Questa sera si recita a soggetto

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(Attraverso il sipario chiuso giungono voci confuse e concitate, come di proteste di attori

Questa sera si recita a soggetto

Di Luigi Pirandello

Adattamento di Roberto Brivio

Prologo

(Attraverso il sipario chiuso giungono voci confuse e concitate, come di proteste di attori.)

LUCA: Che succede?

VALENTINA: Questo spettacolo comincerà così!

ROCCO: Si direbbe una lite sul palcoscenico.

CAMILLA: Eh, sì! Forse farà parte dello spettacolo.

TUTTI: (ridono)

ROBERTA: Ma che scandalo è questo? Quando mai s'è sentita una cosa simile?

TINA: Non sarà mica un incendio?! Dio ne scampi e liberi!

RAOUL: Sei pazza? Che incendio? Siedi e stai tranquilla.

GIUSEPPE: Non lo dica nemmeno per ischerzo! Avrebbero abbassato il sipario di sicurezza, signora mia.

TUTTI: (Brusìo)

GONG

TANJA: Ah, ecco! Incomincia! Silenzio! Silenzio! Silenzio!

TUTTI: Silenzio! Silenzio!

HINKFUSS: Ma che gong! Ma che gong! Chi ha ordinato di sonare il gong? Lo comanderò io, il gong, quando sarà tempo! Sono dolente del momentaneo disordine che il pubblico ha potuto avvertire dietro il sipario prima della rappresentazione, e ne chiedo scusa; benché forse, a volerlo prendere e considerare quale prologo involontario.

GIUSEPPE: Ah ecco! L’ho detto io!

HINKFUSS: Che ha da osservare il signore?

GIUSEPPE: Nulla. Sono contento d'averlo indovinato.

HINKFUSS: Indovinato che cosa?

GIUSEPPE: Che quei rumori facevano parte dello spettacolo.

HINKFUSS: Ah si? Davvero? Le è parso che siano stati fatti per trucco? Proprio questa sera che mi sono proposto di giocare a carte scoperte! Si disilluda, caro signore. Ho detto prologo involontario e aggiungo non del tutto improprio, forse, all'insolito spettacolo a cui or ora assisterete. La prego di non interrompermi. Ecco qua, Signore e Signori. Ho in questo copione di poche pagine tutto quello che mi serve. Quasi niente. Una novelletta, o poco più, appena appena qua e là dialogata da uno scrittore a voi non ignoto.

TIZIANA: Il nome! Il nome!

ROCCO: Chi è?

HINKFUSS: Prego, signori, prego. Non mi sono mica inteso di chiamare il pubblico a comizio. Voglio sì rispondere di quello che ho fatto; ma non posso ammettere che me ne domandiate conto durante la rappresentazione.

VALENTINA: Non è ancora cominciata.

HINKFUSS: Sissignora, è cominciata. E chi meno ha diritto di non crederlo è proprio lei che ha preso quei rumori in principio come inizio dello spettacolo. La rappresentazione è cominciata, se io sono qua davanti a voi.

ROBERTA: Io credevo per chiederci scusa dello scandalo inaudito di quei rumori. Del resto le faccio sapere che non sono venuta per ascoltare da lei una conferenza.

HINKFUSS: Ma che conferenza! Perché osa credere e gridare cosi forte ch'io sia qua per farle ascoltare una conferenza? Oh, se ne può pure andare, sa? Nessuno la trattiene. Io sono qua, signori, soltanto per prepararvi a quanto d'insolito assisterete questa sera. Credo di meritarmi la vostra attenzione. Volete sapere chi è l'autore della novelletta? Potrei anche dirvelo.

EMMA & IRENE: Ma si, lo dica! lo dica!

HINKFUSS: Ecco, lo dico: Pirandello.

LUCIA: Pirandello! Lo immaginavo!

GIUSY: Pirandello, no!

TINA: Perché no? È bellissimo!

RAOUL: Sì, bellissimo!

ROCCO: Pirandello? E chi è?

HINKFUSS:  Sempre quello stesso, si; incorreggibilmente! Pirandello! Però, se già l'ha fatta due volte a due miei colleghi, mandando all'uno una prima volta, sei personaggi sperduti, in cerca…

TUTTI: …D’autore!

HINKFUSS: Bravi! Che misero la rivoluzione sul palcoscenico e fecero perdere la testa a tutti; e presentando un'altra volta con inganno una commedia a chiave, per cui l'altro mio collega si vide mandare a monte lo spettacolo da tutto il pubblico sollevato; questa volta non c'è pericolo che la faccia anche a me. Stiano tranquilli. L 'ho eliminato. Il suo nome non figura nemmeno sui manifesti, anche perché sarebbe stato ingiusto da parte mia farlo responsabile, sia pure per poco, dello spettacolo di questa sera. L'unico responsabile sono io.

ROCCO: Megalomane!

HINKFUSS: Ho preso una sua novella, come avrei potuto prendere quella d'un altro. Ho preferito una sua, perché tra tutti gli scrittori di teatro è forse il solo che abbia mostrato di comprendere che l'opera dello scrittore è finita nel punto stesso ch'egli ha finito di scriverne l'ultima parola. Risponderà di questa sua opera al pubblico dei lettori e alla critica letteraria. Non può né deve risponderne al pubblico degli spettatori e ai signori critici drammatici, che giudicano sedendo in teatro.

LUCIA: Ah no? Oh bella!

HINKFUSS: No, signori. Perché in teatro l'opera dello scrittore non c'è più.

ROCCO: E che c'è allora?

HINKFUSS: La creazione scenica che n'avrò fatta io, e che è soltanto mia.

TUTTI: (Brusìo)

TANJA: Oh, ma che presuntuoso!

CAMILLA: Come i veneziani: “Faso tuto mi!”

VALENTINA: Figurarsi!

EMMA: Alla faccia!

IRENE: Come se la tira!

TUTTI: (Brusìo)

HIKFUSS: Torno a pregare il pubblico di non interrompermi. E avverto, giacché ho visto qualcuno dei signori critici sorridere, che questa è la mia convinzione. Padronissimi di non rispettarla e di seguitare a prenderla ingiustamente con lo scrittore, il quale però, concederanno, avrà pur diritto di sorridere delle loro critiche, come loro adesso della mia convinzione; nel caso, s'intende, che le critiche saranno sfavorevoli; perché, nel caso opposto, sarà ingiusto invece lo scrittore prendendosi le lodi che spettano a me.

TUTTI: No!

ROBERTA: Andiamo via!

MARCO: Sì, andiamo via!

TUTTI: Andiamo via! (Si alzano)

HINKFUSS: No! No! Un momento! La mia convinzione è fondata su solide ragioni. L'opera dello scrittore, eccola qua. Che ne faccio io? La prendo a materia della mia creazione scenica e me ne servo, come mi servo della bravura degli attori scelti a rappresentar le parti secondo l'interpretazione che io n'avrò fatta…

GIUSEPPE: E vediamoli questi attori!

HINKFUSS: …e degli scenografi a cui ordino di dipingere o architettar le scene…

LUCIA: E vediamo anche gli scenografi!

HINKFUSS: …e degli apparatori che le mettono su… Gli apparatori non li volete vedere?!… e degli elettricisti che le illuminano; tutti, secondo gli insegnamenti, i suggerimenti, le indicazioni che avrò dato io.

TUTTI: Oh! Basta! Basta!

HINKFUSS: In un altro teatro, con altri attori e altre scene, con altre disposizioni e altre luci, m'ammetterete che la creazione scenica sarà certamente un' altra. E non vi par dimostrato con questo che ciò che a teatro si giudica non è mai l' opera dello scrittore (unica nel suo testo), ma questa o quella creazione scenica che se n'è fatta, l'una diversa dall'altra; tante, mentre quella è una?

LUCA: Ecco che non si capisce già niente!

GIUSEPPE: È l’ermetismo di Pirandello!

TIZIANA: Parliamo Chiaro!

EMMA & IRENE: Tradurre! Tradurre!

HINKFUSS: Per giudicare il testo, bisognerebbe conoscerlo; e a teatro non si può, attraverso un'interpretazione che, fatta da certi attori, sarà una e, fatta da certi altri, sarà per forza un'altra. L'unica sarebbe se l'opera potesse rappresentarsi da sé, non più con gli attori, ma coi suoi stessi personaggi che, per prodigio, assumessero corpo e voce. In tal caso sì, direttamente potrebbe essere giudicata a teatro. Ma è mai possibile un tal prodigio?

TUTTI: No!

HINKFUSS: Nessuno l'ha mai visto finora.

TUTTI: Sì!

HINKFUSS: Perché? L’avete visto?

TUTTI: No!

HINKFUSS: E allora, o signori, c'è quello che con più o meno impegno s'ingegna di compiere ogni sera, coi suoi attori, il Direttore di scena, l'unico possibile. Per levare a quello ch'io dico ogni aria di paradosso, v'invito a considerare che un'opera d'arte è fissata per sempre in una forma immutabile che rappresenta la liberazione del poeta dal suo travaglio creativo; la perfetta quiete raggiunta dopo tutte le agitazioni di questo travaglio.

ROCCO: Bravo!

HINKFUSS: Grazie! Vi pare, signori, che possa più essere vita dove non si muove più nulla? dove tutto riposa in una perfetta quiete? La vita deve obbedire a due necessità che, per essere opposte tra loro, non le consentono né di consistere durevolmente né di muoversi sempre. Se la vita si muovesse sempre, non consisterebbe mai; se consistesse per sempre, non si muoverebbe più. E la vita bisogna che consista e si muova.

ROBERTA: Non ci ho capito niente!

TINA: Ma è chiarissimo!

MARCO: Il poeta s'illude quando crede d'aver trovato la liberazione e raggiunto la quiete fissando per sempre in una forma immutabile la sua opera d'arte. Ha soltanto finito di vivere questa sua opera. La liberazione e la quiete non si hanno se non a costo di finire di vivere.

HINKFUSS: E quanti le hanno trovate e raggiunte sono in questa miserevole illusione, che credono d'essere ancora vivi, e invece son così morti che non avvertono più nemmeno il puzzo del loro cadavere.

EMMA: Ma che dice?!

IRENE: Boh! Parla di cadaveri!

HINKFUSS: Se un'opera d'arte sopravvive è solo perché noi possiamo ancora rimuoverla dalla fissità della sua forma; sciogliere in questa sua forma dentro di noi in movimento vitale; e la vita gliela diamo allora noi; di tempo in tempo diversa, e varia dall'uno all'altro di noi; tante vite, e non una; come si può desumere dalle continue discussioni che se ne fanno e che nascono dal non voler credere appunto questo: che siamo noi a dar questa vita; sicché quella che do io non è affatto possibile che sia uguale a quella di un altro. Vi prego di scusarmi, signori, del lungo giro che ho dovuto fare per venire a questo, che è il punto a cui volevo arrivare.

TUTTI: Ah! Meno male!

CAMILLA: Ma chi ha detto a lei che l'arte debba esser vita?

HINKFUSS: Brava! La vita deve sì obbedire alle due necessità opposte che lei dice, e per ciò non è arte; come l'arte non è vita proprio perché riesce a liberarsi da codeste opposte necessità e consiste per sempre nell'immutabilità della sua forma.

CAMILLA: No! Troppo difficile!

GIUSEPPE: Ma questo spettacolo quando comincia?

GIUSY: Sì, quando comincia?

HINKFUSS: Avete ragione! Gli spettatori, dopo una giornata di cure gravose e affannose faccende, angustie e travagli d'ogni genere, la sera, a teatro, vogliono divertirsi.

LUCA: Alla grazia! Con Pirandello?

ALESSANDRO: Sì, ma cominciamo, però!

MARCO: Altrimenti come facciamo a divertirci?!

TUTTI: (Ridono)

HINKFUSS: Non c'è pericolo. Stiano sicuri. Robetta. Farò io, farò io: tutto da me. E confido d'avervi creato uno spettacolo gradevole. Ho diviso in tanti quadri lo spettacolo. Brevi pause dall'uno all'altro. Spesso, un momento di buio soltanto, da cui un nuovo quadro nascerà all'improvviso, o qua sul palcoscenico, o anche tra voi; si, in sala. Una pausa più lunga vi sarà concessa, perché possiate uscire dalla sala, ma non a rifiatare, ve n'avverto fin d'ora, perché una nuova sorpresa vi ho preparato anche di là, nel ridotto. Un'ultima brevissima premessa, perché possiate subito orientarvi.

VALENTINA: Ancora?!

LUCIA: Stringere!

TANJA: Non ne posso più!

GIUSY: Quasi quasi me ne vado…

TIZIANA: Ho bisogno di bere un cognac!

HINKFUSS: L'azione si svolge in una città dell'interno della Sicilia, dove, come sapete, le passioni son forti e covano cupe e poi divampano violente: tra tutte, ferocissima, la gelosia.

IRENE: Ecco un bell’argomento!

HINKFUSS: La novella rappresenta appunto uno di questi casi di gelosia, e della più tremenda, perché irrimediabile: quella, del passato. E avviene proprio in una famiglia da cui avrebbe dovuto stare più che mai lontana, perché, tra la clausura quasi ermetica di tutte le altre, è l'unica della città aperta ai forestieri, con un'ospitalità eccessiva, praticata com'è di proposito, a sfida della maldicenza e per bravare lo scandalo che le altre se ne fanno. La famiglia La Croce…

EMMA: Finalmente! Adesso entriamo nel vivo!

HINKFUSS: È composta, come vedrete, dal padre, Signor Palmiro, ingegnere minerario: “Sampognetta” come lo chiamano tutti perché, distratto, fischia sempre; dalla madre, Signora Ignazia, oriunda di Napoli, intesa in paese “La Generala”; e da quattro belle figliuole,  sentimentali, vivaci e appassionate: Mommina, Totina, Dorina,…

TUTTI: Nenè!...

HINKFUSS: E ora, con permesso…

TUTTI: (Brusìo)

HINKFUSS: Gong!                      GONG

TANJA: Adesso comincia!

GIUSEPPE: Silenzio!

HINKFUSS: Chiamo gli attori per la presentazione dei personaggi. Sipario, prego.

Parte prima

HINKFUSS: Prego, il signor Riccardo Mazzarella… Prego, prego, venga avanti, signor Mazzarella. Spero non oserà insistere nella sua protesta anche davanti al pubblico.

VERRI: Insisto, sissignore! E tanto più, se osa lei ora, davanti al pubblico, chiamarmi per nome.

HINKFUSS: Le ho fatto offesa?

VERRI: Si, e séguita a farmela, senza rendersene conto, tenendomi qua a discutere con lei, dopo avermi forzato a venir fuori.

HINKFUSS: Chi le ha detto a discutere? Discute lei! lo la chiamo a fare il suo dovere.

VERRI: Sono pronto. Quando sarò di scena.

HINKFUSS: Volevo presentarla…

VERRI:  Ma nossignore! Lei non presenterà me al pubblico che mi conosce. Non sono mica un burattino, io, nelle sue mani, da mostrare al pubblico come una sedia messa in un posto anziché in un altro per qualche suo magico effetto!

HINKFUSS: Lei approfitta in questo momento della sopportazione che debbo avere…

VERRI: No, caro signore: nessuna sopportazione; lei deve credere soltanto che qua, sotto questi panni, il signor Riccardo Mazzarella non c'è più; perché, impegnatosi con lei a recitare questa sera a soggetto, per aver pronte le parole che debbono nascere, nascere dal personaggio che rappresento, e spontanea l'azione, e naturale ogni gesto; il signor Riccardo Mazzarella deve vivere il personaggio di Rico Verri, essere Rico Verri; ed è, è già; tanto che, come le dicevo in principio, non so se potrà adattarsi a tutte le combinazioni e sorprese e giochetti di luce e d'ombra preparati da lei per divertire il pubblico. Ha capito?

