Quanto basta per sognare

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Quanto basta per sognare

Quanto basta per sognare

Commedia in due atti di

LUIGI ZANON

Personaggi: UOMINI n°5 / DONNE n°6

Trama: Il povero ubriacone Arnolfo, si addormenta in scena a causa di una sbronza. Quando si risveglia, si accorge di essere in casa di Valerio che gli fa credere di essere suo cugino, il conte Rodolfo, venuto a Verona per sposare la giovane ricca e ‘simpatica’ Margherita. Così Arnolfo si trova a ‘recitare la parte’ in una sorta di sogno ad occhi aperti in cui il burlato diventerà, a suo modo, burlatore.

Personaggi:

ARNOLFO

MARGHERITA

VALERIO

CECCO

SILVIA

OTTAVIO

OSTESSA

I° SERVA

II° SERVA

DOMESTICA

CANTASTORIE

SCENOGRAFIA

Prologo/Scena prima: una piazza

Scena seconda: casa di Valerio

Scena terza: casa di Ottavio

Scena quarta: casa di Valerio

Scena quinta: casa di Ottavio

Scena sesta: una piazza.

ATTO PRIMO

PROLOGO

(Scena: una piazza; a destra la casa dI Ottavio e a sinistra l’osteria; sul fondale è dipinta una pizza con relativa fontana. In mezzo, sul fondo, una panchina.

All’aprirsi del sipario tutti gli attori sono disposti in ordine sparso, immobili, su tutta la scena.

Luci colorate. Entra il Narratore che improvvisa una melodia su cui recita questa filastrocca:

Noi andiam a raccontar/nei teatri e nelle piazze/storie allegre e un po’ pazze./Le passioni e i grandi sogni/le avventure e i falsi amori/noi siam qui a raccontare./Teatro è il  mondo/ l’uomo è marionetta/e ognun vi rappresenta una scenetta./Un fondale fa da scena ideale/un costume per vestire un attore/e siam pronti per incominciare./Teatro è il mondo/l’uomo è marionetta/e ognun vi rappresenta una scenetta.

A metà della filastrocca, gli attori si muoveranno molto lentamente, come a rallentatore, su se stessi, cambiando “figura”. Terminata la filastrocca, il Narratore esce mentre le luci calano piano piano. Buio)

SCENA PRIMA

(Musica di sottofondo. Si alzano lentamente le luci. Arnolfo è sdraiato su una panchina e dorme. Indossa abiti sdruciti e sporchi. La musica cessa di colpo quando Arnolfo ruzzola per terra)

ARNOLFO – (Barcollando si rialza infastidito) Chi è stato?… Farabutto… Dove sei?… Vieni fuori se hai fegato!… Ah, ti nascondi cacasotto… (Prende la bottiglia di vino sotto la panchina;

vuol bere un sorso, ma la bottiglia è vuota. Ha un gesto di stizza) Maledizione, è vuota!… (Si accorge d’aver perso il cappello; arrabbiato) Dov’è?…Dov’è il mio cappello?.. (Lo cerca e lo trova sotto la panchina) Guarda come ti sei conciato!,,, Sporcaccione!.. (Lo indossa. Rivolto verso il lato sinistro dove si trova l’osteria) Ehi, là dentro, portatemi un’ altra  bottiglia di vino rosso! Rosso come il sangue, lo voglio!… (Si avvicina all’osteria; gridando) Avete sentito?… Oste! Ostessa!… Dove accidenti siete?… Arnolfo ha sete!.. Datemi da bere!… (Esce a sinistra nell’osteria)

VALERIO – (Entra da destra in fondo, con il servo Cecco; è visibilmente abbattuto) Non ho altra soluzione: la mia passione e le mie finanze, mi costringono a fare questo.

CECCO – La prudenza padrone, in questi casi, è d’obbligo.

VALERIO – Prudenza? Ah, sciocchezze! Io amo Silvia, Silvia ama me e non vedo perché suo padre si dovrebbe opporre al nostro matrimonio.

CECCO – Non dimenticate, signore, che c’è anche quella peste.

VALERIO – Chi? Margherita?…

CECCO – Sì, la sorella maggiore.

VALERIO – Ma chi vuoi che sposi una come quella, caro Cecco?… Un idiota... Uno spiantato..

CECCO – Un idiota spiantato, signore.

VALERIO – Ah!.. Ah!.. Hai ragione: solamente un idiota spiantato può sposare una vipera come quella!… (Si sistema il vestito e i capelli) Allora io vado… Tu aspettami qui, d’accordo?

CECCO – D’accordo….

VALERIO – Non ci sarà bisogno di insistere, vedrai…. (Esce a destra; va in casa di Ottavio)

CECCO – (Quasi tra sé) Buona fortuna padrone… (Breve stacchetto musicale; si siede sulla panchina; la musica sfuma; si alza e cerca di scimmiottare Valerio) “La mia passione e le mie finanze mi costringono a fare questo!” (Ritorna in sé) Povero padrone.… Lui ama la dolce Silvia ma.. ma anche le ricchezze e la bella vita; ed è costretto, per volontà del defunto padre, a sposarsi per aver diritto all’eredità.. Che disgrazia!

(Si odono delle grida provenienti dall’osteria)

Sono pronto a scommettere che questa commedia finirà presto in tragedia.

OSTESSA – (Entra dall’osteria; irritata) Vattene via di qui, straccione! (Getta via il cappello di Arnolfo) Fuori dalla mia osteria!

ARNOLFO – (Entra borbottando) Vecchia strega, ridammi il mio cappello… (Si precipita a raccogliere il cappello)

OSTESSA – Figlio d’un cane, ti concerò io per le feste se non mi paghi!

ARNOLFO – (Pulisce accuratamente il cappello) Maledetta baldracca!…

OSTESSA – Vergognati, sfaticato! Va a lavorare invece di star qui a riempirti il ventre di vino. (Esce e torna nell’osteria)

ARNOLFO – Tieniti il tuo vino, vecchia spilorcia, ch’è peggio dell’aceto!.. Puh!… (Cammina qua e là borbottando) Cosa vuoi da me?… Pussa via!... Sciò!… Sciò!… (Vede Cecco seduto sulla panchina) Eh, amico… hai visto quella baldracca come mi ha tratto?

CECCO – (Finge di non capire)

ARNOLFO – Ehi, amico, dico a voi!… Avete visto come quella spilorcia m’insultava?

CECCO – Non ho visto ma ho sentito…

ARNOLFO – (Arrabbiato) Quella vecchia megera me la dovrà pagare!

CECCO – Lei diceva che siete voi che dovete pagare.

ARNOLFO – (Stordito) Non crederete a quella ladra?.. Io non le devo niente!… (Ritorna in sé; si siede sulla panchina accanto a Cecco) Non avete qualcosa da darmi? La mia borsa è vuota e la mia gola è secca.

CECCO – (Cerca di tagliare corto) Mi dispiace per voi…

ARNOLFO - Mi siete simpatico. Se avessi denaro vi offrirei da bere… Voi non ne avete per comprare una bottiglia di rosso?

CECCO – La mia borsa è più vuota della vostra, vuota come la mia pancia.

ARNOLFO – Allora, sei un morto di fame!… Come campi?..

CECCO – Sono un servitore senza paga di un signore senza soldi.

ARNOLFO – Sembra che la fortuna non ti sia molto amica.

CECCO – E’ così! … (Guardando la casa del signor Ottavio) Ma spero che stia per cambiare.

ARNOLFO – Bene, allora beviamoci sopra! (Lo tira per un braccio verso l’osteria)

CECCO – (Seccato) Vi ho detto che non ho un soldo. Se volete bere andate alla fontana.

ARNOLFO – Vuoi dire acqua?… Mai! L’acqua mi fa male. Mi rovina lo stomaco e mi gela le budella.

(Entrano Valerio e Ottavio conversando tra loro) 

CECCO – (Tirando in parte Arnolfo) Ecco il mio padrone. Lasciatemi in pace, ora! (Lo manda via)

ARNOLFO – (Si avvia pensieroso all’osteria; tra sé) Phf!!… Ho bisogno di un altro goccetto (Esce mentre entrano, dalla casa di Ottavio, Silvia e Margherita)

VALERIO – (Ad Ottavio) Vostra figlia, signor Ottavio, mi può ridare la forza e la gioia di vivere… La morte improvvisa di mio padre mi ha reso infelice e …

CECCO – (Tra sé) … squattrinato!

VALERIO – Voi mi capite, signor Ottavio?

OTTAVIO – Vi capisco… vi capisco…

VALERIO – Per questo vi chiedo, ancora una volta, di concedermi in sposa vostra figlia Silvia.

OTTAVIO – Mi dispiace, signor Valerio, ma dovete aver pazienza. Silvia è ancora giovane: ha tutta una vita davanti...

CECCO – (c.s.) … e noi i creditori dietro!

VALERIO – Forse, signor Ottavio, dubitate del mio amore? Non vi sembra sincero, autentico?

OTTAVIO – No!.. No!..

VALERIO – O forse, pensate che io non sia un buon partito per la vostra dolcissima Silvia?

OTTAVIO – Basta, per carità!

MARGHE. – E’ necessario, signor padre, star qui ad ascoltare queste ridicole scemenze?

SILVIA – Tu sei ridicola!.. Sempre pronta a beffarti degli altri…

MARGHE. – (Impetuosa) E’ meglio, cara sorella, se stai zitta; tu e il tuo cascamorto siete…

OTTAVIO – (Interrompendola, deciso) Smettetela!… (A Valerio; accomodante) Sapete bene, signore, quanto deciso io sia: a nessuno concederò  mia figlia più giovane se prima non avrò trovato marito per la più vecchia.

CECCO – (c.s.) Amen!

VALERIO – Signor Ottavio, vostra figlia Margherita, è giovane e bella ma è una vera maledizione, un’ intollerabile linguaccia.

CECCO – Una peste.

VALERIO – E una peste oltre ogni misura.

MARGHE. – Signor padre, avete deciso di farmi prendere in giro da questo raccontafrottole?

 VALERIO – Ebbene, chi mai vorrebbe sposare Margherita?

OTTAVIO – Signore, conosco meglio di voi mia figlia. Chi la sposerà sarà in ogni caso fortunato giacché ella possiede una dote di 2.000 ducati d’oro.

VALERIO – 2.000 ducati d’oro?

CECCO – (Tra sé) Adesso sviene!

OTTAVIO – Ebbene, se qualcuno volesse sposare Margherita, avrà il permesso di corteggiarla a suo piacimento…. A presto, signore.

VALERIO –  (Insistendo) Ma non potete imporre una pena così dura a Silvia e farle portare il peso della cattiveria di sua sorella.

MARGHE. – (Impaziente) Che aspettiamo, padre? Ci sono cose più utili da fare che star qui ad ascoltare questi pettegolezzi!

CECCO – (Tra sé) Maledetta peste!

OTTAVIO – Signor Valerio, rassegnatevi: così ho deciso!.. Silvia, ritiriamoci in casa.

SILVIA – (Rattristata) Signor padre, mi inchino alla vostra decisione anche se sarà per me motivo di profondo dolore. (Piange)

MARGHE. – Poverina lei, meglio sarebbe metterle un dito in un occhio così saprebbe il motivo  per cui piange!

SILVIA – Tu non potrai mai capire, sorella ingrata! (Esce commossa)

OTTAVIO – Margherita, non tormentare tue sorella!

VALERIO – (Saluta Silvia) Silvia…Silvia… Vedrai che sistemerò tutto!… (Le manda un bacio)

CECCO – (Tra sé) Sì, con la forza della disperazione.

OTTAVIO – Addio, signor Valerio… (Accenna ad uscire) Tu, Margherita, puoi restare: devo parlare a Silvia.

MARGHE. – Come? Non sono  forse padrona di andarmene anch’io?

CECCO – (Tra sé) Oh, nessuno vi trattiene!

MARGHE. – So io ciò che devo fare o non fare! Sia chiaro! (Esce a testa alta)

OTTAVIO – (Rimproverandola) Margherita… che modi sono questi?… (Esce)

VALERIO – (Seccato) Al diavolo… Andatevene tutti all’inferno…(Si siede sulla panchina, desolato) Hai udito, Cecco?

