Puccetto e Olopierno

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Puccetto e Olopierno


[un’antifavola]

di Massimo Maravigia


Puccetto e Olopierno

Dramatis Personae

Orco Olopierno

Perpetua (presenza pantomimica)

Puccetto

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Puccetto e Olopierno

Una pedana quadrata al centro della scena, alquanto alta. Su di essa è montato un baule. Agli angoli della pedana, quattro porte girevoli dietro le quali si nascondono degli specchi. Il tutto come fatto di sabbia. Puccetto furtivo esce fuori dal baule, scrollandosi dagli abiti polvere e calcinacci. Prende con delicatezza, guardandosi intorno, il grande libro rosso brossurato poggiato accanto ad esso. Ne legge qualche riga, poi lo richiude. Attacca il prologo, quasi un rituale di evocazione.

Puccetto:       Lo cunto che ora andiamo a recitare

èantico e familiare come un’aria che molte volte udita e obliterata in mille guise di trasformazioni colse lo nostro vivere confuso

e ad esso impose l’ordine del dire, del designare e dello compulsare cosa sia claro e cosa invece morchia. Qualcuno dal nome impronunziabile, pria che lo fèro tiempo principiasse per pròvvide ragioni s’adirò, sì

-dice così lo fatto - e in scempio tuono a sdegno s’ebbe e comandò: “Tagliate!” “Jate!” E a la penosa vita e doppia condannò l’homo, uno non più ma duo Caìno e Abèle, Etèocle e Polinìce Giàno Bifrònte, Eròsso e Tanatòsso. Esto crudele fato

ch’al corpo sano procacciò malèstro, separazion dell’uno

in plurime vestigia,

rese perito il vivere con parte

e incerto e oscuro un navigar con arte. E nel precipitare nero l’homo

volse rancore al cielo non più amico, serbò memoria di confusa luce.

Negli altrui exempli, et nel suo stato spera ch’altri lo sproni alla perduta pace

e forse nell’estremo cerca pure

voci aspre e fosche far soavi e chiare. Noi fummo l'uno, l'uno che è plurimo, noi siamo l'Orco

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Puccetto e Olopierno

Olopierno:  (vfc) Io sono l'Orco, io!

e tempo non passi

senza che anima venga segnata.

uno scroscio improvviso di suoni cacofonici emulano un improbabile attacco sinfonico

Olopierno: (vfc)Puccetto, io t’ammonisco (apparendo altrove, mentre Puccetto apre il baule, liberando una luce livida) che tua ragioncortesemente dica… Dimmi com'è che sei venuto qui nella mia tana. Forse nella tua casa non ti hanno amato? (Puccetto vorrebbe rispondere ma Olopierno non lo lascia parlare) Ti hanno cacciato,Puccio? Ringrazia il cacciatore, allora. Occorre qualcuno che ci scacci a calci dai posti in cui trovare i morbidi rifugi, allontanarci dagli angoli rassicuranti in cui cercare il languorino tèpido dove gnaulàre proni e tremolanti sissignore, nossignore… la prego signore. (Inizia a spogliarsi dei suoi abiti eleganti, per indossare un grembiule di gomma come quelli che si usano nei macelli) Io dalmio canto ho già da tempo reso la caverna inospitale, ho messo fiele nel miele e polvere pruriginosa in tutti i letti, gelo nei tubi e predisposto tegola a che traballi e claudichi pronta a piombare in testa. Pavimenti ho cosparsi di vetro su mattonelle sbilenche e scamazzato antenne a che non colgano mai più voci né suoni. Rubinetti piangenti, fuochi sprotetti e piante voraci ovunque pronte a sbranare non appena colga distrazione. Questa è la mia casa, Puccio. Se è questo che cercavi, che tu sia il malvenuto. E se non era questo, malvenuto lo stesso.

Puccetto:       Grazie.

Olopierno:  Vuoi che ti conceda asilo? E asilo sia.

Puccetto:       Ancora grazie.

Olopierno: Devo avvisarti che il costo di soggiorno non è competitivo, qui. Tichiedo oculatezza, zelo, prontezza nell’eludere gli agguati, lieve rapidità d’azione, perspicacia nel cogliere all’istante ogni opportunità che ti darò di stare zitto e di svanire. In cambio ti offro protezione da ogni forma di certezza, un insicuro impiego ed

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in futuro, se a tono ti comporterai, forse farò di te l’ultimo erede di ogni mia nullatenenza.

Puccetto:       Perché?

Olopierno:     (senza ascoltarlo) Non ti risparmierò occasioni per mettere alla prova il tuo appetito e le tue argomentazioni, ammesso che ne abbia. Quanti anni hai? Cinque? Cinquecento? Venti? Cinquantaquindici? Non cale. È l’indole che conta: t’incalzerò perché la tiri fuori e a non aver paura di essa, farò di te cibo per Orco o suo nocumento, ti attrezzo ad essere suo servo o a ribellarti, se altro non sai immaginare (affila dei coltelli). Tempo davanti non ne avremo molto, solo un po’ d’eterno. (Puccetto, profittando che Olopierno è di spalle cerca di guadagnare una delle porte) Devo informarti che non sono ammessi ripensamenti.Varcata la soglia, indietro non si torna. Uscirai da qui, se mai ne uscirai, sotto parvenze di…

Puccetto:       Eroe?

Olopierno:     Assolutamente insignificante.

Puccetto:       Vittima forse?

Olopierno:     Macché

Puccetto:       Un martire, una stella, un criminale?

Olopierno:     No. No!

Puccetto:       Un gentiluomo, un santo!

Olopierno:     Trasformerò il tuo insulso personaggio.

Puccetto:       In cosa?

Olopierno:     … hai già mangiato, Puccio?

Puccetto:       No…

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Olopierno:     Io neanche. (va a scovare nel baule, dal quale tira fuori stoviglie e tovaglie per imbandire una tavola) T’offro da bere fandoniemescidate a verità, ove mai abbia un senso distinguere le due. Sta a te decidere cosa inghiottire e cosa sputare. Non certo per il gusto di ammorbarti: solo perché io stesso non saprei punto distinguere l’une dall’altre. È questo il pregio di ogni Orco di riguardo. Rispettami ragazzo, io ti torturerò quello che basta a farti diventare…

Puccetto:       Grande!

Olopierno:     Quello che sei, null’altro. Allora, da dove vogliamo cominciare?

Puccetto:       Da un punto a caso.

Olopierno:     Da un punto a caso (prende un secchio d’oro, immerge in esso uno strofinaccio sporco, lo bagna ed inizia a strofinare energicamente le pareti della cassapanca, gocciolando ovunque un liquido nerastro e denso) Cominceremo dal finale, così tutto ciò che verràdopo sarà grasso che cola... grasso che cola... grasso che cola...

grasso che cola... grasso che cola, tanto grasso tanto... (affanna mentre strofina forsennatamente come a pulire macchie che non vanno via) valori superiori alla norma...

Puccetto: Dovresti controllarti.


Olopierno:


Controllarmi? Mi sento benissimo... bene... direi non male... insomma... uno straccio.... (inizia ad imbandire la tavola con piatti


e stoviglie sulla cassapanca)

Puccetto: Mangi male!

Olopierno:    Lo dico anch’io, lo dico: attento a quel che mangi. Noi siamo quello che mangiamo. Chi è che lo diceva? Non importa. (ha terminato di apparecchiare la tavola, ma solo per una persona. Avvicinandosi minacciosamente a Puccetto brandendo un coltello, gli porge il bicchiere che ha nell’altra mano)

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Olopierno:  Dimmi intanto cosa vedi.