PALMIRO: Ohi! Come sarebbe? Non s’attenti a darmi, perdio, di codesti schiaffi sul serio!

HINKFUSS: Ma che diavolo avviene? Che altro c'è?

PALMIRO: C'è che non tollero che la signora Manuela Annovazzi, con la scusa che recita a soggetto,  m’appiccichi certi schiaffi, ha sentito?, che tra l'altro m'ha rovinato il trucco, no?

IGNAZIA: Ma lei se ne ripari, santo cielo! Ci vuol poco a ripararsene! È un moto istintivo e naturale.

PALMIRO: E come faccio a ripararmene, se lei me li tira così all'improvviso?

IGNAZIA: Quando se li merita, caro Signor Paganini!

PALMIRO: Già! Ma quando me li merito, io non lo so, cara signora Annovazzi!

IGNAZIA: E allora se ne ripari sempre, perché per me se li merita sempre. E io, se si recita a soggetto, non posso tirarglieli a un punto segnato!

PALMIRO: Non c'è però bisogno che me li tiri per davvero!

IGNAZIA: E come allora, per finta? Io non ho mica una parte a memoria: deve venire da qui e andar tutto per le spicce, sa? Lei me li strappa, e io glieli do.

HINKFUSS: Signori miei, signori miei, davanti al pubblico!

IGNAZIA: Siamo già nelle nostre parti, signor Direttore.

PALMIRO: Eccome!

HINKFUSS: Ah, lei intende così?

IGNAZIA: Scusi, voleva far la presentazione? Ecco, ci stiamo presentando da noi. Uno schiaffo, e quest'imbecille di mio marito è già bell'e presentato!… Eccolo là, vede? fischia. Perfettamente nella sua parte.

HINKFUSS: Ma vi par possibile davanti al pubblico, fuori d'ogni quadro e senz'alcun ordine?

IGNAZIA: Non importa! Non importa!

HINKFUSS: Come non importa? Che vuol che ci capisca il pubblico?

VERRI: Ma sì che capirà! Capirà molto meglio così! Lasci fare a noi. Siamo tutti investiti delle nostre parti.

IGNAZIA: Ci verrà, creda, molto più facile e naturale, senza l'impaccio e il freno d'un campo circoscritto, di un'azione preordinata. Faremo, faremo anche tutto quello che lei ha preparato! Ma intanto, guardi, permetta, presento anche le mie figliuole. Qua, ragazze! qua, ragazze! venite qua!… Mommina… Totina… Dorina… Nenè!… Tòcchi di ragazze, grazie a Dio, che meriterebbero di diventar tutt’e quattro regine! Chi le direbbe nate da un uomo come quello lì?… Fischia, sì, fischia! Ah, caro, un po’ grisou, guarda, così com’io mi prendo un pizzico di rapè, un po’ di grisou nelle narici te lo dovrebbe mettere la tua zolfara: sì, caro, che ti lasci lì stecchito e mi ti levi una buona volta davanti agli occhi!

TOTINA: Per carità, mammà, non cominciare!

DORINA: Lascialo perdere, lascialo perdere, mammà!

NENÈ: Sì, mammà!

IGNAZIA: Fischia, lui, fischia!… Mi par coli liscio com’un olio, no?

HINKFUSS: Come il pubblico avrà capito, questa ribellione degli attori ai miei ordini è finta, concertata avanti tra me e loro, per far più spontanea e vivace la presentazione.

TUTTI: Cosa?… Ma che dice?!

HINKFUSS: Finto anche questo sbalordimento.

VERRI: Buffonate! Io prego il pubblico di credere che la mia protesta non è stata affatto una finzione!

HINKFUSS: Finzione anche questo scatto. All'amor proprio d’un attore come il signor Mazzarella, tra i migliori della nostra scena, io dovevo pur concedere qualche soddisfazione. Ma voi capite che tutto quanto avviene quassù non può esser che finto. Séguiti, séguiti, signora Annovazzi. Va benissimo. Non potevo aspettarmi meno da lei.

IGNAZIA: Ah, vuole... vuole adesso ch’io seguiti?  E… scusi, a far che?

HINKFUSS: Ma la presentazione, santo Dio, cominciata così bene, secondo il nostro accordo. La presentazione.

IGNAZIA: No, senta, la prego, non dica accordo, signor Direttore, se non vuole ch'io resti qua senza sapermi più cavare una parola di bocca.

HINKFUSS: È magnifica!

IGNAZIA: Ma vuol sul serio dare a intendere, scusi, che ci sia stato un accordo tra noi per questa nostra uscita?

HINKFUSS: Domandi al pubblico se non ha l'impressione che noi veramente in questo momento non stiamo recitando a soggetto.

PUBBLICO: Sì, bene! Bravi! State recitando a soggetto!

IGNAZIA: Ah, bene sì!… Grazie!… Questo sì!… Veramente a soggetto! Siamo usciti e stiamo ora improvvisando tanto io che lei.

HINKFUSS: E dunque séguiti, séguiti, chiami fuori gli altri attori per presentarli!

IGNAZIA: Sùbito!… Ehi, giovanotti, qua, qua tutti!

HINKFUSS: S'intende, rientrando nella sua parte.

IGNAZIA: Non dubiti, ci sono!... Qua, qua, cari amici!

MANGINI: Uno, due, uno, due, uno, due, uno, due, uno, due! Squadra alt!

TUTTI: Cara, cara signora! Cara, cara signora! Cara, cara signora!

NARDI:  Viva la Grande Generala!

TUTTI: La Grande Generala!

POMÀRICI: Viva la Santa Protettrice!

TUTT: La Santa Protettrice!

MANGINI: Viva la signora Ignazia!

TUTTI: La signora Ignazia!

IGNAZIA: Rompete le righe!… Piano, piano, cari, non facciamo confusione! Aspettate, aspettate! Qua lei Pomàrici, mio sogno per Totina! Ecco, se la prenda a braccio, così! E lei Sarelli, qua con Dorina!

NARDI: Ma no! Dorina è con me, non facciamo scherzi!

SARELLI: Dàlla ora a me, se me l'assegna la madre!

NARDI: Nient'affatto! Siamo d'accordo, la signorina e io.

SARELLI: Ah, lei è d'accordo? Complimenti!… Signora Ignazia, li sente?

IGNAZIA: Come, d'accordo?

DORINA: Ma sì, scusi, signora Annovazzi, d’accordo, per recitare le nostre parti.

NARDI: La prego di non imbrogliare, signora, ciò che s'è concertato.

IGNAZIA: Ah, già, sì, scusate, ora mi rammento! Lei Sarelli è con Nenè.

NENÈ: Con me! Non si ricorda che s'è stabilito così?

SARELLI: Ma tanto, sa? noi ci siamo soltanto per fare un po' di chiasso.

HINKFUSS: Attenzione, attenzione, signora, mi raccomando!

IGNAZIA: Sì sì, mi scusi; abbia pazienza; tra tanti, ho fatto un po' di confusione… Ma Verri? Dov'è Verri? Dovrebbe esser qua coi suoi

compagni.

VERRI: Sì, bravi compagni, che insegnano la modestia alle sue care figliuole!

IGNAZIA: Vorrebbe che le tenessi dalle monache a imparare il catechismo e il ricamo? Passò quel tempo, Enea... Via, venga qua, sia buono! Le guardi; non ne fanno esposizione, ma pure le hanno, sa? come poche al giorno d'oggi, le loro brave virtù di donnine di casa, lei che parla di modestia! Mommina sa stare in cucina…

MOMMINA: Mammà!

IGNAZIA: …e Totina rammenda…

TOTINA: Ma che dici!

IGNAZIA: …e Nenè…

NENÈ: Ti vuoi star zitta, mammà?

IGNAZIA: …mi trovi l’uguale per far ritornare nuovi i vestiti…

NENÈ: Ma insomma! Basta!

IGNAZIA: …smacchiarli…

NENÈ: Basta cosi, mammà!

IGNAZIA: …rivoltarli!… E per tenere i conti Dorina!

DORINA: Hai finito di vuotare il sacco?

LA SIGNORA IGNAZIA: A che siamo arrivati! Se ne vergognano…

PALMIRO: …come di vizii segreti!

IGNAZIA: Eppoi non son pretenziose, ché si contentano di poco; basta che abbiano il teatro, restan anche digiune! Il nostro vecchio melodramma: ah! Piace tanto anche a me!

NENÈ: Anche la Carmen, mammà!

POMARICI: Ho il disco!… Lo metto!…

NENE’: Però la danzo!…

PUBBLICO: Brava!

IGNAZIA:  Si, va bene, anche la Carmen; ma il cuore non ti bolle come al fuoco del nostro vecchio melodramma, quando vedi l'innocenza che grida e non è creduta e la disperazione dell’amante: «Ah quell'infame l'onore ha venduto...» Domandalo a Mommina! Basta. Lei è venuto la prima volta in casa nostra presentato, se ne ricordi bene, da questi giovanotti…

NARDI :… e non l'avessimo mai fatto!

 

 IGNAZIA :… ufficiale di guarnigione al nostro campo d'aviazione

VERRI: Prego, ufficiale di complemento , per soli sei mesi, e poi finita, se Dio vuole, la cuccagna per costoro, di goder la vita a mie spese!

POMARICI Noi? A tue spese?

SARELLI:  Ma guardalo lì!

IGNAZIA: Questo non c'entra. Volevo dire che né io né le mie figliuole,né quello lì,… Smettila, o ti tiro in faccia questa borsetta!… nessuno di noi s'accorse in prima che lei avesse nelle vene questo sanguaccio nero dei siciliani…

VERRI: Io me ne vanto!

IGNAZIA: Ah, ora lo so!… E come lo so!

INKFUSS: Non anticipiamo, signora, non anticipiamo nulla, per carità!

IGNAZIA: No, non tema, non anticipo nulla.

INKFUSS: Sola presentazione, chiarissima: e basta.

IGNAZIA: Chiarissima, sì, non dubiti. Dico, com'è vero, che prima non se ne vantava: era anzi con tutti noi a tener testa a questi selvaggi dell'isola che si recano quasi a onta il nostro innocente vivere alla continentale, l'accogliere in casa un po' di giovanotti, e permettere che si scherzi come, Dio mio, è proprio della gioventù, senza malizia. Scherzava anche lui con la mia .Mommina.... .Dov'è? - Ah, eccola qua! Vieni, vieni avanti, figliuola mia disgraziata; non è tempo ancora che tu te ne stia cosi..  Vieni, vieni..

MOMMINA: No, mi lasci, mi lasci, signora  Annovazzi!… Per me così non è possibile, signor Direttore! Gliela dico avanti. Non è possibile! Lei ha segnato una traccia, stabilito un ordine di quadri: bene, ci si stia! Io debbo cantare. Ho bisogno di sentirmi sicura, al mio posto, nell'azione che m'è stata assegnata. Così a vento io non vado.

VERRI: Già! Perché forse la signorina si sarà bell'e scritte e messe a memoria le parole da dire secondo questa traccia.

MOMMINA: Certo, mi sono preparata. Lei forse no?

VERRI: Anch'io, anch'io; ma non le parole da dire. Oh, patti chiari, signorina, intendiamoci: non s'aspetti ch’io parli come lei mi vorrà tirare a parlare secondo le battute che s'è preparate, sa? lo dirò ciò che debbo dire.

POMARICI: Già, sarebbe bella, che l’uno…

MANGINI: …che l'uno tirasse l'altro a dire ciò che fa comodo a lui!

NARDI: Addio, recita a soggetto allora!

POMARICI:  Poteva scriver lei, allora, anche le parti degli altri!

POMETTI: Anche le parti degli altri!

HINKFUSS: Signori  miei, signori miei, parlare il meno possibile, parlare il meno possibile, già ve l'ho detto!… Basta: Ora la.presentazione e finita.  Più atteggiamenti, più atteggiamenti, e meno parole; date ascolto a me. Vi assicuro che le parole verranno da sé, spontanee, dagli atteggiamenti che assumerete secondo l'azione com'io ve l'ho tracciata, Seguite questa e non sbaglierete. Lasciatevi guidare e collocare da me, per come s'è stabilito... Su, su. Ritiratevi adesso….No, prima vi faccio avere un applauso!… Bene!… Ritiratevi adesso!… Facciamo abbassare il sipario!…Chiedo scusa, Signore e Signori. Lo spettacolo ora incomincia davvero. Cinque minuti, cinque soli minuti, con permesso, perché possa vedere se tutto è in ordine.

Parte seconda

EMMA: Cinque minuti. Sembreranno un’eternità.

IRENE: Perché non hanno fatto un intervallo?

CAMILLA: Lei, signora, sarebbe andata via?

TINA: Perché avrei dovuto farlo?! Lo spettacolo è interessante.

CAMILLA: Interessante, dice? Geniale. Come tutte le commedie di Pirandello.

LUCIA: Dicono che per il teatro abbia previsto tutto!

GIUSY: Previsto, intuìto, scritto, realizzato.

ALESSANDRO: E non solo nel teatro. Nella drammaturgia. Nella sceneggiatura. Ha anticipato perfino il cabaret!

LUCIA : E il suo famoso umorismo? Lei ci vede l’umorismo in Pirandello?

TANJA: Perché... Pirandello è un umorista?

TIZIANA: Ma dai! Un umorista Pirandello?!

TUTTI: Ah, ah, ah. Pirandello umorista. Ah, ah, ah!

MARCO: Certo. Guardi in questo testo, per esempio. C'è ironia in ogni frase. Comicità in ogni personaggio, umorismo in ogni situazione. E... come prende in giro il prossimo lui, non lo prende nessuno.

ROBERTA: Basterebbe il titolo della commedia. Si recita a soggetto. A soggetto che cosa?... Se è tutto predisposto… dai dialoghi al movimento degli attori, al taglio delle scene... perfino i nostri interventi sono guidati invece di essere improvvisati!

RAOUL: Si riferisce alle battute che stiamo dicendo? Mi dispiace per lei ma non sono di Pirandello.

VALENTINA: No. Sono un'invenzione della regia. Per riempire il buco dei cinque minuti voluti dall'autore.

TUTTI: Ah, ma allora non vale. Non vale. E' tradire il senso del testo.

ROCCO: Ha ragione il regista. Bisogna mantenere i ritmi. Ce li vedete voi cinque minuti di attesa, in sala? Non un intervallo... beninteso. Ma cinque interminabili minuti passati quasi per un capriccio...

LUCA: A proposito. Sono ormai passati. Cosa aspetta a riaprire il sipario? Cosa succederà adesso?

TUTTI: Già! Cosa succederà? Cos'altro avrà inventato?

MARCO: Ho qui la commedia. Dice la didascalia che il dottor Hinkfuss comincia a menare il can per l'aia dicendo "Sarà bene in principio, dare una rappresentazione sintetica della Sicilia con una processioncina religiosa. Farà colore". E ha tutto disposto perché questa processioncina muova dalla porta d'ingresso della sala verso il palcoscenico, attraversando il corridoio che divide nel mezzo in due ali le file della platea e delle poltrone... nell'ordine seguente… Primo: quattro chierichetti in tonaca nera...

GIUSEPPE: E' vero. Anche nel mio paese, a Pedara in provincia di Catania, fanno le  processioni in questo modo: dopo i chierichetti, quattro giovinette, dette "verginelle", vestite di bianco ed avvolte in veli bianchi, che reggono le quattro mazze di un baldacchino. Sotto il baldacchino la "Sacra famiglia": San Giuseppe, la Madonna, il Bambin Gesù. Dietro, un pastore e la processione di paesani e paesane che cantano...

GIUSY: Oggi e sempre sia lodato,/

Nostro Dio sacramentato,/

E lodata sempre sia,/

Nostra vergine Maria./

TUTTI: …E lodata sempre sia,/

Nostra vergine Maria./

MARCO: Proprio come a pagina 28 del copione.

