta da noi qualcosa di più che la banale farsa di Scarpetta, con tutto il rispetto per Scarpetta e per quelli che lo recitano...

Del resto ognuno di voi sapeva fin dal primo momento che non avevamo mica sottoscritto un contratto, ma che comunque ci saremmo impegnati a fare un tipo di teatro un poco più professionale almeno nelle intenzioni.

PATRIZIA: ma è proprio questo il punto, per noi l'attività del gruppo teatrale è soltanto un aspetto del lavoro che svolgiamo nella parrocchia, alcuni di noi sono impegnati già in altre attività sempre in parrocchia, e la sera non ce la sentiamo di venire qui per ripetere centinaia di volte sempre la stessa battuta solo perché a te non piace come viene detta.

GIANNI: non piace a me? Allora a costo di ripetermi cerco di spiegarmi: già in altre occasioni ho detto e ripetuto: nessuno di noi possiede il talento naturale dell'attore o del regista, né ha frequentato una scuola di recitazione, per cui l'unico modo per sopperire a questa carenza è l'applicazione continua, costante ripetitiva fino alla nausea, non si può mica pretendere di fare il primo violino alla Scala non avendo un braccio o giocare a centravanti della Nazionale di calcio da zoppi.

PATRIZIA: Perché tu pensi che tra di noi ci siano monchi o zoppi?

GIANNI: Zoppi o monchi proprio no, ma sicuramente non tutti sanno usare le braccia e le gambe nello stesso modo e con gli stessi risultati.

ANNARITA: Io credo che Gianni volesse dire...

TERESA: Tu non parlare perché sei stata quella che da questa situazione ha avuto tutto da guadagnare, ormai sei la prima attrice per Decreto Legge.

GIUSEPPE: Ma vi rendete conto di quello che state dicendo? Di questo passo tra poco usciranno i coltelli, e non penso che si voleva arrivare a questo, io penso che qui la ragione stia a metà, certo le nove di sera non sono l'ora più indicata per provare, con una giornata di lavoro sulle spalle, ma se veramente ci teniamo a fare bella figura, un poco di sacrificio non dovrebbe spaventarci.

GIANNI: (solenne e risoluto) : Io penso che ormai siamo arrivati a un punto di non ritorno, l'ho detto e lo ripeto, (molto risoluto)  e non usciremo di qui se non avremo sviscerato interamente tutta questa faccenda e dopo vedremo quello che ne verrà fuori.

UMBERTO: finora avete parlato solo voi, vorrei dire anche io la mia: ma non avete capito che ormai qui dentro ci sono due posizioni contrapposte, due gruppi distinti che hanno una visione completamente diversa del modo di lavorare e se qualcuno non si schiera e viene qui solo perché gli piace recitare, è costretto a sentirsi un diverso, un emarginato. Vi ricordate come abbiamo lavorato con entusiasmo per «Natale in casa Cupiello»?

ULDERICO: scusa Umberto ma non è proprio come dici tu, anche allora c'era qualche cosa che non andava…

GIANNI: ma la ragion di stato... (citando a memoria): Donna Cuncè, ma io a vosta figlia a voglio bbeeeeeeene. Ti ricordi quante volte ti ho fatto ripetere questa battuta? Fino alla noia, anzi oltre la noia, poi ad un certo punto mi sono reso conto che non c'era nulla da fare, che non saresti riuscito a dirla come volevo io e ho mollato... Ma che credi che non mi accorgevo degli «sfastidii» che mi facevi, e non solo tu, ogni volta che giravo le spalle?

Certo anche io mi sono piegato alla ragion di stato, altrimenti sai quante volte anche allora ci sarebbe stato da piantare baracca e burattini.

UMBERTO: (realmente meravigliato): Non è possibile, allora non ho capito niente.

GIANCARLO: io in questo gruppo sono entrato soltanto adesso, ma se devo dirvi il mio pensiero o quello che mi sono fatto ascoltando gli altri, mi sembra che sia stata un'esperienza irripetibile, che tutto sia filato per il verso giusto senza problemi e che la gente la ricorda come una recita bellissima.

UMBERTO: e non dimentichiamo che abbiamo dovuto fare una replica per tutti quelli che non erano riusciti ad entrare la prima sera.

ULDERICO: scusatemi, ma se qui stasera non si prova, io avrei un impegno.

 ( Esce seguito dallo sguardo di disappunto di Gianni)

GRAZIA: io sono d'accordo con Giancarlo; anche a me è sembrato che Natale in casa Cupiello, sia stata per questo gruppo una gemma da incastonare.

