Questa terra è nostra

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QUESTA TERRA E’ NOSTRA

QUESTA TERRA E’ NOSTRA

Dramma in 5 quadri

di WILLIAM KOZLENKO

Versione di Liana FERRI

Rappresentato dalla Compagnia del Teatro delle Arti di Roma,

diretto da ANTON GIULIO BRAGAGLIA, con la regia di ENZO FERRIERI

PERSONAGGI

JOE STOPA, un fattore ita­liano

ANNA, sua moglie

MARIA e ALFREDO, loro figli

DUFFY, lo sceriffo

BURNS, WELLS e MURPHY, agenti

BARRELLI

PADRE MICHELE

LANG, rappre­sentante

FINGER, direttore della Compagnia

LA FOLLA

In una qualsiasi cittadina rurale degli Stati Uniti d'America, con­trollata da una grande Compagnia di sfruttamento. Oggi.

QUADRO PRIMO

(Salotto di casa Stopa. Joe entra por­tando un fagotto che posa sulla tavola. Si toglie la giacca e la sospende a una seg­giola. Anna, dalla cucina)

Anna                                - Sei tu, Joe?

Job                                   - Sì, Anna.

Anna                                - (entra in sce­na) Hai portato tutto?

Joe                                   - Sì, tutto. (Bussano alla porta) Chi è?

Anna                                - (asciugandosi le mani al grembiule) Aspetta, rado a vedere. (Va alla porta, costernazione e paura nella ma voce) Oh! Siete voi... Joe non è in casa. (E’ chiaro che non è per niente capace di mentire).

Lang                                - Non mi raccontate storie, signora Anna, l'ho visto entrare un momento fa.

Anna                                - (diffidente) Non vuole vedervi. Lang (ironico) Non vuole eh? Invece dovrà ve­dermi. Io rappresento una grande Compagnia. Nessuno può sbattermi la porta in faccia!

Anna                                - (raccomandandosi) Tornate un'altra volta, prego, signore. Mio marito non si sente bene...

Lang                                - Fategli prendere una buona medicina. Ora lasciatemi entrare. (La rabbia di Joe è salita rapidamente durante questa conversazione. Si avvia verso la porta stringendo i pugni, ma si ferma dopo pochi passi).

Anna                                - No!

Lang                                - Non prendo ordini da nessuno. Levatevi di mezzo. (La spinge verso la stanza. Vede Joe. Lo saluta con ironico tono) Salve, Joe, come va?

Joe                                   - Vi ho già detto di non rimettere piede in casa mia. (Furioso) Nessuno vuol vedervi.

Lang                                - Ehi! Joe, questo non è carino. Dovete consi­derarmi come un vecchio amico.

Anna                                - Non ci piacete!

Lang                                - (rapidamente) Guardate, Joe: questa è l'ul­tima opportunità che vi si offre. Basta con questo 'giocare a rimpiattino.

Joe                                   - Vi ho già detto no un milione di volte. Io sto qui. Non mi muovo.

Lang                                - Firmate questa carta... o sarà peggio per voi! Questo è tutto quello che ho da dirvi.

Joe                                   - Sono due anni che venite qui a minacciarmi. Perchè non mi lasciate in pace? Ci sono altre terre che la vostra Compagnia può comperare. Perchè venite sem­pre uà me?

Lang                                - (esplode) Credete che io vi tormenti pel gusto di tormentarvi? Voi sapete benissimo perchè la Compagnia vuole le vostre terre,

Joe                                   - Sicuro, Io so! Ma ve l'ho già detto prima e ve lo ripeto anche adesso: questa fattoria non è in vendita.

(Lang                               - (prende un pacco di banconote dalla tasca dei pantaloni e le butta drammaticamente sul tavolo) Guardate! Altri mille dollari in più! Una vera fortuna Stopa! Siete pazzo se non accettate!

Joe                                   - Nemmeno per altri cinquemila dollari!

Lang                                - Siete pazzo!

Joe                                   - Non voglio il vostro denaro, sono felice qui, «ove sono.

Lang                                - (furibondo) Che diavolo 'significa per voi, cambiare posto. Un posto vale l'altro...

Joe                                   - Per me è diverso.

Lang                                - Siamo disposti a pagarvi un ottimo prezzo per la vostra fattoria. Vogliamo fare grandi cose qui, costruire una linea elettrica, riportare la gente al lavoro. Riportare qui la prosperità! Tutto questo non vi in­teressa?

Joe                                   - Certo! Ma la mia casa mi interessa ancora di più. (Serio e lento, pateticamente) Quando venni qui... tutto era selvaggio. Ho fatto tutto con le mie mani. La casa, il granaio, la rimessa. Sono venticinque anni che viviamo qui. (Addita gli alberi fuori) Guardate quel grande albero, laggiù.

Lang                                - Ebbene?

Joe                                   - (allo stesso modo) L'ho portato con me, pic­colo piccolo, dal mio paese. E' cresciuto in questi ven­ticinque anni. L'ho piantato quando nacque Alfredo, il mio figlio più grande.

Anna                                - Non dimenticare, Joe, ne hai piantato uno anche per Maria.

Joe                                   - Già...

Lang                                - (disgustato) Questi sono sentimentalismi idioti. E' per questo che non volete vendere la fattoria?

Joe                                   - (con veemenza) No. Non solo per questo. Tutto qui, tutto quello che cresce qui intorno, è nato per opera mia! Ho piantato tutto io in questa terra! E ciò mi rende felice. Tutto mi lega qui. Ecco perchè mi batto contro la vostra Compagnia!

Lang                                - Ho già sentito questo discorso.

Joe                                   - (amaramente) Sicuro, l'avete già sentito e lo sentirete ancora per altre diecimila volte. Adesso... andate via!

Lang                                - Così, questa è la vostra ultima parola!

Joe                                   - (deciso) Sì. Finito. Non parlo più!

Lang                                - (raccogliendo il denaro e le carte dal tavolo) E va bene, Stop. Ricordate ohe vi tirate la guerra ad­dosso...

Joe                                   - Sì. Lo so. Sono stato in guerra. Mi sono battuto per l'America. Non ho paura. Soltanto è inutile che mi mandiate ancora lo sceriffo. L’ho buttato fuori una Tolta. Lo butterò fuori di nuovo. Non ho paura...

Lang                                - (rapidamente) Così, non avete paura dello sce­riffo! La legge di questo paese non conta nulla per voi?

Anna                                - (dolcemente) Joe, non dire così. (A Lang) Si­curo che ha paura, sicuro...

Joe                                   - No, non ho paura. Se egli torna qui di nuovo. Io... Io... (cercando la parola) gli do un cazzotto sul naso.

Anna                                - (in lacrime) Joe ti prego. Non ci tirare addosso altri guai. Se dici cose simili farai andare in bestia lo sceriffo. Ci farà del male, di nuovo.

Lang                                - Quel vostro marito pensa che noi siamo un muc­chio di giovani esploratori!

Anna                                - (a Lang) Scusatelo, vi prego. Sapete che il mio Joe si scalda facilmente. Io non voglio guai. Tornate più tardi, vi prego, signore, gli parlerò io e.„

Lang                                - Più tardi! Ora basta! Egli è stato come un lungo mal di testa per me, in questi due anni...

Joe                                   - Anche voi ci avete dato il mal di testa.

Lang                                - (andandogli addosso) Oh no! Il vostro mal di testa è appena cominciato, Stopa. Abbiamo avuto anche troppa pazienza, ora è arrivato il momento degli affari» (Va verso la porta).

Joe                                   - Che volete dire?

Lang                                - Vi manderò una comunicazione speciale.