Puccetto:       Un bicchiere.

Olopierno:  E basta?

Puccetto:       Un bicchiere vuoto.

Olopierno:    (con gesti pazienti prende una bottiglia, versa in metà del bicchiere della sabbia, per poi porgerlo di nuovo) E adesso?

Puccetto:       Un bicchiere mezzo pieno…

Olopierno:  O mezzo vuoto… null’altro?

Puccetto:       Vedo un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto.

Olopierno:  Analnatrà uspàt ètòt doghièn delvè

(canzone del bicchiere)

Olopierno: Niente, tu non vedi nienteNon vedi com’è il bicchiere Non ne gusti i suoi riflessi Non ti chiedi chi l’ ha fatto Quante bocche ha conosciuto Quanti liquidi ha ospitato, Niànca lo porti all’orecchio a udire l’eco che vibra

di mare nella conchiglia

Non sfiori i bordi, non cerchi

la nota cristallina…

Puccetto insulso di sguardo

Che rende insulse le cose

Non leggi, non vedi le cifre

Per questo tu devi perire.

Anima segnata che solo vede

bicchieri segnati, e sceglie, tra le due parti, l’una.

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Puccetto:       Non scelgo, vuoto o pieno è lo stesso.

Olopierno:  È lo stesso, lo stesso… non è lo stesso!

Apre la cassapanca lasciando che gli oggetti sopra poc’anzi riposti scivolino a terra, con molto rumore, poi inizia a tirare fuori forsennatamente abiti di ogni genere, li getta alla rinfusa per aria

Olopierno:     C’è da scegliere una parte, discernere i nemici. Indossare una divisa. Altrimenti non ti si riconosce. E allora sei bersaglio d’ambo i fronti e quando suonerà la ritirata… neanche la sentirai, resterai solo, in balìa di te stesso e della bestia che non sei altro.

Puccetto:       Vuoto o pieno è lo stesso.

Olopierno:    Te lo chiedo ancora una volta. Dimmi che vedi. (Puccetto riprende il bicchiere e si concentra su di esso, mentre l’Orco, nuovamente calmo, riprende ad imbandire la tavola/cassapanca) Se solotrascorressi il tempo che ti resta a cercare di vedere… io aspetterei, non ti distruggerei. Studia Puccetto, intanto preparo qualcosa… (tra sé) Principio di non contraddizione. C’è da semplificare, oppure… non ti si riconosce. Non che sia una tragedia… ma quando poi s’attacca la divisa addosso e la camicia stringe e più non si respira eh no! Si vada all’altra parte. E quando le vie obbligate sembrano soltanto due, Puccetto, cercati la quinta.

Dalla porta di destra entra Perpetua fantasma di sabbia, strisciando i piedi, ha in mano una siringa. Si avvicina all’orco il quale tenta di opporre qualche resistenza, poi si rassegna. Si accovaccia, scopre la natica. La vecchia gli fa un’iniezione, poi silenziosa così come è entrata, esce dall’altra porta.

Olopierno:     Non ho niente! Hai capito che non ho niente? Non ho niente… (la voce si fa affaticata) Cos'è che ho?

Puccetto:       (guardando nel bicchiere) era solo un piccolo dolore…

Olopierno:     Hai capito che non ho niente? Non ho niente! (alla vecchia che ha schiacciato qualcuno degli oggetti tirati fuori dal baule) E guarda

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dove metti i piedi! Puccetto! Ancora con quel bicchiere in mano?

Cosa leggi, il tuo futuro?

Puccetto:       Forse.

Olopierno:  Allacciati le scarpe, piuttosto.

Puccetto, che non ha scarpe, solerte obbedisce, allacciando tra loro due scarpe che gli ha lanciato Olopierno

Olopierno:    Dimmi Puccetto chi sono io? Eh? chi sono? Rispondi Puccetto, altrimenti ti passo in casseruola.

Puccetto:       Il mio padrone?

Olopierno:    Bravo Puccetto. E dimmi, dimmi: com'è il futuro di uno che ha un padrone come me?

Puccetto:       Io non ho padrone.

Olopierno:    Ah no? Peggio per te. Dovresti cercartene qualcuno. Senza padrone non hai futuro.

Puccetto:       Mi basta un presente.

Olopierno:  Rinunci al futuro?

Puccetto:       Mi basta un presente.

Olopiero:        Un presente vuoto come questo in cui sei precipitato?

Puccetto:       Lo riempirò (inizia velocemente ad indossare i panni gettati in aria dall’Orco, senza un ordine. L’orco lo incalza).

Olopierno:    Hai detto presente. Perché ora parli al futuro? Ci vuole coerenza, Puccio! Non parlare a vanvera! Non inciampare nella speranza… dispera piuttosto, e cerca qualche dio celicolo che ti spedisca un’idea

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Puccetto:       Un’idea?

Olopierno: Una buona idea, Puccetto, che possa congelare il tempo, l’ansia, ildolore, ed ogni altra forma di scorrimento... logorrea, cronorrea, psicorrea, diarrea, biorrea.

Un ticchettio d’orologio, segnato da colpi asimmetrici di un pendolo, scandisce il silenzio di Olopierno che si guarda allo specchio

Puccetto:       Il rancore scacciato dall’alto dei corpi sottili scese nelle carni, rovinosamente, profittando del sonno delle sentinelle. “Guardie dei miei stivali! – disse l’orco - Dormivate quando il malestro si è incuneato?!”

Inizia una sorta di nascondino tra Puccetto e Olopierno mentre il ticchettio d’orologio sempre più intenso e veloce accompagna i loro movimenti, quasi fosse un metronomo, per poi rallentare fino all’immobilità.

Olopierno:     Che ore sono, Puccio? Nessuno osa dirlo... gli è che i decorsi sono estrosi.

Riprende il ticchettìo e con esso il concitato gioco dei due

Puccetto:       Intanto le ancelle ribelli vanno e scendono, vengono, salgono si fermano, nascondono... direbbero qualcosa al loro padrone, ma lui non sente, non sente, preso com’è a cacciarle…

Olopierno:     Dove sono? Non ci sono più. Sparite! Miracolo! Un istante… le sento, son tornate. Più forti e solerti di prima... Maledizione. Ma chi le ha fatte entrare?

Puccetto: (Saltando da dietro la cassapanca, improvviso) Tu!

Olopierno:  Io?

Puccetto:       Tu.

Olopierno:  Quando?

Puccetto:       Quando eri stanco della tana e lasso

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Non ne cercasti un’altra

Sebbene lo sapessi

Non era quella giusta

Ti accontentasti, mentisti, tradisti

Olopierno:    Cos'altro avrei dovuto fare? Solcare nelle vene, tutte? E per cercare cosa?

Puccetto:       L'oro!

Olopierno:  Guarisce?

Puccetto:       Talvolta.

Olopierno:  E c’è nelle tue viscere un po’ d’oro?

Puccetto:       Non molto forse, ma quanto basta a guadagnare il mondo

Olopierno:  Che bravo Puccetto…

ma quanto basta a guadagnare il mondo.

Si dà il caso che non debba comprare nessun mondo,

Io! Non devo comprare nessun mondo

L’ho già mangiato, il mondo.

Puccetto:       (quasi implorandolo) Dimmi che hai ancora fame.

Olopierno:     E sia, grandezza superna, restate restate, andrò a recuperare l'oro. Da dove riprendiamo, ragazzetto?