CECCO – Sì, signore.

VALERIO – Per colpa di quella peste dovrò attendere per…

CECCO - … avere la dote di Silvia… (si corregge) ed il suo amore, s’intende, che vale molto di più di 2.000 ducati d’oro.

VALERIO – Non di meno sarà la dote di Silvia!

CECCO – Fosse anche la metà…

VALERIO – (Sognante) Che sommata all’eredità lasciatami da mio padre… (Ha uno scatto di gioia) Cecco, capisci, sarò ricco!..

CECCO – (Mogio) Voi, sarete ricco…

VALERIO – Suvvia, saremo ricchi!

CECCO – (Felice) Va molto meglio.

VALERIO – Ti nominerò mio segretario di fiducia… e ti occuperai della casa, della servitù, e …

 

CECCO – (Interrompendolo) … l’idiota spiantato?

VALERIO – (Credendo che Cecco l’abbia insultato) Eh, cosa hai detto?

CECCO – Se un idiota spiantato sposasse Margherita!..

VALERIO – Ah, è vero! Me n’ero dimenticato, accidenti… (Si risiede sulla panchina)

ARNOLFO – (Entra precipitosamente come se qualcuno l’avesse spinto da dietro) Vecchia maledetta!..

OSTESSA – (Entra, imprecando contro Arnolfo) Vattene via di qui, pezzente! (Lo percuote con la scopa)  

ARNOLFO – (Traballando cerca di parare i colpi) Brutta strega.. che vuoi da me?

OSTESSA – Voglio riempirti di botte, sfaticato!

ARNOLFO – Picchiare un galantuomo è contro la legge!

OSTESSA – Ah, e tu saresti un galantuomo?… E allora prenditi questa… e poi questa…

ARNOLFO – Io sono un discendente del Conte Ferdinando dei Vittoriosi!

OSTESSA – Tu discendi dai porci, farabutto!…

VALERIO – (Intervenendo per fermare l’ostessa) Basta! Basta!.. Non vedete che è ubriaco?

 

OSTESSA – (Si calma) Con il mio vino s’è ubriacato questo lurido maiale.

 

ARNOLFO – (Borbottando) Vecchia ingorda.. (Si getta per terra in un angolo)

VALERIO – Abbiate almeno un po’ di compassione.

OSTESSA – Signore, nutro compassione per gli uomini dabbene non per gli accattoni.

ARNOLFO . (c.s.) Ladra imbrogliona… (Si addormenta)

VALERIO – Ma cosa rimproverate a quest’uomo?

OSTESSA – Forse non avete capito, signore? Quell’animale non mi vuole pagare.

VALERIO – Ho capito! Ho capito!… E quanto vi deve?

CECCO – (In parte, stupito) Cosa?.. Il mio padrone vuole…

OSTESSA – Con i bicchieri rotti fanno… dieci zecchini.

VALERIO – (Dà i soldi all’ostessa) Ecco dieci zecchini.

CECCO – (c.s.) E’ diventato pazzo!

VALERIO – Ma lasciatelo in pace, vi prego.

OSTESSA – Grazie, signore! Voi siete un vero gentiluomo. Buona fortuna. (Accenna ad uscire)

VALERIO – (Chiamando l’ostessa) Ah, sentite… Quest’uomo ha una casa e una moglie?

OSTESSA – (Ridacchiando) Signore, volete prendermi in giro?… (Si avvia per uscire) Arnolfo, una casa?… Ah!.. Ah!.. E una moglie?… Ah!.. Ah!.. (Esce)

CECCO – (Perplesso) Padrone, temo che non vi sentiate troppo bene.

VALERIO – Sto benissimo, Cecco.

CECCO – Perdonatemi, ma… non è da voi donare dieci zecchini ad una sconosciuta per pietà verso uno sconosciuto!

VALERIO – Oh, Cecco, quanto piccolo è il tuo cervello.

CECCO – (Quasi tra sé) Quanto basta per servirla!

VALERIO – Ma non capisci? Questo straccione è la nostra salvezza!

CECCO – Salvezza? Ma quale salvezza. Se continuate a pagargli i debiti diventerà la nostra rovina.

VALERIO – E’ un rischio che voglio prendermi, caro Cecco… (Si avvicina alla casa di Silvia; patetico) Oh, Silvia, non avrò pace finché non mi apparterranno le tue grazie.

CECCO – (Quasi tra sé) Avete 2.000 ragioni!

VALERIO – (c.s.) Perché solamente così riacquisterò la gioia e la fiducia …

CECCO – (c.s.) … dei creditori!

 

VALERIO – (Ritornando in sé) Forza Cecco, prendiamo questo ubriacone e portiamolo a casa.

CECCO – Quale casa, padrone?

VALERIO – La mia, Cecco! Ho in mente un piano…. Vedrai che ci sarà da divertirsi.

ARNOLFO – (Si ridesta per un attimo) Vai via, strega!

CECCO – Zitto! (Gli dà una botta in testa per riaddormentarlo)

 

VALERIO – Stanotte, Cecco, ti occuperai di lui: lo laverai,lo cambierai e lo farai dormire nella camera degli ospiti. Voglio che sembri un vero gentiluomo!

CECCO – Perdonatemi, padrone, ma non capisco perché…

VALERIO – Perché domani, quando si sveglierà non sarà più un rozzo ubriacone ma un conte, il Conte Rodolfo da Padova.

CECCO – (Stupito) Vostro cugino?

VALERIO – Appunto, mio cugino.

CECCO – E cos’altro avete in mente, padrone?

VALERIO Voglio… Voglio che sposi Margherita!

CECCO – (Esterrefatto) Cosa?… Questo straccione, sposare Margherita?

VALERIO – Perché?.. Non è forse un perfetto esemplare di “idiota spiantato”?…  E allora?…

(Trascinano a fatica Arnolfo fuori a sinistra) Forza, andiamo!

(Musica di sottofondo mentre escono. Buio.)

SCENA SECONDA

(Scena: casa di  Valerio. Su entrambi i lati, un’uscita; una sedia in centro al palco.

Musica per cambio scena. Luci azzurre. Con una pantomima le serve cambiano scena.

Buio. Luci bianche molto basse)

CECCO – (Entra da sinistra quatto quatto con in mano un candelabro)

VALERIO – (Dopo qualche secondo entra da destra in fondo con una candela in mano; sottovoce) Tutto bene?

CECCO – (Ha un sussulto) Oddio, chi è?.. Ah, siete voi, signor padrone!… Mi avete fatto prendere uno spavento..

VALERIO – Allora, procede tutto bene?

CECCO – Ho fatto quello che mi avete ordinato, padrone. Ma…

VALERIO – Ma?….

CECCO – Ma come puzzava! Sembrava appena uscito da un letamaio.

VALERIO – Lo posso immaginare… Ma adesso dorme?

CECCO – Non sentite?… Ronfa che sembra un maiale!

VALERIO – Benissimo, così avremo il tempo di preparare tutto a puntino. A proposito, dai subito notizia alle mie serve dell’arrivo di “mio cugino” Rodolfo.

CECCO – Già fatto signore.

VALERIO – Allora, ordina loro di restare pronte quando si sveglia.

CECCO – Lo farò subito, padrone.

VALERIO – Voglio che una gli porga un bacile colmo d’acqua di rose… Un’altra gli porti della frutta succulenta su un vassoio d’argento; e al momento opportuno, gli dovremo far indossare un abito “signorile”.

CECCO – Sarà fatto, signore.

VALERIO Ah, mi raccomando, tu mostragli riverenza e rivolgiti a lui chiamandolo “vostra signoria”  oppure “signor conte”.

CECCO – Non preoccupatevi, signore, saprò recitare la mia parte con perfetta naturalezza.

VALERIO – Convinceremo quello straccione a credere d’essere colui che noi vorremo che sia!

CECCO – Il conte Rodolfo! … (Esce da sinistra in fondo)

VALERIO – Appunto!… (Tra sé) Non vedo l’ora che inizi lo spettacolo!… (Spegne la candela. Buio. Musica di sottofondo. Esce da destra. Dopo qualche secondo, la musica sfuma. Si sentono dei rumori provenienti dalle quinte di sinistra. Intanto,  Cecco è entrato e si è sistemato nell’angolo in fondo, di destra, immobile con un campanellino in mano)

ARNOLFO – (Entra da sinistra, davanti, con una candela accesa in mano; indossa una vestaglia bianca ed una cuffia da notte. E’ assonnato e confuso. Gira intorno al palcoscenico

Facendosi luce con la candela. Ad un certo punto, intravede una persona; gli si avvicina e gli illumina il viso; trepidante) Il morto di fame!… Il fantasma del morto!…

CECCO – (Con un soffio spegne la candela. Luci piene. Con decisione suona il campanellino

E gli toglie il candelabro dalle mani di Arnolfo. Entra la II° Serva; prende il candelabro e il campanellino ed esce. Entra la I° Serva con un bacile d’acqua in mano)

ARNOLFO – (Confuso) Per dio, cos’è tutto questo baccano?… Cosa succede?… Dove diavolo mi trovo, porco boia?…

CECCO – Non preoccupatevi, signore…. L’ospite deve essere servito nel migliore dei modi!

ARNOLFO – Quale ospite?

CECCO – Voi, signor Conte… (Prende la sedia per far sedere Arnolfo) Ma, sedetevi!… Accomodatevi!

ARNOLFO – Ospite?… Signor Conte?… Spiegatevi, per dio!… (Si siede) Ditemi cos’è successo?..

CECCO – Forse, vostra signoria, gradirebbe rinfrescarsi con un po’ d’acqua di rose?… (Fa avvicinare la I° Serva)

ARNOLFO – Acqua di rose?… Siete pazzo?.. Datemi piuttosto una bottiglia di vino!

CECCO – Lo gradisce bianco o rosso, signor Conte?

ARNOLFO – Rosso! Lo voglio rosso come il sangue!

CECCO – (Alla I° Serva) Portate subito del vino rosso di Francia! (Batte le mani per chiamare la II° Serva. Esce la I° Serva ed entra la II° Serva con un vassoio di frutta in mano)

ARNOLFO – Ehi! Dov’è il mio cappello?… Dove l’avete nascosto?…

CECCO – (Finge di non capire. Con lo stesso tono gentile di prima) Forse, vostra signoria, desidera assaggiare un po’ di frutta fresca? (Gli mostra un grappolo d’uva)

ARNOLFO – Basta con quel  “vostra signoria!” Io sono Arnolfo… Arnolfo il rigattiere! Avete capito?

 

CECCO – Assaggi qualche acino di quest’uva dal sapore dolce e fragrante.

ARNOLFO – Vino!.. Voglio solo del vino! Quella robaccia mangiatevela voi!

CECCO – (Rimette l’uva nel vassoio. Fa cenno alla serva di uscire) Avete dormito bene, signor Conte?

ARNOLFO – Porco boia, credo d’aver sognato tutta la notte!… E forse, sto ancora sognando!… Voi, siete per caso un fantasma?

CECCO – (Batte le mani; esce la II° Serva ed entra la I° Serva con una caraffa di vino ed un bicchiere in mano)

CECCO – Vostra signoria, vuole scherzare? (Versa del vino nel bicchiere)

ARNOLFO – Scherzare?.. E allora, dimostratemi che non sto sognando!

CECCO – E’ semplice: datevi un pizzicotto, se sentite male…

ARNOLFO – Eh, già! E’ semplice!.. (Si dà un pizzicotto sulla guancia) Ahia!…

CECCO – Non state sognando!

ARNOLFO – (Afflitto) Ho sentito male, porco boia!

CECCO – (Offre il bicchiere pieno ad Arnolfo) Volete assaggiare, signor Conte?

ARNOLFO – Datemi qua! Ne ho proprio bisogno! (Prende il bicchiere e beve in un sorso)

Ne voglio ancora!.. Ancora!…

CECCO – Come desidera, vostra signoria! (Prende il bicchiere e lo riempie ancora)

ARNOLFO – Sapete cosa vi dico?… Avete ragione: non sto sognando!