Joe                                   - (calmo) Ve lo chiedo gentilmente. Che volete fare?

Lang                                - Vi nomineremo generale!

Joe                                   - (trattenendo la sua irà) Va bene, signor Lang. Fate quel che vi pare. Soltanto non mettete più piede qui...

Lang                                - Che dite?

Joe                                   - Dico quel che dico. Nessuno, in casa nostra, vuole vedervi.

Lang                                - Non aspettiamo idi essere invitati, Stopa, An­diamo dove diavolo ci pare e piace.

Joe                                   - Non qui. La vostra Compagnia mi ha già dato anche troppi guai. Forse voi non sapete ohe ho scoperto che il vostro signor Finger ha cercato di farmi rapire.

Lang                                - (sorpreso, poi furibondo) Ma siete pazzo!

Joe                                   - (la sua eccitazione aumenta) Mi avete fatto met­tere in prigione l'altro mese, per spaventarmi.

Lang                                - Chi? Io?

Joe                                   - Sì, voi! Voi avete mandato dei venduti a epa­rare contro la mia casa, di notte, avete cercato di intimo­rirci perchè ci decidessimo a lasciare la casa...

Lang                                - Questa è una infame bugìa.

Joe                                   - Sicuro! Avete anche cercato di farmi rinchiudere in un manicomio, con la scusa che tutti dicevano che ero pazzo... Non pensavate che avrei scoperto tutto, eh?

Lang                                - (riacquistando la padronanza di sé, ad Anna) Bisognerebbe farlo visitare da uno psichiatra, signora Stopa; finirà coll'aver bisogno di una camera imbottita, se non correte ai ripari...

Anna                                - (piano e con tenerezza) E' la verità, signore, Joe non dice mai bugie.

Joe                                   - Lui lo sa bene che è la verità, Anna. Non c'è bisogno di dirglielo. E ora, signor Lang, tornate dal vostro signor Finger e ditegli che vi ho mandato al diavolo, voi e la vostra «porca Compagnia.

 Lang                               - (nascondendo la sua ira) Va bene, Stopa. Siete voi a volerlo. Faremo il necessario... (Va verso la porta).

Anna                                - (spaventata) Joe, ti prego! Ripensaci! Forse fai un grande sbaglio! Ascolta!

Joe                                   - (esplode) L'ho ascoltato per due anni! Diventerò matto se devo ascoltarlo ancora!...

Anna                                - (in lacrime) Non voglio guai, Joe. Ho paura!

Joe                                   - Non ci saranno guai. (A Lang) E' già tutto finito.

Lang                                - Non correte troppo, Joe. Aspettate e vedrete Che bella battaglia avrete. (Esce).

Anna                                - (correndogli dietro) Prego, signore! Tornate indietro! Ascoltate. Prego.

Joe                                   - (trattenendola) Anna! Anna! Lascialo andare.

Anna                                - (si ferma un momento vicino alla porta, torna indietro lentamente e nasconde il capo sul petto di Joe) Adesso... sicuramente... ci darà dei guai, Joe, sicuro...

Joe                                   - (teneramente, baciandola sui capelli) Non aver paura Anna. Tutto si aggiusterà. E' uno spaccone, questo è tutto. E' soltanto un grande spaccone.

QUADRO SECONDO

(L'ufficio di Finger).

Finger                              - (al telefono) Sicuro... sicuro, mandatelo qui (Long entra con aria abbattuta) Oilà, Lang. (Lang scuote la testa negativamente) Bene, sputate fuori il verdetto.

Lang                                - No, dice di no!

Finger                              - (rapido) Che vuol dire: dice di no? Siete stato due anni attorno a questo affare. Lo sapete, sì o no?

Lang                                - Lo so.

Finger                              - Bene, che diavolo credete! Vi immaginate che questa sia una società di beneficenza?

Lang                                - Sono spiacente, signor Finger, ho fatto del mio meglio, ma...

Finger                              - Arriviamo al sodo. Noi vogliamo la proprietà  non degli alibi.

Lang                                - (con veemenza) Gesù, signor Finger, avete mai cercato di convincere un pazzo?

Fincer                              - E' affar vostro convincere ogni specie di gen­te. Siete pagato per questo.

Lang                                - Non vi ho mai dato motivo di lagnarvi di me.

Finger                              - (lentamente) No-ecco perchè siamo così delusi in questa occasione. Vi abbiamo affidato questo lavoro perchè ci avevate detto che trattare con italiani era affare vostro...

Lang                                - E' vero, ma con quella specie di italiani...

Finger                              - Questo è il vostro chiodo!

Lang                                - Non potete rimproverarmi. Ho fatto il possibile. Ho pregato, minacciato, promesso, ma quel mascalzone di Stopa non vuol sentire nulla...

Finger                              - Dovevate costringerlo ad ascoltarvi.

Lang                                - Ma se vi dico che quell'uomo è pazzo! Figu­ratevi che fa fuoco e fiamme per un albero. Pensate: un albero! Mentre ce ne sono migliaia davanti al suo naso!

Finger                              - (alzandosi di scatto) Uno Stopa... cinquemila Stopa. (Dà un pugno sul tavolo) Dobbiamo spazzarlo via. Se non si può con un mezzo dobbiamo trovarne un altro.»

Lang                                - Questo è quanto gli ho detto. Ma come?

Finger                              - (scoppiando) Come? Una domanda così sem­plice richiede una risposta altrettanto semplice. Avete mai letto Darwin?

 

Lang                                - Quando andavo alle scuole superiori.

Finger                              - Ricordate, egli parla molto della sopravvi­venza del più forte. (Lang scuote la testa) Bene, noi stiamo applicando la stessa teoria agli affari. Se può funzionare con le scimmie, Lang, può funzionare anche per noi.

Lang                                - Perchè no?

Finger                              - Ognuno ha il suo peso da portare. Ognuno deve pensare a sé, a questo mondo.

Lang                                - Non esattamente, signor Finger, io devo...

Finger                              - (rapidamente) Una moglie e due bambini ai quali provvedere. SS, lo so. Abbiamo pensato proprio a loro, se no avremmo dovuto cacciarvi da un bel pezzo.

Lang                                - (senza fiato) Dopo quindici anni che lavoro per voi?

Finger                              - Questo non significa niente. Gli affari sono affari. Se uno non sa fare il suo lavoro, ideve essere sosti­tuito con un altro che sappia farlo. Ma questo non è il punto. Voi godete di un enorme vantaggio su quel po­vero 'diavolo, voi avete dietro le spalle una grande orga­nizzazione. Anche se c'è qualcosa che non va, la grande organizzazione non può esser colpita. Afferrate il senso?

Lang                                - Giusto...

Finger                              - (espansivo) E' proprio come dice Charlie Abbott: un affare senza guadagno non è un affare, così come il piombo non è ferro. Questo è buon senso, Lang, e noi siamo costretti ad usarlo.

Lang                                - Ma non con uno straniero pazzo!

Finger                              - (eccitato) Abbiamo idei ricoveri per i pazzi, non è vero? Se li lasciamo circolare come la gente savia diventano pericolosi. Che rispondete a questo? Capite?

Lang                                - Sicuro, ma...

Finger                              - (seguitando) Questo paese è un grande paese perchè i granldi uomini non permettono che le piccole cose li fermino. Se tipi come Morgan o Rockfeller o Du Pont avessero dato ascolto a ogni squilibrato sarebbero diventati grandi come sono? Ve lo domando!

Lang                                - Penso di no.

Finger                              - (schioccando le dita) Porco di un cane, no! Sarebbero qui a lavorare per noi, ecco! Ma perchè sono grandi uomini?

Lang                                - Perchè.

