Quattro chiacchere in cortile

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Primo tempo

QUATTRO CHIACCHIERE IN CORTILE

COMMEDIA IN DUE TEMPI

Autore

CAMILLO VITTICI

c.vitt@libero.it

Iscrizione S.I.A.E. N.118123

(In caso di traduzione dialettale si prega di specificare alla SIAE il titolo originale dell'opera)

PERSONAGGI

Teresa

Nicolina

                                   Beppo

                                   Piero

                                   Nicola

                                   Romilda

                                   Adalgisa

                                   Giacomo

                                   Gigi

                                   Il dottore

                                   Palmiro

La storia si svolge in un cortile di una casa di ringhiera

La storia

Chiacchiere e piccole vicende di vita quotidiana che accadono in un cortile. Amori, speranze, malattie e illusioni...

Primo atto

(La scena è quella di un cortile di una casa di ringhiera)

BEPPO: (Entra in cortile con una valigia scassata in mano). Pronti! Oggi il Beppo cambia vita. Rullino le trombe e squillino i tamburi! La primavera è arrivata, e non solo per le piante e per i prati, ma anche per il Beppo. Il Beppo parte, va, lascia il suo paese e vola via come una rondinella in autunno. Che bello, mi sembra di nascere un’altra volta. Solo Dio sa da quanto tempo aspettavo questo momento. “Ma dove andrai, mi dice la mia vecchia, a stare meglio di qua?”. Dove andrò? Ma qualsiasi posto del mondo è meglio che qua. Eh no, mamma, sono stanco di stare qua in mezzo a questa gente. L’altro giorno sono andato all’agenzia di viaggio per comperare il biglietto dell’aereo, perché io voglio andare lontano e voglio usare l’apparecchio… Sono andato lì e dico all’impiegata: “ Mi dia per favore un biglietto dell’aereo”. E quella lì: “ Per dove?” E io: “Ma cosa vuole sapere lei? Curiosa!” Guarda tu se uno non può andare dove vuole e subito trovi una che vuole sapere i fatti tuoi... Allora son venuto via e ho pensato di prendere la corriera. Per me va bene anche un trattore, anche una carriola, basta andar via da qua. Allora ciao a tutti, a quelli del cortile, a quelli dei balconi e a quelli delle scale. Il Beppo va via! Il Beppo parte! Il Beppo va e non torna più indietro.

TERESA: (Entrando). Dove andrai, disgraziato! È mai possibile che cento volte al giorno tu faccia la solita storia! Ma dove andrai? E per di più con la valigia vuota?

BEPPO: Guarda che il Beppo non è proprio scemo come pensi tu. Se è vuota c’è un perché. Mamma, mamma! Prova a chiedermi perché ho la valigia vuota.

TERESA: Perché hai la valigia vuota?

BEPPO: Perché almeno non pesa ed è più facile portarla attorno. Non è scemo il Beppo. Anche perché devo andare lontano. Mamma, mamma! Prova a chiedermi dove devo andare...

TERESA: Dove devi andare stavolta Beppo?

BEPPO: Il Beppo va in America!

TERESA: Sì, da Milano Malpensata fino al Nuovayorchete. Va’ a trovare da lavorare invece...

BEPPO: E se per caso lo trovo? Dopo mi tocca davvero andare a lavorare e io non posso. Mamma, mamma! Domandami perché non posso lavorare...

TERESA: Perché non puoi lavorare Beppo?

BEPPO: Perché a lavorare mi stanco. E io, quando sono stanco, non mi vien più voglia di far niente.

TERESA: Piantala balordo e vieni in casa a fare colazione.

BEPPO: Mamma, mamma!

TERESA: Che c’è Beppo?

BEPPO: Ho fame io?

TERESA: Guarda tu se devo saperlo io se tu hai fame... Dai, vieni qua pistola che partirai un’altra volta...

BEPPO: Allora vengo. Vorrà dire che partirò stasera. (Rientra protestando e spinto dalla Teresa).

ROMILDA: Ciao Teresa, sta ancora partendo il Beppo?

TERESA: Sì, sta ancora partendo il Beppo...

ROMILDA: E dove va stavolta?

TERESA: In America, Romilda, in America

ROMILDA: Ah, in America... Ieri sera mi sembrava che volesse andare alla Cornabusa... (o un luogo tipico vicino a quello della rappresentazione)

TERESA: Sì, ancora con l’aereo. Da Milano Malpensata alla Cornabusa, volo diretto senza scale.

ROMILDA: Certo che per te è proprio una disgrazia avere un figlio come il Beppo...

TERESA: Cosa vuoi farci, dopotutto ha preso tutto da suo padre. Pensa che il mio Nicola aveva anche lui le sue manie. Per esempio, quando comperava i fiammiferi, prima li accendeva tutti uno alla volta per vedere se funzionavano e poi li rimetteva ancora tutti nella scatola. E avresti dovuto vedere come si arrabbiava quando vedeva che non si accendevano. Quando dopo un temporale andava via la luce lui rimette nel cassetto le candele; siccome dice che più ordinato di lui non c’è nessuno, ci attacca un biglietto.....

ROMILDA: Sulle candele?

Teresa No, sul cassetto e sul biglietto c’è scritto “Candele spente”.

ROMILDA: Bell’originale...

TERESA: Originale? Non tanto giusto vorrai dire. Pensa che devo stare attenta quando gli preparo il caffè al mattino di mettergli la tazzina col manico sulla destra, altrimenti se la prende con me perché dice che ho comperato le tazzine col manico sulla sinistra.

ROMILDA: Se è solo per quello anche il mio Girolamo ha le sue belle manie. Dopo che è andato in pensione si divertiva ad andare a vestire i morti. Pensa che delle volte, quando qualcuno era lì lì per lasciarci la pelle, si sedeva fuori dalla porta e non si muoveva più fino a quando moriva. E io gli dicevo “Girolamo, aspetta almeno di sentire a suonare la campana da morto...” e lui mi rispondeva che lui era più efficiente dei pompieri dell’America.

TERESA: Perché, cosa fanno i pompieri dell’America?

ROMILDA: Il Girolamo dice che i pompieri dell’America sono così pronti e precisi che si trovano sul posto almeno mezz’ora prima che scoppi l’incendio.

TERESA: Tutti uguali uomini. Pensa che io mi vergogno che il Signore abbia fatto la donna con una costola di un uomo.

ROMILDA: Quale di costa. Costa Azzurra o Costa Ligure?

TERESA: Costa Amalfitana! Ma tu, Romilda, non lo conosci la bibbia?

ROMILDA: Certo che lo conosco la Bibbia... è quella di Adamo ed Eva.

TERESA: Brava! E sai quando Eva ha raccolto la mela?

ROMILDA: Certo, quando l’uomo del monte ha detti si.

TERESA: E poi c’è anche la storia di Lazzaro. Pensa che un suo amico gli ha detto: “Ma tu, Lazzaro, non eri morto?” E Lazzaro gli ha risposto: “ Pensa tu che sono vivo per miracolo...”.

ROMILDA: Certo che io non perdonerò mai a Mosè di aver caricato sull’arca anche le zanzare...

TERESA: Romilda, adesso devo andare. Ciao, ci vediamo stasera.

ROMILDA: Ciao Teresa, ti saluto, falla andar bene. Salutami il tuo Nicola.

TERESA: Il mio Nicola, sì. Quel disgraziato... vagabondo... tiratardi... lazzarone... chissà perché tutti i sabati sera sono sempre uguali. Ma proprio a me doveva capitare un individuo simile? Perché io sono disgraziata..... perché il signore a me vuol male... Guarda se è possibile...

ADALGISA: (Entrando). Ciao Teresa, cos’hai da brontolare? Ti sei alzata con la luna storta questa mattina? O ti sono andati di traverso i  gnocchi?

TERESA: I gnocchi no, ma quello che non riesco a digerire è quel disgraziato del mio Nicola.

ADALGISA: Perché, cosa ha fatto il Nicola?

TERESA: Perché? Non ti sei accorta a che ora è venuto a casa il tuo Piero?

ADALGISA: Io non lo so proprio perché lui dorme da una parte e io dall’altra. A che ora è venuto a casa?

TERESA: E’ arrivato a casa stamattina alle quattro, e proprio alla stessa ora del Piero perché erano assieme entrambidue! E tutti e due erano ubriachi fradici. E adesso è di là a letto che russa come il trombone della banda. Se lo guardi sembra proprio un’angioletto, ma se gli vai vicino ha il fiato che gli puzza come una carriola di letame.

ADALGISA: Il mio invece di gongorzola.

TERESA: Perché di gongorzola?

ADALGISA: Dovresti sentire quando si spoglia i calzini. Ed è proprio per quello che io dormo in un’altra stanza. Come arriva lui si riempie il balcone di gatti perché anche loro pensano di trovare un pezzo di stracchino, ma subito dopo ribattono indietro spaventati.

