Quelle oneste signore

Stampa questo copione

QUELLE ONESTE SIGNORE

Commedia in un atto

diENZO DUSE

                                   

PERSONAGGI

COSTANZA

GERMANA, sua figlia

ALBERTO, marchese di San Lucio

MARIA, came­riera.

(In Brianza - Nel 1830).

Commedia formattata da

Un salotto ele­gante che dà, per una porta a vetri, su di una terrazza dalla quale si scen­de nel parco. Porte ai lati; una spi­netta; divano e se­die; e molti fiori distribuiti con buon gusto in vasetti che posano su mensoline e sulla tavola, ch'è a sinistra, in primo piano.

(Al levarsi della tela, Costanza sta suonando. Giunge dal di fuori un tintinnir di sonagli e lo scalpitìo di un cavallo).

Maria                             - (entra) Il signor marchese di San Lucio.

Costanza                       - Diggià? Che entri, che entri.

Maria                             - Sta scendendo da carrozza. Sono corsa ad avvertirvi perché mi avevate dato ordine...

Costanza                       - Questa è una visita che non aspettavo. Va, corri.

Maria                             - Volo.

Costanza                       - La signorina Germana?

Maria                             - E' al laghetto.

Costanza                       - Non' avvertirla di nulla. (Cerca uno spec­chio per assestarsi un poco i capelli mentre Maria esce).

Alberto                          - (entrando) Mia cara signora!

Costanza                       - (dandogli la mano a baciare) Come va?

Alberto                          - Discretamente. Sapete che il cocchiere è dovuto entrar di prepotenza nel parco?

Costanza                       - Se avessi immaginato la vostra visita avrei dato ordini diversi.

Alberto                          - Non disturbo, dunque?

Costanza                       - Al contrario! Ma accomodatevi.

Alberto                          - Grazie. Mia cara signora! Sono proprio felice di far quattro chiacchiere con voi. E' da gran tempo che desideravo questo giorno ed eccomi final­mente esaudito.

Costanza                       - Siete diretto a Varese?

Alberto                          - Punto.

Costanza                       - Oh, oh; non vorrete farmi credere, spero, che siete venuto fin quassù...

Alberto                          - Solo per farvi visita.

Costanza                       - Non vi credo.

Alberto                          - A torto.

Costanza                       - (osservandolo, scherzosamente solenne) C'è qualche cosa di grave?

Alberto                          - No

Costanza                       - Suvvia, confessatevi: ditemi tutto since­ramente prima che giunga Germana... Oh, a proposito. Non mi avete ancora chiesto di lei, della mia cara figliola. Che burbero, che burbero!

Alberto                          - Perdonate, ma immagino ch'ella stia bene.

 E' un                             - (fiore di gentilezza, di grazia e di salute come sua madre.

Costanza                       - Via via. Per scusarvi non dite delle scioc­chezze. Farò io le sue veci. (Alzandosi) Signore, io vi ricordo molto sovente e sono felice di vedervi. E voi?

Alberto                          - (alzandosi egli pure ed inchinandosi) Anch'io.

Costanza                       - Tanto meglio. Sedete. Ed ora, fuori tutto.

Alberto                          - Fuori tutto? Che vi debbo dire?

Costanza                       - Che anche la vostra ultima amante v'ha ingannato!

Alberto                          - Non è vero.

Costanza                       - Perché mentite?

Alberto                          - Ebbene sì. Dal momento che volete, sono infelice per la trentaquattresima volta.

Costanza                       - (ridendo) Povero amico mio!

Alberto                          - Mi compiangete?

Costanza                       - Vi ammiro. Trentaquattro, perbacco. E' un bel numero! Convenite che ci vuole una bella forza di spirito... per rassegnarsi a continuare.

Alberto                          - Che volete? Ve l'ho già detto. Non mi ri­mane altro, al mondo, che la grande gioia dell'amore. Ho avuto la disgrazia di nascere ricco e con assai poca volontà di lavorare. Così ho scelto la carriera dell'amante e del giramondo. Ho fallato. La prima donna mi tradiva dopo tre giorni e al mio primo viaggio perdevo la va­ligia. Ora, a quaranta anni, sono al trentaquattresimo inganno dell'amante e alla cinquantesima valigia per­duta.

Costanza                       - Vi garantisco che se non vi stimassi vi disprezzerei.

