Quer pasticciaccio brutto de via Merulana

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“QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE VIA MERULANA”

            “QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE VIA            

                                  MERULANA

                                        Tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Emilio GADDA

“ … così come sul teatro le passioni finte sogliono dar la stura a dei baci non finti e i cornuti di scena sembrano essere, le più volte, dei cornuti di fatto …”

                                                         - PRIMO ATTO -
 

Musica. Tre spari di pistola.

TUTTI:   (da dietro) Al ladro! Acchiappatelo! Eccolo là! Acchiappalo! C’è qualcuno ferito? Calma, calma, abbiamo già chiamato la Polizia! Che è successo?

Entra Manuela Pettacchioni, la portiera di via Merulana 219.

PETTACCHIONI:   Gesù, Gesù, mio bello! Gesùmmaria! Prima ha suonato alla signora Balducci…

PRIMO POLIZIOTTO:   Chi?

PETTACCHIONI:   Ma l’assassino, no!

SECONDO POLIZIOTTO:   Ma che assassino?

PRIMO POLIZIOTTO:   Mica c’è il morto!

PETTACCHIONI:   Comunque, la signora Balducci era sola e stava in bagno; Assuntina, la donna di servizio era fuori. Allora si vede che l’assassino ha suonato alla Menegazzi che sta dirimpetto alla Balducci.

Entra la vedova Menegazzi.

MENEGAZZI:   Buongiorno, signori.

PETTACCHIONI:   La vedova Menegazzi.

SECONDO POLIZIOTTO:   Buongiorno, signora. Sarebbe lei la derubata?

MENEGAZZI:   Me medesima, in persona.

PRIMO POLIZIOTTO:   Può dire che cosa è accaduto!

MENEGAZZI:   Ho sentito suonare alla porta. Ho detto “Chi è?”. Poi, non so il come ed il perché, ho aperto. Mi si è parato davanti un giovane alto, col berretto e con una tuta grigia da lavoro. Mi pare fosse bruno, con una sciarpa di lana verde.

SECONDO POLIZIOTTO:   Era solo?

MENEGAZZI:   Solo, solo!

PRIMO POLIZIOTTO:   E questo berretto com’era?

MENEGAZZI:   Era… veramente, non mi ricordo com’era. Non saprei dirlo.

PETTACCHIONI:   Ma, sapete, un’emozione così! Chi pensa al berretto in quei momenti?

MENEGAZZI:   Ah, aiutatemi voi che potete, Madre di Dio. Una vedova, sola in casa, Maria Vergine! Che brutto mondo che è questo! Questi non sono nemmeno uomini, sono diavoli!

SECONDO POLIZIOTTO:   State tranquilla, signora. Adesso continuate pure…

MENEGAZZI:   Appena ho sganciato la catenella ed aperto, il giovane si disse ‘incaricato per i termosifoni’, che dovevano essere ispezionati uno ad uno. C’era stata difatti, giorni prima, una questione di radiatori, che alla fine dell’inverno erano ancor più tiepidi della voglia di spendere degli inquilini.

PETTACCHIONI:   Sapete i piani alti figurano assolati, perciò, dato che fa ancora freddo…

MENEGAZZI:   Cosa strana era che il meccanico non aveva con sé la borsa con i ferri. Mi disse che non occorrevano per il momento, dato che si trattava di semplice ispezione. Ancora in anticamera, quello mi guardò fisso! Era uno sguardo implacabile… due occhi fermi come un serpente! E io, allora, mi sono sentita mancare le forze. In quel momento, qualunque cosa mi avesse chiesto, gli avrei senz’altro ubbidito. Maria Vergine! Mi aveva ipnotizzato… Ha fatto il giro della camera da letto e, adocchiati i preziosi, ne ha fatto una manata sola. “Cosa fa?” gli dissi. E lui, rivoltatosi, mi ha puntato una pistola sulla faccia e mi ha detto: “Azzittete, sinnò te addobbo”. Poi ha preso tutto: denaro, gioie e oro…

PRIMO POLIZIOTTO:   Quanto?

MENEGAZZI:   Non saprei: devo ancora quantificare. Comunque, in un baleno, ha avvolto il cofanetto in una fazzolettaccio sudicio e fatto scivolar il portafoglio del mio povero marito in tasca! Madre di Dio, il diavolo in persona! Dopo, minaccioso, con due occhi di tigre, mi ha detto “Zitta, mo!”. Se l’è svignata senza intoppo, come un’ombra. Ho aperto immediatamente la finestra e gridato “Aiuto, al ladro!”. Avrei voluto seguirlo, ma mi sono sentita male, più male di prima.

PETTACCHIONI:   Il 219, con cinque piani a strada più l’attico, due scale e certi uffici al mezzanino, è un porto di mare. Eppoi le scale sono una più buia dell’altra! A dirla tutta, signori miei, io ho inseguito il delinquente con mio marito!

SECONDO POLIZIOTTO:   Ah, ecco qualcuno ha provato ad inseguirlo!

PETTACCHIONI:   In verità, a rincorrerlo giù per le scale e nell’andito, prima ancora di noi, è stato un giovanotto.

PRIMO POLIZIOTTO:   Che giovanotto?

PETTACCHIONI:   Un giovane magro! Pareva il garzone di qualche negozio, con uno straccio legato in vita. Aveva calzoni sportivi e calzettoni verdi. Pareva saettato fuori dopo i colpi di pistola, le revolverate.

SECONDO POLIZIOTTO:   Ah, anche le revolverate!

PETTACCHIONI:   Ma sì, due colpi fortissimi. Ero uscita sulle scale con mio marito, gridando al ladro. Ecco, vedete. Mio marito è uscito arma in pugno (mostra il revolver)

MENEGAZZI:   Beh, adesso non spari a noi! Maria del Carmine, manca solo questo!

PRIMO POLIZIOTTO:   Oh, attenzione!

PETTACCHIONI:   Tranquillo, c’è il fermo, l’asticciola in un buco del tamburo. Là per là, per quanto avesse tentato, non gli è riuscito di sparare. Vedete… il fatto è che tanti anni di assoluta inattività … beh, sì, insomma, mio marito s’è scordato completamente del fermo, che quando è giù, impedisce di sparare.

SECONDO POLIZIOTTO:   Sicché sul più bello ... il ladro se l’è svignata… a tutta gamba, di corsa…

PRIMO POLIZIOTTO:   Ma allora non è stato suo marito ad esplodere le due revolverate?

PETTACCHIONI:   Che vi pare che mio marito è uno sconsiderato che si mette a sparare a casaccio? Lì per lì è stato tentato! Ma poi… oh! Mio marito è un galantuomo. E poi il ladro ha tagliato la corda, purtroppo! Ma un’altra volta non ce la fa.

SECONDO POLIZIOTTO:   E che potete dirmi del garzone?

PETTACCHIONI:   Quello che inseguiva il ladro, no?

MENEGAZZI:   Maria Vergine!

PETTACCHIONI:   Beh, credo di non averlo visto bene e posso dire che… Ah, ecco la professoressa Bertola.

Entra la professoressa Bertola.

BERTOLA:   Buongiorno a tutti. Sono la professoressa Bertola, e se posso dire la mia…

PRIMO POLIZIOTTO:   Prego: siamo qui per saperne di più!

BERTOLA:   Rincasavo: il mercoledì, a scuola, ho solo un’ora, dalle otto alle nove. Stavo per entrare in casa quando ho visto un giovinastro con una tuta da meccanico grigia. Ma era una tuta strana … direi gonfia, e con un involto …

SECONDO POLIZIOTTO:   Aveva un berretto?

BERTOLA:   Il berretto … veramente… il berretto … non potrei proprio dire. Poco prima, sì, sì, questo sì, me lo ricordo bene, ho udito un grido e alcuni rumori, tonfi, che venivano dal portone.

PETTACCHIONI:   Le revolverate sono rimbombate per le scale! Mi sono prese anche le palpitazioni di cuore …

BERTOLA:   Sì, è stato un grande spavento! Eppoi tutto così rapido …

PRIMO POLIZIOTTO:   Ovviamente, nessuna traccia di questa fantomatica pistola?!?

PETTACCHIONI:   Che mi risulti nessuna, purtroppo!

SECONDO POLIZIOTTO:   Eppoi si fa presto a farla sparire. Basta affidarla ad un altro socio balordo.

Entra Ingravallo.

INGRAVALLO:   Chi è stato a chiamare la Polizia?

PRIMO POLIZIOTTO:   Comandi, signor commissario.

SECONDO POLIZIOTTO:   Comandi, signor commissario. Siamo qui per …

INGRAVALLO:   Ho sentito tutto.

BERTOLA:   Sono stata io, signor commissario.

INGRAVALLO:   Lei quindi ha sentito un grido e dopo un po’ ha visto scappare il ladro… Ma quanto tempo è passato dal grido?

BERTOLA:   E che sarà stato? Forse un minuto.

INGRAVALLO:   Beh, ha fiuto oppure è un tipo fortunato. Ma è proprio sicura che non fosse pratico della casa?

MENEGAZZI:   Sì, sì, sicurissima. Non l’avevo mai visto prima!

Entra Liliana Balducci. Il primo poliziotto si avvicina ad Ingravallo.

PRIMO POLIZIOTTO:   (sussurra) C’è la signora dell’appartamento di fronte.

INGRAVALLO:   Buongiorno, signora. Mi scusi … signora?

LILIANA:   Balducci. Liliana Balducci.

INGRAVALLO:   Molto piacere. Sono il commissario Ingravallo.

LILIANA:   Molto onorata. Che posso fare per lei?

INGRAVALLO:   Lei abita nell’appartamento accanto?

LILIANA:   Sì, e appunto come dicevo prima a questo signore (indica il primo poliziotto), pochi minuti prima che si udissero i colpi, qualcuno ha bussato da me.

INGRAVALLO:   Ah, li avete sentiti anche voi?!?

LILIANA:   Beh, sì forti. Voglio dire che prima dei due colpi di pistola, il mio campanello aveva suonato. Al momento ero in bagno e non potevo aprire. Ma sono certa che non avrei nemmeno aperto. Sapete, io medito sempre su ciò che leggo sui quotidiani e poi non riesco a togliermelo dalla mente: quando si è soli in casa, si è sempre timorosi ad aprire …

INGRAVALLO:   Ma, avete un’idea, un sospetto? Potete fornirci un indizio?

LILIANA:   Per ciò che mi riguarda, purtroppo no!

MENEGAZZI: Signor commissario, che dirle?

Entra Assuntina. Il secondo poliziotto si avvicina ad Ingravallo.

LILIANA:   Assuntina.

ASSUNTINA:   Signora.

SECONDO POLIZIOTTO:   E’ la domestica della signora Balducci, tale Assunta Iacovacci. (Ad Assunta) E’ lei Assunta Iacovacci?

ASSUNTINA:   Sì, Assunta Iacovacci, sono io.