LA CHANTEUSE: No, povero vecchio, via, vergognatevi!

PRIMO AVVENTORE: Sta’ lì, stupida! Zitta e al tuo posto!

SECONDO AVVENTORE: Che povero vecchio!

PRIMO AVVENTORE: Chi ti c'immischia?  Lascia fare!'

SECONDO AVVENTORE: Se lo merita!

TUTTI: Se lo merita!

LA CHANTEUSE: Vigliacchi, lasciatemi! Perché se lo merita? Che male v'ha fatto?

PALMIRO: Che mi merito? Che mi merito?

PRIMO AVVENTORE: Ma niente, signor Palmiro, la lasci dire! È ubriaca, al solito! Se ne vada, se ne vada, questo non è posto per lei!

SECONDO AVVENTORE: Lo sappiamo noi bene, quello che lei si merita, signor Palmiro!

PALMIRO: Ma io vorrei sapere che cosa è successo.

PRIMO AVVENTORE: Niente, è per la storia dell'altra sera.

SECONDO AVVENTORE: La sanno tutti affezionato a quella chanteuse...

PRIMO AVVENTORE: Volevano, così per scherzo, che ella le désse uno schiaffo, come l'altra sera...

SECONDO AVVENTORE: Già!… Dicendo che lei se lo merita!

PALMIRO: Ah, ho capito! ho capito! -

PRIMO AVVENTORE: Oh! guardate! guardate! Su, in cielo! Le stelle!

SECONDO AVVENTORE: Le stelle?

PRIMO AVVENTORE: Si muovono! si muovono!

SECONDO AVVENTORE: Ma va' là!

PALMIRO: Possibile?

PRIMO AVVENTORE: Sì, si, guardate! Come se qualcuno le toccasse con due pertiche!

SECONDO AVVENTORE: Ti pajono lampioncini, le stelle?

PRIMO AVVENTORE: Diceva, signor Palmiro?

PALMIRO: Ah, ah sì, che io, questa sera, non so se ci avete fatto caso, l'ascoltavo cantare, senza nemmeno voltare il capo verso di lei. Mi fa tanta impressione, tanta! quella poverina, quando canta con gli occhi chiusi e con quelle lagrime che le sgocciolano per le guance!

PRIMO AVVENTORE: Ma lo fa per professione, signor Palmiro! Non creda a quelle lagrime!

PALMIRO: No no, ah, no no! Che professione! Che professione! Vi do la mia parola d'onore che quella donna soffre; soffre sul serio. E poi ha la stessa voce della mia figlia maggiore: tal quale! tal quale! E m 'ha confidato ch'è figlia anche lei buona famiglia.

TERZO AVVENTORE: Ah si? Oh guarda! Figlia anche lei di qualche ingegnere?

PALMIRO: Questo non lo so. Ma so che certe sventure possono capitare a tutti. E, ogni volta, sentendola cantare, mi... mi prende un angoscia,  una costernazione...

TOTINA: Oh, Dio, papà! Che t'hanno fatto?

POMARICI: Vigliacchi schifosi!

PALMIRO: A me? Che cosa?

NENÈ: Ma lèvati ciò che t'hanno messo sul cappello!

SIGNORA IGNAZIA:  Le corna?

DORINA: Mascalzoni, chi è stato?

TOTINA: Ma guardate là!

PALMIRO: A me, le corna? Ah, dunque per questo? Miserabili!

IGNAZIA: E le tiene ancora in mano! Buttale via, imbecille! Buono soltanto a diventar lo zimbello di tutti  i farabutti!

MOMMINA:  Non ci manca altro che tu ora, per giunta, te la pigli con lui...

TOTINA: ... mentre sono stati questi schifosi! 

VERRI:  Chi ha osato?… Chi ha osato?… È stato lei?

NENÈ: Ridono...

PRIMO AVVENTORE:  Mi lasci! Non sono stato io! E non s'arrischi a mettermi le mani addosso!

VERRI: Mi dica allora chi è stato.

POMARICI: No, via, Verri, lascia!

SARELLI: È inutile star qui a far chiasso ancora!

IGNAZIA: No, no, io voglio soddisfazione dal padrone di  questa tana di malviventi!

TOTINA: Lascia andare, mammà!

PRIMO AVVENTORE: Badi come parla, signora! Qua ci sono anche gentiluomini!

MOMMINA: Gentiluomini che agiscono cosi?

DORINA: Mascalzoni farabutti!

NARDI: Lasci andare, lasci andare, signorina!

PRIMO AVVENTORE: Giovinastri, hanno scherzato...

POMARICI: Ah, lo chiama scherzo lei?

PRIMO AVVENTORE: Stimiamo tutti il signor Palmiro...

SECONDO AVVENTORE: …e non stimiamo lei, invece,  cara signora!

PRIMO AVVENTORE: Lei è la favola del paese!

VERRI: Tenete la lingua a posto, o guai a voi!

PRIMO AVVENTORE: Noi faremo rapporto al signor Colonnello!

SECONDO AVVENTORE: Vergogna, in divisa d’ufficiali!

VERRI: Chi farà rapporto?

PRIMO AVVENTORE: Tutti! Tutti!

POMÀRICI: Voi insultate le signore che passano per via in nostra compagnia, e noi abbiamo il dovere di prenderne le difese!

PRIMO AVVENTORE: Nessuno ha insultato!

SECONDO AVVENTORE: Hai insultato lei, invece! La signora!

IGNAZIA: Io? No! Io non ho insultato! Io v’ho detto in faccia quello che siete: malviventi! Mascalzoni! Farabutti! Degni di stare in gabbia come le bestie feroci! Ecco quello che siete!

GLI AVVENTORI: (Ridono)

IGNAZIA: Ridete, sì, ridete, manigoldi, selvaggi!

POMÀRICI: Via, via, signora…

SARELLI: Ora basta!

NARDI: Ora basta!

MANGINI: Ora basta!

POMETTI: Ora basta!

IGNAZIA: Imbecilli, cretini! Ridete della vostra ignoranza!

NENÈ: Non ti sporcar la bocca a rispondere a costoro!

NARDI: Andiamo a teatro!

POMETTI: Andiamo, andiamo! S’è fatto tardi!

TOTINA: Sarà certo finito il primo atto!

MOMMINA: Sì, via, andiamo, mammà! Lasciali perdere!

POMÀRICI: Venga, venga a teatro con noi, signor Palmiro!

IGNAZIA: No, che teatro, lui! A casa! Via subito a casa! Domani si deve alzar presto per andare alla zolfara! A casa! A casa!

SARELLI: E noi, a teatro! Non perdiamo tempo!

GLI UFFICIALI: A teatro! A teatro!

HINKFUSS: Sì, sì, così! A teatro! A teatro! Via tutti! E tirare un po' il sipario!

PALMIRO: Se non vado con loro a teatro, io debbo uscire per la sinistra, no?

HINKFUSS: S'intende, lei per la sinistra! Vada, vada! Che domande!... Ma no, per la sinistra del pubblico!

PALMIRO: No, volevo farle osservare che non m'han lasciato dire nemmeno una parola, signor Direttore! Troppa confusione!

HINKFUSS: Ma nient'affatto! E' andata benissimo! Via, via, se ne vada!

PALMIRO: Dovevo far notare che le pago io tutte, sempre!

INKFUSS: Va bene, ecco che l'ha fatto notare; se ne vada! Ora è la scena del teatro! Chiudete un po' il sipario, che sembri un palchetto. Portate delle sedie rosse.

IGNAZIA: Ecco se è vero! Siamo già al finale del primo atto!

TOTINA: Che corsa! Auff! Dio che caldo! Siamo tutte scalmanate!

POMARICI: Eccomi pronto a servirla!

DORINA: Sfido! A marcia serrata! Un due, un due,...

CAMILLA: Ma insomma!

PUBBLICO: Silenzio!

LUCIA: Guardate se questa è la maniera d'entrare in un teatro!

MOMMINA: Hai preso il mio posto, lèvati!

TOTINA: Eh, se Dorina e Nenè si son sedute qua davanti...

DORINA: Abbiamo creduto che Mommina se ne volesse star dietro con Verri come l'ultima volta.

PUBBLICO: Silenzio! Silenzio!

ROCCO: Son sempre loro!

TANJA: È una vera indecenza!

GIUSY: La maraviglia è dei signori ufficiali!

GIUSEPPE: Non c'è nessuno che li richiami all'ordine?

MOMMINA: Piano, piano, per carità!

NENÈ: Si, piano! Prima porti lo scompiglio...

MOMMINA:  Io?...

NENÈ: Mi pare! con tutti questi cambiamenti!

DORINA: Ma lasciateli dire!

TOTINA: Come se non avessero mai sentito "La Forza del Destino"!

POMÀRICI: Si dovrebbe pure avere qualche riguardo per le signore!

 

CAMILLA: Taccia lei!

ROBERTA: È una vergogna!

VALENTINA: Alla porta i disturbatori!

LUCA: Cacciateli via!

MARCO: Che proprio la barcaccia degli ufficiali debba dare questo scandalo?

PUBBLICO: Fuori! Fuori! '

IGNAZIA: Cannibali! Non è colpa nostra se siamo arrivati così tardi! Oh vedete se questo dev'esser considerato come un paese civile! Prima un'aggressione sulla strada, e aggredite ora anche a teatro! Cannibali!

TOTINA: Nel Continente si fa così!

DORINA: Si viene a teatro quando si vuole!

NENÈ: E qua c'è gente che lo sa, come si fa e si vive nel Continente!

PUBBLICO: Basta! Basta!

HINKFUSS: Sì, sì, basta! basta! Non eccedere, mi raccomando, non eccedere!

IGNAZIA: Ma mi faccia il piacere, che eccedere! Il coraggio lo pigliamo da giù! È una persecuzione insopportabile, non vede? per un po' di rumore che s'è fatto entrando!

HINKFUSS: Va bene! Va bene! Ma ora basta! Tanto, l'atto è finito!

VERRI: È finito? Ah, sia lodato Dio! Usciamo, usciamo!

HINKFUSS: Benissimo, sì, uscire, uscire!

TOTINA: Ho una sete io!

NENÈ: Speriamo di trovare un gelato!

IGNAZIA: Via, via, usciamo presto, usciamo presto, o scoppio!

HINKFUSS: Quella parte del pubblico che è solita uscire tra un atto e l'altro dalla sala potrà andare, se vuole, ad assistere allo scandalo che questa benedetta gente seguiterà a dare anche nel ridotto del teatro; non perché voglia, ma perché ormai, qualunque cosa faccia, dà nell'occhio, presa com'è di mira e condannata a far le spese della maldicenza generale. Vadano, vadano: ma non tutti, prego; anche per non trovarsi di là troppo pigiati, con tanti a ridosso che voglion vedere ciò che su per giù s'è già visto qua. Posso assicurare che nulla perderà di sostanziale chi rimarrà qua a sedere. Si seguiteranno a vedere di là, mescolati tra gli spettatori, quelli che avete veduto anche voi, uscire dal palco, per il solito intervallo tra un atto e l'altro. Io trarrò profitto di quest'intervallo per il cambiamento  di scena. E lo farò davanti a voi, ostensibilmente, per offrire anche a voi che restate nella sala uno spettacolo a cui non siete abituati. Tirate il sipario!

Primo intermezzo

NENÈ: Non c'è gelati? Peccato! Mi dia allora una bibita. Fresca, mi raccomando. Una menta, sì.

TOTINA: A me, una limonata.

POMÀRICI: Un sacchetto di cioccolattini; e caramelle, anche.

NENÈ: No, non le prenda, Pomàrici! Grazie.

TOTINA: Non saranno buone. Sono buone? E allora sì, comprare, comprare! È una delle più grandi soddisfazioni...

POMÀRICI: Il cioccolattino?

TOTINA: No, di noi donne, far pagare gli uomini!

POMÀRICI: Per così poco! Peccato, non s'è fatto a tempo a passare dal caffè, venendo a teatro...

SARELLI: ...per quel maledetto incidente...

TOTINA: Ma è anche papà, santo Dio!,pare vada cercando lui stesso di dar pretesto a quest'indegna persecuzione, frequentando certi posti!

POMÀRICI: Non s'amareggi! Non s'amareggi!

NENÈ: E a me?

POMÀRICI: Sùbito: ma a lei, una caramella.

NENÈ: Ed è proprio sicuro che nel Continente si fa così?

POMÀRICI: Come no? Imboccare, dice, una caramella, alle belle signorine? Sicurissimo!

SARELLI: Questo, e ben altro!

NENÈ: Che altro? che altro?

POMÀRICI: Eh, se volessimo proprio fare in tutto come nel Continente!

TOTINA: Ma per esempio?

SARELLI: Non possiamo portarglielo qua, l'esempio.

NENÈ: E allora domani tutt'e quattro prenderemo d'assalto il campo d'aviazione!

TOTINA: E guai a voi se non ci prendete in volo!

POMÀRICI: La visita sarà graditissima; ma quanto a volare, purtroppo.. .

SARELLI: Vietato dal regolamento!

POMÀRICI: Col Comandante che c'è adesso...

TOTINA: Non avevate detto che quest'orco sarebbe andato presto in licenza?

NENÈ: Io non sento ragioni; voglio volare sulla città per il gusto di sputarci sopra. Si potrà?

SARELLI Volare, impossibile...

NENÈ No, dico, tirarci... puh!... così, uno sputo. Ne dò l'incarico a lei.

Secondo intermezzo

NARDI: Ma sa che suo papà è innamorato pazzo della chanteuse del Cabaret?

DORINA: Papà? Che mi dice?

NARDI: Papà, papà; gliel'assicuro io; e lo sa del resto tutto il paese.

DORINA: Ma dice sul serio? Papà innamorato?

NARDI: Non ha visto ch'era là nel Cabaret?

DORINA: Per carità, non ne faccia sapere nulla alla mamma; lo scorticherebbe! Ma chi è questa chanteuse? Lei la conosce?

NARDI: Sì, l'ho vista una volta. Una matta accorata.

DORINA: Accorata? Come sarebbe?

NARDI: Dicono che piange sempre cantando, con gli occhi chiusi: lagrime vere; e che qualche volta casca a terra, anche, sfinita dalla disperazione che la fa piangere, ubriaca.

DORINA: Ah sì? Ma allora sarà il vino!

NARDI: Forse. Ma pare che beva perché disperata.

DORINA: Oh Dio, e papà...? Oh poveretto! Ma sa ch'è davvero disgraziato, povero papà? No, no, io non ci credo.

NARDI: Non ci crede? E se le dicessi che una sera, forse un po' brillo anche lui, diede spettacolo a tutto il Cabaret andando con le lagrime agli occhi e un fazzoletto in mano ad asciugare le lagrime di quella che cantava con gli occhi chiusi?

DORINA: Ma no! Sul serio?

NARDI: E sa come gli rispose quella? Appioppandogli un solennissimo ceffone!

DORINA: A papà? Anche quella? Gliene dà tanti la mamma, povero papà!

NARDI: E proprio così le disse lui, là davanti a tutti gli avventori che ridevano: «Anche tu, ingrata? Me ne dà tanti mia moglie!».

TUTTI: (ridono)

DORINA: Ma sapete che mi dice Nardi? Che papà è innamorato della chanteuse del Cabaret!

TOTINA: Ma no!

NENÈ: Tu ci credi? è uno scherzo!

DORINA: No, no, è vero! è vero!

NARDI: Posso garantire ch'è vero.

SARELLI: Ma sì, l'ho saputo anch'io.

DORINA: E se sapeste che ha fatto!

NENÈ: Che ha fatto?

DORINA: S'è preso uno schiaffo anche da quella, in pubblico caffè!

NENÈ: Schiaffo?

TOTINA: O perché?

DORINA: Perché le voleva asciugare le lagrime!

TOTINA: Le lagrime?

