Quando la fibra è forte

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Quando la fibra è forte di Giuseppina Cattaneo

AUTRICE

GIUSEPPINA CATTANEO

         

http://giusicopioni.altervista.org/

POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077

Codice opera Siae 922724A

TITOLO

QUANDO LA FIBRA

E’ FORTE

COMMEDIA IN DUE ATTI

Personaggi

GISELLA figlia

CARLA mamma

DON GAUDENZIO parroco

IGNAZIO addetto pompe funebri

AGNESE moglie di Marino

MARINO figlio di Carla

VALERIA vicina

ERMINIA cugina

LADRO

CIRILLO dottore

TRAMA

Nonostante le vogliano bene, i figli e la nuora di un’anziana signora, tentano in tutti i modi di liberarsi di lei. Convivere con la mamma è impossibile, ma ogni tentativo fallisce per inconvenienti o semplicemente per la forte fibra della donna che malgrado l’età avanzata è lucida in corpo e in spirito. Come finirà? Finirà con un colpo di scena.

ATTO PRIMO

A casa di Gisella. Porta a desta, a sinistra e al fondo.

SCENA I

Gisella e parroco

GISELLA. Spero proprio che arrivi il prima possibile. Se non arriva presto, sono sicura che non mancherà di farmela pagare. Non è una persona cattiva, ma ha un carattere tremendo. Ma che volete è pur sempre ... (viene interrotta).

PARROCO. (Entra da destra con una piccola valigetta) eccomi. Questa è la volta buona?

GISELLA. Si, si don Gaudenzio, questa volta ci siamo proprio.

PARROCO. Preparo subito i miei attrezzi da lavoro.

GISELLA. Si, si, faccia pure.

PARROCO. (Apre la valigetta e li cerca) dove sono ...

GISELLA. Va tutto bene signor parroco?

PARROCO. Sono uscito in fretta da casa e non ho controllato la borsa e vuoi vedere che ... (cerca sempre nella valigetta).

GISELLA. (Alzando la testa in alto) oh Signur! Con tutti i parroci bravi e coscienziosi che esistono, perchè proprio questo parroco dovevi mandare nella nostra comunità!?

PARROCO. Forse, è dentro questa tasca.

GISELLA. Si sbrighi. (Al pubblico) a parer mio, questa di non trovare gli oggetti è una scusa bella e buona perchè è risaputo che questo paese non gli è mai piaciuto. Il paese dove esercitava prima era ricco e lui, li, ci stava bene, ma qui invece di soldi non ce ne sono e perciò non fa al caso suo. Pensate che ho sentito addirittura dire che gli sarebbe piaciuto buttarci una bomba. Non mi credete? Ho dei testimoni.

PARROCO. Che sta dicendo di me al pubblico?

GISELLA. (Affrettandosi) nulla, nulla.

PARROCO. Non c’è, non lo trovo.

GISELLA. Le manca qualcosa?

PARROCO. Solo l’olio santo.

GISELLA. “Solo”? Scusi, come può dare olio santo a una moribonda se non ce l’ha? (Al pubblico) mi capite ora?

PARROCO. Gisella, ha per caso dell’olio in casa?

GISELLA. No. Non tengo olio santo in casa, questa non è casa di un parroco.

PARROCO. Non chiedevo un olio santo, ma un semplice olio.

GISELLA. Olio normale quello ne ho.

PARROCO. Allora me lo dia.

GISELLA. Ma ... come?

PARROCO. Non si deve preoccupare, lei mi dia l’olio che poi io lo faccio diventare santo.

GISELLA. (Preoccupata) ma ... è sicuro?

PARROCO. Ovvio, recito delle formule, dopo di che, l’olio è santificato.

GISELLA. (Al pubblico) e così poi quando lo cucinerò diventerò santa pure io.

PARROCO. Non credo ci sia questo pericolo.

GISELLA. (Apre l’armadietto) che olio desidera? Di oliva o di mais?

PARROCO. Non ha quello extravergine?

GISELLA. No! Gli oli sconci io non li tengo in casa mia.

PARROCO. Mi dia allora quello di oliva.

GISELLA. Eccolo (glielo da).

PARROCO. Mi dia anche un bicchiere per favore.

GISELLA. (Prende il bicchiere) ecco qui il bicchiere.

PARROCO. Ora ci versi due dita di olio.

GISELLA. E poi cos’altro devo fare? (Lo versa).

PARROCO. (Lo prende) viene anche lei di là?

GISELLA. L’olio è il mio e ho tutto il diritto di accompagnarla. (Escono tutti e due al fondo).

SCENA II

Marino e Agnese

MARINO. (Entrano di corsa da destra mentre si stanno vestendo simpaticamente) sempre nel momento meno opportuno. La nostra fortuna è abitare sopra questo appartamento.

AGNESE. Sapessi che fortuna! Sbrigati. Tua sorella sarà già nella stanza col parroco.

MARINO. Un attimo che finisco di sistemarmi. Non entrerò con i pantaloni calati!

AGNESE. Abbottonati quella camicia. Madonna santissima! Se ti vede il parroco con quei capelli spettinati, chissà che potrà pensare.

MARINO. Non potrà che pensare che il pomeriggio io schiaccio un pisolino.

AGNESE. (Al pubblico) da solo, io non c’ero.

MARINO. Agnese, il nostro pubblico non è stupido. Li vede anche lui i tuoi capelli spettinati.

AGNESE. Zitto. Speriamo di non essere arrivati tardi.

MARINO. Ma no, vedrai. (Al pubblico) magari!

AGNESE. Siamo pronti?

MARINO. Prontissimi.

AGNESE. Guardami un attimo?

MARINO. Cosa c’è che non va?

AGNESE. Marino, dovresti avere un’espressione triste.

MARINO. Quante storie. La mia espressione è perfetta. (Sta per muoversi).

AGNESE. Non va bene. Di là c’è don Gaudenzio, e io non voglio che tu faccia brutte figure.

MARINO. Mostrami tu allora come deve essere il mio viso “triste”.

AGNESE. Guarda me. (Fa una faccia triste).

MARINO. (Cerca di imitarla ma sbaglierà in modo simpatico).

AGNESE. Non così. Guardami.

MARINO. (Riprova ma sbaglierà sempre in modo simpatico).

AGNESE. Non così! Ma così!

MARINO. (Riprova nel modo corretto).

AGNESE. Eh, così non è male.

SCENA III

Marino, Agnese e Valeria

VALERIA. (Da fuori scena a destra) eccomi.

MARINO. E ti pareva che lei non arrivasse.

AGNESE. Intanto tu va, io arrivo fra poco.

MARINO. (Prima di entrare al fondo, al pubblico indicando Valeria) questa, se non è qui è di sopra a casa nostra.

VALERIA. Allora ci siamo? In queste circostanze non si sa mai che cosa dire ... (si accorge dei capelli spettinati) perchè sei spettinata?

AGNESE. Io?

VALERIA. Si. Non ti sei specchiata stamane?

AGNESE. (Fra sé) aveva davvero ragione mio marito. Si, non mi sono specchiata e dalla fretta non ho avuto tempo di pettinarmi.

VALERIA. (Allusiva) il tempo per far altro, quello lo si trova sempre. Vero?

AGNESE. Tu sposati e vedrai che avrai anche tu i capelli in disordine.

VALERIA. Cara, per aver i capelli “in disordine” non si deve per forza essere sposata.

AGNESE. Immagino, però ti ricordo che in “quelle situazioni” ci si deve accorgere perchè poi le persone potrebbero pensare male.

VALERIA. Ti ricordo, che hanno inventato il pettine. E io lo uso.

AGNESE. Valeria, per favore non farmi perdere tempo, devo entrare nella sua stanza e credo proprio che sia per l’ultima volta.

VALERIA. Avete già chiamato le pompe funebri?

AGNESE. No. Non dovevi farlo tu?

VALERIA. Io?

AGNESE. Tu si. Quando mi ha chiamata mia cognata, mi ha detto che dopo aver chiamato il parroco ha chiamato te perchè tu a tua volta chiamassi le pompe funebri.

VALERIA. Oh Signur, me lo ero scordato! Dopo la sua telefonata (facendo la smorfiosa) è arrivato il mio ... “bello” ... e così non l’ho più fatto.

AGNESE. Va là “bello” ... (al pubblico) ha un naso!

VALERIA. Che vuoi dire? Pensi che sarebbe stato più attraente con “due nasi”? Vado subito a chiamare mio cugino che lavora alle pompe funebri. (Esce a destra).

AGNESE. Io avrò i capelli per aria, ma lei è tutta per aria! (Preparando la faccia triste. Entra al fondo).  

SCENA IV

Parroco, Marino e Gisella

PARROCO. (Dopo qualche secondo rientra dal fondo) basta!

AGNESE. (Si affaccia alla porta) calmalo tu, io rimango di qui.

MARINO. (Rientra dal fondo) don Gaudenzio, non faccia così.

PARROCO. Marino, sono stanco!

MARINO. Sono mortificato ... non capisco come mai va sempre a finire così!

PARROCO. La prossima volta, non chiamatemi. Sono stato chiaro? Non chiamtemi più.

MARINO. Senta, vedrà che prima o poi ... (viene interrotta).                 

PARROCO. Prima o poi ... cosa?

MARINO. Prima o poi il Signore ... (viene interrotta).

PARROCO. (Al pubblico) questa è la decima volte che le dò l’olio santo! La decima! E non succede nulla! 