Alberto =                      - Oh, ciò che dite non è affatto lusinghiero né per il mio cuore, né per la mia intelligenza.

Costanza                       - Allora non penserete mai a mettere giu­dizio?

Alberto                          - Giammai! A delusioni ed amarezze sono seguite grandi soddisfazioni al ricordo delle quali rin­giovanisco di vent'anni. Eppoi, « giudizio » che vuol dire? Io scriverei sui vocabolari : « Attività amorosa per mezzo della quale l'uomo, o la donna, riesce ad alternare mo­menti di amarezza a momenti di felicità, per poter mag­giormente assaporare la gioia di vivere ».

Costanza                       - Non dimenticando di aggiungere: «Dopo le amarezze rivolgersi alla signora Costanza Marginili... ».

Alberto                          - Ah, sì. Sapete già come vi sia riconoscente per la vostra indulgenza. Se mi foste mancata, forse... chissà!... Le vostre parole mi scendono al cuore con grande dolcezza, e... Ma vi debbo ancora fare le mie congratulazioni per la bellissima casa che avete scelto a rifugio. Perbacco!

Costanza                       - In mancanza di meglio...

Alberto                          - Non vi trovate dunque bene?

Costanza                       - Non mi lagno.

Alberto                          - E nessun rimpianto per Milano?

Costanza                       - Ah, no. Eppoi, sarebbe tempo sprecato. La vita, laggiù, costa molto e le mie rendite non per­mettono del lusso.

Alberto                          - Oh, per questo, signora mia, tutti sanno che il vostro povero marito...

Costanza                       - ... mi ha lasciato, al momento della sua morte, e son già cinque anni, diecimila fiorini di rendita e questa casa. Ma con ciò? Credete voi sufficiente tale somma per fare una vita brillante a Milano? Eppoi, mio caro amico, dimenticate che ho una figlia da maritare: la mia cara Germana, e che mio dovere di madre è di risparmiare per lei quanto m'è possibile.

Alberto                          - La piccina ama già qualcuno?

Costanza                       - Non credo. Mi avrebbe fatto le sue confidenze. Ma del resto, non è necessario l'amore, come dite voi, per giungere al matrimonio.

Alberto                          - No?

Costanza                       - No, signore. Disgraziatamente una donna che sposa per solo amore è quasi sempre infelice. Le riesce di gran peso il pensare, poi, alla famiglia, ai pic­cini, alla biancheria da rammendare e al conto della lavandaia. Una donna, invece, che prende marito dicendo a se stessa : « Ecco, io compio questo passo per una mis­sione, che è esclusivamente quella di voler bene a mio marito, ai miei figlioli, alla mia casa... », quella è la donna da sposarsi, quella è la vera moglie.

Alberto                          - Credete?

Costanza                       - Vedete me, ad esempio. Ho sposato il mio povero Carlo come si firma un contratto di compra­vendita. Ciononostante ho saputo renderlo felice e in quindici anni di matrimonio non l'ho tradito una sola volta, nemmeno col pensiero. Ora, alla mia piccola Ger­mana, io ripeto sempre quello che lui ripeteva a me: « Ama o non ama è la stessa cosa. Ma ricordati di es­sere sempre onesta. Lì è la base di tutto, lì è la vera felicità ».

Alberto                          - Oh, sì. Però, nel nostro mondo...

Costanza                       - ... il vostro mondo, per fortuna, non mi ha mai sedotta. Ma forse è una disgrazia nascere oneste, perché alla fin fine poi...

Alberto                          - Vi assicuro che è un'opinione sbagliata...

Costanza                       - Ma non soltanto mia, purtroppo! Oh, immagino che cosa si sarà detto di me, perché davo qualche ricevimento, di preferenza a soli uomini!

Alberto                          - Che avevate una figlia da maritare e che eravate nel vostro pieno diritto.

Costanza                       - Nient'altro?

Alberto                          - Nient'altro.

Costanza                       - Ed allora perché le visite di quei cari signori han cominciato a diradare? Perché , quei cari amici, ci accompagnavano una volta alle corse, al teatro, a passeggio e non si son fatti più vedere? Volete che ve lo dica io? Perché hanno visto che non c'era nulla da fare; e perché dal canto loro, quelle care signore del vostro mondo, avran detto : « Oh, come mai possono tro­varsi con quelle donnucole? Ma come sono sciocchi gli uomini! Vedrete come ci cascheranno! Oh, quella ve­dova e quella giovanetta disperatamente in cerca di ma­rito! »... Così, avran detto. Ed allora, quei poveri vostri uomini, che furono un tempo nostri amici, hanno preso il volo per non essere ridicoli.

