Questi sono pazzi

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Questi sono pazzi

di Vincenzo Rosario PERRELLA ESPOSITO

(detto Ezio)

21/03/2017

Personaggi: 9

Virginia      

Enzo           

Francesco  

Letizia        

Gaetano     

Temistocle  

Biagio       

Nunzia      

Mara Caibo

Per definizione, la parola “pazzo” indica una persona che agisce senza piena consapevolezza delle azioni strane che compie. Un tempo i cosiddetti pazzi venivano confinati in strutture (manicomi) che poi sono andati via, via, sparendo, trasformandosi invece in cliniche di cura. Nella storia narrata in questo testo (che in parte è accaduta realmente), una di queste cliniche chiude i battenti. E dove vanno a finire i “pazzi”? Vengono alloggiati in un intero quartiere, in case vuote, in attesa di sapere dove destinarli. Può capitare che però in uno di questi alloggi, vi abiti qualcuno che invece “pazzo” non è, ma inconsapevolmente vive contornato da essi. Tra “pazzi” veri e presunti, ma anche finti, i coniugi Enzo e Virginia si ritrovano in una avventura “pazzesca”! Non mancheranno equivoci, ma anche l’ormai immancabile tradimento coniugale, raccontato ispirandosi ad uno sketch celebre molto conosciuto nella storia del varietà italiano. Cosa c’entra il tradimento coi “pazzi”? Basta leggere e si comprenderà.  

Numero posizione SIAE 233047

Per contatti Ezio Perrella 3485514070 ezioperrella@libero.it    

            Napoli, centro direzionale, casa della signora Nunzia. Alla casa si accede da una comune centrale. A destra una porta conduce in cucina e bagno, a sinistra una porta conduce in camera da letto. In stanza vi è un tavolo contornato da quattro sedie sulla destra mentre sulla sinistra vi sono due sedie davanti ad un tavolino. Alla parete destra una credenza, alle pareti vi sono quadri. All’ingresso un appendiabiti ed un portaombrelli.

ATTO PRIMO

1. [Biagio e Nunzia]

          

              Dal centro, in casa, entrano il dr Biagio Rossi (funzionario del comune) e la

              signora Nunzia (proprietaria dell’immobile).

Biagio:  Cara signora Nunzia, io comprendo il vostro disagio, ma trovo esagerato addirittura

              svendere la casa per un particolare così insignificante.

Nunzia: Insignificante? Voi mi state spiegando una storia così assurda.

Biagio:  E che ci sta di assurdo? Come vi ho spiegato, a Napoli, ha chiuso definitivamente

              un manicomio per mancanza di fondi. E noi del comune siamo stati furbi, così

              abbiamo deciso di inserirli nelle case vuote del centro direzionale di Napoli.

Nunzia: E secondo voi, io avessa abbità ‘int’a ‘nu quartiere ‘e pazzi?

Biagio:  Ma non tutto il quartiere sarà occupato da pazzi, bensì solo qualche isola del centro

              direzionale, tra cui quello dove si trova questa casa.

Nunzia: E già, justo addo’ se trova ‘a casa mia! Dottor Rossi, io me metto appaura.

Biagio:  Chiamatemi Biagio, ci conosciamo da tanto tempo. Ma signora cara, i pazzi in

              questione non sono dei pazzi scatenati, bensì dei pazzi moderati.

Nunzia: E a me nun me ne ‘mporta niente. Io ho messo in vendita la mia casa e nessuno mi

              farà cambiare idea. Nemmeno voi. Perciò, procuratemi un’altra casa.

Biagio:  Signò, ma che mi avete preso per un agente immobiliare? Io sono un funzionario

              del comune di Napoli. A proposito, a quanto l’avete venduta questa casa?

Nunzia: Volevo 250.000 Euro e invece l’ho venduta a 100.000!

Biagio:  Nientedimeno? E la davate a me.

Nunzia: Ma perché, voi la volevate?

Biagio:  Beh, pensandoci meglio, forse è stato meglio che l’abbiate venduta a qualcun altro.

              E come si chiamano i nuovi proprietari?

Nunzia: I signori Virginia e Enzo Esposito. Trattasi di due persone fuori dal comune.

Biagio:  Nel senso che sono persone speciali?

Nunzia: No, nel senso che l’aggio cunusciuto fora ‘o comune ‘e Napoli!

Biagio:  Capisco. E gli avete appioppato… cioè… venduto la casa!

Nunzia: E certamente.

Biagio:  E dove andrete a vivere?

Nunzia: A Casoria.

Biagio:  Avete qualche parente lì?

Nunzia: No, ho scelto un comune a caso, pur di andarmene da qua dentro!

Biagio:  E quando andrete via?

Nunzia: Anche adesso. A proposito, voi ci sapete fare con le fontane del bagno?

Biagio:  Un pochino. Perché?

Nunzia:   Mi dovreste svitare la fontana che sta nel bagno di questa casa.

Biagio:    E che ve ne frega?

Nunzia:   E’ d’oro!

Biagio:    Ho capito. E va bene, andiamo a vedere.

Nunzia:   Grazie, Biagio. Siete stato un amico ad avvisarmi del fatto dei pazzi. (Interessata)

                Ma… voi siete sposato?

Biagio:    Vivo con mia madre. E non ho intenzione né di sposarmi, né di fidanzarmi.

Nunzia:   Meglio così. Andiamo in bagno, per piacere.

                Biagio e Nunzia escono via a destra.

2. [Enzo e Virginia]

                Dalla comune entrano Enzo e Virginia. Hanno una valigia a testa che posano

                appena entrati.  

Enzo:      (Ha uno strano tic vocale: imita il ronzio di un’ape) Zzzzzzz!

Virginia: Enzo, Ma ‘a vuo’ fernì ‘o no, ‘e fa’ ‘stu rummore cu’ ‘a vocca?!

Enzo:       Virgì, nun è colpa mia. Io faccio l’apicoltore! Tengo tutto ‘o juorno le api dint’’e

                rrecchie, e perciò m’è venuto ‘o tic!

Virginia: (Ha uno strano tic: muove la mano come se stesse tagliando qualcosa con forbici,

                accompagnato vocalmente) Zac zac zac!

Enzo:      E allora datte ‘na calmata pure tu.

Virginia: E che vvuo’ ‘a me? Io faccio ‘a sarta e tengo ‘o tic d’’a forbice che taglia!

Enzo:      (Si guarda intorno, sempre facendo il suo tic) Zzzzzzz!…. Virgì, comm’è bella

                chesta casa!

Virginia: Enzo, chesta è ‘a quarantesima vota che venìmme ‘int’a ‘sta casa e tu me dice

                 sempe ‘a stessa cosa! (Tic) Zac zac zac!

                 Continuano a guardarsi intorno e a fare i loro rispettivi tic per qualche secondo.

Enzo:      Zzzzzzz!

Virginia: Zac zac zac!

Enzo:      Zzzzzzz!

Virginia: Zac zac zac!

Enzo:      Beh, jamme a pusà ‘sti valigge, va’.

Virginia: ‘Nu mumento, Enzo, me voglio assettà cinche minute. (Va verso il divanetto

                facendo un altro tic vocale) Tutuuuu! (E vi si siede)  

Enzo:       Ma che d’è, he’ cagnato tic? Ora fai il treno? (Va al divanetto e le siede accanto)

Virginia: E che vvuo’ ‘a me? (Dubbiosa) A proposito, Enzo, ma nun te pare strano che ‘sta

                casa è custata accussì poco?

Enzo:      Ma pecché, pe’ te, cientomila Euro so’ poco?

Virginia: Ma non è il valore di questa casa.

Enzo:      Virgì, ma che te ne ‘mporta? Ma ti fa schifo risparmiare?

Virginia: Tu non dovresti parlare proprio. Potevi cambiare la nostra vita, e invece non ne

                 hai voluto approfittare. Hai salvato la vita al Presidente del Consiglio, mica a un

                fesso qualunque?!

Enzo:      E può darsi pure ch’’o Presidente del Consiglio è fesso.

Virginia: Ma che ce azzecca? Io dicevo così per dire.

Enzo:      Virgì, io ho fatto un gesto che tutti dovrebbero fare. E ne sono fiero.

Virginia: E pure io sono fiera di te, ma tu potevi ottenere un sacco di cose, per esempio

                diventare Presidente della Repubblica.

Enzo:      Ma chi me vota, a me, cu’ ‘stu tic nervuso che tengo?! (Fa il suo tic) Zzzzzzz!

Virginia: Siente, è meglio che me stongo zitta e nun parlo cchiù. Nun me fido ‘e te sentere,

               picciò stattu zitto pure tu.

Enzo:      E stammece zitti. (Dopo una breve pausa, riprende) A proposito, Virgì…

Virginia: Ma nun amme ditto che ce amma sta’ zitti?

Enzo:      E vabbuò, stammece zitti.

Virginia: (Dopo una breve pausa, riprende) Però secondo me, Enzo…

Enzo:      Ma nun amme ditto che ce amma sta’ zitti?

Virginia: E vabbuò, stammece zitti.

Enzo:      (Dopo una breve pausa, fa il suo tic) Zzzzzz!

Virginia: Ma nun amme ditto che ce amma sta’ zitti?

Enzo:      Virgì, m’è partuto ‘o tic. Mica è colpa mia?

Virginia: Ma si’ capace ‘e te sta’ duje minute zitto?

Enzo:      Io sì.

Virginia: Menu male.(Dopo una breve pausa di silenzio, fa un colpo di tosse) Uhm uhm!

Enzo:      Virgì, t’he’ sta’ zitta. Nun te voglio sentì. He’ capito?

Virginia: M’è scappato ‘nu poco ‘e tosse.

Enzo:      E nun t’ha da scappà. Me fa male ‘a capa.

Virginia: Siente, saje che te dico? Nun simme capace ‘e ce sta’ zitti. Jamme ‘int’’a stanza

                ‘e lietto. Voglio vedé quanto è gruosso l’armadio.

Enzo:      E vabbuò.

                I due si alzano in piedi ed escono a sinistra.

3. [Enzo e Virginia. Poi Biagio e Nunzia]

                Da destra tornano Nunzia (che ha una busta in mano) e Biagio.

Nunzia:   Biagio, grazie che mi avete preso la fontana del bagno e della cucina.

Biagio:    (Affaticato) Prego, prego, signò. Adesso me ne posso andare.

Nunzia:   No, veramente ci sarebbe un’altra cosa che dovreste fare per me.

Biagio:    E cioè?

Nunzia:   Dobbiamo andare in camera da letto. Mi dovreste smontare le tende.

Biagio:    Che cosa? Signò, ma perché non chiamate qualcuno? Gli date 10 Euro e lui vi fa

                tutti i lavoretti che volete.

Nunzia:   Ma io non conosco a nessuno. Se volete, i 10 Euro li posso dare a voi!

Biagio:    E che me n’aggia fa’? Io guadagno 2000 Euro al mese!

Nunzia:   E allora gratis. Consideratelo come un piacere ad una donna sola.

Biagio:    Ma vi pare che un funzionario del comune può smontare rubinetti e tende?

Nunzia:   Ma perché, a casa vostra non si smontano i rubinetti e le tende?

Biagio:    Ma non è questione. Vabbuò, signò, però facciamo presto perché ho fretta.

Nunzia:   E nun gghiate ‘e pressa. Ricordatevi che la fretta è stressante e lo stress può anche

                far venire l’infarto!

Biagio:    (Facendo le corna) E’ meglio che gghiamme a smuntà ‘e ttende.

Nunzia:   (Indica a sinistra) Per di qua.

                I due si avviano a sinistra ma si imbattono in Enzo e Virginia che tornano.

Virginia: Jamme a piglià ‘e vvalige.

                I quattro si bloccano: Biagio e Nunzia di fronte a Enzo e Virginia.

Biagio:    (A Nunzia) E chi sono loro?

Enzo:      (Fa il tic nervoso)Zzzzzzz!

Virginia: (Fa il tic nervoso)Zac zac zac!

Biagio:    (Impressionato)Uh, mamma mia, ‘e pazzi già so’ arrivati?

Vir&En: ‘E pazzi?

Nunzia:   No, quali pazzi? Questi sono i nuovi proprietari della casa.

Virginia: Buongiorno, signora Nunzia.

Enzo:       Il vostro armadio fa schifo!

Nunzia:   Come?

Enzo:       E’ piccerillo.

Virginia: Non gli date retta. Per adesso va bene quell’armadio. Poi lo compreremo nuovo.

Nunzia:   Ho capito. Intanto vi presento il dottor Biagio Rossi, funzionario del comune.

Enzo:      (Lo osserva bene) Overamente? Chillo pare ‘nu stagnaro!

Nunzia:   Ehm… e sì, lui ha fatto qualche lavoretto per me.Dottor Biagio, presentatevi.

Biagio:    Piacere. Scusate, non mi ricordo come si chiamano.

Virginia: Chi?

Biagio:    Voi.

Virginia: Io mi chiamo Virginia Esposito. Pensate, che io mi chiamavo Esposito già da

                signorina. Poi ho conosciuto a mio marito che si chiama pure lui Esposito.

Enzo:       E già, io sono Enzo Esposito. Ma voi ci pensate, pure mio padre si chiama

                 Esposito di cognome! E pure mio fratello!

Biagio:    (Sottovoce a Nunzia) Signora, voi siete sicura che questi non sono pazzi?

Nunzia:   (Sottovoce) No, no, io li conosco.

Biagio:    (Sottovoce a Nunzia) Ve li hanno presentati come sani di mente?

Nunzia:   (Sottovoce) Sì!

Enzo:       Guardate, che vi ho sentito. Come mai pensate che non siamo sani di mente?

Virginia: Ma voi ci pensate? Voi state parlando con un super eroe: mio marito.

Biagio:    (Ironico napoletanamente) E’ arrivate Batmàn! E perché sarebbe un super eroe?

Virginia: Perché ha salvato la vita al Presidente del Consiglio in persona!

Biagio:    All’anema d’’o fesso! E non si poteva fare i fatti suoi?!

Enzo:       Néh, signò, scusate, ma è rrobba vosta ‘stu funzionario? Appartiene a vuje?