ANNARITA: ma quale gemma, forse perché era la prima volta che lavoravamo con Gianni, che facevamo qualcosa di serio...

ORAZIO: ma perché le cose che avevamo fatto prima erano delle pagliacciate?

UMBERTO: certo non erano a quel livello

PATRIZIA: io non credo che si tratti solo di livello, però prima eravamo più sereni, più distesi più gioiosi...

GIANNI: più imbranati...

TERESA: forse, ma lavoravamo con più trasporto, senza l'assillo continuo di una specie di censore, e poi devo dire la verità, forse tu non lo ricordi, ma quando ci hai visti per la prima volta in piazza, ti sei sperticato in complimenti, dicesti che non avevi mai visto un gruppo così bravo, così affiatato...

GIANNI:  certo, e qualche sera dopo, durante una storica cena a casa tua, con Sandro e Patrizia nacque il progetto di Natale in casa Cupiello...

SANDRO: dai complimenti alla conquista del potere il passo comunque è stato brevissimo

GIANNI: quindi secondo te tutto era finalizzato a un disegno?

SANDRO: non voglio dire questo, ma le idee già le avevi chiare da allora, basta pensare a come avevi chiara in mente l’attribuzione delle parti sin dalla prima sera...

GIANNI: e rieccoci con le parti! Ma allora siamo proprio a «chi si ttù e chi song'io»!, bene bene, la cosa comincia a piacermi, come si dice, quando il gioco si fa duro...

GIANCARLO: ma qui non è che il gioco si è fatto duro...

GIANNI: peggio, durissimo…

GRAZIA: stiamo cercando di chiarire...

GIANNI: per me adesso è tutto chiaro anzi più si va avanti a più capisco. Secondo Sandro, bontà sua che ha avuto il coraggio di dirlo, il mio ingresso tra di voi, peraltro sponsorizzato da Teresa, (rivolgendosi a Teresa) chi sa quante volte tè ne sarai pentita, vero Terè?, dicevo il mio ingresso era tutto finalizzato nella mia mente a favorire il sovvertimento degli equilibri nel gruppo e far emergere altre figure di protagonisti, (manifestamente irritato) ma chi ci ha mai pensato! Ma non lo capite che come ha già detto qualcuno si può servire la Patria anche facendo la guardia a un bidone di benzina?.... Se il vostro scopo è quello di servire il Signore, di evangelizzare la gente e di coinvolgere il maggior numero di persone nelle vostre iniziative parrocchiali, non dovete essere così limitati da pensare che questo si possa ottenere soltanto con il teatro, e per giunta solo recitando da protagonisti.

 

Teatro non significa soltanto essere il primattore o la prima attrice, teatro significa anche scenografi, elettricisti, fonici suggeritori e perchè no?, anche chi si arrabatta per trovare gli oggetti che servono per la recita, ma è anche e soprattutto stare insieme, crescere dal punto di vista innanzitutto umano e se volete anche un po’ culturale... voi invece l'unico scopo che avete è quello di soddisfare la vostra vanità esibendovi sul palcoscenico o forse addirittura di acquistare indulgenze. Eppure dopo tutto, anche quelli che non recitano hanno il diritto di prenotare il biglietto per il Paradiso, magari in seconda classe, su uno strapuntino...

Allora le mie impressioni, le mie intuizioni epidermiche erano vere, il fatto che mi sentissi considerato una specie di corpo estraneo non era dovuto ad una mia inveterata mania di persecuzione, ma derivava da un vostro atteggiamento di rifiuto inconscio per l'altro da se, per il diverso dal punto di vista ideologico per l'extracomunitario,  rifiuto che voi avete manifestato con una pertinacia a volte inconscia a volte sottile, talaltra più grossolana, ma che comunque ha portato a tutto questo casino.

Ma allora qui non è più di teatro che dobbiamo parlare, ma di uno stile di vita, di un'etica di comportamento che ci coinvolge tutti e che voi state letteralmente stuprando soltanto perché qualcuno, dall'esterno, lontano dai vostri interessi e dalle vostre pulsioni religiose, si è permesso di turbare gli equilibri di un gruppo già consolidato nei rapporti e nelle finalità... (guardando tutti uno per uno) e forse nemmeno questo è vero, dimmi la verità tu, tu, tu, non ti sei sentito messo da parte quando sono state attribuite le parti di Natale in casa Cupiello, e tu non hai pensato perché quello o perchè quella che cosa ho io in meno di loro??