TERESA: E pensare che il dottore gli ha trovato il fegato così grosso, ma così grosso che quando va in macchina può fare a meno dell’airbag. E gli hanno già tolto un calcolo alla cistisfera. Ha la cirrosa, la sbirulina alta, il monasterolo, i tricicli e anche il diabete mellifluo. Pensa che è andato anche al centro... come si chiama il centro dove provano il diabete nel sangue?

ADALGISA: Il centro antidiabolico!

TERESA: Ecco, proprio quello.

NICOLA: (Entrando). Cos’è questo cicaleccio di fanciulle alla domenica mattina? Non cantano ancora nemmeno gli uccelli e loro stanno già facendo andare la bocca e girare la lingua. Non avete mai provato a masticare una gomma americana di attaccatutto? O a mettervi dentro una dentiera con la cerniera? O mettere un elastico sulla lingua?

ADALGISA: Ragazzi, io vado, perché fra moglie e marito... (Esce)

TERESA: Guarda Nicola, sta almeno zitto! E pensare che io ti ha dato le pagine più belle della mia vita...

NICOLA: E io quelle più belle del mio libretto di assegni...

TERESA: Libretto di assegni? Ma se in casa nostra girano soltanto delle cambiali...

NICOLA: Ma cambiali si chiamano anche farfalle e a me piace la natura. Guarda che io mi alzo sempre al mattino con il sole davanti agli occhi, invece tu...

TERESA:... Invece io?

NICOLA: Con la luna di traverso!

TERESA: E adesso dove vai con la bicicletta?

NICOLA: A farmi un bianchino con il Girolamo. Perché? Devo prender su la Ferrari? Hai letto cosa c’era sul giornale di ieri?

TERESA: Cosa c’era sul giornale di ieri?

NICOLA: Weekend di sangue sulla strada.

TERESA: E tu sempre in casa, Nicola... Esci qualche volta di più, prendi lo stradone…

NICOLA: E non è finita. Nella pagina della provincia c’era scritto: “Un uomo si butta dalla finestra. Lascia la moglie, due figli e... la finestra aperta"

TERESA: E quel lazzarone del Girolamo come sta?

NICOLA: Male... l’altro giorno è andato per sotterrare sua moglie, ma lei, quella bestia, non ne voleva proprio sapere di essere sotterrata...

TERESA: Perché? Non vanno d’accordo?

NICOLA: Neanche un po’. Intanto non sono mai puntuali...

TERESA: Perché non sono mai puntuali?

NICOLA: Lei arriva sempre troppo tardi e lui sempre troppo presto.

TERESA:  Smettila sporcaccione!

NICOLA: Guarda che è il Girolamo che mi racconta queste cose. L’altra sera, per di più, la sua donna si è offesa.

TERESA: Cosa le ha fatto?

NICOLA: Alla fiera di beneficenza della madonna della Rosario il Girolamo aveva vinto un completino sexy che più sexy non si può. Insomma, era trasparente come l’acqua, anzi, come l’aria. Fatto sta che va a casa e consiglia alla moglie di indossarlo la sera stessa prima di andare a letto. La Brigida, che voleva tentare di… tirare assieme qualcosa, non esce dal bagno senza niente addosso? Lui la guarda bene e dopo un po' le dice: “Guarda Brigida, a un babydoll così bello e trasparente potevano almeno dare una stiratina... è pieno di pieghe...”.

TERESA: Villano, villano e maleducato!

NICOLA: Però c’è da dire che il Girolamo è proprio bravo a tenere in piedi la sua famiglia. Non lo batte nessuno.

TERESA: Perché? Cosa fa?

NICOLA: Ha venduto tutte le sedie.

TERESA: Mi dispiace per sua moglie che un angelo...

NICOLA: Beato lui, la mia c’è ancora!

TERESA: Disgraziato, sei nato disgraziato e disgraziato sei rimasto! Hai fatto almeno colazione?

NICOLA: No, mi faccio fare un panino con la mortadella all'osteria.

TERESA: Certo, proprio per buttar via i soldi... Guarda che nel frigorifero ci sono le tue uova bollite.

NICOLA: No, quante volte ti ho detto che le uova bollite non le voglio più mangiare?

TERESA: Ma come? È da quando siamo sposati che mangi le uova bollite tre volte al giorno e non ti sei mai lamentato! Dopo tutto non ti ingrassano... Guarda il Girolamo che pancia gli è venuta...

NICOLA: Veramente gli uomini hanno tutti un po’ di pancia...

TERESA: È vero e non ho mai saputo il perché quando si sposano gli uomini ingrassano e le donne dimagriscono.

NICOLA: Te lo dico io il perché. La donna, quando arriva a casa, apre il frigorifero, non trova niente che le piaccia e allora si infila a letto. L’uomo, invece, arriva a casa, va in camera, solleva la coperta, non trova nulla che gli piace e allora apre il frigorifero…

TERESA: Corri, corri dai! Vai dall’oste che io vado a sistemare la stanza.

NICOLA: Allora, proprio per farti dispiacere, dall’oste vado più tardi perché oggi è il giorno che arriva il dottore e devo dirgli un paio di cose. (Rientrano).

PIERO: (Entrando). Ah, che bella giornata... Certo che quando uno va in pensione è proprio lunga da passare. Certo che la vita è proprio strana... quando sei piccolo vuoi diventare grande, quando diventi grande vuoi andare a lavorare, quando vai a lavorare hai una gran voglia di andare in pensione per non lavorare, quando vai in pensione vorresti di nuovo andare ancora lavorare, magari appena un po’, per avere qualcosa da fare. Io invece farei una legge che dà la pensione ai giovani fino a quarant’anni, poi farei fare cinque ore al giorno fino ai cinquanta e dopo i cinquanta dodici ore al giorno e siccome non riusciranno mai a farcela si mettono in malattia fino quando campano. Però è meglio che la mia Adalgisa non mi senta a fare questi ragionamenti perché non mi darebbe mai ragione. Lei dice che il mio cervello non è proprio giusto per via delle zuccherate e che ho preso quando ero piccolo. Mio padre, quando voleva farmi addormentare, mi lanciava per aria... Peccato che non fosse mai lì a prendermi quando ricadevo verso terra... Però è vero, il più delle volte mi accorgo di dire delle stupidaggini... Come, ad esempio, quando sono stato dal dentista e gli ho detto che cinquantamila lire erano tante per togliermi un dente... dopo tutto sono solo tre secondi di lavoro... E così lui mi ha tolto il dente piano, piano, piano... Madonna mia che male! I dentisti, quelli mangiano con i denti degli altri. Tra l’altro gli ho anche chiesto cosa mi consigliava per i miei denti gialli e lui, quel pistola, mi ha risposto che mi consigliava una cravatta marrone. Ciao Adalgisa, dove vai così di buonora?

ADALGISA: (In cortile). Vado a prendere il posto dal dottore.

PIERO: Ma se l’ambulanza apre alle dieci...

ADALGISA: Ma io voglio essere la prima perché devo raccontargli tutte le mie malattie.

PIERO: Ma guarda che proprio stamattina deve passare qui in cortile.

ADALGISA: Guarda che le mie malattie io non le devo far sapere a nessuno.

PIERO: Accidenti! È un segreto di Stato? Quante ne hai?

ADALGISA: Tutte quelle che ho letto sull’enciclopedia medica. Non ne manca nemmeno una.

PIERO: Allora sei peggio di un ospedale ambulante.

ADALGISA: Non parlarmene Piero... Pensa che l’ultima volta il dottore mi ha detto che lui riusciva a curarmene solo cinque per volta. Pensa che sono due mesi che ho una tosse cavernicola e il tirchio nervoso. Ieri invece m’è uscito il sangue da... non te lo dico da dove...

PIERO: Da dove Adalgisa?

ADALGISA: Dal rettile! Per me deve essere il verme salutare, no, santuario... infatti, due giorni dopo, m’è venuta una tremenda dissenterite. Mi sbaglierò, ma devo avere una grossa malattia in incubatrice. Per non parlare dell’ulcera sanguinaria; pensa che nello stomaco, quando il dottore idraulico mi ha infilato un tubo grosso così nello stomaco, lo sai cosa mi ha trovato dentro?

PIERO: Cosa ti hanno trovato dentro?

ADALGISA: L’elicottero! Per non parlare delle mie gambe che sono piene di vene vanitose e... pensa che ho fatto anche i raggi ai polmoni. Mi fanno svestire, pensa tu, perfino reggipetto, che vergogna!, e mi mettono incollata contro un vetro tutto bianco. Il dottore mi dice: “Tiri su i gomiti, signora”. Io ce l’ho messa proprio tutta... mi facevo venire tutti i colpi di vomito che potevo, ma non mi veniva su proprio niente. Allora il dottore mi ha detto che i gomiti erano questi... (Indica i gomiti).