Biagio:    Come vi permettete? E’ meglio che me ne vado. (Va verso la comune e intanto

                parla ai due) Badate bene che io sono una persona coi piedi ben saldi a terra!

                 Inciampa sulle valigie di Enzo e Virginia e finisce a terra. Poi si rialza in piedi e

                commenta polemicamente ad alta voce verso Nunzia.

                Signò, questi sono più pazzi dei pazzi che devono abitare in questo palazzo!

                Esce via a passo spedito.

Enzo:      (Dubbioso) Scusate, signò, quali pazzi?

Nunzia:   Ehm… ma no, non ci fate caso, quello diceva cose senza senso. Ma

                accomodiamoci. Che ci facciamo in piedi?

                I due si siedono sul divanetto, Nunzia su una sedia che accosta verso loro.

                Scusatemi se non vi faccio il caffè, ma ho già posato molte delle mie cose in

                scatoli che poi devo portare nella mia nuova casa.

Virginia: Meglio accussì, signò. Io e mio marito beviamo solo camomilla.

Nunzia:   A proposito, ma ho notato che a stare in questa casa siete venuti in anticipo. Io vi

                avevo detto di venire dall’ultimo giorno di febbraio.

Virginia: E oggi ne abbiamo 28.

Nunzia:        Sì, ma voi dovevate venire il 31 febbraio!

Virginia:      Signò, ma febbraio nun è maje fernuto ‘e 31.

Nunzia:        Allora il 30.

Virginia:      No.

Nunzia:        Allora il 29.

Virginia:      No, febbraio dura 28 giorni. Qualche volta pure 29, ma non quest’anno.

Nunzia:         Che guaio! La mia casa è agibile dal 1° marzo. E io adesso dove me ne vado?

Virginia:       E domani è il primo marzo. Se volete, vi potete stare qua a dormire stanotte.

Enzo:            E già, ve mettite ‘nmiezo a me e a mia moglie.

Nunzia:        No, ma che dite? Io in mezzo a voi?

Enzo:            E che fa? Non sconvolgete nessuna privacy. Tanto, io e mia moglie ci

                     ignoriamo, di notte. Non ci calcoliamo proprio più.

Virginia:      Ormai abbiamo abbandonato le armi.

Nunzia:        Sentite, io potrei pure accettare, ma poi dico… e i pazzi?

Virginia:      Ancora con questi pazzi? Ma quali pazzi?

Nunzia:        No, cioè, volevo dire: è una idea da pazzi.

Virginia:       Ma no, signora, venite con me e ci organizziamo. Mi offendo se non accettate.

                     In fondo, si tratta di dormire nella vostra casa. Di che cosa avete paura?

Enzo:           Mica ci stanno i fantasmi?

Nunzia:        No, ci sta di peggio!

Virginia:      E cioè?

Nunzia:        Ehm… nessuno. Sentite, se mi lasciate andare via, io vi faccio un ulteriore

                     sconto sulla casa: invece di 100.000 Euro, ve la dò per 50.000!

Virginia:      (Si alza in piedi e la prende per un braccio) Ma non scherzate. (La fa alzare in

                     piedi) Forza, venite con me.

Nunzia:        Vi faccio un’ultima offerta: 10.000 Euro!

Virginia:      No, non vogliamo nessuno sconto. Vogliamo che vi state qua con noi.

Nunzia:        300 Euro!

Virginia:      No, niente!

Nunzia:        Vi regalo 5.000 Euro!

Virginia:      Niente! Andiamo!

                     La tira via con sé a destra. Enzo si alza in piedi e si organizza.

Enzo:            E vabbuò, famme purtà ‘e vvaligge ‘int’’a stanza ‘e lietto. (Le va a prendere)

                      E comme me sfastidio d’’e purtà. ‘Stu fatto m’innervosisce a me. (Tic) Zzzz!

                      Esce a sinistra.

4. [Enzo, Temistocle e Gaetano]

                      Dalla comune entrano due strani figuri con gli occhi spiritati, vestiti in modo

                     trasandato: Temistocle (che ha un quotidiano in mano) e Gaetano.

I due:           (Ridono come due pazzi) Ahahahahahah!

                     Poi ad un tratto smettono e parlano tra di loro.

Temistocle: (Parla in modo poetico) Hai visto il giornale? E’ quell’oggetto poetico che

                     molto poeticamente fornisce delle notizie poetiche…

Gaetano:     (Seccato) Oh, e basta! Che ce sta ‘ncoppa a ‘stu giurnale?

Temistocle: (Glielo mostra) Quest’uomo poetico!

Gaetano:     (Si fa domande e si risponde da solo) Sì, è lui. Abita in questa casa. Come lo

                     so? Me lo ha detto il mio amico Perrella. Chi è Perrella? Ma a te che te ne  

                     ‘mporta? Me lo ha detto e basta.

Temistocle: Io penso che questo Enzo Esposito meriti un premio poetico. Non capita tutti i

                     giorni di salvare con poesia il Presidente del Consiglio dei Ministri italiano.

Gaetano:     Caro collega Temistocle, ma certamente, si capisce che questo Enzo Esposito

                     merita un premio. E chi glielo dà questo premio? Noi. E chi siamo noi?

                     Rappresentanti dello Stato.

Temistocle: E allora cerchiamo questo poeta dell’essenza umana.

Gaetano:      Subito.

                     Escono a destra. Da sinistra torna Enzo, molto stanco.

Enzo:           Valige posate e schiena mia piegata in due! (Si siede sul divanetto) Ma chi me

                     l’ha fatte fa’? Io stevo tantu bello ‘e casa a Furcella! Mannaggia a muglierema.

                     Da destra tornano Gaetano ed Temistocle che notano Enzo coi loro occhi

                     spiritati. Gli vanno dietro e lo ascoltano mentre lui conclude il suo monologo.

                     S’è fissata ch’aggio salvato ‘o Presidente d’’o Consiglio e m’aggia sentere ‘na

                     perzona importante. Ma io già lo sono!

I due:           (Ridono come due pazzi) Ahahahahahah!            

Gaetano:     (Si spaventa e salta in piedi e va verso il tavolo) Chi è? (Nota i due)

Temistocle: Perché siete scappato? Tornate subito qui.

Gaetano:      E va bene. (Va lentamente verso i due) Scusate, ma voi chi siete?

Temistocle: Io mi chiamo Temistocle Temistocle, detto Temistocle! 

Gaetano:      E io sono Gaetano Gaetano, detto Gaetano!

Enzo:            E io sono Enzo Esposito, detto “’O scemo” da mia moglie!

Temistocle: Tutti i mariti del mondo sono definitipoeticamente“’O scemo” dalle proprie

                      poetiche mogli!

Gaetano:      E che mestiere fate?

Enzo:           (Fa il suo tic) Zzzzzzz!

Gaetano:      Ma che è? E’ entrata un’ape?

Enzo:            No, non ci fate caso, mi è venuto un tic nervoso.Io faccio l’apicoltore. Lo so,

                      dovrei vivere in campagna, ma non posso perché sono allergico ai fiori!

Gaetano:      Ho capito. Lo sapete, anche io vorrei fare l’apicoltore. E perciò tengo una

                      domanda per voi: ma fino a quante api si possono mettere in un alveare?

Enzo:            (Perplesso) Boh! E chi l’ha maje cuntate? Del resto, come si fanno a contare?

Gaetano:      Per me, si misurano al chilo!

Enzo:            (Ironico) Ma che l’avìte pigliate pe’ caramelle? Allora che si fa? Vengo da voi

                      e vi dico: “Scusate, mi date un chilo e mezzo di api?”!

Gaetano:      Ma io ve ne dò pure due chili!

Enzo:            Va bene, lasciamo stare. E come posso esservi utile?

Gaetano:      Noi abbiamo saputo che voi avete poeticamente salvato il poetico Presidente

                      del Consiglio dei Ministri italiano.  

Temistocle: E la domanda sorge spontanea: confermate tale salvataggio? La risposta è sì!

Enzo:           Sentite, signor Testicolo…

Temistocle: Che Testicolo? Temistocle!

Enzo:           Ecco, appunto. Io vi chiedo: come mai volete sapere del mio salvataggio?

Gaetano:     Perché io sono il Presidente del mondo.

Temistocle: Ed io sono il Presidente dell’universo!

Enzo:           (Sconvolto) No!

I due:           Sì!

Enzo:           ‘E che mazzo!Nientemeno in casa mia ci stanno due autorità così importanti.  

                     E perché, poi?

Temistocle: Perché voi siete un uomo molto poetico. E noi volevamo dirvelo poeticamente.

Gaetano:     E volete sapere se ci sarà un premio per il vostro geto eroico? La risposta è sì.

                     Volete sapere di che cosa si tratta? E noi ve lo diciamo tra poco.

Enzo:           Aspettate, andate piano che mi state stonando. Io devo ricevere un premio per

                     aver salvato la vita al Presidente del Consiglio?

Gaetano:     Avete capito benissimo.

Temistocle: Con poesia!

Enzo:           Ma io non credo di meritare tanto. Di che cosa si tratta?

Gaetano:     Se ritenete di non meritarlo, perché lo volete sapere?

Enzo:           E va bene, sì, me lo merito. Ma di che cosa si tratta?

Gaetano:     Vi faccio una domanda: quando voi volete comprare qualcosa, come la pagate?

Enzo:           Con i soldi.

Temistocle: Oppure con un poetico assegno. E per questo serve un carnet*.            (leggi carné)

Gaetano:     E dove si prende il carnet*?

Enzo:           Inbanca.    

Gaetano:     Ma quala banca? ‘Ocarnet* se piglia add’’o macellaro!

Enzo:           (Per nulla convinto) Ah, ecco.

Temistocle: Collega, forse è meglio che cambiamo esempio. Sii più diretto.

Gaetano:     E va bene. Signor Enzo, voi avete mai desiderato di poter possedere tutti gli

                     oggetti del mondo gratis?

Enzo:           L’ho desiderato, ma è ‘na cretinata!

Gaetano:     La domanda è: da oggi non è più una cretinata? E’ possibile? Si può fare?

Enzo:           Non si può fare.

Gaetano:     La risposta è: non si può fare.

Enzo:           E io ch’aggio ditto?

Gaetano:     Ma grazie al vostro gesto, si può fare. (Puntualizza) Voi lo potete fare.

Enzo:           Aspettate ‘nu mumento, in che senso “voi lo potete fare”? Cioè, voi volete dire

                     che io posso ottenere tutte le cose nel mondo gratuitamente?

Temistocle: Poeticamente!

Gaetano:     Vita natural durante!

Temistocle: Ma anche dopo morto!

Gaetano:     E questo grazie al nostro numero verde interplanetario: 800.22.23.29.

Temistocle: No, no, il numero giusto è 081/22.23.29. Se lo contattate poeticamente, ogni

                     volta che volete, la nostra operatrice ve la farà avere gratis e poeticamente.  

Enzo:           Scusate, che cosa mi farà avere?

Temistocle: La cosa che desiderate. Vi serve una casa poetica? Chiedetela!

Gaetano:     Benissimo, allora tanti auguri!

Temistocle: E vi raccomando, guardate la vita con poesia!

Gaetano:     E non vi dimenticate di me perché io sono il Presidente del mondo.

Temistocle: Ma io sono più importante perché io sono il Presidente dell’universo!

Gaetano:     No, no, no, io sono più importante. Tu sei una nullità nei miei confronti.

Temistocle: Tu si’ ‘a scumma d’’a munnezza umida che s’accumula sotto ‘o bidone

                    ‘nmiezo ‘a via!

Gaetano:     E tu si’ ‘na mappata ‘e mappine ammappuciate vicino a ‘na fognatura!

Enzo:           No, no, non litigate, adesso. 

Temistocle: ‘O gabinetto d’’a casa mia è cchiù bello ‘e te!

Gaetano:     Faccia ‘e bidet!

                     Enzo li accompagna verso il centro mentre litigano e intanto fa il suo tic.

Enzo:           Zzzzzz!Signoriiii!

Temistocle: (Offende Gaetano) Gabinetto appilato!

Gaetano:     (Offende Temistocle) Fognatura fetente!

                    Escono via.

5. [Virginia e Nunzia. Poi Mara Caibo]

                   Da sinistra tornano Virginia e Nunzia (che si nasconde dietro di lei).

Virginia:    Signora Nunzia, entrate, entrate.

Nunzia:      Signora Virginia, non ci sta nessuno?

Virginia:    No, ma perché?

Nunzia:      No, dico, non è entrato qualche personaggio pericoloso?

Virginia:    Per adesso no, però bisognerà far riparare la porta di ingresso.

Nunzia:      (Le si appaia a fianco) Nun veco ll’ora che me ne vaco ‘a casa mia.

Virginia:    (Dubbiosa) Ma pecché, signò? Ch’è stato?

                   Non notata dalle due, in casa, entra Mara, agente immobiliare.

Nunzia:      Niente. Quando uno tiene una casa nuova, ha voglia di andarci. Tutto qua.

Mara:         (Avvicinandosi alle due) Brava signora!

Le due:      (Si spaventano e si abbracciano, gridando) Aaaah!

Mara:         Non vi spaventate, sono soltanto io.

Virginia:    E chi siete?

Nunzia:      Non importa chi sia, la cosa più importante è: state bene con la testa?

Mara:         E certo che sto bene. Io sono un agente immobiliare. Permettete? Mara Caibo.

Nunzia:      Mara Caibo? Ma allora mò ve mettite a cantà?

Virginia:    Signò, ma stàteve zitta! Sentite, signora Mara, che cosa possiamo fare per voi?

Mara:         Cara signora Maria.

Virginia:    Quale Maria? Io mi chiamo Virginia.

Mara:         Ecco, appunto. E cara signora Anna.

Virginia:    No, si chiama Nunzia.

Nunzia:      Signò, ma pecché ata fa’ sap ‘e fatte mie ‘e ggente?

Virginia:    Ma pecché, che ce sta ‘e male?

Nunzia:      Quello ha usato una tecnica per sapere i nostri nomi, sbagliandoli volutamente.

Mara:        Brava signora, avete indovinato. E vi dirò che sono qui perché ho saputo che

                   questa casa si vende.

