Quel simpatico sagrestano

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COMMEDIA BRILLANTISSIMA

IN 3 ATTI

di Franco ROBERTO

Personaggi

DON AUGUSTO RAVELLO «quel simpatico zio parroco»

CARLO RAVELLO suo fratello, «quel simpatico commendatore

GIUSTINO «quel simpatico sagrestano»

ANNA LUISA MORETTI onorevole deputata

GIOCONDA PASQUALI una segretaria

NAPOLEONE PAUTASSO capo stazione

DOMENICO BORDONE operaio ferroviere

PIPPO FORMAGGIO impresario teatrale

SCENA FISSA PER TUTTI GLI ATTI


La scena

Vorrebbe essere l'ufficio del capo di una piccola stazio­ne ferroviaria, fra i monti. In realtà è una camera qualsiasi, perfettamente realizzabile con la stessa scena usata per la rap­presentazione delle precedenti commedie « Quel simpatico zio parroco» e «Quel simpatico commendatore».

Al fondo una porta-finestra, oltre la quale si vedono al­cuni alberi. Una porta a destra e una a sinistra. Contro la porta di destra, evidentemente non utilizzata da molto tem­po, è posato un modestissimo tavolo di legno. A sinistra una vecchia scrivania, oppure una qualunque tavola, sulla quale c'è un apparecchio telefonico, il necessario per scrivere e al­cuni incartamenti. Tre-quattro sedie, impagliate o no, spar­se qua e là.

Alla parete di fronte un grande calendario a fogli gior­nalieri. Al centro un filo della luce con paralume di ferro smaltato e lampadina.

ATTO PRIMO

Verso le ore tredici d'una limpida giornata settembrina. La porta di fondo è aperta. Il calendario segna la data «Settembre 10 domenica».

1

Bordone e Pautasso

Bordone        (Operaio ferroviere sui vent'anni, con abi­to da lavoro e berretto a visiera; all'aprirsi del sipario è in scena. Fischietta l'aria d'una canzonetta in voga, e dispone sul tavolo un tovagliolo a quadretti colora­ti, due bicchieri e una bottiglia di vino. Quindi apre un pacco: contiene due panini imbottiti, che Bordone ammira e annusa un momento con soddisfazione, pri­ma di posarli delicatamente accanto ai bicchieri. Poi osserva il tutto, come se fosse la tavola apparecchiata di un Grand Hotel. Infine va al fondo e urla verso l'e­sterno) Caaapooo!... (Fischietta il noto motivo del ran­cio militare).

Pautasso        (Sbuffando, entra dal fondo. È il capo sta­zione. Ha una quarantina d'anni. Tipo cordiale, che vuoi fare il burbero, porta un berretto rosso a visiera con molti fregi dorati). uff!... (Si toglie il berretto e lo scaraventa sulla scrivania). Ricordati che bisogna lubrificare le cerniere del cancello del passaggio a li­vello. Sembrano canarini!

Bordone        (Ride) Perché, capo?

Pautasso        (Irritato) Perché cinguettano! Insomma, ogni volta che apro o che chiudo quel cancello, mi viene la pelle d'oca. A proposito: d'ora in poi andrai sem­pre tu al passaggio a livello. È un lavoro che fa parte delle tue mansioni. Io... Io, in fin dei conti, sono il capo stazione. «Il capo»! (Siede) Buon appetito. (Ad­denta un panino).

Bordone        Anche a lei, «capo». (Siede e addenta un panino). Le piace imbottito di... frittata di cipolle, fatta da me?

Pautasso        Squisita. Veramente squisita. (Pausa). Tu hai sbagliato mestiere. Il cuoco dovevi fare. Non il fer­roviere. (Amaro) E proprio qui a Borgosole, una sta­zione nella quale non ferma neppure un treno.

Bordone        Il merci, veramente...

Pautasso        (Sbotta) Non farmi andare pane e frittata di traverso! Bella roba, il merci!... Sosta sì e no venti minuti - ripeto: «ven-ti mi-nu-ti» - ogni otto gior­ni. E solo perché i «papaveri » del Compartimento non possono fare altrimenti. Se no... neanche quello si fer­merebbe qui! E poi, chi se ne importa del merci? So­no i passeggeri che danno... Come si dice?... «il lu­stro», «che fanno» una stazione!

Bordone        (Soprappensiero, col panino sulle labbra) Certo che... (sospira) sarebbe bello!... (lo addenta).

Pautasso        Cosa?

Bordone        Se il treno fermasse nella nostra stazione, mi passerebbero di categoria, vero?

Pautasso        (Sognante, col panino sulle labbra) Eh già... Anch'io. (Lo addenta).

Bordone        Metterei su casa, mi sposerei...

Pautasso        (Distratto) Anch'io. (Si riprende) Cioè! Io, ormai, sono vecchio.

Bordone        Chi lo dice? È più in gamba di me.

Pautasso        (Sorride) Grazie. (Una pausa, come se vi­vesse ciò che dice). Te la immagini una stazione?... Una «vera» stazione? Gente che va, gente che viene...

Bordone        E quello che grida: (con la nota cantilena) «Aranciate!... Birra! Panini imbottiti... di salame! ».

Pautasso        (Infervorandosi) E un altro: (come Bordone) «Giornali!... Cuscini!... Cestini da viaggio!». (Cambia tono). Poi un andirivieni di facchini, uomini d'affari, signore eleganti, operai, impiegati, bambini... (Sentimentale) «Bambini»... Quei bambini che ti guar­dano con gli occhi grandi così, pieni d'ammirazione e di stupore... Per loro sei un uomo importante... Sei quello che «comanda» i treni... (sospira). Beh, ban­do alla malinconia. (Addenta rabbiosamente il panino).

Bordone        (Dopo breve pausa, fra un colpo di mascel­la e l'altro, sentimentale) Pure a me piacciono i bam­bini... (Una pausa). Anche a Rosetta.

Pautasso        A proposito di Rosetta!... Ti proibisco di continuare a scriverle paroline dolci, col gessetto, sui vagoni del merci.

Bordone        È l'unico modo per...

Pautasso        (Interrompe) Lo so!... Sì lo so che suo pa­dre, il mio collega capo stazione — (maligno) di quel­la dopo la nostra, dove si fermano tutti i treni — non ti vuole per genero. Questo, però, non giustifica il fatto che tu confonda un vagone ferroviario con un foglio di carta da lettere. Proprio l'altro giorno il padre del­la tua Rosetta m'ha telefonato e m'ha detto che se gli arriveranno ancora dei carri merci con su scritto «Amorre ti amo», farà rapporto al capo Comparti­mento. E chi ci andrà di mezzo sarò io! Quindi basta con questa storia. Intesi?

Bordone        (Mogio) Sì, capo.

Pautasso        Bene. (Si rimettono a mangiare in silenzio).

Bordone        C'era tanta gente all'inaugurazione dell'in-fermeria della « Casa del Fanciullo», donata dal com­mendatore fratello del parroco?

Pautasso        Il paese al completo! Don Augusto era rag­giante. (Sorride). E Giustino, il sagrestano, era agita-tissimo. Sembrava che avesse fatto tutto lui!... Molto gentile anche il commendator Ravello. Giustino gli da­va delle forti manate sulle spalle e gli diceva ad alta voce: «Forza, commendatore! Respiri profondamen­te. La nostra aria è una medicina! » (Sorridono).

Bordone        E lei, capo, ha fatto il discorso in qualità di sindaco?

Pautasso        Certo, certo...

Bordone        Cos'ha detto?

Pautasso        (Lusingato) Vuoi proprio saperlo?

Bordone        Sì, se non le spiace.

Pautasso        Anzi, sono contento di ripeterlo. (Estrae di tasca un foglio di carta, si alza in piedi e legge ad alta voce) «Cittadini di Borgosole!... Siamo qui riuniti per un felice avvenimento: l'inaugurazione dell'infermeria». (Cambia tono) A questo punto hanno applaudi­to. (Bordone applaude). Grazie. (Come prima). «D'ora innanzi, cittadini, ciascuno di noi, senza bisogno d'an­dare a Montegrande, (maligno) il paese dopo il nostro dove ferma il treno, potrà avere la massima assisten­za medica e sanitaria. Prima la «Casa», poi l'infermeria... E a chi?... A chi dobbiamo tutto ciò? Alla bontà e alla generosità del commendator Carlo Ravello, al cuore del nostro amatissimo parroco don Augusto, suo fratello...».

2.

Bordone, Pautasso e Giustino

Giustino        (Entra dal fondo e continua col tono di Pautasso) ...e all'intelligenza di Giustino, suo simpati­co sagrestano! (Pautasso e Bordone ridono. Giustino è lo stesso personaggio delle commedie « Quel simpa­tico zio parroco » e « Quel simpatico commendatore ». Indossa un abito «da festa»; ha una età indefinita, for­se trent'anni. Si esprime con arguta semplicità. Porta con sé un cestino, dal quale spuntano i colli d'una bot­tiglia e d'un fiasco).

Pautasso        Bravo, Guastino!... Hai fatto bene a venir­ci trovare. Lo bevi un bicchiere con noi?

Giustino        Per carità!... Da stamattina non faccio al­tro. Un brindisi qua, un brindisi là... Prima per que­sto, poi per quello... Mi sembra d'essere una damigiana ambulante. Non capisco come facciano le autorità «di mestiere».

Pautasso        (Divertito) A fare cosa?

Giustino        Le inaugurazioni e i relativi brindisi. Ci pen­sate? Se non sono bastate due brente di vino per inau­gurare la nostra piccola infermeria, quante ce ne vor­ranno per inaugurare un grande ospedale? Brinda per uno, brinda per l'altro... Un «autorevole» che si ri­spetti, e che faccia un'inaugurazione alla settimana, è ubriaco tutto l'anno! Comunque... (Posa il cestino sul tavolo) ...questo glielo mandano don Augusto e il commendatore suo fratello. Mi raccomando, eh! Ne dia anche a lui (Indica Bordone).

Pautasso        (Seccato) Non c'era bisogno di dirmelo.

Giustino        (Ride e indica Pautasso) Ecco il permaloso! Se la prende subito. Invece dovrebbe saperlo che io so­no come le ciliegie sotto spirito.

Bordone        Oh, bella! E perché?

Giustino        Perché sono... «spiritoso» dall'alba al tra­monto.