PIERO:   Corri, corri Adalgisa, perché se me ne conti ancora qualcuna il dottore dovrà fare ambulatorio solo per te. Salutami il dottore…

ADALGISA:   Te lo saluterò, anche se con me è un po’ villano…

PIERO:   Perché è villano con te?

ADALGISA:   Ieri gli ho chiesto di ascoltami il cuore perché avevo paura di avere la vagina pètoris per un dolore che sentivo tutto qui di traverso. Lui l’ha ascoltato e sai che mi ha detto?

PIERO:   Che ti ha detto Adalgisa?

ADALGISA:   Che stava battendo ancora e che si trattava di un dolore interpostale. Almeno mandarmi a fare un radiodramma al cuore…

PIERO:   Ma dimmi un po’; si può sapere cosa ci vai a fare ‘stamattina dal dottore?

ADALGISA:   Ho un disturbo serio e grave. Devo chiedergli una cura speciale perché tutte le mattine, alle sette precise, …vado di corpo.

PIERO:   Ma che cura speciale dovrebbe darti? Hai la pancia che funziona come un orologio…

ADALGISA:   Di quello non ho dubbio, io vado di corpo alle sette precise, ma il fatto è che io mi sveglio sempre alle otto… Bèh, adesso vado, altrimenti mi passa davanti la Marietta. Ciao nèh Piero.

PIERO:  Ciao Adalgisa. Sta tranquilla che camperai almeno cent’anni perché i bicchieri rotti e incollati sono quelli che durano di più.

ADALGISA:   Questo me l’ha detto anche il dottore, mi ha detto che starò al mondo fino alla fine dei miei giorni.

PIERO:   Guarda però che ormai la Marietta sarà già arrivata in ambulatorio. Ti conviene fermarti qui a casa e finire di fare i mestieri e prepararmi la colazione.

ADALGISA:  Colpa tua che mi hai fatto perdere tutto questo tempo con le tue chiacchiere e con le tue domande. Va béh, vuol dire che in ambulatorio ci andrò domani. Mi preparerò là alle cinque del mattino e vorrò ben vedere se la Marietta arriverà prima di me. (Rientra)

PIERO:   Mah, vado a vestirmi e faccio colazione. (Si ritira)

BEPPO: (In cortile) Pronto; adesso sono proprio pronto!. Viaggio diretto andata e ritorno a… Osti non ricordo più dove volevo andare... Incominciava con Costa… Costa Brava… no; Costa Smeralda? No, nemmeno quella. Costata di manzo? Ah, adesso mi ricordo… Costa Rica.

TERESA: (Uscendo) Dove vai disgraziato! Vieni subito in casa a sbucciare le patate.

BEPPO: Lo vuoi capire che io le patate non le voglio pelare? Non puoi comperare le patate senza la buccia?

TERESA: Cèrto, domani vado a comperare le uova senza il guscio. E… dove andresti questa volta?

BEPPO: A Costa Rica. Mamma, mamma! Chiedimi dov’è la Costa Rica…

TERESA:   Dov’è la Costa Rica?

BEPPO: Hai presente la carta geografica dell’America?

TERESA:   Se è solo per quello la guardo tutte le mattine appena alzata…

BEPPO: Allora, vai in America, giri prima a sinistra e poi un pochino a destra ed è l’, proprio dietro l’angolo. Mamma… Mamma! Chiedimi perché voglio andare in Costa Rica…

TERESA:   Perché vorresti andare a Costa Rica?

BEPPO: Perché è …ricca. Se si chiama così vuol dire che da quelle parti le palanche ce ne sono tante e dappertutto; sulle strade, nei giardini, sulle piante e a volte anche nel mare. Quelle però non le raccolgo perché ci vorrebbe troppo tempo per asciugarle.

TERESA:   Ascolta sciagurato, vieni a sbucciare le patate altrimenti oggi mangi solo pane e aria.

BEPPO: Mamma, mamma! Ho fame io mamma?

TERESA:   Certo che hai fame e allora sbuccia le patate!.

BEPPO: Vabbé, però ti assicuro che stasera parto... (Rientra)

NICOLINA:  (In un lato del cortile. E' la Cenerentola della casa. Scopa il pavimento. Canta) E lé la va in filanda-per filà col suo bèl moretin… Mah, se io dovessi andare in filanda andrei solo per prendere la paga alla fine del mese… Cosa c’entra poi il suo “moretin” se poi, magari, si tinge i capelli di giallo o di viola. Oggi i ragazzi si tirano assieme come quelli del Circo Togni; una pennellata di giallo sulla testa, cinque o sei orecchini sulle orecchie e magari un anellino di traverso all’ombelico. (Canta) La mia mamma mi diceva-non sposàr le donne bionde che son tutte traditore… Chissà perché le bionde devono per forza essere “traditore” e magari quelle nere e riccioline sono come la Maria Goretti… (Canta) Perché per ogni riccio-lei tiene un capriccio… Ecco, così sono servite anche loro. Certo che anch’io sono ricciolina e nera e allora dovrei avere chissà quanti capricci… Ma quali capricci? Mi alzo al mattino ancor prima che si svegli il sole, faccio i letti di tutta la famiglia, preparo la colazione, pulisco e spolvero… Se sono questi i capricci… (Canta) Non ho l’età-non ho l’età per amarti… Insomma, qual’è l’età per amarti? Io ho ormai trentadue anni… non dovrò per caso aspettare sessant’anni per amarti… Amare chi?

    Quando dico alla mia mamma che il Gigi mi guarda con gli occhi di un’anguilla bollita mi dice: "Sta alma Nicolina perché sei ancora giovane per guardare a gli uomini..." Forse dovrò aspettare fino ai cinquant’anni. Mah Però a me il Gigi piace. Finora ha curato la sua cascina, ha messo assieme una bella stalla, l’ha riempita con delle belle mucche e adesso avrebbe bisogno di una bella ragazza che gli tenga in ordine la casa e che gli voglia bene. Quando mi guarda con quei due occhi di anatra bollita io sento una schioppettata al cuore.

TERESA: Nicolina! Ma stai ancora scopando? Lazzarona tu come il tuo fratello Beppo. Metti apposto il tavolo e togli la polvere dai mobili che stanno per arrivare le mie amiche. Svegliati, bella addormentata nel bosco.

NICOLINA: Mamma, guarda che a me sembra, più che la bella addormentata nel bosco, di essere la Cenerentola, quella che fa tutto e gli altri la guardano...

TERESA: Tu, bella, guarda che dopo tutto le tue soddisfazioni le hai anche tu. La televisione, il rosario la sera, fai la maglia, la tombola all’oratorio al giovedì... Cosa vuoi di più? O vorresti per caso andare al Club la sera? Magari in piscina in due pezzetti? In palestra a fare la ginastrica? La ginastrica orobica? Il corso di yugurt? Il bagno turchese?

NICOLINA: Almeno lì incontrerei della bella gente, educata, piena di soldi, che sanno dire un sacco di belle parole che ti fanno stare con la bocca aperta ad ascoltarli e, magari, con una macchina lunga come un tram...

TERESA: Il tram sei tu balorda! E poi, parliamoci chiaro Nicolina, guarda che tu non saresti capace di fare altro che i mestieri. Insomma, sei venuta al mondo col cervello tutto bucato perché quando sei nata avevi cinque o sei giri di cordolo attorno al collo, il cordolo ti ha stretto il collo e invece di arrivarti il sangue nella testa ti è arrivato soltanto dall’acqua sporca. Fra te e il Beppo non so chi sono i più maturi. E allora, cara la mia bella addormentata nel bosco, smettila di sognare perché sei solo una contadinella e nient’altro.

    Un giorno o l’altro però Sant'Eustorgio mi farà la grazia di farmi incontrare un bel giovane che si accorga di me, che mi metta un tetto sulla testa e che mi voglia bene.

TERESA: Guarda che però tu avevi la possibilità di avere un uomo che ti voleva bene...

NICOLINA: Chi? Il Giacomo? Lo so che mi voleva bene, ma mamma guarda che il Giacomo aveva già sessant’anni e a sessant’anni un uomo deve solo aspettare prima o poi di tirare le cuoia e io mi ritroverei vedova ancora prima di avere consumato il matrimonio e va a sapere, poi, se riesce ancora a fare qualcosina...

TERESA: Ma dimmi un po' Nicolina, si può sapere perché tu le grazie li chiedi solo al santo... che santo è Nicolina?

NICOLINA: Sant'Eustorgio.

TERESA: Ma si può sapere dove hai trovato quel Sant'Eustorgio li?

NICOLINA: L'ho trovato mentre sfogliavo il calendario del Frate indovino.

TERESA: E cos'ha di speciale quel santo li per venire a far le grazie proprio te?

