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RADICI

Trilogia

(Brodo di pollo con l’orzo Parlo di Gerusalemme)

Commedia in tre atti

Di ARNOLD WESKER

PERSONAGGI

Jenny Beales, sorella di Beatie Bryant

Jimmy Beales, suo marito

Beatie Bryant, amica di Ronnie Kahn

Stan Mann, un vicino dei Beales

La signora Bryant, madre di Beatie

Il signor Bryant, padre di Beatie

Il signor Healey, amministratore della fattoria

Frankie Bryant, fratello di Beatie

Pearl Bryant, sua moglie.

Commedia formattata da

La Trilogia è forse l'opera drammatica che più delle altre riesce a darci un quadro preciso e definito di Arnold Wesker. Il cosiddetto carattere neo-naturalistico di queste tre commedie riflette infatti in modo evidente la storia stessa dell'autore e del­la sua famiglia, le sue battaglie politiche, le sue illusioni e le sue delusioni.

Nato nel East End di Londra il 24 maggio 1932 da una fa­miglia di immigrati ebrei russi e ungheresi, termina le scuole a quattordici anni ed è subito costretto a esercitare un mestiere: apprendista in una fabbrica di mobili, aiuto carpentiere, com­messo di libreria, garzone di un idraulico, sguattero, cuoco, pa­sticciere (quest'ultimo lavoro sarà la base della sua prima com­media, The Kitchen, scritta nel 1959). Viene quindi arruolato nella Raf, e da questa esperienza doveva maturare, dodici anni più tardi, uno dei suoi lavori più riusciti, Chips with Everithing. Congedato, riprende il mestiere di pasticciere a Londra, poi la­vora come chef a Parigi, finché nel 1956 entra nella London School of Film Technique, dove incontra Lindsay Anderson; e finalmente prende avvio la sua carriera di drammaturgo. Nel 1958 viene messa in scena a Londra Chicken Soup with Barley - rappresentata in Italia nel febbraio 1963 dal Teatro Stabile di Bologna, protagonisti Gianni Santuccio e Lilla Brignone - e pubblicato il volume di miscellanea Six Sundays in January; nel 1959 è la volta di Roots, e il medesimo anno l'«Evening Standard» proclama Wesker «il più promettente autore teatrale dell'anno».

Queste molteplici esperienze di vita fanno di Arnold Wesker un socialista appassionato, utopista fino all'ingenuità. I grandi problemi sociali si traducono in esperienze dirette: difesa della dignità del lavoro, conquista dei mezzi d'espressione, maggior tempo libero (nel i960 Wesker si fa promotore di un centro ar­tistico culturale, il Centre 42, per la diffusione della cultura, centro che diresse fino al 1971). Nella sua opera la protesta contro la società, l'irritazione nei confronti di tradizioni anacroni­stiche e polverose, la delusione per l'imborghesimento della po­litica progressista, si esprimono con una tristezza amara.

Nella trilogia, comprendente Chicken Soup with Barley (1958), Roots (1959) e l'm Talking about Jerusalem (i960), Wesker descrive dunque un mondo che conosce, esperienze da lui stesso vissute, ideali, sogni e delusioni che sono parte inte­grante della sua vita e del suo carattere. In Brodo di pollo con l'orzo son narrate le vicende dei Kahn, famiglia di immigrati ebrei ungheresi che passano dall'entusiastico comunismo degli anni 30 (guerra di Spagna, scioperi, manifestazioni antifasciste), al rassegnato conformismo del dopoguerra e infine, negli anni 50, e in particolare dopo i fatti d'Ungheria, al triste crollo de­gli ideali e delle speranze. Radici, ambientato nelle campagne del Norfolk, mostra, dopo varie vicissitudini, il risveglio inte­riore di una ragazza di campagna che ritorna da Londra e la sua avversità/diversità nei confronti della ristretta esistenza - ma­teriale e soprattutto morale e politica - della classe contadina. In Parlo di Gerusalemme ritroviamo i Kahn e il loro tentativo, miseramente fallito, di creare una impresa artigianale « sociali­sta» in campagna.

Di Arnold Wesker, oltre alle opere già citate, possiamo ri­cordare: Menace (1963), Their Very Own and Golden City (1964), The Tour Season (1965), The Friends (1970), The Old Ones (1972), The Journalists (1972), The Wedding Feast (1973), The Merchant (1975).

ATTO PRIMO

Una casetta mezzo cadente nel Norfolk, senz'acqua, luce elettrica e gas. Tutto è in rovina, i mobili a buon mer­cato e vecchi. È disordinata perché c'è un bimbo piccolo e poche comodità, cosi che la madre è sovraccarica di lavoro. In giro c'è un po' di tutto: carte e biancheria, cappotti, catini, una bagnarola di stagno piena di camicie e indu­menti da lavare, e lanterne e fornelli a petrolio. La roba lavata è stesa su una corda tirata nella stanza. È settem­bre. Jenny Beales è all'acquaio e lava. Canta l'ultima canzo­netta. È bassa, grassa e cordiale, e porta gli occhiali. Si sente una voce infantile che grida dalla camera:

Voce                             - La chicca, mamma, la chicca!

Jenny                             - (di buon umore) Chetati, Dafne e dormi. (Va a prendere un canovaccio).

Voce                             - Dafne vuole chicca, chicca, chicca!

Jenny                             - (va alla credenza a prendere il dolce) Ti giuro, bam­bina, che se il babbo ti trova sveglia te le suona. (Va in camera col dolce) Toh! e ora dormi, non ti voglio col broncio domattina.

Entra Jimmy    Beales. Anche lui è piccolo, tarchiato, con pochi capelli biondi, colorito. Fa il meccanico in un ga­rage. Indossa una tuta azzurra e sulla spalla porta un sacco militare. Spinge dentro la bicicletta e l'appoggia al muro. Sembra che abbia un dolore alla schiena.

Jenny                             - (rientra) E ora che hai?

Jimmy                           Non lo so, ragazza. Ho un dolore nelle budella uno fra le spalle e sto appena in piedi. jenny E allora siediti e ti porto la cena.

Jimmy                           Porca miseria! ancora non ho fame! (Raccatta un cuscino e si sdraia sul divano, stringendosi il cuscino contro lo stomaco).

Jenny                             - (lo osserva per un po') Ma insomma non lo sai che male hai?

Jimmy                           E che ne so!

Jenny                             - Ho detto alla mamma che tu avevi un dolore e lei dice che è indigestione.

Jimmy                           Che diavolo c'entra l'indigestione fra le spalle?

Jenny                             - Lei dice che certi hanno l'indigestione cosi forte che gli va dallo stomaco alla schiena.

Jimmy                           Non far la scema.

Jenny                             - Lo dicevo anch'io. Va' là, mamma, l'indigestione non viene alla schiena. E che ne sai - dice lei - io l'ho avuta!

Jimmy                           Qual è il male che non ha avuto.

Jenny                             - torna a lavare mentre

Jimmy                           si dimena sul diva­no.

Jenny                             - canticchia. Tacciono - poi...

Jenny                             - Chi hai visto oggi?

Jimmy                           Solo il dottor Gallagher.

Jenny                             - (voltandosi) Chi hai visto?

Jimmy                           Gallagher. Sua moglie l'ha portato colla vecchia Armstrong.

Jenny                             - Be'! Accidenti a me se questa non è bella!

Jimmy                           (si alza e va alla tavola, il dolore è passato) E che c'è?

Jenny                             - (va a prendere la cena dal forno) Eravamo a gioca­re a carte al villaggio e Judy Maitland ci disse che era morto. Perché dice che aveva un cancro l'anno scorso e non gli danno più di tre settimane di vita, no?

Jimmy                           Vecchi corvi! Ci vuole almeno un morto per scuo­terli.

Jenny                             - No, più di tre settimane.

Voce di ragazza            - (fuori) Io-ho! Io-ho!

Jimmy                           - Tua sorella.

Jenny                             - E’ lei.

Voce di ragazza            - Io-ho! C'è nessuno a casa?

Jenny                             - (chiama) Vieni su, ragazza, non stare a chiamar tanto.

Entra Beatie Bryant, una giovane donna di ventidue an­ni ampia, bionda, con la faccia della salute - porta una borsa.

Jimmy                           - Eccola.