Finger                              - (senza badare all'interruzione) Ve lo dirò io perchè. Perchè avevano una psicologia razionale... orga­nizzata. Se avevano una idea buona per far denari, anda­vano diritti allo scopo. Se qualcuno cercava di fermarli lo spazzavano via. Ed è quello che dobbiamo fare noi. Questa è una società con 50 milioni di dollari di capitale, Lang e nessun piccolo «porco italiano può insegnarci come e cosa dobbiamo fare.

Lang                                - (approvando) Riuscire o morire, signor Finger.

Finger                              - Così sono fatto. Diritto allo scopo. Ma non ci sarà nessun morto in questa faccenda. Quello che vo­glio è azione! Abbiamo già sprecato anche troppo tempo. Adesso bisogna che tutto sia fatto così... (Chiude rapida­mente il pugno sotto il naso di Lang).

Lang                                - (lamentosamente) Cosa faremo?

Finger                              - Diritti sulla linea del fuoco...

Lang                                - (saltando) Diritti allo scopo tome un giovane esploratore!

Finger                              - Niente giovani esploratori, Lang, soldati! Ecco quello che voglio. Soldati, con fucili e baionette e mu­nizioni...

Lang                                - State parlando al miglior soldato dell'esercito.

Finger                              - (soiridendo) Così va bene. Andate a trovare lo sceriffo. Trascinate quel broccolo in questa faccenda. Per troppo tempo lui ed i suoi agenti, sono rimasti a sedere nelle loro poltrone ad incassare tranquillamente i nostri assegni.

Lang                                - Che volete dire?

Finger                              - E' affar vostro.

Lang                                - (battendosi la fronte) Sto pensando. (Dopo un attimo di silenzio, durante il quale ha camminato per la stanza) Dico... lo sceriffo non si presenta alle elezioni di giudice superiore il mese prossimo?

Finger                              - Ci stiamo pensando. Perchè?

Lang                                - (schioccando le dita) Che colpo!

Finger                              - E allora?

Lang                                - (eccitato) Non mi domandate nulla, Finger. Leggete il giornale dopo domani. Ci troverete tutta la storia. (Scappa via).

QUADRO TERZO

(L'ufficio dello sceriffo. Fred Wells, un agente dal cuore di pulcino, siede coi piedi sulla sedia e sta leggendo un giornale umoristico. Lo sceriffo Duffy sta alla sua scriva­nia, sembra molto occupato, sta scrivendo delle annota­zioni in un libro),

Wells                               - (esitando) Sapete Jess, questi supplementi illustrati diventano ogni giorno più interessanti.

Duffy                              - (grugnendo senza alzare gli occhi) Che c'è mai di così interessante?

Wells                               - Ora son fatti per i grandi; ricordo che prima li leggevano soltanto i bambini.

Duffy                              - Sono ancora fatti per i bambini.

Wells                               - No, Jess. Adesso queste storielle son piene di fatti educativi. Ora poi, sono tutte illustrate, invece che iscritte.

Duffy                              - (ridendo) E’ forse per questo che non siete mai andato a scuola?

Wells                               - Potete ridere finché volete. Ma ho letto nei giornali che il Presidente Coolidge ha detto che i sup­plementi della domenica sono pieni di fatti tolti dalla vita reale. E vorrete ammettere che il presidente Coo­lidge non è un fesso...

Duffy                              - Non ammetto niente.

Wells                               - Perchè siete così ostinato? Ho letto questo giudizio con i miei occhi.

Duffy                              - Non sono ostinato, le mie opinioni me le fac­cio da solo. E' tutto.

Wells                               - Va bene, ima...

Duffy                              - Io dico sempre che se uno vuol diventare qualcuno, deve istruirsi. Leggete quei mattoni profondi... come… (cercando la parola) gli editoriali... e tutto il resto. Io li leggo. Ecco perchè sono capace di pensare.

Wells                               - Bene. Anche il presidente Coolidge sa pen­sare...

Duffy                              - (secco) Sicuro. Ed ecco perchè è arrivato così in alto.

Wells                               - (trionfante) E lui leggeva anche i supplementi illustrati!

Duffy                              - (secco) Bene; ma voi non siete il presidente Coolidge!

Wells                               - (irritato) Lo so, Jess. Lui è morto.

Duffy                              - (scaldandosi) Morto o vivo, voi non siete il presidente Coolidge! (Raffreddandosi) Tutto ciò che vo­glio dirvi è questo: se volete essere un buon agente, istruitevi. L'ignoranza non vi porterà lontano. Guardate Abramo Lincoln.

Wells                               - Ma io non sono un agente, Jess. Io sono un aiutante sostituto.

Duffy                              - Che diavolo dite? Non siete un agente? Voi siete un agente come me e come gli altri ragazzi.

Wells                               - Anche se io comando una squadra per voi e Burns?

Duffy                              - Questo non vuol dir niente. Se avete uno sti­pendio e un fucile, lavorate per il governo; se avete sol­tanto un fucile, lavorate contro il governo. Ecco come divido la gente, io.

Wells                               - Così, io sarei un... (Suona il telefono).

Duffy                              - Rispondete.

Wells                               - (al telefono) L'ufficio dello sceriffo. Sì. E’ qui: aspettate un momento. E' per voi, Jess. (Ritorna al suo tavolo a leggere storielle).

Duffy                              - (al telefono) Qui parla lo sceriffo Duffy. Chi? Che diavolo volete? (Copre il microfono con la mano e si volta a Wells) Immaginate chi è! E' quel ma­ledetto che strilla per i suoi fiori, idi nuovo. (Wells tra­sale e cerca di afferrare quello che stanno dicendo al te­lefono. Duffy risponde) Così? Andate al diavolo, voi e loro. I miei ragazzi si devono esercitare a buttare bombe lacrimogene; non c'è diavolo d'uomo che possa fermarli. Che volete? Ascoltate, Ewald; non me ne importa niente se voi siete cittadino americano. Andatevene al diavolo! Il gas fa ammalare le vostre creature, poverine! Questa città è piena di criminali e voi volete che io mi preoc­cupi delle vostre viole del pensiero! (Riattacca) Gli devo dare una lezione. Sparate contro la sua serra sino a bru­ciargli anche la malerba. Se protesta diremo che è stato qualche ragazzino.

Wells                               - (esitando) Bene, vedete Jess, io sto pensando...

Duffy                              - (rapido) A che state pensando?

Wells                               - (nervoso) Sto pensando... Forse non è giusto che io vada a distruggere i suoi Gori. E' contro la legge.

Duffy                              - In questa città la legge sono io!

Wells                               - (rapidamente) Non sto dicendo il contrario, Jess. Soltanto quel poveretto mi fa pena. Dacché gli è morta la moglie, sta tirando sa quei fiori come se fossero delle creature...

Duffy                              - (ironico) E così, devo mettermi a piangere?

Wells                               - (cercando di convincerlo) E' veramente un buon diavolo, quel tipo. Guardate Jess, perchè non lo minacciate un po'... sapete, giusto per farlo star zitto? Poi non vi darà più nessun fastidio.

Duffy                              - (ringhiando) Se desidero che qualcuno mi guardi le spalle, chiamerò voi. (Lo afferra per il col­letto) Andate. Subito, capite? E' un ordine. Filate! (Lo spinge fuori),

Wells                               - (aggiustandosi la giacca) Va bene, Jess lo farò. Siete il padrone voi.

Duffy                              - Potete essere sicuro che io sono il padrone.

Wells                               - Ma voi sapete come la penso, in questa fac­cenda.

Duffy                              - (secco) State facendo delle domande o delle affermazioni?

Wells                               - (mollemente) Io, dicevo per dire.