SECONDO POLIZIOTTO:   Pare che lei non abbia sentito squillare il campanello.

INGRAVALLO:   Com’è che non ha sentito il campanello?

ASSUNTINA:   L’ho già spiegato a questo signore (indica il secondo poliziotto): stavo con la porta chiusa e con la radio accesa … c’era la musica. Signora, glielo dica lei! Ma che pensano questi?

LILIANA:   Sta tranquilla, Assuntina. Ci sono qua io.

Il primo poliziotto mostra ad Ingravallo  un biglietto del tram azzurro.

PRIMO POLIZIOTTO:   Tramvie dei Castelli. Bucato alla data di ieri. Al nome di … di … Tor … Tor … mannaggia ..!

SECONDO POLIZIOTTO:   Tor Mannaggia? Mai sentita!

PRIMO POLIZIOTTO:   Ma no, dicevo mannaggia la miseria, non si legge … la fermata prima di … Due Santi!

SECONDO POLIZIOTTO:   E’ il Torraccio.

INGRAVALLO:   (alla Menegazzi) E’ vostro?

MENEGAZZI:   No signore, non è il mio.

LILIANA:   Cara signora, permetta di intromettermi, ma forse il biglietto ha a che fare con la vostra domestica, la Cencia?!?

MENEGAZZI:   La Cencia? Poverella. E’una dolce signora di Marino, che viene a mezzo servizio da me. Abita con la gemella. Dovete credermi: pie donne. Tutto il giorno col rosario in mano. Devote a San Giuseppe.

LILIANA:   In effetti, bravissime donne. Anche Don Lorenzo, il nostro parroco, può concordare.

INGRAVALLO:   Allora, questo biglietto chi lo ha lasciato?

MENEGAZZI:   Ho detto la verità. Il malfattore ha tolto la pistola dalla tasca e forse sarà uscito da lì. No, no, non ricordo altro. Lo spavento è stato troppo, Maria Vergine! Rivedo tutto confusamente. Come si può avere memoria a tanti particolari quando si provano certi spaventi?

INGRAVALLO:   Va bene, signora, stia tranquilla. (il primo poliziotto gli consegna il biglietto e lui si rivolge ad Assuntina) Lo conosci questo?

ASSUNTINA:   No. Che è?

INGRAVALLO:   Un biglietto del trenino dei Castelli. Sei fidanzata tu?

ASSUNTINA:   Sì.

INGRAVALLO:   Di dov’è lui?

ASSUNTINA:   Di Roma.

INGRAVALLO:   Sicura?

ASSUNTINA:   Sì … credo.

PRIMO POLIZIOTTO:   E la domenica non ci andate mai ai Castelli? A Frascati? A Marino?

ASSUNTINA:   Io non ci sono mai andata a Frascati. Che ne so di Frascati! Signora, ma che pensano questi? Perché ce l’ hanno con Diomede?

INGRAVALLO:   Dimmi un po’: che mestiere fa questo Diomede? Ma Diomede come?

ASSUNTINA:   Diomede Lanciani. Fa l’elettricista.

LILIANA:   Sì, è vero. E’ venuto da me tempo fa: mi ha aggiustato l’impianto del salotto. Di Assuntina rispondo io, mi creda.

INGRAVALLO:   Va bene, signora. Ma dobbiamo parlare con questo Diomede.

SECONDO POLIZIOTTO:   Dove possiamo trovarlo?

ASSUNTINA:   Dovrebbe essere a momenti qua: ho un appuntamento con lui.

INGRAVALLO:   Attendetelo voi. Io devo concludere un affare da un’altra parte.

PRIMO POLIZIOTTO:   Non dubiti, signor commissario.

LILIANA:   Avete ancora bisogno di noi?

INGRAVALLO:   Per il momento no. Vi faremo sapere. Andate pure, signore. Grazie per la collaborazione.

LILIANA:   Allora io vado. Assuntina, stai tranquilla.

ASSUNTINA:   Grazie, signora. A presto.

TUTTI:   Arrivederci. Buona giornata. A presto. Auguri.

Escono tutti, tranne i due poliziotti e Assuntina.

SECONDO POLIZIOTTO:   Tarderà?

ASSUNTINA:   No, solitamente è puntuale.

PRIMO POLIZIOTTO:   Speriamo.

Entra Diomede Lanciani e cerca di fuggire.

ASSUNTINA:   Diomede!

SECONDO POLIZIOTTO: Ehi, sei Diomede Lanciani tu?

DIOMEDE:   Sì. Perché?

Lo afferrano ed interviene Assuntina.

ASSUNTINA:   No, non ha fatto niente lui. Lasciatelo perdere! Non ha fatto niente.

PRIMO POLIZIOTTO:   Sicché la Menegazzi non la conoscevi?

DIOMEDE:   Io no.

SECONDO POLIZIOTTO:   Ma lei sì.

ASSUNTINA:   Abita qui …

PRIMO POLIZIOTTO:   E sapevate che aveva i soldi!?!

ASSUNTINA:   Lo sanno tutti!

SECONDO POLIZIOTTO:   Dimmi un po’: perché hai tentato di fuggire quando ci hai visto?

DIOMEDE:   Io non sono scappato! E’ che con voi poliziotti non si sa mai che cosa può capitare!

PRIMO POLIZIOTTO:   Ah, vorresti anche dire che non ti siamo simpatici!?!

SECONDO POLIZIOTTO:   E vabbene! Dov’eri questa mattina?

DIOMEDE:   A casa.

PRIMO POLIZIOTTO:   A casa di quella disgraziata stavi!

SECONDO POLIZIOTTO:   Avanti, confessa!

PRIMO POLIZIOTTO:   Tanto qui non ti salva nessuno!

DIOMEDE:   Ma perché non mi volete credere? Io nemmeno l’ ho vista a quella!

ASSUNTINA:   E’ vero. Stava a casa sua.

SECONDO POLIZIOTTO:   E tu che ne sai?

ASSUNTINA:   Gli ho telefonato io. Stava parlando con me al telefono. E’ per questo che non ho sentito il campanello. Lo giuro.

Entra Ingravallo.

INGRAVALLO:   Ma perché ti ostini a difenderlo?

ASSUNTINA:   Perché è la verità.

INGRAVALLO:   Portateli via. Lui a Regina Coeli, lei alle Mantellate.

I due poliziotti li afferrano.

ASSUNTINA:   Non, non è stato lui. Ve lo giuro. Ve lo può giurare anche lui. Non ci rovinate! Voi vi maledite da soli, se ci arrestate.

DIOMEDE:   Dottore …

INGRAVALLO:   Eh?

DIOMEDE:   Dottore, la mandi via. Voglio parlare con lei, da solo a solo. Le dico tutto.

INGRAVALLO:   Portatela in ufficio.

ASSUNTINA:   Grazie, signor commissario. Mi raccomando. E’ innocente. Addio, Diomede.

DIOMEDE:   Addio, Assuntina.

I due poliziotti escono con Assuntina.

INGRAVALLO:   E allora?

DIOMEDE:   Io l’alibi ce l’ ho, dottore.

INGRAVALLO:   Ah, sì? E perché non l’ hai detto subito?

DIOMEDE:   Per lei. Ci dobbiamo sposare. Stavo con una donna, americana. Ci sono stato tutta la notte, fino alle undici di questa mattina. Non mi crede? Ecco, guardi: questo è suo, me lo ha dato lei, stamattina.

Mostra ad Ingravallo un orologio o un anello.

INGRAVALLO:   A saldo. Beh adesso vediamo se questa storia è vera! Vieni con me.

Escono entrambi. Entrano la Pettacchioni e la Bertola.

BERTOLA:   Allora, è vero che al momento del fatto nessun inquilino ha ricevuto nulla da nessun salumiere?

PETTACCHIONI:   Ma chi lo sa con questo porto di mare del palazzo? Qua c’è anche gente di commercio … che si crede?!?

BERTOLA:   E per chi vengono questi garzoni?

PETTACCHIONI:   Beh, vengono un po’ per tutti … Mi faccia pensare! Giusto per lei, cara professoressa! Qualche volta è venuto un garzone con i pacchi. Non l’ ho mai visto bene in faccia: sicché, proprio com’era, non mi ricordo.

BERTOLA:   Io? Garzoni? Che dice?

PETTACCHIONI:   Signora mia, non vorrà dire a me che non è vero?!? Lei è sola …

BERTOLA:   Beh, allora, che vuole dire?

PETTACCHIONI:   Dico che qualcuno che le porti qualcosa da mangiare a casa, ci può anche essere! No, non le pare?

BERTOLA:   E che c’è di male? Che insinua?

PETTACCHIONI:   No, è solo per agevolare le indagini della Polizia!

BERTOLA:   E da quando in qua è diventata poliziotta? E poi lei agevola la Polizia e mette nei guai me!

PETTACCHIONI:   Beh, si fa tutto per collaborare e tenersi a disposizione della Legge! Si può dire che è il mio passatempo preferito!

BERTOLA:   Io, invece, ho altri passatempi. Perciò, ognuno conservi il proprio e rispetti quello degli altri!

PETTACCHIONI:   Che caratterino!

BERTOLA:   Provinciale. Beh, adesso vada a finire le pulizie per le scale.

PETTACCHIONI:   No, no, rientro a casa per cucinare, altrimenti mio marito chi lo sente. Arrivederci.

BERTOLA:   Arrivederci.

Escono entrambe. Buio. Musica In Questura. Entrano Ingravallo e Diomede.

INGRAVALLO:   Siedi.

Diomede si siede. Entrano i due poliziotti con la cittadina americana.

PRIMO POLIZIOTTO:   Dottore, siamo riusciti a trovarla, ma …

AMERICANA: Well!! Will you please explain… what this is all about…E’ assurdo! Voi non potete trattarmi così! Io sono una cittadina americana…You can't possibly hold me here! I wish to telephone immediately..Voglio parlare immediatamente con mia ambasciata!

INGRAVALLO:   Lei può parlare con chi crede. Prima mi dica se questo è suo! (le mostra l’orologio o l’anello)

AMERICANA:  I refuse to answer any question … Prossima volta andrò in vacanza da un’altra parte!

INGRAVALLO:   Per me può andare al diavolo. Allora è suo questo?

AMERICANA:   No.

DIOMEDE:   Ma come non è tuo! Ma non ti ricordi? Stamattina, quando sono andato via, ti ho detto: “Lo piglio?”

INGRAVALLO:   E’ suo, sì o no?

AMERICANA:   No.

DIOMEDE:   E’ matta! Mi vuole rovinare!

AMERICANA: Is that all?   Posso andare?

DIOMEDE:   Sono stato con lei fino a questa mattina e lei per sdebitarsi … glielo può dire anche il portiere!