NICOLINA:   Vedi mamma, siccome non lo conosce nessuno, nessuno lo prega.

TERESA:   E allora? Vuoi mettere Sant’Antonio?

NICOLINA:   È proprio per questo mamma. Sant’Antonio, siccome lo pregano tutti, non riesce certamente ad evadere tutte le richieste e allora li mette tutti in fila e tante volte si dimentica qualcuno. Invece il mio santo Eustorgio, come gli arriva su una mia preghiera, prima si guarda attorno per far vedere a tutti gli altri che anche lui è pregato e poi … zacchete! Me lo fa subito.

TERESA: Guarda Nicolina, questa è la prova che il tuo cervello ormai, più che marcio, è un emmenthal con tutti i suoi buchi. Mah, da quando c’è stata la storia del… Ursobil, del… Cervobil, sì, insomma, di quelle cose lì in Russia, la Nicolina non è stata più lei (Esce).

NICOLINA: (Canta) Mamma mia dammi cento lire-che in America voglio andar…

BEPPO:  (Si precipita fuori)  Cosa hai detto Nicolina? Che anche tu vuoi andare in America? Allora aspettami che vengo subito; la valigia e bella e pronta.

NICOLINA:  Magari potessi andare in America… Smetterei finalmente di fare questa vita da Cenerentola

BEPPO:  Allora ti porto via io!

NICOLINA:   Come? A spalla?

BEPPO:  No Nicolina, a spalla no perché peseresti più della mia valigia. Magari con la corriera…

NICOLINA:   Con la corriera?

BEPPO:  Sì, con la corriera. Bergamo, città alta, Bottanuco (nomina paesi vicini e noti)…

NICOLINA:   Ecco, fermati lì. E, già che sei lì, va e anche a Caravaggio, (un vicino Santuario) quello della madonna e domandagli la grazia di aggiustarti un po’ il cervello.

BEPPO:  Allora non ti porto proprio più. Vacci da sola allora in America e magari in bicicletta. (Rientrano)

DOTTORE:   (Giunge in cortile in bicicletta e gli altri ad uno ad uno lo attorniano) Buongiorno donne. Pronte per la visita? Chiamate anche gli altri che iniziamo l’ambulatorio. E cerchiamo di fare in fretta perché io non ho molto tempo da perdere. devo andare al bar, leggere il giornale, bere il caffè, fare quattro chiacchiere… Chi è il primo?

PALMIRO: Sono io dottore.

DOTTORE: Cos'hai?

PALMIRO: Devo fare la domanda di accompagnamento.

DOTTORE: Di accompagnamento? A me non sembra che tu stia proprio così male.

PALMIRO: Non è l’abito che fa la monaca, signor dottore. Ormai sono diventato un uomo che non è più capace di fare niente. La mia vita è diventata come un mozzicone di una candela. Si sta spegnendo giorno dopo giorno.

DOTTORE: Vabbè, scriviamo questo certificato. Allora… Incominciamo dalla storia.

PALMIRO:   Quale? Quella di Roma o di Cristoforo Colombo ?

DOTTORE:    La storia, l’anannesi.

PALMIRO:   Io non so cos’è quella cosa li, ma probabilmente devo avere anche quella.

DOTTORE:   L’anannesi, Palmiro, vuol dire che tu mi devi raccontare tutte le malattie che hai fatto; da quando sei nato fino ad oggi.

PALMIRO:   Allora deve preparare un libro grande e grosso come il messale della Chiesa. Nella mia vita m’è capitato proprio di tutto…

DOTTORE:   Intanto dobbiamo andare in ordine e senza fretta.

PALMIRO:   Io di fretta non ho neanche un po’. Devo solo attendere di morire e basta.

DOTTORE:   Ulla madonna, ...poffarbacco, sei proprio un pessimista.

PALMIRO:   È una brutta malattia?

DOTTORE:   Macchè malattia; è un modo di dire di uno che vede tutto nero.

PALMIRO:   Allora ce l'ho senz’altro. Infatti non vedo da tutti e due gli occhi. Il dottore oculare mi ha detto che mi mancano un sacco di dottrine. Infatti mi bruciano sempre gli occhi. Non sarà per caso gengivite?

DOTTORE:   Allora… Si certifica che il signor Palmiro Brambilla è invalido al cento per cento e bisognoso di accompagnamento per gengivite cronica. A chi tocca adesso?

TERESA:   A me.

DOTTORE:   E tu cos’hai?

TERESA:   Il cuore.

DOTTORE:  Guarda Teresa che il cuore l’abbiamo tutti e l’ho anch’io

TERESA:  Ma il mio cuore, signor dottore, ormai è quasi andato. E' talmente stanco che alle volte si ferma almeno per cinque o sei minuti. L’anno scorso sono andata dal cuorologo. Doveva vedere che bello studio aveva, proprio lussurioso. Mi ha fatto l’esame pornografico al cuore, no, era l’elettrodramma, no, il teleradiogramma, insomma, il telegramma al cuore e mi ha detto che ho un sofficino al cuore.

DOTTORE:   Un piccolo soffio al cuore, vorrei dire.

TERESA:  Mica tanto piccolo; è talmente forte e tanto grosso che tutte le volte che batte mi fa venire il torcicollo. E poi mi ha detto che ho la vagina pettoria. Aspetti, forse non è quella; ah, ecco, era l’agina pecora o qualcosa di simile e se l’ha detto lui c’è proprio da credergli perché non è un dottorino della mutua, ma è un primato dell’ospedale. E mi ha trovato l’impressione così alta, ma così alta chi gli ho fatto scoppiare lo sfigometro. Pensi che mi ha detto che di pressioni non ne avevo soltanto una, ma addirittura due, una minima e una massima e avevo cento pulsanti al minuto. Mi dica un po’ dottore, sarò grave o no?

DOTTORE:   (Scrive sul ricettario) Va bene, prendi queste gocce mattina e sera e vedrai che il tuo cuore funzionerà come un pendolino.

TERESA:  Ma se il Pendolino va sempre fuori dai binari…

DOTTORE:   Vedrai che questa volta arriverà fino alla stazione.

TERESA:  Speriamo che non si fermi prima…

DOTTORE:   Allora… Cento gocce di Coramina prima di mangiare.

TERESA:   E se non ho fame?

DOTTORE:   Aspetti che ti arrivi. (Un ragazzino lì accanto ritira di volta in volta le ricette e le porta ai pazienti) E adesso ti tocca?

ADALGISA:  A me.

DOTTORE:   Allora contami tutto, parlami degli organi che non vanno bene.

ADALGISA:  Quali di organi? Gli organi sono soltanto in chiesa. In casa ho soltanto la tromba di mio marito che suonava nella banda.

DOTTORE:   Gli organi, Adalgisa, gli organi della pancia: lo stomaco, il fegato, la milza…

ADALGISA:   Non mi parli di quelli...

DOTTORE:   Invece dobbiamo parlarne, eccome.

ADALGISA:   Non mi parli dello stomaco che la metà basta. Deve sapere signor dottore che lo stomaco mi fa male da circa diversi anni. Io ho fatto i raggi perché avevo i cognati di gomito e mi hanno trovato l’ulcera diagonale che, se aspettavo ancor un po’, era sul punto di diventare un’ulcera perforatica. Ho fatto anche quell’esame che si va giù con un tubo grosso così dalla bocca fino alla pancia. Mi sembrava di essere andata da un dottore idraulico. Il dottore specialistico ha detto che ho preso una gastrite gastrica perchè avevo fatto una dieta sgretolata.

DOTTORE:   Questa è una cosa lapalissiana.

ADALGISA:   E’ grave, signor dottore?

DOTTORE:   Lo vedremo dopo

ADALGISA:   Facciamo vobis.

DOTTORE:   Brava Adalgisa, vedo che sai anche il latino. Ti prescrivo una scatola di supposte.

ADALGISA:  Non posso.

DOTTORE:   Perché non puoi?

ADALGISA:  Perché ho le emorroidi

DOTTORE:   Allora ti do le iniezioni.

ADALGISA:  Non posso.

DOTTORE:   Perché non puoi?

ADALGISA:  Perché ho la pelle dura.

DOTTORE:   Allora ti do le pastiglie.

ADALGISA:  Non posso.

DOTTORE:   Perché non puoi?

ADALGISA:  Perché ho la gola stretta.

DOTTORE:   E allora rivolgiti al prete che con una benedizione di quelle giuste ti farà guarire lui. E adesso a chi tocca? (Adalgisa se ne va offesa e brontolando)

NICOLA:  A me, dottore.

DOTTORE:   Cos’hai Nicola?