CECCO – Per via del pizzicotto che fa male? (Porge il bicchiere pieno)

ARNOLFO – No!… No!.. Per questo! (Alza il bicchiere) Perché non mi sono mai sognato di bere vino così buono!… Alla salute! (Beve)

CECCO – Capisco.. Capisco…

ARNOLFO – (Consegna il bicchiere e prende la caraffa) E poi… e poi, se sogno di bere, mica mi sveglio ubriaco la mattina! Poco boia!… (Beve dalla caraffa)

VALERIO – (Entra da destra, davanti; è visibilmente contento) Oh, mio caro cugino, come state?…

ARNOLFO – (Sputa il vino) Cugino?

VALERIO – Avete dormito bene?… Spero sarete soddisfatto dell’accoglienza che vi ho riservata.

ARNOLFO – (A Cecco) Psss!.. Psss!.. (Sottovoce, all’orecchio di Cecco) Ma chi è quello?

CECCO – E’ vostro cugino Valerio, signore… e il mio padrone.

VALERIO – Vi confesso che vi vedo in forma…

ARNOLFO – (Tra sé) In forma?…

VALERIO – A dispetto di quello che si dice in giro di voi.

ARNOLFO – Che si dice in giro, di me?

VALERIO – Si spettegola… Si vocifera…

ARNOLFO – Chi s-vocifera?

(Valerio toglie dalle mani di Arnolfo la caraffa di vino e la dà a Cecco che esce)

VALERIO – C’è chi sostiene, mio caro cugino, che, per colpa di quella caduta da cavallo, non siete più voi… Siete cambiato…

ARNOLFO – Eh, mica sono diventato matto, io!

VALERIO – (A parte) Speriamo di no!

ARNOLFO – Che dite?

VALERIO – Dicevo, caro cugino, che anche noi eravamo preoccupati per la vostra salute…

Quella caduta da cavallo….

ARNOLFO – Caduta da cavallo?

VALERIO - … vi ha fatto perdere conoscenza per molti giorni, ma…

ARNOLFO – Ma?…

VALERIO - ….. ma, per grazia divina, un bel giorno avete riaperto gli occhi… Sembrava che tutto si fosse sistemato, che voi foste guarito…

ARNOLFO – (Interrompendolo) Ma sono guarito?

VALERIO – E lo chiedete a me?

ARNOLFO – Io non ricordo niente!

VALERIO – Come immaginavo: è colpa della caduta! E, ahimè, devo costatare,  che non siete perfettamente guarito; siete ancora un po’ confuso, frastornato, al punto che…

ARNOLFO – Che?…

VALERIO – Che alle volte credete di essere un altro.

ARNOLFO – E chi?

VALERIO – Un certo Arnolfo che fa il rigattiere.

ARNOLFO – Ma, io, sono Arnolfo! Chiedete a quella vecchia strega dell’osteria.

(Entra nel frattempo Cecco)

VALERIO – Per favore, smettetela di sognare!.. Sapete che non vi giova alla salute.

ARNOLFO – Porco boia, allora ditemi chi sono!

CECCO – (A parte) Un povero scemo!

VALERIO – Chi siete?… Suvvia, cugino… Provate a chiederlo ai miei servi.

ARNOLFO – Io?… Io mi  ver… Chiedetelo voi!

VALERIO – E va bene!.. (A Cecco) Cecco, sai dirmi chi …

ARNOLFO – (Interrompendolo) No, no!.. Lui, no!… Non mi fido dei morti di fame!

VALERIO – D’accordo!.. Allora, chiederemo ad una delle mie serve.

ARNOLFO – Meglio!

VALERIO – (Batte le mani) Spero che vi convincerete, finalmente!

I° SERVA – (Entra dal fondo) Padrone, desidera? (Fa l’inchino)

VALERIO – Sapete dirmi chi è quest’uomo?

I° SERVA – E’ vostro cugino, padrone, il Conte Rodolfo, figlio di vostro zio Giovanni da Padova.

VALERIO – Grazie, potete andare. (La I° Serva esce da dove è entrata)

ARNOLFO – (Assorto) Il Conte Rodolfo… da Padova…

VALERIO – (A Cecco) Cecco, andiamo!… La sedia!… (Esce seguito da Cecco che porta fuori la sedia. Musica dolce di sottofondo per qualche secondo) 

ARNOLFO – (Cammina di qua e di là, pensieroso) Allora, sono davvero un conte… Sono il Conte Rodolfo…. E’ tutto vero!… Non sto sognando!… (Si dà un pizzicotto sulla guancia) Ahia!… Ma, allora, quello che finora credevo di essere non era che un sogno!… Maledizione, ma quando sono caduto da cavallo?…

VALERIO – (Entra seguito da Cecco che porta un paravento e dalla II° Serva) Scusatemi cugino, ma s’è fatto tardi! Saràmeglio che vi vestiate: dobbiamo partecipare ad una battuta di caccia…

ARNOLFO – Vestire?.. Con cosa?…

VALERIO – Non preoccupatevi… Vi ho fatto fare dal mio sarto un vestito su misura… Vi starà a pennello, vedrete.

ARNOLFO – Che vi devo dire, cugino?..

VALERIO – Niente!… Non dite niente!… Consideratelo un mio regalo. (Lo spinge dietro il paravento situato in fondo al centro) Avanti!… In fretta!… Fate in fretta!…  Non abbiamo tanto tempo.

(La II° Serva aiuta Arnolfo a vestirsi. Musica di sottofondo. Quando Arnolfo è quasi pronto la musica si abbassa)

VALERIO – (A Cecco, a parte, davanti) Che ti dicevo, Cecco? Quel pezzente è caduto nella trappola!.. Ah!.. Ah!…

CECCO – Avete vinto voi, padrone.

VALERIO – Quell’idiota ora si crede davvero mio cugino.. Ah!.. Ah!…

CECCO – Non c’è al mondo persona più furba di voi, padrone.

VALERIO – Devo ammettere che anche tu hai recitato egregiamente la tua parte… Ricordami di ricompensarti…

CECCO – Grazie padrone. Siete davvero generoso di promesse.

ARNOLFO – (Da dietro il paravento) Cugino, che ne direste se ci bevessimo un goccetto prima della caccia?

VALERIO - D’accordo! Ho un eccellente vino spagnolo in cantina.

ARNOLFO – Va bene, purché sia rosso!

VALERIO – (In parte, a Cecco) Ma il bello viene ora, caro Cecco!..

CECCO – Vorrà dire il peggio, signora!.. Nessuna donna perbene sposerebbe quell’uomo.. Margherita, poi.. non vorrà nemmeno vederlo!

VALERIO – Margherita, no! Ma il signor Ottavio sì!.. Lascia fare a me, Cecco e vedrai che…

CECCO – (Quasi tra sé)  … brutta fine faremo! 

ARNOLFO – (Esce da dietro il paravento; indossa un vestito buffo e coloratissimo.) Ehi, cugino, come sto?

VALERIO – State benissimo!.. Assomigliate ad un …

CECCO – Pavone! (Esce portando via il paravento; anche la II° Serva esce portando via la biancheria di Arnolfo)

ARNOLFO – (E’ visibilmente contento; gira su se stesso alcune volte per “guardarsi”) Guarda che roba, porco boia!… Sembro davvero un signore!

VALERIO – Siete un signore, cugino! Non dimenticatelo mai!

ARNOLFO – Eh, già, non vi dimen-ti-che-rò mai!

VALERIO – Ah!… Ah!.. Vedrete, caro cugino, che non vi sarà difficile trovare una giovane bella e ricca da sposare.

ARNOLFO – Come?… Cosa?…

VALERIO – Siete venuto qui per questo, no?.. L’avete detto voi!

ARNOLFO – L’ ho detto io?!…

VALERIO – E chi sennò?

ARNOLFO – E cosa ho detto?

VALERIO Che è vostro desiderio, trovare, qui, una brava moglie.

ARNOLFO – Ho detto così?.. Una brava moglie?

VALERIO – Sì, un brava e ricca  moglie!

ARNOLFO – Ah, ho detto anche “ricca”!.. Benissimo!…

VALERIO – Ebbene, cugino, non ci crederete ma… (Sussurrato) Ho da proporvene una molto ricca, ricchissima: possiede 2.000 ducati di dote!

ARNOLFO – (Sbalordito) 2.000 ducati?… Ma sono una montagna di soldi!

VALERIO – (Tra sé) E a me lo dici!

ARNOLFO – Ma ditemi, cugino, com’è lei?… E’ alta?… E’ bionda?… E’…

VALERIO – (Interrompendolo) Eh, quanta fretta!… Vi dirò tutto, non preoccupatevi… Ma ora, andiamo, che è tardi! (A accenna ad uscire)

ARNOLFO – Ma ditemi almeno cos’ ha di bello?.. Cos’ ha?..

VALERIO – Ha un bel… caratterino! Ah!… Ah!… (Esce a destra)

ARNOLFO – Per 2.000 ducati sposerei anche un cammello!… Aspettatemi cugino!… Dove andate?… (Esce dietro a Valerio)

(Luci colorate; entra il Narratore che improvvisa una melodia su cui recita il pezzo che segue;

Arnolfo e Valerio eseguono una pantomima: Arnolfo entra da destra, leggendo un libro, ed esce a sinistra, per tre volte, seguito da Valerio, che gesticola vistosamente.

Anche un bastone/se ben vestito/sembra un barone./Come il povero Arnolfo/ch’è diventato/il Conte Rodolfo./  Non c’è poi da stupirsi/è un gioco travestirsi./ Ciò che fa fede/è ciò che si vede./Anche un bastone/se ben vestito/sembra un barone./Furbo o ingenuo,/falso o  sincero/ conta l’apparenza./ Non c’è poi da stupirsi/è un gioco travestirsi./Ciò che fa fede/è ciò che si vede./Ma staremo a vedere/che cosa succede./Se il povero Arnolfo/sarà furbo oppure tonto.

Il Narratore esce. Luci piene)

VALERIO – (Fermandosi con Arnolfo in centro al palcoscenico) Vi dicevo, caro cugino, che la seduzione è un’arte.

ARNOLFO – E che arte, porco boia!

VALERIO – Io sarò il vostro maestro: vi istruirò e vi insegnerò le regole e le tecniche di tale arte, sperando che servano a far innamorare quella ca-ro-gna.. cara donna!

ARNOLFO – Cara, sì!.. Se vale 2.000 ducati!

VALERIO – Allora, cugino, procediamo per gradi.

ARNOLFO – Sì, giusto! Gradiniamo!

VALERIO – Per la prima parte, quella teorica, chiamiamo in aiuto la letteratura.

ARNOLFO – (Rivolto verso le quinte; con voce sostenuta) Letteratura… Letteratura...

VALERIO – (Esterrefatto) Ma che fate?

ARNOLFO – (Mogio) Chiamo…

VALERIO – (Deciso) Ma cosa avete capito? Era un modo di dire… chiamare in aiuto, cioè fare uso, utilizzare, la letteratura, la parola scritta, allo scopo di istruirvi.

ARNOLFO – Eh, già! Mi sembrava strano: quel nome non l’ ho mai sentito!

VALERIO – (Mostra il libro) Vedete questo?.. In esso si narra una storia famosa, la più famosa storia d’amore di tutti i tempi, “Giulietta e Romeo”. Vi rammentate?

ARNOLFO – (Si guarda il vestito) Perché dov’è rotto?..

VALERIO -  Rotto che cosa?

ARNOLFO – (Finge di cucire un pezzo di stoffa)

VALERIO – Ma no!.. Rammentare vuol dire ricordare e non cucire! (Tra sé) Ma che ignorante!

ARNOLFO - Perdonatemi, cugino… Ho capito male… Ma, andate avanti.

VELERIO – D’accordo, ma state più attento .. Allora, Giulietta e Romeo, si amano ma il loro amore è contrastato. Montecchi e Capuleti, le loro famiglie, sono in lotta tra loro…

ARNOLFO – Cane e gatto, insomma!