Virginia:    Già è venduta.

Mara:         E chi l’ha comprata? La signora Nunzia?

Nunzia:      P’ammore ‘e Dio!

Mara:         In che senso?

Nunzia:      No, nel senso che io l’ho venduta alla signora Virginia.

Mara:         E la signora Virginia non vuole mettere in vendita questa casa?

Virginia:    E io mò me l’aggio accattata. Sono appena arrivata. Pago pure il mutuo.

Mara:         E allora non ve la volete prendere in affitto? Pagate il mutuo e l’affitto!

Virginia:    Ma vuje site scema?

Mara:          Allora facciamo così: alla signora Nunzia serve una casa?

Virginia:     Già me la sono accattata a Casoria.

Mara:          Benissimo, questa è una buona occasione per affittarla a qualcuno. Vi porto io

                     il potenziale cliente. E’ mio fratello.

Nunzia:       (Allettata) Uh, sì, sì, me piace ‘stu fatto.

Virginia:     Aspettate,ma nun è possibile.

Nunzia:       E pecché? 

Virginia:     E pecché si v’affittate ‘a casa vosta, vuje addo’ ve ne jate a abità?

Nunzia:       E già, giusta domanda.

Mara:          Ma il problema non sussiste: la casa ve la do io.E’ in affitto. Sta a Scampia.

Nunzia:       Affare fatto!

Mara:         (Dalla tasca della giacca prende un biglietto da visita) Questo è il mio

                    biglietto da visita. Quando mi volete, cercatemi pure. E anche voi, signora  

                    Virginia. Può darsi che vogliate cambiare casa.

Virginia:     Nun ce tengo proprio.

Mara:          Non si può mai sapere nella vita. Arrivederci e buona giornata.

                    Mara esce via celermente.

Virginia:     Signora Nunzia, ma ch’avite cumbinato? Ve site fatta scemulì ‘a chella tizia?

Nunzia:       Signò, ‘a verità proprio? Io me so’ misa appaura. E si chella era ‘na pazza?

Virginia:     Ma quala pazza? Quella adesso vi affitta un’altra casa.

Nunzia:       E nun fa niente. Preferisco pagare due case, piuttosto che avere a che fare coi

                    pazzi. Quelli mi fanno paura.

Virginia:     Signò, ma ci sta qualcosa che non mi avete detto?

Nunzia:       No, no, niente.

Virginia:     Guardatemi negli occhi. (Fa un tic con gli occhi: li chiude e li apre in fretta)

Nunzia:       E non vi posso guardare negli occhi. State facendo un tic nervoso strano.

Virginia:     Mannaggia, io sono piena di tic nervosi. Vabbé, cambiamo discorso. Non ci sta

                    niente da mangiare in casa? Io e mio marito ancora dobbiamo fare la spesa.

Nunzia:       Mi pare che sono rimasti alcuni formati di pasta. Per esempio le tagliatelle.

Virginia:     (Fa il tic nervoso del taglio) Zac zac zac!

Nunzia:       E pure i maltagliati.

Virginia:     (Fa il tic nervoso del taglio ) Zac zac zac!

Nunzia:       Signò, ma vuje state inguaiata.

Virginia:     E mio marito no? Ch’amma fa’? Abbasta che stamme buono in salute.

                    Escono a destra.

6. [Enzo e Francesco. Poi Letizia]

                    Dal centro torna Enzo, sempre col suo tic nervoso, insieme ad un uomo ben

                    vestito e con occhiali da vista eccentrici (ed occhi spiritati).

Enzo:          Zzzz zzzz!

Francesco: Mio caro signor Enzo, voi state rovinato!

Enzo:          Scusate, ma voi chi siete?

Francesco: Io sono il figlio della psicanalisi. Voi conoscete Freud? 

Enzo:          Chi è? L’amministratore d’’o palazzo?

Francesco: No, è il padre della psicanalisi.Voi sapete cos’è la psicanalisi?

Enzo:          E’ la figlia di questo Alfredo!

Francesco: Ma che Alfredo? Freud! Sdraiatevi sul divanetto, che così vi analizzo.

Enzo:          A me?

Francesco: E forza! (Lo spinge verso il divanetto)

Enzo:          E un momento. (Si sdraia sul divanetto e si slaccia il polsino della camicia)

                    Ecco qua, il mio braccio è a vostra disposizione.

Francesco: Per che cosa?

Enzo:          Mi dovete fare l’analisi del sangue? Le urine ve le faccio dopo.

Francesco: Ma qualu sango? Qual’urine? Io vi analizzo la personalità. (Gironzola) Forza,

                    apritevi pure. Io vi ascolto.

Enzo:          Mi devo aprire? 

Francesco: E certo. Io devo vedere il vostro interiore.

Enzo:          E vabbé. (Si alza in piedi e comincia a sbottonarsi i pantaloni) Però voglio

                    precisare che spogliato faccio schifo! 

Francesco: Ma non così. Io intendo che voi dovete parlare, così io analizzo la vostra psiche

                    come psicanalista.

Enzo:          (Si ricompone e si sdraia) Ah, e io che ne saccio? Dite pure.

Francesco: Parlate pure, orsù. Al dottor Francesco De Paperis potete dire tutto.

Enzo:          Dottor Francesco De Paperis? E va bene. Dunque, dovete sapere che…

Francesco: (Spalanca gli occhi e gli punta il dito contro) Sì, sì, sì, ho capito tutto!

Enzo:         (Si siede intimorito sul divanetto) Ma io nun aggio ditto ancora niente. 

Francesco: E invece sì, avete parlato troppo. E sapete qual è il risultato delle mie analisi su

                    di voi? (Con furore) Caro signore, dovete sapere che Rockerduck è il peggior

                    nemico di Paperino. Tutti pensano che sia la Banda Bassotti, ma non è così!

Enzo:          (Si alza in piedi timoroso) Ehm… e questo fatto c’entra con me?

Francesco: Ma certo. Voi dovete uccidere Paperino!

Enzo:          Ma Paperino è un cartone animato. Io non li posso nemmeno vedere per colpa

                    di mia moglie.

Francesco: E perché?

Enzo:          E quella si guarda il romanzo su Canale 5. Quello là americano. Come si

                    chiama? Brufl!

Francesco: Beautiful!

Enzo:          Questo qua che dite voi.

Francesco: Ma voi non sapete che Capitan Uncino e Peter Pan in fondo erano amici.

Enzo:          No, quando mai? Erano nemici.

Francesco: (Sentenzia) Caro signore, voi avete dei problemi psicologici. Mi dispiace, ma vi

                    serve una visita al giorno dal sottoscritto.

Enzo:          E tanto, io tengo tutto pagato. Non spendo nemmeno un soldo.

Francesco: E perché?

Enzo:          Ho salvato la vita al Presidente del Consiglio. 

Francesco: Voi siete pazzo!  

Enzo:          Io? Ma io v’’o giuro, aggio salvato overamente ‘a vita ‘o Presidente.   

Francesco: Voi l’avete salvata a Dumbo l’elefante volante!

Enzo:          (Tra sé e sé) Azz, ‘o Presidente d’’o Consiglio se chiamma Dumbo?

Francesco: Certo! Bene, adesso vado da altri pazienti. E ricordatevi una cosa: Clarabella e

                    Minnie non sono cognate, altrimenti Pippo e Topolino sarebbero fratelli!

                    Ed esce via di casa.

Enzo:          Ma che sta dicenno, chillo? (Va a sedersi sul divanetto) Certo che però questa

              casa è molto frequentata. Non ci abbiamo messo nemmeno piede, già ci sta tutta

              questa gente.

              Intanto dal centro, silenziosa, entra Letizia. Ha gli occhi sbarrati, una giacca,

              camicia, pantalone, ma senza scarpe (piedi nudi completamente). Gli si

              avvicina da dietro mentre lui parla ancora.

              Speriamo che sia sempre tutta gente calma e tranquilla come quella che è entrata

              fino a adesso! E…

              Letizia gli siede a fianco e si fa gli affari suoi, con le mani sulle ginocchia. Lui la

              osserva, poi guarda bene i piedi nudi e parla tra sé e sé.

              E mò chi è, chesta?

Letizia: (Ad un certo punto comincia a fare lo stesso tic di Enzo) Zzzz zzz zzz!

Enzo:    Azz, chesta fa ‘o stesso mestiere mio!

Letizia: Uh, scusate, vi ho dato fastidio?

Enzo:    No, no, per carità, è solo che non vi ho sentita di entrare.

Letizia: Mi chiamo Letizia, ma per tutti sono “cento facce”, per la mia capacità di cambiare

              umore e espressioni del viso in un secondo!

Enzo:    Veramente? Fate vedere.

Letizia: (Fa alcune smorfie col viso) Avete visto?

Enzo:    (Non molto convinto) Vedo, vedo!

Letizia: E voi come vi chiamate?

Enzo:    Enzo. Ma voi abitate in questo palazzo?

Letizia: Sì, al piano di sotto.Ma in questo momento non sto venendo da casa mia. Sono

              andata a fare la spesa sulla Luna.

Enzo:    Sulla Luna? Mah!E scusate, ma avete lasciato le scarpe fuori alla porta? 

Letizia: No, non le tengo proprio. Non le uso, perché le scarpe si sporcano troppo

              facilmente. Con tutta la fetenzia che c’è in strada!

Enzo:    E allora caso mai non si sporcano le scarpe, ma i piedi si sporcano.

Letizia: (Alza le gambe ed esibisce i piedi) Vi sembrano sporchi?

Enzo:    No!

Letizia: (Abbassa le gambe e i piedi) E allora?

Enzo:    E vuje ve vestite accussì elegante, ma cammenate senza scarpe?

Letizia: Vi da fastidio?

Enzo:    Nun me passa manco p’’a capa! A proposito, ma come posso esservi utile?

Letizia: Nun me dicite niente, io vorrei andare ‘int’’o bagno.

Enzo:    Vi scappa? Andate lì in fondo a destra.

Letizia: (Si alza in piedi) Sentite, ma mica lo spostate il bagno? Lasciatelo sempre dov’è.

Enzo:    E se capisce, mica ‘o pozzo mettere ‘o posto d’’a cucina? (Poi si alza in piedi,

              dubbioso) Scusate, ma perché?

Letizia: Perché io vengo tutti i giorni nel vostro bagno.

Enzo:    Tutti i giorni? Ma pecché, vuje nun ‘i tenite ‘o bagno ‘a casa vosta?

Letizia: Certo che ce l’ho, però non lo voglio sporcare.

Enzo:    E vulìte spurcà ‘o bagno mio?

Letizia: (Divaga) Caro mio, ricordatevi una cosa: quando il cuculo dice all’allodola che il  

              suo nido è pieno di vespe, l’allodola non canta per delicatezza. Intanto il castoro è

              morto e sull’albero ci sale soltanto lo scoiattolo. Lo terrete in mente?

Enzo:    (Interdetto) Sì!

Letizia: Bravo!

                 Ed esce via a destra. Enzo è perplesso.

Enzo:       ‘O cuculo? L’allodola? ‘O castoro? ‘O scoiattolo? Ma che cacchio steva dicenno,

                 chella? Ma chi è? Forse è meglio che vaco a controllà.

                 Esce pure li a destra.

7. [Virginia, Nunzia e Gaetano. Poi Enzo. Infine Letizia]

                  Dal centro entra Gaetano. Va a sedersi sul divanetto, con gli occhi sgranati. Si

                  ciondola avanti e indietro, pronuncia frasi sconnesse di canzoni senza cantarle.

Gaetano: ‘O sarracino… ‘o sarracino… che bellu guaglione… siente a me chi t’’o ffa fa’!           

                  ‘O russo quanno vede ‘a rossa le vene ‘a mossa! E sì, le vene proprio ‘a mossa!

                  E continua a ciondolarsi. Da sinistra torna Nunzia (sempre timorosa).

Nunzia:     Basta, non posso stare sempre appresso alla signora Virginia. In fondo ancora

                  devono arrivare i pazzi, in questo quartiere. E… (Nota Gaetano ciondolarsi)

Gaetano: (Riprende il monologo) Ma tu vulìve ‘a pizza… ‘a pizza… ‘a pizza… cu’ ‘a

                  scarola ‘ncoppa!

Nunzia:    No, ‘a pummarola.

                 Si volta e la nota, poi si alza in piedi. Nunzia si duole di aver parlato.

                 Oddio, ch’aggio fatto?

Gaetano: (Avvicinandosi a lei con gli occhi sgranati) Brava, signora, brava. ‘A pummarola.      

                 Ma quando io avevo scritto questa canzone, avevo pensato pure al friariello. E      

                 perché no? Pure al peperone! Ma alla fine la pummarola ha vinto.

Nunzia:    Ma… perché, voi avete scritto questa canzone?

Gaetano: Io ho scritto tutte le canzoni del mondo.

Nunzia:    Veramente? Signora Virginiaaaa, currite accà!

Gaetano: No, “Signora Virginia” nun l’aggio ancora scritta. Come fa?

Nunzia:    E come fa? (Si inventa un motivetto) “Signora Virginia, currite ‘a parte ‘e ccà /

                  Ce sta ‘nu pazzo! Ce sta ‘nu pazzo!”…

Gaetano: No, non mi piace.

Nunzia:    (Non ne può più) Scusate, io devo andare.

Gaetano: Dove?

Nunzia:    Al Festival di Sanremo!

                  Nunzia esce via di casa di corsa. Gaetano torna verso il divanetto.

Gaetano: ‘A signora se n’è gghiuta, ma ‘a canzona nun c’era male. Sai che faccio? Io me la

                  rubo. (Si risiede, si ciondola avanti e indietro e canta un motivetto improvvisato)

                  “Signora Virginia, currite ‘a parte ‘e ccà / Ce sta ‘nu pazzo! Ce sta‘nu pazzo!”…

                  Da destra torna Virginia che ha ascoltato la canzone.

Virginia:  Ma chi è chillo? Pecché sta cantanno dint’’a casa mia? Mica sarrà ‘nu pazzo?

                 Gaetano si volta e la nota, poi si alza in piedi. Virginia si duole di aver parlato.

                 Oddio, ch’aggio fatto?