NICOLA:  Lo sa che il mese scorso sono tornato dall’ospedale dove ero stato ricoverato per via della cirosa pallida. Era talmente pallida che son diventato tutto giallo come un canarino. Mi hanno tolto con la siringa un paio di litri di sangue perché avevo tutto l’orgasmo sottosopra e sentivo un ronzino alle orecchie; mi hanno fatto il gruppo sanguinario e tutta l’autopsia generale. Mi hanno trovato che avevo l’epatite virile e che mi rimaneva soltanto un piccolo albume di speranza di non morire. Mi avranno fatto, non esagero, almeno duecento endovelenose nella vena del braccio.

DOTTORE:   Va bé, va bé, va bé.

NICOLA:  A me, veramente, non mi sembra di andare tanto bene, ma se lo dice lei che è del mestiere... Tuttavia io ho ancora il mio male di pancia. Mi hanno fatto almeno trecento raggi all’apparato detergente, no, dirigente per riuscire a capirci qualcosa di quello che avevo dentro. La pancia non smetteva mai di miagolare come un gatto in calore e saltava come se fosse piena zeppa di rane e di rospi. Sentivo delle intorciate talmente forti che mi sembrava che qualcuno prendesse le mie budella e le ingroppassero come gomitoli di lana.

DOTTORE:   Ma non hai mai fatto cure di sorta?

NICOLA:  Altrochè. Non solo quelle di sorta, ma tutti i giorni mi prendevo la marchesa di san Pellegrino, l’olio di rigido e i frumenti latici e, per non sbagliare la cura, leggevo bene il foglietto delle ostruzioni, no, delle distruzioni. Ero talmente stitico che un giorno ho perfino dovuto chiamare il Giovanni Cannetta.

DOTTORE:   Un infermiere?

NICOLA:  No, signor dottore, era l’idraulico. Pensi che mi hanno fatto per tre volte l’esame delle felci e alla fine hanno scoperto che avevo il verme saltuario. Aveva proprio ragione il Giacomo Polpetta...

DOTTORE:   Chi è il Giacomo Polpetta?

NICOLA:  E’ quello che trova se uno ha i vermi. Mi ha detto che avevo la pancia piena zeppa di vermi che mangiavano tutto quello che riuscivo a mandar giù. Loro mangiavano e io diventavo magro... Loro mangiavano e io diventavo magro... Ma io li ho fregati quei bastardi che mangiavano col cibo degli altri.

DOTTORE:   Come hai fatto ?

NICOLA:  Semplice; li ho fatti morire di fame. Sono stato quattro giorni senza mangiare e son crepati tutti, uno dietro l’altro!

DOTTORE:   Va bé, ti scrivo una ricetta infallibile per i vermi. Vermolina forte, così creperanno anche quei pochi che sono rimasti. E adesso a chi tocca?

ROMILDA:   A mé, dottore, mi fa un male boia la testa.

DOTTORE:   Cos’hai fatto?

ROMILDA:   L’ultima volta che sono caduta dalla bicicletta mi son presa un dramma cranico nella zucca. Per tre giorni ha sentito un tremendo formicaio nei piedi e sono stata per dieci giorni col tirchio nervoso e con i granchi nelle gambe.

DOTTORE:   Hai fatto delle vaccinazioni in questi ultimi tempi?

ROMILDA:  Tutte. Proprio tutte. Due mesi fa al pronto soccorso mi hanno fatto la vaccinazione antiarabica perchè  mi ha morso il Tommaso...

DOTTORE:   Il Tommaso ? Era ubriaco per darti una morsicata?

ROMILDA:  No, il Tomaso è il cane del prevosto. L’ha chiamato così perché aveva lo stesso muso rincagnato della statua di san Tommaso Aquilino che è in sacrestia. E poi mi han fatto anche la vaccinazione antitinànic perchè mi son grattata con un filo di ferro di rame. Il dottore mi ha detto che dovevo disinfettarlo prima di prendermelo nelle chiappe. Però, di tutte quelle cure, non ne ho avuta nessuna beneficenza.

DOTTORE:   Certo che, con tutte le malattie che mi hai raccontato, per andare in farmacia a prendere le medicine che dovrei darti, dovresti andarci col carrello dell’Ipermercato. Da' retta a me, vai dalla farmacista, dille di prendere dallo scaffale una medicina sì e una no, ingoiale tutte d’un colpo e può darsi che guarisca all’istante. (Romilda esce bofonchiando e offesa) E adesso a chi tocca?

PIERO:  A me.

DOTTORE:   E tu cos’hai Piero?

PIERO:  Ho sempre il mal di pancia.

DOTTORE: A digestione come stiamo?

PIERO:  Lei non lo so, ma io, veramente, non digerisco proprio una bella madonna.

DOTTORE:  Dovresti fare una dieta liquida, leggera e piuttosto brodosa.

PIERO:  Se è solo per quello non c’è alcun problema; mangio quasi tutti i giorni polenta e gnocchi.

DOTTORE:   Mangiare in bianco, insomma…

PIERO:  Per questo stia tranquillo; la tovaglia è bianca e anche i piatti…

DOTTORE:   E la vescica come sta?

PIERO:  Bene, grazie e lei?

DOTTORE:   Non ti hanno mai dato dei disturbi?

PIERO:  Veramente, se devo essere sincero, mi hanno trovato un papillon ala vescica.

DOTTORE:   E la prostata?

PIERO:  Cos’è quella cosa lì?

DOTTORE:   E’ un organo maschile.

PIERO:  Allora lo chiami col suo nome: pisello, fratellino, uccellino, pipino, pendolino, che ci capiremo meglio. Quello, insomma per dirlo fra noi uomini, fa solo acqua da tutte le parti. Vede, per dirla chiara e netta e fuori dai denti, fa solo acqua e nient’altro. Ma possibile che non ci sia ancora una cura per far funzionare ancora un po’ la… macchinetta?

DOTTORE:   E’ dura, Piero, è dura...

PIERO:  Qui, di duro, gliel’assicuro io signor dottore, non c’è proprio niente. E’ mai possibile che ancora non abbiano trovato il modo di fare un… trapianto? Oggi trapiantano il fegato, il cuore, le dita, gli occhi ed è mai possibile che non riescano a trapiantare… quella cosa lì?

DOTTORE:   L’arte medica non è ancora arrivata a questo punto. Un giorno, forse...

PIERO:  Ma se aspettano ancora un po’ il Piero non solo dovrà mettere il corpo in pace, ma anche l’anima. Ma qui non si tratta solo di anima, ma di qualcos’altro…

DOTTORE:   Dopo tutto hai la tua età, Piero.

PIERO:  E’ proprio vero, signor dottore. L’uomo è come il treno...

DOTTORE:   Come il treno?

PIERO:  Sì, come il treno. A vent’anni è come un accelerato e si ferma a tutte le stazioni. A trent’anni è come il diretto: si ferma solo nelle città. A quarant’anni è come il direttissimo: si ferma solo nelle capitali. A cinquant’anni è come il rapido: si ferma solo per fare acqua. A sessant’anni, e soprattutto sopra i sessanta, non parte proprio più… Va al deposito

DOTTORE:   E’ la legge della natura, Piero.

PIERO:  E pensare che la natura è così bella e a me è sempre piaciuta...

DOTTORE:   Adesso però io me ne devo andare. Gli altri li visiterò la settimana prossima. Ciao a tutti. (Se ne va)

TERESA:  Certo che il nostro dottore non mi convince mica tanto…

PIERO:  Perché?

TERESA:   Pensa che tre mesi fà, quando è passato qui in cortile come oggi, gli ho detto che mio zio stava male e lui mi ha consigliato di dargli dell’acqua di mele.. La settimana dopo gli faccio ancora: “Signor dottore, guardi che mio zio sta ancora più male”; e lui “Altra acqua di mele”. La volta dopo gli dico:”Signor dottore, mio zio è morto!” e sai cosa mi ha risposto?

PIERO:  Cosa t’ha risposto?

TERESA:   Basta acqua di mele! (Ridono e rientrano tutti)

SECONDO TEMPO

NICOLINA:   (In un lato del cortile scopa il pavimento) Mamma mia dammi cento lire-che in America voglio andar… Bisogna che canti a bassa voce altrimenti il Beppo è capace di arrivare di corsa con la sua valigia. Certo che se bastano solo cento lire per arrivare fino in America, allora cinquanta lire basterebbero per andare al mare. Chissà com’è il mare… Mi hanno detto che è talmente grande che non riesci a vedere l’altra sponda. Magari è più grande del lago di Sarnico o di Spinone.. Come mi piacerebbe andare al mare... Come mi piacerebbe vedere le nuvole che si confondono con l’acqua, guardare il sole che la sera si cala dentro tutto acceso, tutto grande, tutto d’oro. Mettere i piedi nell’acqua, abbassarmi e sentire i pesci che raccontano le loro storie, che raccontano come è bello il fondo, pieno di colori, pieno di coralli. E sentire i pescatori che arrivano con la loro barca, scaricano il pesce e allungano le loro reti sulla spiaggia ad asciugare. E poi girarsi dall’altra parte a guardare la spiaggia, lunga, bianca, accarezzata dalle onde che giocano a rincorrersi e, attraverso il sole, intravvedere un uomo che viene verso di me. Viene avanti piano piano, senza fretta, con i piedi nell’acqua e i calzoni tirati su fino al ginocchio. Poi si ferma davanti a me. Adesso, anche se ho ancora il sole gli occhi, riesco a vedergli la faccia. E lui, il Gigi. Mi mette mano nei capelli, mi sfiora con una carezza il viso e mi dice: “Ti voglio bene, Nicolina...”. Chissà se il Gigi è mai stato al mare e anche se ci fosse stato, chissà se gli sarebbe venuta in mente, anche per un solo secondo la Nicolina.