DORINA: Già, perché è una donna, dice, che piange sempre...

TOTINA: Avete capito? Avevo ragione di dirlo poco fa? È lui, è lui! Come volete che poi la gente non rida e non si faccia beffe di lui?

SARELLI: Se ne volete una prova, cercategli in petto nella tasca interna della giacca, deve averci il ritratto di quella chanteuse: lo mostrò a me una volta con certe esclamazioni che non vi dico, povero signor Palmiro!

TUTTI: Salute!

Terzo intermezzo

MOMMINA: Che ha?

VERRI: Io? Niente. Che ho?

MOMMINA: E allora perché sta così?

VERRI: Non lo so. So che se stavo un altro po' nel palco, finiva che la facevo davvero la pazzia.

MOMMINA: Non è più vita da potersi reggere.

VERRI: Se n'accorge ora?

MOMMINA: Stia zitto, per carità! Tutti gli occhi sono addosso a noi.

VERRI: È ben per questo! È ben per questo!

MOMMINA: Sono arrivata al punto che non so più quasi muovermi né parlare.

VERRI: Io vorrei sapere che hanno da guardar tanto e stare a sentire ciò che diciamo tra noi.

MOMMINA: Stia buono, mi faccia questo piacere, non li provochi!

VERRI: Non siamo qua come tutti gli altri? Che vedono di strano in noi in questo momento, da starci a guardare così? lo domando se è mai possibile…

MOMMINA: Ma già, vivere, gliel'ho detto, far più un gesto, alzar gli occhi, così sotto la mira di tutti. Guardi là, anche attorno alle mie sorelle, e là attorno alla mamma.

VERRI: Come se si stésse qua a dare uno spettacolo!

MOMMINA: Ma già!

VERRI: Purtroppo però, mi scusi, le sue sorelle là…

MOMMINA: Che fanno?

VERRI: Niente; non me ne vorrei accorgere, ma sembra che ci provino gusto...

MOMMINA: A che cosa?

VERRI: A farsi notare!

MOMMINA: Ma non fanno nulla di male: ridono, ciarlano...

VERRI: Sfidando, col loro contegno ardito!

MOMMINA: Ma sono anche i suoi colleghi, scusi...

VERRI: Lo so, a metterle su; e creda che cominciano a urtarmi seriamente, specie quel Sarelli, e anche Pomàrici e Nardi.

MOMMINA: Fanno un po' d'allegria...

VERRI: Potrebbero pensare che la fanno a spese della buona reputazione di tre ragazze perbene; e almeno astenersi da certi atti, da certe confidenze.

MOMMINA: Questo sì, è vero.

VERRI: Io, per esempio, non tollererei più che uno di loro si permettesse con lei...

MOMMINA: Non lo permetterei io, prima di tutti, lo sa!

VERRI: Lasciamo andare, lasciamo andare, per carità! Anche lei, anche lei prima l'ha permesso!

MOMMINA: Ma ora non più, da un pezzo, mi pare! Dovrebbe saperlo.

VERRI: Non basta però che lo sappia io: dovrebbero saperlo anche loro!

MOMMINA: Lo sanno! Lo sanno!

VERRI: Non lo sanno! Più d'una volta han tenuto anzi a dimostrarmi di non volerlo sapere; e proprio come per cimentarmi.

MOMMINA: Ma no! Ma quando? Per carità, non si metta di queste idee per la testa!

VERRI: Dovrebbero capire che con me non si scherza!

MOMMINA: Lo capiscono, stia sicuro! Ma più lei dà a vedere d'aversi a male anche d'uno scherzo innocente, e più quelli seguitano, anche per dimostrare di non averci messo alcuna malizia.

VERRI: Lei dunque li scusa?

MOMMINA: Ma no! Dico questo per lei, perché stia tranquillo; e anche per me, che vivo, sapendola così, in uno stato di trepidazione continua.

Terzo intermezzo

IGNAZIA: Ah voi vi dovreste acquistare una grande benemerenza, una grande benemerenza, cari miei, verso la civiltà!

MANGINI: Noi! E come, signora Ignazia?

IGNAZIA: Come? Mettendovi a dar lezione, al vostro circolo!

POMETTI: Lezione? a chi?

IGNAZIA: A questi zotici villani del paese! Almeno per un'ora al giorno.

MANGINI: Lezione di che?

POMETTI: Di creanza?

IGNAZIA: No, no, dimostrativa, dimostrativa. Una lezioncina al giorno, d'un'ora, che li informi di come si vive nelle grandi città del Continente. Lei di dov'è, caro Mangini?

MANGINI: lo? Di Venezia, signora.

IGNAZIA: Venezia? Ah Dio, Venezia, il mio sogno! E lei, lei, Pometti?

POMETTI: Di Milano, io.

IGNAZIA: Ah, Milano! Milan... Figuriamoci! El nost Milan... E io sono di Napoli; di Napoli che, senza fare offesa a Milano, dico, e salvando i meriti di Venezia, come natura, dico... un paradiso! Chiaja! Posillipo! Mi viene... mi viene da piangere, se ci penso,.. Cose! Cose!... Quel Vesuvio, Capri... E voi ci avete il Duomo, la Galleria, la Scala... E voi, già, Piazza San Marco, il Canal Grande... Cose! Cose!... Mentre qua, tutte queste fetenzierie... E fossero soltanto fuori, nelle strade!

MANGINI: Non lo dica loro in faccia così forte, per carità!

IGNAZIA: No, no, io parlo forte. Santa Chiara di Napoli, cari miei. Ce l'hanno anche dentro, la fetenzieria. Nel cuore, nel sangue, ce l'hanno. Arrabbiati tutti sempre! Non vi fanno quest'impressione? che siano sempre tutti arrabbiati?

MANGINI: Veramente, a me...

IGNAZIA: ...non vi pare?... ma sì, tutti sempre bruciati d'una... come debbo dire? ma sì, rabbia d'istinto, che li fa feroci l'uno contro l'altro; solo che uno, non so, guardi qua anziché là, o si soffi il naso un po' forte, o gli passi qualcosa per la testa e sorrida; Dio ne liberi e scampi! ha sorriso per me; s'è soffiato il naso così forte apposta per fare uno sfregio a me; ha guardato là anziché qua apposta per fare un dispetto a me! Non si può far nulla senza che sospettino che ci debba esser sotto chi sa che malizia; perché la malizia ce l'hanno loro, tutti, agguattata dentro. Guardateli negli occhi. Fanno paura. Occhi di lupo... Su su. Sarà tempo di rientrare. Andiamo da quelle povere figliuole.

MOMMINA: Andiamo, andiamo. La mamma s'è mossa; pare che voglia rientrare.

GIUSEPPE: Ma guarda come si è dato da fare il nostro dottor Hinkfuss. Ha preparato una scena. Che bella.

ROBERTA: E' una proiezione. La diapositiva di un campo di aviazione.

VALENTINA: Gliel'avranno chiesta gli ufficiali.

CAMILLA: Già, e lui si è prestato al gioco.

TANJA: Sempre perché questa sera si recita a soggetto. Niente di preordinato.

RAOUL: Ma non ha rispetto del pubblico?

TINA: Ma se il pubblico sta prendendo gusto allo spettacolo. Non ha neanche consumato al bar!

SIMONE: Neanch'io e le confesso che avevo sete.

ALESSANDRO: E chi ne ha avuto tempo? Finite le battute degli interpreti,

di corsa in sala. Per dire parole senza valore.

EMMA: E se gli chiedi perché l'ha fatto, scommetti che ti risponde che lui può permettersi certi lussi? Come dice la didascalia a pagina 48 del copione.

IRENE: Oh, conoscendo il suo carattere posso anche dire che è capace di togliere tutto.

LUCIA: E la commedia non va avanti per via di un cattivo carattere?

MARCO: Mi sa che più che conoscere il suo carattere conosci ciò che Pirandello ha scritto all'inizio della quinta scena. Leggo:" Appena allestito, si riferisce al campo di aviazione, scenderà dal palcoscenico nella sala, si metterà nel mezzo del corridoio a regolare bene con altri opportuni comandi gli effetti di luce, e quando li avrà ottenuti perfetti, rimonterà sul palcoscenico."

TIZIANA: Magari bloccando i macchinisti e gli elettricisti sostenendo che la scena è inutile.

ROCCO: Questi sono capricci! Meglio tagliare, cosi non si allunga il testo.

GIUSY: E' proprio un bel tipo, questo Pirandello. Mi piacerebbe conoscerlo.

GIUSEPPE: Si, lo facciamo resuscitare per te. Ignorante! Pirandello è morto a Roma nel 1936.

HINKFUSS: No! No! Via tutto! Via tutto!  Spegnere, spegnere. Chiudere il sipario! Sto pensando che di questa scena si può fare anche a meno. Sì, l'effetto è bello, ma coi mezzi che abbiamo a disposizione possiamo ottenerne altri non meno belli, che conducano avanti più speditamente l'azione. Per fortuna io stasera sono libero davanti a voi, e spero che a voi non dispiacerà vedere come si mette su uno spettacolo, non solo sotto i vostri stessi occhi, ma anche, perché no?, con la vostra collaborazione. Il teatro, voi vedete, signori, è la bocca spalancata d'un grande macchinario che ha fame; una fame che i signori poeti...

GIUSEPPE: Per piacere, non dica signori ai poeti; i poeti non sono signori!

HINKFUSS: Neanche i critici sono in questo senso signori; e io li ho pur chiamati così, per una certa affettazione polemica che, senz'offesa, credo in questo caso mi possa essere consentita.

CAMILLA & ROBERTA: Consentita! Consentita! Vada avanti!

HINKFUSS: Una fame, dicevo, che i signori poeti hanno il torto di non saper saziare. Per questa macchina del teatro, come per altre macchine enormemente e mirabilmente cresciute e sviluppate, è deplorevole che la fantasia dei poeti, arretrata...

GIUSEPPE: Come si permette!

HINKFUSS: …Non riesca più a trovare un nutrimento adeguato e sufficiente. Non si vuole intendere che il teatro è soprattutto spettacolo. Arte sì, ma anche vita.

TANJA: Il teatro è vita! Il teatro è vita!

HINKFUSS:  Creazione, sì, ma non durevole: momentanea. Un prodigio: la forma che si muove! E il prodigio, signori, non può essere che momentaneo. In un momento, davanti ai vostri occhi, creare una scena; e dentro questa, un'altra, e un'altra ancora. Un attimo di bujo; una rapida manovra; un suggestivo gioco di luci. Ecco, vi faccio vedere… Bujo!... Luce!... Rosso!... Verde!... Rosso!...

PUBBLICO: Oooh!

HINKFUSS: Aspettiamo finché il pubblico non sia rientrato. Dobbiamo anche dar tempo alla signora Ignazia e alle signorine La Croce che rientrino in casa dopo il teatro, accompagnate dai loro giovani amici ufficiali.

E se intanto lei, Signore, volesse informare il pubblico rimasto qua a sedere, se nulla di nuovo è avvenuto là nel ridotto...

ROCCO: Dice a me?

HINKFUSS: A lei, si. Se volesse essere cosi gentile...

ROCCO; No, nulla di nuovo. Un grazioso diversivo. Hanno chiacchierato. S'è soltanto saputo che quel buffo signor Palmiro, «Sampognetta», è innamorato della chanteuse del Cabaret.

PUBBLICO: Della chanteuse del Cabaret.

HINKFUSS: Ah sì; ma questo s'era già potuto capire. Del resto, ha poca importanza.

LUCA: No, scusi, s'è  ben capito anche che l'ufficiale Rico Verri...

VERRI: Basta, basta con quest'ufficiale! Tra poco mi libero di questa divisa!

INKFUSS: Ma scusi, perché interloquisce lei?

VERRI: Perché mi irrita questa qualifica, e per mettere le cose a posto: non sono  ufficiale di carriera! D'accordo?

PUBBLICO: D'accordo!

VERRI: Applauso!

HINKFUSS L'aveva fatto notare fin da principio. Basta. Scusi tanto! Diceva il signore...?

ALESSANDRO: Ma... niente... Dicevo che... che anche di là, nel ridotto, codesto signor Verri ha dimostrato il suo cattivo umore.

GIUSEPPE: Pare cominci a essere stufo più d'un po’ dello scandalo che dànno quelle signorine e la... signora madre...

HINKFUSS: Sì, sì, va bene; ma anche questo s'era potuto vedere fin da principio. Grazie a ogni modo… Sipario!… Ecco, non appena ho dato l'ordine per l’apertura del sipario, è partita la fonica.

Parte terza

MOMMINA: Ti fa molto male?

IGNAZIA: Arrabbio! Non mi toccare!

POMETTI: Verri è già corso alla farmacia: sarà qui a momenti.

IGNAZIA: Non gli apriranno! Non gli apriranno!

MOMMINA: Ma hanno l'obbligo d'aprire: farmacia notturna!

IGNAZIA: Già! Come se non sapessi in che paese viviamo! Ahi! Ahi! Non mi fate parlare; arrabbio! Capaci di non aprirgli, se sanno che è per me!

POMETTI: Oh, vedrà che Verri si farà aprire! Capace anche lui di buttare la porta a terra!

NENÈ: Ma si, stai sicura, mammà!

DORINA: Figurati se non gli aprono! Se ci si mette, è più bestia di loro!

IGNAZIA: No, no, poverino, non dite cosi. È tanto buono! È corso sùbito.

MOMMINA Mi pare! Lui solo. Mentre voi state a ballare.

IGNAZIA Lasciale, lasciale ballare! Tanto, il dolore non mi passa, se mi stanno attorno a domandarmi come sto. È la furia, la furia che mi mette nel sangue questa gente, la cagione di tutti i miei mali.

NENÈ: Mammà, e se tu dicessi l'Ave Maria come l'altra volta?

POMETTI: Ecco, già! Benissimo!

NENÈ: Sai che, dicendola, il dolore ti passò!

POMETTI: Si provi, signora, si provi!

DORINA: Sì, sì, dilla, dilla, mammà! Vedrai che ti passa.

NENÈ: Già! ma voi smettete di sonare!

POMETTI: Certo! Smetti di sonare, Pomàrici.

NENÈ: La mamma dirà l'Ave Maria come l'altra volta!

POMARICI: Ah, brava, sì! Vediamo, vediamo se il miracolo si ripete.

SARELLI: La dica in latino, in latino, signora Ignazia!

NARDI: Certo! Farà più effetto.

IGNAZIA: Ma no, lasciatemi stare! Che volete che dica!

NENÈ: Hai la prova dell'altra volta, scusa! Ti passò!

DORINA: Al bujo! Al bujo!

NARDI: Sì, al bujo ci sarà più atmosfera!

SARELLI: Più raccoglimento!

NENÈ: Già, raccoglimento! Raccoglimento! Pomàrici, spenga la luce!

POMARICI: Ma Totina dov'è?

DORINA: È di là con Mangini. Non pensi a Totina e spenga la luce!

IGNAZIA: Nient'affatto! Ci vorrà almeno una candela. E le mani a posto! E Totina venga qua.

MOMMINA: Totina! Totina!

DORINA: La candela è di là!

NENÈ: Va' a prenderla tu; io vado a prendere la statuina della Madonna!

IGNAZIA: Ma no, lascia! Non c'è bisogno! Che statuina! Se ne può fare a meno!

POMARICI: Faccia venire qua Totina piuttosto!

IGNAZIA: Sì, sì, Totina qua! sùbito qua!

POMETTI: Qua attorno all'altarino!

DORINA: Ecco qua la candela!

POMETTI: Qua sul tavolino!

NENÈ: Ed ecco la Madonna!

POMARICI: E Totina?

NENÈ: Ora viene, ora viene! Non secchi lei, con Totina!

IGNAZIA: Ma si può sapere che fa di là?