MARINO. Vedrà che all’undicesima andrà bene.

PARROCO. (Al pubblico) sto pregando con la testa chinata, e mentre impartisco l’olio santo sento una voce che dice:” Posso avere da mangiare”?

MARINO. Non so come scusarmi per l’atteggiamento di mia madre ... cosa dire ... prima di morire voleva fare l’ultimo pasto.

PARROCO. Altro che ultimo pasto, è da sei mesi che le date l’ultimo pasto. Quella, è senza fondo!

MARINO. Lei ha un cuore forte e una fibra molto più forte.

PARROCO. Si rende conto che in questi sei mesi, ho già celebrato nove funerali? E non ancora quello di sua mamma?

MARINO. Capisco benissimo perchè anch’io la penso come lei. Io e mia sorella pensavamo fosse arrivata davvero la sua ora e invece ...

PARROCO. La prossima volta, verificate meglio la situazione prima di chiamarmi.

MARINO. E lo abbiamo fatto! Pensi che mia sorella, mentre mia madre era in agonia, le ha anche chiesto:” Mamma, stai morendo”? E lei le aveva detto con un fil di voce di si.

PARROCO. E come sempre voi ci avete creduto. Non chiamatemi più.

MARINO. No, no, stai tranquillo, la prossima volta la chiameremo solo a morte avvenuta.

PARROCO. Penso sia la cosa ideale. (Esce a destra).

SCENA V

Marino poi Gisella

MARINO. Spero che non mi tolga il saluto. Non è colpa mia!

GISELLA. (Rientra dal fondo) Marino! È sveglia come non mai. Si è persino seduta e sai che mi ha chiesto?

MARINO. Non riesco a immaginarlo.

GISELLA. Vuole pane e salame!

MARINO. Ma se stava morendo non più di cinque minuti fa?!

GISELLA. Io non capisco come mai Dio la vuole vicino a sé e poi, a metà strada, non la vuole più e la rimanda indietro.

MARINO. Non lo hai capito? Non la vuole nemmeno Lui!

GISELLA. Penso proprio sia così. Vuole pane col salame! E poi, come può voler mangiare salame che è indigesto alla sua età!

MARINO. Per lei nulla sarà mai pesante. Io le voglio bene e come non si può non voler bene alla propria madre?! Però ciò non toglie che avrebbe anche l’età per andare da Dio.

GISELLA. È quello che penso tutti giorni anch’io. Sai, così scherzando, prima le ho detto proprio questo e lei mi ha risposto che per il momento si accontenta di vedere Dio sul crocefisso che ha in casa.

MARINO. Siamo messi gran male.

GISELLA. Prima che tu arrivassi, respirava piano, piano e io le dicevo sussurrando: “Mamma vedi la luce”? Volevo sapere cosa ci fosse nell’Aldilà.

MARINO. E lei che ti ha risposto?

GISELLA. Mi ha risposto sussurrando:” Si, la vedo”.

MARINO. Davvero? E poi che ti ha detto?

GISELLA. Le ho detto:” Mamma, corrile pure incontro a quella luce”.

MARINO. E lei?

GISELLA. E lei:” Gisella, spegni la lampada che mi da fastidio per favore”.  

MARINO. E tu che hai fatto?

GISELLA. Pensavo stesse delirando e allora le ho detto di nuovo piano piano:” Mamma, vai incontro alla luce”.

MARINO. E lei?

GISELLA. Mi ha detto che se non spegnevo la lampada si sarebbe alzata lei a spegnerla. E da lì ha iniziato a svegliarsi.

MARINO. È stata tutta colpa tua!

GISELLA. Mia?

MARINO. Si, tua! Non potevi spegnerle subito la lampada?

GISELLA. Anche se avessi spento tutti i lampioni del paese, lei sarebbe ritornata indietro!

MARINO. “Ritornata” ... per me non si è mai mossa da qui. 

GISELLA. Perchè Dio ci vuole così male?

MARINO. Glielo chiedo anch’io tutti i santi giorni e ancora non ho avuto risposta.

SCENA VI

Marino, Gisella, Agnese poi Valeria

AGNESE. (Rientra dal fondo) Gisella, tua madre non vuole più pane e salame ma vuole la polenta con sopra il salame. E anche una spremuta.

GISELLA. (Quasi piangendo) siamo punto a capo.

MARINO. Agnese preparaglielo tu, noi ci dobbiamo disperare.  

AGNESE. Anch’io mi sento disperata, sapete?

MARINO. Immagino, ma dato che qualcuno di noi le deve preparare la polenta, perchè non tu?

AGNESE. Vi ricordo però che siete voi i figli mentre io sono solo la nuora. E perciò toccherebbe a ... (viene interrotto).

GISELLA. MARINO. Agnese!

AGNESE. Va bene, va bene, vado io a prepararle la polenta. E poi mi darò da fare per creare un’associazione contro le suocere che non muoiono mai. (Esce a sinistra).

GISELLA. È mai possibile una vita come la nostra? Non c’è fine. (Quasi piangendo).

MARINO. Sapessi come mi dispiace Gisella ... fortunatamente io non abito quì con lei, mentre tu invece, abitandole vicino la devi sopportare ogni istante ...

VALERIA. (Entra da destra) ho incontrato il parroco ed era parecchio triste. E così ho capito che ...

GISELLA. (Piangendo) siamo stati sfortunati Valeria.

VALERIA. Non fare così Gisella, vedrai che dove è starà molto bene.

MARINO. (Piangendo pure lui) hai sentito Gisella?

GISELLA. (Piangendo piano e dicendo sì con la testa).

VALERIA. Gisella, Marino dovete rassegnarvi. Capisco, che la vorreste ancora qui con voi, ma il destino ha voluto così.

GISELLA. (Piange più forte).

MARINO. (Piange più forte).

VALERIA. Fra poco arriverranno anche le pompe funebri, cercate di essere forti. Le avete preparato l’abito da indossare?

GISELLA. (Piange più forte).

MARINO. (Piange più forte).

VALERIA. (Al pubblico) vedete quanto bene volevano alla loro madre?

GISELLA. (Piange più forte).

MARINO. (Piange più forte).

VALERIA. In queste condizioni non potete avere a che fare con le pompi funebri. Volete che ci parli io? Mio cugino mi ha detto che arriverà fra mezz’oretta perchè ora si sta occupando di un altro defunto. Ha sempre tanto lavoro!

GISELLA. (Piange più forte).

MARINO. (Piange più forte).

VALERIA. Che ci sia un’epidemia di morti?

GISELLA. (Piange più forte).

MARINO. (Piange più forte).

VALERIA. Madonnamia, scusatemi, non ho nessun riguardo per il vostro dolore.

GISELLA. (Piange più forte).

MARINO. (Piange più forte).

VALERIA. Scusate se mi permetto di entrare nel vostro dolore, ora mi sembrate davvero esagerati. Se vostra madre vi vedesse in questo stato, scommetto che si arrabbierebbe.

GISELLA. (Piange più forte).

MARINO. (Piange più forte).

AGNESE. (Rientra da sinistra) ho riscaldato la polenta di ieri e ci ho messo sopra tre fette di salame. E una grande spremuta. Ah, ciao Valeria. (Esce al fondo).

VALERIA. (Che l’ha guardata esterrefatta per tutto il tempo) ciao ... (Al pubblico e ai due in scena) avete sentito? Aveste visto come stanno male per la perdita della madre? Vado subito a fermarla e a darle un pò di conforto. Come può una morta mangiare? Sono tutti scioccati! (Entra al fondo e dopo quache secondo si sente un URLO. Rientra) è viva! Vostra madre è viva e sta mangiando polenta e salame!

MARINO. Esatto.

GISELLA. Benvenuta nella nostra realtà.

VALERIA. Ma come è successo?

MARINO. E chi lo sa?

VALERIA. Io ... io ... sono arrabbiata con voi!

MARINO. Con noi? E perchè?

GISELLA. Forse con lei (indicando la stanza della madre).

VALERIA. Mi avete fatto credere che fosse morta!

MARINO. Noi?

GISELLA. Noi ti abbiamo fatto credere che nostra madre era morta?

MARINO. Ma se non abbiamo nemmeno aperto bocca?!

VALERIA. Appunto! Avete continuato a piangere invece di dirmi ... che lo stavate facendo perchè vostra madre era viva.

GISELLA. (Piange).

MARINO. (Piange).

VALERIA.Che bravi figli. Piangono dalla contentezza di avere la madre ancora con loro. (Al pubblico) questi si che sono figli esemplari.

GISELLA. (Piange più forte).

MARINO. (Piange più forte).

VALERIA. Basta ora! Capisco che di madre ce ne sia solo una però ... siete grandi, su.

GISELLA. Per fortuna che ce n’è davvero solo una. Io sono disperata, non ce la faccio più.

MARINO. Io non ci resisto più.

VALERIA. Voi avete ...

GISELLA. Non so se lo hai capito, ma noi siamo stanchi di nostra madre.

MARINO. Siamo esausti che sembra che muoia e che invece è sempre qui.

VALERIA. (Intimorita) io pensavo che piangevate per la felicità di averla ancora con voi e invece ...

GISELLA. E invece no! Perchè non ti va bene?

VALERIA. No, no.

GISELLA. Ti rendi conto Valeria che non ho più una vita mia? Non posso mai prendere impegni perchè devo seguire mia mamma in tutto.

MARINO. Io aiuto mia sorella come posso, ma a volte ... (viene interrotto).