Pautasso        (Sorride) Sei proprio un bel tipo.

Giustino        Lo so. Ma il commendatore non l'ha anco­ra capito, e si è offeso.

Pautasso        Per quale motivo?

Giustino        Perché gli ho detto che mi stupivo che l'a­vessero fatto commendatore. Infatti si lamentava per­ché lei, nostro sindaco, ha disertato - proprio così ha detto: «di-ser-ta-to» - il pranzo... Come si dice? Ah! Il pranzo «colonnello».

Pautasso        (Sorride) Vorrai dire il pranzo «ufficiale».

Giustino        Embè?... Il colonnello non è un ufficiale?

Pautasso        (Vorrebbe ribattere, poi rinuncia e sorride). Eh già... Ma tu, Giustino, come fai a sapere queste cose?

Giustino        Semplicissimo! Tengo le orecchie aperte.

Pautasso        Mi spiace che il commendatore si sia secca­to. Tuttavia avevo già spiegato a don Augusto per quale motivo, oltre alle esigenze di servizio, non sarei stato presente al pranzo. Detto fra noi, non mi sarebbe pia­ciuto trovarmi di fronte il capo stazione di Montegran-de, anch'egli invitato alla festa.

Giustino        Euh!... L'hanno capito anche gli asini!

Pautasso        Credi?

Giustino        Sicuro! Pensi che l'ho capito anch'io.

Bordone        Lei, capo, esagera. In fin dei conti quell'uo­mo non le ha fatto nulla che...

Pautasso        (Interrompe) Oh, smettila! Il tuo «proba­bile» suocero non merita d'essere difeso. E sai perché? (Bordone accenna di no col capo) Te lo dico io! Per­ché c'è pure lui fra quelli che ostacolano la concessio­ne della fermata del treno nella nostra stazione. È chia­ro che il capo Compartimento l'ha nelle maniche fin qui! (Indica una spalla).

Giustino        (Deciso) Non è ancora detta l'ultima parola!

Pautasso        Ho paura di sì.

Giustino        Lasci fare a me!

Pautasso        A te?!?

Giustino        Sì! A Borgosole abbiamo una chiesa che ha più di trecento anni, una fontana che è quasi un mo­numento nazionale, un parroco che vale un miliardo, un sagrestano che... che ne vale due! (Deciso) A Borgosole, dunque, deve fermare il treno! Io so che il com­mendatore Carlo, fratello di don Augusto, ha fra i suoi amici due onorevoli, e... e «un'onorevolessa».

Pautasso        Bada che anche una deputata, o una senatrice, si chiama «onorevole».

Giustino        Qui al paese, ma in città si dice « onorevolessa». (Pautasso vorrebbe obiettare) Cosa vuoi sape­re, lei? Con la scusa che il treno non si ferma, non ha mai viaggiato. Io, invece... Al ricevimento per il com­pleanno delle figlie del commendatore, ho addirittura bevuto con un onorevole.

Bordone        Davvero?!?

Giustino        Certo! È andata così. Io portavo un vassoio sul quale c'erano coppe di spumante francese e coppe di spumante italiano. Ebbene, un signore che tutti ri­verivano e chiamavano «onorevole» mi ferma e mi do­manda: «Qual è lo spumante italiano? ». «Le rispon­do subito», dico io. Ho assaggiato il contenuto di una coppa, e poi glie l'ho data, dicendo: «Questo! ». Ec­co come ho bevuto con un onorevole!

Bordone        Come facevi a distinguere uno spumante dal­l'altro?

Giustino        Ne avevo bevuto in cucina. Quello italiano aveva gusto di mele, mentre quello francese aveva gu­sto di gazzosa.

Bordone        (Curioso) Fantastico!... E dimmi: è vero che in città?...

Pautasso        (Interrompe) Non divaghiamo! (a Giustino) Avresti sul serio il coraggio di spiegare al commenda­tore la situazione della nostra stazione?

Giustino        (Con importanza) Già fatto.

Pautasso        Come?

Giustino        Gli ho parlato mezz'ora fa. L'ho afferrato per un braccio, e gli ho detto più o meno così: «Se lei s'interesserà per far fermare il treno, dirò a tutti che è un grand'uomo. In caso contrario, dirò al paese intero che lei è un commendatore fasullo».

Pautasso        (Preoccupato) E lui, come ha reagito?

Giustino        Come Pietro il tabaccaio, una volta che gli pestai un callo con gli scarponi chiodati.

Pautasso        Cioè?

Giustino        Cioè... È diventato un semaforo! Cioè... Pri­ma verde-verde, poi giallo-giallo, infine rosso-rosso e lampeggiante, mentre sibilava fra i denti: «Ti scuso, perché sei un cretino». (Ironico) Mi conoscono tutti, eh?

Pautasso        Naturalmente il commendatore ti avrà vol­tato le spalle.

Giustino        Non poteva, perché continuavo a tenerlo per un braccio. Allora ho insistito ad alta voce, sino a quan­do ho attirato l'attenzione di don Augusto, che ha chie­sto a suo fratello cosa volevo. Il commendatore è ri­masto a bocca aperta, poi s'è messo a borbottare con don Augusto, il quale, dieci minuti dopo, m'ha man­dato ad avvertire che verranno qui.

Pautasso e

Bordone        Chi?!?

Giustino        Il parroco e il commendatore.

Pautasso e

Bordone        Per che cosa?

Giustino        (Divertito) Fate il coro? (A Pautasso) Ma chi l'ha fatto capo stazione, lei? Non capisce proprio nien­te. Il fratello di don Augusto ci aiuterà per fermare il treno.

Pautasso        (Emozionato, barcolla) Uh, che emozione!

Giustino        (Lo sostiene) Adesso non muoia, per favo­re! Se no, invece del treno passeggeri, si fermerà il tre­no... funebre.

Pautasso        (Si riprende e s'agita) Bisogna fare qualco­sa! Mettere un po' d'ordine, scopare, lavare i vetri!

Giustino        Non è mica Pasqua!

Bordone        Faccio tutto io! (Agitato, nasconde tovaglio-li, bicchieri, eccetera, in qualche cassetto di mobile in scena).

Pautasso        (Agitatissimo, sposta incartamenti dalla scri­vania al tavolo, e viceversa, facendo più disordine di prima, borbottando) Se qualcuno m'aiuterà glie la farò vedere io a quel superbone di Montegrande!... In fin dei conti chiedo solo giustizia. (Si trova di fronte a Giustino, il quale lo osserva stupito, e gli urla in faccia) « Giu-sti-zia »! Capito?

Giustino        Sì, però... Dia retta a me: per calmarsi beva un carciofo.

Bordone        Caro Giustino!... Se il treno fermerà qui, fa­rò carriera, sposerò Rosetta, e... e ti farò un monu­mento!

Giustino        (Assume la posa di chi sta tirando le corde per suonare le campane) Così, sulla piazza. (Rimane immobile).

Pautasso        Ma che fai?

Giustino        Il monumento del sagrestano-campanaro!

Pautasso        (Impaziente) Allora? Vengono o non ven­gono quei signori? (Rimane al fondo, visibile al pub­blico, a guardare verso l'esterno).

Giustino        (Sottovoce a Bordone) C'era pure Rosetta, col padre, all'inaugurazione dell'infermeria. M'ha detto di dirti di non scrivere più sui vagoni. (Bordone assu­me una espressione corrucciata). Hai paura di rima­nere «zitello»?

Bordone        (Triste) No, ma... Chissà perché il padre non da il suo consenso? I miei genitori e la mamma di lei sarebbero contenti, perché hanno capito che io e Ro­setta ci vogliamo bene. Proprio un bene «vero».

Giustino        (Sospira) Sapessi come ti comprendo!...

Bordone         (Stupito) Anche tu... hai la fidanzata?

Giustino        (Comicamente triste) L'avevo... L'avevo in città.

Bordone        Una «cittadina» autentica? (Giustino accen­na di sì col capo). Chissà com'era elegante?

Giustino        Un figurino... col grembiule da cuoca. E una grazia... Pelava la patate in un modo che... Sembra­va una scultrice! (Comicamente commosso) Palmira... si chiamava.

Bordone        È morta?

Giustino        No-no.

Bordone        Allora perché ti commuovi?

Giustino        Penso al vitello tonnato che mi preparava e che non mangerò mai più. Era la cuoca del fratello di don Augusto. Adesso è in America, nel ristorante di parenti. Però prima di partire ha detto al commenda­tore di salutare «quel simpatico sagrestano». (Sospi­ra) È il destino!... Basta che uno mi veda, e... Pata­trac!... Dice subito: «Ma quant'è simpatico quel Giustino! ».

Pautasso        (Avanza agitato verso il centro). Sono qui! (si mette il berretto in testa) Diamoci un contegno. Sve­glia, Bordone! (Pautasso siede alla scrivania. Bordone saltella un po' qua e là, per cercare una posizione. Infine si pone in piedi, al fianco di Pautasso).

Giustino        (Che ha osservato, stupito) Non capisco perché?...

Pautasso        (Lo zittisce) Ssst!

Bordone        Veramente...

Giustino        (Come Pautasso) Ssst!

Pautasso        (c.s.) Ssst!

3

Bordone, Pautasso, Giustino, don Augusto e Carlo

Bordone        Ho Capito.

tutti               (L'uno all'altro) Ssst!

Augusto         (Con Carlo, appare al fondo) Buongiorno.

Giustino        (Ad Augusto) Ssst! (Si riprende) Cioè! Lei parli pure.

Pautasso        (Scatta in piedi e si toglie il berretto) Ben­venuti, signori. La loro visita onora questa stazione. (A Giustino e Bordone) Sedie! (Giustino e Bordone mettono due sedie di fronte alla scrivania) Prego. (Augusto e Carlo siedono. Bordone torna accanto a Pautasso, che siede, Giustino si pone in piedi, fra Carlo e Augusto).

Augusto         (È lo stesso personaggio delle commedie « Quel simpatico zio parroco » e « Quel simpatico commendatore. Ha 60 anni; indossa una talare più volte rammendata; è stato dieci anni cappellano d'un bat­taglione di alpini. Dell'alpino, infatti ha la bonarietà, la rudezza, l'allegria, la cordialità, e un cuore «gros­so così». È il fratello di Carlo). Caro Pautasso, ecco­ci qua per aiutarti.