NENÈ: Niente, prepara una sorpresa, ora vedrete! Qua dietro, qua dietro tutti, e attorno! Raccogliti, mammà!

IGNAZIA: Ave Maria, Ahi!... gratia plena, Ahi!... Dominus tecum,Ahi!… et benedicta tu in mulieribus...

TOTINA: «Le parlate d'amor - o cari fior...»

TUTTI: No! Basta! Basta!

IGNAZIA: Ahi!

NENE: Sta' zitta, stupida!

MOMMINA: Ha guastato tutto!

TOTINA: Che cos'è?

DORINA: La mamma stava recitando l'Ave Maria.

TOTINA: Potevi dirmelo!

NENÈ: Già! Dovevo figurarmi che tu dovessi piombare proprio in questo momento!

TOTINA: Ero già bell'è vestita, quando sei entrata a prendere la Madonnina!

NENÈ: E dunque potevi immaginartelo!

DORINA: Basta! Basta! Che si fa adesso?

POMARICI: Si ripiglia! Si ripiglia!

GLI UFFICIALI: Si ripiglia!

IGNAZIA: No... Aspettate... Io non so...

MOMMINA: T'è passato?

IGNAZIA: Non so... sarà stato il diavolo... o la Madonna... No, no... ahi... di nuovo... che passato! Ahiii.., Dio, che spasimo... No! Non gliela voglio dar vinta! Cantate,  cantate, figliuole! Cantate, figliuoli! Fatemi questo piacere, cantate, cantate! Guai a me, se m'avvilisco sotto questo porco dolore! Su, su, Mommina: «Stride la vampa»!

TUTTI: Sì, sì! Benissimo! Il coro del "Trovatore"!

MOMMINA: No, no, mammà, io non mi sento! no!

IGNAZIA: Fammi questa carità, Mommina! È per il mio dolore!

MOMMINA: Ma se ti dico che non mi sento!

NENÈ: Eh via! Contentala una volta!

TOTINA: Ti dice che non vuole avvilirsi sotto il dolore!

NARDI: Sì, sì, via! La contenti, signorina!

SARELLI: La contenti, signorina!

DORINA: Dio, come ti fai pregare!

NENÈ: Ti figuri che non lo supponiamo perché non vuoi più cantare?

POMARICI: Ma no, la signorina canterà!

SARELLI: Se è per Verri, non dubiti che penseremo noi a tenerlo a posto!

POMARICI: Cantando le giuro che il dolore le s'incanta.

IGNAZIA: Sì, sì, fallo, fallo per la tua mamma!

POMETTI: Che coraggio questa nostra Generala!

IGNAZIA: Tu Totina, Manrico, eh?

TOTINA: S'intende! Sono già vestita!

IGNAZIA: Fatele i baffi, fatele i baffi a questa figliuola!

MANGINI: Ecco, sì, glieli faccio io!

POMARICI: No! Se permetti, glieli faccio io!

NENÈ: Qua c'è il tappo di sughero, Pomàrici! Corro a prenderle un gran cappello piumato! E un fazzoletto giallo e un scialle rosso per Azucena!

POMARICI: E stia un po' ferma, per piacere!

IGNAZIA: Benissimo! Mommina, Azucena...

MOMMINA: No, io no...

IGNAZIA: ...Totina, Manrico...

SARELLI: ...e noi tutti, il coro degli zingari!

IGNAZIA:              «All'opra, all'opra! Dàgli. Martella.

Chi del gitano ognor la vita abbella?

Chi del gitano ognor la vita abbella?

Chi del gitano ognor la vita abbella?»

TUTTI:                         «La zingarèèèè - eeeèlla!»

IGNAZIA: Ahhh! Mannaggia! Mannaggia! Non resisto più! Forza! Forza, figliuoli, presto, cantate!

POMÀRICI: Ma no, aspettate, santo Dio, che abbia finito.

DORINA: Ancora? Basta così!

SARELLI: Starà benissimo!

NENÈ: Un amore! Il cappello adesso, Pomàrici! il cappello! E tu, senza storie! Il fazzoletto in capo! Legatelo dietro! E lo scialle addosso, cosi!

DORINA: Ma muoviti.

POMARICI: Oh, ma ci vorrebbe qualcosa da battere!

NENÈ: Ho trovato! Le vaschette d'ottone!

POMETTI: Vengo ad ajutarla!

POMARICI: Et voilà!... (applausi)...Ecco, attenti! Attacchiamo dal coro dell’inizio del secondo atto! Mi raccomando, seguite il disco, altrimenti non l’imparate più!… «Vedi le fosche notturne spoglie…»

TUTTI:                     «Vedi le fosche notturne spoglie

de' cieli sveste l'immensa volta:

sembra una vedova che alfin si toglie

i bruni panni ond'era involta.

All'opra, all'opra! Dàgli. Martella.

Chi del gitano ognor la vita abbella?

La zingarella!»

IGNAZIA: Ahi!

TUTTI: Che succede?

IGNAZIA: Una fitta, piccola, piccola!

POMARICI: Ecco, attenta, signorina! Tocca a lei! Mi raccomando di seguire la voce del contralto. E voi tutti attorno!

MOMMINA:           «Stride la vampa! la folla indomita

corre a quel foco, lieta in sembianza!

Urli di gioja intorno echeggiano;

cinta di sgherri donna s'avanza.»

IGNAZIA: Ah Dio, sto morendo! Ah Dio, sto morendo! Penitenza dei miei peccati! Dio, Dio, che spasimo! Forza, Dio, colpiscimi! E fai soffrire me sola! Scontare a me sola, Dio, lo spasso delle mie figliuole! Cantate, cantate, si sì, godete, fIgliuole! lasciate arrabbiare me sola per questo dolore ch'è penitenza di tutti i miei peccati! Io vi voglio contente, festanti, festanti, così! Sì, dàgli, martella, addosso a me! a me soltanto, Dio, e lascia godere le mie figliuole! Ah Dio, la gioia che non potei avere io mai, mai, Dio, mai, mai,voglio che l'abbiano le mie figliuole! Debbono averla! debbono averla! Sconto io, sconto io per loro, anche se mancano, Dio, ai tuoi santi comandamenti. “La zingarella!... La zingarella!”… Silenzio! Ora canta Mommina, voce di cartello! La vampa, sì!... Ah... ce l'ho io in bocca, la vampa... Lieta, sì, lieta in sembianza...

VERRI: Ah, perdio! Così vi fate beffe di me?

NENÈ: Ma guarda che modi!

DORINA: E’ pazzo?

GLI UFFICIALI : (Brusìo)

NARDI: Basta!

POMARICI: Mi risponderai di quello che hai fatto!

VERRI: Non ho ancora finito!

SARELLI; Ci siamo anche noi!

NARDI: Ne risponderai a tutti!

VERRI: A tutti, a tutti! Son buono a rompervi il grugno a quanti siete!

TOTINA: Chi l’ha fatto padrone in casa nostra?

VERRI: Mi si manda a prendere la medicina…

IGNAZIA: …la medicina; e poi?

VERRI: …Me la fate trovare mascherata così!

IGNAZIA: Lei va sùbito via dalla mia casa!

MOMMINA: Io non volevo, non volevo! L’ho detto a tutti che non volevo!

DORINA: Ma guarda che s’ha da vedere! Questa stupida che si scusa!

NENÈ: S’approfitta che non abbiamo un uomo in casa, che lo cacci via a pedate per come si merita!

IGNAZIA: Nenè, va’ a chiamar tuo padre, sùbito! Salti il letto e venga qua, sùbito!

NENÈ: Papà! Papà!

SARELLI: Ma s’è per questo, possiamo cacciarlo via noi!

VERRI: Voi? Voglio vedervi! Cacciatemi via!… Chiami, sì, chiami papà: rispondo al capo di casa di quello che faccio! Se pretendo da costoro il rispetto per voi tutte!

IGNAZIA: Chi glien’ha dato l’incarico? Come osa pretenderlo?

VERRI: Come, la signorina lo sa!

MOMMINA: Ma non così, con la violenza!

VERRI: Ah, è mia la violenza? Non degli altri su di lei?

IGNAZIA: Le ripeto che non voglio saper nulla. Quella è la porta: via!

VERRI: No. Questo non me lo deve dir lei.

IGNAZIA: Glielo dirà anche mia figlia! E del resto la padrona, a casa mia, sono io!

DORINA: Glielo diciamo noi tutte!

VERRI: Non basta! Se la signorina è con me! Io sono qua il solo che abbia intenzioni oneste!

SARELLI: Ma guarda, oneste!

NARDI Qua non si fa nulla di male!

VERRI: La signorina lo sa!

POMÀRICI: Buffone!

VERRI: Buffoni voialtri! E guardatevi bene dall’intromettervi ancora, o finisce male ora stesso!

POMETTI: Via, via, andiamo, ritiriamoci!

GLI UFFICIALI: Sì, ritiriamoci!

DORINA: Ma no! Perché?

TOTINA: Non ci lascerete sole! Non è mica lui il padrone in casa nostra!

VERRI: Non ti buttar malato, tu, Nardi, domani! Ci rivedremo!

NARDI: Non temere!

NENÈ: Papà non è in casa?

IGNAZIA: Non è in casa?

NENÈ: L'ho cercato da per tutto! Non si trova!

DORINA: Ma come? Non è rientrato?

NENÈ: Non è rientrato!

MOMMINA: E dove sarà?

IGNAZIA: Ancora fuori, a quest'ora?

SARELLI: Sarà tornato al Cabaret!

POMARICI: Signora, noi ce n'andiamo.

IGNAZIA: Ma no, aspettate...

MANGINI: Per forza! Aspettate! Non posso mica venir via così!

TOTINA: Ah già! Scusi. Non pensavo più d'avere indosso la sua divisa. Vado sùbito a levarmela.

POMARICI: Aspetta tu, che la signorina te la ridìa; noi intanto ce n'andiamo.

IGNAZIA: Ma scusate, non vedo...

VERRI: Vedono, vedono loro; se non vuole veder lei!

IGNAZIA: Io torno a dirle che deve andar via lei! non loro, ha capito?

VERRI: No, signora: loro! Perché di fronte alla serietà del mio proposito, sanno che ormai non c'è più posto qua, per il loro indegno scherzo.

POMARICI: Sì, sì, lo vedrai domani come scherziamo noi!

VERRI: Non mi par l'ora di vederlo!

MOMMINA: Per carità, per carità, Verri!

VERRI: Lei non stia a pregar nessuno!

MOMMINA: No, non prego! Voglio dire soltanto che la colpa è mia, che mi sono arresa! Non dovevo, sapendo che lei…

NARDI: ...da siciliano serio, non poteva più stare allo scherzo!

SARELLI: Ma non ci stiamo più neanche noi, ora!

VERRI: Benissimo! È contenta?

MOMMINA: Di che?

VERRI: D'aver detto quello che non doveva! Che c'entrava questo 'incolparsi, così all'ultimo?

MOMMINA: M'è venuto spontaneo...

VERRI: E intanto ha fatto riprender ansa a costoro! Devo essere io l'ultimo a gridare che l'hanno a che fare con me, tutti quanti!

MANGINI: Anch'io, così in veste da camera?... Pronto! Oplà!

NENÈ e DORINA: Benissimo! Bravissimo!

VERRI: Ma che bravissimo! Scempiaggini! Così si guasta tutta la scena! E non la finiamo più.

HINKFUSS: Ma no, perché? Filava tutto cosi bene! Avanti, avanti!

MANGINI: Mi trovo in veste da camera, può anche venirmi di scherzare!

NENÈ: Ma naturalmente!

VERRI: Vada a giocare alla morra lei! Non venga qua a recitare!

MOMMINA: Se il signor Mazzarella  vuol rappresentare lui solo la sua parte e noi niente, lo dica e ce n'andiamo via tutti!

VERRI No, me ne vado io, invece, se gli altri vogliono fare a modo loro e come loro accomoda; anche a sproposito.

IGNAZIA: Ma è venuta così bene e opportuna, santo cielo, quella implorazione quella signorina: «La colpa è mia, che mi sono arresa!».

POMARICI: Oh sa, ci siamo infine anche noi!

SARELLI: Dobbiamo vivere anche noi le nostre parti!

NARDI: Vuol fare bella figura lui solo! Ognuno deve dire la sua!

HINKFUSS: Basta! Basta! Si prosegua la scena!Mi pare che sia proprio lei adesso, signor Mazzarella a guastar tutto!

VERRI: No, non io, prego! Io vorrei anzi che parlasse chi deve, e mi rispondesse a tono! Tre ore che mi batto a ripetere «la signorina lo sa! la signorina lo sa!» e la signorina non trova una parola per sostenermi! Sempre con codesto atteggiamento da vittima!

MOMMINA: Ma sono, sono la vittima! vittima delle mie sorelle, della casa, di lei; vittima di tutti!

HINKFUSS: Si danzi, dunque!

POMARICI: Pronti!

PALMIRO: Aaah!... Ma insomma, signor Direttore, io picchio, picchio, picchio, così tutto insanguinato; ho le budella in mano; devo venire a morir sulla scena, che non è facile per un attore brillante; nessuno mi fa entrare; trovo qua lo scompiglio; gli attori smontati; mancato l'effetto che mi ripromettevo di cavar fuori dalla mia entrata, perché, pur così grondante sangue e moribondo, sono anche ubriaco; domando a lei come si rimedia adesso!

HINKFUSS: Ma è subito fatto. S'appoggi alla sua chanteuse: dov'è? :

LA CHANTEUSE: Sono qua.

PRIMO AVVENTORE: E ci sono anch'io a sorreggerlo.

HINKFUSS: Va bene, lo sorregga!

PALMIRO: Avevo le scale da fare, portato in collo da tutt'e due...

HINKFUSS: Supponga d'averle fatte, santo Dio! E voi tutti, a posto! E levate le disperazioni! Possibile, affogare così in un bicchier d'acqua, per uno sciocco puntiglio?… Rifare, rifare1…

IGNAZIA: Ah Dio, ch'è stato?

MOMMINA: Papà! Papà mio!

NENÈ: Ferito?

VERRI: Chi l'ha ferito?

DORINA: Dov'è ferito? Dove?

PRIMO AVVENTORE: Al ventre!

SARELLI: Di coltello?

LA CHANTEUSE: Squarciato! Ha perduto per via tutto il sangue!

NARDI: Ma chi è stato? Chi è stato?

POMETTI: Al Cabaret?

MANGINI: Non toccatelo, per l'amor di Dio!

POMARICI: Lasciatelo respirare!

IGNAZIA: Era dunque tornato al Cabaret?

NENÈ: Ma non pensare al Cabaret, adesso, mammà! Non vedi com'è?

IGNAZIA: Eh, mi vedo entrare in casa... e  guarda, guarda là, come se la tiene stretta!... Chi è?

LA CHANTEUSE: Una donna, signora, che ha più cuore di lei!

PRIMO AVVENTORE: Pensi, signora, che suo marito, qua, sta morendo!

MOMMINA: Ma com'è stato? Com'è stato?

PRIMO AVVENTORE: Ha voluto prendere le difese di lei...

IGNAZIA: Ecco, eh già! il cavaliere!

PRIMO AVVENTORE: ...è nata una lite...

LA CHANTEUSE: ...e quell'assassino...

PRIMO AVVENTORE: ...ha lasciato lei e s'è rivoltato contro di lui!

VERRI: Dica un po', l'hanno preso?

PRIMO AVVENTORE: No, è fuggito, minacciando tutti, col coltello in mano.

NARDI: Ma si sa almeno chi è?

PRIMO AVVENTORE: Lei lo sa bene...

SARELLI: IL suo amante?

LA CHANTEUSE: Il mio carnefice! Il mio carnefice!

PRIMO AVVENTORE: Voleva fare un macello!

NENÈ: Ma bisogna mandar sùbito per un medico!

TOTINA: Aah! Ch'è stato? ch'è stato? Oh Dio, papà? Chi l'ha ferito?