INGRAVALLO:   Ma piantala va! Permette? (Prende l’orologio o l’anello e lo prova al braccio dell’americana, alla quale sta bene) E ora fatele firmare una bella dichiarazione, nella quale ci sia tutto. Accompagnatela. (Escono i due poliziotti con l’americana) Certo che sono generose queste straniere. Senti un po’ ma … come fai a trovarle? Sono loro, no!?! Passano, guardano, magari sorridono … e poi le inviti a cena e … Ma per il conto come fate? …  Vi passano i soldi prima oppure … metà e metà, con il gioco del resto, eh?!? Loro pagano e tu pigli il resto, no!?! E rispondi! (cerca di giragli la faccia)

DIOMEDE:   Ma che vuole da me? Mica si lavora tutti i giorni, no!

INGRAVALLO:   Ah! Vattene, va! (Diomede va verso l’uscita di destra) No, non di lì, dall’altra parte.

DIOMEDE:   Per favore, ad Assuntina …

INGRAVALLO:   Beh?

DIOMEDE:   No, niente … niente.

Diomede scende le scale di destra e va via.

Entrano i due poliziotti con la Menegazzi.

PRIMO POLIZIOTTO:   Ce l’abbiamo fatta, finalmente, eh!

SECONDO POLIZIOTTO:   Meno male!

PRIMO POLIZIOTTO:   Però, mi scusi, signora, un po’ dura!

MENEGAZZI:   Non capisco!

PRIMO POLIZIOTTO:   Eh, altro che!

SECONDO POLIZIOTTO:   Ha firmato, no!

PRIMO POLIZIOTTO:   Sì, sì.

MENEGAZZI:   Sì, sì, ho firmato!

SECONDO POLIZIOTTO:   Era ora!

MENEGAZZI:   Posso andare?

INGRAVALLO:   Eh? Sì, sì, non serve altro per ora.

MENEGAZZI:   Permesso.

INGRAVALLO:   Prego.

La Menegazzi sta per uscire ma poi torna indietro.

MENEGAZZI:   Senta, commissario …

INGRAVALLO:   Sì?!?

MENEGAZZI:   A me questa storia sembra tutta un po’ ridicola.

INGRAVALLO:   Come?

MENEGAZZI:   No, dico, data la piccola entità del danno, se almeno fosse possibile non fare tanto chiasso sui giornali!?! Sa, io faccio una vita tranquilla, riservata. Io sono una persona rispettabile. E, da un momento all’altro, non vorrei leggere sui giornali articoli strani sul mio conto. Per favore, signor commissario, glielo chiedo in nome di mia madre.

INGRAVALLO:   Vedrò, vedrò di tenere lontani i giornalisti. Può andare.

MENEGAZZI:   Grazie, grazie. Sempre a disposizione. Arrivederci.

Esce la Menegazzi con il secondo poliziotto.

SECONDO POLIZIOTTO:   (da dietro) Dottore, è arrivata la professoressa Bertola

INGRAVALLO: Fatela accomodare, ma continuate voi con lei. Io devo andare da un’altra parte.

Esce Ingravallo.

PRIMO POLIZIOTTO:   Prego, si accomodi, signora.

Entra il secondo poliziotto con la professoressa Bertola.

BERTOLA:   Grazie. Io, da ieri, non so darmi pace! Si è impadronita di me un’incredibile angoscia. Io non so nulla, non credo a nulla, non immagino nulla! Vi dico che mi hanno mandato a casa generi alimentari, ma non ricordo chi! Non ho fornitori fissi. Compro qua e là: oggi da uno e domani da un altro. Così! Dove capita, capita. Quando c’è convenienza o roba buona. Qualche riserva a casa può far sempre comodo a chi è sola come me. Chi porta questa roba, si sa, è il fattorino di qualche negozio …

PRIMO POLIZIOTTO:   Alla portiera avete detto che compravate il prosciutto a via Panisperna …

BERTOLA:   Ah, già, ora che ci penso, mi ricordo anch’io, che una volta … mi sono comprato un prosciuttino di montagna … me lo sono fatto mandare a casa dal salumaio bolognese di via Panisperna.

SECONDO POLIZIOTTO:   A proposito, è stato anche convocato il giovane in questione con altre persone. Sono già di là.

PRIMO POLIZIOTTO:   E allora falle passare, no!

Esce il secondo poliziotto.

SECONDO POLIZIOTTO:   (da dietro) Signori, prego, accomodatevi tutti da questa parte.

Entrano il garzone, la Menegazzi, la Pettacchioni ed infine il secondo poliziotto.

PRIMO POLIZIOTTO:   Buongiorno a tutti. Ebbene: lo riconoscete? E’ lui?

Le donne lo osservano.

PETTACCHIONI:   No, non è lui. Eppoi io non l’ho veduto in faccia.

MENEGAZZI:   A me non mi pare … Potrebbe non essere lui!

BERTOLA:   E’ quello che mi ha portato il prosciutto.

GARZONE:   Aho, ma che vuole quella da me?

SECONDO POLIZIOTTO:   Oh, poche storie, giovane. Ammette di conoscere la signora qui presente?

GARZONE:   E’ venuta a negozio qualche volta. Un giorno le ho portato a casa un prosciutto di montagna. Adesso ricordo perché pioveva forte e mi sono bagnato tutto.

PRIMO POLIZIOTTO:   Ci siete andato più di una volta? Conoscete la casa?

GARZONE:   Io? … La casa? Ci sono andato due o tre volte quando c’è stato da portare qualcosa.

BERTOLA:   Confermo. E’ venuto due o tre volte, difatti. Gli ho dato anche la mancia.

SECONDO POLIZIOTTO:   (alla Pettacchioni) E’ lui il giovane che ha gridato dalle scale?

PETTACCHIONI:   No, no, nemmeno quello. Sono sicura. Quello aveva una voce diversa. Sì, non era lo stesso. Quello era più giovane, vi dico.

PRIMO POLIZIOTTO:   (al Garzone) Per il momento può andare.

GARZONE:   Buona giornata a tutti e … sempre a disposizione.

Esce il garzone ed il secondo poliziotto ordina le carte sul tavolo.

SECONDO POLIZIOTTO:   Allora, riepilogando: la signora Pettacchioni dice di non aver veduto bene il garzone, il quale è stato visto dalla signora Bertola, in grado di riconoscerlo. E’ così?

BERTOLA:   Beh, sì.

PRIMO POLIZIOTTO:   Invece, lei è la portiera …

PETTACCHIONI:   E allora?

BERTOLA:   Allora, il suo mandato è anche quello di controllare al passaggio chiunque.

PETTACCHIONI:   Ah, cara professoressa, si spieghi meglio!

MENEGAZZI:   E’ una donna come poche. Veramente coscienziosa, irreprensibile. Dà a tutti tante soddisfazioni!

PETTACCHIONI:   Obbligata.

BERTOLA:   Beh, insomma, ve l’ ho già detto. Io sono una che compra dove capita. Anche l’altro giorno la donna di servizio di un mio collega mi ha portato a casa della roba.

SECONDO POLIZIOTTO:   Ha detto la donna di servizio?

BERTOLA:   Ma certamente.

PRIMO POLIZIOTTO:   Bene. Care signore, per il momento potete andare!

PETTACCHIONI:   Beh, arrivederci.

MENEGAZZI:   Grazie di tutto. Sempre a disposizione.

PETTACCHIONI: Naturalmente, anch’io resto a disposizione. 

Escono le donne. La Bertola si avvicina al secondo poliziotto.

BERTOLA:   Quelle per metterci una buona parola …

SECONDO POLIZIOTTO:   Prego?

BERTOLA:   Insomma, mettetevi nei miei panni … sentir dire: abbiamo visto la professoressa Bertola che arranca con un caciocavallo al collo …

PRIMO POLIZIOTTO:   Adesso, non si preoccupi. E’ tutto a posto. Può andare. Grazie.

BERTOLA:   Arrivederci.

Esce la Bertola.

SECONDO POLIZIOTTO:   Quella non canta! E’ inutile prenderla di petto.

PRIMO POLIZIOTTO:   La Bertola conosce il garzone. Ma vuole fare credere di cadere dalle nuvole! Quell’ambiguità, quel contegno, quella reticenza …

Entra il Dottor Fumi.

SECONDO POLIZIOTTO:   Comandi, Eccellenza.

PRIMO POLIZIOTTO:   Comandi, Eccellenza.

FUMI:   Beh, allora, novità di rilievo?

SECONDO POLIZIOTTO:   A dire il vero, cercavamo di capire l’atteggiamento della Bertola.

FUMI:   Già, proprio lei, l’ottima professoressa.

PRIMO POLIZIOTTO:   E pensare che è molto più semplice parlare per lei.

E’ chiaro che il rapinatore ha suonato ai Balducci per sbaglio. Ravvedutosi, e non ricevendo risposta, ha suonato all’uscio dirimpetto.

FUMI:   Deve aver suonato dai Balducci per garantirsi che nessuno fosse in casa. La signora esce abitualmente a quell’ora, il marito è sempre in viaggio di affari, la cameriera entra ed esce… Dalla descrizione della Menegazzi deve essere un mascalzone di fuori! Comunque, scorrendo la nota delle ripescate ad ora scura dal pattuglione della buon costume, mi sono soffermato sulle generalità di una tizia fermata al Celio e qualificatasi per cucitrice, senza fissa dimora, da … Torraccio. (Legge dalla scheda) Cionini Ines, anni 20, nubile. Ha ingiuriato gli agenti. Che è questo pant.?

SECONDO POLIZIOTTO:   Pantaloni, eccellenza: fa la pantalonaia.

FUMI:   Beh, occupatevene voi al più presto. Cercate di saperne di più.

PRIMO POLIZIOTTO:   A questo proposito, dovrebbe esserci la dichiarazione del bigliettaio delle tranvie dei Castelli.

FUMI:   (osserva sul tavolo) Il numero progressivo e la serie di un biglietto, il foro alla data, 13, e lo strappo alla fermata, il Torraccio, hanno consentito di stabilire giorno, ora, vettura d’emissione del biglietto…….. In una domenica pomeriggio, sale una folla di persone ed è difficile ricordare qualcuno in particolare. Ma lui ha fatto uno sforzo con la memoria e ha ricordato un giovanotto con una sciarpa di lana verde! L’ ha colpito il fatto che nel dargli il biglietto, la sciarpa gli copriva mezza faccia. Era come se facesse chissà quale freddo. Allora era il turno del 13 marzo, al Torraccio. E l’uomo se ne stava a capo chino senza guardare in faccia nessuno. Non lo conosceva affatto. Forse non lo avrebbe nemmeno visto. Il problema è di difficile soluzione. Troppe discrepanze, troppi vuoti.

SECONDO POLIZIOTTO:   Eccellenza, non possiamo farci scoraggiare da una rapina. Riusciremo come al solito.

FUMI:   Dobbiamo sbrigarci, anche perché al momento ci sono cose che hanno la precedenza. E poi non dimentichiamo l’opinione pubblica. Comunque, datemi notizie al più presto.

SECONDO POLIZIOTTO:   Comandi, eccellenza.