Duffy                              - Scrivetelo sulla sabbia.

Wells                               - (andando verso la porta) Bene, questa fac­cenda non mi va giù; è contraria al mio carattere, ecco.

Duffy                              - (secco) Ascoltate, poltrone! Quando lavorate per me, dovete lasciare a casa il vostro buon cuore. Non dirigo mica una scuola di catechismo. Filate! (WeUs esce, Duffy sputa nella direzione della porta) Che razza di diavolo scornato! (Va verso l'altra stanza e alcuni mo­menti dopo ne esce asciugandosi il collo con un asciu­gamano. Long entra cautamente e si ferma a guardare Duffy per un momento. Sembra a casa sua e mollo sicuro di se. Sorride e si avvicina).

Lang                                - Salve, sceriffo. Siete solo? (Gli porge la mano).

Duffy                              - (si guarda in giro rapidamente; sembra sor­preso, poi la sua voce si fa dolce come il miele) Salve, signor Lang. Qual buon vento vi porta?

Lang                                - Potete immaginarlo. (Duffy rìde imbarazzato) Dov'è quel tipo che risponde sempre al telefono?

Duffv                              - Wells?

Lang                                - Sì, quell'uccellino.

Duffy                              - E' andato fuori per un affaruccio. (Sorride) Sapete, affari di Stato!

Lang                                - Molto bene. Volevo star un po' con voi, in calma, in pace e senza testimoni.

Duffy                              - Questo è il posto ideale. Come se fossimo in una tomba. Che c'è?

Lang                                - (sedendo) Bene. Vedete, sceriffo, io vado molto in giro.

Duffy                              - (ridendo) State bene, voi! Soltanto viaggiare, vedere il mondo.-

Lang                                - Sicuro, come i marinai. Ma questa volta son venuto qui, apposta per vedere voi.

Duffy                              - (imbarazzato) Siete gentile.

Lang                                - (offrendogli una sigaretta) Fumate?

Duffy                              - Non ha importanza. Grazie. (Accende).

Lang                                - (molto lentamente, ma secco, fra una boccata e l’altra) Ero a colazione, avanti ieri, con Finger e gli altri e mi dicevano che, probabilmente, sarebbero disposti ad appoggiarvi nella faccenda della nomina a giudice...

Duffy                              - (cercando di rimanere calmo) Non avranno mica timore che io voglia giocare a palla con loro, no?

Lang                                - (rapido) Diavolo, no! Sanno bene che siete onesto.

Duffy                              - E allora, che c'è di nuovo?

Lang                                - Parlerò chiaro con voi, sceriffo. Loro credono che non abbiate abbastanza polso, per una faccenda come questa...

Duffy                              - (arrabbiato) Che diavolo volete dire?

Lang                                - (scrollando le spalle) Sto dicendo quello che ho sentito dire.

Duffy                              - (secco) Va bene, signor Lang, sputate fuori tutto. Di che hanno paura?

Lang                                - Aver paura, non è la parola esatta, sceriffo. La verità è che si vergognano; si vergognano del cattivo odore ohe c'è nel vostro ufficio. Si vergognano di…

Duffy                              - (con rabbia) Non fate il delicato. Che ho fatto?

Lang                                - (calmo) Cosa « non » avete fatto.

Duffy                              - Lasciate che guardino il mio stato di servizio.

Lang                                - E’ proprio quello che hanno fatto. Ecco perchè dichiaravano che preferiscono finire all'inferno piuttosto che sostenere un broccolo come voi per giudice supe­riore!

Duffy                              - (saltando) Olle?... Massa di porci!

Lang                                - (calmo) Non ve la dovete prendere con loro, sceriffo. Quella è gente che si inginocchia davanti all'o­pinione pubblica, questo è tutto!

Duffy                              - Al diavolo l'opinione pubblica! Stanno cer­cando di silurarmi!

Lang                                - (simulando stupore) Non vi burlate di me, vero?

Duffy                              - Burlarmi di voi, e perchè?

Lang                                - Un momento, sceriffo. Andiamo al sodo. Vo­lete 'darmi ad intendere che state seduto in questo ufficio e non sapete quello che succede qui in giro?

Duffy                              - Io bado agli affari miei e basta; non vi gar­ba, forse?

Lang                                - Probabilmente, è proprio questo il guaio! Se metteste più spesso la testa fuori, vi accorgereste che tutta la città sta ridendo alle vostre spalle per come con­ducete l'affare Stopa.

Duffy                              - Maledizione! Se sento ancora una volta il nome di quell'italiano, divento una belva.

Lang                                - Va bene, sceriffo, ma è proprio quel tipo che vi gioca l'elezione!

Duffy                              - (sorpreso) Come? Quello straccione?

Lang                                - Si. Proprio quello straccione!

Duffy                              - Mi fate ridere!

Lang                                - Si ride, ma di voi. Egli va in giro dicendo a tutti che voi siete un limone spremuto.

Duffy                              - (saltando) Un, che cosa?...

Lang                                - (calmo) Un limone spremuto. E dice che, se osate mostrarvi in casa sua, vi butterà fuori con una manata.

Duffy                              - Ha detto questo?

Lang                                - L'ho sentito con le mie orecchie.

Duffy                              - Porco, lurido italiano. L'avrei tolto di mezzo da un pezzo, soltanto che pensavo alla Compagnia. Po­teva sembrare che lavorassi per lei...

Lang                                - Queste sono sciocchezze, sceriffo. Ora dovete preoccuparvi di tirar fuori il vostro nome da questa fo­gna. Nessuno eleggerà un uomo che ha la vostra repu­tazione.

Duffy                              - (dopo una pausa) Quando si riuniscono, i caporioni?

Lang                                - Stasera.

Duffy                              - (tirandosi su i pantaloni) Gli direte «he liqui­derò subito questa faccenda e a modo mio. Non devono preoccuparsi. Sistemerò l'italiano in modo tale, ohe non sentiranno più parlarne.

Lang                                - Va bene per i caporioni, ma non dimenticate il vostro lavoro.

Duffy                              - Non lo dimenticherò.

Lang                                - (eccitato) No, non lo dimenticate mica! Ma se avete avuto pieni poteri, e che avete fatto? Avete na­scosto la coda fra le gambe, proprio come noi. E sapete, perchè? Ve lo dico io. Perchè siete stato troppo buono con lui. Non si può esser buoni con gente simile, sceriffo, se ne approfitta.

Duffy                              - Non sarò buono, ve lo garantisco. Gli inse­gnerò io, ad andare in giro insultandomi. (Si leva la pi­stola dalla tasca e la fa saltare in aria) Mi pare che sia maledettamente difficile scherzare, quando si ha questo arnese sotto il muso.

Lang                                - (impaziente) Al diavolo il suo muso! Quello che vogliamo è la sua proprietà.

Duffy                              - (secco) L'avrete!

Lang                                - (saltando) Quando? Abbiamo aspettato due anni!

Duffv                              - Potete prepararvi per domani.

Lang                                - (stringendogli nervosamente la mano) E' una promessa?

Duffy                              - E' un contratto! Non voglio giocarmi l'e­lezione per questo...

Lang                                - (rapidamente e con calma) Non vi preoccu­pate per l'elezione. (Lento) Cacciate fuori Stopa e io metto dentro voi.

Duffy                              - (ridendo gli porge la mano) Potete dire ai padroni ohe le noci sono nel sacco.

(La scena si oscura. Quando si riaccende, Duffy sbuca dalla stanza di dietro asciugandosi le mani. Murphy si sLangia di colpo nella stanza portando sul braccio la giacca e con un rapido a Salve! » a Duffy, va nella stan­za di dietro. Duffy esita un attimo, poi lo segue. Burns arriva con aria da smargiasso).