Jenny                             - (riservata ma contenta) Ciao Beatie, come stai?

Beatie                            - (pure riservata ma contenta) Ciao, Jenny, come stai? Cos'è questo buon odorino?

Jenny                             - Cipolle per cena, e pane per la festa del raccolto.

Beatie                            - Ehi, Jenny Beales, come ti va?

Jenny                             - Non c'è male, ragazza, e tu?

Beatie                            - Benone. Quando vieni a Londra per la partita?

Jimmy                           Oh, accidenti, non me ne so che fare di queste co­se. Il vecchio Bryant ci andò in mezzo a quella folla e di­ceva (imitandolo) e piantala di spingere - diceva - pian­tala di spingere.

Jenny                             - Dov'è Ronnie?

Beatie                            - Vien giù fra due settimane.

Jimmy                           Non vi siete ancora sposati?

Beatie                            - No.

Jimmy                           E spicciati, ragazza, i fidanzamenti lunghi son guai.

Jenny                             - Chetati

Jimmy                           Beales, e mangia, tutte le volte che parli perdi un boccone. E poi ti lamenti dei dolori alle spalle.

Beatie                            - Hai avuto i dolori, Jimmy?

Jimmy                           Si, accidenti, proprio in mezzo alle spalle.

Jenny                             - La mamma dice che è l'indigestione.

Beatie                            - Che diavolo c'entra l'indigestione fra le spalle?

Jenny                             - La mamma dice che certi hanno l'indigestione cosi forte che gli va dallo stomaco alla schiena.

Beatie                            - Non dir scemenze.

Jenny                             - Lo dicevo anch'io. Scemenze. Mamma, l'indigestione non viene alla schiena. E che ne sai - dice lei - l'ho avuta!

Beatie                            - E che non ha avuto! Come sta?

Jenny                             - Sempre lo stesso. Quanto resti questa volta?

Beatie                            - Qui due giorni, e due settimane a casa.

Jenny                             - Hai fame?

Beatie                            - Che ci hai?

Jenny                             - Quel che vedi.

Beatie                            - Fegato? Me lo mangio. (Si accomoda, prende un fumetto da una pila sul tavolo e legge).

Jenny                             - Poi c'è il gelato.

Beatie                            - (leggendo) Si.

Jenny                             - Ma guardatela! Appena entra si butta sui fumetti Li leggi ancora quei vecchiumi?

Jimmy                           È sempre la stessa, no?

Beatie                            - È buffa! Appena vengo a casa ritorno com'ero non mi pare di esser stata via. Faccio le stesse scemenze e gli stessi discorsi. È buffo!

Jenny                             - Che dice Ronnie?

Beatie                            - Non gliene importa, e poi non lo sa, qui non c'è stato mai, in tre anni che lo conosco. Ma sentite (si alza di scatto e parla muovendosi) io leggero i fumetti che comprava per suo nipote e lui si scocciava. (Ora ripete le parole di Ronnie, e lo imita tanto bene nei gesti e nella Voce che, col proseguire della commedia, vediamo lui at­traverso lei) Cristo, ragazza! e che ci trovi da metterci tanta attenzione? e io sapete che facevo? prendevo una copia del «Manchester Guardian» e mi mettevo a sede­re con quella davanti al fumetto.

Jimmy                           II «Manchester Guardian»? Poveri noi... ci tien poco a divertirsi!

Beatie                            - Anch'io glielo dicevo: divertirsi? diceva, diver­tirsi? Suonare uno strumento è divertente, dipingere e divertente, leggere un libro è divertente, parlare cogli amici è divertente - ma i fumetti? per una donna di ven­tidue anni?

Jenny                             - (passando la pietanza e sedendosi) Mi sembra un bello strambo. Siediti e mangia.

Beatie                            - (entusiasta) Però è vivo

Jimmy                           - Vivo? Lo chiami vivo? E che è vivo uno che non legge i fumetti? E che è vivo uno che legge i libri e guarda iquadri e ascolta la musica classica? (Silenzio. La do­manda ha in sé la risposta). Be', forse per qualcuno va bene.

Beatie                            - E poi mi strappa il fumetto e se lo legge lui!

Jenny                             - Ma allora non gliene importava tanto.

Beatie                            - No, perché a volte io leggo anche i libri. Non c'è nulla di male nei fumetti - dice - e poi monta su una sedia per predicare ma non vuol parere troppo dramma­tico.

Jimmy                           - Eh?

Beatie                            - Così, guarda. (Monta su una sedia) «Non c'è nul­la di male nei fumetti, ma c'è sempre qualcosa di storto. Non c'è nulla di male nel football, ma c'è di male se è solo football. Non c'è niente di male nel rock-'n-roll, ma che Dio mi salvi da una ragazza che non fa che quello». (Siede e poi si rialza, ricordando qualche altra cosa) Ah, si! «e non c'è nulla di male nel parlare del tempo, ma a me non me ne parlate! » (Si siede).

Jimmy e Jenny si guardano come se Beatie e Ronnie fos­sero un po' scemi. Jimmy   si alza e si infila stivali e gam­bali per uscire in campagna.

Jenny                             - Ma allora non ti fa sempre delle scene.

Beatie                            - Un tempo si. Quando lui si occupava delle mie pratiche. Una volta ero senza lavoro e mi dimenticai di chiedere il sussidio di disoccupazione. Fu lui che mi dis­se di farlo. Ma quando lo chiesi mi dissero che non c'e­rano marchette abbastanza e cosi non avevo diritto. Io non sapevo cosa dire, ma lui si. Andò a litigare per me - è come sua madre, litiga con tutti, e poi l'ho avuto. Io non sapevo che parole dire, come parlare turco - pen­sate un po', una ragazza nata e cresciuta inglese e non so panare altro che per comprarmi da mangiare e i vestiti, cosi delle volte quando era nero se la rifaceva con me. Di che sai parlare? - diceva. - Su, scegli un argomento. Parla. Usa la lingua. Lo sai cos'è una lingua? » Bè io veramente non ci avevo mai pensato, e voi? Viene naturale come camminare. «Bene, la lingua sono parole – diceva come se rivelasse un segreto - sono ponti perché h possa andar sicura da un posto all'altro. E più ponti co nosci, in più posti puoi andare! » (A Jimmy) E tu lo sa" quel che succede quando vedi un posto e non sai dov'è il ponte per andarci?

Jimmy                           (seccato) Accidenti ragazza, ma di che diavolo par. li.

Beatie                            - Proprio cosi. Vedi, ora litighi. E pure i litigi sono belli. Mi piace una litigata. E allora lui diceva: «Ponti! Ponti! Ponti! Adopra i tuoi ponti, donna. Ci son volute migliaia di anni a costruirli e adoprali! » E io mi arrab­biavo. «Al diavolo i tuoi ponti, - dicevo. - Al diavolo te e i tuoi ponti, io voglio litigare». E allora faceva una smorfia: «Vuoi litigare? - domandava. - Senza ponti questa volta?» «Senza ponti», dicevo, e si litigava. Qualche volta mi faceva dispiacere, ma poi pian piano ci pensava lui a farmelo, il ponte - e poi facevamo l'a­more! (Innocentemente seguita a mangiare).

Jenny                             - Che facevate?

Beatie                            - L'amore. Di pomeriggio. L'hai mai fatto? È l'ora migliore. Si esce la sera, si vedono gli amici, si dorme la notte, si studia, si lavora e si fanno le faccende la mat­tina; ma l'amore, vivo e fresco, quando hai tanta ener­gia, l'amore si fa il pomeriggio.

Jimmy                           E che fai, smetti di lavorare ogni pomeriggio per farlo?

Beatie                            - Parlo della fine di settimana e delle feste, scemo!

Jenny                             - O via, Beatie, smettila!

Beatie                            - E vai all'inferno,

Jenny                             - Beales! Diventi rossa! Non l'hai mai fatto l'amore di pomeriggio? Domandalo a Jimmy.

Jenny                             - (si alza per prendere il dolce) Chetati ragazza e mangia il gelato. È di fragole. Ne vuoi ancora, James?

Jimmy                           - (servendosi mentre si allaccia le scarpe) Si, grazie, di vaniglia. (Mangia) Buona crema, eh? fatta col latte bianco di una vacca del Jersey.

Beatie                            - Anche questo è buono - è fatto col latte rosa ma­gari.