Buio. Escono tutti. Luce sull’appartamento della signora Balducci. Bussa Ingravallo.

LILIANA:   Chi è?

INGRAVALLO:   Sono il commissario Ingravallo, signora. Disturbo?

LILIANA:   (va ad aprire) Mi scusi, ma dall’altro giorno quando sento bussare alla porta mi viene un tuffo al cuore.

INGRAVALLO:   Per questo ho bussato alla porta e non ho suonato il campanello! Ma lei è sola in casa?

LILIANA:   Sì. Assuntina è fuori, mio marito è ancora in viaggio.

INGRAVALLO:   Sa, ero andato di là dalla signora Menegazzi ed ho pensato di vedere un momento Assuntina, perché siamo stati un po’ bruschi con lei.

LILIANA:   Povera Assuntina. Ha preso una bella paura, così come Diomede.

INGRAVALLO:   Sì?!?

LILIANA:   Hanno già fatto le pubblicazioni, sa?

INGRAVALLO:   Ah, non perdono tempo!

LILIANA:   Posso offrirle qualcosa?

INGRAVALLO:   No, grazie.

LILIANA:   Senza complimenti?

INGRAVALLO:   No, grazie, come se avessi accettato. (guarda la bambola) Bella, eh! Un ricordo d’infanzia, immagino.

LILIANA:   Sì, sì, la vide mio padre, in una vetrina, una sera tardi …. Io avrò avuto nove anni … Eravamo stati a trovare nonna, mi ricordo. Era tardi e i negozi chiudevano. Mio padre mi teneva per mano e si fermò a guardare la bambola in vetrina. “Guarda, ti assomiglia” mi disse e in quell’attimo la vetrina improvvi-samente spense tutte le luci, ed io scoppiai a piangere. Chissà perché? Lui allora entrò di corsa e me la volle comprare a tutti i costi. Mi ero messa in testa che avrei avuto una bambina così … Assuntina tornerà da un momento all’altro, ma forse lei ha fretta!?!

INGRAVALLO:   Beh, la saluti lei signora e le faccia i miei auguri.

LILIANA:   Grazie. Le farà piacere.

INGRAVALLO:   Arrivederci, signora.

LILIANA:   Arrivederci.

Esce Ingravallo. Liliana prende la bambola e la guarda. Musica seriosa e buio. Grido di donna.

GIULIANO:   Pronto, Polizia. Presto, correte subito a casa Balducci, in via Merulana 219. E’ orribile!

Luce sull’ufficio di Polizia. Entra il primo poliziotto.

PRIMO POLIZIOTTO:   Eccellenza, Eccellenza …

FUMI:   Che accade?

PRIMO POLIZIOTTO:   A via Merulana 219 … un orrore … hanno chiamato dal Commissariato …

FUMI:   Calma. Che è stato?

PRIMO POLIZIOTTO:   Hanno tagliato la gola alla signora Balducci. L’ ha trovata suo cugino in un lago di sangue, Madonna!

FUMI:   Chiamate Ingravallo ed andate a vedere che è accaduto! Sbrigatevi. Questa non ci voleva. Adesso dovrò riferire a … Beh, andate e tenetemi informato!

PRIMO POLIZIOTTO:   Comandi, Eccellenza. Ci precipitiamo.

Escono tutti. Buio. Luce sull’appartamento di casa Calducci.

SECONDO POLIZIOTTO:   (da dietro) Bella donna.

PRIMO POLIZIOTTO:   (da dietro) Quanti anni aveva?

SECONDO POLIZIOTTO:   (da dietro) Trentasette.

PRIMO POLIZIOTTO:   (da dietro) Portati bene!

SECONDO POLIZIOTTO:   (da dietro) Portati poco, poveraccia!

Entrano i due poliziotti, Valdarena, il cugino di Liliana, e Ingravallo.

SECONDO POLIZIOTTO:   Signor commissario, il Dottor Valdarena, cugino della defunta. Dottor Valdarena, il commissario Ingravallo della Mobile di Roma.

INGRAVALLO:   Ingravallo.

VALDARENA:   Valdarena.

PRIMO POLIZIOTTO:   Il dottor Valdarena era venuto a salutare la cugina.

VALDARENA:   Sì, la povera Liliana voleva assolutamente vedermi, quasi presaga di ciò che stava per accadere.

SECONDO POLIZIOTTO:   Il dottor Valdarena è arrivato per primo sul luogo del delitto …

PRIMO POLIZIOTTO:   E’ stato il primo ad entrare. Poi ha telefonato in Questura …

VALDARENA:   Sa, non capivo più dove fossi.

INGRAVALLO:   Allora, hanno finito con i rilievi?

SECONDO POLIZIOTTO:   Sì, sì, tutto a posto.

INGRAVALLO:   Trovato niente?

PRIMO POLIZIOTTO:   Niente.

INGRAVALLO:   (avvicinandosi a Valdarena) Posso, scusi? (la giacca è insanguinata) Ha visto quella macchia di sangue, proprio lì sulla spalla?

VALDARENA:   Oh, Dio Santo, è sangue?!? (tira fuori il fazzoletto)

INGRAVALLO:   Dia qua, ci penso io. (gli fa sfilare la giacca e la dà ad uno dei poliziotti)

VALDARENA:   Un momento … grazie.

INGRAVALLO:   Prego.

VALDARENA:   Signor commissario, mi creda, glielo confesso: ho toccato il viso alla povera Liliana. Ho voluto farle come una carezza per dirle addio! Era fredda! E poi …

INGRAVALLO:   E poi?

VALDARENA:   Poi ho capito che non avevo il diritto di toccare nulla. Allora ho telefonato in Questura. Che dovevo fare?

INGRAVALLO:   Com’è che lei è così calmo?

VALDARENA:   Calmo? Non riesco a piangere.

INGRAVALLO:   Dottore, lei deve dire come stanno le cose!

VALDARENA:   Come stanno le cose sto dicendo …

SECONDO POLIZIOTTO:   Ah, dottore, scusi, ma il signor Balducci dovrebbe tornare da Milano domani.

PRIMO POLIZIOTTO:   Abbiamo anche rintracciato Cristoforo, il fattorino dei Balducci … Se volete, dottore, lo sentiamo noi?

INGRAVALLO:   Fateci una bella chiacchierata.

SECONDO POLIZIOTTO:   Comandi, dottore.

Escono i due poliziotti.

INGRAVALLO:   Dunque, torniamo a noi. Che mi dice della povera signora Liliana?

VALDARENA:   Reggeva il peso di un matrimonio inutile. Lei voleva bambini e non ne ebbe. Abortì due volte … Probabilmente con un piccolo intervento … Ma, sa, il marito aveva le sue idee, idee di paese, all’antica.

INGRAVALLO:   E … lei, dottore?

VALDARENA:   Ma io raccoglievo i suoi sfoghi. Cosa vuole, io sono un medico.

INGRAVALLO:   E … le giovava? Alla povera signora, voglio dire.

VALDARENA:   Francamente sì. Questione di persuasione, di ascendenze …

INGRAVALLO:    E di fascino, diciamolo.

VALDARENA:   Mah!?!

INGRAVALLO:   E a lei quanto fruttava?

VALDARENA:   Che?

INGRAVALLO:   Beh, questa lenta e paziente opera di persuasione.

VALDARENA:   Non capisco!

INGRAVALLO:   Abbiamo trovato alcune cambiali sue, avallate dalla povera signora …

VALDARENA:   Sì, mia cugina mi aiutava un po’ … Eravamo parenti e poi mi voleva anche molto bene!

Entra il primo poliziotto.

PRIMO POLIZIOTTO:   Dottore, mi scusi, ma ci sono di là  Don Lorenzo ed Assunta Iacovacci …

INGRAVALLO:   Fateli entrare adesso.

PRIMO POLIZIOTTO:   Prego, accomodatevi.

Esce il primo poliziotto ed entrano Don Lorenzo Corpi ed Assuntina.

ASSUNTINA:   E’ permesso?

INGRAVALLO:   Sì, avanti.

ASSUNTINA:   Mi scusi, dottore, ma vorrei riconsegnare le chiavi di casa.

INGRAVALLO:   Buongiorno, Don Lorenzo. Prego, accomodatevi. Mi scusi qualche istante, dottore.

VALDARENA:   Ma la prego, si figuri.

DON LORENZO:   Buongiorno a tutti e due.

Si defilano tutti e tre da Valdarena.

INGRAVALLO:   Sai mica se la portiera avesse un doppione?

ASSUNTINA:   No, sono tre in tutto. Quella della signora, quella del signor Remo e questa qui (mostra la chiave)

INGRAVALLO:   Vai al paese?

DON LORENZO:   No, questa notte l’accompagno da certe suore. Ho già parlato con loro.

ASSUNTINA:   (singhiozzando) Proprio stamattina m’aveva detto: “Avrai un bel corredo”, quello suo! Voleva far cambiare le cifre dalle suore.

INGRAVALLO:   Sei uscita presto stamattina?

ASSUNTINA:   Sì, assieme a lei. La signora è andata in chiesa e io …

DON LORENZO:   Lei è andata per l’anello, sa?

INGRAVALLO:   E che ti vergogni? Quando vi sposate?

ASSUNTINA:   Beh, doveva essere giovedì, ma adesso …

INGRAVALLO:   Dimmi un po’, ma tu, tu credi che c’è stato chi voleva rubare?

ASSUNTINA:   Ma, dicono che non è stato toccato niente …

INGRAVALLO:   Sì, ma tu non sai se, a parte i gioielli che non sono stati toccati, non sai se in casa …

ASSUNTINA:   Ah sì, i soldi del dottore. Quando ho lasciato la signora sul portone, mi ha detto che, se rientravo prima di lei, dovevo consegnare al dottor Valdarena una busta che aveva lasciato sul caminetto.

INGRAVALLO:   Ah! Scusa, ma la signora andava d’accordo col marito?

ASSUNTINA:   Sì, credo di sì. Non litigavano mai.

INGRAVALLO:   Senti un po’, ma … cosa c’era esattamente tra la signora e Valdarena?

ASSUNTINA:   Niente, no, non quello che pensa lei!

INGRAVALLO:   Adesso vai pure, Assuntina, e stai tranquilla.

ASSUNTINA: Grazie, signor commissario. A presto.

DON LORENZO:   Anch’io vado. L’accompagno dalle suore.

INGRAVALLO:   Arrivederci, padre.

VALDARENA:   (ironico) Arrivederci.

INGRAVALLO:   Tornando a noi, ma lei sua cugina la incontrava spesso?

VALDARENA:   (sorridendo) Come? Ah no, se lei pensa che io fossi l’amante di mia cugina … Oddio, avrebbe potuto anche accadere!

INGRAVALLO:   Allora lei, dottore, faceva resistenza, immagino?!?

VALDARENA:   Fingendo di non capire … Che dovevo fare?

INGRAVALLO:   Niente di più di quello che faceva: riscuotere il fisso a fine mese e … gli extra!