Burns                               - Salve Jess!

Duffy                              - (ammiccando in direzione di Murphy) Cheha quel tipo?

Burns                               - Oh, fra un po' starà meglio!

Duffy                              - (dopo un silenzio. Come se volesse dominare la situazione) Prendi un sorso.

Burns                               - Grazie. (Riempie i bicchieri e li posa. Allo stesso tempo, Wells entra dalla porta; ha l'aria stravolta. Cammina lentamente e si butta su una sedia).

Wells                               - (debolmente) Salve, Jess!

Duffy                              - (guarda Wells, poi si volta verso Burns) Dove l'avete preso?

Burns                               - (alzandosi dalla sedia) Proprio mentre stava uscendo dalla casa della sua ragazza.

Duffy                              - Nessuno vi ha visto mentre ve lo lavoravate?

Burns                               - Non vi preoccupate; nessuno ci ha visto. L'abbiamo trascinato in un posto deserto e abbiamo pic­chiato sodo. Strillava, con quella sua bocca da pidocchio (ride forte) ma nessuno l'ha inteso per il raggio di un chilometro.

Duffy                              - (grugnendo) Deve essere stato un bel diver­timento!

Burns                               - Veramente... Avreste dovuto sentirlo.

Duffy                              - L'avete trascinato dinanzi al portico di casa sua?

Burns                               - Sì, proprio come ci avevate detto. Poi mi sono allontanato, ho chiamato il vecchio Stopa e gli ho detto -che il suo ragazzino aveva preso delle botte che, evidentemente, gli erano riservate da un pezzo!

Duffy                              - (ansioso) Non ha mica riconosciuto la voce? No?

Burns                               - (ridendo) Diavolo! Ho parlato con accento forestiero, come uno che non sappia bene la lingua. Non ha certo capito chi diavolo fosse.

Duffy                              - (guardandosi in giro) Bel lavoro, ragazzi. Immagino che il vecchio avrà capito che facciamo sul serio. Gli insegnerò io, a chiamarmi limone spremuto!

Burns                               - Avremmo dovuto farlo prima, -durante que­sti due anni!

Duffy                              - (impaziente) Va bene, va bene... l'abbiamo fatto adesso. Domani sarà tutto finito.

Burns                               - Domani è Venerdì santo.

Duffy                              - Ebbene? La legge lavora ogni giorno. (Mur­phy entra strofinando fortemente la sua giacca con un panno bagnato. Va diretto da Burns).

Murphy (seccato) Ho già adoperato un ettolitro di acqua calda, ma il puzzo non va via.

Burns                               - Come diavolo avrei potuto immaginare che quell'animale avrebbe vomitato? Non leggo mica nel pensiero!

Murphy                            - (selvaggiamente) Avreste potuto trovar qualcosa di meglio che dar un calcio nello stomaco di un uomo che ha mangiato allora, allora. Fra un po' puz­zerò come una latrina.

Wells                               - Versateci su un po' di acqua di colonia, Murphy; coprirà il puzzo.

Burns                               - (guardandosi in giro e indicando con Vindice) Bene, guardate un po' ehi parla! Ti sei «vegliato?

Duffy                              - Ma che ha?

Burns                               - Ci è quasi «venuto addosso.

Wells                               - Io...

Burns                               - (facendogli cenno di tacere) Lasciami par­lare, Wells. Sei capace di scoppiare in lacrime. Abbiamo lavorato il nostro tipo con tanta foga, Jess, che il vostro pallidone ha cominciato a far pazzie...

Murphy                            - Già! Non faceva che correre a nascondersi dietro gli alberi.

Wells                               - (amaramente) Mi faceva male veder questi mascalzoni che sferravano calci nello stomaco di quel disgraziato. Non potevo resistere…

Burns                               - (ironico) Poveretto! Veramente orribile, ma spero che ti cheterai, non è vero, cherubino?

Murphy                            - Ascoltate un po', Jess. Se volete che porti in fondo questa faccenda, tenetevi qui questo fifone. Mi fa accapponare la pelle.

Wells                               - Non dategli retta, Jess. Ho fatto anch'io la mia parte.

Burns                               - Certo, ha dato il suo fazzoletto al ragazzine perchè si asciugasse le lacrime.

Murphy                            - Questo non è un agente, è una balia!

Duffy                              - E va bene, ragazzi; piantatela! In fondo è soltanto colpa del «uo sentimentalismo. Non vorrete mica dire che non abbia fatto il suo dovere; non è vero, Fred?

Wells                               - Voi mi conoscete, Jess, non ho mai resistito a lungo dinanzi alla brutalità... Sin da quando ero bam­bino, io...

Duffy                              - (spingendolo) Sicuro, finiamola ragazzi. Farà meglio un'altra volta. (Murphy e Burns si scambiano un'occhiata e una smorfia) Soltanto, Fred, quando devi andare coi compagni, inghiottì due bicchieri di gin, ti rimonteranno.

Murphy                            - Sicuro. Dategli una bottiglia, ma metteteci dentro un pizzicotto di quelli buoni. (Burns e Murphy rìdono forte).

Duffy                              - Ma basta, piantatela! (Si chetano subito) Abbiamo da pensare ad altro. Ascoltate, ragazzi. Dob­biamo fare del nostro meglio, in quest'affare Stopa. Ho dato la mia parola al signor Lang che avremmo finito tutto per domani. Non vorrete che mi dia del bugiardo; non è vero, ragazzi?

Wells, Murphy k Burns   - Diavolo, ci mancherebbe altro!

Duffy                              - Tutti dicono che sono stato troppo debole con quella carogna. Se non gli dimostriamo chiaro e tondo chi è il padrone, finirà col comandare lui a noi!

Burns                               - (sputando) Non comanderà molto, da dopo domani in poi!

Duffy                              - Bene. Faremo così. Voglio che domani alle cinque siate tutti qui. Burns prenderà il…. (Sipario a mezzo del discorso).

QUADRO QUARTO

(Il salotto di casa Stopa. Anna è sdraiata sul sofà. Maria sta leggendo un libro. Sul tavolo vicino a lei c'è una catinella piena d'acqua fresca con un asciugamano bagnato. Ogni momento interrompe la lettura per guar­dare sua madre. Qualche momento dopo Anna si muove e apre gli occhi. Maria le va vicino col tovagliolo e sì china accanto a lei).

Maria                               - Stai un po' meglio, mamma? (Mette Vasciu-gamano sulla sua fronte).

Anna                                - (guarda in su e accarezza le mani di Maria) Sì... Maria... Sì. (Dopo una pausa) Che ora è?

Maria                               - Le cinque e un quarto.

Anna                                - Già così tardi!

Maria                               - Sei stata sveglia tutto il giorno!

Anna                                - (dopo una pausa)  Ho preso un colpo tre­mendo, sulla testa.

Maria                               - Sì, mammina; lo so. Sei caduta vicino alla stufa. Quando sono entrata, stavi «tesa sul pavimento... e perdevi sangue dalla testa.

Anna                                - (cercando di sorridere) Guarda un po', non mi ricordo di nulla.

Maria                               - (si china e la bacia) Certo, mamma. Eri sve­nuta!

Anna                                - (con sorpresa) Veramente, sono svenuta?

Maria                               - Sì... ma non ci pensare più, mamma. Ti pre­go, cerca di dormire ancora un poce.

Anna                                - E’ tornato, il dottore?

Maria                               - E' andato via or ora. Ha detto che, tra un mese, Alfredo starà benino. Deve soltanto rimanere a letto...