Pausa.

Jimmy                           - Si! (Pausa). Viene da una vacca rosa!

Pausa. Gustano la crema.

Jenny                             - (mangiando) Beatie, te lo ricordi Dickie Smart?

Beatie                            - (mangiando) Chi?

Jenny                             - (mangiando) Abbiamo bevuto un bicchiere con lui da Stork l'altra volta che eri qui.

Beatie                            - (mangiando) Si.

Jenny                             - Be', un toro l'ha incornato martedì scorso. A mo­menti gli portava via l'orecchio sinistro, gli ha sfondato un ginocchio e ammaccato le costole, e gli ha strappato i tendini delle gambe.

Pausa mentre finiscono di mangiare.

Beatie                            - (eufemisticamente) Se l'è vista brutta, allora.

Jenny                             - Già. (A Jimmy) Esci?

Jimmy                           Mm.

Jenny                             - toglie i piatti.

Beatie                            - Hai ancora il tuo podere, Jimmy?

Jimmy                           Si.

Beatie                            - E un po' duro con questa stagione. /imy^ Non c'è male per ora, fra qualche settimana la terrà

Sara                               - buona.

Beatie                            - Che hai raccolto quest'anno? immy Patate, carote, cavoli, come al solito. Barbabieto­le, lattuga, cipolle e piselli. Ma non sono in gamba que-st anno.

Jenny                             - Quella roba mi piace poco.

Beatie                            - Ti è andata abbastanza bene allora.

Jimmy                           Già. (Arrota una falce).

Beatie                            - (salta su) Ti aiuto a rigovernare.

Jenny                             - E va bene, ragazza.

Beatie                            - Dov'è l'asciugatoio?

Jenny                             - Eccolo.

Beatie                            - aiuta a togliere i piatti di tavola e incomincia aH aiutare a rigovernare. È un silenzio che ha bisogno di es sere organizzato. Per tutta la commedia non si ha segno di vita intensa da parte di alcuno dei personaggi. Gli scatti di Beatie sono l'unica eccezione. Continuano a vivere col solito ritmo campagnolo. Viene il giorno, si dor­me la notte, c'è sempre l'inverno, la primavera, l'autun­no e l'estate - ben poche cose li meravigliano. Parlano a salti e a scatti, un chiacchierio piuttosto, e talvolta par­lano rapidamente, recitando come se fossero davanti a un pubblico. Il loro senso dell'umorismo è acuto e secco. Non mostra­no affetto l'uno per l'altro - quantunque ciò non vuol dire che non soffrirebbero se uno di loro morisse. I si­lenzi sono importanti - importanti quanto il loro modo di parlare, se vogliamo conoscerli.

Jenny                             - Che n'è di quello sciopero a Londra? Com'è Lon­dra senza gli autobus?

Beatie                            - Un incanto! Niente rumore - e le strade, tu le ve­dessi le strade! piene di gente. La città sembra umana.

Jimmy                           Se chiamano noi territoriali, glielo faremo finire lo sciopero.

Beatie                            - Una vigliaccata che un lavoratore parli cosi dei compagni!

Jimmy                           Vigliaccata un corno, vigliaccata hai detto? Quan­to guadagnano quelli degli autobus, quanto guadagna­no? E noi contadini quanto si guadagna? Lo sai, ragaz­za?

Beatie                            - E allora che i contadini facciano sciopero anche loro! Se un tramviere non fa sciopero non aiuta mica un contadino, no?

Jenny                             - Ma sai che hanno avuto un aumento. Al vecchio Bryant gli hanno aumentato sei scellini e sei soldi la settimana come porcaro, e Frank ha l'aumento di sette e sei perché guida il trattore.

Jimmy                           - Ma vedrai che al castello ne licenzieranno qualcuno.

Jenny                             - E’vero Beatie. Sono certi fottuti, giuro Dio che è vero. Tutte le volte che c'è un aumento ne licenziano qualcuno. E non si sbaglia mai. Facci caso - chiedilo al vecchio Bryant quando vai a casa, domandagli quanti ne hanno licenziati dopo l'aumento!

Beatie                            - Ma intanto lui non lo licenziano mai. Dove lo trovano un tipo che guarda i porci per sette giorni della settimana e fa l'orario che fa lui!

Jenny                             - È un bel cretino. (Pausa). Te l'ha detto Jimmy che l'hanno scelto per il raduno dei territoriali quest'anno, a Londra?

Beatie                            - E che cos'è? Che ci si fa?

Jimmy                           Si va in giro e si marcia armati, e roba simile.

Beatie                            - Vorrei sapere a che ti serve.

Jimmy                           Non te lo immagini? Dobbiamo far vedere che possiamo difendere il paese. Mostrate le armi e impedi­rete la guerra.

Beatie                            - (ha finito di asciugare) Un corno mostrerete! (Va a disfare la valigia) Ecco un regaietto per la casa! Se ti casca in testa una bomba a idrogeno, cose te ne fai di quelle armi che hai in mano? (Cerca gli altri pacchetti).

Jimmy                           Cosi dici, ragazza? Cosi dici? Però gli farà una bel­la paura a quegli altri farabutti.

Beatie                            - A te farà paura! (Trova i pacchi) Regali per il bambino.

Jimmy                           E com'è che t'intendi di queste cose tutto a un tratto?

Jenny                             - (svolgendo una tovaglia) Grazie infinite, Beatie. Proprio quel che mi serviva!

Beatie                            - A te non te ne importa di difendere il paese, Jimmy a te ti piace giocare ai soldati.

Jimmy                           - E allora in quell'altra guerra cosa facevo? Ci can­tavo, in trincea?

Beati                             - Hai mai sentito parlare di Chaucer, Jimmy?

Jimmy                           - No.

Beatie                            - Lo sai chi è il deputato del tuo collegio?

Jimmy                           Insomma dove vuoi arrivare, ragazza? Smettila con gli indovinelli.

Beatie                            - Lo sai come sono cominciati i sindacati? E ci cre­di allo sciopero?

Jimmy                           No a tutte e due.

Beatie                            - E allora cosa vai a difendere, alla guerra?

Jimmy                           (seccato) Beatie, è un pezzo che te ne sei andata via, adesso hai un ragazzo che ha un'istruzione e che for­se ti ha insegnato parecchio. Ma non venire a predicarci le tue idee. Stiamo bene cosi. Vieni quando ti pare - ci fa piacere - ma lascia la politica fuori della porta, per­ché finirà male, ti avverto. (Se ne va).

Jenny                             - Accidenti! l'hai proprio colpito nel debole. Ci muore dietro a quei territoriali, ci muore! metà della sua vita sono.

Beatie                            - (ora è turbata) E perché ha paura di parlare?

Jenny                             - Non ha paura di parlare, Beatie, accidenti!

Beatie                            - Ma non parlare, parlare davvero, adoprare i pon­ti. A volte sto con Ronnie e i suoi compagni e li ascolto parlare di cose, e sai, metà delle parole non le ho mai sentite.

Jenny                             - E lui non te lo dice quello che voglion dire?

Beatie                            - Mi arrabbio quando seguita a dirmelo, e poi vuo­le che io domandi. (Ora lo imita con minore entusia­smo) «Domanda sempre, alla gente gli piace di dirti le cose che sanno, domanda sempre e la gente ti rispet­terà».

JENNY                         - E tu lo fai?

Beatie                            - No! Non lo faccio. E sai perché? Perché son te­starda, son come la mamma, una testarda. Non so per­ché ma non ci riesco a domandare e sai che? M'arrabbio quando li sto a sentire. Appena si mettono a parlare di cose che non so o che non capisco, m'arrabbio.

Stan                               - se­duti là, e parlano a caso e poi a un tratto si voltano e ti dicono «Non ti pare?» come a scuola: ti scelgono e ti chiedono una cosa che non sai. A volte sto zitta, a vol­te me ne vado a letto o esco dalla stanza. Come Jimmy, proprio come Jimmy.

Jenny                             - E Ronnie che ne dice?

Beatie                            - S'arrabbia anche lui. «Perché non lo domandi a me? Per amor di Dio, perché non me lo domandi? Non lo vedi che crepo dalla voglia di dirtele le cose? Basta che me le chiedi».

Jenny                             - E lui ti sposa?