VALDARENA:   No, non riuscirà a farmi perdere la pazienza!

INGRAVALLO:   Scommettiamo? Dunque, lei entrò dalla porta di ingresso e vide il corpo lì per terra. Esatto?

VALDARENA:   Esattissimo!

INGRAVALLO:   Dei soldi lo sapeva o li vide poi? Telefonò subito o andò direttamente a prendere la busta sopra il caminetto?

VALDARENA:   Ma sono i miei, c’è scritto anche sulla busta: guardi!

INGRAVALLO:   No, no, no, aspetti. Sicché lei si preoccupò subito dei suoi soldi!?! Ecco, lei scavalcò il corpo disteso, andò a prendere la busta, scavalcò di nuovo e poi telefonò, non è così?

VALDARENA:   Ma lei non ha il diritto di trattarmi così!

INGRAVALLO:   Fuori! Vada via!

VALDARENA:   Ma …

INGRAVALLO:   Fuori!

Entrano i due poliziotti.

PRIMO POLIZIOTTO:   Beh, dottore, mi pare che qui ormai … Ah, il marito è stato avvisato!

SECONDO POLIZIOTTO:   Sì, sì, attendiamo notizie da Lugano.

INGRAVALLO:   Beh, andiamo!

Escono tutti. Buio e musica.

                                        - SECONDO ATTO -

Musica. Ufficio di Polizia. Entrano Fumi e Balducci.

FUMI:   Mi scusi se l’ ho fatta aspettare.

BALDUCCI:   Non importa.

FUMI:   Ma si accomodi, prego.

BALDUCCI:   Grazie.

FUMI:   Mi scusi. Innanzitutto voglio farle le mie condoglianze, sa, l’altro giorno con tutta la confusione francamente me ne sono proprio dimenticato.

BALDUCCI:   Beh, anch’io dopo la notizia … deve capirmi …

FUMI:   Oh, beh … in certi momenti … Dunque, da stamane sono stati tolti i sigilli al suo appartamento. Da stasera può tornare a dormire a casa sua.

BALDUCCI:   Beh, non mi sarà così facile, credo.

FUMI:   Dovrà pur decidersi una volta o l’altra. E prima si affrontano certe situazioni  e meglio è, sa! D’altra parte, l’appartamento è suo, cioè era di sua moglie, adesso è suo. Non le conviene venderlo, sa, un appartamento dove è stato commesso un delitto sarebbe deprezzato: la gente è superstiziosa!

BALDUCCI:   E i rilievi sono stati utili? Avete una traccia?

FUMI:   Brancoliamo. Il fatto più curioso è che nello stesso palazzo, sullo stesso pianerottolo, proprio nell’appartamento accanto al suo, una settimana prima, era stata commessa una rapina. Lo sapeva?

BALDUCCI:   Sì, ho letto i giornali.

FUMI:   E’ difficile immaginare una relazione tra i due fatti, ma … ma ancor di più che non ci sia, no? Due bombe non cadono mai nello stesso posto, ma questa volta ci sono cadute. (sorride)

BALDUCCI:   Già!

FUMI:   Senta un po’: che mi dice lei di Valdarena?

BALDUCCI:   Beh, so così poco di lui. Un lontano cugino di mia moglie, niente di più. La mia povera Liliana si era un po’ spinta con lui. Non vorrei che fraintendesse!

FUMI:   Capisco, ma mi scusi, sa, io dovrei fare una domanda un po’ indiscreta: quali erano i rapporti con sua moglie?

BALDUCCI:   Perché mi chiede questo?

FUMI:   Beh, …le due camere da letto …

BALDUCCI:   Povera Liliana. E’ necessario parlare anche di questo?

FUMI:   E’ necessario, mi scusi.

BALDUCCI:   Ebbene, dopo il secondo aborto, quattro anni fa, da allora tra noi non rimase che dell’affetto, dell’amicizia, una tenera amicizia.

FUMI:   Mmm, capisco. E in questi anni lei, mi scusi, niente, niente di serio naturalmente, ma … beh via, siamo tra uomini, viaggiando un po’ qua, un po’ là, beh sì, insomma, naturalmente, eh?

BALDUCCI:   Beh sì, naturalmente!

FUMI:   Ah, ah, naturalmente! Mi scusi, sa, ma lei deve rendersi conto!

BALDUCCI:   Sì, mi rendo conto, certo. Mi auguro che tutto ciò finisca al più presto!

FUMI:   Per quanto mi riguarda, è già finito.

BALDUCCI:   Grazie. Posso andare?

FUMI:   Dovrebbe attendere ancora di là per le ultime formalità.

BALDUCCI:   Va bene. (fa per uscire)

FUMI:   Sua moglie ha fatto testamento?

BALDUCCI:   Perché avrebbe dovuto farlo?

FUMI:   Già, eppure l’ ha fatto. L’ ha fatto e anche rifatto, una settimana prima di morire.

BALDUCCI:   Sinceramente non capisco.

FUMI:   Lo capiremo presto. Eh, mi scusi di nuovo, di là. A dopo.

BALDUCCI:   Beh, allora, a dopo.

Esce Balducci ed entrano i due poliziotti.

PRIMO POLIZIOTTO:   Eccellenza, comandi.

SECONDO POLIZIOTTO:   Comandi, eccellenza.

FUMI:   Come procedono le indagini?

PRIMO POLIZIOTTO:   Nessuna evidenza di furto, nessuna arma rinvenuta …

SECONDO POLIZIOTTO:   … e nessuna indicazione, eccetto quel sangue a terra … trascinato dai tacchi …

PRIMO POLIZIOTTO:   … l’arma deve essere un coltello affilatissimo: le gocce parevano colate da una lama.

SECONDO POLIZIOTTO:   … l’assassino, di certo, ha colpito all’improvviso ed insistito poi nella gola, nella trachea …

PRIMO POLIZIOTTO:   … la colluttazione doveva essere stata solo un misero conato, l’abbozzo di un gesto da parte della vittima …

SECONDO POLIZIOTTO:   … la ferita era profondissima, orribile: a momenti resecava metà collo …

FUMI:   Prima una rapina e poi un omicidio così efferato nello stesso palazzo e nello stesso piano, a tre giorni di distanza … I due delitti non hanno nulla in comune. Il primo è stato consumato da un malvivente ben informato: una rapina a domicilio con il garzone come complice. E la suonata di campanello ai Balducci può essere un errore o un’alternativa, una precauzione … A questo punto è bene studiare separatamente i due casi. La povera Balducci pare non abbia ricevuto nessuno in quelle due ultime ore di vita! Nessuno, all’infuori del suo carnefice! Non sono stati uditi grida, rumori, tonfi … Eh, ancora brancoliamo nel buio!

PRIMO POLIZIOTTO:   Eccellenza, mi scusi, ma vado a controllare di là chi è arrivato.

FUMI:   Ah, bene. Ma adesso pensiamo prima a Balducci.

Il primo poliziotto esce.

PRIMO POLIZIOTTO:   Prego, si accomodi. Ah, è arrivato anche lei, Don Lorenzo.

DON LORENZO:   Si attendo disposizioni.

PRIMO POLIZIOTTO:   Sì, certamente.

Entrano Balducci il marito di Liliana, e il primo poliziotto.

FUMI:   Prego, si accomodi. Mi scusi l’anticamera, ma il più delle volte il dovere è ingrato.

BALDUCCI:   Sono ancora sconvolto. Non so chi possa essere stato a volerle così male da commettere quello scempio su di lei, anima buona. Ma se c’è una giustizia …

FUMI:   La comprendo perfettamente, ma il corso della legge è inesorabile con il dolore umano. Dovrebbe dirmi, da una sua prima ricognizione, che cosa manca in casa!

BALDUCCI:   Mancano il denaro e le gioie, che mia moglie teneva in un cofanetto di ferro nel secondo cassetto del comò. E’ sparito scrigno e contenuto! Non trovo nemmeno la chiave!

FUMI:   Signor Balducci, è innegabile che lei e sua moglie avevate una posizione economica molto solida!

BALDUCCI:   Eccellenza, non si lasci ingannare dalle apparenze! Io … Liliana mia! Ma che?

FUMI:   Stia calmo. Nessuno insinua niente.

BALDUCCI:   Liliana teneva le cassette di sicurezza in banca. La questione dei soldi tra me e lei non è mai esistita.

FUMI:   Come mai, con tanta disponibilità economica, vivevate là tra bottegai tignosi, negozianti in ritiro, commendatori?

BALDUCCI:   Beh, la pigrizia. L’appartamento l’aveva comprato mio suocero, che lo aveva abitato con Liliana ragazza. Con lei ci siamo conosciuti e sposati là.

FUMI:   Era il vostro nido, capisco. Comunque, adesso avrà modo di riordinare le idee. E se le capita di soffermarsi su qualche particolare che può aiutarci, è pregato di farlo presente. (al secondo poliziotto) Controlla se le altre persone sono arrivate, ma fa passare prima Don Lorenzo Corpi.

SECONDO POLIZIOTTO:   Immediatamente, eccellenza.

Esce il secondo poliziotto.

FUMI:   Ho convocato alcune persone per la lettura di un atto che ha un’estrema importanza.

Entra il secondo poliziotto e Don Lorenzo Corpi.

SECONDO POLIZIOTTO:   Si accomodi pure, Don Lorenzo.

DON LORENZO:   E’ permesso, eccellenza?

FUMI:   Prego, entri pure. Si accomodi e ci dica del misterioso testamento.

DON LORENZO:   Ecco io ero fuori Roma da certi amici e al ritorno ho saputo della povera signora Balducci, perciò mi sono fatto premura di cercare il suo testamento e di venire qua.

BALDUCCI:   Un testamento? Non ne so niente! E lo ha affidato a Don Lorenzo!

DON LORENZO:   Difatti. Lo avevo depositato al Banco di Santo Spirito con altri ricordi personali. (lo tira fuori dalla tasca) Eccolo qua! (la consegna a Fumi)

FUMI:   (esamina la busta) Sapete bene che per aprirlo occorrono notaio, parenti e testimoni, perciò chiamerò il notaio di fiducia della famiglia.

BALDUCCI:   Resto ancora basito, anche se devo complimentarmi con la vostra efficienza, il vostro zelo.

FUMI:   Prego, fate accomodare il notaio e il dottor Valdarena.

PRIMO POLIZIOTTO:   Eccellenza, subito.

Esce il primo poliziotto.

PRIMO POLIZIOTTO:   (da dietro) Prego, accomodatevi.

Entrano il notaio, Valdarena, Assuntina e il primo poliziotto.