Pautasso        (Emozionato) Sul se-se... serio, don Augusto?

Augusto         Ho spiegato a mio fratello il vero motivo del­la tua assenza al pranzo. Avrai capito, vero, che non potevo fare a meno d'invitare il tuo collega di Montegrande. (Pautasso accenna di sì col capo) La figlia Ro­setta, pur abitando a dieci chilometri da noi, ha lavo­rato e tuttora lavora molto per la «Casa del Fanciul­lo». Tovaglie, tende, tendine: ha fatto tutto lei.

Bordone        (Sentimentale, fissando nel vuoto) Rosetta... Quella ragazza ha il cuore e le mani d'oro. Rosetta... (Rimane assorto).

Carlo             (È lo stesso personaggio delle commedie « Quel simpatico zio parroco» e «Quel simpatico commen­datore». Ha cinquant'anni ed è sovente nervoso, di­stratto. È il fratello di Augusto. Ora, stupito, osserva Bordone).

Giustino        (A Carlo, sottovoce) Lui... (indica Bordone) ...e Rosetta... Rosetta e lui, vorrebbero... Vorreb­bero dar da fare a un parroco!

Carlo             Non capisco.

Giustino        L'avrei giurato! Vogliono sposarsi.

Carlo             Ah, bene.

Giustino        Però il padre di lei non vuole.

Carlo             Ah, perché?

Giustino        Perché lui (indica Bordone) scrive sui vagoni.

Carlo             Ah, scrive sui vagoni.

Giustino        (Facendogli il verso) «Ah», che roba, eh?

Carlo             E perché scrive sui vagoni?

Giustino        Per risparmiare la carta da lettere.

Carlo             (Distratto) Eh già, per risp... (Si riprende) Ma cosa dice? Non capisco niente.

Giustino        (Sarcastico) E poi dicono che io sono un te­stone più unico che raro!

Carlo             Le proibisco, Giustino!

Augusto         Non ricominciate a bisticciare. Dobbiamo pensare al treno.

Bordone        Anche a me e a Rosetta, per favore.

Augusto         Certo. Però devi avere pazienza.

Bordone        (Esultante) L'avrò! Per giunta prometto che non scriverò più sui vagoni. Mai più!

Giustino        (Ironico) Promessa da marinaio!...

Augusto         (Severo) Adesso basta, Giustino! Torna in parrocchia.

Giustino        (Piagnucola) Ma io...

Augusto         Obbedisci.

Giustino        (A disagio) ... sì... signorsì (s'avvia verso il fondo, borbottando) Guarda un po' se è il caso di trat­tarmi così... Lui (indica Augusto) crede sempre d'es­sere il tenente Ravello, cappellano degli alpini... Ma io... Io non sono mica un alpino, e allora... (Augusto fa l'atto d'alzarsi in piedi, minaccioso. Giustino esce svelto al fondo) Corro!

4

Bordone, Pautasso, don Augusto e Carlo

Augusto         (Sorride e sospira) Finalmente!... (A Pautasso) Mio fratello dice di conoscere molte persone nei Ministeri. Spiegagli il tuo problema, e sono sicuro che s'interesserà. Vero, Carlo?

Carlo             (Spaccone, come sarà sino a nuovo avviso in didascalia) Come no? Del resto, per la mia attività in­dustriale e commerciale, sono una persona rispettata, ascoltata e molto quotata in diversi ambienti impor­tanti. (A Pautasso) Dica pure.

Pautasso        Grazie, commendatore.

Carlo             Non c'è di che. Dica-dica.

Pautasso        Sino a cinque anni fa passava, e si fermava a Borgosole, un diretto che diventava accelerato dalla stazione prima di questa. Un brutto giorno, però, le cose cambiarono. Il diretto si trasformò in accelerato dalla stazione «dopo», ovvero Montegrande. Prote­stai al Compartimento, ma non ottenni nulla. (Triste, commosso) Da allora, su quelle rotaie (indica il fon­do), fra queste mura, e nel mio cuore ferroviere, scese la malinconia.

Augusto         (A Carlo) Pensi che potrai fare qualcosa?

Carlo             Senza dubbio. Io, se voglio... Beh, ne parlerò all'onorevole Anna Luisa Moretti, la quale conosce be­ne l'attuale ministro dei Trasporti. Ovviamente, se il Compartimento delle Ferrovie giustificasse con argo­menti validi le sue decisioni... Vedremo! «Tentar non nuoce», dice un proverbio vecchio quanto il mondo. E noi... «tenteremo», perbacco bacchissimo!

Pautasso        Le sue parole, commendatore, mi danno un po' di ossigeno. Non so proprio come potrò sdebitarmi.

Carlo             Per carità, è niente. Con le conoscenze che ho io... Io posso fare «quasi» ciò che voglio.

Augusto         (Preoccupato dei toni di Carlo) Carlo!

Carlo             (Sussulta) Che c'è?

Augusto         Sei sicuro di non avere fatto troppi brindisi?

Carlo             Perché?

Augusto          Non esageri a darti tanta importanza?

Carlo             Che importanza?... È sicurezza, diamine! È co­raggio. Se la soppressione della fermata del treno è una ingiustizia, io sono là! (Indica un punto qualsiasi del­la scena, verso il quale tutti, istintivamente guarda­no). Cioè! Qua, in prima fila, per chiedere giustizia. Non lo sapevi, Augusto, che sono fatto così?

Augusto         (Stupitissimo) Sinceramente... no.

Carlo             Adesso lo sai! (Si alza in piedi, fa qualche pas­so impettito, poi si rivolge a Pautasso che, come gli altri, lo osservava a bocca aperta) E lei stia tranquil­lo. Ci penso io! Se non fermeranno i treni, faremo fer­mare gli aeroplani! (Ad Augusto) Sempre più stupi­to, eh? Altro che le tue prediche! Ti ripeto che io, con­tro i soprusi e le ingiustizie, sono sempre « in prima fila». Sissignori! Il commendator Carlo Ravello com­batte «in poltronissima». (Ride) Buona, eh?

Pautasso        (Disorientato) Già-già...

5

Detti e Giustino

Giustino        (Entra a catapulta, ansante, dal fondo, agi­tando un foglio di carta che tiene in mano) Una miccia!... Una miccia!

Augusto         (Si alza in piedi, imitato da Pautasso) Cosa dici?!?

Giustino        (Dà il foglio ad Augusto) Una miccia!... Cioè! Volevo dire «una minaccia». Non vogliono che il treno fermi a Borgosole.

Carlo             (Impressionato e, da questo momento, parti­colarmente prudente e pauroso) Da-da... Davvero?

Augusto        (Legge lentamente il foglio datogli da Giustino) «Non interessarti del treno, se no finisci male. Un amico». (Sconcertato) È una lettera anonima.

Giustino        E senza la firma! L'ho trovata sotto la por­ta della sagrestia.

Pautasso        Lo sospettavo che qualcuno si sarebbe af­frettato a metterci il bastone fra le ruote.

Bordone        Chi sarà?

Augusto         Mah!... (Osserva il foglio) Scritto in stam­patello. Forse con la mano sinistra. (Rimane un istan­te soprappensiero, poi annuncia con ferma decisione) Accetto la battaglia! E tu, caro Pautasso, spera! Spe­ra più di prima.

Giustino        Non c'è dubbio che (indica la lettera) ce l'han­no con lei.

Augusto         Con me, e... (Guarda Carlo, con intenzio­ne) ...e «con chiunque» s'interessi alla questione.

Carlo             (A disagio) Io, veramente... Ecco, io... Non vor­rei che... Insomma, preferirei non immischiarmi in una faccenda poco chiara.

Augusto         (Ironico) Carlo!... Sei passato dalla «prima fila» al «loggione», contro i soprusi e le ingiustizie? (Severo) Ti rammento che hai promesso di...

Carlo             (Interrompe) Promesso-promesso!... Quando immaginavo che fossero tutti d'accordo sulla fermata del treno, certo che ho promesso. Adesso, invece... Quella lettera... (la indica con spavento).

Giustino        L'ho sempre detto che è un fifone!

Carlo             (Arrabbiatissimo, contro Giustino) È troppo! Questa volta me la paga per tutte. (S'avvicina minac­cioso a Giustino).

Giustino        (Indietreggia) Abbasso la violenza!

Carlo             Una sberla non te la leva nessuno!

Giustino        Se riesce a prendermi! (Fa a Carlo il noto sberleffo rincorso a fatica da Carlo. Gli altri sorrido­no, mentre il sipario si chiude).

FINE DEL PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

Stessa scena, otto mesi dopo gli avvenimenti del primo atto. Mattino d'una luminosa giornata d'aprile. La porta di fon­do è aperta. Dappertutto c'è un'apparenza d'ordine e di pulizia. Il calendario segna la data «Aprile 14 giovedì».

1

Pautasso e Formaggio. Poi Giustino

Pautasso        (In piedi, accanto alla scrivania, sta spol­verando l'apparecchio telefonico con la manica della giacca. Fuma nervosamente. Fa l'atto di buttare la ce­nere sul pavimento; poi, con la massima delicatezza, va a gettarla fuori, oltre la porta di fondo. Rientra, si ferma, ispeziona con lo sguardo ogni cosa, quindi guarda l'ora e borbotta). Il treno è transitato un quarto d'ora fa... Fra quattro minuti arriverà... e «si ferme­rà» alla stazione di Montegrande... (Sospira) Speria­mo bene... (Mette le mani dietro la schiena e cammi­na avanti e indietro, aspirando frequenti boccate di fu­mo e borbottando) Speriamo bene... Chissà?... Spe­riamo bene...

Formaggio    (Appare al fondo. Ha venticinque anni; è distinto, elegantissimo. I suoi modi e le sue espressio­ni hanno qualcosa di falso e di ipocrita che ispira an­tipatia). Disturbo?

Pautasso        (Sussulta) Eh?!? (Si volta e vede Formaggio) Co-co... Cosa desidera? In questa stazione il tre­no passeggeri non ferma.

Formaggio    (Sorride) Lo so, lo so... (Una pausa) Non mi riconosce?

Pautasso        No.

Formaggio    (Avanza verso il centro, guardandosi in­torno, come se volesse accertarsi che non ci sono altre persone) Ci pensi un pochino. Lei è stato nel mio bar.