Gaetano: (Avvicinandosi a lei con gli occhi sgranati) Brava, signora, brava. Dint’a ‘sta casa      

                 ce sta ‘nu pazzo. Voi siete sposata?

Virginia:  Ehm… sì.

Gaetano: Bene, il pazzo è vostro marito che vi ha sposato!

Virginia:  (Impressionata) A me? Enzo, curre ‘a parte ‘e ccà! Ovunque tu sia.

Gaetano: E chi è Enzo?

Virginia:  ‘O pazzo!

Gaetano: E allora lo dobbiamo cacciare via. Prendete una scopa e del DDT!

Virginia:  Ma che d’è, ‘nu scarrafone?

Gaetano: Peggio!

Virginia:  Scusate, ma guardandovi bene, io vi conosco.

Gaetano: Già, noi ci conosciamo. Ma adesso non posso parlare. Ci sta vostro marito.

Virginia:  E infatti. Però non dite nulla. Anzi, scusatemi,ho lasciato la macchina in doppia

                 fila. Vado a spostarla. Con permesso.

                 Virginia esce via di casa di corsa.  

Gaetano: Signò, addo’ jate? ‘O pazzo nun l’avìte cacciato cchiù? Allora aggia dicere ‘a

                 verità? Se lo vedo, lo caccio io. Mi serve subito una scopa. Dove la trovo?

                 Esce a sinistra. Da destra torna Enzo.

Enzo:       Ma che cacchio sta cumbinanno, chella, ‘int’’o bagno mio? (Va verso il

                 divanetto) Dopo aver fatto la pipì… se sta lavanno ‘e diente cu’ ‘o spazzolino

                 mio! E tutto questo con la porta del bagno aperta!

                 Da sinistra, da dietro, torna Gaetano con una scopa in mano, occhi sgranati, lo

                 osserva mentre lui (ignaro) prosegue il suo monologo.

                 Però in questa casa stanno entrando dei personaggi strani. Devo riparare la porta,         

                 se no entra qualche pazzo. E quando buono, buono, ce dongo ‘na scopa ‘ncapa!

Gaetano: Giusto!

                 Gli dà la scopa in testa e Enzo si alza in piedi subito.

Enzo:       Ahia! Ma chi è stato?

Gaetano: Ce sta ‘nu pazzo, e ai pazzi si dà la scopa in testa!

Enzo:       Un momento, ma io vi conosco, voi siete il Presidente del mondo. Siete venuto  

                 prima insieme al Presidente dell’universo!

Gaetano: Siete proprio pazzo!

Enzo:       Io?

Gaetano: Sì, vuje!

Enzo:       Ma cosa dite?  

Gaetano: Via, fuori da questa casa, o si no ve scasso ‘a mazza d’’a scopa ‘nmocca!

Enzo:       Mamma miaaaa!

                 Gaetano rincorre Enzo fino a fuori casa, poi torna soddisfatto.

Gaetano: Ecco qua, ho cacciato il pazzo ed ho chiuso pure la porta di casa.(Torna a sedersi

                 sul divanetto e si ciondola avanti e indietro, dicendo frasi a vanvera) ‘O sole

                 mio… ‘o sole mio… ‘o sole mio…

                 Da destra torna Letizia, occhi spalancati, sempre a piedi nudi, dice stranezze.  

Letizia:    Dicette ‘o pettirosso vicino ‘a noce: damme ‘o tiempo che te faccio ‘nu pertuso ‘e           

                 chesta manera! (Facendo segno con le mani)

Gaetano: (Si volta verso Letizia, si alza e va da lei) No, no, signò, nun è ‘o pettirosso che

                 ffa ‘o purtuso ‘ncoppa ‘a noce. E’ ‘o formichiere!

Letizia:    ‘O vero? Strano, a me me pare ch’è ‘o pettirosso. (Lo osserva) Ma vuje chi site?

Gaetano: Io so’ Gaitano. E vuje?

Letizia:    Letizia.

Gaetano: (Le osserva i piedi nudi) Ma ‘e scarpe addo’ stanne?

Letizia:    Nun ‘e ttengo.

Gaetano: Ma mica pe’ caso site pazza?

Letizia:    No. E vuje?

Gaetano: Io tengo la scopa in mano! E chi tene ‘a scopa ‘nmana, nun po’ essere pazzo!

Letizia:    Ma mò pecché me state guardanno cu’ chist’uocchie chine ‘e sango?

Gaetano: Pecché aggio deciso che v’aggia caccià d’’a casa mia!

Letizia:    Chesta nun è ‘a casa vosta. E’ ‘a casa d’’o signor Enzo.

Gaetano: Enzo? Nun ‘o cunosco.Ah, forse è chillu pazzo ch’aggio cacciato primma.

Letizia:    Pazzo?

Gaetano: Sì!

Letizia:    Nun se capisce cchiù niente. Neanche in casa propria si riesce a stare tranquilli.

Gaetano: E vuje state ancora ccà? Ve n’ata i’!

Letizia:    Noooo!

                 Esce via a sinistra, inseguita da Gaetano.

8. [Virginia, Enzo e Nunzia]

                 Da destra, torna Enzo (dolorante ad un braccio).

Enzo:       Ma guardate pe’ turnà ‘a casa mia ch’aggia fa’: ho dovuto scavalcare dalla

                 finestra delle scale fino al balcone. E ‘o bello è che dint’’o barcone mio ce sta ‘nu

                 cactus! Guarde ccà, m’aggio massacrato ‘nu braccio. Famm’i’ a arapì ‘a porta a                 

                 Virginia e ‘a signora Nunzia.

                 Esce al centro e torna seguito da Virginia e Nunzia.

                 Niente di meno, chillu pazzo ha accunciato ‘a porta d’ingresso ‘int’a ‘nu minuto.

Virginia: He’ visto? E tu he’ chiammato ‘o falignammo.

Nunzia:   Ma mò addo’ sta ‘stu pazzo?

Enzo:       Secondo sta ‘nzieme a chell’ata pazza ch’aggio ‘ncuntrato primma.

Virginia: Ma allora so’ dduje?

Enzo:      Esatto. E chillu pazzo m’ha dato ‘na scopa ‘ncapa. E io m’aggia vendicà!

                Enzo esce via a destra. Invece Virginia guarda male Nunzia e la richiama.

Virginia: Signora Nunzia, ma voi non mi dovete dire proprio niente?

Nunzia:   (Fa finta di nulla) Ancora? E di che cosa?

Virginia: Di queste strane presenze che sono entrate in questa casa.

Nunzia:   E secondo voi, che responsabilità posso avere io di queste strane presenze?

Virginia: E allora da dove sono saltati fuori, questi personaggi?

Nunzia:   E ‘o vvulìte sapé ‘a me? Si vede che stavano in giro, hanno trovato la porta               

                 scassata e ci si sono menati dentro. Che cosa ne posso sapere, io?

Virginia: E intanto adesso bisogna chiamare la polizia per farli uscire.

Nunzia:   No, ma nun è ‘o caso. Chillo, mò, ce pensa ‘o marito vuosto!

                 Da destra torna Enzo con uno scopino per pulire il water.

Enzo:       Ecco qua l’arma della mia vendetta.

Virginia: E che d’è ‘stu coso?

Enzo:       ‘O scupettino p’’o gabinetto! ‘O pazzo tene ‘a scopa e io tengo ‘o scupettino! Mò

                 vedìmme chi cummanna, ccà ddinto. All’arrembaggio!

Virginia: Aspiette, ma addo’ vaje? Si’ impazzito? E’ meglio che chiammamme ‘a polizia.

Enzo:       Ma quala polizia? Se tu aspetti la polizia, questi non se ne vanno più di casa.

                 Perciò, all’arrembaggio!

Nunzia:    Noooo! Io me metto appaura.

Enzo:       E si tenìte paura, jatevénne ‘int’’o bagno e assettàteve ‘ncoppa ‘o gabinetto.

Virginia: Ma qualu gabinetto? ‘A signora ha da sta’ cu’ nuje, anche perché secondo me lei

                 sa qualcosa che non ci vuole dire.

Nunzia:      V’aggio ditto che nun saccio niente.

Virginia:    Va bene, per adesso diciamo così. Va’, Enzo, va’ a caccià ‘e pazzi!

Enzo:          E tu che ffaje?

Virginia:    Vaco a arapì ‘a porta.

Enzo:          E ‘a signora?

Nunzia:       Io aiuto ‘a signora Virginia a arapì ‘a porta!

Enzo:           Nient’affatto! Voi due adesso mi date una mano. Armatevi ed andiamo!

Nunzia:       E di che cosa mi devo armare?

Enzo:           Aspettate qua.

                    Va a destra e poi torna con una paletta e la offre a Nunzia.

                    Prendete, signora.

Nunzia:       E alla signora Virginia non gliela date un’arma?

Enzo:           E lei già possiede un’arma terribile, forte, micidiale. Virgì, lievete ‘na scarpa!

Virginia:     (La toglie e domanda) La devo dare in testa ai pazzi?

Enzo:           No, miettancélla sotto ‘o naso! La puzza delle scarpe tue non perdona! E ora,  

                    andiamo! Già, ma dove? Io direi di provare alla nostra sinistra.

                    I tre escono a sinistra.

9. [Temistocle, Francesco, Biagio e Mara. Poi Enzo, Virginia, Nunzia, Gaetano e Letizia]

                    Dal centro entrano Biagio e Mara.

Mara:          Ma come, signor Biagio, voi possedete le chiavi di questa casa?

Biagio:         Voi fatevi i fatti vostri. Siete un agente immobiliare? E pensate a fare l’agente

                    immobiliare. Io sono un funzionario del comune e faccio il funzionario del

                    comune. Piuttosto, ditemi perché avete voluto che venissi qua.

Mara:          Le persone che abitano qua dentro hanno deciso di mettere in vendita la casa.

Biagio:        Questa casa?

Mara:          E quale, allora?

Biagio:        Ma se l’hanno appena comprata?

Mara:          E non la vogliono più. Ve la volete comprare voi?

Biagio:        Io? E che me n’aggia fa’? Già la tengo, una casa. In un basso a Forcella.

Mara:         Ma come, un funzionario del comune non abita al Vomero o a Posillipo?

Biagio:         Carissima signora Mara, la vita è dura anche per chi guadagna bene come me.

                    (Poi ci fa un pensierino) E… quanto costa questa casa?

Mara:          Io penso che con 150.000 Euro ve la cavate, anche se la signora Nunzia l’ha

                    venduta a molto meno!

Biagio:         E voglio spendere anch’io molto meno. Perché devo spenderne 150.000? Anzi,

                    se possiamo fare uno scambio di case, è meglio ancora, così usciamo pace.

Mara:          Perfetto, allora vediamo se i signori Esposito qui. (Chiama) Ehi di casa!

Biagio:        Ma siamo sicuri che ci sono?

Mara:          La porta di casa era aperta.

Biagio:        No, quella è rotta. La stava riparando un falegname.

Mara:          Venite con me, ora li cerchiamo insieme, così tagliamo la testa al toro.

Biagio:        Scusate, che c’entra il toro?

Mara:          Niente, seguitemi, seguitemi!

                    Mara e Biagio escono a destra. Dal centro entrano Temistocle e Francesco.

Francesco:  E dunque, mio caro Temistocle, quando i due contendenti si sono ritrovati

                    l’uno contro l’altro, si sono guardati negli occhi.

Temistocle: Ma chi? 

Francesco:  Peter Pan eCapitan uncino!

Temistocle: Non li conosco. Me li presenterete?

Francesco:  Quando volete voi.

Temistocle: Scusate, ma adesso perché mi avete portato in questa casa?

Francesco:  Non mi ricordo. Devo dirvi la verità? Me ne sono dimenticato.

Temistocle: Forse volevate portarmi da questo Pietro Pane e quel tizio con l’uncino.

Francesco:  Pietro Pane? Ma no, Peter Pan.E l’altro tizio si chiama Capitan uncino. Ma

                    non stanno qua dentro. Loro si trovano sull’isola che non c’è.

Temistocle: Sull’isola che non c’è? Ah, stanno a Capri? 

Francesco:  No!

Temistocle: Ho capito, stanno a Ischia.

Francesco:  E secondo voi, Peter Pan eCapitan uncino possono mai stare a Ischia?

Temistocle: No, effettivamente no.

                     Cominciano ad incamminarsi verso destra. Temistocle continua…

                     Allora stanno a Procida?

Francesco:  No!

Temistocle: A Nisida?

Francesco:  No!

                     Ed escono via a destra. Da sinistra, tornano di corsa Gaetano e Letizia,

                     inseguiti da Enzo (che brandisce lo scopino del gabinetto in mano).

Gaetano:      Aiuto!

                     Si fermano al centro.

Letizia:        Ma che cosa ci volete fare con questo scopettino del gabinetto?

Enzo:           (Ironico) Niente, ve voglio pulezzà ‘e ccerevelle!E adesso fuori da casa mia!  

Gaetano:     Ma come, io sono il Presidente dell’universo!

Enzo:           Nun me passa manco p’’a capa! Jateveeeeeennne!

                    Enzo insegue fino a fuori casa i due. Da sinistra tornano Nunzia e Virginia.

Nunzia:       Signò, ma dobbiamo picchiare pure noi i pazzi?

Virginia:     Pe’ carità, signò. Ci penserà mio marito. In fondo, l’uomo è lui.

                    Dal centro riecco Enzo, fiero, con lo scopino sulla spalla in segno di vittoria.

Enzo:           Ecco qua, finalmente ho cacciato i pazzi da questa casa!

Le due:        (Lo applaudono) Bravoooo!

                     Ma da destra, giungono Temistocle, Francesco, Mara e Biagio.

Temistocle: Peter Pan eCapitan uncino stavano sull’isola del Giglio?

Francesco:  Ma che?

Biagio:        Quindi io scambio una casa coi signori Esposito. E voi che ci guadagnate?

Mara:          Io scambio la mia casa con la signora Nunzia, ex proprietaria di questa casa.

Enzo:           (Avvilito, si rivolge a Virginia a e Nunzia)Uh, mamma mia ce stanne ati pazzi!

                    I tre guardano avviliti gli altri mentre continuano con i loro discorsi assurdi.