Alberto                          - Esagerate, esagerate! Da parte mia mi son sempre fatto un dovere di esservi fedele amico!

Costanza                       - Perché siete più tenace degli altri; perché , forse, sperate ancora.

Alberto                          - Oh!

Costanza                       - Non vi dico niente che non sappiate! La decisione della mia venuta qui, signor mio, è stata un po' determinata anche dal nostro ultimo bisticcio. Avremmo dovuto parlarne subito, appena vistici, e in­vece...

Alberto                          - E' inutile rammentare...

Costanza                       - Anzi! Quindici giorni fa, poiché sono esattamente quindici giorni che siamo partite da Milano, nevvero?, dopo tre anni che frequentavate la nostra casa, mi avete fatto la vostra bella dichiarazione e, di sorpresa, mi avete stampato un bacio sulle labbra. Vi ho scacciato, perché in quel momento era mio dovere fare così. Ora siete venuto a confessarmi il vostro tren­taquattresimo inganno, ed a consolarvi dopo avermi scritto un letterone di scuse. Ma sì, amico mio, avete tutto il mio perdono. Ma non crediate ch'io sia rimasta stupita della vostra... impudenza. Avete voluto rimaner l'unico amico! Un vostro gesto audace... prima, avrebbe potuto urtare la mia suscettibilità femminile poiché sa­pevate e sapete che non vi amo. Allora, spariti tutti, e fidando nella mia debolezza di vedova, siete mosso al­l'attacco...

Alberto                          - No, no. Mi giudicate male!

Costanza                       - Perché v'arrabbiate? (Ride).

Alberto                          - Usate certe espressioni a mio riguardo...

Costanza                       - Le uniche che possano giustificare il vostro gesto...

Alberto                          - ... che avete male interpretato. Se aveste sentito per me soltanto un poco d'affetto non m'avreste giudicato sì gravemente. Disgraziatamente, invece...

Costanza                       - Che? che? che? Volete dire, forse, che nella vostra esistenza ho rappresentato qualche cosa?

Alberto                          - Mi spiace che lo intendiate solo ora!

Costanza                       - Oh, povero marchese!... Ma poiché adesso non rappresento più nulla...

Alberto                          - Adesso? Ma adesso basta rendersi conto di questa timidezza che mi fa impacciato...

Costanza                       - (lo guarda e dopo una pausa, maliziosa) Oh, oh... Amore?... Suvvia rispondete.

Alberto                          - A quale scopo...

Costanza                       - Non avrete inventato la storia del trenta­quattresimo inganno per giungere sino a me perdonato.

Alberto                          - Che avete fatto in questi giorni?

Costanza                       - Se vi dicessi che vi ho pensato non mi credereste.

Alberto                          - Davvero?

Costanza                       - E voi?

Alberto                          - (sospirando) Non mi sono certo divertito!

Costanza                       - Ciò significa che non vi siete ricordato di me.

Alberto                          - Anzi! Le mie lettere stanno a dimostrarlo.

Costanza                       - Una lettera si scrive in dieci minuti...

Alberto                          - Ve ne ho inviate due.

Costanza                       - ... e dovevate farvi perdonare qualche cosa !

Alberto                          - La mia venuta qui?

Costanza                       - Ebbene? Che cosa mi dice?

Alberto                          - Tutto!

Costanza                       - Sì? E allora perché non mi avete proposto di essere vostra moglie?

Alberto                          - Mia moglie?... (La guarda stupito).

Costanza                       - (gli tende le mani e, ridendo, dopo una pausa) Su, su, amico mio! Ho scherzato! E cacciate via codesto pallore! Ma credete davvero che v'avrei con­cessa la mia mano? Volevo soltanto dimostrarvi che il vostro, per me, era soltanto un capriccio.

Alberto                          - Ma...