Pautasso        Nel suo bar?!? Non mi muovo mai da qui.

Formaggio    Eppure... Tre mesi fa, mi pare, lei venne col suo collega di...

Pautasso        (Interrompe) Ah sì! Adesso ricordo. Lei è il proprietario di quella bella casa, proprio davanti al­la stazione di Montegrande.

Formaggio    Precisamente. (Falso) Grazie per il «bel­la», ma più che «una casa» molti la chiamano «un'e­legante costruzione». Nella quale c'è un bar con tre biliardi, dove lei venne a prendere un caffè col capo stazione di Montegrande; poi c'è una sala da ballo, e un cinema in cui possono pure ammirarsi certi spetta­coli di varietà con la partecipazione di certe... «spo­gliarelliste» di fama internazionale. (Superbo) Mode­stamente... è tutto mio.

Pautasso        (Spontaneo) Pazienza. (Si riprende) Cioè! Volevo dire... Niente. Cosa desidera?

Formaggio    Glie lo dirò. Ma prima rispettiamo le for­malità. (Con prosopopea estrae di tasca un biglietto da visita e lo porge a Pautasso, il quale lo prende) Formaggio!

Pautasso        (Genuino) Preferisco la frittata di cipolle.

Formaggio    (Sogghigna e precisa) Pippo Formaggio (in­dica il biglietto da visita), sono io. Pippo Formaggio, impresario teatrale.

Pautasso        (Confuso dai toni di Formaggio, gli rifà il verso) Napoleone! Napoleone Pautasso, sono io. Na­poleone Pautasso, capo stazione ferroviaria... senza biglietti da visita.

Formaggio    Qua la mano, amico! (Afferra bruscamen­te, e stringe energicamente la mano di Pautasso). Lei benedirà questo momento in cui ci siamo conosciuti a quattrocchi.

Pautasso        Veramente sto passando momenti che...

Formaggio    (Interrompe) Stop. (Sogghigna) Sì, «caro» signor Pautasso, io so cosa le sta a cuore. (Pautasso fa l'atto di obiettare, Formaggio lo fa tacere) No! La­sci dire a me. Lei vorrebbe che il treno fermasse an­che qui, nella «sua» stazione. (Sorride) Povero senti­mentale!... (altro tono) Fra un anno, ad essere otti­misti, le concederebbero un aumento di qualche mi­gliaio di lire al mese. Una bazzecola, un'inezia, una quisquilia, a confronto del maggior lavoro e della più grande responsabilità, oltre alle inevitabili noie che le darebbe il movimento passeggeri.

Pautasso        (Che ha ascoltato con crescente stupore) Sen­ti, senti... E lei per quale motivo s'interessa a queste faccende?

Formaggio    Beh, io... Parliamoci chiaro?

Pautasso        Con piacere.

Formaggio    Dunque... (Fa qualche passo. Una pausa) Lei, «caro» signor Pautasso, ha uno stipendio cosi-così... Sbaglio?

Pautasso        No.

Formaggio    (Deciso, dopo un istante di esitazione) Eb­bene, io le dò cinque milioni di lire in contanti, entro domani, se rinuncia all'idea della fermata del treno. (Pautasso vorrebbe obiettare) Mi lasci finire! So che dovrebbe venire «una certa» onorevole, per interes­sarsi della questione. Basterà che lei le dica che ha cam­biato idea, che ha capito quanto sarebbe fastidioso che il treno fermasse a Borgosole, eccetera eccetera.

Pautasso        (Disorientato) Ma lei per quale motivo but­terebbe via tanto denaro?

Formaggio    Capirà che gli affari... Gli affari sono gli affari, dicono i francesi! Se il treno fermasse qui, i gio­vani di Borgosole che lavorano in città - i «pendola­ri», che sono parecchi - avrebbero minori occasioni per frequentare i miei locali. E pure quelli dei paesi più vicini a Borgosole che a Montegrande, attualmen­te «costretti», «obbligati» a passare di là, a scendere alla stazione dinanzi ai miei locali, scenderebbero qua, e...

Pautasso        (Continua con indignazione e nervosismo crescente) ... e siccome davanti alla «mia» stazione non c'è la sua «elegante costruzione», né un bar, né un ci­nema con spogliarelli, e neppure una sala da ballo, i giovani di cui parliamo non sprecherebbero tempo e denaro, ma andrebbero subito a casa. E lei ci rimette­rebbe, vero? Certamente di più dei cinque milioni con i quali vorrebbe tapparmi la bocca. Dovrei risponde­re subito alla sua «generosa» offerta?

Formaggio    (Lievemente a disagio) Mi farebbe piac...

Pautasso        (Interrompe) L'accontento. (Una pausa. Fu­rioso) No!

Formaggio    Ci pensi un momento.

Pautasso        È sordo, signor Formaggio? Ho detto «no»!

Formaggio    (Irritato, sprezzante) Ho capito. In que­sta storia c'è lo zampino di quel prete, di don Augusto. (Violento) Me la pagherà! (Superbo) È la sua ul­tima parola?

Pautasso        Sì. Cioè! No. Le voglio ancora dire: (deci­so, indicando il fondo) se ne vada immediatamente! (Strappa rabbiosamente il biglietto da visita che tene­va in mano).

Formaggio    (Sogghigna e si avvia verso il fondo. Giunto sulla soglia della porta, si ferma e si rivolge a Pautasso) Attenzione, «caro» signor Pautasso. Io conosco molta gente.

Giustino        (Appare alle spalle di Formaggio. Indossa un abito campagnolo).

Formaggio  (Continua) Comunque voglio essere gen­tile, paziente. Le dò tempo sino a domani. Se cambiasse idea, sa dove trovarmi.

Pautasso        Via! Vada via!

Formaggio    (Sogghigna e rimane un momento immo­bile, a fissare Pautasso con espressione di sfida).

Giustino        (Batte una mano sulle spalle di Formaggio, il quale sussulta) Ha capito, signor «gorgonzola»?

Formaggio    (Seccato) Formaggio.

Giustino        (Ironico) E la gorgonzola cos'è?

Formaggio    Idiota! (Esce al fondo)

2

Pautasso e Giustino

Giustino        Mi conoscono proprio tutti, eh? (Avanza ver­so il centro) Quello non mi piace.

Pautasso        Lo conosci?

Giustino        Euh!... È un prepotente. Davanti a lui tre­mano tutti i fifoni della provincia. Cosa voleva da lei?

Pautasso        (Evasivo) Niente, niente. Piuttosto dimmi: stanno arrivando?

Giustino        Don Augusto, suo fratello commendatore e Bordone... sì. L'onorevolessa, invece...

Pautasso        Non è arrivata col treno che?...

Giustino        (Lo interrompe, scrollando negativamente il capo) ...purtroppo.

Pautasso        È il colmo!

Giustino        L'ha detto anche il commendatore: (col to­no di Carlo) «È il colmo! Dall'onorevole Anna Luisa Moretti non me l'aspettavo. Figuratevi che ha stabili­to lei stessa la data, l'ora, tutto».

Pautasso        (Deluso, si toglie il berretto, lo butta sul ta­volo, poi cade pesantemente a sedere sulla sedia più vicina. Triste, sospira) Addio, sogni!... Addio, speran­ze!... Addio!...

Giustino        Ma no! Coraggio, capo. Finché c'è fiato, c'è... Cosa c'è? Ah! Finché c'è fiato, c'è aria! Glie l'ho detto anche a Bordone; bisogna prenderla come vie­ne. Non serve piangere.

Pautasso        (Colpito) Ah, perché Bordone... ha pianto?

Giustino        Quasi.

Pautasso        (Colpito, commosso) Povero ragazzo!... An­che lui vuole bene a queste quattro mura, a quelle (in­dica il fondo) sei rotaie, a quegli scambi, al passaggio a livello, a...

Giustino        (Continua, col tono di Pautasso) ... a Ro­setta.

Pautasso        (Distratto, ripete) ... «a Rosetta». (Si ripren­de) A Rosetta?!?

Giustino        Certo. Ed è per lei che si è quasi commosso. Cosa vuole che glie ne importi, a Bordone, delle rotaie, degli scambi a livello e dei passaggi nei muri? Il guaio è che il capo stazione di Montegrande gli ha detto di girare al largo da Rosetta. Pare che abbia promes­so Rosetta in sposa al signor Pippo.

Pautasso        (Indignato) Quel farabutto che c'era qui, quando sei arrivato?

Giustino        Proprio lui, il signor «stracchino». Cioè! Formaggio, che è poi anche «stracchino». Dicono che sia molto ricco.

Pautasso        Non lo metto in dubbio, però... (Sospira) Beh, non parliamone più. (Guarda l'ora) È tardi. Do­ve li hai lasciati?

Giustino        In piazza. Bordone voleva parlare subito con l'avvocato Porta, per fare causa al padre di Rosetta, che l'ha affrontato in presenza di diverse persone. Don Augusto e il commendatore, naturalmente, fanno di tutto per calmarlo.

3

Pautasso, Giustino, don Augusto, Bordone e Carlo

Augusto         (Dall'esterno, al fondo) Non credo sia il ca­so di drammatizzare. (Entra dal fondo, con Bordone e Carlo). Una via d'uscita deve pur esserci; e noi la troveremo. Per ora su il morale, e parliamo d'altro. (Bordone siede, appoggia i gomiti sulle ginocchio, il mento sulle palme delle mani e rimane assorto, a fis­sare nel vuoto. A Pautasso, dopo avere guardato Giustino) Tu sarai già al corrente di ogni cosa. Vedo che ci hai preceduti... (sorride e indica Giustino) ... «il gaz­zettino parlante, e... sparlante, di Borgosole».

Carlo             (A Pautasso) Le risulta che qualcuno m'abbia cercato?

Pautasso        No, commendatore.

Augusto         Stai tranquillo, Carlo. Se alla « Casa del Fan­ciullo» arrivasse un telegramma o una telefonata per te, verrebbero ad avvertirti qui. Immaginavo che ci sa­remmo intrattenuti con l'onorevole, e avevo già di­sposto.

Carlo             (Nervoso) Bene-bene. (Sbotta) Però è il colmo!

Giustino        (Sbuffa) Daccapo!

Carlo             Daccapo, sì! (A Giustino) E lei, quando parla con me, stia zitto! Cioè! Usi altri modi, altri toni, se no faccio come l'altra volta, e...