TERESA:   (Entra portando una cartolina) Guarda, questa è tua. Non volevo proprio dartela, ma chi sia la prima e l’ultima volta. Scandalosa!

NICOLINA:   (La legge) “Al mare andai, nel mare nuotai e a te pensai. Gigi”. (La rilegge più volte) È proprio un poeta il Gigi. Se qualcuno mi desse in questo momento una martellata sul ditone del piede sentirei soltanto il paradiso. Io pensavo al Gigi sulla spiaggia del mare e lui... e lui è andato al mare e mi ha pensato davvero! Sant’Eustorgio..., sei tu sant’Eustorgio che combini queste cose alla Nicolina? Basta che io pensi a una cosa e lui...

ROMILDA: Ciao Nicolina... Dov’è la Teresa?

ADALGISA: Che bel grembiule che indossi questa sera... proprio elegante, proprio un grembiule da sera...

NICOLINA: Mamma, c’è la Romilda e la Adalgisa.

TERESA: Ciao ragazze, madonna mia se vi vedo volentieri... ho una tal voglia di chiacchierare...

ROMILDA: E pensare che noi siamo come i muti e preferiamo non parlare mai di nessuno. Tombe, proprio tombe.

ADALGISA: E pensare che noi piuttosto di sparlare della gente preferiamo che ci cada dalla lingua sul pavimento. Sepolcri, proprio sepolcri.

NICOLINA: Tra tombe e sepolcri quelle due gli sarebbero capaci di svegliare un cimitero intero quando si mettono a chiacchierare.

ROMILDA: L’hai saputo l’ultima Teresa?

TERESA: No, devo essermi fermata alla penultima. Quella della settimana scorsa...

ROMILDA: Fatto sta che, tornando indietro un passo, insomma, come ti ho già raccontato la settimana scorsa, la Giustina delle Bisce è riuscita ancora una volta a vincere un’altra scommessa e a portare a casa dieci milioni…

TERESA: Ma guarda che rospa quella li! Le vanno bene proprio tutte. Dieci milioni...

ADALGISA: Si, dieci milioni.

TERESA: E come ha fatto?

ADALGISA: È andata in comune dal sindaco e gli ha detto che voleva regalare centomila lire alle scuole elementari per comperare il sillabario ai più poveri.

ROMILDA: Il sindaco le ha chiesto dove sarebbe andata a trovare i soldi perché di pensione prendeva solo la minima. La Giustina delle Bisce allora gli ha risposto che lei guadagnava un sacco di soldi con le scommesse.

TERESA: Con le corse dei cavalli? Con il superenalottolo? Con il Gratta che non vinci?

ADALGISA: Anche il sindaco le ha chiesto così, ma lei gli ha risposto che non si trattava di quelle cose. Anzi, gli dice: “Quanto vuole scommettere signor sindaco che lei ha le emorroidi grosse come una anguria? “. Il sindaco la guarda bene negli occhi e gli dice che è inutile che scommetta perché avrebbe sicuramente perso.

ROMILDA: “E io scommetto lo stesso “, gli ha risposto la Giustina delle Bisce . “ Vuole scommettere cinque milioni se davvero lei non ha le emorroidi grosse come un’anguria? “. E allora il sindaco, per farle passare la voglia di scommettere, le dice: “ Ci sto! Ma come facciamo a vedere chi ha ragione? “. E la Giustina delle Bisce : “ Domani mattina vengo qua in comune con l’avvocato Brugnetti come testimonio e lei deve lasciarmi toccare “.

TERESA:   Toccare che cosa?

ADALGISA:   Toccare che cosa… Cosa si tocca quando uno ha le emorroidi?

TERESA:   Insomma… lì!

ADALGISA:   Ecco, proprio lì.

TERESA: Per me è tutta scema la Giustina della Bisce... Guarda tu se sono scommesse da fare! Non c’è che dire, un bel modo di mangiarsi cinque milioni...

ROMILDA: Aspetta Teresa, non è finita.

ADALGISA: Il mattino dopo la Giustina della Bisce e l’avvocato Brugnetti si presentano davanti al sindaco. Il sindaco non sapeva nemmeno lui cosa fare...

ROMILDA: Insomma, era un po’ imbarazzato...

TERESA: Dai, andate avanti che voglio sapere come è andata a finire...

ADALGISA: Insomma, ormai la scommessa era fatta e c’era anche l’avvocato.

ROMILDA: In poche parole al sindaco è toccato a tirar giù i pantaloni e la Giustina della Bisce ha messo il dito proprio... lì.

TERESA: Proprio lì?

ROMILDA: Proprio lì!

TERESA: E ciao cinque milioni! Se le emorroidi le avesse avute davvero non sarebbe stato così cretino da scommettere...

ADALGISA: Ed infatti le emorroidi non c’erano proprio.

TERESA: E ciao palanche.

ADALGISA: Ciao palanche una bella madonna! Quando il sindaco ha detto alla Giustina delle Bisce che lei aveva perso la scommessa, le ha anche detto che se avesse sempre fatto così ne avrebbe perse ancora molte di scommesse nella sua vita

TERESA: Povera Giustina delle Bisce, l’ho detto io che tutta scema e rincretinita...

ROMILDA:  Mica tanto Teresa. Lo sai allora cosa lei ha risposto al sindaco? Che lei, il giorno prima, aveva scommesso quindici milioni con l’avvocato Brugnetti che lei, il giorno dopo, sarebbe riuscita a mettere un dito in quel posto al sindaco. Quindici milioni meno cinque... la Giustina delle Bisce ha guadagnato dieci milioni!

NICOLINA: Io, però, mi vergognerei di parlare degli altri e soprattutto di quelle cose. Bella figura che ha fatto il sindaco e anche l’avvocato…

ADALGISA: E allora di chi dovremmo parlare? Della Nicolina? Non faccio per dire, Teresa, ma tua figlia non ha proprio preso niente da te. Guardala lì, quando vuoi ragionare con lei non cavi fuori proprio nulla di buono.

TERESA: Poveretta, quando è nata le è mancata la benzina nel cervello e va come un motore che perde i colpi. Pensa che alla sua età non ha ancora trovato uno straccio di fidanzato. E sì che in paese gli uomini non mancano, ma a lei non va bene nessuno. Pensa che perfino il Giacomo, il maestro che insegna nelle nostre scuole, ha messo gli occhi su di lei...

ROMILDA: Il maestro? Per me i quaderni e i libri gli sono andati alla testa. A parte il fatto che avrà vent’anni più di lei, ma mi dici di cosa potrebbero parlare fra di loro? Lui è istruito e lei... non faccio per dire, ha scopato le stanze per tutta la vita e ignorante è e ignorante deve essere rimasta.

ADALGISA: Il maestro... guarda che il maestro piace a tante. Come uomo non è male; o Dio, non si può certo dire che sia una gran bellezza, insomma è un bel... brutto, ma sono tante le sposine e le mamme dei ragazzi della scuola che una peccatuccio con lui lo farebbero volentieri. E tu mi dici che il maestro avrebbe posto gli occhi su di lei... A parte il fatto che non lo crederei nemmeno se mi comparisse qui davanti l’arcangelo Gabriele con le ali e con le piume, ma non so proprio cosa possa trovare di bello e di interessante nella Nicolina.

ROMILDA: Non è istruita, l’educazione non lo so dove l’abbia imparata, bella... lasciamo perdere...

TERESA: Adesso però non fatela diventare una pattumiera...

ROMILDA: Ti sei offesa Teresa?

TERESA: Offesa no, ma, dopo tutto, sono io che l’ho fatta.

ROMILDA: Nicolina, cosa vorresti fare tu nella vita?

NICOLINA: Nella mia vita vorrei fare tante cose, ma ho paura di non avere nè la possibilità nè il tempo di farle. L’ultima cosa che tuttavia vorrei fare, però, sarebbe di passare il tempo a raccontare le cose degli altri e a sparlare di loro.

TERESA: Nicolina, domanda scusa alle mie amiche!