VALERIO – Come cane e gatto!… Almeno questa l’avete capita!… (Apre il libro) Quel che interessa a noi, o meglio, a voi, caro cugino, è apprendere e conoscere la dolcezza, la tenerezza e la forza delle parole pronunciate da Romeo per conquistare Giulietta. State attento e cercate di appropriarvene…

ARNOLFO – Porco boia, vedrete che me le approprierò tutte!

VALERIO – Scena del balcone. E’ notte. Giulietta si affaccia dal balcone. Romeo, nascosto tra i cespugli del giardino, la sta osservando.

CECCO – (Entra da sinistra) Scusate, padrone…  Dovete venire subito di là, c’è … (Gli fa capire a gesti che c’è un creditore)

VALERIO – Ancora quello scocciatore!.. Ma non doveva venire …

CECCO – Oggi!… Doveva venire oggi!…

VALERIO – E va bene, adesso vengo… (Cecco esce da dove è entrato. Porge il libro ad Arnolfo)  Scusate cugino, ma devo lasciarvi… Iniziate voi a leggerlo. Ecco, da questo punto…

(Accenna ad uscire; ritorna) Ah, mettetevi nei panni di Romeo, mi raccomando.. (Esce da sinistra)

ARNOLFO – e dove… (Gira di qua e di là come se cercasse qualcosa) Dove sono?… Io qui non li vedo!… (Chiama una serva) Serva… Serva… Non c’è una serva qui che mi… (Entra laII° Serva da destra con dei panni in mano) Ehi, voi, avete visto dove sono i panni di Romeo?..

II° SERVA – Romeo?.. No! Non li ho visti. (Esce a sinistra)

ARNOLFO – (Seccato) E allora, dove sono, porco boia?… (Vede la I° Serva entrare; la chiama) Ehi, voi, scusate… Sapete dirmi dove sono i panni di Romeo?

I° SERVA – Quale Romeo?

ARNOLFO – Romeo, quello che è innamorato di Giulietta.

I° SERVA – E chi è Giulietta?

ARNOLFO – Giulietta è la fidanzata di Romeo… Ma non la conoscete la storia?

I° SERVA – Quale storia?

ARNOLFO – E’ scritta tutta qua dentro! E’ la storia di un amore costipato.. o castigato… Beh, non fa niente…

I° SERVA – E che succede?

ARNOLFO – Ne succedono di tutti i colori.. I Caputecchi sono in guerra con i Montelecchi, che sono le famiglie dei due fidanzati, e quando si vedono sono botte, lotte e sangue… Come cane e gatto, insomma!… Ro-meeeo è dei gatti! Lui è in giardino che aspetta Giulietta che sta sul balcone… (Porge il libro alla I° Serva) Leggete qui cosa si dicono i due fidanzati… Leggete, forza!…

I° SERVA – (Gira sotto sopra il libro) Per carità, leggete voi, io no ho una bella voce!… (Riconsegna il libro ad Arnolfo)

ARNOLFO – Neppure io ho la bella voce! (Gli ritorna il libro)

I° SERVA – Vi ho detto di no! No, leggetelo voi se vi interessa! (c.s.)

ARNOLFO – Ma io, devo vestirmi da Romeo, non posso, lo capite?

VALERIO – (Entra da sinistra) Cugino, che fate?

ARNOLFO – Niente… niente.. Stavo leggendo quando questa serva…

I° SERVA – Io, padrone, non ho…

VALERIO – Ho capito! .. Non siete riuscito a fare niente!… (Fa cenno con la mano alla I° Serva di uscire; quest’ultima esce)

ARNOLFO – Io volevo… Ho cercato dappertutto ma… i panni di Romeo non li ho trovati!.. Sapete dirmi dove li ha messi?

VALERIO – I panni di … (Scocciato) Ma cosa avete capito?… lasciamo stare la teoria, per carità!.. (Gli strappa dalle mani il libro ed esce) E’ una pazzia!.. Una pazzia!…

ARNOLFO – (Inseguendolo) Ah, ce li ha la zia!… E come facevo a trovarli?…

(Esce dietro a Valerio. Musica di sottofondo mentre le due Serve cambiano scena. Buio)

 

SCENA TERZA

(Scena: casa di Ottavio. Su entrambi i lati, due uscite. Due sedie)

MARGHE.- (Entra da sinistra strattonando di qua e di là Silvia che tiene legata con una corda ai polsi)  Sorella ingrata e capricciosa!…  Saprò io domarti come si deve!…

SILVIA – (Stanca e dolorante) Per favore, Margherita, smettila!

MARGHE.- Vorresti coprirmi di ridicolo, eh?

SILVIA – Basta! Mi fai male!

MARGHE.- Vorresti che tutti in città mi riconoscessero come “Margherita la zitella”?..

SILVIA – Slegami, ti supplico!

MARGHE.- E’ questo che vuoi?.. Rispondimi!

SILVIA – Se ti ho fatto un torto, o peggio, del male, allora sono pronta a riparare….

MARGHE.- (Fingendo tenerezza) Poverina, se credi di commuovermi, ti sbagli!

SILVIA – Ma, se non è colpa mia, allora perché mi perseguiti?

MARGHE.- Ti ostini a non voler capire, eh!… (La strattona ancora intorno al palco) Bene, ti schiarisco io le idee!

SILVIA – Basta!.. Smettila!..

MARGHE.- Allora, vuoi ancora sposare quel Valerio?... Rispondimi! Lo vuoi ancora?…

SILVIA – Io lo amo!… Lui è tutto per me!

MARGHE.- Ah, è così! Sei decisa!…

SILVIA – Non intendo invecchiare in solitudine. Io, voglio un marito, un compagno fedele, accanto!

MARGHE.- Povera illusa! Gli uomini sono maledettamente egoisti: amano solo sé stessi!

SILVIA – Valerio non è così: è dolce e affettuoso.

MARGHE.- Lo sono tutti prima delle nozze… dopo diventano prepotenti ed apatici!

SILVIA – (Commossa e dolorante) Tu non puoi capire quanto grande sia la gioia che provo nel sentirmi amata!

MARGHE.- Stai mentendo a te stessa!… Ma non capisci che quel tuo Valerio è attratto solamente dalle tue ricchezze!

SILVIA –  Non è vero!… (Ha uno scatto di rabbia) Perché?… Perché mi vuoi ferire in questo modo?… (Si inginocchia ai piedi di Margherita) Ti prego, lasciami in pace….

OTTAVIO – (Entra; è visibilmente imbronciato) Che succede?.. Silvia, cosa fai?.. Perché piangi?.. (Si affretta a soccorrerla)  E’ stata lei? (Indicando Margherita; a quest’ultima) Vergognati, indemoniata! Da dove proviene questa tua cattiveria?… Perché maltratti tua sorella che non t’ ha fatto nulla di male?… Quando mai t’ ha contrariata anche solo con una  parola?

MARGHE.- Con quel suo silenzio è come se mi pigliasse in giro e io mi voglio vendicare!.. (Cerca di tirare i capelli a Silvia)

SILVIA – Fermatela, padre!

OTTAVIO – Ma come?… Davanti a me? Sei davvero una peste!… Silvia, vai di là e sta lontana da lei!.. (Silvia esce di fretta) Ma come hai osato?..

MARGHE.- Non mi potete sopportare, eh?… Si vede anche troppo bene che è lei la vostra “prediletta”!.. Se vuole sposarsi si sposi pure così sarò derisa da tutti!

OTTAVIO – Ora basta! La mia pazienza ha un limite e tu, con la tua sfacciataggine, sei riuscita ad oltrepassarlo!.. Non sarò più indulgente con te! Il primo uomo che mi chiederà il permesso di sposarti, glielo concederò! Così ho deciso e così farò!

MARGHE.- Non dite più niente! Ho capito, volete maritarmi a mio dispetto, ma saprò ben io difendermi! (Esce adirata)

OTTAVIO – (Alzando le braccia al cielo) Ci fu mai padre più sfortunato di me? (Resta immobile per qualche secondo mentre parte la musica di sottofondo e le luci si abbassano. Buio. Sipario)

 

                                                                                                             FINE PRIMO ATTO

 

SECONDO ATTO

SCENA QUARTA

(Scena: casa di Valerio. Musica di sottofondo. Le luci si alzano lentamente. Si vede Arnolfo camminare avanti e indietro pensieroso. Luci piene.)

ARNOLFO - Boh!… Chissà!… Sono diventato matto io?… O sono pazzi loro?…. Boh!…

Comunque, non mi voglio tirare indietro: farò tutto quello che mi diranno, per diana!

VALERIO - (Entra seguito da Cecco) Scusatemi, cugino, c’era di là un truffatore senza scrupoli.

CECCO - (Tra sé) Li chiama così i suoi  creditori.

VALERIO - Fin qui, vi è tutto chiaro?.. Avete capito?

ARNOLFO - (Titubante) Sarebbe meglio se… Quella caduta da cavallo non…

VALERIO - Va bene… va bene…. Allora: assecondatela sempre.

ARNOLFO - Assecondarla sempre. Sì!… Ma cosa vuol dire?

VALERIO - Accontentarla, soddisfarla, ad ogni occasione per ogni suo desiderio.

ARNOLFO - Ho capito, sì!                    

CECCO - (c.s.) Figurarsi.

VALERIO - E mi raccomando, non contrariatela mai.

ARNOLFO - Sì! Assecondarla sempre, contrariarla mai!.. Ci sono.

VALERIO - (Scoraggiato) Gesù mio… (A Cecco, a parte) Esiste uomo più scemo in tutta

la città?

CECCO - Ne dubito, padrone.

VALERIO - E proprio a noi doveva capitare!

ARNOLFO - Ehi, cugino, ditemi… ditemi com’è lei, Margherita?

VALERIO - (Enfatico) Se fosse un fiore sarebbe… una rosa.

CECCO -  … con tante spine.

VALERIO - Se fosse un astro sarebbe… la luna.

CECCO - … di traverso.

VALERIO - Se fosse un animale sarebbe… una gatta.

CECCO -  … da pelare.

ARNOLFO - Ho capito!.. Ho capito!… Ma ditemi con parole semplici, com’è? Com’è lei?

VALERIO - Volete proprio saperlo? Volete la verità?

ARNOLFO - Sì, la verità… Ma com’è? (Le battute che seguono dovranno essere recitate in modo frenetico, incalzante. Arnolfo, è seduto sulla sedia; Valerio e Cecco gli parlano negli orecchi, uno alla destra ed uno alla sua sinistra)

VALERIO - Lei è… scorbutica.

CECCO - E’ acida.

VALERIO - E’ sgarbata.

CECCO - E’ selvatica.

VALERIO - E’ lunatica.

CECCO - E’ bislacca.

VALERIO - E’ attaccabrighe.

CECCO - E’ incontentabile.

VALERIO - E’ furiosa.

CECCO - E’ tanghera.

VALERIO -  E’ aspra.

CECCO - E’ secca.

VALERIO - E’ dannata.

CECCO - E’ ….

ARNOLFO - (Si alza di scatto; sconsolato) Ma questo è il demonio!

CECCO - No, è Margherita.

VALERIO - Se volete vincere la battaglia, caro cugino, dovete conoscere il nemico; non

vi pare?

ARNOLFO - (Perplesso) Già, mi pare!

VALERIO - Suvvia, fatevi coraggio…. Ascoltate bene i miei consigli e vedrete che sarete

voi a risultare vittorioso… In ogni caso, ne vale la spesa, no? 2.000 ducati d’oro sono…

ARNOLFO - Avete ragione, cugino. Per 2.000 ducati d’oro è meglio tentare. Al diavolo tutti quei difettacci!

VALERIO - Bravo! 2.000 ducati possono coprire 2.000 difetti!

CECCO - (Tra sé) E 2.000 bastonate.

VALERIO - Basta! Ora, andiamo avanti e bando alle ciance.

ARNOLFO - Mi piace, cugino. (Gli dà una pacca sulla spalla) Infondo, siamo fatti della

stessa pasta.

CECCO - (Tra sé) Sì un brutto pasticcio.