Giustino        (Continua ironico) ... e mi rincorre per due chilometri, senza raggiungermi.

Carlo             (Ad Augusto) Lo senti? Ma ti pare giusto che mentre mia figlia, in città, sta per farmi... «nonno-bis», io stia qua a rovinarmi il fegato con quello (in­dica Giustino), e a preoccuparmi per far fermare un treno, sul quale non salirò mai?

Augusto         Non agitarti. Del resto, otto mesi fa, pro­prio qui, hai promesso.

Carlo             (Interrompe) Ho sbagliato! Non avrei dovuto dar retta a nessuno. Ma perché, dico io, mi sono cac­ciato in un pasticcio simile? E l'onorevole Anna Luisa Moretti? Alle prossime elezioni non le darò più il voto. E non basta! Le farò propaganda contro! Così imparerà a mancare ad un impegno con me! E dopo avermi promesso che... (facendo il verso a una don­na): «S'immagini, commendatore!... E non verrò sola. Porterò con me la segretaria»... (Ad Augusto) La colpa di tutto è tua!

Augusto         Mia?!?

Carlo             Sissignore: tua! Perché vuoi fare di me un uo­mo generoso ad ogni costo. Non capisci che perdi il tuo tempo? Io non sono nato per... (Cambia tono) A proposito di nascite: questa volta dev'essere una fem­minuccia. (Guarda l'ora) Oh, perbacco bacchissimo! Sono le quattordici e dieci. Non si mangia?

Augusto         Buona idea! Andiamo a fare uno spuntino. (A Bordone, che si era appartato, pensieroso) Dai, Bordone. Vieni con noi.

Bordone        Grazie, don Augusto, ma non ho appetito. Inoltre... sono di servizio.

Pautasso        Vai pure. Ci sto io. (Con amarezza) Tan­to... cosa vuoi che ci sia da fare in una stazione come questa?

Augusto         Ragione di più, caro Pautasso, per venire an­che tu con noi. (Pautasso fa l'atto di obiettare) Non accetto scuse! Qui rimarrà volentieri Giustino. (A Giustino) Vero?

Giustino        (Sarcastico) Euh! (Fra i denti) Con entu­siasmo.

Augusto         Alla «Casa del Fanciullo» è pronto uno spuntino freddo; «all'americana», come si dice, per sei persone. (A Carlo) Avevo considerato anche l'o­norevole e la sua segretaria. (A Pautasso) Coraggio!... Entro venti minuti sarai di ritorno.

Pautasso        (Dopo evidente esitazione) Ma sì!... Il tre­no transiterà alle otto... C'è tempo da vendere! (Con allegria forzata) Su con la vita, Bordone! (Amaro) Del resto, in una stazione dove non fermano i treni, che ci stanno a fare i ferrovieri?

Carlo             (Ironico) È proprio una fissazione, eh?

Augusto         (A Giustino) Ti manderò qualche panino.

Pautasso        (A Giustino) E se il telefono (lo indica) squil­lasse, non rispondere! Capito? (Sorride. Squillo del telefono. Si precipita a rispondere con premura e corte­sia). Pronto... Sì, sono io... Attenda... (A Bordone) È per te.

Bordone        (Emozionato) Rosetta?

Pautasso        Direi di sì.

Bordone        (Afferra il ricevitore) Pronto, amore!... Ciao... No, non piangere... Non lo sposerai! Ci aiu­terà don Augusto... Fra dieci mesi sei maggiorenne. Useremo la forza.

Augusto         (Preoccupato) Calma, ragazzi.

Bordone        (Al telefono, comicamente commosso) Fug­giremo insieme... Non a piedi. In treno. Io ho i biglietti gratis. (Urla) Pronto!... Pronto!... (Posa il ricevito­re) Dev'essere arrivato suo padre. Speriamo che non la faccia piangere di più.

gli altri        (Insieme, con un sospiro) Speriamo.

Augusto         (Sorride) Beh, vogliamo andare? (Si avvia verso il fondo, con Pautasso, Bordone e Carlo). Mi raccomando Giustino, di non combinare guai. (Esce con gli altri tre).

Giustino        (Va ai fondo, saluta con cenni della mano verso l'esterno. Poi sospira, avanza verso il centro, vol­ge lo sguardo intorno: vede il berretto di Pautasso, lo prende, lo rigira fra le mani, quindi se lo mette in te­sta. Fa qualche passo, pavoneggiandosi. Tenta di spec­chiarsi sui vetri della porta di fondo, e borbotta) Vor­rei che mi vedesse Giacomo, il ciabattino, quello che dice sempre che io « sono nato » sagrestano, e che non avrei potuto fare altro. Rimarrebbe di sasso! Mi sen­to più capo stazione... del capo stazione! (Rimane un istante soprappensiero; poi deciso) Ma sì!... Giacomo è a due passi. Vado a farmi vedere. (Esce al fondo, dicendo) Di sasso, rimarrà! Di sasso!

4

Gioconda e Anna

Gioconda       (Appare al fondo, dopo qualche momen­to, dalla parte opposta alla quale è scomparso Giustino. Si guarda intorno. È la segretaria dell'on. Anna Luisa Moretti. Ha ventidue anni, porta con elegante disinvoltura pantaloni e casacca; si dà una certa im­portanza; si muove con sussiego, tenendo la mano de­stra infilata nella striscia di cuoio che dalla spalla so­stiene la borsetta. Si rivolge verso l'esterno). Venga, onorevole... Direi che è questa.

Anna               (Appare al fondo, ha 35-40 anni. Simpatica e cordiale, indossa un sobrio tailleur) Eh già... Non può essere che questa. (Avanza verso il centro, seguita da Gioconda) Non c'è nessuno. (Una pausa) Strano. Que­sta stazione mi dà l'impressione di qualcosa d'abban­donato, di «morto».

Gioconda       Pure a me, onorevole. È tutto molto triste.

Anna               Peccato, perché è situata in un posto suggesti­vo... Comunque... Sentiremo le ragioni che ci espor­ranno, e se lo riterremo opportuno, interesseremo del caso il ministero dei Trasporti. (Una pausa) Dove sa­rà il commendator Ravello, il capo stazione... Qual­cuno, insomma?

Gioconda       Ci avranno attese al treno delle tredici, che ferma nella stazione dopo questa, a Montegrande.

Anna              È probabile. Del resto ho deciso all'ultimo mo­mento di venire in macchina. Faccia una cosa, signo­rina. Salti in auto e cerchi il commendator Ravello. Lo troverà in parrocchia, da suo fratello, oppure in quell'istituto di cui ci ha parlato.

Gioconda       (Estrae un foglio dalla borsetta e legge) « Ca­sa del Fanciullo ».

Anna               Sì. Vada pure. Io aspetto qua.

Gioconda       Sta bene, onorevole. (Esce al fondo).

Anna               (Fa qualche passo, guardandosi intorno. Va al fondo, respira profondamente, sospira). Che magni­fica cosa la campagna!... (Quindi va distrattamente a curiosare fra le carte della scrivania).

5

Anna e Giustino

Giustino        (Col berretto di Pautasso in testa, entra dal fondo canticchiando allegramente).

Anna               (Tende la mano verso Giustino) Finalmente, si­gnor capo stazione!...

Giustino        (Sconcertato, si ferma, guarda alle proprie spalle; poi capisce l'equivoco, si assesta per bene il ber­retto in testa, e stringe la mano di Anna Luisa con mol­ta energia) Come va? (Esageratamente cordiale) Che bella sorpresa!... Sono proprio contento di stringerle la mano!... È da un po' di tempo, vero, che non ci si vedeva?

Anna               (Disorientata) Veramente...

Giustino        (Prosegue, serio) Ma lei... chi è?

Anna               (Sorride) Il commendator Ravello me lo aveva accennato che lei è una persona simpatica. Così, pe­rò, non l'immaginavo.

Giustino        (Emozionato) Il commendator Ravello le ha detto... Allora lei è?... (S'interrompe, a bocca aperta).

Anna               (Sorride) Sì, sono proprio io. La segretaria...

Giustino        (Interrompe) Ma poteva dirmelo subito che lei è soltanto la segretaria!... Io credevo che lei fosse l'onorevolessa. Mi è venuto un batticuore, che... Mam­ma mia!

Anna               Forse non ha capito. Volevo dire che ho man­dato...

Giustino        (Interrompe) Non è il caso che si scusi. Fra noi colleghi!...

Anna               (Stupita) Ah, perché anche lei?...

Giustino        Sono il «segretario» del parroco, come lei è la segretaria dell'onorevolessa. (Anna Luisa fa l'at­to di obiettare, ma Giustino la fa tacere con un gesto e prosegue a valanga) Sì, certo!... Molti mi chiamano «sagrestano», ma capirà... Sono contadini, non han­no studiato, non conoscono la... Come si dice, quella «cosa» che c'è sulle bottiglie di vino?... Ah! «L'eti­chetta».

Anna               (Sconcertata) Scusi, ma non riesco a raccapez­zarmi. Lei, dunque, è il sagrestano del fratello del com-mendator Ravello?

Giustino        Appunto... II «sagrestano-segretario».

Anna               (Sorride) Se così le piace... Però non le nascon­do che sono stupita, stupitissima.

Giustino        Per che cosa?

Anna               Vede... Io ho viaggiato parecchio, ed ho avuto anche occasione di conoscere capi stazione che, per hobby, svolgevano altre attività nel campo artistico o sportivo. Ma un «capo stazione-sagrestano» è la pri­ma volta che lo incontro. Quindi mi stupisco.

Giustino        Ma io non sono capo stazione.

Anna               (Indica il berretto che Giustino tiene sul capo) Allora perché?...

Giustino        Il berretto? (Se lo toglie e lo posa sul tavo­lo) L'ho messo solo per ridere un po' con Giacomo, il ciabattino.

Anna               (Disorientata, si passa una mano sulla fronte) Sempre più complicato!... (Una pausa) Per conclude­re... Lei, chi è?

Giustino        Giustino, piacere! (Tende una mano verso Anna Luisa).

Anna               (Glie la stringe distrattamente) Molto lieta. (Si riprende) Ma che faccio? (Lievemente irritata) Le ho chiesto chi è?

Giustino        E io le ho risposto: Giustino, piacere! (Ten­de una mano verso Anna Luisa).