MOMMINA: Parla, parla, di' almeno qualche cosa, papà!

DORINA: Perché ci guardi così?

NENÈ: Guarda e sorride.

TOTINA: Ma dov'è stato? Com'è stato?

IGNAZIA: Al Cabaret! Eh, non vedi? Sfido!

NENÈ: Un medico! Un medico! Non lo lasceremo morire così...

MOMMINA: Chi corre, chi corre a chiamarlo?

MANGINI: Andrei io, se non fossi così...

TOTINA: Ah, già, vada, vada a prendere la sua divisa: è di là.

NENÈ: Lei, Sarelli, per carità!

SARELLI: Sì, sì, corro io, corro io.

VERRI: Ma com'è che non dice nulla? Dovrebbe pur dire qualche cosa...

TOTINA: Papà! Papà!

NENÈ: Seguita a guardare e a sorridere.

MOMMINA: Siamo qua tutte attorno a te, papà!

VERRI: Possibile che voglia morire senza dir nulla?

POMARICI: Comodo! Se ne sta lì, né morto né vivo. Che aspetta?

NARDI: Io non so più che altro aggiungere! Sarelli è corso per il medico, beato lui! e Mangini per la sua divisa...

IGNAZIA: Parla! Parla! Non sai dir nulla? Se avessi obbedito... pensato che avevi quattro figliuole, a cui ora può anche venire a mancare il pane!

NENÈ: Niente. Eccolo là. Sorride.

MOMMINA: Non è naturale.

DORINA: Tu non puoi sorridere così, papà, guardando noi! Ci siamo anche noi!

PRIMO AVVENTORE: Forse perché ha bevuto un po'...

MOMMINA: Non è naturale! Quand'uno ha bevuto, se ha il vino triste, sta zitto: ma se fa tanto di mettersi a ridere, parla! Non dovrebbe ridere allora!

IGNAZIA: Si può sapere almeno perché sorridi così?

PALMIRO: Perché mi compiaccio di come siete tutti più bravi di me.

VERRI: Ma che dice?

PALMIRO: Dico che io, così, senza sapere come sono entrato in casa, se nessuno è venuto ad aprirmi, dopo aver tanto picchiato alla porta...

HINKFUSS: Ancora? Daccapo?

PALMIRO: ...non riesco a morire, signor Direttore; mi viene da ridere! Vedendo come tutti son bravi, e non riesco a morire. La cameriera... dov'è? non la vedo... doveva correre ad annunziare: «Oh, Dio, il padrone! oh Dio, il padrone! lo portano su ferito!».

HINKFUSS: Ma che va più contando adesso? Non s'era già data per avvenuta la sua entrata in casa?

PALMIRO: E allora, scusi, tanto vale che mi dia anche per morto e non se ne parli più.

HINKFUSS: Nient'affatto! Lei deve parlare, far la scena, morire!

PALMIRO: E va bene! Ecco fatta la scena: Aaah! ...sono morto!

HINKFUSS: Ma non così!...

PALMIRO: Caro signor Direttore, venga su. e finisca d'ammazzarmi lei, che vuole che le dica? le ripeto che così, da me, io non riesco a morire... Non sono mica una fisarmonica, scusi, che s'allarga e si stringe e, a pigiar sui tasti, vien fuori la sonatina.

HINKFUSS: Ma i suoi compagni...

PALMIRO: ...sono più bravi di me; l'ho detto  e me ne sono compiaciuto. Io non posso. Per me l'entrata era tutto. Lei l'ha voluta saltare... Avevo bisogno, per montarmi, di quel grido della cameriera. E la Morte doveva entrare con me, presentarsi qua tra la baldoria svergognata di questa mia casa: la Morte ubriaca, com' avevamo stabilito: ubriaca d'un vino che s'era fatto sangue. E dovevo parlare, sì, lo so; attaccare io a parlare tra l'orrore di tutti, io, prendendo coraggio dal vino e dal sangue, appeso a questa donna... così!... e dir parole insensate, sconnesse e terribili, per quella moglie, per le mie figliuole, e anche per questi giovani, a cui dovevo dimostrare che se ho fatto la figura del grullo è perché loro sono stati cattivi: cattiva moglie, cattive figliuole, cattivi amici; e non io grullo, no; io solo, buono; e loro, cattivi; io solo, intelligente; e loro stupidi; io, nella mia ingenuità; ed essi, nella loro bestialità perversa; sì, si; intelligente. intelligente, come sono intelligenti i bambini, non tutti; quelli che crescono tristi tra la bestialità dei grandi. Ma dovevo dir queste cose da ubriaco, in delirio; e passarmi le mani insanguinate sulla faccia... così... e sporcarmela di sangue... s'e sporcata?... s'e sporcata?... s'e sporcata?... bene... e atterrirvi e farvi piangere... ma piangere davvero, col fiato che non trovo più, appuntando le labbra così... per fare la mia ultima fischiatina; e poi, ecco ... vieni qua anche tu... così, tra voi due, ma più accosto a te, bella mia, chinare il capo, come fanno presto gli uccellini, e morire!

LA CHANTEUSE: Oh Dio, oh, Dio... è morto! è morto!

MOMMINA: Papà, papà mio, papà mio...

TUTTE LE DONNE: Aah!

INKFUSS: Benissimo! Spegnere il quadro! Spegnere il quadro! Bujo! ...Via tutti!... Le quattro sorelle e la madre, attorno alla tavola della sala da pranzo, sei giorni dopo. Spento il salotto, luce alla lampada della sala da pranzo!

MOMMINA: Ma signor Direttore, dobbiamo andare a vestirci di nero.

HINKFUSS: Ah già! Di nero. Doveva abbassarsi il sipario dopo la morte. Non importa. Andate a vestirvi di nero. E si apra il sipario. Luce alla sala!

ALESSANDRO: Ma che rottura. Queste interruzioni tolgono ogni tipo di ritmo. Rovinano il pathos

.

ROBERTA: No, no. Invece danno allo spettacolo un senso di novità, di interesse.

CAMILLA: Ma che interesse! Adesso verrà Hinkfuss a scusarsi. Dirà che l'effetto è mancato; prometterà che s'otterrà domani sera, potentissimo...

HINKFUSS: Signore, signori... l'effetto è in parte mancato; ma prometto che s'otterrà domani sera, potentissimo. Capita, anche nella vita, signori, che un effetto preparato con diligenza e su cui contavamo, venga sul meglio a mancare e seguano naturalmente i rimproveri alla moglie, alle figliole " Tu dovevi far questo" e " Tu dovevi dire cosi".

LUCIA: Ma qui era un caso di morte.

HINKFUSS: E' vero. Peccato che il mio bravo Gerardo Paganini si sia cosi impuntato sulla sua entrata. Ma l'attore è valente; saprà certo domani sera disimpegnarsi di questa scena a meraviglia. Scena capitale, signori, per le conseguenze che porta.

LUCIA: Scommetto che l'ha trovata lei.

HINKFUSS: E' vero. Nella novella non c'è: e sono certo anzi che l'autore non l'avrebbe mai messa, anche per uno scrupolo ch'io non avevo motivo di rispettare, di non ribadire, cioè, la credenza, molto diffusa, che in Sicilia si faccia tant'uso del coltello. Se l'idea di far morire il personaggio gli fosse venuta, l'avrebbe fatto morire d'una sincope o d'altro accidente.

GIUSEPPE: Certo che una morte col vino e il sangue e un braccio al collo della chanteuse... è un'altra cosa.

HINKFUSS: Il personaggio deve morire; la famiglia piombare per questa morte nella miseria; senza queste condizioni non mi par naturale che la figlia Mommina possa consentire a sposar Rico Verri, quell'energumeno, e resistere alle persuasioni contrarie della madre e delle sorelle, le quali han già chiesto informazioni nella vicina città sulla costa meridionale dell'isola e saputo ch'egli è sì d'agiata famiglia, ma che il padre ha fama in paese d'usurajo e di uomo così geloso che in pochi anni fece morir la moglie di crepacuore.

EMMA: Ma come non si figura, Mommina, la sorte che l'attende?

HINKFUSS: Chissà come le farà scontare i piaceri che ha potuto darle la vita come finora l'ha vissuta in casa, con la sua mamma e le sue sorelle! La mia eccellentissima Prima Attrice, signorina Federika Brivio, non è veramente del mio parere. Dice, nella parte di Mommina, che è per lei la più saggia delle quattro sorelle, la sacrificata, colei che ha sempre preparati per gli altri i divertimenti e non ne ha mai goduto se non a costo di fatiche, di veglie, di tormento di pensieri; il peso della famiglia è tutto addosso a lei; e capisce tante cose, e prima di tutto che gli anni passano; e che il padre con tutto quel disordine in casa, non ha potuto mettere nulla da parte; che nessun giovane del paese si prenderà mai in moglie una delle sorelle... Mentre il Verri, eh il Verri farà per lei, non uno, ma tre duelli con quegli ufficiali che subito, al primo colpo della sventura, si sono tutti squagliati: la passione dei melodrammi in fondo, ce l'ha anche lei in comune con le sorelle: Saul, Ernani, don Alvaro... dove si dice... "né toglier mi potrò

l'immagin sua dal cuor..." tiene duro e lo sposa.

ROCCO: Ma perchè ci racconta tutto questo?

RAOUL: Non è meglio vedere l'azione?

VALENTINA: Andare avanti con la commedia scritta da Pirandello?

TANJA: Invece di divagare continuamente?!

IRENE: Di interrompere l'azione ad ogni piè sospinto?

LUCA: Non mi pare il caso di dargli addosso. Sta cercando di coinvolgerci.

GIUSY: Io me ne starei anche zitta ad ascoltare.

TINA: Calma, calma, non agitiamoci.

ROCCO: Ce lo vuol dire o no perché ci fa parlare?

HINKFUSS: Per dar tempo alle attrici di rivestirsi di nero. Ma ora non se ne può più. Possibile che non siano ancora pronte?!

CAMILLA: Io mi sto stufando.

ROBERTA: Anch'io. Se andiamo avanti così finiamo fra tre ore.

GIUSEPPE: In tre ore sono a Catania. Baciamo le mani. Vi saluto..

TIZIANA: Ti perdi il finale.

ALESSANDRO: Lo faremo a casa... a soggetto.

EMMA: A casa ho il fidanzato che mi aspetta. Il finale me lo gioco con lui.

LUCIA: Beata te. Le prove di questo Pirandello me l'han fatto perdere.

MARCO: Il copione a pagina 76 dice...

TUTTI: Oh, no. Che stress! Basta!

MARCO: ...Dice: "Hinkfuss, ora non ne può più, anche lui. Ha uno scatto scosta un poco un' ala del sipario e grida dentro...

HINKFUSS: Ma insomma, questo gong? Possibile che non siano ancora pronte le signore attrici? No?... Che altro c'è?... Che?... Non vogliono più recitare?... Come sarebbe a dire?... Col pubblico che aspetta?...

IL SEGRETARIO: Mah, dicono...

HINKFUSS: Che dicono?

VERRI: Parli, parli forte, gridi le nostre ragioni!

HINKFUSS: Ah, ancora il signor Mazzarella?

IGNAZIA: No no, siamo tutti, siamo tutti, signor Direttore!

MOMMINA: Così è impossibile andare avanti!

LE FIGLIE: Impossibile! Impossibile! Impossibile!

PALMIRO: Io ho finito la mia parte, ma eccomi qua...

HINKFUSS: Si può sapere, in nome di Dio, che altro è successo?

PALMIRO: ...solidale coi miei colleghi!

HINKFUSS: Solidale? Che significa?

PALMIRO: Che ce n'andiamo via tutti, signor Direttore!

HINKFUSS: Ve n'andate? Dove?

TUTTI: Via! Via!

VERRI: Se non se ne va via lei!

TUTTI: O via lei, o via noi!

HINKFUSS: Via io? Come osate? A me, una simile intimazione?

IGNAZIA: E allora, via noi!

TOTINA E NENE': Ma sì, via! via!

DORINA: Finiamo di far le marionette!

MOMMINA: Andiamo, andiamo via!

TUTTI; Via!

HINKFUSS: Dove? Siete matti? Qua c'è il pubblico che ha pagato! Che volete farvene, del pubblico?

PALMIRO: Lo decida lei! Noi le diciamo: O via lei, o via noi!

TUTTI: O via lei, o via noi!

HINKFUSS: Io torno a domandarvi che altro è successo?

VERRI: Che altro? Le par dunque poco quel ch'è successo?

HINKFUSS: Ma non s'era già tutto,rimediato?

PALMIRO: Come, rimediato?

IGNAZIA: Lei pretende che si reciti a soggetto...

HINKFUSS: ...per come v'eravate impegnati!

PALMIRO: Ah, ma non così, scusi, saltando le scene, comandando a bacchetta di morire...

IGNAZIA: ...con la scena ripresa a mezzo e a freddo!

MOMMINA: Non si trovano più le parole...

VERRI: ...ecco! come gli ho detto io in principio!... le parole bisogna che nascano!

MOMMINA: Ma è stato pur lei il primo, scusi, a non rispettare quelle che m'erano nate da un moto spontaneo!

VERRI: Ha ragione, sì! Ma la colpa non è mia!

POMARICI: Già, ha cominciato proprio lui!

VERRI: Mi lasci dire! Non è mia la colpa: è di lui!

TUTTI: E' di lui!

HINKFUSS: Mia? come, mia? Perché?

VERRI: Perché è qua tra noi, col suo maledetto teatro che Dio lo sprofondi!

HINKFUSS: Mio teatro? Ma siete ammattiti? Dove siamo? Non siamo a teatro?

VERRI: Siamo a teatro? Bene! Ci dia allora le parti da recitare...

MOMMINA: ...atto per atto, scena per scena...

NENÈ: ...le battute scritte, parola per parola...

PALMIRO: ...e tagli, allora, sì, finché vuole; e ci faccia saltare, come vuole; ma a un punto segnato e stabilito avanti!

VERRI: Lei prima scatena in noi la vita...

MOMMINA: ...con tanta furia di passioni...

IGNAZIA: ...più si parla, più ci si monta, sa!

NENÈ: Siamo tutte in subbuglio!...

MOMMINA: ...tutte un fremito!...

TOTINA: Io l'ammazzerei!...

DORINA: ...prepotente, che viene a dettar legge in casa nostra!

HINKFUSS: Ma tanto meglio, tanto meglio così!

VERRI: Che tanto meglio, se poi pretende insieme che si stia attenti alla scena...

PALMIRO: ...che non venga a mancare quel tale effetto...

VERRI: ...perché siamo a teatro!... Come vuole che pensiamo più,al suo teatro noi, se dobbiamo vivere?

TUTTI: Se dobbiamo vivere!

VERRI: Vede che n'è seguìto? che ho pensato anch'io per un momento alla scena da finire come voleva lei, con l'ultima battuta per me e me la son presa a torto con la signorina che aveva ragione, sì, ragione, di pregare in quel punto...

MOMMINA: ...ho pregato per lei!...

VERRI: ...ma sì, perfettamente... come lei di scherzare con quella veste da camera...

MANGINI: Io?

VERRI: ...e le chiedo scusa: lo sciocco sono stato io che ho badato a lui...

HINKFUSS: Badi come parla, sa!

VERRI: Non m'interrompa, adesso!... Lei è veramente la vittima; vedo, sento che è  piena della sua parte com'io della mia; soffro, a vedermela davanti con questi occhi, con questa bocca, tutte le pene dell'inferno; lei trema, muore di paura sotto le mie mani; qua c'è il pubblico che non si può mandar via; teatro no, non possiamo più, né io né lei, metterci a fare adesso il solito teatro; ma come lei grida la sua disperazione e il suo martirio, ho anch'io da gridare la mia passione, quella che mi fa commettere il delitto: bene: sia qua, come un tribunale che ci senta e ci giudichi! Ma bisogna che lei se ne vada!