Beatie                            - Perché no?

Jenny                             - Mi rincresce, ragazza, non te la prendere a male, ma non mi sembra che tu e lui abbiate molto in comune.

Beatie                            - (forte) Non è vero! Ci amiamo!

Jenny                             - Se lo sai tu...

Beatie                            - (piano) No, non lo so. Non lo saprò finché non viene qui. Il primo giorno che andai a fare la cameriera all'Hotel Dell e lo vidi che lavorava in cucina, me ne in­namorai, e pensai che fosse facile. Gli corsi dietro per tre mesi, gli facevo complimenti e regali: finché ci andai a letto. Lui non me lo disse mai che mi amava, e non me ne importava, ma dopo che mi prese pensò che era re­sponsabile di me, e io glielo lasciai credere. Dovrà amar­mi per forza - pensavo. Sapevo poco di lui, solo che era diverso e che scriveva sempre. E poi lui andò a Londra, e io dietro. Prima non ero mai stata lontana da casa, ma lo feci per lui, e lui tutto il tempo pensava che non mi poteva abbandonare, e io glielo lasciavo credere. E poi lo conobbi meglio. Si interessava di certe cose che non sapevo nemmeno che esistessero, della politica, dell'ar­te, e si provava ad insegnarmi. Lui è socialista, e diceva che coi discorsi non si può portare il socialismo in un paese, ma forse si può passarlo a chi ti vive vicino. E cosi facevo finta di interessarmi, ma ci capivo poco. Lui prova sempre a insegnarmi, ma non ce la faccio a capire, Jenny, e pure allo stesso tempo voglio mostrargli che la buona volontà ce l'ho. Soltanto non sono abituata a stu­diare. Si studia a scuola, e ormai è tardi.

Jenny                             - Accidenti! ci credo poco che sarai felice! Come di­cevo io.

Beatie                            - Ma io lo amo.

Jenny                             - Allora sei matta.

Beatie                            - Ora un'altra vita non la potrei avere.

Jenny                             - Be', non lo so davvero.

Beatie                            - (scherzosamente canzonandola) Be', non lo davvero! (a un tratto) Vieni ragazza, ti insegno a fare una torta.

Jenny                             - Una torta?

Beatie                            - Me l'ha insegnata Ronnie.

Jenny                             - Ah, allora quello l'hai imparato?

Beatie                            - Ma lui non lo sa. Mi dava sempre sui nervi quando mi voleva insegnare anche a cucinare. Cristo! Dovevo sapere qualcosa, e qualcosa ci restava.

Si è fatto scuro.

Jenny                             - (incomincia ad accendere una lamp

Ada                               - a petrolio) Era difficile, allora?

Beatie                            - Non ti preoccupare, ragazza, dopo sposati andrà tutto bene. Dopo sposata e coi bambini non ci

Sara                               - biso­gno che m'interessi nemmeno della metà delle cose alle quali mi tocca interessarmi ora.

Jenny                             - No, di certo. Per i bambini l'educazione non serve.

Beatie                            - No. I bambini sono i bambini... si fanno.

Jenny                             - Maialetti!

Beatie                            - Ne farai un altro, Jenny?

Jenny                             - Ma, sicuro! Cosa credi? Che Jimmy non lo vuole un bambino suo?

Beatie                            - Jimmy è un buon uomo.

Jenny                             - Sicuro.

Beatie                            - Mica tutti gli uomini ti avrebbero preso col bam­bino.

JENNY                                   - No.

Beatie                            - Non ti ha fatto mai domande? Chi era il padre-nulla?

JENNY                                   - No.

Beatie                            - E tu non l'hai detto a nessuno, Jenny?

Jenny                             - No davvero!

Beatie                            - E allora, ragazza mia, non lo dire neanche a me.

La lampada a spirito si spegne proprio quando Jenny finisce di pompare quella a petrolio e la scena si illumina.

Jenny                             - (severa) Ora, Beatie, piantala. Tutte le volte che vieni qui mi chiedi la stessa cosa e mi hai stufato. Son cose passate. Nessuno ne parla e nessuno lo sa. Hai in­teso?

Beatie                            - Tu lo ami Jimmy?

Jenny                             - Amarlo? E chi ci crede in queste sciocchezze? Ci siamo sposati, è tutto.

Beatie                            - (a un tratto si guarda attorno e si accorge del disor­dine che regna nella stanza) Jenny Beales! guarda que­sta casa. Guardala!

JENNY                                   - La vedo-che c'è?

Beatie                            - Diamole una ripulita.

JENNY                                   - Che ripulita?

Beatie                            - In questa casa - ci starai tutta la vita?

JENNY                                   - Me ne compri un'altra tu?

 Beatie                           - Piantati in questo deserto, e soli vicini Stan Mann e la sua vecchia, e intorno null'altro che buche di sab­bia. Ogni volta che piove sembrate alluvionati.

Jenny                             - Jimmy non guadagna abbastanza per avere di più.

Beatie                            - Ma c'è un disordine!

JENNY                                   - Non vorrai mica che diventi come mia sorella Su­sanna, no? Sai quanto è pulita - è una maledetta pigno­la, che lucida perfino lo scarico del gabinetto!

Beatie                            - Vieni via, mettiamo un po' in ordine. Mi ci di­verto tanto.

Jenny                             - E le torte? le torte? Uh! misericordia, il pane! (Corre al forno e ne toglie una bellissima treccia di pane. L'ammira) Di questa poi non c'è nulla da dire. Guarda che meraviglia, Beatie!

Beatie                            - La mangerei ora.

Jenny                             - Ma che hai fame un'altra volta?

Beatie                            - (precipitandosi sugli abiti che sono in giro) Ho sempre fame un'altra volta. Ronnie dice che mangio più del necessario. «Se ingrassi ti pianto... senza discus­sione!»

Jenny                             - (mette il pane su un piatto ovale per riporlo) J? l c'è di male a esser grasse.

Beatie                            - C'è poco da scegliere, figlia mia. (Vede la bicicletta) La bicicletta! E che diavolo ci fa in un salotto? La metto fuori.

Jenny                             - Jimmy poi non la trova.

Beatie                            - Non far la scema, una bicicletta si vede! (La pnr ta fuori) Jenny, comincia a metter via i panni.

Jenny                             - Ma dove li metto!

Beatie                            - (da fuori) Hai i cassetti, hai gli armadi.

Jenny                             - Son tutti pieni.

Beatie                            - (entra - sprizza energia) Vien qui, vediamo (Guarda) Ma vattene! C'è posto per dieci famiglie! Per­ché ficchi tutto dentro come viene, ecco perché. Qua -dammi una mano, (girano fuori indumenti di tutti i ge­neri dall'armadio e incominciano a piegarli). Come stan­no Frankie ePearl ?

Jenny                             - Stanno bene. Lo sai che lei e la mamma non si par­lano?

Beatie                            - Come, di nuovo? Di chi è la colpa questa volta?

Jenny                             - Che ne so, la mamma dice che è colpa diPearl, Pearl dice che è colpa di mamma...

Beatie                            - Be', faranno meglio a decidersi alla svelta di chi è la colpa, perché voglio invitare tutta la famiglia al tè per fargli conoscere Ronnie.

Jenny                             - Ma neanche Susanna e la mamma si parlano. Avrai un bel lavoro a far pace!

Beatie                            - All'inferno! e perché han litigato quelle due?

Jenny                             - Susanna poco se la diceva con sua madre, lo sai - e allora pare che Susanna ha comprato qualcosa al consor­zio da Pearl e Pearl l'ha dato alla mamma e la mamma l'ha mandato a Susanna a mezzo del pescivendolo che sta di porta accanto alla sua nelle case del Comune. E Su­sanna era infuriata perché non voleva che i vicini sapes­sero che compra al consorzio. E cosi non si parlano.

Beatie                            - Bambocci! Mi fanno rabbia.

Jenny                             - E lo sai che c'è con Pearl, no? È perché la mamma ha sempre pensato che non era abbastanza per suo figlioFrankie.

Beatie                            - Ma non lo è davvero!

Jenny                             - Ma che ha di male? Io ci vado d'accordo.

Beatie                            -Non ha niente di male, ma non è abbastanza perFrankie, ecco tutto!

Jenny                             - Senti un po' chi ha la mentalità ristretta, ora!