Puccetto:       Dal posto più vicino.

Olopierno:     Dal posto più vicino. Da me ad esempio?

Puccetto:       Buono!

Olopierno:     Essendo il sottoscritto l’orco, giusto?

Puccetto:       Giusto

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Olopierno:                                                                                                                            Basta che estirpi una c

Dall’orco ed ecco l’oro!

Puccetto:       Strappa una c dall’orco

Ed ecco un mucchio d’oro!

Olopierno:     Ma questo è solo un gioco di parole, non basta e che non basta.

Pecunia ci vuole, altro che parole. Tanta pecunia! Conti di procurartene? E se si, come?

Puccetto:       Mi cercherò un lavoro. Un bel lavoro.

Olopierno:    Un lavoro. Ah! Che idea balzana. Mi dici Puccetto cosa c'entra la pecunia col lavoro?

Puccetto:       Non c’entra?

Olopierno:  Niente.

Puccetto:       Eppure...

Olopierno:    Niente. Per far denaro ci sono modi in numero infinito, ma lavorare non è certo tra questi. Chi ti inculcò fandonie così bislacche? Qualche anopluro di un tuo antenato? E lui di pecunia, quanta ne fece? Eh?

Puccetto:       (...)

Olopierno:    Come vedi, ragazzetto, qualcuno ti ha infarcito di sante fanfalùche. Punirò la sua innocenza. Stasera t’estirpo un piede, lo cucino in salamoia e poi glielo spedisco. In confezione dono. Con un calicànto. Per colazione. O preferisci all'acqua pazza? Dài Puccio, dài, esercita il tuo gusto. Esercita fin quando puoi.

Puccetto freneticamente si veste e si riveste con gli abiti che Olopierno, tirandoli dal baule, gli ha lanciato. Una divisa da musicante da banda, una toga, una feluca, un elmetto, una corona di spine, un saio, un frak, un casco da pompiere, un camice da

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speziale, un passamontagna, si specchia in una delle porte. Olopierno lo guarda fare, poi inizia a fare lo stesso.

Olopierno:     E dimmi pifferotto, dimmi, cos'è che vuoi fare da grande? Ancora non lo sai, è naturale, non tutti hanno la ventura di una vocazione da onorare.

Puccetto:       Eh, io si che ne avevo, ne avevo e che ne avevo...

Olopierno:     Eh, io si che ne avevo, ne avevo e che ne avevo... le ho consumate tutte, senza sfiorarle mai, pensa che bravo. Le vedi queste mani?

Puccetto:       Non sai quante mosche hanno massacrato...

Olopierno:     Non sai quante mosche hanno massacrato... tante. Sembrava che non volessero finire mai e invece... adesso guarda un po', non ce n'è più neanche una. Maledizione, sono finite davvero.

Corre ancora al baule, quasi ci si immerge dentro

Olopierno:     Mosche, dove siete finite moscucce mie? (riappare dal baule con un piccolo cannoncino tra le braccia, lo punta a casaccio nell’aria)Dov'è finito il tempo in cui voi ronzavate nei meriggi d’estate, nella penombra della mia caverna madida d’ombre candide ammonticchiate... dove adesso siete? (Spara col suo cannoncino) Avrei potuto disegnare - per quanto niente fossi - me stesso, magari sotto forma di stalliere, condottiero, speziale, argonauta, non importa e invece mi son fatto mercatore e ho perpetrato l’uso frusto che è l’offerta peggiore di se stessi. Alla resa, stalliere, condottiero, speziale, argonauta non importa, tutti lo stesso mestiere. Meretrice. Qualsiasi cosa sceglierai di fare, non potrai essere che una meretrice. Per carità, onorevole impiego, ma se è questo che bisogna, è ben superfluo osare un navigar con arte. Si destreggi la parte e senza goffi camuffamenti per miserabili parvenze di dignità, cazzo!

Puccetto:       (rimproverandolo) Ah!

Olopierno:     Eh?

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Puccetto:       Non dire sconcezze!

Olopierno:  Ma…

Puccetto:       Stai zitto non rispondere

Olopierno:  Ma non sei tu a...

Puccetto:       Mangia!

Olopierno:  Non ho fame.

Puccetto:       Chiamo il lupocavallo!

Olopierno:  L’ho già mangiato, il mondo.

Puccetto:       (implorandolo nuovamente) Dimmi che hai ancora fame…

Olopierno:  Certo lo vorrei dire

Puccetto:       Chiamo il lupocavallo!

Olopierno:  Ci ho mal di pancia.

Puccetto:       Lupocavallooo...

Olopierno:  No ti prego non chiamarlo...

Puccetto:       Lupocavallooo...

Olopierno:  Va bene, mangio....

Puccetto:       Lupocavallooo...

Olopierno:    Poi un giorno venne per davvero il Lupocavallo... con un balzo uscì dai lombi squarciandomi la testa di nitriti ululanti lunghi, staffilate taglienti. Io pensavo fosse un drago e invece era Lupocavallo... (trema tutto) Stai calmo, stai calmo! Ti compro il topolino... che bello il topolino, che buono il topolino! (strappa

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qualche pagina dal libro rosso, inizia a mangiarle, poi a bocca piena) Ho finito!

Puccetto:       Lupocavallo…

Olopierno:  Ti compro il pasticcino, buono, al cioccolato, con dentro il tesorino!

Buono il pasticcino...

Puccetto:       Voglio la ruota.

Olopierno:  Ma non adesso, come si fa...

Puccetto:       Voglio la ruota.

Olopierno:  Va bene va bene, ecco la ruota

Puccetto:       Due ruote!

Olopierno:  Due ruote...

Puccetto:       Quattro ruote!

Olopierno:  Quattro, eccoti quattro ruote...

Puccetto:       Carburante!

Olopierno:  Carburante...

Puccetto:       Ali!

Olopierno:  Ali, fa’ attenzione son delicate…

Puccetto:       Eoni!

Olopierno:     Eoni.

Puccetto:       Dio!

Olopierno:     …Dio? Dove lo prendo dio?

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Puccetto:       Mi sono annoiato. Non ci sarebbe qualcosa di più interessante?

Olopierno:     Annoiato? Ma se non hai neanche cominciato a…

Perpetua entra con un rumoroso aspirapolvere ed inizia a prosciugare la sabbia gettata sul pavimento da Puccetto che poc’anzi ha rovesciato il bicchiere.

Puccetto:       Sei noiosa. Noiosa e ridicola. Che compri tutte quelle cose per quel parassita di Lupocavallo!

Olopierno:  Mandiamolo via, mandiamolo via ragazzo mio...

Puccetto:       Cos'hai da supplicare? Non l'ho invocato io. Non l'ho invocato io! (minacciando fisicamente Olopierno, quasi sovrastandolo)

Olopierno: (improvvisamente deciso, con un colpo di reni riprende il dominiodella situazione) Bravo. Non vedi, ma neanche invochi. Sembra tusia dotato di un certo buon senso.

Puccetto:       Eh?

Olopierno: Ma il buon senso non basta. L’idea ci vuole.L’ho già detto. Una sola, mi raccomando…una, l’ho già detto, una e che sia una, una, una, una… non importa quale sia, purché ci si ritorni sempre su su su su su su su su, ipernutrirla fino a farla deflagrare...

FRAAAAAH!

Puccetto:       E se non fa rumore?

Olpierno:        È solo una voglia di panna e lampone.

Puccetto:       Allora sono un’anima perduta. Non ho un’idea, ne ho molte. E non fanno rumore.