Anna               (Sta per stringerla, ma si riprende) Eh, no! Ades­so basta. Lei è il sagrestano, ho capito!

Giustino        Era ora!... Certo che se tutte le segretarie so­no dure di comprendonio come lei... potevo farlo an­ch'io il segretario di un'onorevolessa: (Anna Luisa sta per obiettare) Non è mica tutto. Dico pure che se le segretarie delle onorevolesse sono così lente a capire... chissà che razza di testone sono le onorevolesse!

Anna               (Sta per sbottare, poi si controlla a stento. Fra i denti) Molto spiritoso. Bravo. Congratulazioni. Ma posso sapere perché lei - proprio lei! - si trova qui con il berretto da capo stazione in testa, anziché in sa­grestia?

Giustino        Adesso le spiego. Dunque, il berretto me lo sono tolto da un po'... E se sono qui la colpa è di Ro­setta.

Anna               (Distratta) Bene, bene: «Roset...». (Si ripren­de). Cooosaa?!?

Giustino        Sì, proprio di Rosetta.

Anna               (La quale diventerà gradatamente più nervosa) E chi è Rosetta?

Giustino        La figlia di suo padre. Cioè! Suo padre vuole farle sposare un «provolone».

Anna               È un barbaro!

Giustino        (Con la massima e comica semplicità) No no... Il barbiere è un altro. Lei lo conosce?

Anna              Chi?

Giustino        Il barbiere.

Anna              No.

Giustino        Allora perché l'ha nominato?

Anna               Io?!?... Ah! Ho detto «barbaro», non «bar­biere».

Giustino        Un'altra volta si spieghi meglio.

Anna               (Distratta, sconcertata) Farò il possibile, mi scu­si. (Irritata) No! Insomma, continui.

Giustino        Dicevo che il padre della figlia non vuole che Rosetta sposi Domenico. Lei sa chi è Domenico?

Anna              No.

Giustino        Quindi me lo deve chiedere: «Chi è?», punto interrogativo, accento sull'apostrofo.

Anna                (Sbuffa) Sta bene. (Ad alta voce) Chi è?

Giustino        (Sempre calmissimo, esasperante) Così non va, segretaria dell'onorevolessa. Me lo deve chiedere con tono dolce. (Con cantilena) « Chi èèè? ».

Anna               (Frenandosi a stento, col tono di Giustino) « Chi èèè? »

Giustino        Così mi piace. Domenico è Bordone, e Bordone è il ferroviere. E siccome era triste, don Augusto, per distrailo dai cattivi pensieri, l'ha invitato a fare l'americano.

Anna               (Al colmo dello stupore) L'americano?!?

Giustino        Sì. A mangiare pane e salame in piedi e in fretta.

Anna               Capisco. Don Augusto ha invitato il ferroviere Domenico Bordone a fare uno spuntino all'america­na, e lei è rimasto qui al suo posto.

Giustino         No.

Anna               Come no?

Giustino        No. Perché se fosse andato via solamente Bordone, qui sarebbe rimasto Pautasso.

Anna               (Ripete meccanicamente) Già, qui sarebbe rima­sto Pautasso.

Giustino        Lei lo conosce Pautasso?

Anna              No.

Giustino        Quindi deve chiedermi...

Anna               (Interrompe) Lo so! (Col tono di prima) «Chi èèè?».

Giustino        Pautasso è... (Altro tono) Ma lo sa che lei è curiosa?

Anna               (Distratta, sconcertata) Ha ragione, mi scus... (Sbotta) Eh no! (Urla) Risponda: «Chi è Pautasso? ».

Giustino        Il cugino di Amilcare.

Anna               (Nervosissima) Iiiiih!

Giustino        Ma siccome Amilcare non c'entra, le dirò che Pautasso è il grande capo di questa nostra piccola sta­zione. Un brav'uomo, sa!

Anna               Non lo metto in dubbio.

Giustino        Però è triste.

Anna               (Sarcastica) Anche lui!

Giustino        Sì, perché il treno non ferma a Borgosole. E don Augusto, per distrarlo dai cattivi pensieri, ha invitato anche lui a fare l'americano.

Anna               (Ironica) Giusto. E il commendator Carlo Ravello? Almeno lui, è allegro?

Giustino        È più arrabbiato degli altri. Perché il com­mendatore aspetta.

Anna               (Distratta) Eh già, il commendatore aspetta. (Al­tro tono) Cosa aspetta?

Giustino        Di diventare «nonno-bis». Ha capito, segre­taria dell'onorevolessa, perché sono rimasto qui io?

Anna               Direi di sì.

Giustino        Lo credo. Infatti mi sono spiegato nella ma­niera più semplice, che capirebbero anche gli asini, che mi è abituale. Adesso mi dica... Che tipo è la sua onorevolessa?

Anna               (Sta al gioco, come se volesse prendersi la rivin­cita) Un donna intelligente, giovanile, ma soprattutto decisa e democratica.

Giustino        Uh, quanta roba!... Se non riuscirà a far fer­mare il treno sarà anche... «una buona a nulla».

Anna               (Seccata) Non si permetta, in mia presenza, di...

Giustino        (Interrompe) Ma mi faccia il piacere, mi fac­cia! Se l'onorevolessa fosse tutto quello che dice lei, sarebbe arrivata col treno dell'una, come aveva pro­messo al commendatore; e non avrebbe mandato solo la sua segretaria! (Indica Anna Luisa).

Anna               (A disagio) Veramente... C'è anche l'onorevo­le con... con me.

Giustino        Come si chiama?

Anna               Anna Luisa Moretti.

Giustino        Si capisce subito che è un'onorevolessa.

Anna               Perché?

Giustino        Il nome di battesimo. La gente come me ne ha uno solo. L'onorevolessa, invece, ne ha due: «Anna» e «Luisa». (Ironico) Tanto paghiamo noi, eh?

Anna               «Voi», chi?

Giustino        Noi elettori, noi popolo, noi... «pantalone». E dove s'è cacciata l'Anna... e la Luisa?

Anna               Mi pare che sia andata alla « Casa del Fanciul­lo ». Voleva parlare con il commendator Ravello, con suo fratello parroco, e con le altre persone interessate alla faccenda della fermata del treno.

Giustino        Tutti! Tutto il paese è interessato. Don Augusto, poi, se l'è presa proprio a cuore. Pensi che avrà ricevuto venti lettere anonime in questi otto mesi.

Anna               (Stupita e indignata) Lettere anonime?!?

Giustino        Sì. E senza firma! C'era scritto che se con­tinuava a brigare per il treno, gli avrebbero fatto pas­sare dei guai.

Anna               E lui, don Augusto, come ha reagito?

Giustino        È diventato più deciso di prima!

Anna               Bravissimo! E mi dica, lei che sa tante cose... C'è qualche fondato sospetto su chi possa essere l'au­tore delle lettere anonime e delle minacce?

Giustino        Euh!

Anna               (Col tono di prima) «Chi èèè? ».

Giustino        (Contento) Ha imparato, eh? L'aria di Bor-gosole l'ha fatta diventare intelligente. (Le rifà il ver­so) « Chi èèè? ». (Concitato) È il signor «parmigiano ». Cioè! «Formaggio», Pippo Formaggio, proprietario di un bar, di una sala da ballo e di un cinema dove certe donne si svestono, proprio davanti alla stazione di Montegrande.

Anna               Quindi questo signor Pippo Formaggio sareb­be danneggiato non poco, se il treno fermasse anche qui? È lapalissiano!

Giustino        Non so se c'è anche del Formaggio «lapalis­siano». Però il Formaggio che conosco io s'è fatto ami­co del padre di Rosetta, e...

Anna               (Preoccupata, interrompe) Non ricominciamo con Rosetta!

Giustino        Suo padre è il capo stazione di Montegrande.

Anna               Interessante. Finalmente ho capito tutto.

Giustino        Meglio tardi che mai, come ha detto Vincenzo lo stalliere, quando ha preso l'eredità di zio Annibale. E ora pensa che la sua onorevolessa riuscirà a far fermare il treno?

Anna               (Sorride) Lo spero.

Giustino        Se no, alle prossime elezioni, le farò propa­ganda contro.

Anna               (Ride) Questa è bella!

Giustino        C'è poco da ridere, perché se io le farò pro­paganda contro, il Parlamento perderà l'onorevoles­sa Anna Luisa Moretti, e lei... lei perderà il posto!

Anna               (Ride di cuore) Ha ragione, ha ragione...

6

Anna, Giustino, Carlo, don Augusto, Pautasso, Bordone e Gioconda

cario              (Entra dal fondo, seguito da Pautasso, don Augusto, Bordone e Gioconda) Cara onorevole Moret­ti!... (le stringe la mano) Non l'aspettavamo più.

Anna               Le spiegherò il motivo del ritardo, e dell'arrivo in macchina. Per ora prego tutti quanti di scusarmi.

cario              S'immagini. Le presento (indica le persone che nomina, alle quali Anna Luisa stringerà la mano) mio fratello don Augusto; il signor Pautasso, sindaco e capo stazione di Borgosole; il signor Bordone, ferroviere... (Agli altri, indicando Anna Luisa) L'onorevole Anna Luisa Moretti.

Giustino        (Che ha seguito il precedente dialogo con cre­scente stupore ed emozione, s'avvicina a Carlo e bal­betta) Co-co... co-co... Co-commendatore!

Carlo             (Seccato) Che c'è?

Giustino        È si-si... si-sicuro che l'onorevolessa si-si... si-sia lei? (Indica Anna Luisa, la quale sorride).

Carlo             Sicurissimo!

Giustino        (Strabuzza gli occhi, barcolla e cade svenu­to sulla sedia più vicina, sospirando) Ooooh!... (Mentre tutti si avvicinano a Giustino, dicendo: «Cosa gli suc­cede?» - «Giustino!» - «È svenuto!», il sipario si chiude).

FINE DEL SECONDO ATTO


ATTO TERZO

Stessa scena degli atti precedenti. Pomeriggio di due giorni dopo gli avvenimenti del secondo atto. La porta di fondo è aperta. Il calendario segna la data «Aprile 16 Sabato ».

1

Pautasso e Bordone

Pautasso        (È seduto alla scrivania. Bordone gli è ac­canto, in piedi) Insomma, non sei convinto?