Beatie                            -Vuol sempre più di quel che lui le può dare.

Jenny                             - E io ne conosco un'altra che voleva sempre più di quel che aveva.

Beatie                            - (imbronciata) Non è la stessa cosa.

Jenny                             - Sicuro che lo è.

Beatie                            - No che non lo è.

Jenny                             - Lo è, figlia mia! (Imitando Beatie bambina) Voio a-nana - a-nana, Frankie prende mia a-nana - nana.

Beatie                            - Be', se mi piacevano le banane.

Jenny                             - Ti piaceva tutto quello che potevi acchiappare e la mamma te lo dava, perché eri la più piccola. Io e Su­sanna e Frankie, mai nulla avevamo per colpa tua, sol­tanto ceffoni.

Beatie                            - Proprio vero, guarda! Tutto vi davano, e a me nulla!

Jenny                             - Si aveva soltanto quello che si poteva rubare dalla credenza e tu andavi a far la spia alla mamma.

Beatie                            - No che non ci andavo.

Jenny                             - Ah, no eh! Sapessi quante volte t'avrei strozzata - senza tanti complimenti - ecco, senza complimenti t'a­vrei strozzata finché crepavi.

Beatie                            - O piantala,

Jenny                             - Beales. (Hanno finito di piega­re i vestiti, han messo via quasi tutto il bucato e gli in­dumenti che erano in giro per la stanza). Ecco. (Si alza e si guarda attorno - trova dei cappotti ammucchiati e li appende dietro la porta) Ti comprerò degli attaccapanni.

Jenny                             - Prima comprami due cappotti da appenderci.

Beatie                            - (guardando attorno) A che tocca, ora? bottiglie, barattoli, carabattole, pentole, tazze, carte - tutto sotto­sopra. Guarda che roba! Su! (Tenta di mettere le cose a posto o almeno di nasconderle).

Jenny                             - Ci hai dato dentro in questa stanza come un ciclo­ne, un ciclone.

Jimmy                           crederà di aver sbagliato casa, quando torna, e io non troverò più nulla.

Beatie                            - Su, piglia una scopa. (Ora gorgoglia con rumori quasi animaleschi tanto è eccitata. È felice come una bambina) Come sta il babbo?

Jenny                             - Sempre più tirchio.

Beatie                            - Cos'è che non ti vuol dare, ora?

Jenny                             - Non c'entro io, mi può fare quel che vuole che non me ne importa. Parlavo della mamma.

Beatie                            - O non le dà parecchi soldi?

Jenny                             - Soldi? deve tirare e risparmiare sempre – sempre. Ma dopo tutto non è mai stato diverso da quando eravamo piccoli, no?

Beatie                            - No.

Jenny                             - Sai che? Non mi farebbe meraviglia se la mamma fosse piena di debiti: proprio non mi farebbe meravi­glia.

Beatie                            - Oh, questo no.

Jenny                             - Guarda un po'! Perché dici cosi, Beatie? Lo sai quanto le dà la settimana.

Beatie                            - Sei sterline?

Jenny                             - Sei sterline un corno! Quattro e mezzo. E ci deve mandare avanti la casa e comprare i vestiti.

Beatie                            - Ma dopo tutto son due persone.

Jenny                             - E provaci a far da mangiare per due con quattro sterline e mezzo. Versa sette scellini e mezzo al consor­zio di Pearl per i vestiti, due e mezzo per il Totocalcio e uno scellino alla settimana per la lotteria dei laburisti. (A un tratto) Accidenti! a momenti non te lo dicevo!

Pearl                              - ha vinto l'altra settimana.

Beatie                            - Cento sterline?

Jenny                             - Cento sterline! e la vecchia Dyson che stava dalle parti di Startson è uscita seconda e ne ha preso settanta­cinque.

Beatie                            - Nessuno me l'ha scritto.

Jenny                             - Perché non scrivi mai.

Beatie                            - Che ci farà? Comprerà un televisore?

Jenny                             - Un televisore? No, lo sai che non hanno neanche la luce elettrica. No, dice che ci compra i vestiti per i bambini.

Si sente il rumore di un vecchio ubriaco che si avvicina, e insieme la voce di Jimmy.

Ubriaco                         - ( canta) Me ne vengo da Bangay Town e mi chiamo Bungay Jonnie.

Jenny                             - Che possa andare all'inferno se questo non è

Stan                               - Mann, ubriaco di nuovo. Chi c'è con lui, Jimmy? (Ascolta)

Beatie                            - Credevo che

Stan                               - Mann fosse paralitico.

Jenny                             - Ma non gli impedisce di essere paralizzato dalla Sbronza. (Ascolta ancora) Scommetto che Jimmy lo por­ta in casa. Una fortuna si è bevuto, un'intera fortuna. Ti ricordi che carovana di macchine aveva, e tutta quella terra, e il bestiame e le galline? Già, e ora ha solo qual­che ettaro e qualche vecchio pollo. Se l'è bevuti tutti. Due colpi ha avuto a furia di bere, e ora è paralizzato da una parte. Ma se credi che smetta di bere - no dav­vero!

Jimmy                           - (entra, getta la giacchetta sul divano, si toglie gli sti­vali e le ghette sorridendo) Vecchio scemo!

Jenny                             - Stavo dicendo a Beatie che si è bevuto una fortuna - no?

Jimmy                           Se beve ancora un po' ci rimane.

Jenny                             - È vero che aveva un sacco di vacche, di macchine e di terra? e che si è bevuto tutto?

Jimmy                           Quel vecchio porco non sa smettere.

Jenny                             - Gli basterebbe la metà dei soldi che si è bevuto!

Jimmy                           Se l'è fatta addosso!

Jenny                             - Che ha fatto? E dove?

Jimmy                           Vicino al mio podere.

Jenny                             - E tu che hai fatto?

Jimmy                           E venuto verso di me - me ne sono accorto subito ie era sbronzo da come camminava. Viene verso di me e mi fa «Buona sera

Jimmy                           Beales, bello il tuo raccolto». «Si» dico io, e lui si china per prendere una carota e gri­da «Ohi! l'ho rifatta! » e appena ha detto che l'aveva ri-itta ho capito che cosa gli era successo. Cosi gli ho ti-rato giti i calzoni e l'ho lavato colla manichetta.

Jenny                             - Oh! Jimmy! No!

Jimmy                           Certo che si! Gli ho dato una bella doccia e l'k portato a casa con un sacco intorno al corpo.

Jenny                             - Ci lascerà la pelle.

Jimmy                           Macché!... è forte come un bue.

Jenny                             - E i calzoni e il resto, che ne hai fatto?

Jimmy                           L'ho buttati nella concimaia - son buoni terra!

Stan                               - (entra. Non è poi tanto ubriaco. L'acqua fredda oli l'ha fatta un po' passare. È vecchio - circa settantacin-que anni - e malgrado sia un po' curvo, si vede che era un uomo forte e dritto. Forse è il tipo di contadino che tutti immaginano - senonché è senza calzini e stivali ora, e si appoggia a un bastone) Mi rincresce, ragazzo mio.

Jimmy                           Non ci pensare ora - vattene a letto.

Jenny                             - Non andare scalzo, Stan, o morirai di freddo e di alcool.

Stan                               - (socchiude gli occhi e guarda attraverso la stanza) Sei tu

Jenny                             - ? Salve, salve, ragazza! Come stai?

Jenny                             - Pensa per te, ora, vecchio. Io sto abbastanza bene.

Stan                               - (chiudendo sempre più gli occhi) E chi è quella ac­canto a te?

Jenny                             - Non la riconosci? È la nostra Beatie, Stan.

Stan                               - Sei tu, Beatie? O guarda! Ancora più tonda dell'al­tra volta. Diventi grassa come Jenny ? Vieni qua e fatti guardare.

Beatie                            - (si avvicina) Ciao Stan, come va?

Stan                               - (la squadra) Abbastanza bene ragazza, abbastanza bene. Ti sei sposata?

Beatie                            - No.

Stan                               - Fai all'amore da tre anni. Perché non ti sei ancora sposata?

Beatie                            - (un po' imbarazzata) Ancora non siamo sicuri.

Stan                               - Non siete ancora sicuri? Sicuri di che? Ormai hai imparato a farlo, no?

Jenny                             - Va' a letto Stan Mann.