VALERIA. Vi capisco ragazzi, però dovete capire che ... (viene interrotta).

GISELLA. Capire che cosa?

MARINO. Vorrei vedere te al nostro posto.

VALERIA. L’ho avuto anch’io una madre, sapete?

GISELLA. Lo sappiamo che hai avuto una madre. E dimmi, per quanti giorni è stata ammalata prima di morire?

VALERIA. Malata-malata da non alzarsi dal letto, cinque gorni.

MARINO. Solo cinque giorni?

GISELLA. E ti credo che allora non ci capisci. Nostra madre, in vent’anni si è malata, almeno sei volte l’anno.

MARINO. E per due volte l’anno è stata sempre sul punto di morire.

GISELLA. Non ho nè giorno e nè notte negli ultimi vent’anni. Chiedimi quando sono andata in vacanza l’ultima volta, chiedimelo.

VALERIA. Em, forse un pò di ragione potreste averla. Non conoscevo tutte queste vicessitudini. D’altronde, io abito qui solo da due anni. Scusate, non avete pensato di farvi aiutare da qualcuno?

MARINO. Abbiamo avuto più badanti noi che donne il Bernusca!

GISELLA. E purtroppo sono scappate tutte disperate. Mia madre le trattava molto male.

VALERIA. Oh Signur! È così tremenda? A me non sembrava.

MARINO. Ovvio, con gli altri mostra sempre di essere una brava persona.

GISELLA. È una donna molto furba. E quelle così, non muoiono mai. 

MARINO. Il proverbio non dice forse “L’erba cattiva non muore mai”?

GISELLA. E quell’erba, perchè doveva crescere in casa nostra?!

MARINO. (Prende il giornale e legge) ma nonostante tutto noi le vogliamo bene, è pur sempre nostra madre.

GISELLA. Io le vorrò molto più bene quando sarà passata a miglior vita, di questo ne sono sicura. Tu sai Valeria che trascorro gran parte del mio tempo dal medico, in farmacia e in ospedale solo per lei?

VALERIA. Penso proprio di essere stata fortunata che mia madre se ne sia “andata” in cinque giorni. Scusa, perchè non chiedi ai volontari del comune, di portare tua mamma alle visite in ospedale? Così tu puoi avere un attimo di riposo.

GISELLA. No, no.

VALERIA. Non capisco ... in molti usano il servizio che il comune offre. L’ho usato anch’io per mia madre, purtroppo non ho la patente.

GISELLA. So di tante persone invece che si approfittano di questo servizio per non accompagnare i propri cari.

MARINO. Si, però quando c’è la partita di calcio alla tv, lo chiedono il permesso al datore di lavoro per guardarla a casa.

GISELLA. Io no! Io non ho mai potuto approfittarne e non potrò mai! Mia madre vuole solo e sempre me!

VALERIA. Mi rattrista molto la vostra condizione. Vorrei fare qualcosa per voi ma non saprei cosa.

GISELLA. (Molto triste) non c’è nulla che tu possa fare Valeria. Ti ringrazio comunque per il pensiero.

VALERIA. Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, chiedi. Chiedi senza timore.

MARINO. Sentite cosa dice il giornale: “Nipote uccide la zia con una motosega”. 

GISELLA. Come l’invidio!

MARINO. Come lo capisco! Sarei pronto a difenderlo persino al processo!

GISELLA. Perchè non so come si usa una motosega, altrimenti un pensierino ce lo farei anch’io.

VALERIA. (Non dice nulla. Pensierosa) torno subito.

MARINO. Ti sei spaventata a causa dei nostri discorsi?

VALERIA. Assolutamente no. (Esce a destra).

GISELLA. L’abbiamo fatta scappare Marino.

SCENA VII

Marino, Gisella e Agnese

AGNESE. (Rientra dal fondo col piatto vuoto) ha spazzolato il piatto e ne vorrebbe ancora. La spremuta invece non l’ha ancora assaggiata. Ora vuole recitare il rosario con te Marino.

GISELLA. Marino, sei un uomo fortunato ad avere questo onore.

MARINO. Agnese, ho letto che un nipote ha ucciso la zia con la motosega.

AGNESE. Ah se avessi avuto la patente!

GISELLA. Per la motosega? Va là patente! Vai da lei Marino, altrimenti la senti.

MARINO. (Al pubblico) vedete? I lavori più duri spettano sempre a me. (Esce al fondo).

AGNESE. Gisella, tua madre sta meglio di me, di te e di Marino messi assieme.

SCENA VIII

Marino, Gisella e Agnese poi Valeria

VALERIA. (Entra da destra con un sacco pieno di qualcosa e lo trascina con fatica).

GISELLA. Valeria? Pensavo di averti spaventata e di non rivederti così presto.

AGNESE. Che hai lì?

VALERIA. Ho portato tutto quello che ho trovato. (Toglie dal sacco una piccola motosega, meglio se in giocattolo e un pò di seghe di varie dimensioni) spero ci sia qualcosa che possa andar bene per vostra madre.

GISELLA. Che belle! Fosse per me le userei tutte.

AGNESE. Il nipote e zia!

VALERIA. Vi prego di scusarmi se mi sono perfessa ma soffro nel vedervi così disperati e volevo esservi d’aiuto.

GISELLA. Sei veramente una persona di cuore.

AGNESE. Belle da usare. Ma chi ...?

VALERIA. Per diritto, dovresti avere tu l’onore Gisella.

GISELLA. Io? E perchè io?

AGNESE. Perchè tu sei la figlia e vivi in casa con lei e perciò sei la più interessata.

GISELLA. Si ... vero ... però ... questi attrezzi non sono di mia proprietà e, scusate, io non tocco la roba d’altri.

AGNESE. Anche questo è vero. (Pensa e guarda Valeria) beh, dato che l’attrezzatura è tua, Valeria, dovresti farlo tu.

VALERIA. Io?

GISELLA. Eh si, tu.

AGNESE. Non hai detto che volevi aiutarci? (Prende una sega o la motosega e gliela consegna) eccoti! Vai e fai il tuo dovere di vicina.

VALERIA. Ma ... ma io ... non so se ...

GISELLA. Valeria vai ... (la accompagna all’uscita in fondo) e ricordati, è per una giusta causa.

VALERIA. Si ... ma io ...

GISELLA. (La spinge dentro).

AGNESE. Non voglio sentire. (Si chiude le orecchie con le mani per qualche secondo).

GISELLA. Nemmeno io. (Si chiude le orecchie con le mani per qualche secondo).

AGNESE. (Si toglie le mani dalle orecchie) Gisella non si sente niente.

GISELLA. (Si toglie le mani dalle orecchie) ovvio, il rumore c’è stato quando avevamo le orecchie coperte.

VALERIA. (Entra in scena con la sega insanguinata di SPREMUTA).

AGNESE. Sta tornado.

GISELLA. Oddio, lo ha fatto davvero!

VALERIA. Ragazze ...

GISELLA. AGNESE. Si ...

VALERIA. Ragazze ... non ci sono riuscita.

GISELLA. Come ... non ci sei iruscita? E la sega coperta ... di sangue?

VALERIA. Credetemi, non l’ho uccisa.

AGNESE. (Preoccupatissima) ma come ...? Non dirmi che hai segato mio marito?!

VALERIA. No.

GISELLA. E perchè è sporca di sangue?

SCENA IX

Marino, Gisella, Valeria e mamma

MAMMA. (Entrando dal fondo in camicia da notte) Valeria, grazie per aver mescolato la mia spremuta. I miei familiari capiscono poco di quello di cui ho bisogno.

MARINO. (Dietro la madre) ha voluto a tutti i costi alzarsi.

GISELLA. (Al pubblico) non so se ridere o piangere.

MAMMA. Cosa tieni in quel sacco?

VALERIA. Nulla! Contiene ... contiene solo ...

GISELLA. Patate!

MAMMA. Patate?

AGNESE. Si, patate. Le ha raccolte ieri dal suo orto.

MAMMA. E da quando tieni un orto all’ultimo piano?

GISELLA. Da quando le sono cresciute le patate. Valeria non devi andare (Alza il tono di voce) a portare le patate al ... al ...

AGNESE. ... al parroco. Vai a portare le patate al parroco o farai tardi.

MAMMA. Siete voi a ricordare a Valeria a chi deve portare le “sue” patate?

VALERIA. No, li avevo già avvisate che dovevo portare le patate al parroco. Ci vediamo ragazze. Signora Carla, stia in gamba.

GISELLA. Uhmm!

VALERIA. (Piano a Gisella) scusami Gisella. Ciao. (Esce a destra).  

MAMMA. (Guarda Valeria che trascina il sacco) non sembra anche a voi che quelle patate abbiano la punta?

GISELLA. A punta? Non esistono patate a punta.

AGNESE. Infatti, le patate non sono a punta.

GISELLA. Che ti dicevo mamma?! Tu non stai ancora bene, ti converebbe andare a riposare.

MAMMA. Non prima di aver controllato che tu, Gisella, abbia pulito il fornello del gas come io comando. (Al pubblico) perchè quì, quando non c’è il gatto, il topo balla. (Esce a sinistra). 

GISELLA. Ecco perchè non se ne va definitivamente! Il gatto non ha forse nove vite?

MARINO. Quando ho visto Valeria con quella sega, ho capito subito il vostro piano. Anche se devo dire che all’inizio mi son preso uno spavento perchè si stava dirigendo verso di me. Fortunatamente mi son fatto sentire o rischiavo seriamente di far la fine della zia del giornale.