Anna                                - (come parlando a se stessa) Quando babbo l'ha portato qui tutto insanguinato, «ni è parso che si stesse dissanguando…

Maria                               - Mamma, ti prego!

Anna                                - (lo stesso) Non avevo mai visto canto «angue. Mai, in tutta la mia vita...

Maria                               - Mammina, ti prego. Ti sentirai male di nuovo!

Anna                                - (sollevandosi bruscamente) Papà! Dov'è papà? Maria, dov'è il babbo?

Maria                               - Sta calma, mamma. Papà sta bene. E' di so­pra con Alfredo.

Anna                                - (incredula) É uscito...

Maria                               - Non mi credi? Aspetta, lo vado a chiamare. (Esce, un momento dopo torna con Joe) Ecco qui il babbo. Sta benone. (Joe si avvicina e bacia Anna).

Anna                                - (ricoricandosi) Ho avuto paura, Joe. Credevo che fossi uscito.

Joe                                   - No, Anna. Non vado da nessuna parte. Sono stato sempre con Alfredo.

Anna                                - Si sente meglio?

Joe                                   - Si è addormentato proprio in questo momento.

Anna                                - Perchè hai la giacca addosso, Joe? Vuoi an­dare in qualche posto?

Joe                                   - Volevo andare sin sulla strada a vedere se ar­riva Barrelli.

Anna                                - Barrelli? Viene qui?

Joe                                   - Si, l'ho fatto chiamare un'ora fa...

Maria                               - Eri addormentata, mamma; babbo non ti voleva svegliare.

Anna                                - Oh!...

Joe                                   - Gli ho detto quello che e successo ad Alfredo.

Anna                                - E che ha letto?

Joe                                   - Ha risposto che veniva subito qui.

Anna                                - Sono contenta che tu abbia chiamato Bar­relli. Ti dirà quello che devi fare, quando lo sceriffo verrà di nuovo qui.

Joe                                   - Sì, non voglio che Io sceriffo se la prenda con ime.

Anna                                - Joe, non uscire. Ho troppa paura quando sei fuori...

Joe                                   - Ma Anna, è soltanto per cinque minuti.

Anna                                - No, Joe, ti prego; quando non sei in casa, temo che lo sceriffo ti tenda qualche tranello...

Joe                                   - Oh, Anna, ragioni come una bambina...

Maria                               - (che guardava fuori dalla finestra) Ecco Bar­relli che arriva, babbo.

Joe                                   - (contento) Lo vedi, Anna; ti ho detto che non devi aver paura!

Anna                                - Joe, parlate qui, in questa stanza.

Joe                                   - Qui? Ma tu...

Anna                                - (rapidamente) Voglio sentire anch'io. Tanto non posso dormire più.

Maria                               - (corre ad aprire la porta, Barrelli entra).

Barrelli                             - Salve, Maria!

Maria                               - Salute, Barrelli! Stavamo aspettandovi.

Barrelli                             - Ero occupato.

Joe                                   - Salve, Barrelli. Sono contento che siate venuto. (Si stringono la mano).

Barrelli                             - Salve Joe, come sta Alfredo?

Joe                                   - Ora dorme.

Barrelli                             - (andando verso Anna) E voi, Anna, come vi sentite? (Aggiusta i cuscini sotto la sua testa).

Anna                                - (sorridendo debolmente) Un po' meglio, Bar­relli, grazie. Soltanto, quando mi alzo, tutto mi gira in­torno.

Barrelli                             - Vi alzerete presto, non vi preoccupate, Anna. Tutto si aggiusterà.

Anna                                - (sospirando) Non mi preoccupo nemmeno più, Barrelli; non faccio che piangere.

 Joe                                  - Non devi piangere, Anna. Ti ho detto che tutto si aggiusterà e presto.

Anna                                - (in lacrime) Quando, Joe? Quando sarò al cimitero?

Barrelli                             - Non dovete pensare a simili cose, Anna. Non oseranno farvi più niente...

Joe                                   - Ma hanno fatto abbastanza, no? Perchè hanno massacrato Alfredo in quel modo? Un ragazzo che non ha mai fatto male a nessuno.

Barrelli                             - (trovando (difficoltà ad. esprimersi con chia­rezza) Voi... e tutti quelli che hanno a che fare con voi, Joe; non badano a nulla, cercano solo di farvi a pezzi.

Anna                                - (Proprio come mi suggerisce il cuore, Barrelli. Io sento che sta jper (succèdere qualche cosa. L'ho detto anche a Joe. Gli ho detto: «Se lo sceriffo si arrabbia ci farà del male ». Ed è successo proprio come diceva il mio cuore...

Joe                                   - (con tristezza) Sì, Anna, (lo so.) Il tuo cuore ti avverte sempre. Ma che potevo (fare? (Voltandosi verso Barrelli) Ditemi, Barrelli, che dovevo fare? Potevo dir loro: venite qui, prendetevi tutto, sono vinto? Potevo piantar tutto, dopo due anni di resistenza?

Barrelli                             - (esitando) Io vorrei potervi dire che cosa dovete fare, Joe. E’la cosa più diffìcile del mondo - Può voler dire...

Joe                                   - (coti forza) Ditemi, Barrelli, ditemi.

Barrelli                             - Non è così facile.

Joe                                   - Lo so.

Anna                                - Dobbiamo andarcene, Barrelli. E' questo che volete...

Barrelli                             - (rapidamente) No. Questo è proprio quello che non dovete fare! Avete sofferto troppo! Siete andati troppo avanti per fermarvi adesso.

Joe                                   - Sì, questo è quello che mi son detto, Barrelli. Ma guardate quello che hanno fatto ad Alfredo. Ho pen­sato che la lotta era tra la Compagnia e me. Ma ora cominciano a massacrarmi il figlio. Questa è un'altra fac­cenda. Questo ferisce un uomo...

Barrelli                             - Faranno di tutto per spezzarvi, Joe. Se non riescono con voi, cercheranno di riuscire attraverso i vostri figli. Non c'è bisogno che ve lo dica io...

Joe                                   - Sicuro. Per due anni me ne han fatte di tutti i colori.

Barrelli                             - Ecco, vedete, lo capite da voi. Ma questo è quello che penso: se io e tutti i vostri amici pensassimo che sbagliate, ve lo direi subito. Abbandonate il posto e lasciate che si impicchino...

Joe                                   - Ma non sto commettendo uno sbaglio, Barrelli?

Barrelli                             - Voi state facendo quello che ogni uomo farebbe, Joe. Voi vi battete per qualche cosa che vi appartiene, difendete il vostro diritto di vivere come una creatura umana che si rispetti. Vi siete guadagnato il diritto di battervi.

Joe                                   - (lentamente) Sì, Barrelli. Anch'io la penso così. Per nottate intere, svegliandomi di soprassalto, son rimasto ore e ore a ripetermi quello che mi state dicendo ora. Per due anni ho parlato così.

Barrelli                             - Ma?...

Job                                   - (continuando lentamente, ma con forza) Ma quando mi sono precipitato sotto il portico, ieri... ed ho visto Alfredo sul pavimento col sangue che gli colava dal viso, ho cominciato a piangere. E mi aon detto: no, Joe, il prezzo è troppo alto. Non ho costruito una casa per finire con dei funerali. Per me, non im­porta. Posso battermi contro diecimila sceriffi, con le mie sole mani. Ma... Ma quando se la pigliano con la mia fami­glia... allora ho paura. Che posso fare più, che possi­bilità ho adesso?

Barrelli                             - (appassionatamente) Tutte le possibilità, Joe! Voi non dovete credere di essere il solo uomo che si batte contro gli Sceriffi e le Compagnie. Ve lo dico io. Ce ne sono milioni nella vostra situazione. Non li avete mai visti. Non avete nemmeno sentito parlare di loro. Ma ci sono... Anche loro si rifiutano di venir sof­focati e truffati, proprio come voi.