Stan                               - Diglielo al tuo ragazzo che non stia a perder tempo, o ti prenderò io per colazione... su un vassoio.

Jenny                             - Stan Mann, ti caccio a letto, vattene ora, fuori! Beatie la vedrai domattina.

Stan                               - (mentre lo spingono fuori - a Beatie) Bella grassa, eh?Badate non dico che non mi vada, ma è grassa! (Mentre esce) Si tesoro vado! Ho sonno! L'avete visto il ponte nuovo che stanno tirando su? È un bell'affare... (Non si sente più).

Jimmy                           Be', me ne andrei a letto

Beatie                            - Gli uomini sbronzi mi fanno schifo. Puzzano.

Jimmy                           - II vecchio Stan è un buon uomo, farebbe qualun­que cosa per gli amici.

Beatie                            - Non me ne potrei proprio occupare di uno cosi, sai?

Jimmy                           Ma a volte si deve.

Beatie                            - II babbo di Ronnie è paralizzato come questo. Io non ce la faccio a toccarlo.

Jimmy                           Chi lo cura?

Beatie                            - Sua madre, lo lava, lo cambia, lo imbocca. A vol­te l'aiuta Ronnie. Ma io non ce la farei. Ronnie dice «Cristo, ragazza, spero che tu non mi sia attorno quan­do sarò malato». (Rabbrividisce) La vecchiaia mi fa pau­ra.

Jimmy                           Dove dormi stanotte?

Beatie                            - Sul divano del salotto, penso.

Jimmy                           Ci starai bene in quel vecchiume? Vuoi dormire con Jenny  finché resti qui?

Beatie                            - No, grazie, Jimmy. (Si è calmata) Sto benone sul divano.

Jimmy                           - Va bene, allora me ne vado. (Si guarda attorno) Dov'è il giornale che avevo portato?

Jenny                             - (entrando ) Vai a letto ?

Jimmy                           Si. Direi che ne ho abbastanza di questa giornata. Dov'è il giornale?

Jenny                             - Dove l'hai messo, Beatie?

Jimmy                           - (a un tratto vede la stanza) Che cos'è? Si sgombera?

Beatie                            - Eccolo Jimmy Beales (gli dà il giornale). È tutto in ordine adesso.

Jimmy                           - Lo vedo, ma non durerà. Buonanotte. (Va a letto).

Jenny                             - Io sono pronta per andare a letto. E tu, Beatie?

Beatie                            - Anch'io.

Jenny                             - (accende una candela) Tieni, portatela via. Il lettoè pronto. Vuoi bere qualcosa prima di coricarti?

Beatie                            - No, grazie ragazza.

Jenny                             - (prendendo il lume e avviandosi verso la porta) E allora, via. Dormi bene, figliola.

Beatie                            - (andando verso l'altra porta con la candela) gUn nanotte,

Jenny                             - (Si ferma sulla porta. Da questo mo­mento parlano sotto Voce fino alla fine dell'atto) Ehi Jenny .

Jenny                             - Che c'è?

Beatie                            - Ti faccio una bella torta quando vado dalla mam­ma.

Jenny                             - II babbo non vuole che consumi l'elettricità per me, non far la scema.

Beatie                            - Gli metto alle costole la mamma. Vedrai che an­drà bene. Il tuo vecchio forno è troppo piccolo. Buona­notte.

Jenny                             - Buonanotte.

Beatie                            - Ehi, Jenny .

Jenny                             - E ora che c'è?

Beatie                            - Te l'ho detto che mi son messa a dipingere?

Jenny                             - Dipingere?

Beatie                            - Si, sul cartone e sulle tele coi pennelli.

Jenny                             - E che dipingi?

Beatie                            - Pittura astratta. Disegni, forme e roba simile. Non so far altro. Ne ho mandati due a casa. Te li faccio vedere quando vieni, se la mamma non li ha buttati via.

Jenny                             - Allora sei un'artista?

Beatie                            - Sì. Buonanotte.

Jenny                             - Buonanotte.

Entrano nelle camere, lasciando la stanza al buio. Forse si vede un pallido chiarore di luna, fuori.

Sipario.

ATTO SECONDO

scena prima

Due giorni dopo. Beatie sta per arrivare a casa sua, la casa dei genitori. È una villetta d'affitto sullo stradone, fra due grossi villaggi. L'interno è comune e in ordine. Si vede una grande cucina nella quale si svolge gran par­te della vita, e, contigua, una grande dispensa. Si vede anche parte della stanza d'ingresso e una parte del giar­dino con panni stesi.

La signora Bryant è una donna piccola e grossa di cin­quantanni. Sta molto sola e di conseguenza, quando le capita di parlare con qualcuno, parla più che può e più svelta che può. Le sole persone che vede sono i nego­zianti, suo marito e il resto della famiglia quando fanno una scappata a casa. Parla sempre forte e anche le sue espressioni più amichevoli sembrano aggressive. Riesce cosi a drammatizzare anche il più innocuo pettegolezzo e a farlo diventare un fatto importante. Ogni chiacchie­ra diventa una vera piccola recita, fatta senza guardare l'interlocutore. In questo momento è sulla porta del giardino e cerca il gatto.

Signora Bryant              - Cossie, Cossie, Cossie, Cossie, Cossie, ssie. Qui, Cossie, la pappa. Cossie, Cossie, Cossie, »ssie! Tu possa crepare, gatto! Dove diavolo ti sei cac­ciato? maledetto te! voglio proprio buttar via il tempo -r te! (Torna in cucina e poi nella dispensa, dalla quale ritorna con delle patate. Comincia a pelarle).

Stan Mann compare sulla porta posteriore. Tiene un fazzoletto al naso e se lo soffia rumorosamente, tanto quanto glielo permette la paralisi di cui soffre. La signora Bryant alza la testa ma continua a pelar patate.

Stan                               - È una scemenza prendere un raffreddore d'estate, che ne dici Dafne?

Signora Bryant              - E che vuoi che ti dica, caro il mio uomo? Siediti e riposati. Non dovresti indossare quei vestiti idioti.

Stan                               - Idioti? Stupida. Se ho addosso una mezza vacca cosa dici. Dov'è la ragazza?

Signora Bryant              - Beatie? Ancora non è arrivata. Non l'hai vista?

Stan                               - Maledizione. Mi sono alzato troppo presto per lei. Passa sempre la fine della settimana con Jenny prima di venire a casa?

Signora Bryant              - Quasi sempre. (Stan starnuta). E tu che fai da queste parti con quel raffreddore? Va' a casa a letto.

Stan                               - Son venuto un momento per dare un'occhiata in ca­nonica. Presto arriva la roba per la liquidazione.

Signora Bryant              - E tu ci vai ancora?

Stan                               - Si, passa un po' il tempo.

Signora Bryant              - II tempo non passa mai, eh?

Stan                               - Si. Il tempo non passa mai. Non passa mai. Passa tanto piano che alle volte credo che sia lunedi e invece è ancora domenica. Però anch'io ho avuto la mia parte, ragazza. Si, l'ho proprio avuta.

Signora Bryant              - Sicuro che l'hai avuta e con la giunta an­che. Se camperò quanto te non mi lamenterò.

Stan                               - Sicuro. L'ho avuta. E sai cosa ti dico? rifarei tutto quello che ho fatto. Tale e quale lo rifarei.

Signora Bryant              - Accidenti. Anche le sbronze e il resto?

Stan                               - Diavolo. È proprio quello che mi ha fatto campare, o almeno quasi. Nessuno di questi giovani ce la fa. Al diavolo se ce la fanno. Non hanno vita. Una massa di mascalzoni colle gambe mosce. A nemmeno uno gli piace vivere, guarda, a nemmeno uno. Leggi in quei giornali quello che succede, e ti domandi se son ciechi. Ti domandi, se ce l'hanno gli occhi per guardare. Ti credi che lo sanno dove campano? Macchè mica lo sanno, mica lo sanno, nemmeno uno. Ma va! Passa l’inverno e viene la primavera e non le vedono le gemme sugli alberti, e non lo sentono il profumo nell’aria, e le ragazze forse che le vedono? E quando le vedono, che che lo sanno cosa farci? Mica lo sanno.

Signora Bryant              - Oh. Questo poi! Questo lo sanno.