GISELLA. Non me lo ricordare. Vado a controllare quella in cucina, è capace di sporcare appositamente il fornello per poi chiedermi di nuovo. (Esce a sinistra).

AGNESE. Niente, niente è cambiato.

SCENA X

Marino, Agnese e Ignazio

IGNAZIO. (Entra da destra e appoggia il cappello) eccomi qui. Scusate il ritardo. Dov’è?

AGNESE. Mi scusi, posso sapere chi è lei?

IGNAZIO. Io sono il cugino di Valeria.

MARINO. Allora deve salire le scale fino in cima. La sua porta è quella a sinistra.

IGNAZIO. É sicuro? Valeria mi ha detto che si trovava al piano terra.

AGNESE. Prima era qui al piano terra, ma ora è tornata a casa sua.

IGNAZIO. Chi è che se ne è andato a casa sua? Mi sta prendendo in giro?

AGNESE. No, per niente. Valeria è tornata a casa sua.

IGNAZIO. Valeria? Non capisco ...  Valeria mi ha chiamato da parte di una certa Gisella per un funerale.

MARINO. Lei è quello delle pompe funebri! Gisella è mia sorella.

IGNAZIO. Esatto. E dov’è la defunta?

AGNESE. (Fra sè) oh Signur, e ora che dico a questo? (A Ignazio) ecco ...

IGNAZIO. (Si avvicina alla porta di destra) questa porta si dovrà aprire del tutto.

AGNESE. E perchè?

IGNAZIO. Dovrà pur entrare da qualche parte la cassa da morto.

MARINO. AGNESE. Da morto?

IGNAZIO. (Pensando di averli feriti nel loro momento di dolore) oh scusate, non volevo ferirvi, so in queste situazioni bisogna farsi forza. E allora, la defunta, dov’è?

AGNESE. È ... dov’è ...

IGNAZIO. Se non lo sapete voi ... (indicando il fondo e alla sua destra) di qui o di là?

AGNESE. Marino, dillo tu.

MARINO. Io? Dillo tu per favore.

AGNESE. E no, sei tu il figlio.

IGNAZIO. Cosa dite se facciamo la conta? Capisco il dolore per la perdita di un caro, ma sappiate che la vita deve andare a vanti. Ora posso sapere in che stanza si trova la defunta?

MARINO. Ecco ... la defunta ... non è così proprio ... defunta.

IGNAZIO. In che senso?

MARINO. Nel senso che ...

IGNAZIO. Sta facendo gli ultimi respiri? Avevo capito da Valeria che fosse già ... sono arrivato troppo presto invece, scusate.

AGNESE. La situazione non è proprio così ...

IGNAZIO. Capisco. Sta allora facendo “i penultimi respiri”?

MARINO. Faccia anche i terzultimi.  

IGNAZIO. Scusate, mi state prendendo in giro?

MARINO. No, non è mai stata nostra intenzione. Solo che ...

IGNAZIO. Solo che ...

MARINO. Solo che ... la defunta ... che dovrebbe essere mia madre ...

IGNAZIO. Si-i ...

MARINO. Ecco ... mia madre ... le ho detto che si chiama Carla?

IGNAZIO. Si, ora. Dunque?

MARINO. Dunque ... mia madre ...

IGNAZIO. Carla ... si-i ...

AGNESE. Le vuol dire che nostra madre è viva e sta bene.

IGNAZIO. Come, come, come?

MARINO. Si, ma non deve preoccuparsi per questo, la può mettere tranquillamente nella cassa anche così che noi siamo pienamente d’accordo. Non è vero Agnese?

AGNESE. Altro che! E poi le pagheremo il funerale il doppio dell’onorario.

IGNAZIO. Il doppio?

MARINO. Se non le va bene il doppio, facciamo anche il triplo.

IGNAZIO. Vi rendete conto di quello che state dicendo?

AGNESE. (Triste) no, non lo sappiamo. Sappiamo solo che la defunta non è defunta, praticamente non lo sarà mai e per questo non ci sarà nessun funerale. Siamo rassegnati ormai.

IGNAZIO. (Dispiaciuto per il mancato funerale) e perchè tutto questo?

MARINO. Grazie per aver capito la nostra disperazione. E non ne capisco il motivo ...

AGNESE. È tutta causa dell’erba cattiva ...

SCENA XI

Marino, Agnese, Ignazio e mamma

MAMMA. (Entra da sinistra) glielo sto rifacendo pulire, aveva ancora certe ditate!

MARINO. Eccola, è lei la colpevole.

IGNAZIO. È lei la “non defunta”? (Alla Mamma) non si vergogna?

MAMMA. Sta parlando a me?

IGNAZIO. Si, a lei. Che fa ancora viva? Lei dovrebbe essere morta.

MAMMA. Io?

AGNESE. Ha ragione.

IGNAZIO. Non vede come soffrono queste persone?

MAMMA. Lei chi è?

IGNAZIO. Io sono il titolare delle pompe funebri e ho pronto la cassa da morto, i fiori e il paramento.

MAMMA. E chi l’ha chiamata?

IGNAZIO. Sua figlia Gisella mi ha fatto chiamare.

MAMMA. Bene, allora li usi per Gisella. Quando sarò io ad averne bisogno non esiterò a chiamarla. Sono stata chiara? Ed ora fuori da casa mia e anche in fretta.

IGNAZIO. È mai questo il modo di trattare una persona che vuol fare il suo lavoro?

MAMMA. Vada a fare il suo lavoro da un’altra parte, noi qui stiamo tutti bene.

IGNAZIO. Vado, vado. (Esce a destra dimenticando il cappello).

MAMMA. Ora Gisella mi sente per quello che mi ha combinato. (Sta per uscire, poi si ferma) non è per caso che voi due c’entriate qualcosa in questa faccenda?

MARINO. Noi? Io non so nulla.

AGNESE. E io meno che meno.

MAMMA. Non mentite perchè altrimenti Dio vi castigherà. (Esce a sinistra).

MARINO. Questo non è già un castigo?

AGNESE. Se torno indietro Marino, non ti sposo più. Non per te, ma per tua madre.

IGNAZIO. (Rientra da destra) ho dimenticato di prendere il mio cappello! (Lo prende) poveri voi, quella vivrà ancora cent’anni! SUONA IL SUO CELLULARE.

MARINO. Lo sapevamo già.

IGNAZIO. Scusate. (Risponde) si, pronto? A ciao Poldo. Come? C’è stata una rapina in casa di tua madre?

AGNESE. Se ne sente una tutti i gironi.

IGNAZIO. Mi dispiace. Che le hanno rubato?

MARINO. Non si può nemmeno essere al sicuro in casa propria.

IGNAZIO. Cento euro, non molto dai.

AGNESE. È stata fortunata, solo cento euro, anche se per chi ne ha pochi sono tanti.

IGNAZIO. Dimmi pure tutto quello che posso fare per te Poldo. Come? Devo preparare per il funerale di tua madre? Come mai? È morta di infarto a causa dello spavento per la rapina! Che tragedia! Come sono dispiaciuto! Arrivo subito. Non preoccuparti, avrai il funerale più bello che sia mai visto nella bergamasca. (Esce di scena a destra).

MARINO. (Meravigliato) hai sentito ... Agnese.

AGNESE. (Meravigliata) ho sentito ... Marino.

MARINO. Sai quanti soldi tiene di solito in casa Gisella?

SCENA XII

Marino, Agnese e Gisella

GISELLA. (Entra da sinistra) me ne ha detto di tutti i colori perchè ho chiamato le pompe funebri senza il suo consenso. Ora è calma perchè si sta misurando la pressione.

MARINO. Gisella, quanti soldi hai in casa di solito?

GISELLA. E perchè lo vuoi sapere?

MARINO. Rispondi per favore!

GISELLA. Pochi, solitamente venti o trenta euro, pago tutto con il bancomat!

AGNESE. L’ho sempre detto io che quel tipo di carte sono la rovina delle persone!

MARINO. Male! Male! Si deve avere in casa tanti soldi e poi farlo sapere in giro.

AGNESE. E farlo sapere anche ai ladri.

GISELLA. Anche ai ladri? Ma vi sentite bene?

MARINO. No, no, anche ai ladri. Anzi, ai ladri prima di tutto.

GISELLA. E perchè? Io non capisco perchè dite tutte queste cose assurde.

AGNESE. Sai che un ladro è entrato nella casa di una donna anziana e le ha provocato la morte per infarto?

GISELLA. Davvero? Un ladro ... una donna anziana ...

MARINO. Si, proprio così.

GISELLA. (Prende la borsa e sta per uscire a sinistra).

AGNESE. Dove stai andando?

GISELLA. Vado in banca a prelevare due mila euro.

MARINO. Brava. E sai io che faccio? Preparo tanti biglietti dove invito i ladri ad entrare.

AGNESE. Bellissima idea! Vado subito a prendere foglio e penna.  

GISELLA. A dopo. Abbiamo trovato finalmente la soluzione ai nostri problemi! (Esce a destra).

SIPARIO

ATTO SECONDO

Come primo atto. 2000 euro sul tavolo.