Olopierno: Non temere, col tempo andranno via. (prova ad aprire la cassa conun gesto magico ma non riesce) Analnatrà uspàt ètòt doghièn delvè..shaaaa! (ritenta, e la cassa si apre. Dalla cassa fuoriesce una sedia) Analnatrà uspàt ètòt doghièn delvè shaaaa… oh… (tenta di far

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girare la sedia da sola, con gesto magico) Analnatrà uspàt ètòtdoghièn delvè shaaaa… oh… (la sedia, mossa da Puccetto, sembraeseguire i suoi ordini) Per ora, siedi al desco del padrone e mangiaquello che puoi.

Puccetto:       (emulando il gesto magico dell’orco e la sua formula, tenta di accenderele candele) Analnatrà uspàt ètòt doghièn delvè shaaaa… oh…(l’esperimento gli riesce, con suo sommo stupore)

Puccetto si siede al posto imbandito dall’Orco, ha fame ma indugia. Le pietanze che l’Orco ha predisposto non sono invitanti. Sembrano tutte mucchi di sabbia. L’Orco si avvicina cauto a Puccetto, gli guarda i piedi. Puccetto appare preoccupato.

Olopierno:     Puccetto non temere, stasera non mangerò il tuo piede, astinenza, così le idee affioreranno vigorose. Prendine una e spremila fino a vedere il suo grasso che cola... grasso che cola... tanto grasso… valori superiori alla norma

Dal secchio d’oro tira fuori un giornale inzuppato, lo strizza, lo stende poi inizia a leggerlo, mentre Puccetto incerto guarda sulla tavola per individuare qualcosa di commestibile ma nulla appare invitante. Restano in silenzio, mentre l’Orco legge il giornale. Dopo un po’ di silenzio l’Orco riprende a parlare

Olopierno:     Per favore Puccetto di’ qualcosa… parla parla…. Parla! Boia di un

Ermete tre volte porco. Questi giovani… tutti uguali. Cos’è che ti manca, eh? Niente. Neanche tu lo sai. Ti manca. Manca a tutti, ma a te cosa vuoi che importi. Pensi solo ai tuoi ammanchi! Se solo sapessi i sacrifici… le lotte terribili per… hai idea di cosa costi a un Olopierno vivere?

(canzone di una Vita Opulenta)

Due canteroni al mese

Per sostener le spese

Di una caverna adatta

A un orco di rispetto

Natante, biga, aliante,

magari anche la bici. E le vivande!

Due coppie di giamboni

Sei moggia d’orecchiette

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Bottarga burro fresco

Passata di piselli

Alici seppie cozze

Finocchi ed aragoste

Tartufi aringhe bianche

Salsicce di cinghiale

Tre forme di caciotta e vino a fiotti

Ostriche

Anguille spigole linguine

Storione reale

Farfalle al salmone

Lucci marinati

Scaloppe crema di fichi

Salamelle caciocavalli

Pomodori secchi e prugne

Lepri e conigli

Capponi imbottiti

cavalli al gratin

Due fili di spaghetti

Poi l’acqua minerale. Con le bollicine, per fare i flatìni ed ecco che

i baiocchi son belli e che finiti.

Puccetto appare disgustato dall’evocazione di tanto cibo, quasi gli viene da vomitare

Olopierno:     Sale sale, l'immonda voglia di sale sale, una montagna enorme di sale in cui annegare tutta l'assenza di gusto che ammorba le mie linfe. Continuo a salare e tutto appare così sciàpo. Se solo riuscissi a liberarmi di questo ricordo di fame insaziabile, di malacìa che arde la lingua.

Entra Perpetua che con garbo toglie la saliera dalle mani dell’Orco, mentre continua ad agitarla sconsideratamente ovunque. La saliera ha la forma di una clessidra ed è piena di sabbia. Mentre l’orco parla, Perpetua ritorna con una scatolina di pillole, legge inforcando gli occhiali il foglietto delle avvertenze, poi prende una pillolina e la porge all’Orco che non la prende. Perpetua resta immobile.

Olopierno:     Dovrei nutrirmi delle tue trasparenze Puccetto, ma la mia lingua offesa dall'arsura di tanto sale, non assapora più niente.

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Puccetto e Olopierno

Puccetto:       Curiamoci.

Olopierno:     E se poi i medicamenti non sono quelli giusti? E se questo male non andasse inibito ma lasciato esplodere fino all’estreme conseguenze? Hai forse tu compreso il senso di questa malattia? Eh? (Perpetua continua a porgergli la pillolina, l’Orco la prende e la inghiotte) Sai forse tu distinguere il sintomo di una corìzza daltremore che precede l'agonia? E allora, lasciamo che il male si propaghi e compia il suo decorso. L'Orco Olopierno vuole soltanto non rugare il male, a che il male non rughi lui.

Olopierno si prepara a fare il bagno in un bidone di olio lubrificante.

Olopierno:     Io alla tua età avevo già fatto mille mestieri... lo stalliere, il condottiero, lo speziale e l'argonauta. Ma anche il poliziotto, il giudice, il ministro, il netturbino, il giornalista, l’impiegato del catasto, la maestra, il conducente, il medico, lo studente, e in ognuno di essi fui orco capace. (Si immerge nel liquido, per poi riapparire improvvisamente. Puccetto intanto si è avvicinato alle pietanze per mettere qualcosa sotto i denti). Il mercante! Avevouno spaccio... costruito con soldi e sudore!... D'altri, è vero, ma pur sempre soldi e sudore... funzionava bene ed ero pago... ma quando un giorno vidi l’avidità con cui un marjuolo afferrava le mie salamelle e quel sacco di farina, ecco, ho sentito un nodo stringermi alla gola, e allora non ci ho visto più, non ci ho visto più ed ho sparato, sparato, sparato, sparato. È morto, fortunatamente prima che azzannasse le salamelle!

Puccetto:       (Delicatamente, posa quanto aveva preso dalla tavola per mangiare). È uno schifo, una vergogna, e nessuno ci protegge!

Olopierno:     È uno schifo, una vergogna, e nessuno ci protegge!

Puccetto:       E allora dobbiamo provvedere da noi!

Entra Perpetua che asciuga Olopierno uscito dal bidone, stende davanti a lui un asciugamano, a coprirlo, perché si cambi gli abiti bagnati.

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Puccetto e Olopierno

Olopierno:     E allora dobbiamo provvedere da noi! Dice che è morto per un sacco di farina? E le quattro salamelle? Non vogliamo conteggiarle?

Puccetto:       Hai ucciso? Quattro salamelle?

Olopierno: E un sacco di farina. Un brigante in meno, uno dal nome persinoimpronunziabile... ero ora voi state tentando di fare di me un mostro!

Puccetto:       (come a ripetere una frase che ha già sentito mille volte) Lasciatelo in pace è un uomo per bene.

Olopierno:  Sono un uomo per bene!

Puccetto:       (c.s.) Sono sempre gli uomini per bene a pagare per tutti... Dentro i buoni e fuori i veri criminali.

Olopierno:     Insomma si, ho offeso, ferito a morte, ucciso e non soltanto mosche e qualche volta solo per un banale errore di valutazione, per imperizia, per distrazione. Distrazione… Ora dimmi però: il mio crimine è davvero più osceno degli occhi di chi ha visto giusto per vedere e poi non è mutato, e manco ha bestemmiato?