Voglio fare una considerazione che forse in questo momento non c'entra ma che comunque è inerente alla situazione e a quello che ci stiamo dicendo: io sono convinto che nessuno di voi nutre dei dubbi sulla sua fede, sulla sua adesione incondizionata alla dottrina della Chiesa, ma sono altrettanto convinto che nessuno di voi avrebbe il coraggio di negare che in questo comportamento non vi sia una leggera punta di razzismo.

L'ecumenismo di cui parlavo prima, usando il termine forse in modo enfatico ed inappropriato non vi ha nemmeno sfiorato: alla prima occasione, nella quale avete avuto a che fare con un altro da voi vi siete chiusi a riccio e tanto avete fatto fino a quando, con le buone o con le cattive, siete riusciti ad espellere il corpo estraneo.

NINO: ma chi ti da il diritto di giudicarci fino a questo punto?

ORAZIO : (sottovoce e toccandosi la fronte col medio) Questo è pazzo !..........

GIANNI: ehh no! Ehh no! Pazzo proprio non me lo puoi dire, perchè se volessi potrei rispondere con le parole di Sofocle, di un padre del teatro, tanto per restare in tema: se sono pazzo non sono Gianni, se sono Gianni non sono pazzo, oppure con quelle di Pirandello per il quale l'unico modo per dire la verità e quello di fingersi pazzo... oppure, con tutto il rispetto per il luogo che ci ospita, con le parole di Mao Tse Tung secondo il quale la verità è rivoluzionaria... (tra se e se imitando qualcuno degli astanti.. Madonna che esibizionista questo!)... ma ti voglio rispondere con le mie parole e senza prendere in prestito nulla da nessuno; se questa mia presunta pazzia deve servire a qualcosa, ben venga, ma se non deve produrre nessun risultato concreto, fermiamoci qui e non se ne parli più.

SANDRO: e no caro Gianni, perchè dopo che hai parlato tu, con le tue citazioni e le tue esibizioni, trattandoci peraltro come tuo solito come pezze da piedi vorremmo dire qualcosa anche noi...

ORAZIO: certo, mica ci possiamo tenere tutto quello che ci ha detto.....

SANDRO: ti prego Orazio, non mi interrompere, altrimenti perdo il filo. Dunque, (rivolgendosi a Gianni e chiedendo l'assenso degli altri) tu hai detto che ti sei sempre sentito un emarginato, un extracomunitario, una specie di corpo estraneo, cito a memoria, non può essere invece che non sia stato proprio tu a metterti in questa posizione, che sia stata una tua scelta quella di differenziarti comunque da noi e di accentuare più che diminuire i motivi di differenza che certamente esistevano e che indubbiamente esistono tra noi?

Chi ti dice che se tu non avessi avuto sempre quell'aria di sufficienza nei confronti di qualcuno di noi, non saremmo arrivati a tutto questo?

GIANNI: alt! Ma allora si tratta di un processo in piena regola e se devo subire un processo, voglio un avvocato difensore, fosse anche d'ufficio.

 PATRIZIA: qui non stiamo processando nessuno, sei tu che ti senti imputato, forse sarà la tua coscienza.

GIANNI: (con tono canzonatorio) : è vero non ci avevo pensato, è proprio un caso di coscienza signor giudice, anzi signor pubblico ministero

TERESA: cerchiamo di essere seri per piacere!

GIANNI: io non sono mai stato così serio in vita mia ma una considerazione distensiva me la dovete permettere: a me pare che stiamo recitando ciascuno una parte, mi sembra di essere coinvolto in una specie di psicodramma e vi devo dare atto che in quanto a livello di recitazione, siamo tutti davvero al massimo, anzi vi dirò di più, mi sta balenando nella mente un'idea niente affatto malvagia su tutto ciò che abbiamo detto e che ci diremo stasera, perché ancora ce ne diremo vero?

 Potrebbe benissimo essere oggetto di una commedia in cui ciascuno di noi interpreta se stesso, si potrebbero scrivere i dialoghi... magari poi la potremmo rappresentare tra qualche anno.

PATRIZIA: allora questo non ha ancora capito...

GIANNI: che cosa dovrei capire?

GIUSEPPE: dovresti capire, anzi dovresti avere già capito che noi, qui, stasera, stiamo firmando l'atto di morte del nostro gruppo, che con questi presupposti non è possibile continuare.

GIANNI: ho capito benissimo e non da adesso. anzi dal momento che la pietra dello scandalo sono io, e quindi è giusto che sia io a farmi da parte, voi potete tranquillamente continuare.