VALERIO - Non perdiamo altro tempo.

ARNOLFO - Sì, insegnatemi tutto. Voglio diventare un vero seduttore.

CECCO - (c.s.) Ci vorranno degli anni.

VALERIO - Allora, Cecco fingerà di essere Margherita ed io, per mostrarvi come dovete

agire, prenderò il vostro posto.

ARNOLFO - Quale posto?

CECCO - (c.s.) Quello poste-riore.

VALERIO - Intendevo dire che vi sostituirò, vi rimpiazzerò a titolo dimostrativo, s’intende.

ARNOLFO - Adesso è tutto più chiaro.

VALERIO - (A Cecco) Cecco, cosa aspetti?… Fai qualcosa per sembrare Margherita!

CECCO - Cosa?… Volete che io…. (Si atteggia con movenze femminili)

VALERIO - Hai capito!… Basta poco: una gonnellina, un cappellino….

CECCO - Come desiderate, padrone. (Esce dal fondo a destra con passo femminile)

VALERIO - E sbrigati, mi raccomando.

ARNOLFO - Dove va?

VALERIO - Lo capirete tra poco… Nel frattempo faremo un breve ripasso.

ARNOLFO - (Contento) Ripassiamo pure.

VALERIO - Per prima cosa dovete mostrarvi fi… fi..

ARNOLFO - Fiero e ri… ri-so…

VALERIO - Risoluto, cioè deciso! Poi…

ARNOLFO - Poi?

VALERIO - Dovete asse.. asse…

ARNOLFO - Assecondarla sempre! Contrariarla mai!

VALERIO - Bene. Almeno questo l’avete capito!

ARNOLFO - Che vi dicevo: io sono un capoccione.

VALERIO - E che capoccione!.. (Serio) Ma, attento: non dovete lasciarle libero gioco.

ARNOLFO - Eh, no, per diana! Giocherò io!

VALERIO - Ma con discrezione, intesi?

ARNOLFO - Sì!.. Sì!…

VALERIO - Inoltre, fate sfoggio del superlativo assoluto. (Vede Arnolfo preoccupato) Che

cosa vuol dire?…   (Arnolfo sorride) Ve lo spiego subito. Esempio: è giusto

dire: “Mia dolce Margherita?” (Arnolfo fa un cenno di assenso col capo) No!.. (Arnolfo si corregge) Va detto, invece: “Mia dolcissima Margherita!” E’ chiaro?… Non gentile, ma gentilissima!… Simpatica, simpaticissima!… Adorabile, adorabilissima…

ARNOLFO - Grossa, grossissima!

VALERIO - Giusto!.. Ma, evitate questo aggettivo, non si sa mai!

ARNOLFO - Già, non si sa mai!

VALERIO - Ricordatevi sempre, caro cugino, che la seduzione è un’arte: don Giovanni

non era uno sciocco sprovveduto.

ARNOLFO - Chi è questo don Giovanni?… Un parente, per caso?

VALERIO - (Ironico) Sì, ma alla larga!..

I° SERVA - (Entra dal fondo a destra) Signor padrone, la signorina Margherita. Ah!..

Ah!… (Esce ridacchiando tra sé)

CECCO - (Entra dal fondo a destra; indossa una gonna lunga e una parrucca da  donna. Si sforzerà di parlare in falsetto)  Fate presto, per favore, Margherita  è di fretta! Presto, su!

ARNOLFO - (Imbambolato) Margherita?…

VALERIO - Benissimo, Cecco.

ARNOLFO - Cecco!.. (Borbottando) Io credevo che fosse…

VALERIO - (A Cecco) Mantieni pure questo tono di voce, ma esagera nel mostrarti irrequieto

e scorbutico.

CECCO - (Ad Arnolfo, fingendosi arrabbiato) E voi, non guardatemi con quella faccia

da allocco.

ARNOLFO - (Timidamente) Io?… Io, non volevo!… Ma come vi guardo, allora?

VALERIO - (Severo) Cugino, che vi prende?… Se fate così, siamo rovinati!.. Se una 

gonna e una parrucca bastano per farvi intimidire…. che cosa vi succederà quando sarete davanti a Margherita? Ve la farete sotto?..

ARNOLFO - No… No, cugino. Io non sono un cacasotto!.. E’ che… questi travestimenti mi

rimescolano le budella!

VALERIO - Speriamo sia vero!

CECCO - (Impaziente) Ho fretta!… Ho fretta!… Muovetevi!…

VALERIO - Hai ragione!… Allora… Siamo nella casa del signor Ottavio. Margherita mi sta

aspettando… Entro io. (Ad Arnolfo) Chi sono io?

ARNOLFO - Me!

VALERIO – Bene! (Finge di entrare nella stanza dove si trova MARGHERITA) Permesso…. Buongiorno, dolcissima Margherita. (Esegue un grazioso inchino)

CECCO – (Brusco) Buongiorno. (Porge la mano a Valerio che gliela bacia teneramente) Chi siete voi? Io non vi conosco!

VALERIO – Oh, gentilissima Margherita, io sono il Conte Rodolfo venuto apposta da Padova per conoscere le vostre infinite grazie.

CECCO – Potevate anche non venire, tanto, le mie grazie non le do a nessuno!

VALERIO – Siete molto allegra oggi. A me piacciono le donne spensierate e prive di frivolezze…

CECCO – A me non piacciono quelli come voi!

VALERIO – (Ad Arnolfo) Dovrete essere pronto a ricevere delle male parole. Non scomponetevi; proseguite dritto per la vostra strada.

ARNOLFO – Dritto!… D’accordo!...

VALERIO – (A Cecco,recitando) Mi avevano detto che eravate scorbutica e furiosa… Calunnie! Voi, Margherituccia, in verità siete piacevole, cortese e taciturna!

ARNOLFO – (Ripete tra sé) Piacevole, cortese e taciturna.

VALERIO – Mondo diffamatore. Gente maligna….

CECCO – Gli uomini sono tutti così!

VALERIO – (Lo prende per una mano e lo fa girare intorno) Ma, fatevi vedere… Fatevi ammirare….

CECCO – Che fate?… Lasciatemi stare!…

VALERIO – Guardatela la mia Marghy!… Guardatela come cammina… (Serio, a Cecco) Forza, cammina! (Cecco cammina avanti e indietro, in proscenio, comicamente) Guardatela come cammina!… E’ snella e slanciata… E’ leggera come una piuma… (Deciso, alzando la voce) Perché, allora, andate in giro dicendo che Margherita è goffa?… Gente maligna e pettegola!

ARNOLFO – (Preso dall’entusiasmo) Questa è bella, cugino!.. (Serio) Ma lei è “zoppa”?

CECCO – (Scherzando) Sì! Ha una gamba di legno! (Cammina zoppicando)

VALERIO -  Cecco, non divaghiamo!… Per favore, cugino… Ho detto “goffa”, che significa poco elegante, sgraziata…

ARNOLFO – Che disgra-ziata sarebbe stata!

VALERIO – (Cambiando tono di voce) Ed ora, diamo libero sfogo alla fantasia. Ogni donna davanti ad un “verso” crolla!

ARNOLFO – Quale verso?

VALERIO – Un verso poetico, una lirica… ogni donna non rimane indifferente: s’innamora!

ARNOLFO – Per diana, che forte il verso!

VALERIO – (Patetico) Oh, Margherita, i vostri occhi sono come lame che mi trafiggono il cuore; il vostro sguardo è come un fulmine che mi acceca. Leggiadrissima Margherita, non potrò più vivere senza il vostro sconfinato amore.

CECCO – (Fingendosi ancora Margherita; in falsetto) Il mio amore non ve lo do! Thiè!

VALERIO – E’ inutile… Vostro padre acconsente che voi siate mia moglie: arrendetevi al mio infinito amore.

CECCO – Non mi arrenderò! Oh!

VALERIO – (A Cecco, serio) Ora devi arrabbiarti!… devi strillare!

CECCO – (Esegue) Via!.. Via!.. Andate via, mascalzone!…

VALERIO – (Ad Arnolfo) Fiero e risoluto! (A Cecco, recitando) Credete che qualche strillo possa infastidirmi le orecchie?

CECCO – (Strilla ancora) Via!… Via, farabutto!

VALERIO – Non ho io, in vita mia, sentito ruggire i leoni?.. Non ho sentito il mare in tempesta soffiare furioso come un cinghiale imprigionato.

ARNOLFO – (Ripete tra sé) Ruggire i leoni, mare in tempesta…

CECCO – Basta! Andate via! Viaaaaa!!

VALERIO – Non ho sentito, io, i cannoni dei campi di battaglia, le urla e le trombe levarsi al cielo?… E volete che prenda paura di una lingua di donnetta che eguaglia lo schiocco d’una castagna al fuoco-

ARNOLFO – Bravo! Ben fatto!

VALERIO – Ma via, queste cose possono spaventare i ragazzini non il Conte Rodolfo.

ARNOLFO – (Applaude entusiasta) Siete grande, cugino!

VALERIO – (Ad Arnolfo, serio) Adesso provo a giocare la carta del pentimento. (A Cecco, recitando) Perdonatemi, Margheritina mia… lo so che sono stato rude e irruente con voi…

CECCO – Sì, siete stato rude, anzi, rudentissimo con me!

VALERIO – Ma, ora, dimenticate tutto, per pietà!… Il passato è passato. Ciò che conta è adesso… adesso vi voglio mia!.. Datemi la vostra mano… (Porge la mano)

CECCO – No, non ve la do!

VALERIO – Margherita, tenerissima Marghy, datemi la vostra mano ed io vi sposerò!

ARNOLFO – (A Cecco, con trasporto) E datecela!

CECCO – E va bene, ve la do!  (Serio) Così finiremo questa commedia!

VALERIO – (Si inginocchia e gli bacia la mano) Amore!…

ARNOLFO – (Applaude) Bravo!… Ce l’avete fatta!

VALERIO – Grazie, cugino. Ma ora tocca a voi. Fate altrettanto!

ARNOLFO – Io?… Non ricordo niente.. . Non mi sento pronto…

VALERIO – Forza, niente scuse!.. Allora, mostratevi “fiero e risoluto”!…

ARNOLFO – (Titubante) Fi… fi... No!… Non…

 

VALERIO – Che avete?…

ARNOLFO - Niente, niente!… Però, sarà meglio, cugino, che prima vada a farmi un goccetto! Così saprò essere più.. più rinforsuto!

VALERIO – Risoluto, accidenti!… Risoluto!…

ARNOLFO – (Esce borbottando, a sinistra) Un goccio di rosso… rosso lo voglio!

VALERIO – (Preoccupato) Maledizione! Quell’ubriacone non riuscirà mai a sposare Margherita!

CECCO – Sposare?… Non riuscirà nemmeno ad aprir bocca davanti a quella peste!

VALERIO – (Pensieroso) A meno che… Ci sono! Andrò subito dal signor Ottavio; gli dirò che mio cugino sta cercando moglie e …..

CECCO – Cosa? Volete far convinto il signor Ottavio a dare in sposa…

VALERIO . Bravo, Cecco! Se convinco il padre è fatta! Margherita non potrà così opporsi! (Accenna ad uscire) Tieni a bada “l’idiota” mentre io sono fuori! (Esce a destra)

CECCO – Sarà fatto, padrone!.. Sarà fatto!… (Esce a testa bassa, mormorando, a sinistra)

Brutta faccenda!… Brutta!..

(Musica di sottofondo mentre calano le luci. Buio)

SCENA QUINTA

(Scena: casa di Ottavio.Luci piene; entrano Valerio e Ottavio)

VALERIO – Allora, ho la vostra parola?

OTTAVIO – Ma, sì! sì!… Portatemi qui vostro cugino!

VALERIO – Al più presto, signor Ottavio.. Al più presto…

OTTAVIO – Allora, arrivederci.

VALERIO – Arrivederci! E, molte grazie! (Esce, da sinistra, contento)

OTTAVIO – (Tra sé) Speriamo che questa sia la volta buona!

(Esce a destra. Musica di sottofondo. Buio.