SCENA I

Mamma poi Gisella

MAMMA. (Entra in scena dal fondo) ho sentito freddo tutta notte. Chissà perchè!? Ho messo tre trapunte e avevo ancora freddo. (Si accorge della porta aperta) perchè la porta d’entrata è aperta? Volete vedere che quella stupidella di mia figlia l’ha lasciata aperta per tutta la notte? E ti credo che morivo dal freddo! (Va a chiuderla) tutta notte trascorsa con la porta aperta! Avrebbe potuto entrare un maleintenzionato! E avrebbe potuto anche farmi del male! (Si accorge dei soldi sul tavolo) che ci fanno quì tutti questi soldi? (Li conta) duemila euro sul tavolo e con la porta aperta? (Urla) Gisella!!!

GISELLA. (Entra dal fondo) non gridare! Sto arrivando!

MAMMA. Sei tu che hai lasciato aperto la porta questa notte?

GISELLA. (Al pubblico) è ancora quì!

MAMMA. Mi vuoi rispondere?

GISELLA. (Arrabbiata urlando) si sono stata io!

MAMMA. Ma tu non ci stai con la testa! Con tutti i ladri che circolano al giorno d’oggi!

GISELLA. (Sempre arrabbiata) e dove sono tutti questi ladri? (Va alla porta, la apre e urla) me lo dice dove sono questi ladri? Ladri, dove siete? Dove siete?

MAMMA. Che stai facendo? Chiudi che fa freddo. Mi dici allora che ci fanno tutti quei soldi sul tavolo?

GISELLA. (Al pubblico) nientre ladri.

MAMMA. Non mi dirai che tutti quei soldi sono nostri?!

GISELLA. Si, sono nostri! Duemila euro!

MAMMA. Io penso che tu ti sia rimbambita! Duemila euro sul tavolo e con la porta aperta? Che cosa ti ritrovi in quella testa? Siamo state fortunate che nessun ladro sia venuto a farci visita questa notte.

GISELLA. Sei tu ad essere fortunata, io no.

MAMMA. Son risposte da dare? Hai lasciato il cervello ancora nel letto? Deposita quei soldi in banca e guai a te se dimentichi di chiudere ancora la porta. Anzi, da questa sera la porta la chiudo a chiave io e poi me la tengo. (Fra sé) cose dell’altro mondo! (Esce a sinistra).

GISELLA. (Prende i soldi. Al pubblico) che tutti i ladri siano scesi in sciopero proprio questa notte? Con tutti i biglietti che abbiamo appiccicato sul cancello e per tutta la ringhiera con scritto ...

SCENA II

Gisella e Agnese

AGNESE. (Entra da destra con tanti biglietti e legge) “Ladri, entare in questa casa con la porta aperta. Qui ci sono duemila euro che vi aspettano. C’è anche una donna anziana in casa che dorme ma è sufficente metterle una mano sulla bocca e una sul naso per farla smettere di respirare. La sua stanza è quella a destra. Non entrate in quella a sinistra perché ci sono io. Buon lavoro. Firmato, un’amica”. Spero di averli tolti tutti. Allora? Come è andata?

GISELLA. Come vuoi che sia andata! Nessun ladro è venuto a farci visita.

AGNESE. Nemmeno uno?

GISELLA. Si, nemmeno uno straccio di ladro! Nemmeno il più scalcinato ladro!

AGNESE. Non è possibile!

GISELLA. Non dirmi nulla. Tutto è come ieri sera.

AGNESE. Non ci sono più i ladri di una volta. E ora cosa possiamo fare?

GISELLA. Cosa possiamo fare? Tenerla com’è e sperare che Dio si ricordi di lei il più presto possibile.

SCENA III

Gisella, Agnese e Valeria

VALERIA. (Entra da destra) ciao ragazze. Come va?

AGNESE. Come vuoi che vada ...

GISELLA. ... tutto al solito.

VALERIA. Sono mortificata per il mio comportamento di ieri, ma non ho avuto il coraggio. Sapete, per me sarebbe stata la prima volta.

AGNESE. Si vedeva che doveva essere la tua prima esperienza.

VALERIA. (Preoccupata) perchè voi invece ...

GISELLA. Nemmeno noi.

AGNESE. Per il momento, nemmeno noi.

GISELLA. Noi non abbiamo il coraggio di uccidere nessuno, ma c’è qualcuno però che ci uccide giorno dopo giorno da almeno vent’anni!

SCENA IV

Gisella, Agnese, Valeria e Erminia

ERMINIA. (Entrando da destra) ciao. Cosa vedo ... una riunione condominiale di prima mattina ...

VALERIA. No, Erminia. Non c’è nessuna riunione, si parlava di un grosso problema che ...

AGNESE. (Si affretta perchè non vuole che la cugina sappia delle loro faccende) esatto! Valeria ha un problema grosso e così è venuta da noi a cercare aiuto. Non è vero Gisella?

GISELLA. Esattamente! Valeria, quanto mi dispiace per il tuo grossissimo problema!

VALERIA. Il mio grossissimo ...

AGNESE. (Sgomitandola) ma si, quel problema grosso che non sai risolvere. (Con dolcezza a Valeria e cercando di farle capire di acconsentire) il tuo problema ... quello grosso. Problema, tuo, grosso. Ricordi?

VALERIA. Ecco ... ora mi pare di ricordare.

GISELLA. Vedi cosa le causa?

ERMINIA. In che stato ti ha ridotta questo tuo problema. Poveretta. Si può venire a conoscenza di questo importante problema in modo che io possa esserti d’aiuto?

VALERIA. Si certo. Il mio problema ...

AGNESE. Grosso! È molto grosso e importante il suo problema Erminia.

VALERIA. Il mio problema grosso e importante è ...

ERMINIA. È ...?

VALERIA. Ecco, questo problema ... (perché non sa che dire) te lo dice Gisella.

GISELLA. Io? Ecco ... Valeria è tanto disperata a causa del problema grosso che ... (perché non sa che dire) non riesco a dirlo perchè mi viene da piangere (finge di piangere) e perciò te lo dice Agnese.

AGNESE. Io?

ERMINIA. Vi volete decidere?

VALERIA. Scusa Ermina, ora devo andare a casa perchè ho una pentola sul gas. (Alle due) mettetela pure al corrente voi del mio problema grosso e importante. (Esce a destra).

ERMINIA. (Si siede) bene. Sono tutta orecchi.

GISELLA. (Piano a Agnese) dai inventagli qualcosa.

AGNESE. Io?

GISELLA. Si tu, è stata una tua idea brillante e perciò te la sbrighi tu.

AGNESE. (Prende coraggio) Erminia, io te lo direi anche questo problema ...

ERMINIA. Grosso e importante ...

GISELLA. Si, grosso e importante ... ma ... non è corretto parlarne senza la diretta interessata. Capisci, non vorrei tralasciare dei particolari importanti.  

ERMINIA. Me lo farò raccontare da Valeria allora. Comunque non sarà mai un problema tanto grosso come quello che è successo alla zia di una mia amica di città. Roba da non credere.

AGNESE. Che le è successo?

GISELLA. Racconta.

ERMINIA. Io vorrei ma ... non è corretto parlarne senza la diretta interessata.

GISELLA. (Con rammarico perchè voleva saperlo) effettivamente ...

AGNESE. Se ritieni sia giusto così, non importa.

ERMINIA. Stavo scherzando. È successo in Francia.

AGNESE. Parla.

GISELLA. Vai avanti.

ERMINIA. È stato anche riferito ieri sera al telegiornale.

AGNESE. (Impaziente) spiegati.

GISELLA. (Impaziente) sbrigati.

ERMINIA. E preciamente a Bordeaux.

AGNESE. Mi stai facendo venire l’ansia!

GISELLA. Come è possibile raccontare fatti in questo modo!

ERMINIA. Non capisco la vostra fretta.

AGNESE. Senti Erminia, non importa, non raccontare niente. (Al pubblico) sarà sicuramente una sciocchezza.

GISELLA. (Al pubblico) indubbiamente. Fa così solo per sentirsi importante.

ERMINIA. Un pullman ...

AGNESE. Ce lo racconterai domani Erminia.

GISELLA. Si, domani. Ora noi abbiamo da fare.

ERMINIA. È veramente un fatto importante!

AGNESE. Andiamo Gisella. (Si incammina a sinistra).

GISELLA. Si, andiamo. (La segue a sinistra).

ERMINIA. Fate pure come volete. Volevo solo raccontarvi che in Francia un pullman di anziani si è scontrato con un camion e ci sono stati quarantadue anziani morti.  

AGNESE. (Si ferma immediatamente).

GISELLA. (Si ferma immediatamente).

AGNESE. Come?

GISELLA. Anziani?

AGNESE. Morti ...

GISELLA. ... quarantadue?

ERMINIA. Si. Però se non vi interessa me ne vado. (Sta per uscire).

GISELLA. Erminia, dove stai andando! Fermati e siediti! Agnese va a prenderle qualcosa da bere.

AGNESE. Subito subitissimo. (Esce a sinistra e poi rientra con una bevanda).

ERMINIA. Perchè ora tutto questo interesse quando prima invece ...

GISELLA. Perchè noi siamo buone cugine! Cugine nate assieme.

ERMINIA. Eravamo cugine anche quando non vi interessava e mi avete detto che avevate da fare?

GISELLA. Si certo. Com’è questa storia del pullman?

ERMINIA. Han detto al telegiornale di stamane che a Bordeuax, un pullman di anziani si è scontrato con un camion e, come vi ho detto prima, ci son stati quarantadue morti. Compresa la zia della mia amica che abitava in Francia. E ora grazie a questa disgrazia, dalla zia erediterà un sacco di soldi. Questi anziani facevano parte di una associazione della Terza Età.