ANNARITA: e no cari miei, dopo le cose che si sono sentite stasera, non penso che qualcuno, qui, se la senta di continuare, non possiamo fare finta che non sia successo nulla; io per prima non credo che ne sarei capace, anzi vi dico sin da adesso che sarà il caso che non contiate su di me per il futuro.

TERESA: e l'impegno con la Parrocchia per la recita? Come ci giustifichiamo?

GIANCARLO: facciamo un ultimo tentativo, cerchiamo di ricomporre i pezzi fin che siamo in tempo.

ORAZIO: ma quali pezzi, qui si è sbriciolato tutto e i pezzi si stanno cominciando a disperdere, anzi a questo punto, quasi quasi io me ne vado addirittura...

UMBERTO: (sinceramente meravigliato) ma allora tutto questo era solo una finzione, tutto prestabilito, tutto deciso prima di entrare qui stasera, insomma era tutta una manfrina e io che ero venuto per provare...

ORAZIO: io me ne vado che si è fatto tardi..

NINO: io domani devo prendere il treno alle cinque e mezza, vengo con te.

GIUSEPPE: facciamo così, prendiamoci qualche giorno per pensare, riflettiamoci sopra e poi ci risentiamo.

GIANCARLO: anche io penso che sia meglio così; in fondo Peppino ha ragione, la notte porta consiglio, in fondo la stanchezza talora gioca brutti scherzi, a volte poi una parola tira l'altra…

UMBERTO: già, vi ricordate le scintille che facemmo le sere prima di Natale in casa Cupiello?

ANNARITA: certo che me le ricordo, mi ricordo perfino che la sera prima della recita qualcuno (calca sulla parola) mi rimproverò di non aver pensato a procurare i broccoli per il secondo atto e ci fu una bella sceriffata...

GRAZIA: Un "prima della prima"  tutta da ricordare.

TERESA: certo e questo qualcuno (Calca anche lei) ero io, tu eri troppo presa nella parte, tu camminavi sulle nuvole, tu mica ti potevi abbassare a pensare ai broccoli…

ANNARITA: a questo punto posso pure andarmene e vi ripeto, da questo momento non contate su di me (esce).

PATRIZIA: (a bassa voce, con sarcasmo rivolgendosi a Sandro): Uscita ad effetto, proprio da prima attrice...

GRAZIA: a me mi sembra di stare in un manicomio, anzi dal momento che pazza non lo sono, ne ho intenzione di diventarlo appresso a voi, vi saluto pure io. (esce).

GIUSEPPE: sai che c'è Gianca’, io nemmeno voglio diventare pazzo appresso a questi, andiamocene, accompagnami così facciamo un tratto di strada insieme.

SANDRO: Beh io credo che qui non abbiamo proprio più niente da dirci..

GIANNI: E meno male!

SANDRO (a denti stretti)  Patrizia andiamocene.

TERESA: Vorrà dire che per la sera di san Pietro troveremo qualcosa di altro, buonanotte!

A questo punto sono rimasti soltanto Umberto e Gianni che  va a sedersi per l'ultima volta sulla sedia che fu la sua sedia di regista, Umberto lo guarda per un attimo lunghissimo, quasi come se volesse dirgli qualcosa e questo qualcosa non vuole uscirgli dalla gola, poi gli si avvicina, gli stringe con trasporto la mano e gli batte affettuosamente l'altra sulla spalla, i due restano così per qualche secondo, poi trova la forza di parlare e gli dice a bassa voce, con discrezione, quasi non volesse disturbare:  Andiamo, io qui devo chiudere, usciamo insieme, almeno cosi vai via con qualcuno…

GIANNI: lasciami ancora un poco qui, poi la porta la tiro io, tanto si chiude da sola.

UMBERTO: Ciao...

GIANNI: Ciao...

Umberto va via, Gianni si guarda lungamente intorno fissando gli oggetti che lo circondano come se li vedesse per la prima volta, accende una sigaretta, fa una boccata e subito la butta nervosamente a terra, poi si alza, raccoglie dalle panche i copioni sparsi che sono stati lasciati dagli altri e se li mette sotto il braccio; si avvicina al centro della scena, riunisce con le mani i due lembi del sipario e lentamente lo chiude…..

P.S. Come vedete manca la parola FINE perché….

Circa dodici anni dopo, un nuovo gruppo, nato proprio dai “cocci” di questo, portò in scena con grande successo il lavoro che era stato la causa di tutto ciò: “Morte  ‘e Carnevale” di Raffaele Viviani.