FUMI:   Prego, signori, accomodatevi. Benvenuti a tutti. Conoscete già il motivo di questa convocazione. Anche se appare curioso che una donna di trentasette anni pensi a far testamento. Ma è ancor più curioso che lo cambi proprio una settimana prima di essere uccisa. Si direbbe che l’aspettasse …

DON LORENZO:   La povera signora Liliana era una creatura molto apprensiva, molto sensibile e … molto sola. Benché fosse religiosissima, una santa donna, vi assicuro, signori, frequentava sovente cartomanti, fattucchiere, guaritori e insomma, ciarlatani di ogni specie. Anche quel suo affetto per le domestiche, aveva qualcosa di eccessivo, di non naturale, direi. Se le prendeva in casa giovanissime, bambine quasi, e quando diventavano donne, faceva loro un corredo e spesso gli trovava anche un marito. Eh, era la sua felicità creare delle famiglie, non avendone una sua. Un matrimonio senza figlioli è … è come una minestra dimenticata nella credenza: diventa acida. Inoltre il signor Balducci, ottima persona del resto, beh, non ricordo di averlo mai visto in Chiesa. E questo conta, conta molto.

FUMI:   Bene, ma adesso, affidiamoci al notaio.

Si accomodano e Fumi consegna la busta al notaio, che la apre ed inizia a leggere.

NOTAIO:   Io, notaio Dottor Gaetano De Marini, dò lettura del testamento olografo di Liliana Balducci. Io, Liliana Balducci, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, desidero che i miei beni vadano divisi tra coloro che furono vicini in vita. Lascio perciò a Giulia Monti Sabatini, a Teresa De Nigro in Proietti e ad Assunta Iacovacci in Lanciani, la somma di lire tre milioni ciascuna. A mio cugino Giuliano Valdarena lascio in usufrutto l’appartamento di via Antonelli 19 e la somma di lire 6 milioni. Desidero che il rimanente delle mie sostanze sia affidato al signor parroco Don Lorenzo Corpi, il quale vorrà benevolmente disporne a favore del Pio Istituto delle Orfanelle di Maria Bambina che …

BALDUCCI:   Ma è assurdo! Ma sì, è assurdo. Si tratterà ad occhio e croce di 50, 60 milioni, senza contare la proprietà di … Ma è assurdo! Io non posso, ecco, non accetto. Evidentemente la volontà di mia moglie è stata distorta!

NOTAIO:   Insomma, lei impugna?

BALDUCCI:   Sì, sì, io impugno!

NOTAIO:   Va bene! Intanto firmi qui, prego. Anche gli altri signori, se vogliono accomodarsi …

Firmano Valdarena ed Assuntina.

FUMI:   Bene, signori, potete andare tutti tranne il signor Valdarena. Grazie, signori. A presto.

Escono tutti, tranne gli inquirenti e Valdarena.

VALDARENA:   Eccellenza, è inutile che continui a tacere, per rispetto umano o per vergogna di me stesso. Liliana mi voleva bene e se la sua coscienza di donna glielo avesse concesso, beh, son certo che si sarebbe innamorata di me, mi avrebbe amato pazzamente. Il suo grande sogno era congiungersi a chi le potesse dare la creatura sospirata, attesa poi invano per tanto tempo, nel pianto. Piangeva, pregava. Quando cominciò a capire che gli anni non li teneva più nessuno, addio! Povera Liliana. Nella sua esaltazione non voleva riconoscere la propria incapacità: non ammetteva, no. Pur senza dirlo a parole, fantasticava che con un altro, forse … Sicché in sogno, lei, credeva che quell’altro, quell’uomo avrei potuto esser io …

FUMI:   Ah, congratulazioni!

VALDARENA:   Mi creda, eccellenza! Liliana m’ ha parlato tante volte! M’ ha detto che aveva amato Remo … sinceramente!

FUMI:   Figlia unica, senza madre, senza esperienza …

VALDARENA:   Lo amava tuttora, lo stimava, povera Lilianuccia! Per nulla al mondo, religione a parte, avrebbe potuto pensare di tradirlo. Ma il vedersi passare gli anni a quel modo, gli anni belli, senza nemmeno la speranza … di un frutto dell’amore … era, per lei, era come una delusione che logora piano piano. Si sentiva umiliata: la più amara di tutte le delusioni della vita.

FUMI:   Sì, ma veniamo ai fatti, dottore. Lasciamo per un attimo questi voli romantici. Parliamo di quei gioielli, che la signora Liliana ha lasciato a lei per espresso desiderio di vostro nonno. Com’è che erano già a casa sua?

VALDARENA:   Lei voleva che mi sposassi, che facessi un figlio. “Li avrai di sicuro” mi diceva ogni volta e piangeva. Quando le mostrai le fotografie della mia fidanzata Renata, beh, mi disse …

Buio nell’ufficio di Polizia e luce su Liliana.

LILIANA:   Com’è bella! E’ bruna, non è vero? Bella figliola: va proprio bene per te. (Piangendo) Mi devi giurare, subito, che farai un figlio, un Valdarenuccio! Giura! Il primo lo adotto io, perché tu e Renata ne farete subito un altro, poi un terzo e un quarto. La Provvidenza, a voi due, di creature ve ne darà quante ve ne pare. Perché Dio è fatto a questa maniera: a chi tutto, a chi niente. Sei giovane, sano. Appena ti sposi, fai un figlio: mi pare di vederlo, di sentirlo .. E quello, mi devi giurare, lo darai a me.

Buio su Liliana e luce nell’ufficio di Polizia.

VALDARENA:   Mi dia retta, eccellenza … forse era pazza, ma io per lei, io …

FUMI:   Lei … che cosa?

VALDARENA:   Io, io per lei ero come il campione dei Valdarena. Se avesse potuto, se fosse stata libera …

FUMI:   E per quanto riguarda i soldi, che mi dice?

VALDARENA:   Povera Liliana, mi diceva …

Buio nell’ufficio di Polizia e di nuovo luce su Liliana.

LILIANA:   Devi responsabilizzarti. Prima di sposarti devi mettere su casa. Con il matrimonio non si scherza, lo sai. Guarda e non fare storie. Conosco i bisogni di un uomo, le necessità di chi si sposa. Prendi quei soldi, ti dico!

Buio su Liliana e luce nell’ufficio di Polizia.

VALDARENA:   Mi agguantò il braccio, mi ficcò in tasca la busta con i soldi … Faranno due mesi il 25 gennaio, me lo ricordo. Poi mi volle regalare pure la catena. A tutti i costi.

FUMI:   E come spiega il furto del cofanetto con i gioielli?

VALDARENA:   Che ne so! Il cofanetto non l’ho mai neppure visto. La catena e i soldi me li ha fatti prendere per forza. Del resto, anche Remo lo saprà.

FUMI:   No, e lei lo sa bene. O temeva che i regali pesassero un po’ sullo stomaco del signor Balducci?

VALDARENA:   No, no! Fu lei, poverina, lei che disse …

Buio nell’ufficio di Polizia e luce su Liliana.

LILIANA:   Bada, Giuliano, deve rimanere tra noi: un innocente segreto di cugini, il segreto della felicità sperata e mai avuta. Ma che dico, Dio mio! (Si copre la faccia con la mano) Tu la felicità ce l’avrai. E allora il segreto sarà quello di due anime buone, che in un mondo migliore di questo ... beh, avrebbero potuto formare altre anime. In questo, invece, dovranno andare chi di là chi di qua, come foglie quando le strappa il vento…(piange)  Dio mio, che sciocchezze mi vengono fuori dalla bocca. Begli auguri che ti sto facendo. Perdonami!..... (Ride) Che direbbe Remo, se sapesse che a sua insaputa faccio regali, sia pure ad un cugino che sposa. Non lo devi dire a nessuno! Giuramelo!

Buio su Liliana e luce nell’ufficio di Polizia.

VALDARENA:   Glielo giurai! Questo è quanto.

FUMI:   Bene, per il momento è tutto. Può andare, dottor Valdarena, ma finché le indagini non siano concluse, deve essere a disposizione della Legge.

VALDARENA:   Naturalmente, eccellenza. Io, per primo, voglio che si risolva tutto presto, in memoria della povera Liliana. Arrivederci, signori.

GLI ALTRI:   Arrivederci.

FUMI:   Accompagna il dottore.

VALDARENA:   No, grazie, conosco la strada ormai.

Esce Valdarena.

FUMI:   Bene, adesso voglio che controlliate ciò che ha detto e avere immediatamente un rapporto dettagliato. A proposito, le esequie devono avere forma riguardosa e riservata, com’è desiderio dei familiari e delle autorità, perciò vediamo di vigilare. E’ un periodo in cui dobbiamo fronteggiare solo grane! Non va giù a nessuno che a Roma, di giorno, in un medesimo palazzo, allo stesso piano, siano accaduti due crimini, uno più terribile dell’altro … Perciò, si impongono risultati subitanei e tangibili! Dunque andate e cercate di captare tutto ciò che risulti produttivo alle indagini.

PRIMO POLIZIOTTO:   A proposito del funerale, mi perdoni eccellenza, ma di là c’è Don Lorenzo che attende …

FUMI:   Ah, già, dimenticavo. Beh, che aspetti, fallo passare.

Esce il secondo poliziotto.

SECONDO POLIZIOTTO:   (da dietro) Si accomodi pure, Don Lorenzo.

Entrano Don Lorenzo e il secondo poliziotto.

FUMI:   Mi scusi, Padre, ma vorrei abusare ancora del suo tempo prezioso e avere più notizie sulla povera defunta?

DON LORENZO:   Era un’anima candida.

FUMI:   Come sarebbe a dire?

DON LORENZO:   L’idea del divorzio e dell’annullamento del matrimonio le sembravano abominevoli. Amava e rispettava il marito, l’uomo da lei scelto e datole da Dio. La sua disperazione e la sua speranza trovavano come un riscatto in quella fisima dell’adozione legale di una creatura. Ma intanto pareva aspettare: come se sperasse, un giorno, di poter avere qualcosa di meglio. Attendeva attimo per attimo un bambino: da chi poi?

FUMI:   Dal cugino, forse.

DON LORENZO:   Che dice, eccellenza? Adottava provvisoriamente quelle ragazze: quattro in tre anni, una dopo l’altra. Io consigliavo prudenza. Un gran cuore, povera signora Liliana. La confortava sperare nel Signore, che raccomanda di non lasciare mai mancare la vita a chi desidera la vita.

FUMI:   E’ desiderio che hanno in molte …

DON LORENZO:   La povera Liliana le accoglieva come figliole e poi le dimetteva: i motivi del distacco erano tanti e le ragazze divenivano pupille mancate. Questo è ciò che so.

FUMI:   E’stato cortese e prezioso, Don Lorenzo. Può andare e le raccomando ancora la disponibilità massima.

DON LORENZO:   Non dubiti, eccellenza. Sia lodato Gesù Cristo.

FUMI:    (distratto) Ah, eh. Sempre sia lodato. Accompagna Don Lorenzo.

DON LORENZO:   Non scomodatevi. Conosco la via.

SECONDO POLIZIOTTO:   Don Lorenzo, è sempre un piacere.

Escono Don Lorenzo e il secondo poliziotto.