Olopierno con un gesto veloce sfila via la tovaglia con conseguente precipitare di tutto ciò che c’è sopra

Olopierno:     Ma torniamo a noi. Dove c'è un Orco, c'è sempre un tesoro. E allora

forza Puccetto, il tesoro, vieni a vedere cosa c'è in questa cassa...

Olopierno solleva ancora un po' il coperchio, lentamente, poi d'improvviso lo sbatte.

Olopierno:     Non perdere il tuo tempo. Trova, non cercare. Guarda altrove.

Olopierno si corica sulla cassa, si addormenta. L’ombra di Perpetua si muove lenta da una pentola ad una pianta da innaffiare. Puccetto la osserva.

Puccetto:       Non è mica facile pestare i tilomi della vecchia mentre corricchia a passettini affannati dal giardino ai fuochi. Devo cogliere il momento in cui si arresta per girare la brodaglia... e se non mi

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Puccetto e Olopierno

riesce, aspettare il giro successivo. Lei non si ribella, sa che lo faccio solo per divertirmi un po’. Ma il vecchio, è veramente barbaro... e testardo! Per quanto vecchio, continua a ribellarsi ogni qualvolta gli chieda monetine... odio la sua spilorcerìa! Ed è davvero vano spiegargli quanto costi vivere. Niente. Sanno solo lamentarsi di quello che manca e se solo mi ascoltassero talvolta, sentirebbero la voglia di gioire e forse la farebbero propria e non si annienterebbero per ogni cosa… Non sanno neanche immaginare quanto trovi desolante la loro distrazione triste messa al cospetto del bisogno di giocare mio. Ma io continuo a voler loro bene, perché sono figlio... e i figli amano i loro genitori! E se talvolta li ammazzano, avranno i loro motivi! Talvolta incomprensibili... (si avvicina minaccioso all’orco che dorme, con il cannoncino)

Olopierno:  (nel dormiveglia) Non posso crederci... un giovane così tranquillo

e sorridente, silenzioso, riservato, un ragazzo modello....

Puccetto:       La rabbia scava baratri nell’incuranza (sta per colpirlo).

Olopierno: (nel dormiveglia) Oh la mia testa. Volgersi sul fianco ognimomento. Potesse lo spasimo del corpo sorgere alto e seguire l’alta vertigine del canto, il suono del mio lungo malèstro...

Puccetto:       … velati da buona educazione

Olopierno: (riprendendosi di botto, spaventando Puccetto che salta viagettando per aria il cannoncino) Hai detto educazione?Educazione… non afferro come parole levigate possano adombrare sensi gravidi di obbrobrio... sai Puccio ho esplorato gli interstizi del verbo e qualche volta ho scovato un che d’interessante. E– ducare… ex-ducere… condurre fuori, cavare fuori se vuoi… questo vuol dire e-ducare. Ma se quello che si estrae dal pozzo andasse lasciato nell’ombra? Se ciò che è dentro è solo rancore, malanimo, risentimento, dolore?

Puccetto:       In questo senso anche un assassino è una persona e-ducata… qualcuno gli ha tirato fuori tutto quanto di stonato si trascinava in corpo…

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Puccetto e Olopierno

Olopierno: … senza trasmutazione. Senza spendere un briciolo di cura acoltivar l’orecchio. Ci si è ingozzati di parole cave come nicchi di limacce. Libertà, onore, coraggio, impegno, presenza… parole così… che solo a sentirle ti si gonfierebbe il petto mettendoti in ondoso moto gambe, anche e braccia (accenna a dei passi di goffa, elegante danza). Se non fosse che tutta la sostanza si è sfumata.Per questo dico che le parole andrebbero soppresse. Concordi, bambino mio? La mia idea, vedi Puccetto, è quella di cerchiare il mondo dentro una parola sola. Ruberò tutte le parole del mondo, così intorno non ci sarà più che silenzio... (ripetendo col movimento delle labbra) solo silenzio.

Apre lentamente la cassa

Olopierno:     Le raccoglierò in questa cassa - e non ti azzardare ad aprirla che ti faccio a dadini - toglierò loro l'ossigeno così non vibreranno più e quando verrà il tempo dell'ultima vendemmia, vedremo palpitare al fondo, tra resti di parole morte, l'unica sopravvissuta. La prenderemo, la stenderemo sottile e sciah, con quella avvolgeremo l'infinito e giù in un boccone, così noi stessi resteremo infiniti. E con noi, quello che abbiamo creduto d’amare.

Nel silenzio della pantomima una musica che ricorda la dolcezza inquietante della Passacaglia BWV 582/1 di J.S. Bach, ancora dissonante e intessuta da rumori. È la stessa delle sirene iniziali, ma adesso s’intravede un filo d’armonia. Puccetto e Olopierno, immobili, vedono apparire Perpetua fantasma di sabbia, che col suo passo trascinato si avvicina all’Orco e gli getta sulle spalle una coperta. Poi silenziosa riordina gli oggetti e gli abiti gettati alla rinfusa dai due.

Olopierno:     (riferendosi a Perpetua) Inorridisci Puccetto, guarda come si è ridotta. Dovrei finirla, ma gli avanzi mi danno disgusto.

Puccetto:       Potrei finirla io…

Olopierno:     Se hai fame.

Puccetto:       Certo non è invitante.

Olopierno:     Se tu sapessi chi era quando incrociammo i primi passi della nostra passacaglia... che concitazione, che turbamento quando la

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Puccetto e Olopierno

conquistai… ma conquistare non basta. Bisogna curare ciò che si è conquistato. Probabilmente l’Orco François Marie aveva ragione: bisogna coltivare il giardino. In mezzo a cellule ammattite, coltivare un giardino. Un giorno grazie a questo lavoro, forse ci saranno nuovamente fiori, frutti veri, i bambini nasceranno sani, mangeranno e tali resteranno. Se nessuno s’occupa del giardino, non ci saranno più bambini.

Puccetto:       E allora? Sarebbe forse un gran male?

Olopierno:     Eh?

Puccetto:       Sarebbe forse un gran male?

Olopierno:     No. Ma il giardino va coltivato lo stesso.

Puccetto:       E tu lo hai coltivato?

Olopierno:     Ovvio che no. Sono un orco. Ne ho comprati, questo sì. Tanti, ne ho comprati.

Puccetto:       Perché?

Olopierno:     Per rendere passabile la vita?

Puccetto:       Perché?!

Olopierno:     Non devi farmi domande, tu.

Puccetto:       L’hai resa felice? (fa una smorfia come per dire “non si direbbe”)

Olopierno:     Tutto le diedi, tutto. Ci aiutammo a sfiorire. Il fato ha reso il resto.

Puccetto:       Il fato?

Olopierno:     Sembrava musica incarnata, ed io suonandola ogni giorno, la ripetei due o tre, sei volte. Poi la imparai a memoria... e fu lo sfascio di ogni desiderio. Puccetto, non si fa! Nulla si deve

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Puccetto e Olopierno

imparare a memoria, nulla, neanche il proprio nome. Come ti chiami?

Puccetto:       Non mi ricordo!

Olopierno:     Bravo. Dimenticare, obliterare, smarrire ogni traccia di ricordo e in fretta. Ricominciare ogni volta come la prima, oppure l’ultima. E invece…

(canzone dell’oblio)

Mandandoli a memoria

Si annullano i sapori

Non dicono più niente

Un po’ per volta senza

Che nulla in apparenza

Segnali il cambiamento

Del tempo poco resta

Senza una spiegazione

Senti soltanto il male

Che cresce nella briga

Del sempiternamente

Uguale e disseccato

Uggioso frusto rito

della riproduzione

D’inutili se stessi

Senza un motivo pieno

Che non sia quello di vendere se stessi

Signori, eccolo a voi

servito lo sformato

di guano

bifronte della vita!