Costanza                       - Zitto. Sposate una fanciulla buona e one­sta. Gli uomini di una certa età, dopo una brillante vita avventurosa hanno necessità di un po' di riposo; se no domani, quando sarete vecchio, insofferente brontolone o squisito ganimede, ma vecchio, dove andrete a finire? Fortunatamente un uomo che firma un contratto di ma­trimonio con una donna sensata e giudiziosa, non firma un contratto di fedeltà coniugale. Egli è libero. Soltanto un po' di... discrezione. Ecco tutto. E l'opera che compie, dando uno stato sicuro ad una fanciulla onorata, è assai bella.

Alberto                          - Sì..., ma infine...

Costanza                       - Infine siete commosso.

Alberto                          - Io?

Costanza                       - E' inutile negarlo.

Alberto                          - Ma vi giuro, signora...

Costanza                       - Che non accettate le mie proposte?

Alberto                          - Se non mi lasciate dire una parola!

Costanza                       - Ne ho dette tante io di inutili; perché ne volete aggiungere anche voi?

Alberto                          - Ma per giustificare...

Costanza                       - La vostra sorpresa? la vostra commo­zione? Giustificato. Mi date, dunque, carta bianca per la scelta di questa adorabile sposa?

Alberto                          - E se non fosse di mio gradimento?

Costanza                       - Giuro che vi piacerà e che saprà rendervi felice.

Alberto                          - E se non l'amassi?

Costanza                       - Ella è onesta e sensata. Vi sarebbe di ri­fugio in momenti di tristezza.

Alberto                          - Un'infelice senza amore, senza passione, incapace d'essere gelosa!

Costanza                       - Si annulla per la vostra felicità!

Alberto                          - Si direbbe che non avete mai amato!

Costanza                       - Ma se l'amore, l'amore come lo intendete voialtri, non è che letteratura!

Alberto                          - Perbacco! Credo che se un'altra donna vi udisse non rimarrebbe molto lusingata dell'opinione...

Costanza                       - (accorgendosi di avere esagerato) ...tutta personale... tutta personale... Dio mio, posso avere un po' esagerato! Certo non sono più una fanciulla da marito, io... Sono una mamma; nient'altro! E a quarant'anni non si guarda più il mondo come quando se ne ha venti-Ma non vi ho detto di sposare una mamma... Una gio­vinetta ama sempre; e poi sta all'uomo il saper farsi amare. No?

Alberto                          - Germana non accetterebbe.

Costanza                       - Avevate indovinato?

Alberto                          - Vi ripeto che Germana non accetterebbe.

Costanza                       - Oh, non sapete che cosa pensi di voi e come vi stimi! Volete che la chiami?  

 Alberto                         - Un momento! Così, su due piedi!

Costanza                       - 'Poiché so che non le siete indifferente !

Alberto                          - Ma perché precipitare, Dio mio?

Costanza                       - Le risoluzioni improvvise...

Alberto                          - ... fanno spesso commettere delle scioc­chezze !

Costanza                       - Signor di San Lucio! Se continuate su questo tono vi rendo la vostra parola.

Alberto                          - Mi rendete?

Costanza                       - Vi rendo.

Alberto                          - Oh, ma infine, quando vi mettete a par­lare... Lasciatemi riflettere.

Costanza                       - Riflettete. Però siete ingiusto con me. (Alla veranda, come se chiamatavi da un rumore) Zitto. Germana è già qui. Quella cara piccina dirà molte sciocchezzuole, perché è giovane ed inesperta. Ma non fateci caso. Ha avuto la disgrazia di crescere in quel mondo al quale i nobili non si avvicinano e dal quale i borghesi se ne stanno lontani. Se fossimo rimasti nel nostro gu­scio, Germana avrebbe già sposato un buon impiegato e sarebbe felice. Così, invece, sarà molto onorata della vostra decisione. Studiatela.

Germana                       - (entrando) n signor Alberto marchese di San Lucio! Come va?

Alberto                          - Non c'è male.

Germana                       - E come mai da queste parti?

Costanza                       - Egli è venuto fra noi, figlia mia, per pas­sare qualche giorno.

Alberto                          - Ma, veramente...

Costanza                       - ...ho dovuto insistere assai per convin­cerlo che qui si svagherebbe un po' ed in noi avrebbe i vecchi e buoni amici.

Germana                       - Infine ha accettato?

Costanza                       - Con entusiasmo.