Stan                               - Dammi i miei bei tempi e poi glielo faccio vedere io.Gli farei una dimostrazione pubblica.

Signora Bryant              - E piantala, Stan Mann.

Stan                               - Ridammi i miei bei tempi, Dafne Bryant, e te lo mostrerei io. Ma non ritornano, no.

Signora Bryant              - No, purtroppo. Ma neanche i tempi in cui lavoravo nei campi colle altre ragazze, neanche quel­li ritornano.

Stan                                         - Eh no! Che cosa buffa gli anni, eh? (Pausa). E i gio­vani... sono a posto anche loro. Finché non si lasciano ingannare da nessuno, finché pensano col cervello loro. (Starnuta e tossisce).

Signora Bryant              - (si muove per aiutarlo) Su, torna a casa, Stan Mann. (Cordialmente) Bada, non voglio morti fra i piedi. Beviti un rum, beviti un rum e un po' di latte caldo quando sei a casa, e ficcati in letto. Cosa ci ha nel cervello tua moglie per mandarti in giro in questo stato? (Serra il cappotto intorno alle spalle del vecchio e lo spinge fuori. Stan esce borbottando e la signora Bryant, borbottando, torna a pelar patate).

Stan                               - È una buona donna, a posto, sicuro, non lo pensa che ce l'abbia cosi forte. Ora mi rinvolto nella sciarpa. È tanto che ce l'ho questa sciarpa, ce l'ho da quando co­minciai colle macchine. Me l'ha comprata lei. Ha durato un pezzo. Ma in questa stagione non ne dovrei aver bi­sogno... (Esce).

Signora Bryant              - (borbottando come Stan) Vattene, va via, vecchio scemo, girare con un raffreddore cosi. Non sa quello che fa la metà del tempo. Povero vecchio. Cossie? Cossie? Sei tu, Cossie? (Guarda Stan attraverso la porta e fuori della finestra) Povero vecchio. (Seguita a pelar patate per qualche secondo, poi accende la radio, girando la manopola da una stazione all'altra finché trova della musica da ballo rumorosa e la lascia a tuttovolume. Noi sentiamo, ma non può sentirlo lei, il richiamo «Oooooo, Mamma, Ooooo». Beatie comparedal giardino e guarda in cucina. La Signora Bryant         fa un salto) Accidenti. Mi hai fatto fare un salto.

Beatie                            - (abbassando la radio) Non ci senti? Ciao mamma (la bacia).

Signora Bryant              - Be', sei venuta, finalmente.

Beatie                            - Non l'hai avuta la mia cartolina?

Signora Bryant              - È arrivata stamattina.

Beatie                            - Allora lo sapevi che venivo.

Signora Bryant              - Sicuro che lo sapevo.

Beatie                            - È arrivata la mia roba?

Signora Bryant              - Una valigia, un pacco marrone...

Beatie                            - I miei quadri.

Signora Bryant              - E un'altra cassetta.

Beatie                            - II giradischi. L'hai visto?

Signora Bryant              - Non ho toccato nulla.

Beatie                            - Mi son comprata un giradischi a rate.

Signora Bryant              - Non glielo dire a Pearl.

Beatie                            - Perché no?

Signora Bryant              - Vorrà sapere perché non l'hai comprato da lei al circolo.

Beatie                            - Ma accidenti, mamma, non avrei comprato un gi­radischi usato che veniva chissà da dove... dal nord, quando il negozio dei grammofoni è vicino a noi.

Signora Bryant              - No. Be', che corriera hai preso? Quella delle dieci e mezzo?

Beatie                            - Si. L'ho presa sul ponte vecchio accanto a Jenny.

Signora Bryant              - Be', ti son venuta incontro a quella del­le nove e mezzo e non c'eri, e cosi ho pensato: scom­metto che viene con quella delle dieci e mezzo, e infatti sei venuta con quella. L'hai visto il vecchio

Stan                               - Mann?

Beatie                            - Era lui poco fa sulla strada?

Signora Bryant              - Con una vecchia sciarpa marrone, ai-era lui.

Beatie                            - L'ho visto. Proprio mentre scendevo dalla corriera. Accidenti. Jimmy Beales l'ha ammollato tutto, vicino al suocampo, perché gli era successo un fatto...

Signora Bryant              - Che? un altro?

Beatie                            - Già.

Signora Bryant              - Povero vecchio. Ecco perché ha quel raffreddore. Quando è venuto starnutiva che pareva do­vesse restarci secco

Beatie                            - Poveraccio. C e un pò di te, mamma? Ora apro il bagaglio. (Va nella stanza davanti con la valigia. La vediamo tirar fuori vestiti che mette su attaccapanni, biancheria e camicette che mette sul divano).

Signora Bryant              - L'hai visti i miei fiori quando sei entra­ta? C'è ancora qualche malvone fiorito. Sono più alti del muro: l'hai visti? e i miei gerani? Quel povero vecchio di Joe Simmons me li dette prima di morire. Sono dei bei gerani.

Beatie                            - Sicuro.

Signora Bryant              - Quando viene Ronnie?

Beatie                            - Sabato prossimo - e... mamma, voglio invitare tutta la famiglia per presentarlo quando viene, cosi vedi di far pace con tutti.

Signora Bryant              - Di che parli? E chi ha litigato?

Beatie                            - Lo sai benissimo di che litigi parlo. Quelli che hai sempre con

Pearl                              - e con Susan.

Signora Bryant              - Proprio vero, guarda. Son loro che liti­gano con me, ma io non ci faccio caso, no davvero. (Sen­te un camion sulla strada) Sta passando il camion del pesce di Sam Martin. Fra un'ora viene qui. mie (entra con un abito elegante) Ti piace, mamma? nora bryant Accidenti, figliola. Codesto è un vestito caro. E dove l'hai comprato?

Beatie                            - Swan and Edgar.

Signora Bryant              - L'ha scelto Ronnie?

Beatie                            - Si.

Signora Bryant              - Allora ha buon gusto.

Beatie                            - Sicuro. Senti, mamma, non voglio che mi facciate far delle figure. Quando viene Ronnie voglio che veda che siamo gente a modo. Ti comprerò un altro catino perché tu non debba rigovernare in quello dove ti lavi le mani, e comprerò anche delle altre tovaglie per il tè cosi non adoprerai gli asciugamani. E non parlate male.

Signora Bryant              - Perché, lui non parla male?

Beatie                            - Si che parla male, ma non voglio che vi senta voi.

Signora Bryant              - E anche tu hai smesso?

Beatie                            - Io non ho mai parlato male.

Signora Bryant              - Ma sentitela! va all'inferno!

Beatie                            - Mamma, ti dico che non l'ho fatto mai! e stammi a sentire: Ronnie è la più bella cosa che io abbia mai avuto e son tre anni che faccio di tutto per tenermelo Non me ne importa di quello che fate quando non c'è. Ma quando è qui non mi fate vergognare.

Signora Bryant              - Dillo a tuo padre, figliola.

Beatie                            - Anche il babbo. Non voglio che Ronnie pensi che vengo da una famiglia volgare. « La gente volgare non la sopporto - dice lui - che siano istruiti non me ne impor­ta niente, e del loro passato nemmeno, basta che abbia­no menti aperte e curiose e che sian generosi».

Signora Bryant              - Chi lo dice?

Beatie                            - Ronnie.

Signora Bryant              - Parla cosi, lui?

Beatie                                       - Si.

Signora Bryant              - Sembra un predicatore.

Beatie                            - (in piedi su una sedia) «Non me ne importa se mi dite che sono un predicatore. Ho qualcosa da dire e lo dirò. Non me ne importa se non vi piace che vi si dicano le cose, ormai siamo arrivati al momento che bisogna dire questo è giusto e questo è sbagliato. Dio del cie­lo, si ha proprio da far sempre la figura dei fessi? Si deve proprio?» Cristo, mamma, ci sono ancora le vespe. (Sventola le braccia per cacciare le vespe) È settembre e ci sono ancora le vespe. Ohh, sciò! sciò! (Con una vo-cetta infantile) Mammina, mammina, mandale via. Non mi piacciono le... ooh! bestiacce! (Salta dalla sedia e rac­coglie una gruccia da abiti).