FINE ATTO PRIMO

Napoli, ex casa della signora Nunzia, ora degli Esposito: è il giorno dopo.

ATTO SECONDO

1. [Virginia e Enzo. Poi Nunzia]

                        Seduti sul divanetto, sono seduti Enzo (con lo scopino del water, con

                        atteggiamento sul “chi va là”, e Virginia con un cucchiaio di legno in mano,

                        con stesso atteggiamento). Nel frattempo commentano. Fanno i rispettivi tic.

Enzo:             (Fa il tic) Zzzz zzzz zzzz! (Poi smette)Virgì, ma tu mi devi credere: il

                       Presidente del mondo e il Presidente dell’universo mi hanno dato la

                       possibilità di comprare quello che voglio gratis. E tutto questo per aver

                       salvato il Presidente del consiglio Dumbo elefante volante!

Virginia:        Enzo, quanto si’ fesso.

Enzo:             E pecché?

Virginia:        Ma quale Presidente del mondo e Presidente dell’universo? Non li hai visti a  

                       quei due? Quelli sono due pazzi.

Enzo:             Sì, ma il numero verde 081/22.23.29 è vero. 

Virginia:        Un numero verde che comincia con 081?

Enzo:             Non ci credi che esiste?  

Virginia:        No!

Enzo:             E allora ti faccio vedere. Prendi il cordless.

Virginia:        E vabbuò. (Mentre va a prendere il cordless sulla credenza, commenta) Io

                        so’ cunvinta che tu staje ascenno pazzo. (Gli porta il cordless) Tié, telefona.

                       Famme sentì ‘sta granda telefonata. (Gli cede il telefono) Fammi sognare!

Enzo:             Mò te faccio avvedé si so’ pazzo o no. (Digita il numero di telefono)

                       081/22.23.29! Ecco qua, adesso vediamo. Metto pure il viva voce. (Così fa)

Voce femm.: Pronto!

Enzo:            Scusate, è il numero verde interplanetario?

Voce femm.: Sì, chi è?

Enzo:             Io sono Enzo Esposito, quello che ha salvato il Presidente del Consiglio da  

                      morte certa!

Voce femm.: Ah, salve, signor Enzo. Cosa le occorre?

Enzo:             Volevo chiedere se io posso ottenere sempre tutte le cose che voglio gratis.

Voce femm.: Ma certo. Vuole ordinare qualcosa?

Enzo:            Mi piacerebbe una macchina blu con la scorta ed un sacco di vestiti nuovi.

Voce femm.: Contatti pure tutti i negozi che vuole, mentre per la scorta può contattare

                       qualunque ditta di polizia privata. Per la macchina blu faccia una richiesta in             

                      carta bollata al Presidente del Consiglio stesso.

Virginia:       (Sorpresa) Enzo, damme ‘nu poco ‘stu telefono.

Enzo:             Signorina del numero verde, vi passo un momento a mia moglie. (Le passa il

                      cordless) Tié, Virgì, t’arraccummanno, parla educatamente!

Virginia:       Ma stattu zitto! (Poi parla al cordless) Pronto!

Voce femm.: Salve, signora, le occorre qualcosa?

Virginia:       Signurì, scusate, ma vuje chi site?

Voce femm.: Call center della Presidenza dell’Universo.

Virginia:       Ma site sicura o è ‘nu scherzo?

Voce femm.: Provi ad ordinare qualsiasi cosa e le arriverà gratis a casa quando lei vuole.

Virginia:       (Con atteggiamento di sfida) E allora voglio ‘nu bellu massaggiatore alto e

                      chino ‘e muscoli!

Voce femm.: Ho preso nota, lo avrà presto. La aspettiamo alla prossima richiesta.

                      Arrivederci. (E riaggancia il telefono)

Enzo:            He’ visto, Virgì?

Virginia:       Mah, io ci crederò solo quando vedrò il massaggiatore muscoloso in casa mia!

                      Dal centro giunge Nunzia, sbuffando, con la propria borsa in mano.

Nunzia:         Ecco qua, aggio pavato ‘o falegname e ‘o fabbro pe’ ffa’ accuncià ‘a porta

                      d’ingresso: 300 Euro. (Va dai due)  

Virginia:       E che li dovevamo pagare noi?Già non ci avete spiegato tutta la verità su

                      questa casa. E mi sembra arrivata l’ora di farlo.

Enzo:             (Si alza in piedi e fa sedere Nunzia accanto a Virginia, rudemente) Signò,

                        assettàteve vicino a mia moglie e parlate. E attenzione, nun tralasciate niente.

Nunzia:         E che cosa vi devo dire? Non ci sta nessun segreto che non sapete.

Enzo:             Signò, nun me facìte spustà ‘a nervatura.

Virginia:       Signò, nun facìte spustà ‘a nervatura a mio marito.

Nunzia:         (Rassegnata) E va bene. Il funzionario del comune, signor Biagio, mi ha    

                       avvisato che non so in quale posto di Napoli, hanno chiuso una specie di

                        manicomio dove stavano ricoverati dei pazzi. Non sapendo dove sistemarli, li

                       hanno messi temporaneamente in alcune case qui al Centro Direzionale.

Virginia:       In quale Isola?

Nunzia:         Quella dove si trova questo palazzo.

Enzo:            Che cosa? Ma allora è per questo che avete venduto questa casa?

Nunzia:         Beh… sì!

Virginia:       E vi sembra una bella azione, quella che avete fatto?

Nunzia:         Però ve l’ho fatta pagare a poco prezzo.

Enzo:             Sì, però simme circondati d’’e pazzi, stanne pe’ tutte parte. Pàrene ‘e zombie!

Virginia:       Pe’ carità, io me metto appaura.

Nunzia:         Ma non dovete avere paura. Adesso ci sta la porta nuova e nessuno potrà

                       entrare qui dentro. (Si alza in piedi) Adesso vado a prendere la valigia.

Virginia:       (Si alza in piedi e le afferra un braccio) Signò, addo’ jate. Voi dovete

                       riprendervi questa casa. E non vi daremo nemmeno un soldo.

Nunzia:         A chi? Se ve ne volete andare, fate pure. Ma io faccio prima di voi.

                      Nunzia scansa i due va via a sinistra.

Virginia:       Signò, addo’ jate? Granda disgraziata, tuorne mommò ccà!

                      La insegue.

Enzo:            Io invece voglio provare la porta nuova. (Poi fa il suo tic nervoso) Zzzz…

                       zzzz…! Mannaggia ‘a miseria, me sta turnanno ‘n’ata vota ‘o tic nervuso. E si

                      capisce, con tutte queste storie di pazzi, ci sta da uscire veramente pazzi!

                      Esce via al centro.

2. [Enzo e Francesco. Poi Temistocle e Gaetano]

                      Da destra, entra, quatto, quatto, Francesco (coi suoi occhi spiritati).

Francesco:  E così Quasimodo ha battuto nuovamente Frollo. Intanto lo Stregatto non ha

                     voluto mangiare Alice nel paese delle meraviglie. A proposito, Rapunzel non

                     riesce ad uscire dalla torre. (Si siede al tavolo e fissa il vuoto)

                     Dal centro, torna Enzo.

Enzo:           Ecco qua, ho chiuso la porta a chiave, con doppia mandata. Adesso nessuno

                     potrà entrare in questa casa.

Francesco:  (Comincia a recitare qualcosa) Alice, perché non ti lasci mangiare dallo

                     Stregatto? Non è tuo amico.

Enzo:           Che? E comme cacchio è trasuto chisto ccà ddinto?

Francesco:  (Lo nota e va da lui) Voi non avete visto Alice?

Enzo:           Ehm… no, pecché, che ha cumbinato?

Francesco:  Il gatto di Cheshire non vuole mangiarla.

Enzo:           ‘O vero? ‘O gatto d’’o “scemo ‘e Ciro” nun se vo’ magnà l’alice? E se vede

                     che nun tene famme!

Francesco:  E che cosa ne pensate del Gobbo di Notredame?

Enzo:           E chi è?

Francesco:  Quasimodo. Pensate che ha battuto Frollo. Se lo è mangiato!

Enzo:           ‘Stu Quasimodo s’ha magnato ‘a frolla?E io ch’aggia fa’?

Francesco:  Ma voi non sapete la cosa più seria ed importante: Rapunzel non riesce ad

                     uscire dalla torre.

Enzo:           ‘A puzza nun riesce a ascì ‘a dint’’a torre?E pecché nun aràpene ‘e ffeneste?

Francesco:  Caro mio, le finestre sono troppo alte. Ma tanto, Rapunzel sta con Pascal.

Enzo:           Ah, aggio capito, ‘stu Pascale ha fatto ‘a puzza.

Francesco:  Sì, ma Eugene farà uscire Rapunzel dalla torre!

Enzo:           Ah ecco: ‘stu Eugenio ha da fa ascì ‘a puzza d’’a torre. 

Francesco:  Insieme a Maximus.

Enzo:           Pure? Ma quanta gente ce vo’ pe’ ffa’ ascì ‘sta puzza?  

Francesco:  Ma voi sapete chi è Maximus?

Enzo:           L’impresa ‘e pulizia?  

Francesco:  No, è un cavallo.

Enzo:           E ‘stu cavallo nun puzza?

Francesco:  Ma che puzza e puzza? Amico mio, io ne capisco di psicologia e so che la testa

                     vostra non funziona. Voi non conoscete né Alice, né Quasimodo, né Rapunzel.

Enzo:           Uh, mamma mia! E mò comme ‘o faccio ascì, a chisto?

Francesco:  Come?

Enzo:           Ehm… no, io mi domandavo come avete fatto ad entrare in casa mia. La porta

                     sta chiusa.

Francesco:  Sono entrato dal muro del bagno.

Enzo:           Ma pecché, ‘int’’o bagno ce sta ‘nu buco ‘int’’o muro? 

Francesco:  Certamente.

Enzo:           Facciamo così, venite con me nel bagno, così andiamo a liberare la puzza!(Lo

                     prende sottobraccio) Voi volete liberare la puzza di Quasimodo con l’alice?

Francesco:  Non vi capisco.

Enzo:           E mi capisco io. Voi intanto incominciate a camminare. Io sento già la puzza.

                     Andiamola a liberare dalla torre.

                     Escono a destra. Da sinistra entrano Temistocle e Gaetano, al solito litigando.

Temistocle: Tu si’ ‘a scumma d’’a munnezza umida che s’accumula sotto ‘o bidone

                     ‘nmiezo ‘a via!

Gaetano:     E tu si’ ‘na mappata ‘e mappine ammappuciate vicino a ‘na fognatura!

Temistocle: ‘O gabinetto d’’a casa mia è cchiù bello ‘e te!

Gaetano:     Faccia ‘e bidet!

                     I due si afferrano. Da destra torna Enzo.

Enzo:           Ecco qua, pazzo cacciato e buco chiuso col mobile del bagno. E… (Nota i due)

Gaetano:     (A Temistocle) Io non ti amo più.

Temistocle: (A Gaetano) E io non ti brutalizzo più poeticamente!

Enzo:           Oh, no!

Temistocle: (Lo nota) Signor Enzo, eccovi qua. Bene, adesso posso parlarvi poeticamente.

Gaetano:     No, ci parlo io.

Temistocle: Tu si’ ‘a scumma d’’a munnezza umida che s’accumula sotto ‘o bidone

                     ‘nmiezo ‘a via!

Gaetano:     E tu si’ ‘na mappata ‘e mappine ammappuciate vicino a ‘na fognatura!

Temistocle: ‘O gabinetto d’’a casa mia è cchiù bello ‘e te!

Gaetano:     Faccia ‘e bidet! (Poi osserva Enzo) Ma… ma… scusate, e non venite a

                     separarci? Stiamo litigando.

Enzo:           Io vaco truvanno che ve sparate, accussì ve levate ‘a tuorno tutt’e dduje!

Gaetano:     Ma voi dovete essere contento della nostra presenza.

Temistocle: Grazie a noi avete saputo poeticamente che potete comprare il mondo gratis!

Enzo:           E già.

Francesco:  Avete telefonato al numero verde?

Temistocle: Se non lo avete fatto ancora, telefonate e ordinate l’isola di Capri.

Gaetano:     Lo sapete come si chiamano gli abitanti di Capri?

Temistocle: Capricciosi!

Enzo:           Mò aggia caccià pure a ‘sti duje. Ehm… sentite, ma voi come siete entrati qua?

Temistocle: Abbiamo trovato una finestra poeticamente rotta e ci siamo infilati dentro.

Enzo:           Ho capito. E vogliamo tornarci, poeticamente? Così la aggiustiamo.

Gaetano:     Ci dispiace, ma non si apre più.

Temistocle: L’abbiamoinchiodata poeticamente.

Enzo:           E allora seguitemi, così vi faccio aggiustare un’altra finestra. Sta di là a destra.

Gaetano:     Io sono Gaetano Gaetano, il Presidente dell’Universo e vi precedo.

Temistocle: E io sono Temistocle Temistocle.Fate pure. Prego, signor Enzo.

Enzo:           Grazie!

                     I tre escono a destra. 

3. [Virginia con Nunzia. Poi Letizia]

                     Da sinistra torna Virginia. E’ seguito da Nunzia che ha una valigia.

Virginia:     Signora Nunzia, ma proprio adesso ve ne dovete andare?

Nunzia:       Sì, e subito. Ormai sapete la verità. (Poi realizza) Eppure è strano: questi pazzi

                    sono troppo in anticipo.

Virginia:     Ma pecché, ce steva ‘n’orario preciso?

Nunzia:       No, però mi era stato detto che prossimamente dovevano venire a stare qui al

                    Centro Direzionale. Mah!

Virginia:     Signora, che altro ci state nascondendo?

Nunzia:       Quello che dovevo dirvi, l’ho già detto.Se non mi credete, aspettate e vedrete. 

Virginia: E vabbé, vi crediamo. Ma adesso ci lasciate con questo guaio e ve ne andate così?

Nunzia:   Signò, e ch’aggia fa’ io? Quelli sono pazzi.

Virginia: Sentite, guardatemi un momento negli occhi.