Germana                       - Bravo. Vedrete, amico mio, che ci diver­tiremo. Pensate! Prima di tutto niente complimenti. Non c'è bisogno di cambiarsi d'abito quattro o cinque volte al giorno; non c'è bisogno di rossetto o di ciprie, né di raccontar barzellette per farsi notare. Alla mat­tina ci 6Ì alza per tempo; e via! una bella passeggiata per queste meravigliose colline. Un po' di pesca al la­ghetto - pesci non ce ne sono, ma non importa - poi una merendetta con pane fresco e burro. Nel pomeriggio un po' di musica, un po' di lettura, un'altra passeggiata, il pranzo e a letto con le galline. Ah, ah! Vedete che senza volere vi ho fatto l'elogio della vita selvaggia! Oh, dite! Che cosa penserebbero i nostri amici se ci sentis­sero? Ma già, quelli; con tutte le loro smorfie! A pro­posito come stanno? Hanno chiesto di noi? E che hanno detto della nostra improvvisa partenza?

Costanza                       - (ridendo) Ma tu lo assordi col tuo parlare!

Germana                       - Gli ho fatto delle domande.

Costanza                       - Troppe.

Germana                       - O m'è scappato qualche cosa che non do­vevo dire?

Costanza                       - No.

Germana                       - In tal caso, marchese, vi chiedo scusa ! Gli è ch'io ho il maledetto vizio di non saper tenere la lingua a freno. Me ne fate una colpa?

Alberto                          - Anzi! Una fanciulla graziosa, che parla come voi, procura sempre un godimento.

Germana                       - Se è un madrigale badate che non siamo soli!

Costanza                       - Io vi lascio.

Germana                       - Ma no, mammina bella! E alla «Scala», ditemi, è gran tempo che non ci andate?

Alberto                          - Dall'altra sera con i marchesi Lorena.

Germana                       - Ah, ah, la signora Lucrezia!

Costanza                       - Sempre grassa e sempre brutta?

Alberto                          - Sempre.

Germana                       - E suo marito?

Alberto                          - Si dice che ora faccia all'amore colla ca­meriera.

Germana                       - Ben le sta. Gliene ha fatte tante lei quand'era giovane!

Costanza                       - Germana...

Germana                       - M'è scappata. E la sala?

Alberto                          - Meravigliosa. Si dava...

Germana                       - ... il « Matrimonio segreto », lo so. Accla­mazioni?

Alberto                          - Da far cascare il teatro.

Germana                       - Fiori?

Alberto                          - A profusione.

Germana                       - E alla commedia?

Alberto                          - Niente di nuovo.

Germana                       - E balli, ricevimenti?

Alberto                          - Gli ultimi d'addio perché si pensa già alla campagna.

Germana                       - In conclusione pochi divertimenti. Spe­riamo che le sciocchezze che si commettono e le mali­gnità che si fanno siano poche del pari. Te ne vai, mam­mina ?

Costanza                       - Quando parli così non mi sembri nem­meno la mia cara figliola.

Germana                       - (baciandola) Hai ragione. Vuoi perdo­narmi?

Costanza                       - Signor di San Lucio; un bicchierino di malvasia?

Alberto                          - Grazie.

Costanza                       - Grazie sì o grazie no? Badate che ve lo servo io stessa e non potete rifiutarlo. (Esce).

Germana                       - (guarda Costanza uscire; si mette in mezzo alla scena e, a mezza voce) Venite qui, qui subito. In ginocchio.

Alberto                          - Ma...

Germana                       - In ginocchio. (Alberto eseguisce) Marchese, siete stato molto imprudente con me. Imprudente e scorretto. La nostra improvvisa partenza m'ha impedito di vedervi per farvi le mie lamentele. In ogni modo siete qui ora, ed esigo le vostre scuse.

Alberto                          - (alzandosi) Anche voi?

Germana                       - Come, anche voi? Spero non avrete ba­ciato a tradimento altre fanciulle!

Alberto                          - Non ho detto questo.

Germana                       - E allora?

Alberto                          - Allora quel bacio voleva essere una di­mostrazione d'amore, d'affetto... Mi piacevate molto, vi stimavo assai. Forse il mio gesto è stato troppo precipi­toso e fuori di proposito; Io riconosco. Ma il pensiero che ve ne andavate... Perdonatemi.

Germana                       - Strano. Avete posto tutti i verbi all'im­perfetto. Sicché, dopo appena quindici giorni, non mi amate, non mi stimate più?