Puccetto:       Pensare che Mosè fece sgorgare l'acqua dalle rocce, Giosuè fermò il sole e Daniele fulminò con uno sguardo i leoni nella fossa. Due le ipotesi: o troppi fanno poco o pochi fanno troppo. Ci vuole una misura, eh Orco?

Olopierno:     (senza ascoltarlo) Ti sei depresso a sufficienza Puzzettino? No? Comprendi cosa cerco di spiegarti? (Puccetto fa segno di no scuotendo timidamente la testa) Meglio così. Tutto ciò che

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Puccetto e Olopierno

possiamo fare è riordinare, null'altro, Puccetto. Sii ordinato. E' in questo modo, bambino mio, che potrai farti largo nella vita.

Puccetto rimette in ordine gli oggetti tirati a casaccio dall’Orco

Olopierno:     (guardando Puccetto ricomporre paziente gli oggetti) Che fai, ubbidisci?

Puccetto:       Rimetto ordine.

Olopierno:     Pensi davvero ti possa salvare rimettendo ordine?

Puccetto:       No ma…

Olopierno:     (aggressivo come un sergente che addestra una recluta) Come? Cosa dici, non capisco, alza la voce!

Puccetto:       Rimetto ordine, signore.

Olopierno:     Urla, altro che ordine e misura! Strepita! Prendi la mira e spara strombazzate, sbraita, simula sdegno e coraggio, ammazza, violenta fin quando un buco impenetrabile si spalancherà ed una volta dentro, allegro... allarga fino a quando quella crepa non si trasformerà in corte felice e i tuoi seguaci vorranno stare al fianco tuo per onorarti, fedeli ed invidiosi. E tu lì a compulsare… tu si, tu no, tu si, tu no…

Puccetto:       Tu si, tu no, tu no, tu no, tu si, tu si...

Puccetto danza trionfale la danza del condottiero elegante su una musica marcata da tamburi, l’Orco rivolgendosi ad un immaginario pubblico

Olopierno:     Signori, ammirate l’eleganza con cui l’eroe muove i suoi passi lungo strade già da altri battute, ma dalle quali egli virtuosamente seppe cassare ogni altra orma imprimendo la sua decisa, (di nuovo a Puccetto) e se gli altri vedranno in te l’eroe che viene asalvare, buon pro per loro, perché potranno ancora delirare guardando le tue imprese audaci. Non mancherà chi riconosce in te il cialtrone, qualcuno spregerà i tuoi modi poco urbani ma anche questo fa parte del gioco. Intanto dal tuo canto, conquistata

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Puccetto e Olopierno

la tua crepa e impinguata la tua schiatta, se proprio si renda necessario, mostra d'essere uomo pio di misericordia pieno, e allora ancora si dirà viva Puccetto, sembrava un Orco e invece è l’homo novus, viva Puccetto!

Puccetto continua beato a danzare la danza del condottiero vittorioso. L’Orco lo guarda con disappunto poi brusco, gettandolo giù dalla cassapanca su cui è saltato

Olopierno:     Scendi di lì, imbecille.

Puccetto:       Ma è un gioco. Non è sul serio, mica è sul serio…

Olopierno:     Sapessi come è facile presumersi reali. Se proprio vuoi dar fuoco alla virtù… volere, sapere, dovere e potere. Come un unico fare. Scava nell’infinitesimale, nell’infimo, nell’imo, nel quasi nulla.

L’Orco ansima per lo sforzo della tirata di poc’anzi. Puccetto gli si avvicina per vedere come sta, lui brusco l’allontana, si accascia accanto alla cassapanca, la apre lento, sembra quasi che ci si voglia immergere dentro, quasi in essa sparisce. Poi riappare all’improvviso con un oggetto tra le braccia

Olopierno:     Guarda cosa ho ritrovato nelle carabattole di qualche mio antenato (tira fuori un improbabile cavallino a dondolo a due teste, l’una opposta all’altra).

Puccetto:       Cos'è?

Olopierno:  Non vedi cos'è?! Un malestrìno…

Puccetto:       Un malestrìno?

Olopierno:     … a dondolo!

Puccetto:       A dondolo?

Olopierno:     A dondolo, a dondolo! Non vale niente, ma non voglio disfarmene…

Puccetto:       Perché?

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Puccetto e Olopierno

Olopierno:     Perché non vale niente. E poi mette allegria. Talvolta lo monto e

mi ci dondolo, dondolo e ridondolo...

Puccetto:       Dondolo e ridondolo… Dondolo e ridondolo… (lavorando intorno almalestrino, scrutandone i contorni) Vagolavo tra i flutti ed i rifluttidel malestrìno a dondolo, quando d'un tratto, non poco lontano, udii uno strepitìo di voci... Avvicinandomi intravidi un angelo che nel frullìo dell’ali chiedeva aiuto all'universo e dietro lei un Orco infuriato che, ghermendolo, tentava d’infilarlo in una bottiglia. Così sembrava, almeno.

Olopierno:     Come vuoi che ti chiami, malestrìno a dondolo?

Puccetto:       Dindì.

Olopierno:     Dindì. Ti chiamerò Dindì. Ed ora che ti ho dato un nome, posso dire che esisti.

Puccetto raccoglie un carillon, lo poggia sulla pedana che fa da cassa armonica, ne gira la manovella.

Olopierno:     Vagolavo tra i flutti ed i riflutti del malestrìno a dondolo, quando d'un tratto, non poco lontano, udii uno strepitìo di voci...

Avvicinandomi intravidi un angelo che nel frullìo dell’ali chiedeva aiuto all'universo e dietro lei un Orco infuriato che, ghermendolo, tentava d’infilarlo in una bottiglia. Così sembrava, almeno. Scendo dal malestrìno e tosto mi rivolgo all'Orco:

Puccetto:       “Se lei conserva ancora un briciolo del suo sentire, la scongiuro, abbia rispetto della bellezza, almeno!”

Olopierno:     Si, proprio così dissi…

Puccetto:       “Ha davvero il coraggio di vìolare il capodopera della natura che palpita ai suoi piedi?”

Olopierno:     (annuendo) … e l'Orco a me: “Ah! Costui è un altro spasimante di questa spudorata etèra! E allora punirò te e valga per tutti quelli che l’hanno concupita a mia insaputa!”

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Puccetto e Olopierno

Puccetto:       Era uno geloso...

Olopierno:     Mollò i fondelli della donna e in un lampo afferrò il coltello per sferrarmi un fendente ma io, fulmine più di lui, mi defilai sfilando fuori il mentulo acuminato. Un solo istante e poi lo scintillìo di lame… e tira di qui, para di là, sferra, punta, affonda, striscia... in quattro battute la gola dell'Orco è sotto minaccia di pungente arnese...

Puccetto:       “Ah ti prego ti prego, pietà mercé, risparmia il tapino”

Olopierno:     … gloglotta l'Orco ed io mosso a pietà, graziare lo volli graziare… ma proprio nel mentre che allento la presa, sferra il ribaldo un altro fendente ferendo l'addome di me pietoso...

Ma sei uno scellerato!

Tu vuoi morire? E muori!

un... tre... no... qui... se... di... di...

di…ve... ve… tre... tre... tre...

trentasei mentulate...

e ancora trentasette...

trentotto... trentanove.