Nunzia:   (Le si avvicina) Che c’è? Vi è andata un poco di polvere negli occhi? Aspettate, ci

                 penso io. (Vi soffia dentro)

Virginia: (Contrariata) Signò, ma che ffacìte? Io vi ho chiesto ascoltarmi.   

Nunzia:   Vi devo ascoltare con gli occhi? Ma non si ascolta con le orecchie?

Virginia: Signò, ma vuje fùsseve ‘nu poco scema? Io vi sto chiedendo un po’ di attenzione.

Nunzia:   Ma attenzione a che cosa? Ai pazzi?

Virginia: No, a me.

Nunzia:   Vuje site pazza?

Virginia: Bastaaaa! Ascoltatemi bene: voi non dovete dire niente a mio marito.

Nunzia:   Di che cosa?

Virginia: Di quello che avete detto poco fa a me. Il fatto che i pazzi sono in anticipo.

Nunzia:   E perché?

Virginia: Fate così.

Nunzia:   E va bene. Allora arrivederci e buona fortuna. Scambiamoci un segno di pace.

Virginia: Ma che stamme, ‘int’’a chiesa?

Nunzia:   No, nel senso, baciamoci sulle guance.

Virginia: Ah, ecco.

                 Le due si baciano sulle guance.

Nunzia:   Arrivederci, arrivederci.

                 Nunzia prende la valigia, si guarda intorno nella stanza e poi esce via di casa.

Virginia: Meglio accussì che se n’è gghiuta. (Va a sedersi sul divanetto) In fondo, pazzi o

                 non pazzi, questa è la nostra nuova casa.

                 Si guarda intorno mentre intanto dal centro entra Letizia (sempre a piedi nudi)

                 che le si avvicina man mano da dietro, mentre Virginia continua il suo monologo.

                 E poi è meglio che Enzo non sappia troppe verità. Mi possono fare comodo. E poi

                 io tengo i miei tre moschettieri che possono venirmi a trovare quando vogliono,

                 adesso che non abitiamo più a Secondigliano. E nessuno saprà niente.

Letizia:   Nemmeno io?

Virginia: Chi è? (La nota, si alza in piedi e le si avvicina) E tu comme si’ trasuta?

Letizia:    La nuova porta non si chiude bene. Così, quando è uscita la signora di prima, io

                 ho aperto e sono entrata.

Virginia: (Nota i piedi nudi) E i piedi?

Letizia:    Li tengo. Sono i miei. Li vuoi?

Virginia: No, grazie, già li tengo. Ma tu chi sei?

Letizia:   Mi chiamo Letizia, ma tutti mi chiamano “cento facce”. Vuoi sapere perché?

Virginia: No, no, nun me ne ‘mporta. Tu te ne devi andare.

Letizia:   E i tre moschettieri? Li voglio vedere pure io.

Virginia: Stattu zitta! Che hai capito? Io stavo guardando la televisione.

Letizia:   Ma qua non ci sta nessuna televisione.

Virginia: Sta nascosta. E’ virtuale. E adesso esci di casa.

Letizia:   Sì, ma prima devo chiedere una cosa.

Virginia: E cioè?

Letizia:   Posso andare in bagno?

Virginia: Non lo tengo il bagno.

Letizia:   Strano, ieri tuo marito mi ci ha accompagnato.

Virginia: Ah, già, sta di là a destra. Però poi dopo mettiti le scarpe, se no mi lasci le

                impronte a terra.

Letizia:   Le ho lasciate a casa.

Virginia: Te le presto io. Adesso però andiamo in bagno.

Letizia:   Sì, andiamo in bagno. Vieni pure tu?

Virginia: Ti accompagno.

Letizia:   Bene, andiamo. (Si avvia a sinistra)

Virginia: No, ma ‘o bagno sta a destra.

Letizia:   (Si ferma) Sì, ma a me mi piace di più di là! Ci stanno i tre moschettieri?

Virginia: Uhé, tuorne ccà!

                 Letizia affretta il passo ed esce a sinistra, inseguita da Virginia.

4. [Enzo e Virginia. Poi Letizia]

                 Da destra torna Enzo con gli occhi socchiusi e sofferenti. Si lamenta e fa il tic.

Enzo:       Aiutoooo! Zzzzz! Aiutoooo! Zzzzz! Mi hanno accecato. Chilli duje m’hanne  

                 menato coccosa ‘into all’uocchie! (Urta dappertutto) Ma che ce sta, ccà ddinto?

                 (Va al divanetto e vi si stende sopra) Ah, ‘o divanetto! (Poi chiama) Virginiaaaa!

                 Da sinistra torna Virginia.

Virginia: ‘A pazza s’è chiusa ‘int’’a stanza ‘e lietto. E mò comme se fa? (Chiama) Enzooo!

Enzo:       Stongo ccà!

Virginia: E che ce faje ‘ncoppa ‘o divanetto?

Enzo:       Virgì, io nun ce veco cchiù! Ho cacciato due pazzi che mi hanno buttato qualcosa

                 di urticante negli occhi.

Virginia: E vatte a lavà ll’uocchie ‘int’’o bagno.

Enzo:       E ce so’ stato, ma nun è servuto a niente. Mi accompagni al pronto soccorso?

Virginia: Io nun me pozzo mòvere ‘a ccà ddinto.

Enzo:       E pecché?

Virginia: Ce sta ‘na pazza che s’è cchiusa ‘int’’a stanza ‘e lietto.

Enzo:       E che sta facénno?

Virginia: Ha ditto che vo’ fa’ sesso essa sola!

Enzo:       Pure? Basta, amma chiammà ‘a polizia.

Virginia: No, ma nun me pare ‘o caso.

Enzo:       Virgì, ma tu fusse scema?

Virginia: E vabbuò, aroppo ne parlamme. Mò però jamme ‘o pronto soccorso.

Enzo:       E chella rimane essa sola?

Virginia: E che te ne ‘mporta? Sta facenno sesso ‘ncoppa ‘o lietto essa sola!

Enzo:       Basta che nun esce incinta ‘int’’a casa mia!

Virginia: E vabbé, ora faccio così: chiammo a ‘n’ambulanza, accussì te ne vaje ‘o spitale!

Enzo:       Ecco, brava, mi faccio controllare gli occhi. Va’, va’, chiamma.

Virginia: Piuttosto, lasciami la chiave di casa. Ne teniamo una sola. Hai fatto più la copia?

Enzo:       Sì, sta dint’’a sacca d’’o cazone. Mò t’’a dongo. (Si fruga nella tasca dei

                 pantaloni ed estrae un foglietto piegato) Tié!

Virginia: (La prende) E che d’è, chesta?

Enzo:      ‘A fotocopia d’’a chiave!

Virginia: Cretino, e che ce metto ‘int’’a serratura? ‘A fotocopia? Io parlavo della copia

                      della chiave, cioè un’altra chiave tale e quale che… Vabbuò, lasse sta’.

                     Famme piglià ‘o telefono.

                      Esce a destra in cucina. Mentre Enzo si lamenta sul divanetto, pian piano esce

                     da sinistra Letizia che lo osserva.

Enzo:           Ah, mamma mia, nun ce veco cchiù. Aiutàteme!

Letizia:        Adesso gli dò la notizia sui tre moschettieri. (Gli si avvicina) Amore mio!

Enzo:           (La vede male e pensa sia Virginia) Uhé, amò. He’ chiammato l’ambulanza?

Letizia:        E perché devo chiamare l’ambulanza?

Enzo:           Pecché aggia i’ ‘o pronto soccorso!

Letizia:        Ma io voglio che tu resti qui e facciamo una bella cosa in camera da letto.

Enzo:           Nenné, ma te pare ‘o mumento? Tu devi chiamare l’ambulanza. E ppo’,

                     dint’’a stanza ‘e lietto, ce sta ‘a pazza. T’he’ scurdata?

Letizia:        Ascolta, vuoi che io te la dò?

Enzo:           Nun aggio capito.

Letizia:        Te ll’aggia da’? Voglio sapere se te la devo dare.

Enzo:           Ma che me vuo’ da’?

Letizia:        ‘A nutizia!

Enzo:           Ah, ‘a nutizia? E dammella.

Letizia:        Mentre tu sarai a lavoro, in questa casa devono venire i tre moschettieri!

Enzo:           (Ironico) E che hanna fa’? ‘O duello cu’ D’Artagnan?

Letizia:        Io ti ho avvisata.

Virginia:     (Da destra) Ecco qua…

Letizia:        Uh, sta turnanno!

                     Letizia corre via a sinistra, mentre torna Virginia col cordless in mano (che

                     posa sul tavolo) che accorre da Enzo.

Virginia:     Enzo, ce ne putimme i’. Stanno per arrivare.

Enzo:           Chi? ‘E tre moschettieri?

Virginia:     No, quelli dell’ambulanza. (Dubbiosa) Aspiette ‘nu mumento, e che ce

                     azzecca ‘stu fatto d’’e tre moschettieri?

Enzo:           Che ne saccio? L’he’ ditto tu.

Virginia:      Io? Mah! Jamme, forza. (Lo aiuta ad alzarsi in piedi) T’accumpagno abbascio.  

Enzo:           E tu nun viene ‘o spitale?

Virginia:      Enzo, io aggia penzà a chello che sta succedendo ccà ddinto. Nun te prioccupà.

Enzo:           E vabbuò. Portami piano, piano. Non mi far tozzare contro i mobili!

Virginia:      Jamme a ce mòvere, jamme.

                      Virginia porta sottobraccio Enzo al centro, fuori casa. Camminano stentando.

5. [Letizia e Biagio. Poi Mara]

                       Da sinistra torna Letizia che ha indossato un paio di scarpe e la vestaglia di          

                       Virginia. Si guarda intorno in stanza, quindi va al tavolo e prende il cordless.  

Letizia:         (Compone un numero di telefono e lo enuncia ad alta voce) 081/22.23.29!

Voce femm.: Pronto!

Letizia:         Scusate, è il numero verde interplanetario?

Voce femm.: Sì.

Letizia:          Io ho salvato la vita a un uomo che stava morendo su un divanetto. Non mi            

                      spetta niente gratis?

Voce femm.: No, mi dispiace.

Letizia:          E com’è, se salvano la vita al Presidente del Consiglio, ricevono premi, e se

                      invece salvano la vita a un disgraziato qualunque, non riceve niente? 

Voce femm.: No, mi dispiace!

Letizia:         ‘E che munnezza!

Voce femm.: Grazie!

Letizia:          Prego! (E riaggancia)

                      Suonano alla porta.

                      Ma… che d’è ‘stu rummore? Nun è ch’è ‘a porta? Mah!

                      Va al centro ad aprire e torna seguita da Biagio che la osserva perplesso.

Biagio:          Voi chi siete? Una parente dei signori Esposito?

Letizia:          No, mi chiamo Letizia!E voi?

Biagio:          Io sono Biagio.

Letizia:          Scusate, ma secondo voi, io potrei essere incinta?

Biagio:          E che m’avìte pigliato, p’’o ginecologo?

Letizia:          Non lo siete? Io l’avevo capito dalla faccia che voi non valete niente!

Biagio:          E chi ve l’ha detto? Io sono un funzionario del comune. Perciò, io valgo.

Letizia:          Come l’alluce?

Biagio:           Come l’alluc… Qual’alluce e alluce? Io valgo come funzionario. Insomma,          

                       basta. Non ci stanno i signori Esposito?

Letizia:          No!

Biagio:           E nemmeno la signora Nunzia?

Letizia:          Nemmeno. (Poi maliziosa) Però ci sto io!

Biagio:           E ch’aggia fa’ cu’ vuje?

Letizia:          (Maliziosa) Cose molto piccanti!

Biagio:           (Ci fa un pensierino) Ma sì, che me ne ‘mporta a me d’’e signori Esposito?

                        Facciamo i piccanti, forza! Voglio essere piccante! Sarò il tuo peperoncino.

Letizia:          Di là a sinistra ci sta la camera da letto.

Biagio:           E se poi tornano i signori Esposito?

Letizia:          Già sanno tutto.

Biagio:           Va bene, sono pronto. Andiamo!

                       Suonano alla porta.

Letizia:           ‘A porta. Fa’ ‘na cosa, Biagietié…

Biagio:            Biagietié? Uh, sì, mi piace. Biagietiello ossia Biagietié! Ti aspetto sul letto!

                        Le lancia un bacio ed esce via a sinistra.

Letizia:           E chi è mò ‘stu scocciatore che sta sunanno ‘o campaniello d’’a porta? Mah!

                       Va ad aprire e torna seguita da Mara, perplessa.

Mara:            Voi chi siete? Una parente dei signori Rossi?

Letizia:          No, mi chiamo Letizia!E voi?

Mara:            Mara Caibo.

Letizia:          (Canta e balla) “Mara Caibo / mare forza 9 / e Rum e cocaina / zam zam…”!

Mara:             Uhééé, ma che d’è? Io mi chiamo Mara Caibo e sono un agente immobiliare.

Letizia:          Ma vuje site ‘na femmena.

Mara:            E pecché, ‘na femmena nun po’ vennere ‘e ccase?

Letizia:          E io che ne saccio? Io ho sempre visto dei bei fustacci in giacca e cravatta.

Mara:            Insomma, basta. Non ci stanno i signori Esposito?

Letizia:          No!

Mara:     E nemmeno la signora Nunzia?

Letizia:   Nemmeno. (Poi maliziosa) Però ci sto io!

Mara:     E ch’aggia fa’ cu’ vuje?

Letizia:   (Maliziosa) Cose molto piccanti!

Mara:     Ma famme ‘o piacere, ‘sta pazza! E’ meglio che me ne vaco. (Va per uscire al

                centro, poi ci ripensa e torna da lei) Voi non ve la volete comprare una casa?

Letizia:   E io già ‘a tengo. Ci abito solo da un paio di giorni però me ne vorrei già andare.

Mara:     Vi interessa una casa da qualche altra parte? Per esempio a Piazza Garibaldi.

Letizia:   No, preferisco il Vomero.

Mara:     Azz, addirittura?! Ne vogliamo parlare?

Letizia:   OK, aspettatemi in cucina. Faccio un momento una cosa con un uomo e poi torno.