HINKFUSS: Io?

VERRI: Sì! E che ci lasci soli! noi due soli!

NENÈ: Benissimo!

IGNAZIA: A fare come sentono!

PALMIRO: Ciò che nasce in loro, benissimo!

TUTTI: Sì, sì, se ne vada! se ne vada!

HINKFUSS: Mi cacciate via dal mio teatro?

PALMIRO: Non c'è più bisogno di lei!

TUTTI: Vada via! Vada via!

HINKFUSS: Questa è una soperchieria inaudita! Volete fare il tribunale?

VERRI: Il vero teatro!

PALMIRO: Quello che lei butta all'aria ogni sera, per far che ogni scena sia uno spettacolo soltanto per gli occhi!

IGNAZIA: Quando si vive una passione, ecco il vero teatro!

MOMMINA: Non si può scherzare con le passioni!

VERRI: Manomettere tutto per ottenere un effetto, lo può fare soltanto con le farsette!

TUTTI: Via! Via!

HINKFUSS: Io sono il vostro direttore!

VERRI: La vita che nasce non la comanda nessuno!

IGNAZIA: Le deve obbedire lo stesso scrittore!

MOMMINA: Ecco, obbedire, obbedire!

TUTTI: Obbedire! Obbedire!

PALMIRO: E via chi vuol comandare!

TUTTI: Via! Via!

HINKFUSS: Protesterò! È uno scandalo! Sono il vostro direttore!

TUTTI: Via!…

VERRI: Andiamo, andiamo. Aprite il sipario! Ritorniamo in scena, presto!

IGNAZIA: Faremo tutto da noi!

TUTTI: Tutto da noi!

VERRI: Non ci sarà bisogno di nulla!

POMARICI: Metteremo su da noi le scene!

GLI UFFICIALI: Sì, metteremo su da noi le scene!

PALMIRO; Bravi! E governerò io le luci!

AVVENTORI: Anche noi le luci!

LA CHANTEUSE: Sì! Le luci!

IGNAZIA: No, meglio così, tutto sgombro e bujo! Meglio così!

VERRI: Appena tanto di luce da isolare in questo nero le figure!

MOMMINA: E senza la scena?

IGNAZIA: Non importa la scena!

MOMMINA: Nemmeno le pareti della mia carcere?

VERRI: Si; ma che s'intravvedano appena un momento; se lei le tocca; e poi basta: bujo; da far capire, insomma, che non è più lei, la scena, quella che comanda!

IGNAZIA: Basta che tu ti ci senta, figlia, dentro la tua carcere; apparirà, la vedranno tutti, come se l'avessi attorno!

MOMMINA: Ma bisogna che mi faccia almeno un po' il viso...

IGNAZIA: Aspetta! Ho un'idea!… Qua una sedia, sùbito!

MOMMINA: Che idea?

IGNAZIA: Con una sola sedia, vedrai, risolveremo tutto.

MOMMINA: Ma quale idea?

IGNAZIA: Vedrai!

MOMMINA: Io dicevo, farmi la faccia...

IGNAZIA: Sì, siedi qua, figlia mia.

MOMMINA: Qua?

IGNAZIA: Sì, qua, qua! e sentirai che strazio!... Corri, Nenè, va' a prendere la scatola del trucco, e una tovaglietta...

MOMMINA: Ma che volete fare?...

IGNAZIA: Lascia che ci pensiamo noi, io tua madre, e le tue sorelle: te la faremo noi la faccia! Va', Nenè.

TOTINA: Prendi anche uno specchio!

MOMMINA: Ma anche l'abito, allora!

DORINA: Anche l'abito! anche l'abito!

MOMMINA: La gonna e la casacca; nel mio camerino.

IGNAZIA: Dev'essere strazio nostro, capisci? mio, di tua madre che sa che cos'e la vecchiaia, invecchiarti, figlia, prima del tempo...

TOTINA: ...e di noi, che t'abbiamo ajutato a farti bella, ora, farti brutta...

DORINA: ...sciuparti...

MOMMINA: ...darmi la condanna d'aver voluto quell'uomo?...

IGNAZIA: ...si, ma con strazio, con strazio, la condanna...

TOTINA: ...d'esserti staccata da noi...

MOMMINA: ...ma non crediate per paura della miseria che ci attendeva, morto nostro padre, no!

DORINA: ...e perché, allora? per amore? ma davvero t'eri potuta innamorare d'un mostro come quello?

MOMMINA: No; per gratitudine.

TOTINA: Di che?

MOMMINA: D'aver creduto, lui solo, con tutto lo scandalo che s'era seminato...

TOTINA: ...che una di noi si potesse ancora sposare?

DORINA: Si, gran guadagno sposarlo!

IGNAZIA: Che te n'è venuto?... Ora, ora lo vedrai!

NENÈ: Ecco qua tutto! Non trovavo...

IGNAZIA: A me! a me! Sai, figlia mia, quanti ancora dicono nel paese, come si dice d'una morta: «bella giovine che era! e il cuore che aveva!»... Spenta ora, così, ecco... così... così... la faccia, di chi non batte più l'aria, né vede più il sole...

TOTINA: E le borse agli occhi, le borse agli occhi, ora...

IGNAZIA: Sì, ecco, così...

DORINA: Non molto!

NENÈ: Ma no, anzi molto, molto...

TOTINA: Gli occhi di chi morrà di crepacuore!

NENÈ: E ora, qua su le tempie i capelli...

IGNAZIA: Sì, sì!

DORINA: Non bianchi! non bianchi!

NENÈ: No, non bianchi...

MOMMINA: Cara mia Dorina...

TOTINA: Ecco, bene, così... a poco più di trent'anni...

IGNAZIA: ...impolverati di vecchiaja!...

MOMMINA: ...non vorrà più nemmeno che me li pettini, i capelli!

IGNAZIA: E allora, aspetta; così... così...

NENÈ: E ora guardati!

MOMMINA: No! Li ha tolti via, via tutti gli specchi dalla casa. Sai dove mi son potuta ancora guardare? Come un'ombra nei vetri, o deformata nel tremolare dell'acqua in una conca... e son rimasta allibita!

IGNAZIA: Aspetta, la bocca! la bocca!

MOMMINA: Sì, via tutto il rosso; non ho più sangue nelle vene...

TOTINA: E le pieghe, le pieghe agli angoli...

MOMMINA: Anche qualche dente, a trent'anni, può essermi caduto...

DORINA: No, no, Mommina mia, no, no!

NENÈ: Via il busto! Via il busto! Svestiamola!

IGNAZIA. No; soprammesse, soprammesse la gonna e la casacca!

TOTINA: Sì, benissimo, per parer più goffa!

IGNAZIA: Ti scivoleranno le spalle, dietro, come a me vecchia...

DORINA: ...ansante, andrai per casa.

MOMMINA: ...imbalordita dal dolore...

IGNAZIA: ...strascicando i piedi...

NENÈ: ...carne inerte...

TOTINA: Sì, per parer più goffa!

DORINA:  ...ansante andrai per casa...

IGNAZIA: ...strascicando i piedi...

NENÈ: ...carne inerte...

TUTTE: Andrai per casa... imbalordita dal dolore... Andrai per casa… imbalordita dal dolore…

MOMMINA: Questo è muro!... Questo è muro!... Questo è muro!...

IGNAZIA: Fu imprigionata nella più alta casa del paese. Serrata la porta, serrate tutte le finestre, vetrate e persiane; una sola, piccola, aperta alla vista della lontana campagna e del mare lontano. Di quel paese, alto sul colle, non poteva vedere altro che i tetti delle case, i campanili delle chiese: tetti, tetti che sgrondavano chi più e chi meno, tesi in tanti ripiani, tegole, tegole, nient'altro che tegole. Ma solo la sera poteva affacciarsi a

prendere un po' d'aria a quella finestra.Tutti quei tetti, come tanti dadi neri, le vaneggiavano sotto, nel chiarore che sfumava dai lumi delle strade anguste del paese in pendìo; udiva nel silenzio profondo delle viuzze più prossime qualche rumor di passi che facevano l'eco; la voce di qualche

donna che forse aspettava come lei; l'abbajare d'un cane e, con più angoscia, il suono dell'ora dal campanile della chiesa più vicina. Ma perché séguita a misurare il tempo quell'orologio? A chi segna le ore? Tutto è morto e vano.»

VERRI: Che stai a far lì?

MOMMINA: Niente. T'aspettavo.

VERRl: Eri alla finestra!

MOMMINA: No.

VERRI: Ci stai ogni sera.

MOMMINA: Questa sera, no.

VERRI: Non ti stanchi mai di pensare?

MOMMINA: Non penso nulla.

VERRI: Le bambine sono a letto?

MOMMINA: Dove vuoi che siano, a quest'ora?

VERRI: Te lo domando per richiamarti all'unico pensiero che dovresti avere: quello di loro.

MOMMINA Ho pensato a loro tutta la giornata.

VERRI: E ora a che pensi?

MOMMINA: D'andare a buttare a letto questa mia carne sfatta.

VERRI: Non è vero! Voglio sapere a che pensi! A che hai pensato tutto questo tempo, aspettandomi? Non rispondi? Eh sfido! Non me lo puoi dire! Dunque confessI?

MOMMINA: Che confesso?

VERRI: Che pensi a cose che non mi puoi dire!

MOMMINA: Te l'ho detto, a che penso: d'andare a dormire.

VERRI: Con questi occhi, a dormire? con questa voce? Vuoi dire a sognare!

MOMMINA: Non sogno.

VERRI: Non è vero! Sogniamo tutti. Non è possibile, dormendo, non sognare.

MOMMINA: Io non sogno.

VERRI: Tu mentisci! Ti dico che non è possibile.

MOMMINA: E allora sogno; come vuoi tu...

VERRI: Sogni, eh? ... Sogni... Sogni, e ti vendichi!... Pensi, e ti vendichi!... Che sogni? dimmi che sogni!

MOMMINA: Non lo so.

VERRI: Come non lo sai?

MOMMINA: Non lo so. Lo dici tu che sogno. Tanto gréve è il mio corpo e tanto stanca mi sento, che cado, appena a letto, in un sonno di piombo. Non so più che voglia dire sognare. Se sogno e, svegliandomi, non ricordo più i sogni che ho fatto, mi pare che sia lo stesso che non aver sognato. E forse è Dio che m' ajuta così!

VERRI: Dio? T'ajuta Dio?

MOMMINA: Sì, a farmi sopportare questa vita, che aprendo gli occhi mi parrebbe più atroce, se per poco nel sogno mi fossi illusa d'averne un'altra! Ma lo capisci, lo capisci, che vuoi da me? Tu morta mi vuoi; morta; che non pensi più; che non sogni più... E ancora, ancora, pensare, può dipendere dalla volontà; ma sognare, se sognassi, sarebbe senza volerlo, dormendo; come potresti impedirmelo?

VERRI: È questo! È questo! È questo! Serro porte e finestre, metto sbarre e spranghe, e che mi vale se è qua, qua dentro la stessa carcere, il tradimento? qua in lei, dentro di lei, in questa sua carne morta, vivo, vivo, il tradimento, se pensa, se sogna, se ricorda? Mi sta davanti; mi guarda, posso spaccarle la testa per vederle dentro, ciò che pensa? Glielo domando; mi risponde: “niente”; e intanto pensa, intanto sogna, ricorda, sotto i miei stessi occhi, guardando me, e forse avendo un altro, dentro, nel suo ricordo; come posso saperlo? come posso vederlo?

MOMMINA Ma che vuoi che abbia più dentro, se non sono più niente, non mi vedi? neanche un'altra, più niente! Con l'anima spenta, che vuoi che ricordi più?

VERRI: Non dire così! Non dire così! Lo sai che è peggio quando dici così!

MOMMINA: Ebbene, no, non lo dico, non lo dico, stai tranquillo!

VERRI: Anche se t'accecassi, ciò che i tuoi occhi hanno veduto, i ricordi, i ricordi che hai qua negli occhi, ti resterebbero nella mente; e se ti strappassi le labbra, queste labbra che hanno baciato, il piacere, il piacere, il sapore che hanno provato baciando, seguiteresti sempre a provarlo, dentro di te, ricordando, fino a morirne, fino a morirne di questo piacere! Non puoi negare; se neghi, mentisci; tu non puoi altro che piangere e spaventarti di quello ch'io soffro insieme con te, del male che hai fatto, che ti hanno indotto a fare tua madre e le tue sorelle; non lo puoi negare; l'hai fatto, l'hai fatto, questo male; e lo sai, lo vedi ch'io ne soffro, ne soffro fino a diventarne pazzo; senza colpa, per la sola pazzia che ho commessa,... d'averti sposata!

MOMMINA: Pazzia, sì, pazzia; e sapendo com'eri, non dovevi commetterla...

VERRI: Com'ero io? ah sì? com'ero io, dici? Sapendo com'eri tu, dovresti dire: la vita che avevi fatta con tua madre e le tue sorelle!

MOMMINA: Sì, sì, anche questo, anche questo! Ma pensa che t'accorgesti pure ch'io non approvavo la vita che si viveva a casa mia...

VERRI: ...se l'hai vissuta anche tu!...

MOMMINA: ...per forza! ero là...

VERRI: ...e solo quando conoscesti me, non l'approvasti più...

MOMMINA: ...no, anche prima, anche prima!... tant'è vero che tu stesso mi credesti migliore ... non ti dico questo per me, per accusare gli altri e scusare me, no; lo dico per te, perché tu abbia pietà, non di me, non di me, se per te è come una soddisfazione non averne, o anche mostrare agli altri di non averne; sii crudele, sii crudele con me; ma abbi pietà almeno di te stesso pensando che mi credesti migliore; che pure tra quella vita credesti di potermi amare...

VERRI: ...tanto che ti sposai!... certo, che ti credetti migliore! ... e con questo?... che pietà di me?... se penso che t'amai, che potei amarti là tra la vita che avevi vissuto... che pietà?

MOMMINA : ...ma sì, riconoscendo che c'era almeno in me tanto da scusarti, in parte, della pazzia commessa d'avermi sposata, ecco, lo dico per te!

VERRI: E non è peggio? Cancello forse con questo la vita che facesti prima che io m'innamorassi di te? L' averti sposata perché eri migliore non può scusare la mia pazzia, anzi l'aggrava, perché più grave, tanto più grave diventa il male di quella tua vita, quanto più tu eri migliore. Te n'ho ritratta io da quel male, ma pigliandomelo tutto, insieme con te, e portandomelo a casa, qua in prigione, per scontarlo insieme con te, come se lo avessi commesso anch'io; e sentendomene divorare, sempre vivo, mantenuto sempre vivo da quello che so di tua madre e delle tue sorelle!

MOMMINA: Io non ne so più nulla!

NENÈ: Oh vile! Adesso le parla di noi!

VERRI: Silenzio! Voi qua non ci siete!

IGNAZIA: Belva, belva, te la tieni addentata, lì dentro la gabbia, a dilaniarla.

VERRI: Questo è muro! Questo è muro! Questo è muro!... Voi non ci siete!

TOTINA: E te n'approfitti, vile, per dirle vituperii di noi?

DORINA: Eravamo alla fame, Mommina!

NENÈ Avevamo toccato l'ultimo fondo!

VERRI: E come ve ne siete rialzate?

IGNAZIA: Canaglia! Osi rinfacciarlo, tu che la stai facendo morire disperata!

NENÈ: Noi godiamo!

VERRI: Vi siete vendute! Disonorate!

TOTINA: E l'onore che le hai conservato, come glielo stai facendo scontare?

DORINA: La mamma ora sta bene, Mommina! Vedessi come sta bene! Com'è vestita! che bella pelliccia di castoro!

IGNAZIA: Merito di Totina, sai! divenuta una grande cantante!