Era morto da un pezzo ma il mentulo

voleva non giacersi in alcun modo.

L'odore ferroso e dolciastro mi aveva inebriato

quaranta quarantuno

quarantadue... quaran..

Puccetto:       Basta! (gettandosi sulla testa un cuscino, quasi a coprirsi dai colpi)

Olopierno:     Gridò la donna che piangeva sul tritato d’Orco... “Mi creda, signora, non volevo ucciderlo... in ogni caso, lei è affrancata dal tiranno più crudele e rozzo ch’ abbia mai incontrato... posso fare altro per lei?”

Puccetto:       (da sotto il cuscino) Si.

Olopierno:     “La prego, dica pure...”

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Puccetto e Olopierno

Puccetto:       “Ucciditi.”

Olopierno:     “Uccidermi? Io?”

“Hai ucciso il mio amante prediletto. Ahhhh, il mio amante!”

“Mi permetta di postillare, graziosa signora, che lei ha scelto un amante alquanto guasto. Ha tentato d’infilarla in una bottiglia e di annichilire me che sono accorso in suo aiuto...”

“Me l'ero meritato, l'avevo ingelosito. Vorrei tanto che lui mi

possedesse ancora… vorrei tanto che tu non fossi nato. Mai!”

“Signora, lei m’inceppa. Dovrei forse a parziale ammenda del

danno procacciato, io stesso conculcarla, ma prenda atto del fatto

che ciò non mi conface e allora, se lei permette... andrei.”

Ripresi a cavalcare il malestrìno ma in capo a qualche istante di

nuovo udii la voce della donna starnazzare da lontano... l'Orco

macinato si era ricomposto e aveva ripreso a posseder la donna ed

ella, dal suo canto, non ebbe alcun pudore a richiamarmi in causa

ma io mi declinai… ripresi a vagolare. Morale della favola… morale

della favola. (Ripete in intonazioni varie la frase “morale della

favola”, quasi a cercare in essa una conclusione che non trova, e

intanto, con modi maldestri, cerca di smontare il malestrino) Sei

ancora sveglio, Puccetto?

Puccetto, steso sulla cassapanca ha ancora il cuscino in testa, come se non volesse continuare a sentire la storia dell’Orco. L’Orco ripone il suo malestrìno a dondolo, va a stendersi sulla cassapanca. Prende un lume, lo accende, lo pone accanto al ragazzo, poi inizia con le dita ad intrecciare delle ombre.

Olopierno:     (muovendo le dita) Ehi, Puccio… Puccio! Questo che sembra?

Puccetto:       (assonnato) Un Lupocavallo?

Olopierno:     Bravo. E questo?

Puccetto:       Non so… un drago?

Olopierno:     Un drago?

Puccetto:       Le ali puntute…

Olopierno:     Non volevo fare un drago.

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Puccetto e Olopierno

Puccetto:       Cosa, allora?

Olopierno:     Questo, ti sembra un calicànto?

Puccetto:       Non lo vedo…

Olopierno:     (intrecciando ancora le dita) E questo?

Puccetto:       Questo mi sembra un calicànto.

Olopierno:     (contrariato) È la stessa ombra di prima.

Puccetto:       Ah si?

Olopierno:     Si. Due volte la stessa ombra. Prima ti ho chiesto “ti sembra un calicànto?” e tu hai risposto “No”. Poi ti ho chiesto solo “cosa ti sembra?” e tu hai risposto “un calicànto!” e l’ombra era la stessa… perché?

Puccetto:       (…)

Olopierno:     Allora, Puccetto?

Puccetto:       Sei ancora sveglio?

Olopierno:     Cercavo una risposta…

Puccetto:       Non ce l’ho…

Olopierno:     Io ce l’ho. Ce l’ho, ce l’ho, ce l’ho

(canzone del calicànto)

Olopierno:     Se io dico “ti sembra un calicànto?” nell’ombra, cercherai la compiutezza e di quel fiore niente tu coglierai.

Se invece dico appena “che ti sembra?”

Tutto vedrai di quel che al calicànto

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Puccetto e Olopierno

Un tanto rassomiglia

è così?

Puccetto:       (…)

Olopierno:     … è così o no?

Puccetto:       Cambiamo i fiori

Olopierno:     Guarda nell’ombra, Puccio, prima che l’orco le mangi tutte. Non cercare compiutezza.

Puccetto:       Non cerco.

Olopierno:     Perché sei venuto qui?

Puccetto:       Per venirti a trovare.

Olopierno:     Non c’è speranza, Puccio.

Puccetto:       Ma sono venuto. Cambiamo i fiori.

Olopierno:     Ha un senso questo ardire, Puccio?

Puccetto:       Domandalo ancora

Olopierno: (tappandogli la bocca per non fargli completare la frase) AlloraPuccio, qual è il senso della nostra favola?

Puccetto:       (cerca di rispondere ma l’Orco continua a tenergli tappata la bocca)

Olopierno:    Bravo Puccetto. Niente. Le favole non insegnano niente. Ciò non affranchi alcuno da immaginar la propria, purchè non ci si invischi al punto da crederla reale. Pietà per l’altrui favola, se è questo che vogliamo per la nostra (sta quasi per soffocarlo, poi lo lascia scappare. Puccetto corre via impaurito). Ah Puccetto, godibeato questa prigionia. Tutte le tue paure, tutte circoscritte nel cerchio della tana (indossa un cappuccio da boia, senza i fori degli

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Puccetto e Olopierno

occhi, ed inizia a tentoni ad inseguire Puccetto). È una grandeventura sbattere addosso a un nemico che ha un nome e una faccia. Pensa al giorno in cui ti sentirai braccato da un Orco senza tratti (toglie via il cappuccio), che polpo si insinua tra gli interstizi dei tuoi desideri e che quando meno te lo aspetti, inizia a sbatacchiar mille tentacoli per sconquassare i tuoi progetti e suggere le parti molli dei tuoi sogni. (Puccetto spaventato comincia a singhiozzare) E va bene Puccetto, non piangere, nonpiangere, non piangere ho detto! D'accordo, celiavo. Coraggio esci fuori, non temere, non ci saranno altri orchi al di fuori di me, te lo prometto. Anzi, sai che ti dico? Gli orchi non esistono.

Puccetto:       No?

Olopierno:  E no che non esistono!

Puccetto:       Malvagi?

Olopierno:  Malvagi? Di che parli!

Puccetto:       Il male?

Olopierno:     Pura invenzione da baciapìle. Tutto lì fuori è un rampollar di doni che potrai cogliere oppure pigramente declinare. Nulla che non possa essere salvato, trasformato in oro.

Puccetto:       Strappa una c dall’orco

Ed ecco un mucchio d’oro!

Olopierno:     Che i misfatti accadano è cosa naturale ma ciò che è greve, è l’accidia di chi lascia che essi accadano senza nulla agire perché il consesso ne abbia a giovamento. Comprendi che intendo? (Puccetto annuisce) Si? (Puccetto fa cenno di no col capo) Bravo. Il criminale è mercanzia attraente, egli seduce, avvince, come le corse delle bighe, le cerimonie dei sovrani e i loro tradimenti, le disgrazie, le stragi, i dibattimenti, le sentenze… Sono momenti di d’intrattenimento, e allora… che si diano in pasto alla piazza, e che si versi un obolo per la delizia.