Luci piene. Margherita sta giocando a “mosca ceca” con la domestica. Quest’ultima, con una vistosa benda agli occhi, cerca di prendere Margherita che saltella di qua e di là per no farsi prendere. Sembra un gioco invece è un espediente adottato da Margherita per picchiare la povera domestica con il battipanni)

MARGHE.- Venite di qua… Di qua, vi ho detto!

DOMESTICA – Fermatevi, vi prego!

MARGHE.- Acqua…  Acqua… Fuochino… Fuoco! (Le dà una sonora pacca sul sedere col battipanni)

DOMESTICA – Ahia! Mi fate male, padrona!

MARGHE.- Forza, venite di qua!… Da questa parte!…

VALERIO – (Voce fuori campo) ehi, di casa… E’ permesso?…

DOMESTICA – Padrona, c’è un signore che vuole entrare! Lasciatemi andare…

MARGHE.- Continuate… Continuate… Smetterete quando mi avrete presa!

DOMESTICA – Ma devo aprire la porta! Vostro padre si arrabbierà!

MARGHE.- Acqua… Acqua… Ma dove andate?.. Sono qui! Sono dietro di voi!

VALERIO – (c.s.) Aprite! Sono il signor Valerio… Apritemi, per favore!…

MARGHE.- Fuochino… Fuochino… Fuoco! (La picchia sul sedere col battipanni) Ah! Ah!…

Anche stavolta vi ho ingannata!…

OTTAVIO – (Entra affrettatamente) Servo… Domestica… Dove siete nascosti?.. Aprite quella maledetta porta!

DOMESTICA – (Afferra Ottavio per la vita credendola Margherita) Presa! Vi ho presa! (Si toglie la benda; esterrefatta) Siete voi, signor Padrone!.. Scusate…

OTTAVIO – (Incredulo ed esterrefatto) Che fai tu qui?.. Perché sei conciata in questo modo?

DOMESTICA – Avete detto bene, padrone: sono conciata proprio male. (Si tocca dolorante il sedere)

OTTAVIO – (A Margherita) Sei stata tu?

MARGHE.- (Nascondendo il battipanni dietro la schiena) Era un gioco… un giochetto… Che male c’è?

VALERIO – (c.s.) Insomma, volete aprire questa porta?.. Sono il signor Valerio…

OTTAVIO – (Alla Domestica) Hai sentito! Vai ad aprire!

DOMESTICA – Vado subito, padrone! (Esce a destra, dolorante)

OTTAVIO – Ma insomma, si può sapere cosa ti passa per la testa? Hai un diavolo per capello?

SILVIA – (Entra da sinistra, irritata e scossa, con in mano una gonna a brandelli. A Margherita)

Come hai potuto farmi questo? Sorella malvagia! Era nuova, era la più bella. Guardala, ora è uno straccio per colpa della tua cattiveria!… Tieni! (Gliela getta in faccia) E’ tua!… (Tra sé) Come vorrei che ti togliesse il respiro!…

OTTAVIO – (A Margherita, severo) Ma non avete un briciolo di pietà nemmeno per vostra sorella!

SILVIA – (Esce commossa, a sinistra) Vi odio! Vi odio! Sorella maledetta!…

DOMESTICA – (Entra da destra) Il signor Valerio e suo cugino chiedono di voi, signore. dicono che li aspettavate.

OTTAVIO – Sì, sì!… Fateli accomodare qui!

DOMESTICA – D’accordo, padrone! (Esce da dove è entrata)

OTTAVIO – (A Margherita) Tra poco conoscerai il tuo sposo!

MARGHERITA – Quale sposo?

OTTAVIO – Il cugino del signor Valerio. Gli ho dato la mia parola!… Ma, ora, ritirati nella tua stanza: ti chiamerò più tardi!

MARGHE.- (Seccata) Ai vostri ordini, signor padre! (Esce a sinistra)

VALERIO – (Entra da destra insieme ad Arnolfo) Buongiorno, signor Ottavio.

OTTAVIO – Siate il benvenuto, signor Valerio.

VALERIO – Vi presento il Conte Rodolfo, mio cugino.

ARNOLFO – Ben lieto!

OTTAVIO – Da dove venite?

VALERIO – E’ di Padova, signore.

ARNOLFO – Sì! E’ vero!

OTTAVIO – E qual buon vento vi ha spinto fin qui?

ARNOLFO – Nessun vento! Sono qui per vostra figlia!

VALERIO – Gli ho parlato io di vostra figlia, signor Ottavio… Ma, non dovete preoccuparvi, mio cugino è un gentiluomo! Egli, ha buone intenzioni!

OTTAVIO – (Guarda dall’alto in basso Arnolfo) Buone intenzioni?…

ARNOLFO – Buonissime, per diana!

VALERIO – E’ un giovane rispettato, un ragazzo serio e affidabile, signore.

OTTAVIO – (Ad Arnolfo) Cosa sapete di mia figlia?

 

ARNOLFO – Tutto, signore!

OTTAVIO – Sapete che ha un “particolare” carattere?

ARNOLFO – Un caratteraccio, volete dire, signore!

VALERIO – Signor Ottavio, mio cugino…

OTTAVIO – (Insistendo) E, nonostante ciò, voi desiderate conoscerla per …

ARNOLFO – (Deciso) … sposarla, signore!

VALERIO – Naturalmente, se voi, signor Ottavio, acconsentirete.

OTTAVIO – (c.s.) Siete schietto e deciso…

ARNOLFO – (c.s.) E anche risoluto!

OTTAVIO – Se davvero, avete tanto fegato, nel nome di Dio, ve la farò conoscere subito!

ARNOLFO – Non vedo l’ora di fare quattro chiacchiere con lei.

OTTAVIO – Aspettate qui, Vado a chiamarla! (Accenna ad uscire)

VALERIO – Con il vostro permesso, signore, vorrei scambiare anch’io quattro parole con vostra figlia, Silvia.

OTTAVIO – Me l’aspettavo! Venite!… (Escono a sinistra in fondo)

VALERIO – (Torna indietro, ad Arnolfo) Psss!.. Deciso e risoluto, eh!

(Esce.Musica di sottofondo per qualche secondo)

ARNOLFO – (Ripete tra sé) Deciso e risoluto!… (Si muove a destra e sinistra “ripassando” la

Lezione impartita da Valerio) Dolcissima Margherita, che piacere conoscervi… (Esegue un inchino) Oh, ma voi siete stupendissima… Gente malvagia che andate a dire? Margherita non è una scorbutica e una furiosa! E’ snella come una acciuga!… Calunnie! Calunnie!…

(Pausa. Qualche secondo di musica. Riprende con più foga) I vostri leggiadrissimi strilli non mi fanno paura: ho sentito i leoni soffiare al vento e i cinghiali intrappolati nella tempesta….

(Entra Margherita da sinistra senza farsi notare; rimane per un po’ in disparte. Correggendosi)

No, non è così!..  (Ripete con enfasi) I leoni ruggire e il mare soffiare come un cinghiale…

(Vede Margherita; impacciato) Ah, siete voi Margherita?… Non vi ho vista arrivare… E’ tanto che aspettate?

MARGHE.- (Gira intorno ad Arnolfo osservandolo attentamente)

ARNOLFO – (Sempre più impacciato) Siete venuta per me?… Anch’io sono venuto per voi… Ma, almeno, siete voi la gentilissima e dolcissima Margherituccia?

MARGHE.- E chi volete che sia?

ARNOLFO – Siete voi, allora! (Esegue un goffo inchino) Il Conte Rodolfo da Padova, figlio di …. Suo padre!  E cugino del signor Valerio: piacere di conoscervi.

MARGHE.- (Severa) Il piacere sarà vostro!

ARNOLFO – Siete allegrissima oggi!

MARGHE.- Per niente!

ARNOLFO – Per niente? Non fa niente!.. Vedrete che vi rallegrerò io, oh, leggiadrissima Margheritina.

MARGHE.- Quelli che intendono parlare con me, mi chiamano Margherita!

ARNOLFO – Io lo so meglio di voi cosa dicono in giro di voi!

MARGHE.- Ah, voi sapete cosa dicono in giro di me?

ARNOLFO – So! Io, sono uno di quelli che “so”!

MARGHE.- E cosa sapete, sentiamo?

ARNOLFO – Calunnie!… Solo calunnie!…

MARGHE.- (Seccata) Spiegatevi, per favore, altrimenti perdo la pazienza!

ARNOLFO – Dicono che siete selvatica, furiosa e … brontolona!.. Ma sono tutte calunnie!

Solo calunnie, sì!..

MARGHE.- Che ne sapete voi?

ARNOLFO – Vi ho detto che “so”! E so anche che, in verità, voi siete piacevole, cortese e “notturna”… Mondo diffamatore! Gente maligna! Guardatela la dolcissima Marghy come cammina: è snella…  (Invitando Margherita) Camminate, voi, camminate!… (Con il tono enfatico di prima) E’ leggera come una piuma.. (Si interrompe quando vede che Margherita

resta immobile) Forza, camminate… Su e giù: così!… (Cammina comicamente avanti e indietro in proscenio. Riprende col tono enfatico) Perché andate dicendo che …  (Si interrompe; sbuffando perché Margherita resta immobile; la strattona davanti)  Ma voi dovete camminare, altrimenti non viene bene!…

MARGHE.- (Si libera, seccata) Andate via matto: gli ordini dateli ai vostri servi!

ARNOLFO – (Recitando) Credete che i vostri “trilli” possano impaurirmi? No, porco boia!

MARGHE.- (Tra sé) Ma che razza d’animale è questo?

ARNOLFO – Non ho io sentito i leoni ronfare?.. Non ho sentito i cannoni, le urla e le trombe strombettare in cielo?.. Sì!, porco boia!

MARGHE.- (Sbalordita) E’ fuori di senno!

ARNOLFO – E volete che io prenda paura per una linguetta che sembra una castagna bruciata sul focolare? Ma no!.. Io ci vado matto per voi!

MARGHE.- Ah sì, è così?.. E allora sappiate, signor Rodolfo, che io non sono una fragile preda

per i dongiovanni come voi!

ARNOLFO – (Ingenuo) Quello lo conosco! E’ un parente!

MARGHE.- Un parente?

ARNOLFO – Sì, ma alla larga.. Lui, non era uno sciocco che si lasciava sprovvedere: provvedeva lui!

MARGHE.- Voi siete pazzo!.. Siete uno squilibrato!… Dovrebbero imprigionarvi, anzi, meglio sarebbe se vi impiccassero al palo più alto!

ARNOLFO – Su da brava, Margheritina: non dovete essere così acida… Così siete peggio dell’aceto! (Sputa per terra come se avesse bevuto dell’aceto, appunto )

MARGHE.- Faccio sempre così quando vedo una mela marcia!

ARNOLFO – (ingenuo) Ma non c’è nessuna mela marcia qui!

MARGHE.- Sì che c’è! Eccome!

ARNOLFO – Per diana, mostratemela allora!

MARGHE.- Se avessi uno specchio ve la mostrerei.

ARNOLFO – Uno specchio?… E si vede nello specchio?

MARGHE.- Se ve lo mettete davanti al viso…

ARNOLFO – Si vede?… La mia faccia si vede!

MARGHE.- Ma che  intelligente!… (Quasi tra sé) Troppo intelligente per la sua “tenera” età!

ARNOLFO – (Con enfasi, quasi recitato) Marghy, dolcissima e gentilissima Marghy: i vostri occhi sono come coltelli che mi tagliano a fette; il vostro sguardo è come un fulmine che mi fulmina… Se voi foste un fiore sareste una rosa, senza spine, però… un astro, la luna, un animale, una gatta pelata!

MARGHE.- Quanto ci avete messo per imparare a memoria questi sciocchi  versi?

ARNOLFO – Nulla! Sono tutti improvvisati… Io, sono un… improvvisato! Sentite questi: “Come il fiore per l’ape… come l’osso per il cane… come il fieno per l’asino… voi siete per me… ape, cane e asino… e io sono per voi… fiore, osso e fieno. Amen!”.. Che ne dite?