Joe                                   - (esitando) - Sicuro. Ma… Ma che mi fa questo?

Bareelli                            - (rapidamente) Lasciate òhe vi faccia una domanda, Joe, la stessa che vi sarete fatto un'infinità di volte. Per «Obi voi solo, un povero fattore, avete conti­nuato a Sbattervi contro la Compagnia, sapendo che, con tutti i loro milioni di dollari, i loro poliziotti, i loro aiutanti, essi erano molto, ma molto più forti di voi?

Joe                                   - (con forza) Perchè questa è la mia casa! Appar­tiene a me e ai miei ifigli! Nessuno ha il diritto di venir qui a prendermela!

Barrelli                             - Esattamente. Voi sapevate quello che avrebbero fatto. Sapevate anche che niente li avrebbe fermati, pur di ottenere quello che volevano.

Joe                                   - Sicuro, lo sapevo!

Barrelli                             - Ma questo non vi ha fermato, no?

Joe                                   - No!

Barrelli                             - Voi eravate pronto a battervi ancora... sino all'altra notte.

Joe                                   - Sì... quello che hanno fatto a mio figlio mi ha terrorizzato.

Barrelli                             - E adesso pensate che la vostra causa non era giusta, che non avete possibilità di vincere

Joe                                   - (con disperazione) Ne ho, forse?

Barrelli                             - (con risolutezza) Sicuro, ne avete! Avete dimostrato a rutti 'che un uomo può avere coraggio. Che può resistere e difendere le cose che gli appartengono. Voi non avete avuto paura. Anche gli altri non avranno paura! Se un uomo come voi può resistere due anni, cosa non possono fare milioni di uomini, che lavorino tutti uniti, durante due sole settimane? Capite quello ohe voglio dire, Joe?

Joe                                   - (dopo una lunga pausa) Sì Barrelli... Io credo di sì...

Barrelli                             - Bene, questo è tutto quello che posso dirvi. Voi dovete decidere da solo quello che volete fare.

Joe                                   - C'è soltanto una cosa da fare!

Barrelli                             - Quale?

Joe                                   - Rimanere qui!

Barrelli                             - Sapevo che l'avreste fatto.

Joe                                   - (afferra la mano di Barrelli) Le parole mi man­cano, Barrelli, ma so che quello che mi avete detto partiva dal cuore. Questo mi dà la certezza che siete un amico.

Barrelli                             - Voi avete tanti amici, Joe. Io sono sol­tanto uno di loro.

Joe                                   - (infilandosi il cappotto) Grazie, Barrelli. E ora, se permettete, vado in farmacia a prendere delle me­dicine per Alfredo.

Barrelli                             - (guardando Vorologio) Le cinque e mezzo! Devo andarmene anch'io.

Anna                                - (sedendosi sul letto) Joe... non andar via. Ho paura a rimaner sola.

Joe                                   - Torno subito, Anna. In quindici minuti, vado e torno.

Anna                                - (in lacrime) Joe, ti prego!

Barrelli                             - Credo che fareste meglio a rimanere Joe, Anna è troppo nervosa per star sola.

Joe                                   - Ma le medicine...

Maria                               - Vado io babbo, rimani qui...

Joe                                   - Va bene, rimango.

Barrelli                             - Vi porto con me, Maria. Ho la macchina fuori. (Va verso Anna) Addio Anna. Farò una capatina domani.

Anna                                - (gli afferra una mano e la bacia) Grazie... Barrelli!™

Barrelli                             - E per che cosa Anna?

Anna                                - Per avermi dato coraggio qui... (Si tocca U cuore).

Maria                               - Non stare in pensiero per me mamma, torno subito.

Joe ed

Anna                                - Addio, Barrelli.

Barrelli                             - (alla porta) Addio! (Esce con Maria).

Anna                                - (dopo una lunga pausa) Domani, Joe, starò meglio. Farò un po' di brodo di pollo per Alfredo.

Joe                                   - Non li preoccupare Anna. Resta tranquilla. Maria ed io penseremo a tutto.

Anna                                - (in lacrime) Non so perchè sono così spa­ventata, Joe, il mio cuore corre… corre…corre…

Joe                                   - Anna…, mia cara Anna. Sei così nervosa, pro­prio come ha detto Barrelli. Sta calma. Tutto ai aggiu­sterà. Guarda, chiudi gli occhi. Io vado a fare un po' di minestra. (La bacia sulle palpebre) Così va bene! Chiudi bene gli occhi Torno subito. (Abbassa le bici e va silenziosamente in cucina. Si sente smuovere le pen­tole. Fuori va annottando. Anna è sdraiata sul sofà. Nel­l'aria c'è un'intensa emozione. Improvvisamente si ode il fischietto di un agente, il che rende il silenzio ancora più teso. Nello stesso tempo la fioca luce della stanza tu spegne del tutto, come se qualcuno avesse tolto la cor­rente. Immediatamente dopo, una bomba lacrimogena esplode netta stanza, quasi ai piedi dà Anna. Si ode il tossire violento di Anna. Si alza e cerca barcollando di andare verso la porta di fronte).

Anna                                - (urlando) Joe! Corri! Non posso respirare! (Molto forte) Joe! (La porta viene aperta e col silen­ziatore un colpo parte verso di lei. La luce che entra dal di fuori la investe. Anna Langia un terribile grido e cadi, a terra).

Duffy                              - (fuori della scena) Vieni fuori Joe, non ti faremo nulla.

Joe                                   - (correndo aWimpazzata per la stanza) Anna, Anna, non uscire, ti uccideranno!

Duffy                              - Vieni fuori, Joe!

Joe                                   - (barcollando inciampa nel corpo di Anna. Diventa puzzo. Apre il cassetto del tavolo e tira fuori il suo vecchio revolver, va alla porta) Vi uccido! Vi uccido!

Murphy                            - (fuori della scena) Duffy, ha una rivoltella.

(La rivoltella di Joe non spara, allora si vede il lampo di uno sparo e Joe cade per terra tenendosi una gamba).

Burns                               - Ho colto quel bastardo, Murphy. (Duffy, Burns, Wells, Murphy, entrano nella stanza).

Duffy                              - (rapido) Ecco il nostro alibi, ragazzi! Ab­biamo sparato per legittima difesa. (Joe cerca di trasci­narsi vicino ad Anna).

Burns                               - (afferrandolo) Rimani dove sei!

Joe                                   - (singhiozzando) Prego, sceriffo, non sparate, mi arrendo.

Murphy                            - (ridendo) Ti arrendi? Ti abbiamo preso! (Aiuta Burns a trascinarlo verso la porta).

Duffy                              - (a Wells) Vai di sopra a vedere se c'è nascosto nessuno. (Wells esce) Va bene, ora portatelo nella macchina. (Wells torna giù).

Wells                               - C'è soltanto quel tipo che abbiamo picchiato l'altra notte. E' a letto.

Duffy                              - Lasciamolo lì. Ha già avuto la sua parte. (Cominciano a trascinar fuori Joe).

Joe                                   - (urlando) Mia moglie! Prego, sceriffo, chiamate un dottore.

Duffy                              - (ironico) Al diavolo vostra moglie. Sta bene. (A Wells) Che vai girando? Fai qualche cosa, somaro. (Wells, incantato e spaventato, va istintivamente verso Anna) Sta lontano da lei. (Urla).

Wells                               - (riprendendosi) Non avrei creduto che ci sarebbe stata questa sparatoria...