AGNESE. Un’associazione?

GISELLA. Le associazioni organizzano gite?

ERMINIA. Eh si. Un tempo gli anziani non si muovevano da casa, ora invece vanno dappertutto. Han più bontempo dei giovani d’oggi, sapete? Vorrei andare da Valeria a sentire il suo grosso e importante problema ma si è fatto tardi accidenti, Giuditta mi aspetta a casa sua. Ci andrò al ritorno. Come mi piacciono i problemi delle altre persone! Così ho qualcosa anch’io da raccontare! Ciao ragazze. (Esce a destra).

GISELLA. (Con uno sguardo d’intesa) Agnese ...

AGNESE. (Con uno sguardo d’intesa) Gisella ...

GISELLA. (Alzando la voce) mamma! Mamma!

SCENA V

Gisella, Agnese e mamma

MAMMA. (Rientra da sinistra) cosa c’è?

GISELLA. Mamma ... vedo che stamane sei in gran forma. Non trovi anche tu Agnese?

AGNESE. Verissimo, stamane sembri un’altra persona.

MAMMA. Certo, a confronto di ieri oggi mi sento rifiorita.

GISELLA. Ho un’idea meravigliosa per farti ringiovanire più di quanto sei già. 

MAMMA. Davvero? Sentiamo.

GISELLA. Ti iscrivo all’associazione della Terza Età del paese.  

MAMMA. E perchè?

AGNESE. Le associazioni organizzano tante iniziative a cui potrai partecipare.

GISELLA. Assolutamente si! Potrai giocare a tombola, a carte, andare al cinema a vedere un film ...

AGNESE. ... andare in gita col pullman e fare un incidente contro un camion.

MAMMA. Co ... cos’hai detto Agnese?

GISELLA. (Affrettandosi) ha detto che poi ci saranno anche delle gite col pullman.

MAMMA. E cosa c’entra il camion?

AGNESE. Ma si ... probabilmente vi faranno salire su un camion per mostrarvi come è fatto. Ma non è detto.

MAMMA. Salire su un camion? Andate voi da quella associazione, io non voglio salire su un camion.

GISELA. Ma certo che non ti faremo salire sul camion. Io ci tengo alla salute di mia mamma.

AGNESE. E io di mia suocera.

GISELLA. Ed è per questo che tu salirai solo sul pullman. Che dici?

MAMMA. Dico che io non vado da nessuna parte. Non ne ho voglia e sono vecchia per queste cose.

GISELLA. Vecchia tu? Mamma tu non sei vecchia! Se tu sei vecchia io che sono allora?

MAMMA. Giovane.

AGNESE. Carla lei non dimostra affatto gli hanno che ha, sa? Lei non dimostra i suoi novant’anni.

MAMMA. Infatti, ne ho solo ottanta cinque.  

AGNESE. E io che ho detto? Oggi nel pomeriggio, vado all’associazione ad iscriverla.

MAMMA. Vi ho detto di no. Andate voi due a fare le gite sul camion che io me sto volentieri a casa! (Esce a sinistra).

GISELLA. E anche questa occasione è andata persa. Dovevi proprio nominare il camion?

AGNESE. Mi è uscita così, scusa. Non ce n’è una che ci vada bene.

GISELLA. Che male abbiamo fatto per tutto questo?

AGNESE. È ad essere troppo buone che ti succede tutto il male. Ora devo andare, le pulizie di casa mia spettano. Nel frattempo però penserò a qualcos’altro da fare. Ciao Gisella. (Esce a destra).

GISELLA. Ciao. (Al pubblico) se l’avessi convinta ... ma io non mi arrendo! (Esce a sinistra).

SCENA VI

Marino, Valeria poi ladro

MARINO. (Fuori scena) allora come è andata?

AGNESE. (Fuori scena) come vuoi sia andata? Al solito.

MARINO. (Entra da destra col giornale. Al pubblico) è mai possibile essere così sfortunati?

VALERIA. (Entra da destra) ciao Marino. Se ne è andata?

MARINO. Macchè. C’è ancora.

VALERIA. E dov’è? Di là?

MARINO. Di là, di qua, cosa cambia? C’è sempre.

VALERIA. È proprio una gran curiosona. Voleva addirittura sapere il problema grosso che c’è in questa famiglia.

MARINO. Ma se è lei il problema!

VALERIA. Davvero? E perchè?

MARINO. Perchè ... sempre per lo stesso motivo, no?

VALERIA. Ah, ma non so niente di questo problema di Erminia.

MARINO. Erminia? Cosa centra Erminia con mia madre ora!

VALERIA. (Ride) ahaha! Tu stavi parlando di tua madre mentre io invece parlavo di tua cugina Erminia che era qui poco fa. (Ride di nuovo).

LADRO. (Entra da destra con una pistola ad acqua) fermi tutti! Mani in alto!

MARINO. (Con paura) ah!

VALERIA. (Con paura) ah!

LADRO. Ho detto mani in alto!

MARINO. Si, si, subito! (Alza le mani).

VALERIA. Si, si. (Alza le mani).

LADRO. Sono molto arrabbiato con voi!

MARINO. Con noi? Ma se noi ... non la conosciamo nemmeno!

LADRO. Attenti a quello che dite!

VALERIA. (Affrettandosi) però la possiamo conoscere ora se è d’accordo. Io mi chiamo Valeria. Lei?

LADRO. Su questo biglietto c’è scritto che avrei trovato la porta aperta e invece era chiusa!

MARINO. Biglietto? Faccia vedere ...? Sapevo che avevano ... (Sta per prenderlo e così abbassa le mani).

LADRO. Fermo! Su le mani!

VALERIA. Io non so nulla di quel biglietto ...

LADRO.  Silenzio! Forza, datemi i soldi!

MARINO. Soldi? Io non ho soldi ...

LADRO. Datemi i soldi vi ho detto o altrimenti per voi è la fine.

VALERIA. Eccoli, eccoli. (Prende dalla sua borsetta 30 euro).

MARINO. (Prende dal suo portafoglio 50 euro).

LADRO. Mi state prendendo in giro?

VALERIA. In che senso?

MARINO. Questo è tutto quello che ho. Se mi lasciasse parlare, le direi che ...

LADRO. (Indicando il foglietto) qui c’è scritto che i soldi erano duemila euro. Voglio tutti i duemila!

VALERIA. Duemila euro? Io non ho duemila euro!

MARINO. Le dico che ...

LADRO. Non prendetemi in giro! Voglio i miei duemila euro!

SCENA VII

Marino, Valeria, ladro, Gisella poi mamma

GISELLA. (Rientra da sinistra e vede il ladro) le sembra questo l’orario di arrivare?

VALERIA. Tu lo conosci Gisella?

GISELLA. Lo aspettavo questa notte. Si può sapere dov’era? Lei si rende conto che io potrei denunciarla e farla radiare dall’albo dei ladri?

LADRO. (Preso in castagna) il fatto è che ... mi sono addormentata in casa.

GISELLA. Bravo, complimenti! Veramente bravo.

LADRO. Però ora son qui.

MARINO. Aspetta ancora un pò!

GISELLA. Lei avrebbe dovuto aiutarmi a disfarmi di mia madre! E invece no! Lei è di la in cucina che sta facendo la seconda colazione pacifica e beata.

LADRO. Potrei almeno avere i duemila euro di cui parla questo biglietto? (Mostra il biglietto).

GISELLA. Dammi quel biglietto! Tu non li meriti questi soldi! Vai via da casa mia subito!

LADRO. Ma io ... non ho colpa se ...

GISELLA. Vorresti dare a me tutta la colpa? Vattene da casa mia o non rispondo di me stessa! (Lo rincorre. Urla) ladro della mutua!!!

LADRO. (Esce di corsa a destra) esco, esco.

VALERIA. Non capisco cosa stia succedendo, Gisella?

GISELLA. Succede che i ladri non sono più capaci di fare il loro lavoro. Perlomeno i ladri che operano nella nostra zona.

MARINO. Sono d’accordo.

GISELLA. Siamo venuti a conoscenza da tuo cugino delle pompe funebri che ieri una signora anziana è morta di crepacuore a causa di un furto subito. E noi ...  

VALERIA.  ... volevate far succedere la stessa cosa a vostra madre. Ora mi è tutto chiaro.

MARINO. Infatti.

GISELLA. Peccato però che quello stupido ladro si sia addormentato e che altri ladri non si siano visti nonostante la porta spalancata. E con duemila euro sul tavolo che li stavano aspettando.  

VALERIA. Siete veramente sfortunati. Ci sono case che vengono letteralmente svaligiate mentre voi ... niente! Vado subito a vedere se ho chiuso casa! (Esce a destra).

MAMMA. (Rientrando un attimo da sinistra) Gisella mi taglieresti le unghie dei piedi?

GISELLA. Arrivo mamma. (Al pubblico) si che le taglio le unghie ma con le cesoie! (Esce a sinistra).

MARINO. (Al pubblico) e saranno le cesoie a rompersi prima delle unghie.

SCENA VIII

Marino e dottore

DOTTORE. (Entra da destra. Ha un occhio bendato, gobba e cammina zoppo) buongiorno Marino.

MARINO. Buongiorno dottore. Le dico subito che sta meglio più di me e più di lei.