Alberto                          - Ma sì-

Germana                       - Se fosse vero mi avreste scritto e avreste insistito presso me e soprattutto presso mia madre. In­vece, per me, neppure un ricordo. E non credete di darmi ad intendere che lo avete fatto per dimenticare. Non sareste venuto oggi. Per fortuna la mamma non ci ha scoperti ed io non le ho detto niente.

Alberto                          - Non ci sarebbe mancato altro!

Germana                       - Perché ? Una giovinetta per bene non ha segreti per la mamma.

Alberto                          - Per un bacio!

Germana                       - Certo quando si è fidanzati non si va a raccontare alla propria madre i baci che ci si è dati durante la giornata. Ma dal momento che noi non sap­remo mai fidanzati... nevvero?... (Lo guarda intensa­mente) Peccato!

Alberto                          - (avvicinandolesi) Perché ... il fidanzamento sarebbe condizione necessaria...

Germana                       - Non vorrete fare il bis, spero!

Alberto                          - Poiché mi piacete...

Germana                       - Come donna o come moglie?

Alberto                          - Non abbiate la mania di precisare!

Germana                       - Precisare? Ma è necessario, marchese. Quando si ha un patrimonio lo si conserva. Lo si dona con entusiasmo solo all'uomo che sappia custodirlo in una vita tranquilla, serena, tutta amore. Sapreste voi custodire il grande valore ch'io sono, per tutta la vita?.... Lo vedete che tacete? Dunque! E, del resto, non parlia­mone più dal momento che neanche voi piacereste a me come marito.

Alberto                          - Ah, piccola impertinente vendicativa!

Germana                       - (dopo averci fatto una grande risata, con un sospiro) Mah! Se penso a quello che m'avete fatto dire!

Alberto                          - Arrossite?

Germana                       - Chi lo sa! Ma non per ciò che potete pensare! Oh, come siete voialtri uomini... e come siamo noi donne! Vedete un po'! So che amate una creatura assai più delicata e buona di me...

Alberto                          - Io amo?...

Germana                       - ... so che questa creatura vi ricambia d'in­finito affetto, e tuttavia ho potuto scherzare proprio con voi...

Alberto                          - Mia piccola amica! Prima precisavate troppo, ora siete enigmatica.

Germana                       - (senza guardarlo ed occupandosi volutamente dei fiori) Di che cosa avete parlato con la mamma?

Alberto                          - Non ricordo. Perché ?

Germana                       - Segreti?

Alberto                          - Ciarle.

Germana                       - Non di lei, dunque?!

Alberto                          - Di chi?

Germana                       - Della mamma.

Alberto                          - E che cosa avremmo potuto raccontarci?

Germana                       - (dopo una pausa) Amico mio: vi ho detto poco fa che per fortuna mia madre nulla ha saputo di ciò che è successo fra noi.

Alberto                          - Ebbene?

Germana                       - Forse non avete compreso esattamente il significato di quel « per fortuna ». Oh, a voi, lei non avrebbe detto nulla, no... E neanche a me. Ma avrei saputo ben io leggere nel suo cuore e... ne avrei provato tanta amarezza... Allora...

Alberto                          - Allora? Continuate. Non vedete che sono sulle spine.

Germana                       - Perché ?

Alberto                          - Ma perché non riesco a comprendere...

Germana                       - Mi promettete il segreto?

Alberto                          - Avanti...

Germana                       - Da gran tempo io volevo parlarvi di ciò ma non ho mai osato.

Alberto                          - Parlarmi di che? in nome di Dio?

Germana                       - Ma del dolore di mia madre... del suo affetto per voi... sì... insomma...

Alberto                          - Che?... Vostra madre... mi ama?

Germana                       - Non l'avevate sospettato?

Alberto                          - Oh, ah, eh... come no?...

Germana                       - Davvero ?

Alberto                          - (a parte) Perdio, che pasticcio!

Germana                       - Cosa dite?

Alberto                          - Dico che sono contento.

Germana                       - Speravate, dunque?

Alberto                          - Da gran tempo.

Germana                       - Ah, come sono felice e commossa ! Non mi dite una bugia, vero?

Alberto                          - Ma io vi assicuro...

Germana                       - Che l'amate pure voi? E avete sempre taciuto?

Alberto                          - Sono un gentiluomo e certo...