Duffy                              - (furibondo) Tu non credevi eh? (Fa il gesto di batterlo. Wells scappa fuori. Stanno trascinando Joe fuori. Si odono le loro voci. Quella di Duffy è la più forte) Sbrigatevi, non possiamo* star qui tutta la notte!

Joe                                   - (urlando) Addio, Anna, addio!

Duffy                              - Chiudetegli la bocca! (Il rumore di un cef­fone. Le loro voci si perdono. Tutto torna silenzioso. Anna è stesa immobile per terra in un silenzio di morte. L'oscurità ha invaso la casa. La porta della cucina si apre ed appare Alfredo con la testa fasciata, in pigiama. Rimane lì, rigido, reggendosi alla porta. Pronuncia piano: «.Mamma ». Vede la figura per terra e allora manda un urlo tremendo e si butta sul pavimento).

Alfredo                            - Mammina! E' Alfredo. Parlami! Mamma! Parlami! (Comincia a piangere forte).

QUADRO QUINTO

INTERLUDIO

(La scena è completamente al buio aWinfuori di un riflesso verde o giallo o blu che illumina i dintorni. Nel bagliore incerto delle ombre emergono e diventano visi­bili prendendo il doro posto dinanzi alla casa di Stopa. Rappresentano i vicini e gli amici di Joe e Anna. Al principio delle voci singole declamano le loro frasi, fino a che tutti i discorsi siano terminati. E allora un mor­morio basso e contenuto cresce fra quella folla e quando sarà diventato corale culminerà con la scena del funerale. Se possibile, la musica deve essere utilizzata a questo punto. Pezzi di canto Gregoriano. Canto fermo che deve sentirsi dolcemente come se lì vicino, fuori della scena, ci fosse un piccolo coro. Quando Padre Michele appare la musica deve allontanarsi. Tutte le frasi seguenti de­vono essere dette piano e con profonda emozione).

 La voce della Prima donna    - Avete sentito? Anna Stopa è stata assassinata!

La voce della Seconda donna (spaventata) E' rimasta per cinque ore immersa nel suo «angue, annegata in un bagno di morte scura.

La voce del Primo uomo (secca) Son tutti come ubriachi, e l'odio rigurgita dalle loro labbra.

La voce del Secondo uomo    - Non c'è stata grazia.

La voce della Terza donna     - E non pietà.

La voce della Quarta donna (in lacrime) La vita è luggita dal suo corpo attraverso il foro di una pallottola.

La voce del Terzo uomo - (tristemente) E Joe disse che non aveva costruito una casa perchè diventasse una tomba!

La voce del Quarto uomo - Ma come si può tacere?

La folla (calma, aspettante) Sh sh sh sh sh...

La voce della Quinta donna (fuori) Comincia, subito.

DI FRONTE ALLA CASA DI STOPA

(Tutto questo avviene mentre le luci vanno rinforzan­dosi, come se il giorno si avvicinasse. Si capisce che il funerale sta per aver luogo. Si vede Joe seduto su una sedia con le gambe fasciate, tiene la testa fra le mani. Maria è seduta per terra con la faccia nascosta contro le ginocchia, le sue spalle sono scosse da silenziosi singhiozzi. Barrelli è davanti al portico, solo. Cupe, ostili facce di uomini affiorano tra la folla. Le donne hanno i fazzo­letti contro là bocca. Immediatamente Padre Michele, vestito con gli abiti talari, compare sul portico e comincia a parlare con voce solenne).

Padre Michele                 - (lento drammatico, con alti e bassi) E così, miei cari figli, ecco perchè la nostra amata sorella, Anna Stopa, ha lasciato questa vita terrena. Nostro Si­gnore, Gesù Cristo, l'ha chiamata presso di sé. Anna, ora, canta insieme agli angeli, su nel cielo...

La Folla                           - (pianissimo) Amen.

Padre Michele                 - Ma mentre noi siamo qui, in lutto, a pregare per la sua pace eterna, non lasciamo che i nostri cuori si riempiano di odio contro i nostri fratelli smarriti che, in un momento di rabbia cieca, hanno versato sangue. (La folla aumenta senza posa) Ricordate, figli miei, tutti hanno peccato! Se una ingiustizia è stata commessa... ci sarà la punizione, lassù, in Cielo, il giorno del giudizio. Diciamo addio alla nostra cara sorella morta, con il cuore pieno di amore. Dimentichiamo i nostri fratelli che hanno peccato dinanzi agli occhi di Dio. Perchè Gesù ha detto che: ...la mercede del peccato è la morte... e dopo la morte...

Barrelli                             - (in preda a una grande agitazione saltella sui gradini del portico) Scusate Padre, se vi interrompo. E' un momento solenne, lo so, ma non mi pare il più adatto per commentare le Scritture...

Padre Michele                 - (tossendo piano) Fratello…

Barrelli                             - Perchè non dite quello che è successo? Non lo sapete, Padre? Oppure è troppo, per voi, dire certe cose?

Padre Michele                 - (impacciato) Sembri dimenticare che questo è...

Barrelli                             - (rapido) Non lo dimentico. (Rivolgendosi alla folla che sta mormorando, alza le mani per invocare il silenzio) Sì, fratelli, Padre Michele ha ragione. Il nostro

 giorno del 'giudizio sta per arrivare! Ma « noi » saremo i giudici. Pos­siamo starcene zitti e lasciare la giustizia in mano ai nostri nemici? No! Quello che è successo ad Anna e u Joe può succedere a tutti noi. Nessuno è sicuro. Ecco perchè dob­biamo stare tutti uniti e...

Padre Michele                 - (lo tocca sulla spalla) Fratello...

Barrelli                             - (si toglie, la mano dalla spalla) Lasciatemi finire, Padre Michele!

Padre Michele                 - Ma il servizio divino...

Una voce di uomo dalla folla - Lasciatelo finire!

Padre Michele                 - (arrabbiato) Siete tutti...

Barrelli                             - (va verso Joe) Ascol­ta, Joe. quello che sto per dire. Tu non sei solo nel tuo dolore. Nei siamo tutti in lutto. Ma la tua An­na non è morta invano. La sua morte ci ha saldati uno all'altro, essa ha fatto sì che, finalmente, ve­dessimo chiaro il pericolo. Noi sap­piamo che gli uomini che l'hanno assassinata rimarranno impuniti e liberi. Noi non siamo istupiditi, im­bavagliati dai loro tribunali, che troveranno sicuramente il modo di scagionarli dei loro delitti! Sono colpevoli! Perchè non li accusia­mo? (Si'volta alla folla) Ascoltate! Ascoltate tutti! Quando si muore in questo modo il mondo ha pietà della nostra morte. Vogliamo della pietà?

La Folla                           - (rumoreggiando) Noooo!

Padre Michele                 - (andando sull'or­lo del portico e facendo cenno con le mani, di far silenzio) Figlioli! Vergogna! Ricordate: Pace per i morti!

Barrelli                             - (andando verso di liti)

                                        - No, Padre! Pace per i vivi. Sep­ pelliamo i nostri morti!

FINE DEL DRAMMA

Alla prima rappresentazione le parti di questa commedia furono così di­stribuite:

Angelo Calabrese (Joe Stopa); Anita Griarotti (Anna, sua mogi:e); Ada Cannavo, Luigi Minasi (Maria, Alfre­do, loro figli); Ezio Banchetti (Duffy, lo sceriffo); Giuseppe Vivoli, Giovan­ni Dolfini, Adolfo Troffardii (Burns, Wells, Murphy, agenti); Giovanni Saccenti (Barrelli); Angelo Bizzarri (Lang, rappresentante); Alfredo Va-relli (Finger, Direttore della Compa­gnia); Rate Furlan (Padre Michele).