Mara:     Va bene, metto il tablet sotto carica e vi faccio vedere qualche casa sul nostro sito.

Letizia:   Basta che sia bella! (Indica a destra) La cucina sta di là. Avviatevi.

Mara:     Potete contarci!

                Mara manda un bacio a Letizia, poi esce a destra.

Letizia:   A noi due, mio caro Biagio!

                Esce a sinistra.

6. [Virginia e Nunzia. Infine Mara]

                Dal centro torna Virginia. Pare abbastanza provata.

Virginia: Ecco qua, l’ambulanza s’ha purtato a Enzo. Menu male! No, cioè, voglio dicere,

                speramme che nun è niente ‘e grave.

                Suonano alla porta.

                Ma che d’è? E’ turnato? Già? Mah!

                Esce al centro, poi torna seguita da Nunzia.

Nunzia:   Signora Virginia, io sono tornata.

Virginia: E come mai?

Nunzia:   E quella mi ha consigliato di tornare.

Virginia: Ma quella chi?

Nunzia:   La coscienza. Mi ha detto che dovevo tornare a darvi una mano. Non vi posso

                lasciare in mezzo ai pazzi.

Virginia: Signora, ma adesso non ci sta più nessuno.

Nunzia:   Ma torneranno. Quelli si sono accorti che voi non siete pazzi.

Virginia: Signò, ma che me ne ‘mporta? Non vi preoccupate. Andate pure.

Nunzia:   Ma vostro marito non ci sta?

Virginia: E’ andato un momento a farsi controllare una cosuccia agli occhi.

Nunzia:   Signò, chille se l’hanne purtato cu’ l’ambulanza. Può essere pure una cosa grave.

Virginia: Ma no, ho chiamato l’ambulanza perché non avevo chi lo accompagnava

                all’ospedale. Vedrete che andrà tutto bene.

                Squilla il telefono.

                Eccolo qua, questo dev’essere lui. (Prende il cordless e risponde) Pronto! (Poi

                sdolcinata) Ooooh, caro, sei tu!

Nunzia:   (Tende orecchio, interessata) E’ lui, è lui?

Virginia: (Non si cura di lei e parla al telefono, gironzola per la stanza) No, sono da sola. 

Nunzia:   (La segue passo, passo) E io nun ce stongo?

Virginia: (Non si cura di lei e parla al telefono) Certo, quando vuoi. Un bacione. Ciao.

                 (Riaggancia e si ferma) Ecco qua.

Nunzia:   (Si ferma accanto a lei) A giudicare dal vostro viso felice, non era vostro marito!

Virginia: No, no, era un mio… un mio… un mio cugino.

                 Suonano alla porta.

                 Eccolo qua, questo dev’essere lui. (Risponde) Pronto! (Poi sdolcinata) Ooooh,   

                 caro, sei tu!

Nunzia:   (Tende orecchio, interessata) E’ lui, è lui?

Virginia: (Non si cura di lei e parla al telefono, gironzola per la stanza) No, sono da sola. 

Nunzia:   (La segue passo, passo) Dalle, io nun ce stongo maje?!

Virginia: (Non si cura di lei e parla al telefono) Certo, quando vuoi. Un bacione. Ciao.

                (Riaggancia e si ferma) Ecco qua.

Nunzia:   (Si ferma accanto a lei) Scommetto che nemmeno stavolta era vostro marito!

Virginia: No, no, era un mio… un mio… un altro mio cugino.

                Suonano alla porta.

                Eccolo qua, questo dev’essere lui. (Risponde) Pronto! (Poi sdolcinata) Ooooh,   

                caro, sei tu!

Nunzia:   (Tende orecchio, interessata) E so’ tre!

Virginia: (Non si cura di lei e parla al telefono, gironzola per la stanza) No, sono da sola. 

Nunzia:   (La segue passo, passo) Vabbuò, s’ha ‘mparata ‘a poesia!

Virginia: (Non si cura di lei e parla al telefono) Certo, quando vuoi. Un bacione. Ciao.

                 (Riaggancia e si ferma) Ecco qua.

Nunzia:   (Si ferma accanto a lei) Scommetto che era un altro vostro cugino!

Virginia: Signò, pe’ favore, jatevénne. Mi voglio mettere in libertà! (Nota la vestaglia sua

                 sulla spalliera del divanetto) Uh, la mia vestaglia. Quasi, quasi la indosso.

Nunzia:   E va bene. Vado via. Io ero venuta per starvi vicina. Ma voi state piena di cugini!

Virginia: Signora, ma voi non penserete mica male? Come vi permettete?

Nunzia:   Ma chi pensa niente? Io, quando non vi ho informata dei pazzi, mi sono sentita in

                 colpa. Ma ho fatto la scelta sbagliata: me ne sono andata. Poi però ho fatto una

                 scelta peggiore: sono tornata qui. E me ne sono pentita. Bona furtuna!   

                 Nunzia esce via con fare deciso.  

Virginia: E’ meglio che vaco a mettere ‘o catenaccio areto ‘a porta.

                 Virginia esce al centro. Da destra torna Mara.

Mara:      Ma dov’è finita, questa? Mi ha lasciata in cucina e non è venuta più. E io la cerco.

                 Esce a sinistra.

7. [Virginia, Mara, Letizia e Biagio]

                 Dal centro torna Virginia (con la propria vestaglia in mano).

Virginia: Ecco qua, adesso vado a prepararmi in camera da letto. Non vedo l’ora di

                 indossare la mia vestaglia!

                 Esce a sinistra, ma poi si sentono dalla camera da letto delle grida di Letizia.

                 Uhééé, ma che cacchio sta succedendo, ccà ddinto?

                 Da sinistra, di corsa, tornano Mara con Letizia e Biagio trasandati.

Mara:      Signora, calmatevi, calmatevi, io non c’entro niente!

Letizia:    Nemmeno io!

Biagio:     E nemmeno io!

Virginia: E allora chi c’entra? Io? Insomma, che stavate combinando nella mia stanza da

                letto? Un’orgia?

Mara:     Signora, ma come vi permettete?Io sono qui perché devo vendere le case.

                Piuttosto, loro due stavano facendo quelle cose lì sul letto.

Letizia:   Signora, ma come vi permettete?Io sono qui perché devo tornare a casa mia. 

Biagio:    E mò staje a vedé che ce stevo io sulo ‘ncoppa ‘o lietto a fare quelle cose lì!

Virginia: Se non ve ne andate, piglio la mazza e vi picchio a tutti e tre.

Mara:     Signora, ma a chi picchiate voi? Io sono una lavoratrice indefessa.

Letizia:   E sboccata!

Biagio:    Stàteve zitta, “indefessa” vo’ dicere instancabile.

Virginia: E basta! Finiamola. (A Mara) Dite qualcosa voi, se siete sana di mente!

Biagio:    Aspettate ‘nu mumento, allora ‘a capa mia nun fosse bona?

Letizia:   E pecché, ‘a capa mia nun è bona?

Biagio:    Che ne saccio? Chi ve cunosce?

Virginia: E allora perché ci stavate insieme nel letto?

Biagio:    Cara signora, io sono un uomo che lavora tutto il giorno, e ho diritto a uno svago!

Virginia: ‘Int’’a casa mia?

Biagio:    Che c’entra? Io ho chiesto di voi e di vostro marito, ma voi non ci stavate.

Letizia:   L’ha chiesto a me, ma voi eravate fuori, chissà a fare che cosa. E’ vero oppure no?

Virginia: Stavo accompagnando a mio marito sull’ambulanza. Doveva andare all’ospedale.

Letizia:   E quindi, voi tenete i tre moschettieri, e io non ne devo tenere nemmeno uno?!

Virginia: Tu stattu zitta! E a voi, signor Biagio o come vi chiamate, che cosa volete da me e    

                da mio marito?

Biagio:    Volevo parlarvi di una cosa molto delicata di questo quartiere.

Virginia: Credo di aver capito. Già so tutto. Me l’ha detto la signora Nunzia.

Biagio:    Già ve l’ha detto? E allora me ne posso andare.

Virginia: E certo, prima venite a fare il vostro lavoro, poi vi volete sfiziare in casa mia, e

                quindi ve ne andate come se nulla fosse.

Mara:     Scusate, a questo punto io andrei.

Virginia: Ecco, brava. Io non ci sto capendo più niente. Non so più chi è pazzo e chi no!

Mara:     Io non di certo.

Letizia:   Io non di certo.

Biagio:    Io non di certo.

Virginia: E allora so’ pazza io! E dunque, fuori da questa casa!

                Mara, Letizia e Biagio escono via senza dire nulla, accompagnati da Virginia.

8. [Virginia, Biagio, Mara, Letizia, Gaetano, Francesco e Temistocle. Infine Enzo]

                 Suonano alla porta. Dal centro torna Virginia insieme a Biagio, Mara e Letizia.

Virginia: Oh, no, c’è qualcuno che sta arrivando.Presto, nascondetevi in camera da letto.

I tre:        (Protestano) Ma no… ma no…

Virginia: Uhééééé, zitti! Subito dentro!

                Mara, Letizia e Biagio escono via senza dire nulla. Virginia si prepara.

                 Finalmente me pozzo mettere ‘a vestaglia mia. (La indossa, poi cerca uno

                 specchio e si sistema i capelli) Songo sempe ‘na bella fenmmena!

                 Suonano alla porta. Lei allora va in fibrillazione.

                 Sarrà isso! Oppure isso! Oppure isso!

                 Va ad aprire. Poi torna seguita da Gaetano (in impermeabile ed occhiali neri),

                    Tesoro, finalmente sei arrivato.

Gaetano:    Non vedevo l’ora di vederti. Mi sono fatto passare pure per pazzo!

Virginia:     Ti aspettavo.

Gaetano:    E… tuo marito è in ospedale? L’ho visto andare via in ambulanza. Ecco perché

                    sono salito da te.

Virginia:    E certo, altrimenti non ti facevo entrare così. (Sexy) E dimmi una cosa: mi ami?  

Gaetano:    Sì, sì, sì.

Virginia:    E mi pensi sempre?

Gaetano:    Sì, sì, sì.

Virginia:    E mi regali una parure di diamanti?

Gaetano:    Sì, sì, sì.

Virginia:    Néh, ma saje dicere sulo “sì, sì, sì”?

Gaetano:    Sì, sì, sì! Facìmme ambresso, prima che torna tuo marito.

Virginia:    E allora comincia a spogliarti.

Gaetano:    Qua?

Virginia:    Sì, sì, sì!

Gaetano:    Davanti al tavolo?

Virginia:    Sì, sì, sì!

Gaetano:    Tutto quanto?

Virginia:    Sì, sì, sì!

Gaetano:    Néh, ma saje dicere sultanto “sì, sì, sì”?

Virginia:    Fai presto, prima che torna mio marito!

Gaetano:    (Eccitato) Nun ‘o pensà a tuo marito. (Sbottona camicia e cinta dei pantaloni)                

                    Facciamo presto, si esaurisce l’effetto del Viagra. Io non vedo l’ora di…

                    Ma suonano alla porta e così Gaetano e Virginia vanno nel panico.

Gaetano:    (Si riveste) …Nun veco ll’ora ‘e me ne i’!

Virginia:    Oddio, la porta!

Gaetano:    (Spaventato) E’ isso?

Virginia:    Ma non può essere lui. Quello stava andando in ospedale. Devi sapere che lui…

Gaetano:    Ma che me ne ‘mporta? Che me vuo’ spiegà? Fammi nascondere sotto al letto.

Virginia:    No, il mio letto è basso. Non c’entri. Fai così: fingi di essere un attaccapanni!

Gaetano:    No, no, pe’ carità!

Virginia:    Non ti preoccupare, mio marito tiene dei problemi agli occhi! Non ti vedrà mai.

Gaetano:    E vabbuò. Che s’ha da fa’ pe’ campà.

                    Lui si mette in disparte in posa plastica, tipo egiziano. Lei si dà una sistemata e

                    poi va ad aprire la porta. Torna seguita da Francesco (in impermeabile ed

                    occhiali neri, con atteggiamento tipo Humphrey Bogart).

Virginia:    Tu?  

Francesco: Sì, perché? Non ti fa piacere?

Virginia:    Ehm… sì, tesoro, amore, finalmente sei arrivato.

Francesco: Non vedevo l’ora di vederti. E… tuo marito è in ospedale? L’ho visto andare

                    via in ambulanza. Ecco perché sono salito da te.

Virginia:    Sì. Devi sapere che aveva dei problemi agli occhi…

Francesco: Ma che me ne ‘mporta? Io ho voglia di te. Su, facciamo presto, che si esaurisce

                    l’effetto del Viagra!

Virginia:    E comincia a spogliarti, allora.

Francesco: Subito. (Mentre toglie il cappotto e il cappello, commenta) Per te sarà  

                    un’esperienza più unica che rara, baby!

                    Cerca di posare il cappello e il cappotto sull’appendiabiti, però poi lo osserva.

                    ‘E chi schifo ‘e appendiabiti! (Vi posa cappello e cappotto) Quant’è brutto!

                    Si volta per andare da Virginia, Gaetano-appendiabiti gli sputa dietro il collo. Francesco: (Si guarda intorno) Ma ch’è stato?

Virginia:    (Corre da lui) Ehm… ma niente! (Poi sexy) Su, dai, spogliati! Non fermarti.

Francesco: (Eccitato) Mamma mia, nun veco ll’ora ‘e…!

                    Ma mentre riprende a spogliarsi, suonano alla porta.

                    …‘E me ne fujì! (E si ricompone subito)

Virginia:      Oddio, la porta!

Francesco: E chi è?

Virginia:    Boh! Però sicuramente non può essere mio marito.

Francesco: Va bene, ma adesso aiutami a nascondermi sotto il letto.

Virginia:    No, è troppo basso. Fai una cosa: fingi di essere un divanetto. Mettiti un plaid

                    addosso e fai il divanetto. Capito?

Francesco: E va bene. Mannaggia ‘a morte!

                    Lei gli prende il plaid, lui esegue, mentre lei si sistema e poi va ad aprire.

Virginia:    Vengo!

                    Va ad aprire la porta e poi torna con Temistocle.

Virginia:    Tu?  