Bordone        No, capo. L'onorevolessa Anna Luisa Mo­retti sarà una brava persona, ma in città, a parlare col ministro, doveva andarci personalmente. Invece ha mandato solo la segretaria.

Pautasso        Evidentemente non hai capito quando ha spiegato perché agiva così. La dottoressa Gioconda Pa­squali, segretaria dell'onorevole, è la sorella del segre­tario dell'attuale ministro dei Trasporti. Appreso che il ministro sarebbe stato di passaggio ieri in città, la dottoressa Pasquali si offrì d'andare a parlare prima al fratello, quindi all'onorevole... a entrambi «confi­denzialmente», della nostra questione. Credimi, Bordone: per noi, meglio di così, non poteva andare.

Bordone        Va bene anche all'onorevole Moretti, ospi­te da due giorni nella «Casa del Fanciullo». È con­tenta come una pasqua, e mezzo paese l'ha già sentita esclamare: «Che cielo! Che aria, qui a Borgosole! Era­no anni che non avevo un appetito simile!».

Pautasso        Meno male ch'è rimasta qua. La sua segre­taria, con buone o cattive notizie, sarà costretta a tor­nare. Se fosse partita, invece... Forse a Roma avreb­be scordato tutto.

Bordone        Uno che sta sulle spine come noi è il com­mendatore. La nipotina non arriva, ed egli, per un ri­guardo verso l'onorevole, non può svignarsela come vorrebbe. È nervosissimo.

Pautasso        (Sorride) Poveretto!... Certo che per lui è una grana. Gli dobbiamo riconoscenza.

Bordone        (Sospira) Mah!... Se ci fosse un onorevole, donna o uomo non importa, che spianasse anche le mie difficoltà, sarei l'uomo più felice del mondo.

Pautasso        Rosetta non ha più telefonato?

Bordone        (Triste, scrolla negativamente il capo) ...pur­troppo. Temo che non ci sia più nulla da fare.

Pautasso        (Si alza in piedi e gli batte affettuosamente una mano sulle spalle) Coraggio, diamine! Anch'io, un anno fa, avrei detto così per la fermata. Oggi, in­vece, sono pieno di speranza. Se il ministro dei Tra­sporti parlasse subito col capo Compartimento, in poco tempo qui... (Sospira) Ah, che sogno!

2

Pautasso, Bordone, Anna e Carlo

Anna               (Entra allegra dal fondo, seguita da Carlo, il quale è mogio, rassegnato) Caro signor Pautasso! (Ten­de la mano).

Pautasso        Onorevole... (Glie la stringe).

Carlo             (Secco) Buongiorno.

Pautasso e

Bordone        Buongiorno, commendatore.

Anna               Ci sono novità?

Pautasso      No.

Anna               Meglio così. (Sospira) Che cielo! Che aria avete!... Ecco! Voglio proporre di trasferire Montecitorio a Borgosole! (Ride) La fermata del treno sarebbe assicurata. (A Carlo) Dico bene, commendatore?

Carlo              (Distratto) Euh!... Benissimo.

Anna               Su, animo!... (A Pautasso) Se arrivasse qualche notizia, io e il commendator Ravello siamo nel giardino della meravigliosa «Casa del Fanciullo». (Guarda Carlo, sorride) Suvvia!... Abbasso il muso! (Si avvia al fondo, spingendo Carlo) Lei dovrebbe fare un po' di ginnastica, e, soprattutto, stabilirsi qui a Borgosole! (Ride ed esce al fondo con Carlo).

3

Pautasso e Bordone

Pautasso        (Sorride) Che tipa!...

Bordone        Simpaticissima, se avessimo tutti voglia di ridere. (Squillo di telefono).

Pautasso        (All'apparecchio) Pronto... Sì, eccolo (Porge il ricevitore a Bordone). È Rosetta.

Bordone        (Emozionato, al telefono) Pronto, sei proprio tu?... Non vuoi il Formaggio?... Invece devi mangiare, cara... Ah, non vuoi Pippo Formaggio?... Grazie, Rosetta... Sì, ma... (Guarda imbarazzato Pautasso).

Pautasso        (Ironico) Ho capito! Telefonale pure il bacino! (Volta le spalle).

Bordone        (Manda un bacino) È arrivato?

Pautasso        (Senza voltarsi) Speriamo che abbia frenato, se no esce dal cornetto del telefono e finisce sulla fronte del padre.

Bordone        Ciao, cara... Ciao. (Posa il ricevitore, guarda nel vuoto e sorride).

Pautasso        (Si volta) Mi sembri soddisfatto.

Bordone        Sì, capo: lo sono. M'ha detto che sposerà un uomo solo.

Pautasso        Lo spero!

Bordone        Voglio dire che sposerà soltanto me.

Pautasso        (Sorride) L'avevo capito. T'ha detto altro?

Bordone        No. Cioè! Sì. M'ha detto che Pippo Formaggio, dopo aver discusso animatamente con suo padre, s'è allontanato urlando: «Vado subito a parlare con quel prete! Don Augusto lo sistemerò io! ». Chissà cosa vorrà dirgli?

4

Pautasso, Bordone e don Augusto

Augusto         (Entra dal fondo) L'onorevole? Mio fratel­lo? Dove si sono cacciati?

Pautasso        Cinque minuti fa hanno detto che andava­no a passeggiare nel giardino della «Casa del Fan­ciullo».

Augusto         Allora li raggiungo. Non vorrei che pensas­sero che li trascuro. Altrimenti, addio proverbiale ospi­talità di Borgosole! (S'avvia verso il fondo).

Bordone        Scusi, don Augusto.

Augusto         (Si ferma) Che c'è?

Bordone        Ho parlato al telefono con Rosetta. Pare che il signor Formaggio stia precipitandosi da lei.

Augusto         (Sorride) To'!... (Una pausa) L'aspettavo.

Bordone        (Timoroso) Se le domandasse d'aiutarlo a...

Augusto         (Interrompe con un sorriso) Stai tranquillo. Conosco bene te, conosco bene Rosetta e suo padre. Per giunta, da qualche tempo, conosco «benissimo» anche quel signor Formaggio. (Gli batte una mano sulle spalle) Abbi fiducia, figliolo. Non essere impaziente. (Bordone accenna di sì col capo).

5

Pautasso, Bordone, don Augusto, Giustino e Formaggio

Giustino        (Entra dal fondo, agitato) Don Augusto!... Don Augusto!...

Augusto         Cosa succede?

Giustino        (Indica il fondo) C'è... C'è il signor «fonti­na». Cioè! Formaggio, che vuole parlare con lei. È sta­to in parrocchia, e ho pensato bene d'accompagnarlo qui per...

Formaggio    (Appare al fondo, sorridente) Si può?

Giustino        (Lo indica) Eccolo qua, il signor «ricotta». Cioè! Formaggio. (Formaggio controlla una reazione di stizza verso Giustino).

Pautasso        (Dopo un istante d'esitazione, durante il qua­le ha guardato Augusto che è rimasto impassibile, si rivolge a Formaggio) S'accomodi.

Formaggio    (Avanza verso il centro, ironico) Grazie. Non sarei venuto qui se da un po' di tempo, si dice, questa stazione non fosse diventata... come dire?... «la succursale della sagrestia » del reverendissimo don Augusto Ravello.

Augusto         (Con lo stesso tono di Formaggio) Io, inve­ce, verrei più sovente a Montegrande, se i «locali di svago», si dice da quando sono suoi, non fossero di­ventati... come dire?... «la succursale d'un porcile».

Formaggio    (Sorride amaro) Ottimo schermitore, lei. Mi diverte. Però... (Guarda Bordone, Pautasso e Giustino) Vorrei parlarle a quattrocchi.

Augusto         Andiamo in parrocchia.

Formaggio    No. Mi spiace, ma non ho tempo da per­dere. Del resto preferisco discutere... in «campo neutro».

Pautasso        (Deciso, a Bordone) Andiamo. (Esce, con Bordone, al fondo)

6

Don Augusto, Giustino, Formaggio

Formaggio    (Segue i due con lo sguardo, poi sorride e si rivolge a Giustino) Esca anche lei, prego.

Giustino        (Calmo, sarcastico) « Preghi » pure, che le fa­rà bene. Ma gli ordini li ricevo solo dal mio parroco.

Formaggio    (Sibila fra i denti) Cretino.

Giustino        (c.s.) Sta chiamandosi per nome?

Formaggio    (Frena a stento un balzo verso Giustino, quindi lo indica, rivolgendosi ad Augusto) Mi rende nervoso. Per favore, lo mandi via.

Augusto         Ha intenzione di confessarsi?

Formaggio    (Ride) Io?!?... Neanche per sogno!

Augusto         Allora Giustino può rimanere.

Giustino        Capito, signor «cacio»? Cioè! Formaggio? Posso rimanere.

Formaggio    (Diventa scuro in volto. Ad Augusto, mi­naccioso) Mi pagherà tutto, un giorno o l'altro.

Augusto         (Ironico, calmo) Perché attendere? Mi pre­senti il conto e glie lo saldo subito.

Formaggio    (Sogghigna) Voi preti avete sempre la ri­sposta pronta.

Augusto         Con i tipi come lei non si fa molta fatica a trovarla. (Giustino ride; Formaggio lo fulmina con un 'occhiata; Giustino diventa serio e poi ride di nuo­vo; Formaggio idem. E così un altro paio di volte, si­no a quando Augusto dice) Insomma, signore, cosa desidera?

Formaggio    (Dopo lieve esitazione) Lei ha scritto una lettera al mio futuro suocero, il capo stazione di Mon-tegrande. Nega?

Augusto         Nient'affatto. Era mio dovere.

Formaggio    (Sbotta) Macché dovere!... Quella lettera... Anzi, quel «romanzo», poiché si tratta di ben cinque pagine, ha sfavorevolmente impressionato il padre di Rosetta. M'ha diffamato, capisce? Cosa può dire per giustificarsi?

Augusto         Che se invece di scrivere dieci righe ho do­vuto scrivere cinque pagine, la colpa non è mia. Eh sì, perché la sua vita e le sue... chiamiamole «attività commerciali», prima di rifugiarsi... Oh, scusi! Vole­vo dire «stabilirsi» a Montegrande, sono state così... diciamo «intense e movimentate» che... che ci sareb­bero volute altre due pagine per essere più precisi.

Formaggio    Tutte fandonie!