DORINA: Totina La Croce!

NENÈ: Tutti i teatri la vogliono!

IGNAZIA: Feste! Trionfi!

VERRI: E il disonore!

NENÈ: Viva il disonore! se l'onore è questo che tu dài a tua moglie!

MOMMINA: No, no, non lo dico io, questo, non lo dico io; non rimpiango nulla io...

VERRI: Vogliono farmi condannare...

MOMMINA: No, no, io sento che tu lo devi gridare, lo devi gridare per sfogo, tutto il tuo tormento!

VERRI: Me lo tengono acceso loro! Se tu sapessi lo scandalo che seguitano a dare! Ne parlano tutti in paese, e figurati la mia faccia... La vittoria che hanno ottenuto le ha sfrenate, le ha rese più spudorate...

MOMMINA: Anche Dorina?

VERRI: Tutte! Anche Dorina; ma specialmente quella Nenè. Fa la cocotte,... sì, sì,... pubblica!

MOMMINA: E Totina s'è messa a cantare?

VERRI: Già, nei teatri, di provincia, s'intende, dove lo scandalo diventa più grosso, con quella madre e le sorelle...

MOMMINA: Se le porta dietro?

VERRI: Dietro, tutte, in baldoria!... Che cos'è? Ti infiammi?...

MOMMINA: No... Vengo a saperlo adesso... Non ne sapevo nulla...

VERRI: E ti senti tutta rimescolare? Il teatro, eh?… Quando cantavi anche tu... con la bella voce! La più bella voce era la tua! Pensa che altra vita! Cantare, in un gran teatro... La tua passione, cantare... Lumi, splendori, delirii...

MOMMINA: Ma no... no...

VERRI: Non dire di no! Lo stai pensando!

MOMMINA: Ti dico di no!

VERRI: Come no? Se fossi rimasta con loro... fuori di qua... Che altra vita sarebbe la tua... invece di questa...

MOMMINA: Ma me lo fai pensar tu! Che vuoi che pensi più io, ridotta come sono?

VERRI: Ti piglia l'affanno?

MOMMINA: Ho il cuore che mi salta in gola...

VERRI: Eh sfido! Ecco qua, l'affanno...

MOMMINA: Tu vuoi farmi morire!

VERRI: Io? Le tue sorelle, quella che fosti, il tuo passato che ti si sommuove tutto dentro e ti fa saltare il cuore in gola!

MOMMINA: Per carità... te ne scongiuro... non respiro più...

VERRI: Ma lo vedi ch'è vero, lo vedi ch'è vero quello che ti dico?

MOMMINA: Abbi compassione...

VERRI: Quella che fosti, gli stessi pensieri, gli stessi sentimenti, li credevi cancellati in te, spenti... non è vero! Il più piccolo richiamo... e rieccoli in te, vivi, quegli stessi!

MOMMINA: Li richiami tu...

VERRI: No, un niente li richiama, perché vivono sempre, tu non lo sai, ma ti vivono sempre, appiattati sotto la coscienza! L 'hai viva sempre, dentro di te, tutta la vita che hai vissuta! Basta un niente, una parola, un suono la più piccola sensazione... guarda, in me, l'odore della salvia, e sono in campagna, d'agosto, ragazzo d'otto anni, dietro la casa del garzone, all'ombra d'un grande olivo, con la paura d'un grosso calabrone azzurro, fosco, che ronza ingordo dentro il calice bianco di un fiore; lo vedo tremare sul gambo quel fiore violentato, all'urto della voracità feroce di quella bestia che mi fa paura; e l'ho qua ancora, alle reni, questa paura, l'ho qua! Figuriamoci tu, tutta quella tua bella vita, le cose che avvenivano tra voi ragazze e tutti quei giovanotti per casa, chiusi in questa, in quella camera... non negare!... ho visto io, cose... quella Nenè, una volta con Sarelli... si credevano soli, e avevano lasciato l'uscio accostato... li potei vedere... Nenè finse di scappargli verso l'altro uscio in fondo... c'era una tenda, verde... uscita, riapparve sùbito, tra le ali di quella tenda.... s'era scoperto il seno, tirando giù, la maglietta di seta rosa... e con la mano faceva segno di offrirglielo e sùbito con la stessa mano se lo nascondeva... L 'ho vista io; una meraviglia di seno, sai? piccolo, da chiuderlo tutto in una mano! Licenza di far tutto... Prima che venissi io, tu con quel Pomàrici... l'ho saputo! Ma anche prima che col Pomàrici chi sa con quanti altri! Per anni, quella vita, con la casa aperta a tutti... Tu, certe cose... certe cose... le prime, con me... se veramente come mi dicesti, le avessi fin'allora ignorate... non avresti potuto farle...

MOMMINA: No, no, ti giuro, mai, mai prima che a te, mai!

VERRI: Ma abbracci, stringimenti, quel Pomàrici, sì... le braccia, le braccia, come te le stringeva?... così? così?

MOMMINA: Ahi, mi fai male!

VERRI: E quello ti faceva piacere, eh?... E la vita, la vita, come te la stringeva?... Così?... così?

MOMMINA: Per carità, lasciami! Io muojo!

VERRI: E la bocca, la bocca? come te la baciava, la bocca? Cosi? ... Così?.. Così?...

MOMMINA: Ajuto! Ajuto! Ajuto!...

VERRI: Impazzisco! Impazzisco! Impazzisco!...

MOMMINA: Via! Via! Va' via, bruto, va' via! Lasciami con le mie bambine!... Signor regista, a questo punto dovevano entrare le bambine!… Figlie mie, figlie mie, che cosa vi tocca di vedere! Chiuse qua con me, con questi visini di cera e questi occhi grandi, sbarrati dalla paura! Se n'è andato, se n'è andato; non tremate più cosi, restate un po' con me, qua... Non avete freddo, no? ... La finestra è chiusa. È già sera tardi. State sempre attaccate là, voi, a quella finestra, come due poverelle a mendicare la vista del mondo... Contate nel mare le vele bianche delle paranze, e le villette bianche nella campagna, dove non siete mai state; e lo volete sapere da me come sono, il mare e la campagna. Oh figlie, figlie mie, che sorte e stata la vostra! peggio della mia! ma voi almeno non lo sapete! E la vostra mamma ha tanto male, tanto male qua al cuore; mi batte, ho qua nel petto come un galoppo, come un galoppo di cavallo scappato. Qua qua, datemi le manine, sentite, sentite... Dio non gliela faccia scontare: per voi, figlie! Ma darà il martirio anche a voi, perché non può farne a meno; è la sua natura; se lo dà lui, anche a se stesso, il martirio! Ma voi siete innocenti.. voi siete innocenti... voi siete innocenti....

IGNAZIA: Mommina... Mommina... Mommina...

MOMMINA: Chi è?

DORINA: Siamo noi, Mommina!

NENÈ: Siamo qua! Tutte.

MOMMINA: Qua, dove?

TOTINA: Qua, in paese: sono venuta a cantare qua!

MOMMINA: Totina, tu?, a cantare qua?

NENÈ: Qua, sì, al teatro di qua !

MOMMINA: Ah Dio, qua? e quando? quando?...

NENÈ: Questa sera, questa sera stessa.

IGNAZIA: Lasciate dire anche a me qualche cosa, benedette ragazze! Senti, Mommina... guarda... che volevo dire?... ah sì... guarda, vuoi averne la prova?... Tuo marito ha lasciato lì il soprabito, lì sull'attaccapanni...

MOMMINA: Sì, è vero.

IGNAZIA: Cerca, cerca in una delle tasche di quel soprabito, e guarda quello che ci trovi!... Bisogna ajutarla a fare la scena, adesso; siamo alla fine!...

MOMMINA: Che cosa? che cosa?...

NENÈ: Risponde lei?

IGNAZIA: Ma no; dica lei... Che storie!

NENÈ: L'annunzio del teatro... uno di quei manifestini che qua in provincia si distribuiscono nei caffè...

TUTTE: Nei caffè... nei caffè…

IGNAZIA: Ci troverai il nome di Totina, stampato grande... il nome della Prima Donna!

TUTTE: ...della Prima Donna... della Prima Donna…

MOMMINA: ..."Il Trovatore"... "Il Trovatore"... Leonora... Totina La Croce... Questa sera... La zia, figliuole mie, la zia, la zia che canta... e la nonna e le altre ziette... Sono qua! sono qua! Voi non le conoscete, non le avete mai vedute... e neppure io da tanti anni... Sono qua!... Ah, per questo!... qua, in paese, Totina che canta al teatro di qua... C'è anche qua dunque un teatro?.. io non lo sapevo... La zia Totina... dunque è vero! Forse con lo studio, la voce... Eh, se può cantare a teatro... Ma voi non sapete neppure che cosa sia un teatro, povere. figlie mie... Il teatro, il teatro, ora ve lo dico io com'è... Ci canta la zia Totina questa sera... Chi sa come sarà bella, da Leonora...

«Tacea la notte placida

e bella in ciel sereno

la luna il viso argenteo

mostrava lieto e pieno…»

Vedete che so cantare anch'io? Si, sì, anch'io, anch'io so cantare; cantavo sempre, io, prima; lo so tutto a memoria Il Trovatore; e ve lo canto io! ve lo faccio io, ve lo faccio io ora il teatro; voi che non l'avete mai veduto, povere piccine mie, imprigionate qua con me. Sedete, sedete, qua davanti a me, tutt' e due accanto. Ve lo faccio io il teatro! Prima vi dico com'è!... Una sala, una sala grande, grande, con tante file di palchi tutt'intorno, cinque, sei file piene di belle signore galanti, piume, gemme preziose, ventagli, fiori; e i signori in frack, lo sparato della camicia con le perline per bottoni e la

cravatta bianca; e tanta, tanta gente anche giù, nelle poltrone tutte rosse e nella platea: un mare di teste; e lumi, lumi da per tutto; un lampadario nel mezzo, che pende come dal cielo e pare tutto di brillanti; una luce che abbaglia, che inebria, come non vi potete immaginare; e un brusio, un movimento; le signore parlano coi loro cavalieri, si salutano da un palco all'altro, chi prende posto giù nelle poltrone, chi guarda col binocolo... quello di madreperla con cui v'ho fatto guardare la campagna, quello! lo portavo io, lo portava la mamma vostra quand'andava a teatro, e ci guardava anche lei, allora... I lumi a un tratto si spengono; restano accese solo le lampadine verdi sui leggii dell'orchestra ch'è davanti le poltrone, sotto il sipario; ci sono già i sonatori, tanti! che accordano i loro strumenti; e il sipario è come una tenda, ma grande, pesante, tutta di velluto rosso e frange d'oro, una magnificenza; quando s'apre, perché è venuto il

maestro con la sua bacchetta a comandare ai sonatori, comincia l'opera; si vede il palcoscenico dove c'è un bosco una piazza o una reggia; e la zia Torina ci viene a cantare con gli altri, mentre l'orchestra suona. Questo è il teatro. Ma io, prima, avevo io prima la voce più bella, non la zia Totina; io, io, più bella assai, una voce avevo che lo dicevano tutti allora che avrei dovuto andare a cantare nei teatri; io, la vostra mamma; e ci è andata la zia Totina, invece... Eh, lei n'ha avuto il coraggio... S'apre il sipario, dunque, sentite, lo tirano da una parte e dall'altra, s'apre, si vede sul palcoscenico un atrio, l'atrio d'un gran palazzo, con uomini d'arme che passeggiano in fondo, e tanti cavalieri, che aspettano il loro capo, il Conte di Luna... E' notte; sono stanchi d'aspettare il Conte che, innamorato d'una gran dama della corte di Spagna che si chiama Leonora, ne è geloso, e sta in agguato a spiare sotto i balconi di lei, nei giardini della reggia; perché sa che a Leonora, ogni notte, il Trovatore, che vuol dire uno che canta e che è anche guerriero, viene a cantare la canzone:

«Deserto sulla terra...»

Ah Dio, il cuore...

«Col rio destino in guerra,

E' sola speme un cor,

un cor, al Trovator...»

Non posso più cantare... mi... mi manca il fiato... il cuore... il cuore mi dà l'affanno... non canto più da tanti anni... Ma forse a poco a poco il fiato, la voce mi rivengono... Dovete sapere che questo Trovatore è fratello del Conte di Luna, sì, ma il Conte non lo sa; e non lo sa nemmeno lui, il Trovatore, perché fu rubato da una zingara quando era bambino. E una storia terribile, state a sentire! La racconta nel secondo atto la stessa zingara, che si chiama Azucena. Sì, era mia, era mia, la parte d'Azucena. Rubò il bambino, questa Azucena, per vendicare la madre bruciata viva, innocente, dal padre del Conte di Luna. Sono vagabonde che leggono la ventura, le zingare, e ci sono ancora, e hanno fama veramente che rubino i bambini, tanto che ogni mamma se ne guarda. Ma questa Azucena il figlio del Conte lo ruba, come v'ho detto, per vendicare la madre: e gli vuol dare la stessa morte che ha avuto la madre innocente; accende il fuoco, ma

nel furore della vendetta, quasi pazza, scambia il suo proprio figlio per il figlio del Conte e brucia il suo proprio figlio, capite? il suo proprio figlio!...

«Il figlio mio...il figlio mio...»

Non posso, non posso cantarvelo... Voi non sapete che cosa è per me questa sera, figliuole mie... Proprio il Trovatore... questa canzone della zingara... mentr'io, una notte, la cantavo con tutti attorno...

«Chi del gitano la vita abbella?

La zingarella!»

mio padre, quella notte, mio padre... il vostro nonno... ci fu riportato a casa tutto insanguinato... e aveva accanto una specie di zingara e quella notte, quella notte, figliuole mie, si compì, si compì il mio destino... il mio destino...

«Ah! che la morte ognora

è tarda nel venir

a chi desìa,

a chi desìa morir!

Addio,

addio, Leonora, addio...»

VERRI: Cantava: avete sentito? era la sua voce...Cantava...

IGNAZIA: Si, come l'uccello in gabbia!

TOTINA: Mommina! Mommina!

DORINA: Eccoci, siamo qua con lui: s'è arreso...

NENÈ: Col trionfo di Totina... avessi inteso!... il paese in deli...

VERRI: Che cos'è?

IGNAZIA: Morta?

DORINA: Faceva il teatro alle bambine!

TOTINA: Mommina!

NENÈ: Mommina!

HINKFUSS: Magnifico! Magnifico quadro! Avete fatto come dicevo io! Questo, nella novella, non c'è!

IGNAZIA: Eccolo qua di nuovo!

PALMIRO: Ma è stato sempre qua, con gli elettricisti, a governar di nascosto tutti gli effetti di luce!

NENÈ: Ah, per questo, così belli...

TOTINA: L 'ho sospettato, quando siamo apparse là in gruppo... chi sa che bell'effetto da giù!

DORINA: Mi pareva assai che l'avesse ottenuto lui!

IGNAZIA: Ma perché non s'alza la signorina? Se ne sta ancora lì...

PALMIRO: Ohè, non sarà morta per davvero?

VERRI: Signorina... signorina...

IGNAZIA: Si sente male davvero?

NENÈ: Oh Dio, è svenuta! Solleviamola!

MOMMINA: No... grazie... È il cuore, davvero... Mi lascino, mi lascino respirare...

PALMIRO: Eh, sfido! Se vuole che si viva... Ecco le conseguenze! Ma noi non siamo qua per questo, sa! Noi siamo qua per recitare, parti scritte, imparate a memoria. Non pretenderà mica che ogni sera uno di noi ci lasci la pelle!

VERRI: Ci vuole l'autore!

HINKFUSS: No, l'autore no! Le parti scritte, sì, se mai, perché riabbiano vita da noi, per un momento, e... senza più le impertinenze di questa sera, che il pubblico ci vorrà perdonare.

Sipario