FUMI:   Dobbiamo battere qualsiasi pista. Qua si impongono risultati immediati. Se no, ci fanno a noi un … testone … “a cappello di prete”.

SECONDO POLIZIOTTO:   (da dietro) Come? Fresconi! Imbecilli! Pezzi di fessi! (Entra) Eccellenza, Balducci ha ritirato tre milioni alla Banca!

FUMI:   E a chi li ha portati?

SECONDO POLIZIOTTO:   Lo hanno perso di vista.

FUMI:   Pezzi di …

SECONDO POLIZIOTTO:   Gliel’ ho già detto io!

FUMI:   Bisogna ritrovare Balducci! Andate a controllare anche Valdarena. Presto non perdiamo tempo.

TUTTI:   Comandi, eccellenza.

Escono tutti. Buio e musica. Rientrano Fumi e i due poliziotti.

PRIMO POLIZIOTTO:   Nessuna notizia. Non è mai rientrato, non ha mai telefonato, insomma, notte profonda.

FUMI:   E quell’altro là, il dottore?

SECONDO POLIZIOTTO:   Mi sono piazzato in studio, ho litigato con tutti, ho controllato ogni chiamata: niente! Ah, pare che sia uscito pressappoco alla stessa ora del Balducci.

FUMI:   Beh, che vuoi dire? Non significa proprio niente. Può essere che si sono visti, va bene; può essere che si sia tolto da qualche giro balordo di soldi, d’accordo. E poi?

SECONDO POLIZIOTTO:   Eccellenza, il terzo uomo!

FUMI:   Eh, il terzo uomo! Ma qui non si tratta più di terzo uomo, qui si tratta di quarto, di quinto… che ne so. Balducci, Valdarena, che comunque non può essere stato, semmai ha procurato l’imbecille che ammazza e poi... e che è, l’anonima assassini?!?

PRIMO POLIZIOTTO:   Per me Valdarena rimane sempre l’ipotesi più probante! Balducci gli dà 3 milioni e lui gli ammazza la moglie. Si fa trovare accanto al cadavere, anzi è addirittura lui che chiama la polizia.

FUMI:   Sì, l’ammazza alle otto, esce, gira due ore per Roma, facendosi vedere da cani e porci per farsi un alibi, torna e telefona. Sì, beh…

SECONDO POLIZIOTTO:   Sì, ma le notizie da Lugano dicono che al Bristol Balducci c’è stato soltanto la sera del delitto e quella prima. E gli altri tre giorni, nebbia.

PRIMO POLIZIOTTO:   Però francamente mi sembra un bel fesso. Come poteva pensare di reggere una bugia così ingenua?

SECONDO POLIZIOTTO:   Cos’è che aveva detto al primo colloquio?

PRIMO POLIZIOTTO:   Che era sceso al Bristol tre giorni prima del delitto e ci era rimasto. Cioè lui praticamente intendeva questo: sabato, domenica, lunedì e martedì a Lugano. Il martedì è morta la moglie. Ecco lui sta a posto lunedì e martedì, ma sabato e domenica? Per me Valdarena rimane sempre l’ipotesi più probante.

SECONDO POLIZIOTTO:   Eh sì, buonasera!

BALDUCCI:   (da dietro) E’ permesso?

FUMI:   Sì avanti, chi è?

BALDUCCI:   Sono Balducci, eccellenza.

FUMI:   Prego, entri pure.

Entra Balducci.

BALDUCCI:   Sono venuto qui per avere chiarimenti. Voglio sapere quando la finirete di mettermi dietro un uomo che mi spia, passo per passo, respiro per respiro?

FUMI:   Se n’è accorto? E dov’è?

BALDUCCI:   E chi non si sarebbe accorto di un tipo come quello? Mi sta con il fiato sul collo. Per due volte mi ha persino chiesto i cerini!

FUMI:   Mi scusi, ma deve essere stato l’ordine di qualche collega sospettoso. Comunque, vorrei far dare un’occhiata a casa sua.

BALDUCCI:   Va bene, come vuole.

FUMI:   Grazie.

Buio e musica. Interno dell’appartamento di casa Balducci. Entrano Balducci ed Ingravallo.

INGRAVALLO:   C’è odore di chiuso qua dentro. Non apre mai le finestre?

BALDUCCI:   Non sono più entrato in casa da allora.

INGRAVALLO:   Paura, eh?

BALDUCCI:   No, impressione. La prima notte non ho dormito!

INGRAVALLO:   Sì, beh, non le nascondo che nei suoi panni un po’ di paura ce l’avrei anche io.

BALDUCCI:   (risentito) Non ho detto paura!

INGRAVALLO:   Sì, sì, certo, lei non ha detto paura. (guarda la bambola e chiede) Le dice niente questa bambola?

BALDUCCI:   Era di mia moglie: l’ho sempre vista per casa.

INGRAVALLO:   E nient’altro, eh?

BALDUCCI:   No. E che altro dovrebbe dirmi?

INGRAVALLO:   (ironico) E adesso ha anche paura di una bambola?

BALDUCCI:   (sempre più arrabbiato) Le ho già detto che non ho paura.

INGRAVALLO:   Adesso le dirò io perché lei ha paura. Non dei morti, no, lei ha paura di qualcuno vivo che la cerca, per questo non vuole aprire le finestre, per paura che qualcuno dalla strada si accorga che lei sta qui.

BALDUCCI:   (sempre più irato) Io le ripeto che non ho affatto paura.

INGRAVALLO:   Bene. Allora immagino che rimarrà a dormire qui stanotte.

BALDUCCI:   Ma, veramente…

INGRAVALLO:   Perché ha detto di essere stato a Lugano dal 5 all’8 del mese?

BALDUCCI:   Io non l’ho mai detto.

INGRAVALLO:   E’ vero, lei non l’ha mai detto esplicitamente, però ha lasciato che la polizia lo supponesse e lo scrivesse nei suoi rapporti.

BALDUCCI:   Il giorno del delitto io ero a Lugano.

INGRAVALLO:   Per questo c’era anche il giorno prima, il 7. Ma il 5 ed il 6 dove stava?

BALDUCCI:   Ho preso il treno da Roma per Milano delle 17 e 50. Sono arrivato a mezzanotte. E poi ho preso il primo delle 00.50 per Venezia.

INGRAVALLO:   Perché?

BALDUCCI:   Per fare un salto a Venezia.

INGRAVALLO:   Da chi?

BALDUCCI:   Al Casinò. Sono arrivato alle 8 e 30. Ho giocato tutto il giorno e poi sono ripartito con il treno della notte per Lugano.

INGRAVALLO:   Perfetto: non c’è un istante libero. Senta un po’, si mangia bene al suo albergo?

BALDUCCI:   Perché?

INGRAVALLO:   Così, non ci ho mangiato mai. E’caro?

BALDUCCI:   Secondo.

INGRAVALLO:   Per esempio un pasto normale, oggi diciamo. Lei cosa ha mangiato oggi?

BALDUCCI:   Adesso non ricordo…pasta, mi pare, poi carne, no no, niente carne…

INGRAVALLO:   E’molto strano: lei si ricorda perfettamente tre giorni di un mese fa, e ha dimenticato le quattro cose che ha mangiato oggi.

BALDUCCI:   Io ricordo quello che ho fatto in quei giorni perché ci ho pensato molto, e ci ho pensato molto perché mi sentivo sospettato.

INGRAVALLO:   Uh, che parole grosse! A proposito, notizie del notaio?

BALDUCCI:   Beh, quello che prevedevo, circa trenta milioni.

INGRAVALLO:   Non c’è male, eh, non c’è male. E dica un po’: sua moglie le era fedele?

BALDUCCI:   Che cosa vuol dire?

INGRAVALLO:   Ah, niente di più di quello che ho detto: sua moglie aveva un amante?

BALDUCCI:   Lo escludo nella maniera più categorica.

INGRAVALLO:   E lei?

BALDUCCI:   E io cosa?

INGRAVALLO:   Lei ha un’amante?

BALDUCCI:   No, no, no, mai avuta!

INGRAVALLO:   (sorride) Lo dice come se le avessi chiesto della scarlattina.

BALDUCCI:   E’indegno ciò che lei sta insinuando.

INGRAVALLO:   Cosa ha fatto dei tre milioni che ha ritirato l’altro ieri in banca?

BALDUCCI:   Chi gliel’ha detto?

INGRAVALLO:   Risponda.

BALDUCCI:   Ma lei lo sa che non l’ho uccisa io. Io ero a Lugano.

INGRAVALLO:   Non si uccide soltanto con le proprie mani, ma anche con quelle degli altri. Dove ha messi i tre milioni? Dove li ha messi?

BALDUCCI:   Ho fatto dei pagamenti.

INGRAVALLO:   A chi?

BALDUCCI:   A fornitori, colleghi di affari.

INGRAVALLO:   Mi dica i nomi.

BALDUCCI:   Lei non li conosce.

INGRAVALLO:   Li voglio conoscere. Mi faccia un elenco dettagliato.

BALDUCCI:   Cercherò di farglielo domani.

INGRAVALLO:   No, stanotte stessa. Mi dispiace di rovinarle il sonno. L’aspetto domani mattina alle otto in ufficio. Alle otto, si ricordi. (fa per andare via)

BALDUCCI:   Dottore, devo farle una confessione.

INGRAVALLO:   Finalmente!

BALDUCCI:   Lei avrà sentito parlare di Virginia, una delle ragazze che abbiamo avuto a servizio in casa nostra. Quando venne da noi, avrà avuto si e no quindici anni: una bambina. Poi qualche mese dopo, mia moglie era andata in villeggiatura e l’aveva portata con sé. Un giorno io ritorno a casa e… Era un pomeriggio di settembre, faceva ancora molto caldo… Entrai. Sentii i rumori in camera nostra e pensai che mia moglie fosse tornata. La chiamai, aprii la porta e vidi lei, Virginia. Mia moglie l’aveva mandata avanti per mettere in ordine la casa. Per qualche istante io stentai a riconoscerla: aveva indossato una vestaglia di mia moglie così bella e si era data il suo rossetto, il suo profumo. In quei tre mesi si era trasformata, era… era donna. Sotto quella vestaglia leggera, sembrava nuda. Se ne stava là, ad occhi bassi, come aspettando che io la sgridassi…

INGRAVALLO:   Ma lei non la sgridò…

BALDUCCI:   No, tutt’altro! E da quel giorno cominciò per me l’inferno. Io ero debole, schiavo di una situazione assurda. Era capace di sfiorarmi con delle carezze furtive a tavola, lì davanti a mia moglie. A volte me la trovavo improvvisamente in corridoio, con mia moglie nella stanza accanto che avrebbe potuto affacciarsi ad ogni istante. Come una pazza, veramente, mi si aggrappava al collo dimenticando ogni prudenza, ogni pudore. Una volta, di notte venne vicino al mio letto dove c’era Liliana che dormiva. Io ero terrorizzato. Lei, si chinò su di me e volle che la baciassi. Lì, capite, lì!