DOTTORE. Mi fa piacere. Marino, io sono qui per un motivo preciso e credo sia giusto che anche lei lo sappia, fa parte della famiglia. Marino, le devo fare una confessione.

MARINO. A me? Mi dica ... (al pubblico) che sara mai?!

DOTTORE. Marino, io sono innamorato della donna che abita qui.

MARINO. (Meravigliato ma contento) come? Lei è innamorato ... lei è innamorato ...

DOTTORE. Si, io sono innamorato pazzo.

MARINO. (Al pubblico) avete sentito anche voi? È cotto di lei! Dottore, faccia pure quello che vuole basta che se la porti via.

DOTTORE. Lei non ha nulla in contrario se io ...

MARINO. Nulla di nulla! Io sono a favore, favorevolissimo di questa unione.

DOTTORE. “Unione” ... io non mi sono ancora dichiarato e non so se lei acconsentirà ...

MARINO. Sono sicurissimo che acconsentirà! E se ci dovessero essere problemi io l’aiuterò in tutti i modi.

DOTTORE. E se mi dicesse di no?

MARINO. Ma come potrebbe dire di no ad un uomo ... come lei?

DOTTORE. Lei dice?

MARINO. Dico si! Lei ha tutto quello che una donna potrebbe desiderare. Cosa le manca?

DOTTORE. In effetti ...

MARINO. Ha due occhi ... cioè volevo dire “un” occhio, ma che vede come tre occhi! Non è forse così?

DOTTORE. Si ...

MARINO. E poi, ha le gambe al loro posto. Non ha forse due gambe?

DOTTORE. Si, una è leggermente più corta però.

MARINO. I centimetri non contano quando l’amore è profondo. Le braccia quelle non sono perfette. Vede? Un po di ottimismo!

DOTTORE. Si, le braccia sono sane ma dalle spalle ho una leggera scoliosi.

MARINO. (Guarda l’enorme gobba) leggera? Leggerissima! Non si nota nemmeno! Dottore, lei è perfetto.  

DOTTORE. Dice davvero? Lei allora pensa che sia perfetto per la mia amata Gisella?

MARINO. (Non crede a ciò che ha sentito) per ... per ... Gi ... Gi ... Gisella?

DOTTORE. Si. E nel caso la mia amata avesse delle titubanze lei mi viene in soccorso come ha detto vero? 

MARINO. Per ... Gisella? Lei è innamorato di mia sorella e non di mia ...

DOTTORE. Si, innamorato pazzo.

MARINO. (Fra sè) cribbio se l’ho fatta grossa! Io pensavo stesse parlando di mia madre! E invece ...

DOTTORE. (Deciso) Marino, sono pronto. Chiama tua sorella che le faccio la dichiarazione.

MARINO. Ecco ... (Al pubblico) come posso chiamarla dicendole che il dottore ha un debole per lei quando lei lo sa benissimo e non è per nulla interessata?

DOTTORE. Marino ...

MARINO. Si, si, ora ... vado. (Fa qualche passo a sinistra, poi ritorna vicino al dottore) Gisella vero? Non ... mia madre ...

DOTTORE. Madre? Che c’entra sua madre? A proposito, come sta?

MARINO. Bene! Sempre troppo bene!

DOTTORE. Mi fa molto piacere. Allora ... Gisella ... vada ...

MARINO. Senta dottore, a pensarci bene, non son ben sicuro che lei sia l’uomo ... adatto a mia sorella.

DOTTORE. Ma come? Prima mi ha detto che ...

MARINO. Si, prima, però ora, guardandola bene ...

DOTTORE. (Triste) ecco, lo sapevo che c’era qualcosa in me che non andava.

MARINO. No, non faccia così, è solo che ...

DOTTORE. (Triste)... l’occhio?

MARINO. S ...i ... però ne ha ... ancora uno.

DOTTORE. Beh, mi solleva il morale.

MARINO. Anche se però ...

DOTTORE. (Triste) c’è altro?

MARINO. Ecco ...

DOTTORE. (Triste)... la gamba?

MARINO. No, no! La gamba normale no, è l’altra che è ...  

DOTTORE. (Triste)... più corta?

MARINO. S ... i ... però ... non è proprio corta-corta.

DOTTORE. Meno male. Mi chiami Gisella allora?

MARINO. Si certo. (Fa qualche passo a sinistra e poi si ferma. Al pubblico) se lo dico a Gisella, quella mi uccide, lo so. (Ritorna vicino al dottore) senta dottore ...

DOTTORE. C’è altro che non va ...?

MARINO. Ma no, cosa dice? Lei è perfetto (al pubblico con rammarico) per mia madre però! (Al dottore) lei sarebbe perfettissimo se non fosse per la ... (Indica con la testa la gobba).

DOTTORE. (Triste) ... la mia lieve scoliosi?

MARINO. S ... i ma solo lievissima-lievissima.  

DOTTORE. (Sollevato) se è lievissima posso ancora sperare ...

MARINO. (Al pubblico) non ho il coraggio di dirgli che ...

SCENA IX

Dottore e Gisella

GISELLA. (Entra da sinistra) ah sei tu Marino. (Si accorge della presenza del dottore) buongiorno dottore. Come mai da queste parti?

DOTTORE. Ecco io ...

MARINO. Io vado dalla mamma, casomai avesse bisogno di me. (Esce a sinistra).

DOTTORE.Buongiorno Gisella. È sempre così bella. È sempre uno splendore.

GISELLA. (Si gira dall’altra parte e fra sé) e tu sei sempre più brutto.

DOTTORE. Gisella, vedo una luce di tristezza nei suoi occhi.

GISELLA. Si dottore, ha visto giusto, ho un grosso problema.

DOTTORE. Mi dica, mi dica come posso aiutarla. (Al pubblico) è cotta di me e non sa come dirmelo. È questo il suo problema.

GISELLA. Lei vorrebbe aiutarmi? (Al pubblico) ho digusto a guardare quell’occhio. Ma essendo un medico, potrebbe fare al caso mio.

DOTTORE. Gisella, le dico subito di si.

GISELLA. Davvero? Lei ...?

DOTTORE. Assolutamente si. Non so ... le posso prendere la mano?

GISELLA. E ... perchè? (Al pubblico) sarà piena di artrite! Vuole sapere il mio problema?

DOTTORE. Ma certo cara, e ripeto che l’aiuterò.

GISELLA. Bene. Allora mi deve aiutare a disfarmi di mia madre.

DOTTORE. Come?

GISELLA. Ha sentito bene, sono stanca di mia madre che sembra muoia sempre e che invece non muore mai.

DOTTORE. E se io l’aiutassi, poi noi ...

GISELLA. (Al pubblico) cosa si sarà messo in testa questo? (Al dottore) noi ... vedremo. Può aiutarmi?

DOTTORE. Ma lei intende proprio ...

GISELLA. Si, voglio accelerare la sua morte. E lo faccio solo per lei sa? Così le tolgo questo brutto pensiero una volta per tutte. Ricorda anche lei che tutte le volte che sta male si augura di morire. E io, da figlia devota, voglio esaudire questo suo desiderio.

DOTTORE. Brava, è una figlia esemplare. Poi noi però ...

GISELLA. Si! Mi dica ora come possiamo fare.

DOTTORE. (Pensa) che posso fare per questa sua situazione ... si! C’è una clinica ospedaliera a Partio dove, nell’ultimo anno si sono verificati venti decessi per cause ancora ignote.

GISELLA. È forse l’ospedale di cui hanno parlato in tv?

DOTTORE. Telegiornali e giornali.

GISELLA. E come posso portare mia madre fino là?

DOTTORE. Là ... dove? Guardi che Partio è nella nostra provincia e dista da noi solo mezz’ora d’auto.

GISELLA. Non avevo compreso che fosse dalle nostre parti. La clinica è perfetta. (Al pubblico) godo già al pensiero di vivere sola. E come possiamo fare per ricoverarla?

DOTTORE. Ma, non saprei, io guarisco le persone, non le faccio ammalare.

GISELLA. Male! I medici dovrebbero saper fare di tutto per quanto riguarda la salute. Lasciami pensare ... e se la fecessi cadere a terra? Lei cade, sbatte la testa e tutto il resto e la facciamo ricoverare. Può essere una valida idea?

DOTTORE. No, pessima idea.

GISELLA. E perchè pessima? Non creda che sia una cosa semplice farla cadere!

DOTTORE. Non va bene cara Gisella perchè così facendo verrebbe ricoverata nel reparto di chirurgia.

GISELLA. E la chirurgia non fa al caso nostro?

DOTTORE. Le morti sono avvenute tutte nel reparto di medicina. Capisce?

GISELLA. Capisco che così rimango fregata. Forse dovrei farle venire un infarto. E come lo posso fare? Potrei farla spaventare. Se conosco mia madre, non si spaventa nemmeno con una cannonata.

DOTTORE. Una soluzione c’è Gisella ed è semplice. Non capisco come non ci abbia pensato subito.

GISELLA. Infatti, non capisco nemmeno io. Come si può far andare mia madre in questa clinica specializzata e così aiutare una ragazza come me senza futuro?

DOTTORE. Ecco potrei ... (Viene interrotto).

GISELLA. Me lo dica ...

DOTTORE. Infatti, dato che ... (Viene interrotto).

GISELLA. Mi dica come la farà ricoverare ...

DOTTORE. È semplice, io sono ... (Viene interrotto).

GISELLA. Lei fa tutto semplice ...

DOTTORE. Se le dico che è semplice ... (Viene interrotto).