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Puccetto e Olopierno

Puccetto:       Terribile quello che dici…

Olopierno:     A dirle, le cose sembrano di norma più infernali di quanto non appaia a farle. A tacerle c’è il rischio che qualcuno le faccia per davvero e quando vengon fatte, le cose perdono la gravità dell’incubo. E allora, dov'è il male? Eh? Dov'è il male? Nelle ombre non colte, nel vedere solo ciò che si mostra, alla luce. Quando raggiungono la luce, le cose hanno già detto tutto e quando non c’è altro da dire... Ah! (Ha una fitta di dolore, si accascia su se stesso)

Musica, al buio.

Puccetto:       Completa la frase!

Olopierno:     Niente, se non vedi niente.

Luce di nuovo. Olopierno riappare vestito di sabbia, steso sulla cassapanca. Accanto a lui la grossa clessidra, ormai giunta quasi agli ultini granelli. Puccetto, trasformato in grossa marionetta identica alla piccola con la quale Olopierno ha fino a quel momento interloquito, prende la valigia dell’orco, la apre, è vuota.

Olopierno:     Il tempo è poco Puc, sei diventato adulto e ancora non hai imparato nulla. Vergognati.

Puccetto:       Credo sia ora di andare.

Lunga pausa di silenzio. Puccetto raccoglie alcuni oggetti ed abiti di Olopierno, sembra che stia facendo i bagagli per andare via. Olopierno sembra angosciato da questa possibilità.

Olopierno:     (come per trattenerlo) Voglio darti un'altra chance. Ti racconto un’ultima favola. E se riesci a dirmi come va a finire…

Puccetto:       L'Orco Olopierno non mangerà più le ombre.

Olopierno:  Te lo prometto.

Puccetto non sembra credere alla promessa dell’Orco, continua a preparare la valigia.

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Puccetto e Olopierno

Olopierno:     (quasi supplicandolo) Te lo prometto.

Puccetto cede alla promessa, un gesto di pietà.

Puccetto:       Sentiamo.

Olopierno:     L'Orco degli orchi un bel giorno si risvegliò, tirò fuori dal taschino della camicia a fiori il suo taccuino e cominciò a vedere cos’altro c’era ancora da inventare per quel giorno. Spuntava l’elenco con un raggio di sole… Un due tre quattro cinque sei…

Puccetto:       Sette otto nove dieci e undici e dodici…

Olopierno:     (accavallandosi) Giunto al fondo della lista disse: “ma guarda un po’, ho già inventato tutto”.

Olopierno:    Odoroso di talco e di tabacco, l’orco degli orchi contento s’adagiò per poi godere il frutto del suo immaginare. Intorno intanto il resto silente attendeva da lui istruzioni.

Puccetto:       Perché?

Olopierno:    Seccato dal silenzio, sbottò d’un tratto: “Suvvia, fatemi dono di un vostro commento!” Intanto, fra gli astanti, avanzò un carciofo e disse: (emette goffi suoni gutturali senza senso)

Puccetto:       Che aveva?

Olopierno:  Ecco, non avevano parole...

Puccetto:      Ce n’era bisogno?

Olopierno: Gli è che non avevano ancora un nome, e l’Orco allora chiamò ungruppo di gnomi e ad essi disse: “date i nomi, date i nomi! I nomi!” E gli gnomi diedero i nomi a tutte le cose dell’universo.

Puccetto:       “Splendido lavoro, va bene, va bene... e ora che ogni cosa ha il proprio verbo, andate e giocate.”

Olopierno:  Giocate. Ma dopo un po’ si fece avanti un serpentello e sibilando

disse: “Abbiamo i nomi, sicuro, ma tu pensi che basti, o nostro

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Puccetto e Olopierno

splendente solitario sole, a far sì che l’universo si metta soddisfatto in corsa?”

Puccetto:       Perché, cos'altro mancava?

Olopierno:    La trama. Mancava la trama. E l'Orco degli orchi, ancora una volta trovò la soluzione:

Puccetto:       “Bandisco una tenzone e premierò chi proporrà l’ordìto più appropriato!”

Olopierno:    Piacque l'idea all'universo intero e tutti nel ronzio del cosmo si cimentarono a tracciare intrecci d’ogni risma e taglio. Ma quasi tutti, nella foga del disegno, dimenticarono sé stessi. L'Orco degli orchi sentì allora raccontare di vittorie su infedeli, di scoperte mirabolanti, di fondazioni d’imperi e di eroi salvatori… ma lui che ha occhio e orecchio, s’accorse che… Caino e Abele, Eteocle e Polinice, Giano Bifronte, Erosso e Tanatosso.

Puccetto:       La sempiterna storia del chi vince e del chi perde.

Olopierno:    … ma non mancò chi colto dal morbo dell’orgoglio… orgoglio… al Semprimpiedi si rivolse e disse: “Orco degli Orchi, di tutte queste trame, quale sarà quella più degna di vittoria?”

Puccetto:       “Tutte”

Olopierno:  Tutte? Non credi siano un po' tante tutte?

Puccetto:       No.

Olopierno:    Chiuso il discorso, l’Orco degli Orchi di sottecchi colse l'homo precipitoso trascinarsi con lo sguardo vuoto.

Puccetto:       Perché vuoto?

Olopierno:  Il motivo. Mancava il motivo.

Puccetto:       Cercalo tu il motivo

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Puccetto e Olopierno

Olopierno:  “Orco Padrone, fa’ che il motivo non resti un mistero...”

Puccetto:       Mistero?

Olopierno:  Mistero

Puccetto:       Non ho mistero

Olopierno:     “Lo voglio!… Lo voglio…”

(canzone del camminatore)

Olopierno:     Ed a quell'uomo e ad altri come lui s’offrirono gli indizi e ombre di ponti, modi infiniti per non implorare, non chiedere o aspettare, lavorare per non una ragione sola

ma per mille nobili motivi lievi

Ed a quell'uomo e ad altri come lui

catene di eventi e di aspri sforzi,

per riconoscere negli accidenti

di una fatalità ampollosa e ottusa,

la mano infallibile, e sapiente

e brancolante dell’istinto puro.

Non una storia sola da cantare,

terre da carezzare, e sterminati

chiodìni di caso da coltivare

per fare frutti di senso succosi,

e grandi desideri da serbare

in un pugno, per poi lasciarli andare.

E piedi per attraversare, diede.

Fai quello che puoi, che devi e che vuoi

- disse - ma sappi che fai.

E nel precipitare nero l’homo

serbò memoria di confusa voce.

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Puccetto e Olopierno

Puccetto, trasformato ormai in uomo, ha intanto preparato la valigia riponendo in essa tutti gli oggetti e gli abiti dell’Orco, glie l’ha posta accanto, poi in silenzio siede al fianco dell’Orco, che all’improvviso sembra risvegliarsi da una lunga agonia

Olopierno:     Eccomi padrone…

Puccetto:       Padrone?

Olopierno:     Ho percorso la strada. Ora dimmi. Una parola…

Puccetto:       Allacciati le scarpe (gli offre la valigia che intanto ha preparato)

Olopierno esce, riprendendo a camminare a mani vuote, dopo avere rinunciato alla sua valigia e al suo bastone

Entra Perpetua non più di sabbia, che con passo leggero si avvicina a Puccetto, gli porge un bicchiere d’acqua, sedendosi poi accanto, con un sorriso che appena s’intravede. Puccetto beve, poi accosta il bicchiere all’orecchio e ascolta da esso provenire voci leggere di un coro. Buio in dissolvenza, musica in assolvenza, brusca sua interruzione, poi il rumore di un cristallo in frantumi, e infine musica ancora.

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