Augusto         (Sarcastico) Anche quelle scritte sul suo cer­tificato penale?

Formaggio    Errare è umano! Lo dite pure voi preti.

Augusto         D'accordo. Ma lei ha perseverato nell'erro­re; e ciò è diabolico, diciamo anche noi preti. Infine, per quanto riguarda l'effetto del mio scritto sul padre di Rosetta... (sorride) ... è quanto desideravo.

Formaggio    (Violento, aggressivo) Non s'illuda! È pro­babile che, malgrado tutto, lei riesca a ottenere la fer­mata del treno a Borgosole. Ma Rosetta, no! Rosetta sposerà me.

Augusto         Chi la costringerà ad andare contro il suo sen­timento?

Formaggio    (Deciso) Proprio lei, reverendo!

Augusto         (Calmo, ironico) Davvero?... (Formaggio ac­cenna di sì col capo) Guarda, guarda... E in che modo?

Formaggio    Ritrattando tutto quanto ha scritto in quel­la maledetta lettera.

Augusto         (c.s.) Ma perché?... Se sono tutte fandonie di cosa si preoccupa? Le sarà facile dimostrare il con­trario e prendersi la soddisfazione di farmi passare per un calunniatore. Anzi, se vuole darmi querela, può far­lo tranquillamente. Infatti (con intenzione), «io» ho firmato quanto ho scritto. «A me» non piacciono le lettere anonime.

Formaggio    (Sogghigna, sospira, si controlla a stento) Ho capito, reverendissimo parroco. Lei è uno di quei tipi che non fanno niente per niente. Mi piace, poiché sono così anch'io. (Una pausa) Quanto vuole, per scri­vere al padre di Rosetta che io sono il più bravo uomo del mondo? (Sorride) Vorrei pure che gli dicesse che sono un buon cristiano. (Una pausa) Avanti! Spari sen­za soggezione. Tanto, io... posso. Cosa vuole?

Augusto         (Alza istintivamente i pugni, come se voles­se colpirlo; poi, con evidente sforzo, allarga le mani e, lentamente, le congiunge, dicendo) Voglio una cor­da per legarmi le mani. Se no succede un guaio!

Formaggio    (Ironico, provocante) Sul serio?!?... (Sog­ghigna e colpisce la guancia destra di Augusto con un manrovescio).

Giustino        (Fa l'atto di lanciarsi su Formaggio) Brutto «parmigiano»!

Augusto         (Lo ferma con un gesto) No, Giustino! (Giustino si ferma. Una pausa, durante la quale domina l'ira con apparente sacrificio) II Vangelo dice: «A chi ti percuote sulla guancia destra, porgi anche la sini­stra». (Esegue, rivolto a Formaggio).

Formaggio    (Rimane un momento sorpreso; poi, dicen­do ironicamente) Parole sante!... (colpisce con uno schiaffo la guancia sinistra di Augusto, ride ed esce al fondo. Augusto rimane immobile, a fissare nel vuoto).

Giustino        (Sottovoce) Don Augusto... (Augusto si scuo­te e rivolge lo sguardo verso Giustino) Guardi che ades­so il Vangelo non dice più niente.

Augusto         Hai ragione! (E rimboccandosi le maniche, esce di corsa al fondo).

Giustino        Era ora!... (Corre al fondo, e si ferma sulla soglia della porta, a guardare verso l'esterno. Agita i pugni, come se colpisse un immaginario avversario). Forza, don Augusto!... Un pugno destro al mento, e uno sinistro di sotto, come si vede alla televisione!... Se non lo faceva lei lo facevo io !... Alé !... Così!... Be-neeee!... Cappa-o!... Il signor «pane e burro»... Cioè! Formaggio è al tappeto... erboso!

(Pausa di silenzio. Giustino sorride soddisfatto).

7

Augusto, Pautasso, Bordone, Anna, Gioconda e Carlo

Augusto         (Appare al fondo, seguito da Bordone e Pautasso. Si rassetta la veste, si asciuga il sudore e si tira giù le maniche. A Giustino, facendo un cenno del ca­po verso l'esterno) Portalo all'infermeria della « Casa del Fanciullo». (A Bordone) Dagli una mano. (Bordone accenna di sì col capo ed esce al fondo con Giustino. Sincero, quasi a se stesso) Non dovevo... Lo so e lo capisco. Ma quando ci ho pensato... beh, era trop­po tardi. Adesso, però, sono sinceramente pentito.

Anna               (Entra trionfante dal fondo, sventolando un fo­glio di carta da lettera. La segue Gioconda, sorriden­te, e a qualche passo Carlo, mogio) Vittoria!... Il tre­no si fermerà!... Il treno fermerà anche a Borgosole! (A Pautasso, porgendogli il foglio) Legga.

Pautasso        (Lo prende, e, molto emozionato, legge bal­bettando) « Gentilissima onorevole Anna Luisa Mo­retti, sono in grado di co-co... co-comunicarle che il ca-ca... ca-capo Compartimento ha cortesemente e prontamente disposto affinché dal primo giugno pro-pro... pro-prossimo venturo, il diretto 653 fermi sia all'andata, sia al ritorno, nella stazione di Borgoso­le». (Barcolla, fissa Anna Luisa con espressione ebe­te, poi sussurra) È sicura che non sia uno scherzo?

Anna               Sicurissima. Me l'ha portata la dottoressa (in­dica Gioconda), direttamente dal ministero dei Tra­sporti.

Pautasso        (Felice, improvvisamente le prende una ma­no e glie la bacia) Grazie, onorevole! (Abbraccia Carlo) Pure a lei! (Abbraccia Augusto) Anche a lei! (Fa l'atto di abbracciare Gioconda, poi si controlla e le stringe la mano) A lei e a suo fratello, particolari rin­graziamenti.

Gioconda       Abbiamo solo fatto il nostro dovere.

Pautasso        Di più! Sono proprio contento.

Carlo             Beato lei!... Io, invece, sono preoccupato. Mia nipote non si decide.

Anna               A far che?

Carlo             Ad arrivare, perbacco bacchissimo!

Bordone        (Entra di corsa dal fondo con un telegram­ma in mano. A Carlo) Per lei, commendatore. È arri­vato alla « Casa del Fanciullo » (Dà il telegramma a Carlo).

Carlo             (Lo prende, emozionato) È lei!

Augusto         Chi «lei»?

Carlo             Mia nipote! Tua nipote! «Lei», insomma. (Tre­mante) Adesso dovrei aprirlo. (Guarda Augusto, co­me per chiedergli aiuto).

Augusto         Ma come al solito, quando prevedi notizie importanti, non hai il coraggio.

Carlo             Già... (Porge il telegramma ad Augusto; poi, deciso, lo ritrae). No! Lo apro io. Se no cosa pense­ranno i nipotini? D'avere un nonno fifone. Invece no! Devono sapere, fin dal primo giorno di vita, che il lo­ro nonno è un leone! Ma che dico? Una tigre, una pan­tera, un... un intero giardino zoologico! (Si accinge ad aprirlo, poi esita e si porta una mano al petto, all'al­tezza del cuore) Ho un batticuore, che... (respira pro­fondamente; quindi, con decisione, apre il tele­gramma).

Augusto         Aspetta.

Carlo             (Sussulta) Pe-pe... Pe-perché?

Augusto         Se per caso non fosse una «lei», ma di nuo­vo un «lui», cioè un altro nipotino, promettimi di non fare scenate. Intesi?

Carlo             (Dopo evidente esitazione) Intesi. (Apre lenta­mente, tremando, il telegramma. Legge sottovoce il contenuto, poi urla felice) È nata mia nonna! Cioè Mia nipote. L'ho sempre detto, io, che era una femminuc­cia! (Agitatissimo) Siete invitati tutti al Battesimo! (Ba­cia Augusto sulla fronte) Grazie, Augusto!

Augusto         Di che cosa?

Carlo             (Serio, commosso, sincero) Chissà quanto pre­ghi per noi!... (Squillo del telefono).

Pautasso        (Che nel frattempo aveva chiamato Bordone accanto a sé, per parlargli animatamente, sottovo­ce a soggetto, come se gli spiegasse che il treno ferme­rà, eccetera, risponde al telefono) Pronto. Sì, sono io... (Stupito) Per carità. Fra noi colleghi... Non è il caso... Capisco perfettamente... Certo, glie lo passo subito. (Sottovece, a Bordone, coprendo il microfono con una mano) È il tuo futuro suocero. Mi ha chiesto di scu­sarlo per il modo col quale mi trattò in diverse occa­sioni.

Bordone        (Emozionato, prende il ricevitore dalle ma-ni di Pautasso. All'apparecchio) Pronto... (Una pau­sa: il suo viso assume espressioni di stupore e di felici­tà. Gli altri lo osservano in silenzio, compiaciuti, men­tre borbotta meccanicamente) Sì... Sì-sì... Sì... Sì-sì (Pausa) Verrò stasera, alle otto... Grazie, «papà». (Pausa) Pronto, Rosetta... Sì, m'ha detto tutto. Salu­ta anche la mamma... Arrivederci a stasera... Ciao. (Posa il ricevitore. Col pianto in gola) Posso sposar­mi quando voglio.

Pautasso        Molto bene! E perché piangi?

Bordone        (Scoppia in un pianto quasi infantile) Per­ché sono felice!...

Carlo             (Singhiozza) Anch'io... Anch'io sono felice!...

Pautasso        (Suggestionato da Carlo e Bordone) Se è solo per questo... (Singhiozza) Anch'io sono felice.

Anna e

Gioconda       (Che si erano appartate a commen­tare, ovviamente sottovoce a soggetto, ciò che stava accadendo, sorridono ad Augusto).

8

Detti e Giustino

Giustino        (Entra dal fondo. Ad Augusto) Che «cro­sta» dura quel Formaggio!... Comunque s'è calma­to, e... (s'interrompe, perché nota che Bordone, Pautasso e Carlo stanno piangendo) Cosa v'è accaduto?

Pautasso,

Carlo e

Bordone        (Singhiozzando) Siamo felici.

Giustino        (Rimane un momento soprappensiero, poi esclama) Allora io sono triste!

Augusto,

Anna e

Gioconda       Perché?

Giustino        Perché ho voglia di ridere!

(E ride, imitato da tutti gli altri, mentre si chiude il sipario).

FINE DELLA COMMEDIA