MARGHE.- Smettetela, per favore, di dire scemenze! Tanto è inutile: io non vi voglio sposare!

ARNOLFO – Ma io sì, dolcissima Margherita! E nessun altro vi sposerà all’infuori di me!

MARGHE.- (Tra sé) Che cretino insolente!

ARNOLFO – Vostro padre acconsente che voi siate mia moglie; ha già fissato la dote.. ed io la voglio! Ho 2.000 ragioni per volerla! Sono tante, no?

MARGHE.- Oh, lurido maiale!.. Non siete diverso dagli altri!..

ARNOLFO – Margheritina, ma voi non conoscete la potenza dell’amore: tutto può fare o disfare…

MARGHE.- Andatevene!

ARNOLFO – Margherituccia, ma perché siete così respingente?… (Tra sé, in parte) Gioco l’asso! (Piagnucolante)  Perdonatemi, se non sono stato gentile con voi… se ho detto cose che non dovevo dire… Avete ragione voi: sono un rudere, un opprimente!.. Se vi ho oppresso, perdonatemi!…

MARGHE.- Vi spaccherei una sedia in testa, piuttosto!

(Si sentono dei rumori provenienti da dietro le quinte: qualcuno sta arrivando)

 

ARNOLFO – Stanno arrivando!.. Vi prego, Margherita, non fatemi fare brutte figure!… Io voglio… Io devo… io ho bisogno di voi!

(Entrano Ottavio, Valerio e Silvia)

OTTAVIO – Dunque, signor Rodolfo, come ve la passate con mia figlia?

ARNOLFO – Bene, anzi, benone!

Ottavio – (Perplesso) Mah?... (A Margherita) E voi, figliola? Sembrate ancora imbronciata, perché?

MARGHE.- Ah, “figliola” avete il coraggio di chiamarmi? Bell’affetto paterno mi avete dimostrato augurandomi di sposare un pazzo, un farabutto, un ruffiano che crede di ottenere chissà cosa con i suoi sproloqui poetici.

VALERIO – (Ad Arnolfo, con rimprovero) Ma, cugino…

OTTAVIO – (Ad Arnolfo) Ve l’avevo detto, signor Rodolfo, che è una peste!

ARNOLFO – Signor suo padre, vi sbagliate…. Voi tutti vi sbagliate: Margherita è più furba di voi, se mi è permesso… Margherita non è una peste coi calli…

VALERIO – Incallita, volete dire!?

ARNOLFO – Appunto! Incallita!… Lei, invece, è una colomba dolce e man… (Aspetta suggerimenti da Valerio)

VALERIO – (Suggerendo sottovoce) … sueta!

ARNOLFO – Mansueta!… Si fa vedere impaziente ma è pazientissima… Mostra i denti quand’è arrabbiata ma, sotto sotto, è dolce e buona come il vino rosso… e io me la “beverrei”

tutta!

VALERIO – (c.s.) Berrei!

ARNOLFO – Avete capito!.. Insomma, e concludo, io vi chiedo, signor Ottavio, dal profondo del cuore, di concedermi in sposa vostra figlia Margherita:

MARGHE.- (Gridando) Cosa?

OTTAVIO – (Alzando le braccia) Sia lodato il cielo!

SILVIA – (Abbraccia Ottavio) Sarebbe un miracolo!

VALERIO – (Tenendo per mano Silvia) Noi faremo da testimoni, signor Ottavio.

MARGHE.- (Con tutta la sua carica di rabbia) Ma volete scherzare? Non si farà nessun matrimonio! Preferisco mettermi una corda al collo, piuttosto!

ARNOLFO – (Prende Margherita con decisione ai fianchi e la attira a sé) Margherita, datemi la mano.

MARGHE.- Questa vi do! (Le dà un sonoro ceffone)

ARNOLFO –(La rilascia; dolorante) Ahia!…

MARGHE.- E’ quanto di più dolce posso darvi!

OTTAVIO – (Infuriato) Margherita, ora basta! Non ne posso più! Vieni qua! (La prende per mano e la porta al centro) Ho detto che vi concederò al primo uomo che me l’avesse chiesto. Ebbene, così sarà!… Dà la mano al signor Rodolfo! (Margherita dà la mano ad Arnolfo che si sposta al centro) Dio vi mandi la pace e la serenità, signor Rodolfo… L’affare è fatto: domani le nozze!

(Buio! Tutti escono tranne Margherita che si sposta sul fondo. Luci colorate. Entrano due domestiche che vestono Margherita da sposa per la cerimonia nuziale. Entra il Narratore che

improvvisa una melodia su cui recita il seguente pezzo:

Capita anche questo…/che si sposi una persona/senza averla mai conosciuta/senza volerla/e senza desiderarla./Nasciamo senza che/ce lo chiedano…/moriamo senza che ce lo dicano…/e ci sposiamo/senza sapere cos’è…/cos’è il vero amore?/ Ma l’amore è fuoco/che s’accende all’improvviso/tra scintille di sguardi/e lampi di stupore…/e lampi di stupore…/Ma l’amore è fuoco/che arde di mistero/fa bruciare i ponti/e scaldare i nostri cuori…/i nostri cuori…/ Nasciamo senza che/ce lo chiedano…/Moriamo senza che/ce lo dicano…/e ci sposiamo/senza sapere cos’è…/cos’è il vero amore./ Ma l’amore è fuoco/che s’accende all’improvviso/tra scintille di sguardi/e lampi di stupore…/e lampi di stupore…/Ma l’amore è fuoco/che arde di mistero/fa bruciare i ponti/e scaldare i nostri cuori…/i nostri cuori...

 

Il Narratore esce. Margherita riceve da una domestica il bouquet di fiori ed esce seguita dalle domestiche. Le luci si abbassano lentamente. Buio)

SCENA SESTA

(Scena: casa di Ottavio)

CECCO – (Entra dall’ingresso, a sinistra,  di corsa; chiama impaziente) Ehi, gente… Domestica, dove siete?…

DOMESTICA –(Entra da destra) Eccomi qui!

CECCO – Oh, finalmente… Dobbiamo sbrigarci: la cerimonia è appena terminata e tra non molto gli sposi saranno qui!

DOMESTICA – E com’è andata?

CECCO – La cerimonia?… Ne sono successe di tutti i colori!

DOMESTICA – Raccontatemi…

CECCO – Sì!.. Sì!.. Vi racconterò tutto ma ora andate a prendere una bottiglia di vino rosso, buono, mi raccomando, il più buono che ha in casa il signor Ottavio.

DOMESTICA – Vado, ma…  intanto, voi raccontatemi cos’è successo! (Esce)

CECCO – (Sistema le sedie davanti a sinistra; alzando la voce) Volete sapere cos’ ha combinato in chiesa il Conte Rodolfo?

DOMESTICA – (Fuori scena) Sìììì!…

CECCO – D’accordo!… Dunque, quando il celebrante gli ha chiesto se voleva prendere in moglie Margherita, lui ha risposto: “Sì, porco boia!”, gridando così forte che al povero prete gli cadde il messale per lo spavento… Ma, il peggio è arrivato quando…

DOMESTICA – (Entra con una bottiglia di vino in mano) Quando?…

CECCO – Quando, dopo essersi comunicato, (Prende la bottiglia di vino dalle mani della domestica; mimando la scena che sta raccontando) prese il calice, dalle mani del sacerdote,

e alzatolo in aria, gridò: “Alla salute, porco boia!”….

DOMESTICA – (Meravigliata) Oh, misericordia!

CECCO – … come se fosse stato su una nave a festeggiare coi compagni la fine di una tempesta!

DOMESTICA – Cose dell’altro mondo!

CECCO –  (Pensieroso) Eh, già!… Chi l’avrebbe mai detto…. (Ritornando in sé) Ma, ora andate a prendere i bicchieri!

DOMESTICA – Quanti?

CECCO  - Fate un po’ il conto…

DOMESTICA – La sposa… Lo sposo…. La signorina Silvia…

CECCO – (Interrompendola) Eh, ci impiegherete un’ora di questo passo!

DOMESTICA – Vanno bene sei?

CECCO – Sì!… Sì!… Ma sbrigatevi, non c’è tempo da perdere!

DOMESTICA – Faccio subito…  (Esce)

CECCO – (Preoccupato; guardando verso il lato sinistro dove si trova l’ingresso; tra sé) Mah, ho un cattivo presentimento…. Sta filando tutto dritto, troppo dritto… Non mi fido di quell’ubriacone: è capace di mandare tutto all’aria, quello!… Sarebbe la rovina del mio padrone… e la mia, accidenti!

DOMESTICA – (Entra con i bicchieri su un vassoio) E poi, cos’altro ha combinato il conte?

CECCO – (Versa il vino nei bicchieri) Beh, dopo aver tracannato il moscatello del prete, si avvicinò alla sposa e afferratala per il collo, le diede un tal bacio che lo schiocco rimbombò per tutta la chiesa!

DOMESTICA – (Divertita) Madonna santa, che matrimonio… La padrona ha sposato un pazzo!

CECCO – Solo un pazzo poteva prendersi per moglie una simile gatta da pelare!

DOMESTICA – Lo credo anch’io! (Ridono)

(Si sentono dei rumori e delle voci provenienti dall’ingresso) 

CECCO – Eccoli, sono arrivati!… Mettetevi lì!… Vicina all’ingresso…. Bene! Rimanete così, mi raccomando!

(Entra il corteo: Valerio con Silvia, Ottavio e il Cantastorie, con la chitarra a tracolla,  e dietro gli sposi, Margherita e Arnolfo; Cecco porta fuori la bottiglia di vino e rientra subito) 

VALERIO – (Euforico) Viva gli sposi!..

TUTTI – Evviva!…

OTTAVIO – (Visibilmente affaticato) Finalmente a casa… (Si siede) E’ stata una faticaccia per me.

ARNOLFO – Eh, tu, musicante… Perché non ci suoni qualcosa di allegro?

SILVIA – Qualcosa per farci ballare.

OTTAVIO – Io di qui non mi muovo!

(Il Cantastorie inizia a suonare qualcosa ma è subito interrotto)

ARNOLFO – (Portandosi davanti; con tono sostenuto) Fermi tutti! Voglio fare un brindisi… un brindisi alla mia sposa!.. Cecco, i bicchieri! (Cecco si affretta a distribuire i bicchieri)

VALERIO – Viva gli sposi!

TUTTI – Evviva!

VALERIO – E lunga vita!

ARNOLFO – Lunghissima, porco boia!

CECCO – Ecco fatto, signor Conte.

ARNOLFO – Oggi, tutti devono festeggiare le nostre nozze!

OTTAVIO – (Quasi tra sé) Ma domani si cambia!

VALERIO – Forza cugino, facciamo questo brindisi!

ARNOLFO – Giusto!.. Allora, questo primo brindisi lo voglio dedicare alla mia sposa, Margherita…. E’ il primo bicchiere che bevo da sposato e…

VALERIO – (Quasi tra sé, ironico) … non sarà l’ultimo!

ARNOLFO – Me lo voglio gustare tutto.

OTTAVIO – Non solo voi!… Ma sbrigatevi!

ARNOLFO – E’ vino rosso… rosso come il sangue… rosso come la passione… rosso come il fuoco che ho dentro nel cuore per lei, per la mia dolce, dolcissima sposa.

MARGHE.- (Vistosamente imbronciata) Te lo spengo io il fuoco a bastonate!

ARNOLFO – Lei è tutto per me: è il mio bene, è la mia casa e le mie sedie… lei, è la mia dote…

VALERIO – (Tra sé) E che dote!

ARNOLFO – E’ il mio cibo e il mio vino… Insomma, Margherita è l’aria che respiro: senza di lei io soffriggerei!

VALERIO – (Lo corregge) Soffocherei, cugino.

ARNOLFO – Avete capito, no!?.. Alla salute!… (Alza il bicchiere e brinda)

TUTTI – Alla salute!… Evviva!…

OTTAVIO – (Chiama Valerio; sottovoce, a  parte) Non vi sembra un po’ strano il comportamento di vostro cugino?