GISELLA. Mi dica che vuol fare se pensa sia così semplice. Me lo dica. Forza ...

DOTTORE. Faccio la richiesta di ricovero come medico di base.

GISELLA. (Meravigliata) ah! Non ci avevo pensato. È semplice davvero! Anche se non è proprio così semplice, c’è sempre mia madre da convincere ad andarci.

SCENA X

Dottore, Gisella e mamma

MAMMA. (Entra da sinistra) dove dovrei andare?

GISELLA. (Fra sé) è qui! Il dottore stava dicendo che ...

DOTTORE. Si, visto le sue condizioni critiche di salute, è bene un piccolo ricoverino in una clinica specializzata nelle sue malattie.

MAMMA. Mi dispiace caro il mio dottore, ma io non sono malata. E da casa mia non mi muovo per nessuna ragione al mondo. (Si siede).

GISELLA. Mamma, non parlare a quel modo al dottore. Se lui dice che tu sei malata vuol dire che tu sei malata veramente.

MAMMA. Gisella, smetti per favore, lo vedi anche tu che sto bene.

GISELLA. Mamma, non essere così rigida. Dottore, la visiti per favore e così poi valuterà se è migliorata o meno dall’ultima volta. Mamma, c’è anche la possibilità che tu sia migliorata e che veramente non ci sia bisogno di nessun ricovero in quella clinica che mi piace tanto.

MAMMA. Vi ho già detto che io sto bene.

DOTTORE. (Prendendo il fonendoscopio) signora Carla, non faccia la bambina e si lasci visitare.

MAMMA. È mai possibile che io non sia più nemmeno padrona della mia salute?

GISELLA. Zitta, altrimente non sente.

DOTTORE. Le fa male qui?

MAMMA. No, per niente.

DOTTORE. Mi sembra inverosimile perchè di questo passo, rischia un travaso di bile.

GISELLA. Olla peppa!

MAMMA. Senta dottore, è impossibile che io abbia quel travaso di cui lei sta parlando. Gisella, la settimana scorsa, hai travasato il vino come ti avevo chiesto?

GISELLA. Si certo, mamma.

MAMMA. Vede? Non posso avere quel travaso perchè c’è già stato.

DOTTORE. Difficilmente io sbaglio.

GISELLA. Non ha tutti i torti il dottore sai mamma? Nella damigiana è rimasto del vino perchè non avevo più bottiglioni per travasarlo.

DOTTORE. Che le dicevo?

MAMMA. Sarà anche così, ma io non sento male.

DOTTORE. (Continuando a visitarla) e poi vedo che ultimamente lei ha un’evacuazione disfunzionale.

MAMMA. Impossibile! Io non ho nessuna disfunzione.

GISELLA. Mamma, smetti di lamentarti su tutto. Tu non sei un dottore.

MAMMA. Il dottore è lui e io non sono la sua paziente perchè non sono malata. Evacuazione disfunsionale! Che cosa ne sa lei!

GISELLA. Mamma, se prima potevo avere un minimo dubbio, ora non ne ho più. Non abbiamo forse il water che non funziona come deve?

MAMMA. Cribbio, hai ragione.

GISELLA. Evacuazione disfunzionale. Vedi mamma che non stai bene e che il dottore vede giusto?

DOTTORE. E alla luce di tutto questo penso che un ricovero alla clinica di Partio, specializzata in questo tipo di disturbo vada subito eseguito.

MAMMA. Subito? Ma io ... non sono pronta.

GISELLA. Mamma, subito, non vuol dire or-ora, ma ... fra mezz’ora. Vero dottore?

DOTTORE. Esatto.

MAMMA. Si, ma io non me la sento di essere ricoverata.

GISELLA. Mamma, non devi avere paura.

MAMMA. Tu mi accompagni vero Gisella?

GISELLA. Si che ti accompagno e se vuoi rimango con te anche tutto il giorno.

MAMMA. Solo per un giorno devo rimanerci?

GISELLA. No, volevo dire che ti starò vicino fino alla “liberazione di tutte le tue malattie”.

MAMMA. Se ci sei anche tu, quasi quasi ci vado. Voglio curarmi una volta per tutte in modo da non avere ricadute.

GISELA. Finalmente. Non ti devi preoccupare, non mi muoverò da là.

MAMMA. Grazie Gisella. Mi vuoi davvero bene. Vado a preparare le mie cose.

GISELLA. Brava mamma! È così che si fa!

MAMMA. (Si sta avviando al fondo).

DOTTORE. Bene. Ora le compilo l’impegnativa così è tutto a posto. Non deve avere paura, signora Carla, ci sono andato anch’io sa?

MAMMA. (Si ferma di colpo) come? Anche lei è stato in quella clinica?

GISELLA. Ma no mamma, il dottore stava scherzando. Vero che stava scherzando?

DOTTORE. E no. Ci sono stato anch’io e mi sono trovato molto bene.

MAMMA. Lei è stato ricoverato in quella clinica e l’hanno mandato a casa in quello stato?

GISELLA.  Ma no mamma ...

MAMMA. Gissela, io non mi muovo di qua.

GISELLA. Mamma non è così ...

MAMMA. Ho detto di no e basta!

DOTTORE. E ... l’evacuazione disfunzionale?

MAMMA. (Mentre se ne va al fondo) vorrà dire che cambierò il water e lo scarico.

GISELLA. Accidenti! Doveva per forza rivelarle che c’era andato anche lei?

DOTTORE. Ma è vero.

GISELLA. Si, ma ora mi madre non vuole più saperne e io sono al punto di partenza.

DOTTORE. Mi dispiace Gisella ... ho sempre comunque delle speranze con lei? Poi noi ...

GISELLA. Poi noi ... un bel niente! Speranze su di me non ne ha mai avute prima, figuriamoci ora!

DOTTORE. Non faccia così, io le potrei offrire tanto.

GISELLA. Cosa potrebbe offrirmi? Un’occhiata? Un calcio, oppure un dromedario? Mi lasci sola pe favore ... mi sento profondamente delusa.

DOTTORE. Gisella, la prego ...

GISELLA. Se ne vada per favore. Non vorrà che succeda qualcosa al suo unico occhio, vero?

DOTTORE. Vado, vado, tornerò quando si sarà calmata. (Al pubblico) mi piace anche quando si arrabbia.

GISELLA. Se ne vada!

DOTTORE.  (Esce a destra).

SCENA XI

Gisella, Marino poi mamma

MARINO. (Rientra da sinistra) chi urla in questo modo? Stavo guardando un film alla tv e praticamente non ho sentito il finale. 

GISELLA. Non dirmi niente. Avevo trovato una soluzione per nostra madre quando invece...

MARINO. Quale soluzione?

GISELLA. A Partio c’è una clinica dove sono morti parecchi pazienti e io ci volevo appunto mandare nostra madre.

MARINO. È un’idea bellissima!

GISELLA. “Era”, ora non lo è più, grazie al nostro medico.

MARINO. Immagino. Non voglio sapere come le cose si sono svolte perchè mi faresti stare peggio di come sto già.

GISELLA. Non dirlo a me. Sono disperata.

MAMMA. (Entra dal fondo) ragazzi, ho una cosa importante da comunicarvi.

MARINO. Dimmi, mamma.

GISELLA. Ce l’ho ancora con te per prima sai?

MAMMA. Gisella, hai visto anche tu come quella clinica ha ridotto il dottore, non vorrai forse che faccia la sua fine? Ed è a tal proposito che ho riflettuto su tante cose: ho chiamato la casa di cura di Stanto.

MARINO. Casa di cura? (Piano a Gisella contento) Gisella, ho sentito bene?

GISELLA. (Contenta) hai proprio sentito bene, ha detto “casa di cura”.

MAMMA. Si, e l’ho chiamata.

MARINO. (Fingendo di tenere a lei) perchè mai lo avresti fatto mamma?

GISELLA. (Fingendo di tenere a lei) non prendere decisioni affrettate.

MAMMA. Ragazzi, è giusto così. Ognuno ha il diritto di stare con la propria famiglia.

MARINO. (Fingendo) e noi come faremo poi?

GISELLA. (Fingendo) mamma, non dire queste cose.

MAMMA. E dato che io una famiglia non ce l’ho più ...

MARINO. (Fingendo) ma tu ce l’hai ancora una famiglia.

GISELLA. (Fingendo) noi siamo la tua famiglia.

MARINO. (Piano a Gisella) non esagerare altrimenti non se ne va più.

MAMMA. Nessuno mi potrà più fermare, sono fermamente decisa.

MARINO. (Fingendo) beh, se è quello che vuoi ...

GISELLA. (Fingendo) chi siamo noi per impedirti di realizzare un tuo desiderio?

MAMMA. Sono sollevata al pensiero che avete capito e che siete tutte e due d’accordo. Non era un decisione facile da prendere per voi, ma sono felice perchè acconsentendo avete dimostrato tutto il bene che mi volete. Ho chiesto a mia sorella di ottantacinque anni che sta alla casa di cura di Stanto, di venire ad abitare qui con me.

MARINO. (Quasi svenendo) co ... co ... come?

GISELLA. (Quasi svenendo) tua ... tua ... sorella ... qui?

MAMMA. Si certo, mia sorella qui con me, con te Gisella e con te Marino. Siete contenti?

MARINO. (Quasi svenendo) eccome se siamo contenti ... Gisella ...

GISELLA. (Quasi svenendo) Marino, portami via!

SIPARIO