INGRAVALLO:   E fu allora che decise di separare le stanze?!?

BALDUCCI:   No, dopo, quando mia moglie ci scoprì. Cominciarono ad arrivare a mia moglie delle lettere anonime: “Tuo marito ama un’altra”, dicevano, “Una più giovane di te”. “Perché non te ne vai? Perché non sparisci?”. Io capii subito. E poi cominciò ad uscire presto la mattina per andare in Chiesa: faceva una novena, disse a Liliana. Don Lorenzo potrebbe confermare…

Buio e luce su Don Lorenzo.

DON LORENZO:   Ah, io non posso! Tutto ciò che posso dire è che prese a frequentare la mia Chiesa come non aveva mai fatto. Portava dei grossi ceri che accendeva davanti alla Madonna. E un giorno per fare la Comunione si confessò. Non posso dire altro.

Buio e luce su Balducci e Ingravallo.

BALDUCCI:   Ma io sì che posso, perché anche con me si confessò. Faceva la novena perché la Madonna le facesse la grazia di fare morire mia moglie. Liliana soffriva in silenzio. Una notte di ottobre, mi sembra, mi alzai piano piano e andai da lei nel suo stanzino, deciso a farla finita. Invece lei era lì, con gli occhi aperti: “Che aspettavo?” mi disse. Fui accecato da una specie di vertigine; ma all’improvviso si aprì la porta ed apparve Liliana: stava seria, con gli occhi tristi, disperati. E allora mi buttai giù da quel letto, cercai di calmarla, di spiegarle. Ma lei si era già richiusa nella sua stanza.

INGRAVALLO:   Questo accadde ai primi di ottobre e il testamento fu modificato il 6 dello stesso mese…

BALDUCCI:   Il giorno dopo la portai via di casa, deciso a troncare tutto con lei.

INGRAVALLO:   Dove la portò, scusi?

BALDUCCI:   Presso una signora, in una specie di pensione.

INGRAVALLO:   Dove?

BALDUCCI:   Non so se stia ancora lì… in Prati.

INGRAVALLO:   In una casa compiacente.

BALDUCCI:   Più che altro ero conosciuto!

INGRAVALLO:   Un cliente affezionato.

BALDUCCI:   Cose di gioventù, signor commissario.

INGRAVALLO:   Insomma, aveva deciso di liquidarla questa Virginia?!?

BALDUCCI:   Sì, ma ora fuori di casa, lontano da Liliana, la cosa mi pareva più innocente. Le pazzie di Virginia, erano in fondo forme di amore. E io, io ero lusingato, lo confesso. D’altra parte capivo che non poteva durare. Cominciai a portarla fuori, lontano dagli sguardi indiscreti, perché ormai avevo paura di tutti. Ma poi, un giorno d’improvviso, mi dice: “Remo, io devo avere un figlio, un figlio tuo!”. Mi sentii sprofondare. Mi rivolsi a Valdarena, che a sua volta mi presentò un medico amico suo… Non era vero, era una commedia. Allora, la ricondussi là, in quella casa in Prati, e le parlai, perché finalmente avevo deciso di farla finita. E lei ascoltò, senza fiatare. Poi, d’improvviso, senza una parola, andò a chiudersi in bagno. Io ero inquieto. Dopo un po’ arrivò la padrona: corremmo di là, la trovammo distesa, con i polsi tagliati.

INGRAVALLO:   E allora di nuovo di corsa da Valdarena…

BALDUCCI:   Era l’unico di cui mi potessi fidare. Per fortuna era solo un graffio, una sciocchezza…

INGRAVALLO:   Naturalmente.

BALDUCCI:   Una bambina. Alla prima goccia di sangue svenne.

INGRAVALLO:   Ma Valdarena sapeva troppe cose e lei pensò di farlo tacere con tre milioni.

BALDUCCI:   E’ la verità. Ero terrorizzato, signor commissario. Lo scandalo…

INGRAVALLO:   …e la corruzione di minorenne!

BALDUCCI:   Quando le gridai in faccia che era finita per sempre e me ne andai, lei mi seguì sulle scale e mi gridò: “Io vi ammazzo, vi ammazzo tutti e due. Ammazzo prima lei e poi te, e poi mi ammazzo pure io!”.

INGRAVALLO:   A questo punto conviene incontrare quella persona. Andiamo.

Escono. Buio e musica.

Ufficio di polizia. Ingravallo e Valdarena.

INGRAVALLO:   Sicchè tu mangiavi da tutte e due le parti. E a ciascuno lasciavi credere che l’altro aveva ammazzato per amore suo: ingegnoso!

VALDARENA:   No, fortuito, mi creda. Mi ci sono trovato in mezzo, non so nemmeno io come.

INGRAVALLO:   E’incredibile! Per quanto mi sforzi non riesco a ricordare un solo articolo del codice che vada bene per mandarti in galera.

VALDARENA:   Ma perché, io non capisco? Tanto lei non mi può arrestare, sa!

INGRAVALLO:   Fatelo entrare.

Entrano i due poliziotti con Balducci.

BALDUCCI:   (a Valdarena) Tu, mascalzone e ladro. (cerca di avventarsi contro di lui, ma i poliziotti lo bloccano)

VALDARENA:   Commissario, cosa vuole quello?

BALDUCCI:   (ripresosi) Mi scusi, ho perso il controllo.

INGRAVALLO:   Tu portali via. (escono un poliziotto, Valdarena e Balducci) E tu aspetta.

PRIMO POLIZIOTTO:   Comandi, dottore.

INGRAVALLO:   (porgendo un fascicolo) Metti via questa roba.

PRIMO POLIZIOTTO:   (prendendolo) Dove?

INGRAVALLO:   Ma dove ti pare! Ci sarà un archivio. Possibile mai tutto qui sul mio tavolo?

PRIMO POLIZIOTTO:   Sissignore!

INGRAVALLO:   Dallo a chi ti pare! Arrangiati! (il poliziotto esce e lui trova due chiavi) Aspetta, prepara un cartellino anche per questa… Sono un imbecille, proprio un imbecille.

Buio e musica.

Entra Assuntina e riconosce Ingravallo.

INGRAVALLO:   Assuntina!!!!

ASSUNTINA:   E’ lei, signor Commissario?

INGRAVALLO:   Già!

ASSUNTINA:   Gliel’ ha detto Diomede dove stavamo? Lui sta sempre a Roma.

INGRAVALLO:   No. Come va il bambino? E’ lui che ti dà tanto coraggio?

ASSUNTINA:   Di che?

INGRAVALLO:   Quando torna Diomede?

ASSUNTINA:   Non lo so, forse domani.

INGRAVALLO:   Non mi hai chiesto nemmeno perché sono venuto qua.

ASSUNTINA:   Perché?

INGRAVALLO:   Mi hai visto arrivare e hai tentato di correre via ad avvertirlo.

ASSUNTINA:   Non è vero!

INGRAVALLO:   Di chi è stata l’idea, tua o sua? Gli hai dato la chiave e lui ne ha fatto un doppione. Avete scelto il giorno adatto, eh? Tu, fuori per gli anelli, coi testimoni… La signora era uscita e tutto faceva pensare che sarebbe tornata tardi. Eh, certo, ti aveva detto persino che nel caso dovevi dare tu quei soldi a Valdarena. Dunque via libera, ad una settimana dal furto in casa di quell’altro. Diomede ne era uscito pulito e chi poteva pensare a lui? Allora gli hai dato la chiave, ma lui si è sbagliato nel restituirla: ti ha restituito quella nuova, questa!

ASSUNTINA:   Non è vero.

INGRAVALLO:   Che cosa non è vero?

ASSUNTINA:   Niente è vero. Si sta inventando tutto lei! Io le volevo bene alla mia signora, come ad una sorella.

INGRAVALLO:   Ah, certo, certo, tu non volevi che morisse, no, ma vi è andata male: lei è tornata troppo presto e lui l’ha ammazzata!

ASSUNTINA:   No, non è stato Diomede! Mi vuole far dire ciò che non è vero, ma non ci riuscirà mai!

INGRAVALLO:   E magari siete pure andati a portarle i fiori sulla tomba?!?

ASSUNTINA:   No, no.

INGRAVALLO:   No? E il matrimonio come ve lo siete pagato, con i soldi del testamento?

ASSUNTINA:   No, no, non li abbiamo mai presi quei soldi, mai!

INGRAVALLO:   Perché, perché non li avete presi? Rispondi. Perchè?

Esce Diomede.

ASSUNTINA:   Scappa!!!!

I due poliziotti lo inseguono.

PRIMO POLIZIOTTO:   Fermo Diomede!

SECONDO POLIZIOTTO:   Prendilo!

Lo prendono.

DIOMEDE:   Assuntina non ne sapeva niente. Mi ero fatto il doppione delle chiavi che le avevo preso dalla borsa.

INGRAVALLO:   Però commettesti lo sbaglio di usare la chiave originale. Quella che Assuntina ha trovato era troppo nuova.

DIOMEDE:   Sì. Lo sapevo che non c’era nessuno, ma avevo lo stesso una gran paura. La casa la conoscevo benissimo, eppure lì per lì mi pareva di non sapermi più orizzontare.

Buio e musica. Si illumina l’appartamento di casa Balducci.

Diomede entra in casa Calducci e viene sorpreso da Liliana.

LILIANA:   Diomede!!!!

DIOMEDE:   Signora!!!!

LILIANA:   Diomede!!!!

DIOMEDE:   Signora!!!!

LILIANA:   Aiuto!!!! Aiuto!!!!

DIOMEDE:   Non gridi!

LILIANA:   Aiuto!!!! Aiuto!!!!

DIOMEDE:   Non gridi, per carità!

LILIANA:   Aiuto!!!! Aiuto!!!!

DIOMEDE:    Zitta!

LILIANA:   Aaaahhhh!!!!

DIOMEDE:   Perché, perchè? Oddio!!!! Oddio!!!!

Buio e musica. Ufficio di polizia.

DIOMEDE:   Quello che succederà a me non importa. Ma ad Assuntina che le farete? Lei non ne sapeva niente, lo giuro. Lei non c’entra niente!

INGRAVALLO:   Quando l’ha saputo, prima o dopo che vi siete sposati?

DIOMEDE:   Prima.

INGRAVALLO:   Glielo hai detto tu?

DIOMEDE:   (piangendo) Non ne potevo più.

INGRAVALLO:   E ti ha sposato lo stesso?!?

DIOMEDE:   Ha detto: ”Sconteremo insieme per tutta la vita!”.

INGRAVALLO:   Avanti salutatevi.

ASSUNTINA:   (piange)

DIOMEDE:   Portatemi via. Portatemi via.

Lo portano via.

ASSUNTINA:   (grida) Diomede, no!!!! Diomede!!!! Fermatevi!!!! Diomede!!!! Diomedeeee!!!!

                              Fine