Alberto

Germana                       - Basta. Non dite altro. Lasciatemi godere in silenzio di questa immensa felicità, poiché si tratta dell'avvenire di mia madre che amo soprattutto al mondo! L'altro giorno, entrando nella sua stanza la sorpresi che piangeva e baciava una vostra lettera. Ah, come mi sentii stringere il cuore!

Germana                       - Sì. Ha tentato, lei, di celare il suo tur-bamento, ma inutilmente. Altre volte m'ero accorta di questo suo segreto, e me ne accorai tanto. Mi dicevo: «Forse un giorno sarò costretta a parlar io, di ciò, al marchese. Ella è tanto bella ancora. Assai più bella di me. Sembra la mia sorella maggiore ». Così mi dicevo. Ed ecco che quel giorno è venuto senza molte attese, mentre il cuore mi batte un poco per la gioia. E Dio sia lodato.

Alberto                          - (a parte) Che razza d'imbroglio!

Germana                       - Marchese! Sposando mia madre sarete certo felice. Oh, non vi stupite. Sono certa, ormai, che questo matrimonio si farà. Ho gran fiducia nella vostra parola di gentiluomo.

Alberto                          - (a parte) Anche lei!...

Germana                       - Se no, sapete che cosa vi avrei detto? Mio caro amico, poiché non l'amate fatevi vedere il meno possibile...

Alberto                          - (a parte) E' quello che farò!

Germana                       - ...talché ella non soffra inutilmente. Mi avreste rimproverata?

Alberto                          - Ah, no.

Germana                       - Zitto; ella è qui.

Costanza                       - (entrando) Ebbene?

Alberto                          - Mia cara signora, beviamo adunque questo bicchierino alla salute di tutti. E arrivederci a ben presto.

Germana                       - Ma come?

Alberto                          - Vostra madre aveva scherzato, signorina, dicendo ch'io aveva acconsentito a fermarmi alcuni gior­ni. Mi si attende a Milano. Volete che versi io? A me, dunque, il fare gli onori di casa.

Costanza                       - (a Germana) Che ti ha detto?

Germana                       - (a Costanza) Nulla.

Costanza                       - (ad Alberto) Le avete parlato?

Alberto                          - Sì. Delle disgrazie amorose del conte di Metternich. (A parte) Oh, quelle oneste signore! (Por­gendo da bere) A voi signora, a voi signorina... Evviva ai prossimi amori!

Germana                       - (ad Alberto) Ma che storia è questa?

Alberto                          - Storia vecchia, signorina; e voi siete troppo giovane per comprendere certe cose!

Germana                       - (c. s.) Ma ritornerete?

Alberto                          - Lasciate fare a me.

Costanza                       - (dopo una breve pausa) Signor marchese, vorrei farvi una domanda.

Alberto                          - Dite.

Costanza                       - Come giustificate questa precipitosa par­tenza?

Alberto                          - Non lo indovinate, dunque?

Costanza                       - Debbo rimproverarmi, forse, qualche cosa?

Alberto                          - Al contrario, signora. Sono io che mi debbo rimproverare...

Costanza                       - ...d'essere venuto a salutarci?

Germana                       - Ma che dici, mamma?

Costanza                       - Taci.

Alberto                          - ...di avere abusato già troppo della vostra ospitalità.

Costanza                       - Allora, addio marchese.

Alberto                          - - Arrivederci, signora. E... senza rancore...

Costanza                       - Senza rimpianto. (Lo saluta con gesto della mano allontanandosi).

Germana                       - (ad Alberto) Mi metto nelle vostre mani.

Alberto                          - Mettetevi» pure, signorina. (S'inchina ed esce).

Costanza                       - (ritornando) Ed ecco che anche lui se n'è andato.

Germana                       - Ha promesso di ritornare, mammina bella.

Costanza                       - Chi lo sa!

Germana                       - Ne dubiti?

Costanza                       - (prendendola fra le sue braccia} Vedi, tesoro mio: gli è che noi apparteniamo a quella brutta categoria di donne che sembrano e non sembrano, che sono e non sono, che hanno e non hanno, ma che non danno mai. M'intendi?

Germana                       - No.

Costanza                       - E allora tanto meglio.

Maria                             - (apparendo) Le signore sono...

Costanza                       - ...servite. Lo sappiamo purtroppo; e da gran tempo. Andiamo a pranzo, tesoro mio. (Si avviano lentamente).

FINE