NICOLINA: Scusatemi se vi ha detto quello che pensavo, scusatemi se vi ha detto la verità, scusatemi se ho pensato solo per un secondo di potervi insegnare qualcosa...

TERESA: Te l’ho detto? Acqua, appena acqua ha nella testa e tutta marcia!

ROMILDA: Avete visto come sono fatti i giovani di oggi? Non ci si salva più... Trattano le persone più grande di loro come se fossero piene di pidocchi. Andiamo Adalgisa che è tardi. Ciao Teresa e grazie della chiacchierata.

TERESA: Ciao ragazze, entro anch’io in casa e tu Nicolina sbrigati a finire i mestieri. ( Esce)

GIGI:  Permesso…

NICOLINA:  Avanti, avanti.

GIGI:   (Si presenta in vestiti dimessi con un mazzo di fiori di campo) Buongiorno Nicolina.

NICOLINA: Ciao Gigi; mah… Sei tu? Proprio… proprio tu? Madonna mia che piacere! Grazie sant’Eustorgio! Come mai da queste parti?

GIGI: Mi sono ricordato che oggi è il tuo compleanno e ti ho portato un pensierino. Ho raccolto quattro fiori nel prato e ti ho portato anche uno stracchino di capra.

NICOLINA: È vero, è proprio vero! Pensa tu, non me lo ricordavo proprio.

GIGI: Ma non ti ha fatto gli auguri la tua mamma?

NICOLINA: No, quella, invece di farmi gli auguri, continua a farmi scopare le stanze e il cortile.

GIGI: Lo so, lo so che sei una grande lavoratrice. Ed è proprio per questo che vorrei chiederti una cosa...

NICOLINA: Domanda, domanda Gigi.

GIGI: Allora... Cara Nicolina... Cara Nicolina...

NICOLINA: Ti si è incantato il disco Gigi?

GIGI: No, il fatto è che ho preparato un bel discorso tutto a memoria e nel vederti… mi sono confuso e il ho dimenticato tutto...

NICOLINA: Allora ricomincia dall’inizio...

GIGI: Allora... Incomincio dall’inizio... Cara Nicolina...

NICOLINA: Questo l’hai già detto prima. Va avanti allora.

GIGI: Cara Nicolina... Chiedere è lecito, rispondere per cortesia... e si che don Costante me l’ha scritto proprio in bella scrittura...

NICOLINA: Cosa c’entra il signor parroco?

GIGI: Siccome è una cosa importante, volevo dirtela con parole speciali, giuste, insomma adatte alla circostanza...

NICOLINA: Guarda Gigi che le parole, quando sono sincere, saltano fuori da sole...

GIGI: Allora, cara Nicolina... Insomma, per dirtela tutta e chiara... io... io avrei bisogno di prender moglie e avrei pensato... avrei pensato... a te.

NICOLINA: E ci voleva il Prevosto per dire queste cose? E perché Gigi hai pensato proprio a me?

GIGI: Perché io ho una cascina molto grande, ho i campi e anche le mucche e da solo non riesco più a tirare avanti...

NICOLINA: E tu, quindi, avresti bisogno di una donna che ti tenga pulita la casa, che ti aiuti nei campi e che stia nella stalla a curare le mucche...

GIGI: Brava Nicolina, hai capito subito. Sapevo che avevi le mani e le braccia che funzionavano bene, ma che ti funzionasse perfettamente anche il cervello...

NICOLINA: E dopo?

GIGI: E dopo che cosa?

NICOLINA: Ma, dimmi un po’ Gigi, è solo per questo che hai pensato a me?

GIGI: Insomma, tu sei una donna forte, abituata alle fatiche e non sarebbe poi tanto difficile per te tenere pulita la mia casa e fare tutte le altre cose di cui abbiamo parlato.

NICOLINA: Gigi, ascolta bene quello che ho da dirti. Secondo te, se io ti dicessi di sì, come cambierebbe la mia vita?

GIGI: Cambierebbe, eccome!

NICOLINA: Certo che cambierebbe... invece di passare tutto il giorno a scopare il pavimento della mia casa verrei a scopare la tua, invece di lavare i panni della Teresa verrei a lavare le tue camicie e tue mutande, invece di...

GIGI: Ma io alla domenica ti porterei al cinema dell’oratorio, a vedere le giostre, a mangiare il gelato...

NICOLINA: Ma manca la cosa più importante Gigi...

GIGI: Ma cos’è, qual è questa cosa più importante? Di quale cosa parli?

NICOLINA: Gigi, Gigi; non ci siamo nemmeno un po’. Manca quella cosa che sino a due minuti fa io provavo per te o almeno credevo di provare per te.

GIGI: Ma si può sapere cos’è Nicolina?

NICOLINA: Forse Gigi ho sbagliato proprio tutto.

GIGI: Cos’hai sbagliato Nicolina?

NICOLINA: Non sono io che mi sono sbagliata, ma è stato il mio cuore...

GIGI: Sei ammalata di cuore? Questo non lo sapevo proprio. Allora, magari, non riesci tanto a lavorare e magari fai anche fatica...

NICOLINA: Certo, è soltanto questo che a te interessa...

GIGI: No, non è appena questo. Tu sei una brava ragazza, timorata di Dio e allora a me non importa molto se tu non hai la bellezza delle donne che si vedono al cinema o alla televisione, ma tu mi interessi lo stesso.

NICOLINA: Ma, ti ripeto, manca la cosa più importante Gigi...

GIGI: Ma si può sapere cos’è questa cosa che è più importante?

TERESA: (Entrando). Mah, cos’è questa storia? Si può sapere come mai io non sono informata che c’è qualcuno in casa mia?

GIGI: Buongiorno Teresa, passavo da queste parti e sono venuto a salutare la Nicolina. Non si ricorda che eravamo compagni di scuola?

TERESA: Certo che mi ricordo. E quei fiori lì cosa sono?

GIGI: Li ho raccolti nel mio prato e ho pensato di portarli alla Nicolina.

TERESA: Ma quanti prati hai?

GIGI: Cento pertiche.

TERESA: Cento pertiche? Mica male... Mica male davvero... E la cascina è tua?

GIGI: Certo che è la mia

TERESA: E bestie ne ha i?

GIGI: Centocinquanta mucche e cento vitelli. E poi ho anche tre trattori...

TERESA: Però... Nicolina, lo sa il che il Gigi mi è simpatico? Ma tu volevi qualcosa, per caso, dalla Nicolina?

GIGI: Veramente... Stavo proprio dicendole che...

NICOLINA: Mi stava dicendo che aveva fretta di scappare perché la Bianchina deve partorire e non riesce ad avere il vitello se non c’è qualcuno che la aiuta.

GIGI: Perbacco, è proprio vero e non mi ricordavo più. Ma tu come hai fatto sapere che la Bianchina...

NICOLINA: Lo so, lo so...

GIGI: Adesso purtroppo devo proprio scappare. Buongiorno Teresa, ciao Nicolina, ricordati di quello che ti ho detto e fammi sapere qualcosa. (Esce)

TERESA: Ma a te non piace il Gigi?

NICOLINA: Mi piaceva, mamma...

TERESA: E le cento pertiche?

NICOLINA: Ancora di meno.

TERESA: E le centocinquanta mucche e i cento vitelli?

NICOLINA: Neanche un po’.

TERESA: Ah, l’ho detto io... Tutta acqua, è tutta acqua quella che hai nel cervello. Arriva uno che ha delle intenzioni serie e lei, quella balorda , butta via l’occasione di avere cento pertiche di terra, centocinquanta mucche e cento vitelli...

NICOLINA: E tre trattori...

TERESA: E tre trattori! Ma guarda che è anche un bel giovane, è fatto bene, deve avere un sacco di soldi e deve avere anche tutte... tutte le sue cosine a posto e che funzionano...

NICOLINA: Mamma, guarda che io non ho bisogno né di un banchiere e nemmeno del toro, ma di qualcuno che mi voglia bene, che mi dia il suo amore...

TERESA: Ma l’amore viene dopo cento pertiche di terra, centocinquanta mucche e cento vitelli...

NICOLINA: L’amore vale molto di più di cento pertiche di terra, di centocinquanta mucche e di cento vitelli...

TERESA: E tre trattori! E allora lasciami dire ancora che acqua avevi nel cervello quando sei nata e soprattutto adesso. Dai, andiamo in casa che c’è qualcosa da fare anche lì. (Entrano).