VALERIO – Ma, signor Ottavio, è l’euforia, la contentezza… E, quando mi concederete la mano di vostra figlia?… Ora non ci sono più ostacoli!

SILVIA – Adesso possiamo ballare?

(Nel frattempo, Cecco raccoglie i bicchieri e li rimette sul vassoio. La domestica esce)  

ARNOLFO – Balliamo, per diana!… Margherita, vieni: devono essere gli sposi ad aprire le danze. (Abbraccia Margherita goffamente che non gradisce e cerca di sottrarsi ) 

VALERIO – Aspettate, cugino…  (Tutti si fermano)Vi chiedo cortesemente di aspettare un attimo ancora. (Si avvicina ad Ottavio)Credo che il signor Ottavio, a questo punto, abbia da dire qualcosa… Non è così?

OTTAVIO – S’!… Sì!… Va bene! (Si alza in piedi) E’ giunto finalmente il momento di maritare la mia figliola più giovane. Domenica prossima, la mia piccola Silvia, sposerà il signor Valerio.

SILVIA – (Felice) Che bello! (Abbraccia Valerio)

ARNOLFO – Evviva!

OTTAVIO – Siete tutti invitati alle nozze! (Si siede)

SILVIA – Grazie, padre! (Lo bacia sulla fronte)                       

OTTAVIO – Via!… Via!.. Ora ballate quanto volete… Forza!

ARNOLFO – (Al Cantastorie) Suonate!… Suonate, cosa aspettate?.. Oggi è un grande giorno di festa per tutti!

(Il Cantastorie finge di suonare; musica ballabile; luci colorate. Le due coppie eseguono il ballo in allegria. Terminata la musica, Arnolfo, sfinito dalla stanchezza, si lascia cadere per terra. Luci piene. Il Cantastorie esce)

ARNOLFO – Porco boia, mi sono proprio divertito!

MARGHE.- (Imbronciata) Oh, che bel divertimento, ballare con un manico di scopa!

VALERIO – Che faticaccia!…

SILVIA – (Teneramente, a Valerio) Valerio, dimmi qualcosa… Non sei contento?…

VALERIO – Contento?… Ma certo! Non desideravo altro che sposarmi!

SILVIA – Di sposarti o di sposarmi?…

ARNOLFO – (Dopo essersi alzato; grida verso le quinte di sinistra) Cameriera… Serva, portate una bottiglia di vino rosso che voglio fare un altro brindisi…

OTTAVIO – Anch’io gradirei un altro bicchiere!

ARNOLFO – Dopo un ballo così allegro è quello che ci vuole!

(Entra la domestica con una bottiglia di vino; la consegna ad Arnolfo)

OTTAVIO – Un bicchiere per me, grazie!

DOMESTICA – Subito, padrone! (Esce)

OTTAVIO – (Ad Arnolfo) E voi sbrigatevi!…

ARNOLFO – Sì!… Sì!… Voglio fare questo brindisi in onore di un uomo speciale, che dico, specialissimo… Quest’uomo è il signor Valerio che tutti credono sia mio cugino!

VALERIO – (Allarmato) Cosa dite, Rodolfo?

OTTAVIO – (Si scuote) Ma come?…

CECCO – (Tra sé, preoccupato) Ci siamo!

ARNOLFO – Lui è molto più di un cugino!… (Sospiro di sollievo di tutti)

VALERIO – (Disteso) Ahhh!!…

ARNOLFO – Lui è un amico… un amico vero che mi ha dato tutto: una casa, un vestito, delle scarpe lucide e del vino buono. Ma questo non è niente in confronto a quello che mi ha insegnato!

OTTAVIO – E cosa vi ha insegnato?

ARNOLFO – Mi ha insegnato come si fa ad essere un signore… un signore rispettabile… un signore signore, per diana!.. Io ero uno straccione, un’ubriacone, un lurido maiale… Ora sono un altro… ora mi sento un altro!

MARGHE.- Padre, avete sentito?

OTTAVIO – (Perplesso) Come?.. Come?…

ARNOLFO – (Continuando, sullo stesso tono) Grazie!… Grazie, signor Valerio… (Bacia la mano a Valerio) La mia casa sarà anche la vostra e, appena avrò la dote, vi pagherò il mio debito!.. Alla salute! (Beve dalla bottiglia)

OTTAVIO – Fermi!.. Fermi tutti! (A Valerio, severo) Esigo subito delle spiegazioni, signor Valerio!

VALERIO – (Cercando di stare tranquillo e allegro) Ma, signore, non vedete che mio cugino è ubriaco?… Sta dicendo delle stramberie, delle cose inventate, fasulle…

OTTAVIO – (Ad Arnolfo) E’ vero quello che avete detto?

ARNOLFO – Sì! E’ vero per davvero!

VALERIO – (Prendendo sottobraccio Ottavio, in parte) E va bene, signor Ottavio! Vi devo confessare una cosa… Dovete sapere che questo signore, in seguito ad una caduta da cavallo, gli capita, ogni tanto, di perdere il senso della realtà, ed io ne ho approfittato per convincerlo a chiedervi la mano di Margherita, altrimenti, chi mai avrebbe accettato di sposare…

OTTAVIO – E chi sarebbe realmente questo “signore”? (Indica Arnolfo)

MARGHE.- (A Ottavio) Un imbroglione, ecco chi è! Ma è stato il caro signor Valerio a prendersi gioco di voi, padre, e di me! Spero non gli darete in moglie vostra figlia,  l’innocentina!

CECCO – (Tra sé, desolato) Da domani andremo a pane e acqua!

SILVIA – Oh, padre, non ascoltatela, vi prego! Sono sicura che Valerio non voleva offendervi… Se ha agito così lo ha fatto per amor mio, per la nostra felicità e per affrettare le nozze.

VALERIO – E’ così, lo giuro!

OTTAVIO – (A Silvia) Di questo, mia cara figliola, se ne dovrà riparlare… La cattiveria di Margherita meritava una lezione, ma quello che hanno fatto questi signori è molto grave ed io voglio vederci chiaro! (Ad Arnolfo) Ma insomma, voi, chi siete?

ARNOLFO – Ci sto pensando… Prima sono diventato suo cugino… (indica Valerio) poi, suo marito.. (indica Margherita) e suo cognato… (indica Silvia) Caro suocero, decidete voi! Io sono caduto da cavallo: io non ricordo niente!

OTTAVIO – (Imbestialito, alzando il bastone come volesse percuotere) Servi accorrete!… Portate i cani, i bastoni… e cacciate questi impostori da casa mia!…

(Musica di sottofondo. La confusione è totale; tra grida e imprecazioni scappano tutti impauriti tranne Margherita)

MARGHE.- (Gira intorno aspettando che tutti siano usciti; scoppia in una risata fragorosa, perfida. La musica rimane bassa, appena percettibile) Ah!… Ah!… Chi voleva prendersi gioco di me ha avuto la giusta ricompensa!.. Ah!… Ah!… E se Margherita meritava una lezione per la sua cattiveria, per il suo “caratterino”, anche altri la meritavano! E l’ hanno avuta!.. Iposcriti, bugiardi! Chiamate amore ciò che invece è interesse e meschino baratto!.. Ben vi sta!.. (Si fa pensierosa) Ma… ma, quel poveraccio, non meritava la stessa punizione… Sarà stato il vino che aveva bevuto ma… lui era sincero!… Lui, almeno, s’è degnato di incontrarmi: non s’è lasciato intimorire dalle malelingue… come tutti gli altri!

(Esce; la musica si alza mentre le luci si abbassano lentamente. Buio)

SCENA SETTIMA

(Scena: una piazza, come prologo e prima scena. Luci piene.

Arnolfo è sdraiato sulla panchina; indossa i vestiti sdruciti e sporchi come nella scena prima.

Entra dalla casa di Ottavio, Margherita; indossa  un mantello con cappuccio nero per non farsi riconoscere. Si guarda attorno: sta cercando Arnolfo)

ARNOLFO – (Si sveglia; è visibilmente intontito; si fa forza e grida) Ehi! Ostessa, dove siete?

Portatemi da bere, porco boia!… (Vede Margherita; stupito) Margherita…

MARGHE.- (Si avvicina e gli consegna un borsello contenente delle monete) Tenete, sono per voi. E’ quanto sono riuscita ad ottenere da mio padre: consideratele una ricompensa per quello che avete fatto… (Esce da dove è entrata di fretta)

ARNOLFO – E cosa ho fatto?… Margherita… (Cerca di fermarla ma ha un acciacco)) Ahia!…

Non credevo che i sogni facessero così male!… (Grida verso l’osteria) Ostessa, portatemi da bere!.. Ho la testa che mi scoppia e le ossa rotte!… Ostessa!…

OSTESSA – (Entra dall’osteria) Ah, sei tornato! Sporco pezzente! L’aria s’è fatta più pesante..

ARNOLFO – Bada a come parli, vecchiaccia!… Dovresti portar rispetto ad un galantuomo!

OSTESSA –(Ride) Ah!.. Ah!.. Un galantuomo…E tu saresti un galantuomo?… Ci vuole un bel coraggio…

 

ARNOLFO – (Interrompendola, seccato) Ne ho da vendere, io, di coraggio!

OSTESSA – Ah, sciocchezze!… Lasciami in pace che ho da fare!.. (Accenna ad uscire)

ARNOLFO – (Più deciso di prima) Portami da bere, ti ho detto!

OSTESSA – (Ritornando sui suoi passi) Ma non l’ hai ancora capito?.. Qui, non si beve a scrocco! Niente soldi, niente vino! Sono stata chiara? (Accenna nuovamente ad uscire)

ARNOLFO – (Apre il borsello e getta addosso all’ Ostessa alcune monete) Ti bastano queste monete, vecchia taccagna?

OSTESSA – (Indietreggia a raccogliere le monete; stupita)  Ma… ma sono ducati d’oro!.. Chi te li ha dati?… Li hai rubati?… Ah, sì! Li hai rubati!

ARNOLFO – Ma stai zitta!… Che ne sai tu.…

OSTESSA – Ah, io non voglio avere storie!… (Gridando e correndo da una parte all’altra del palcoscenico) Gente, correte… Guardie, venite! Qui c’è un ladro, un malfattore!.. Prendetelo!… Aiuto!.. Aiuto!…

ARNOLFO – (L’afferra per il collo  con una mano; imbestialito) Smettila di gridare senò ti stacco la testa!

OSTESSA – Aiuto!.. Aiuto!…

(Arnolfo la lascia libera; accenna ad uscire ma poi si blocca immobile. Entrano tutti gli attori che si dispongono, in modo ordinato, attorno alla panchina, restando immobili. Arnolfo va a sdraiarsi sulla panchina. Luci colorate; musica dolce di sottofondo che si abbasserà quando Arnolfo inizierà il monologo finale)

ARNOLFO – (Si alza; rivolto al pubblico, con tono pacato ma deciso) Questi soldi sono miei: me li sono guadagnati io! Perché ho rischiato!.. Perché ho avuto coraggio!.. (Prende le monete dal borsello e le getta via, di qua e di là, come volesse disfarsene) Teneteli!… Teneteveli tutti!… Voi credete che questi possano darvi la felicita? E allora prendeteli!.. Più ne avrete, più sarete felici!.. Non è così?… (Rivolgendosi a Valerio) Non è così, cugino?… Sono un ubriacone, un poveraccio, è vero!.. Ma la lezione l’ ho imparata e non me la scorderò più!… Ho capito che anche un ubriacone può essere “ricco”… ed è ricco quando ha nel cuore la gioia… Questa gioia, io l’ ho trovata… io l’ ho sentita qui, qui dentro! (si batte sul petto)  

E’ quella gioia che io voglio! Quella! E basta!… (Si sdraia sulla panchina; quasi rassegnato)

Andatevene tutti via!… Lasciatemi in pace, ora! Arnolfo deve riposare… Arnolfo, ha già, quanto basta per sognare!

(La musica si alza mentre Arnolfo si distende sulla panchina. Piano piano le luci calano. Buio)

                                                       SIPARIO

                                                       (1998)

                                                                      ( Posizione S.I.A.E. n° 164671 )