Temistocle: Sì, perché? L’appuntamento era per quest’ora. Anzi, sono pure in anticipo.

Virginia:     Ah, già. Ehm… Tesoro, amore, finalmente sei arrivato.

Temistocle: E… tuo marito è in ospedale? L’ho visto andare via in ambulanza.

Virginia:     Da un bel pezzo. Devi sapere che ha un problema agli occhi dovuto al fatto…

Temistocle: Ma che me ne ‘mporta? Io ho voglia di te. Facciamo presto, che si esaurisce…

Virginia:     …L’effetto del Viagra! E comincia a spogliarti, allora.

Temistocle: Subito. (Mentre toglie il cappotto e il cappello, commenta) Per te sarà  

                     un’esperienza più unica che rara, baby!

                     Lui  cerca di posare il cappello e il cappotto sull’appendiabiti, poi lo osserva.

Temistocle: ‘E chi schifo ‘e appendiabiti! (Vi posa cappello e cappotto) Quant’è brutto!

                     Ma appena si volta, Gaetano-appendiabiti gli sputa dietro il collo.  

                     Ma ch’è stato?

Virginia:     (Corre da lui) Ehm… ma niente! (Poi sexy) Su, dai, spogliati! Non fermarti.

Temistocle: (Eccitato) Mamma mia, nun veco ll’ora ‘e…!

                     Ma mentre riprende a spogliarsi, suonano alla porta.

Temistocle: …‘E arapì ‘a fenesta e me ne fujì subito subito! (E si ricompone subito)

Virginia:     Oddio, la porta!

Temistocle: E chi è?

Virginia:     E che tengo gli occhi a raggi X? Però sicuramente non può essere mio marito.

Temistocle: Va bene, ma adesso aiutami a nascondermi sotto il letto.

Virginia:     No, è troppo basso. Fai così: fingi di essere un poggiapiedi davanti al divanetto.

Temistocle: E va bene. Mannaggia ‘a morte!

                     Lui esegue, mentre lei si sistema e poi va ad aprire.

Virginia:     Vengo!

                     Va ad aprire la porta e torna con Enzo, sofferente, con gli occhi socchiusi.

Enzo:           Eccomi qua!

Virginia:     Oddio, tu?

Enzo:       Eh, pecché? Stongo venénno d’’o Loteto Mare.

Virginia: Bene, bene. (Osserva i tre, preoccupata) E che cosa ti hanno detto in ospedale?

Enzo:       Ho una reazione allergica. Mi è entrata della polvere di vernice negli occhi. (Va

                 all’appendiabiti-Gaetano e lo guarda da vicino) Quant’è brutto st’appendiabiti.

                 Ma addò l’aggio accattato? (Posa il cappello sulla testa di Gaetano) L’aggia

                 proprio ittà!  (Posa pure il cappotto) E mò me voglio assettà ‘nu poco. (Nota il

                 divanetto-Francesco, si avvicina e lo guarda) Fa schifo pure ‘stu divanetto. Però

                 ha da essere comodo! (Si siede sul divanetto-Francesco e poi nota il poggiapiedi-

                 Temistocle) Uh, ‘nu poggia pede! (Vi poggia i piedi)

                 Virginia accorre da Enzo e lo distrae, sedendosi sulle sue gambe (Francesco è

                 sofferente per il peso!).

Virginia: Ehm… tesoro mio, ho voglia di tenerezza. Perché non ci comportiamo come un

                 marito e una moglie?

Enzo:       Su questo divanetto?

Virginia: (Entusiasta) Sì, su questo divanetto!

                 Francesco fa gestacci per farli andare via.

Virginia: Ehm… no, no, ho cambiato idea!

Enzo:       E invece a me me piace!

                 Temistocle fa uno starnuto. I due si alzano in piedi dallo spavento.

Virginia: Che c’è?

Enzo:       He’ ‘ntiso? ‘O poggia pede ha fatto ‘nu starnuto!

Virginia: Ma no, che dici? Su, dai, che sono caliente. Non farmi aspettare!

Enzo:       Purtroppo ti devo deludere. (Si distacca un po’ da lei, dandole le spalle)

Virginia: Ehm… ma perché? Che è successo?

                 Poi lei toglie il lenzuolo a Francesco e gli indica di scappare, per questo lei si

                 avvia da sola alla porta. In tutto ciò, Enzo le parla (sempre di spalle).

Enzo:       No, non è successo nulla. Sono solo molto stanco! (Poi si volta verso Francesco,

                 che recuperando le proprie cose, e lo scambia per sua moglie) Perdonami, Virgì.

                 Prende le mani a Francesco che lascia cadere le proprie cose, e Enzo gli dice:

                 Virginia, baciami!

                 Francesco lo osserva imbarazzato e sconvolto. Enzo insiste.

                 Su, baciami! Che aspetti?

                 Torna Virginia, anch’ella sconvolta.

Virginia: Oddio, la porta non si apre più!

Enzo:       (Parla a Francesco pensando fosse Virginia) La porta? E che c’entra la porta?

                 (Lascia le mani di Francesco e si volta, triste) Ho capito, tu pensi che io non ti

                 ami più. L’ho capito, sai! (Si siede sul poggiapiedi- Temistocle) Non mentire.

                 Enzo parla, mentre Virginia e Francesco si fanno segni di disperazione perché la

                 porta non si apre. Così Francesco va alla porta con Virginia. Intanto, Gaetano si

                 libera delle cose di Enzo e silenzioso cerca di andarsene, ma Enzo si volta e…

                 Vieni qua. (Si alza e gli prende le mani, parlandogli, pensando sempre che sia

                 Virginia). Io non sono un buon marito, perché lavoro sempre. Ma oggi basta,

                 voglio distrarmi. Se vuoi, amiamoci stesso qui! Comincia a spogliarti!

                 Gaetano si dispera.

                 Su, comincia a spogliarti! Che aspetti? Vuoi che ti spogli io?

                 Intanto accorre Virginia.

Virginia: Ehm… tesoro, ma dove hai messo le chiavi?

Enzo:          (Guarda Gaetano, sempre pensando che sia Virginia) Ma a che te sérvene?

Virginia:    Ehm… niente, voglio far passare un po’ d’aria!

Enzo:          (Guarda Gaetano, sempre pensando che sia Virginia) Tesoro, non capisco il

                    perché: ti ho di fronte, però sento la tua voce alla mia destra!

Virginia:    Ehm… effetto acustico!

Enzo:          (Lascia le mani di Gaetano, si distacca un po’ da loro, dandogli le spalle) Lo                      

                    vedi? Ho rovinato il nostro rapporto…

                    Virginia si allontana verso la porta e torna Francesco che nota Gaetano. I due

                    s’afferrano il collo e in silenzio si affogano! Enzo intanto parla ancora.

Enzo:          Io parlo del nostro amore e tu pensi alla porta di ingresso? Capisco, vuoi

                    fuggire. (Si volta verso i due e gli prende tutte e quattro le mani) Ma io non ti

                    lascio mai andar via! Basta, ho deciso: facciamo l’amore e non ne parliamo più!

                    I due lo guardano terrorizzati. Lui cerca di vedere i loro visi.

Enzo:          Tesoro, la mia vista è peggiorata. Mi pare di vedere che tu ci hai due teste! Ma

                    che dico? Ora ti bacio le mani! (Bacia le quattro mani dei due, poi resta

                    stupito) Ma… ma… ma quanta mane tieni?

                    Torna Virginia, felice, con una chiave in mano

Virginia:    (Bisbiglia ai due) Ce l’ho fatta, ho trovato la chiave della porta! (Va ad aprire)

Enzo:          (Cerca di guardare le quattro mani) Tesò, ma comme so’ strane ‘sti mmane!

Temistocle: Ecciù!

Gli altri:      (Si spaventano e gridano) Aaaaah!

Temistocle: (Rialzandosi, protesta) Insomma basta, finiamola con questa pagliacciata!

Enzo:           Virgì, ‘o poggia pede parla!

Temistocle: Ma qualu poggia pede e poggia pede. A voi due, sediamoci e diciamo tutta la

                     verità al marito di Virginia.

                     Francesco, Gaetano e Temistocle si siedono sul divanetto.

Sena Ultima. [Enzo, Virginia, Gaetano, Francesco, Temistocle, Caterina e Vincenzo]

                     Mentre i tre amanti di Virginia sono seduti, Enzo interroga sua moglie.

Enzo:           Ma che sta succedendo, Virgì? Chesta è ‘a voce d’’o signor Testicolo!  

Temistocle: Temistocle!

Enzo:           E nun è ‘a stessa cosa?

Temistocle: No! Ed ora ascoltatemi. Io non ne posso più di mentirvi. Noi tre vogliamo dirvi

                     tutta la verità.

                     Virginia fa segni ai tre di non parlare, ma Gaetano parla lo stesso.

Gaetano:     Caro signor Enzo, anche se Virginia ci fa segno di non parlare, è giusto che voi

                     lo sappiate: io, Temistocle e Francesco siamo gli amanti di vostra moglie.

Francesco:  Noi siamo tre amici che si sono finti pazzi per non farci sgamare.

Temistocle: Abbiamo finto di essere Presidente del mondo o dell’universo per fingere di

                     premiarvi d’aver salvato il Presidente del Consiglio.

Enzo:           Eh? Ma perché, allora non è vero che posso avere tutto ciò che voglio gratis?

Francesco:  (Se la ride) Ma scherzate?

Temistocle: (Se la ride) Ma ci avete creduto?

Gaetano:     (Se la ride) Ma secondo voi era vero?

Enzo:           Peccato, perché io ci tenevo. (Poi realizza) Un momento, ma il numero verde?

Letizia:        Signor Enzo, quella che rispondeva al telefono ero io!

Gaetano:        Ci dispiace di avervi ingannato. Voi siete una brava persona.

Francesco:     E non meritate quello che abbiamo fatto noi. A proposito, perdonate Virginia.

Temistocle:    E già. Alla fine non ha mai fatto niente poeticamente con noi. E’ stata solo

                        una perdita di tempo. Poeticamente!                         

                        I tre si alzano in piedi, gli stringono la mano a turno così come segue:

Gaetano:        Arrivederci.

Francesco:     Buona fortuna.

Temistocle:    Fate cose buone poetiche.

                        Escono via per il centro. Mara si alza in piedi e va da Enzo.

Mara:             Signor Enzo.

Enzo:             (Cerca di osservarla per capire chi è) Scusate, e voi chi siete? Una amante

                       donna di mia moglie?

Mara:             Ma che dite? Io sono l’agente immobiliare Mara Caibo. A questo punto, se

                       non volete più questa casa e volete venderla, ci penso io a trovare clienti.

Enzo:             No, no, grazie. Ci penserò e, se è il caso, vi farò sapere.

Mara:            Va bene, arrivederci.

                       Va via per il centro. Al che Letizia si alza in piedi e va da Enzo.

Letizia:          Signor Enzo, io sono Letizia. Non sono pazza, sono solo un poco strana.

                       Statevi bene. A proposito, se ve ne andate di casa, lasciatemi il letto: è

                       comodissimo! (Poi osserva Virginia) E a voi, signora, grazie delle scarpe!

                       Letizia esce via. Virginia la osserva perplessa.

Virginia:       Ma chi ce ha dato niente, a chella?

                       Al che Biagio si alza e va da Enzo.

Biagio:           Signor Enzo, sono Biagio, il funzionario del comune. C’è stato un equivoco,  

                       i pazzi, quelli veri, in questo quartiere non sono ancora arrivati.

Enzo:             E no,fate male a chiamarli pazzi. I veri pazzi sono quelli che uccidono; sono

                       quelli che intascano soldi e voti promettendo una vita migliore al prossimo e

                       poi fanno solo le cose per loro stessi; sono quelli che tradiscono la fiducia del

                       prossimo dopo averlo illuso; sono quelli che fanno del male sapendo di fare              

                       del male. I pazzi che dite voi non fanno paura. I pazzi che dico io… sì!

                       Biagio gli prende la mano e gliela stringe con stima. Poi esce via al centro.

                       Enzo allora si siede un po’ a tentoni sul divanetto.

                       (Fa il tic) Zzzz… zzzz… zzzz! Mannaggia, m’è turnato ‘o tic nervuso.

Virginia:       (Gli si avvicina) Enzo…

Enzo:             No, zitta, nun dicere niente. Per quello che mi hai fatto, non ci sta perdono…

Virginia:       Me ne devo andare?

Enzo:             Nun m’he’ fatto fernì. Non ci sta perdono, ma io non sono così cattivo. Devo

                       solo migliorare come marito. E la prossima volta scegliti meglio gli amanti!

                       Virginia, sorridente, gli siede accanto e lo abbraccia.

                       Hanno detto all’ospedale che devo curarmi gli occhi e che presto starò bene.

Virginia:        Sì, ammore mio, e io t’aiuto.

                       Squilla il cordless.

Enzo:             Aggie pacienza, Virgì, vide ‘nu poco chi è ‘o telefono.

Virginia:       Subito! (Si alza in piedi, va a prendere il cordless e risponde)Pronto! Sì?

                       Enzo Esposito? E’ mio marito? Ve lo passo subito. (Va da lui) Enzo, la

                       presidenza del consiglio dei ministri.

Enzo:             Cocch’atu scherzo?

Virginia:        No, ‘ncoppa ‘o display ce sta ‘o prefisso ‘e Roma.

Enzo:             Uh, e allora miette ccà ‘o telefono.

Virginia:        Sì, sì. (Glielo consegna)

Enzo:             Mò metto ‘o vivavoce. (Così fa e poi risponde) Pronto!

Voce masch.: Signor Enzo, sono il segretario della presidenza del Consiglio dei Ministri. E

                       lei è la persona che coraggiosamente ha salvato il nostro Premier. E’ così?

Enzo:              Sì, sì, sono io. Forse mi volete dare qualche premio? Mia fate comprare tutte

                       le cose che voglio io gratis?Grazie, accetto!

Voce masch.: Come? Volete un premio? Cioè, voi salvate il Presidente del Consiglio, e noi

                       vi dobbiamo pure premiare? Ma siete pazzo?

                       Enzo e Virginia si guardano perplessi.

FINE DELLA COMMEDIA