BEPPO: Pronti... Via! Il Beppo va, stavolta il Beppo parte davvero! Va come una cavallina di razza. O cavallina cavallina storta, che portarvi a casa una fetta di torta... Forse non è proprio così, ma è bella ugualmente. Me l’ha fatta imparare a memoria la Zoppina, la mia maestra la terza volta che ho fatto la quarta. Quando camminava andava un po’ in qua e un po’ in là. È stata proprio lei a insegnarmi la geografia e a mettermi addosso la voglia di viaggiare. Quanti sono i cinque continenti? E io le rispondevo: i quattro continenti sono tre: Asia e Africa. Ecco, oggi parto e vado… in Africa. Ho domandato al mio amico Luigi Mangiasapone dov’è l’Africa e mi ha detto che prima devi andare in bassa Italia, attraversare il mare, e, quando incontri il primo coccodrillo, giri a sinistra e trovi subito l’Africa. Certo che lì mi hanno detto che sono tutti neri ed è facile confondersi. Mi ricordo che quando sono andato a vedere la boxe c’era un bianco che combatteva contro un nero. Il bianco ne ha prese tante e poi tante e talmente tante che alla fine non siamo più riusciti a capire qual’era il bianco e qual’era il nero. Pronti allora, ho deciso, parto per l’Africa. Mamma, mamma!

TERESA: Che c’è Beppo?

BEPPO: Io vado in Africa!

TERESA: Bravo, e come la metti con i leoni?

BEPPO: Come… i leoni?

TERESA: Certo, con i leoni. In Africa ci sono i leoni…

BEPPO: Come ne incontro uno gli infilo un braccio in bocca, gli prendo la coda e lo rinverso come un calzino.

TERESA: Ma guarda che in Africa fa caldo

BEPPO: Allora parto in mutande. (Accenna a slacciarsi i pantaloni o lo fa davvero rimanendo in mutande).

TERESA: Ma dove vuoi andare in mutande disgraziato? Vieni di là che ti ho preparato l’uovo sbattuto.

BEPPO: Mamma, mamma! Ho fame io mamma?

TERESA: Certo che hai fame

BEPPO: Allora vengo a mangiare l’uovo sbattuto. Guarda che però stasera parto sicuramente! (Rientra spinto dalla Teresa)

NICOLINA: (Come prima. Cantando). La mamma la sta bene e il papà è ammalato... la mamma la sta bene e il papà è ammalato... Certo che gli uomini crepano sempre prima delle donne. Basta vedere quante vedove ci sono in paese... Certo che io vedova non diventerò mai. Che stupido il Gigi... Hai capito cosa voleva? La serva, appena la serva! Chissà chi raccatterà la Nicolina... Il maestro, però, ha la sua età, ma, a pensarci bene, deve avere sicuramente qualcosa di più del Gigi

GIACOMO: Permesso...

NICOLINA: Ma questa... Questa mi sembra la voce del... del Giacomo, il maestro...

GIACOMO: Permesso...

NICOLINA: Venga pure avanti Giacomo, venga... Sant’Eustorgio martire, grazie di avermi fatto un’altra grazia.

GIACOMO: E’ sicura che non la disturbo?

NICOLINA: Ma no, cosa sta dicendo signor maestro? Anzi, sono proprio contenta di vederla

GIACOMO: Mi scusi Nicolina se son venuto a trovarla senza prima avvisarla. Sta bene signorina Nicolina?

NICOLINA: Mai stata così bene. Signorina... Mai nessuno mi ha chiamato signorina... E cos’ha in mano signor maestro?

GIACOMO: Mi sono permesso di portarle un libretto delle mie poesie

NICOLINA: Poesie? Lei scrive poesie? Che bello, non avrei mai pensato che il Giacomo...

GIACOMO: La gente, per conoscerla, non bisogna guardarla solo in faccia, ma grattare un pochino e scoprire quello che ha dentro.

NICOLINA: Che bella la poesia. Alla sera, quando me ne vado a letto, prendo sempre fra le mani un libro, ma lo faccio senza farmi vedere dalla Teresa, perché lei dice che, quando una persona è istruita e colta, nella sua vita continua a cercare di conoscere e sapere ancora di più e sente le pareti delle stanze troppo strette. Che bella la poesia, ti fa volare, ti fa battere il cuore, ti fa vedere il cielo sempre pieno di stelle, con le mani tocchi la luna che ti riempie della sua luce magica...

GIACOMO: Prima le ho chiesto se stava bene, ma adesso sono proprio sicuro che sta benissimo. Forse ho grattato un po’ e sto scoprendo quello che ha dentro

NICOLINA: E si può sapere a chi ha scritto, a chi ha dedicato le sue poesie?

GIACOMO: Se non si offende...

NICOLINA: Non mi offendo proprio!

GIACOMO: Se mi permette...

NICOLINA: Permetto, certo, senz’altro che permetto!

GIACOMO: Insomma... Ho pensato a lei ad ogni parola, ad ogni riga, ad ogni pagina...

NICOLINA: Giacomo... Oso troppo se le chiedo di leggermene una?

GIACOMO: Con piacere, ma qui ce ne sono una ventina...

NICOLINA:   E allora facciamo così, scelgo una pagina a caso e lei me la legge... (Mentre Giacomo legge la poesia tutti gli altri, ad uno ad uno, si affacciano)

Sono stato nel prato

per scegliere il fiore più bello,

un fiore delicato

con i colori del mattino

che quando si affaccia il sole

si apre solo per me.

L’ho preso fra le mani

con delicatezza…

Aveva il colore dei tuoi occhi.

In mezzo ai petali

un ciuffetto colorato

di rosso;

era il colore

della tua bocca.

Il profumo era fresco

come la rugiada

d’un mattino d’estate;

era fresco come te,

Nicolina.

(Tutti applaudono)

TERESA: Madonna mia che bello... Se qualcuno l’avesse fatta a me una poesia così l’avrei abbracciato...

ADALGISA: Sento il cuore che sbatte come leali di un piccione...

ROMILDA: Madonna mia, è come quando vedo il Butifùl…

TERESA: E tu Nicolina, cosa aspetti ad abbracciarlo?

NICOLINA: Posso, mamma?

TERESA: Se non lo fai tu guarda che lo faccio io

NICOLINA: (Si scioglie i capelli). Giacomo, quando di notte mi sognavo, vedevo sempre un uomo che mi veniva vicino e mi diceva sempre queste cose. Quasi fosse la poesia che mi hai regalato. Non mi interessava che età avesse, né che faccia avesse, né che mestiere facesse, ma... adesso l’ho trovato e lo dico a tutti, quell’uomo io l’ho trovato davvero. Giacomo, io non ho tanto da darti, non ho dei bei vestiti, non sono tanto bella, non sono nemmeno capace a scrivere poesie, io ho soltanto un cuore, un cuore piccolo, ma che batte come un martello pneumatico. Io ho solo quello da darti, ma ti assicuro che te lo do proprio tutto.(Si abbracciano e tutti applaudono)

BEPPO: (Esce con la solita valigia in mano) Questa volta parto, parto davvero! Ma... Ma cosa sta succedendo qui? State facendo le belle statuine?

TERESA: Stavolta non sei tu che parti. È la nostra Nicolina che se ne va. Ma non in l’America, ma per la parte più bella della sua vita

BEPPO: Allora Nicolina… non vieni con me in America?

NICOLINA: No Beppo, io mi fermo qua, perché la mia America l’ho trovata proprio qua

PALMIRO: Allora... Allora vuol dire che presto andremo tutti a nozze...

BEPPO: A nozze? A nozze di chi?

PALMIRO: Di tua sorella Nicolina

BEPPO: Eh no, la Nicolina viene con me in America

PALMIRO: Eh no, Beppo; la Nicolina rimane qui perché la sua America è qui. La sua America si chiama Giacomo.

BEPPO: Giacomo... Giacomo... Quel posto lì non l’ho mai sentito; bisognerà che lo cerchi sul vocabolario. Io, però, ve lo dico e ripeto ancora una volta a tutti, questa volta parto davvero

PALMIRO: Ma cosa troverai di più bello che qua nel nostro cortile?

Detto: Cosa troverò? Troverò... troverò...

(Tutti cantano sul motivo “Amore mio che vai sulla collina”)

Che bello stare assieme quando è sera

e ci troviamo qui tutti a cantar

ci affacciamo tutti qui sulla ringhiera

meglio che andar sui monti o andare al mar.

Che sarà, che sarà, che sarà

senza la Nicolina, chi lo sa;

solo i vecchi rimarran sulla ringhiera

a guardare a chi parte e se ne va.

A volte c’è chi fa le discussioni

questo perché siam qui in quattro gatti

e quando noi facciam le riunioni

chi passa ci considera dei matti.

Che sarà, che sarà, che sarà

magari senza il Beppo, chi lo sa;

solo i vecchi rimarran sulla ringhiera

a guardare a chi parte e se ne va.

Qui rimarrà soltanto la Teresa

il Piero, la Romilda e l’Adalgisa

che col Nicola inizian la contesa

a tagliarsi i panni addosso e la camisa.

Che sarà, che sarà, che sarà

restiamo solo noi, chi lo sa;

solo i vecchi rimarran sulla ringhiera

a guardare a chi parte e se ne va…

a guardare a chi parte e se ne va…