Ora lei e sua madre si aggirano per la stanza cacciando le vespe. Ogni tanto la Signora Bryant ne ammazza una, o Beatie ne schiaccia una sul muro. La Signora Bryant fa su1 serio, mentre Beatie ne fa un gioco crudele.

Signora Bryant              - È per via delle mele là fuori. Via! Vattene! Fuori! Ecco, son fuori ma vedrai che ritornano tra un momento.

Beatie                            - Si, e io voglio fare un bagno.

Signora Bryant              - E quando lo vuoi fare?

Beatie                            - Stamattina.

Signora Bryant              - Stamattina il bagno non lo puoi fare, perché lo scaldabagno fino al pomeriggio non è caldo.

Beatie                            - E allora stamattina faccio i dolci per Jenny e intanto mi fai scaldare l'acqua. (Torna a metter a posto i vestiti).

Signora Bryant              - Allora lo faccio subito. Vado a prender l'acqua piovana dal serbatoio. (Prende il secchio e va avanti e indietro fra la parte visibile del giardino e lo scaldabagno in cucina. Lo empie con quasi tre secchi d'acqua e vi accende il fuoco sotto. Fra un secchio e l'al­tro chiacchiera. Di fuori, sentendo il camion che passa) Ecco Danny Oakley che va al mercato. (Torna col pri­mo secchio).

Beatie                            - Mamma! Ieri notte ho sognato che ero morta, e il paradiso era in fondo a uno stagno. Ci dovevo saltar den­tro e affondare, e lo sai che ho paura dell'acqua. Era pie­no di stelle del cinema e di soldati, e c'eran due stanze. In una stanza giocavano a carte e... e... che facevano in quell'altra non me lo ricordo. Aspetta un po'... E Dio chi era? non me lo ricordo. Era uno che si conosce... una donna. (Torna a disfare la valigia).

Signora Bryant              - (entra col secondo secchio. Automatica­mente) Si. (Pausa). L'hai saputo che è successo a quel malato di questo dottore da mali di testa? Sai che ne di­cono di lui... se hai mal di testa poco male, ma se hai qualche altro malanno, che Dio ti liberi. Be', lui disse a a donna di non preoccuparsi di un gonfiore che aveva o la mammella e lo sai che era? Era una trombosi. Ecco. Trombosi. Si fece togliere la mammella. Sicuro, se la fece togliere. Le toccò farsela tagliare. (Va per l’altro secchio).

Beatie                            - (automaticamente) Si. (Entra dalla stanza di fronte con due tele inquadrate. Le mette dritte e le ammira. Sono disegni primitivi, masse ardite, forme piuttosto ben bilanciate e colori accesi da manifesto rosso nero giallo). Mamma! Te l'ho scritto che mi son messa a dipingere? Mi ci son messa cinque mesi fa. Lavoro a guazzo.. Ronnie dice che son brava. Dice che potrei continuare e forse venderli per disegni da tende. «Dipingi ragazza, - dice, - dipingi! Il mondo è pieno di gente che non fa le cose che vorrebbe fare, cosi tu dipingi e ci dai speranza». (La Signora Bryant rientra). Ti piacciono?

Signora Bryant              - (li guarda un attimo) Bei colori, no? (Non si interessa e continua a vuotare il terzo secchio. Beatie riporta i quadri nell'altra stanza). Si, figliola, non ho litigato con Pearl ma le ho chiesto di cambiare il mio agente del Totocalcio perché volevo dare la percentuale a Charlie Gorleston e lei non l'ha fatto. Be', se lei fa co­si, posso far cosi anch'io. Hai detto che volevi fare le torte?

Beatie                            - (torna, si mette un grembiule e porta un pacco) Subito. Ecco, Dafne Bryant, un regalo per te. Mi servo­no uova, farina, zucchero e margarina. Farò una bella torta decorata. (Va alla dispensa a prendere la roba).

Signora Bryant              - (svolgendo il pacco: è un grembiule) Ora ne abbiamo uno per ciascuna. (Continua a pelar pa­tate mentre Beatie divide quattro uova e batte i tuorli con lo zucchero. Intanto canta una vivace canzone popo­lare)

Ti canterò un dialogo vero come la mia vita,

fra il padrone della miniera e la moglie del minatore.

Per la strada lei incontra il padrone della miniera e gli dice:

Derry down, down, down, down...

Batti i tuorli finché non son gialli chiari, dice.

Signora Bryant                       - Chi lo dice?

Beatie                            - Ronnie.

Buongiorno Lord Firedamp, dice la buona donna,

 non vi farò del male.

 Se foste stato tutta la vita dove

sto io, non impallidireste vedendo la moglie di un povero

minatore. E canta Down, down, down, Derry down.

Signora Bryant              - E che canzone sarebbe?

Beatie                            - Un canto di minatore

Signora Bryant              - Lo sai qual è una bella canzone? quella che dice: « Ti aspetterò nel cielo blu ». A me par proprio bella, eh, si. La canta Jimmy Samson.

Beatie                            - Ma è come tante altre canzoni. Non vuol dir nien­te, ed è romantica e sciropposa.

Signora Bryant              - Si, a me par proprio bella.

Beatie                            - (a un tratto) Sta' a sentire, mamma. Vediamo se mi riesce di spiegarti una cosa. Ronnie dice sempre che questo è lo scopo di conoscere le persone. «Non c'è gu­sto ad avere amici che si grattano la schiena l'uno con l'altro - dice - l'interesse di conoscere le persone è di insegnargli quello che sai e imparare quello che non sai. Impara da me - dice - io non so molto, ma impara quel poco che so». E allora, lascia che provi a spiegarti quel­lo che lui spiega a me.

Signora Bryant              - (sente un autobus) Ecco l'autobus delle undici e mezzo per Diss... Accidenti! è in anticipo. (Met­te le patate nel tegame sul fornello e va a raccogliere i fagiolini e li pulisce).

Beatie                            - Mamma, ti sto parlando. Benedetta donna, non capita spesso che si possa stare insieme e parlare sul serio, son quasi sempre io che ascolto te, che mi racconti chi è morto. Per un momento, cerca di ascoltare. torà bryant Su, parla, figliola. Ma ci metti sempre tanto tempo a dire le cose.

Beatie                            - Come sono le parole di quella canzone?

Signora Bryant              - Non le so tutte, le parole.

Beatie                            - Te le dico io. (Recita le parole)

Ti aspetterò nel cielo blu fra le mie braccia.

Vieni da me e tua sarò l'amor dolce sarà.

Ti voglio, ti voglio, attender non so.

 L'amor dolce sarà.

Ecco. E ora dimmi cosa voglion dire.

Signora Bryant              - (sorpresa) Be'! Non lo sai cosa voglion dire?

Beatie                            - Intendo - che cosa ti fanno a te? Come le sentì? Ti commuovono? Ti paiono belle?

Signora Bryant              - Son belle come tante altre.

Beatie                            - Ma ti fanno sentir meglio?

Signora Bryant              - Accidenti! e che sono, un lassativo?

Beatie                            - Devo esser proprio matta a buttar fiato con te

Signora Bryant              - E poi mi piace il motivo. Le parole non vogliono mai dir nulla.

Beatie                            - E va bene. Allora vediamo il motivo. Che ti fa quello, a te? Ti fa sdilinquire le budella, ti fa batter il cuore, ti fa girar la testa dalla passione? Si, mamma, la passione, lo sai cos'è? Perché la passione in quel motivo di terz'ordine non ce la trovi di certo.

Signora Bryant              - E va bene, figliola, sarà di terz'ordine se lo dici tu. E me lo sai dire perché? Perché questo è di terz'ordine? E poi, che l'ho scritta io quella canzone? Beatie Bryant, tu vai su e giù di umore, e proprio non so che t'è entrato in corpo, proprio non lo so.

Beatie                            - Neanch'io lo so, mamma. Forse sto in pensiero per Ronnie. Questa stessa discussione la faccio con lui. Gli domando le stesse cose. Cosa c'è in una canzonetta che la fa di terz'ordine? E lui mi risponde e io non d capisco niente. Discorre di registri, dice che il mondo commerciale annulla le nostre reazioni. «Prendi tempo, ragazza - dice - tempo. Non puoi imparare a vivere dal­la sera alla mattina... Non lo so nemmeno io - dice -metà del mondo non lo sa, ma bisogna provare. Provare - dice - perché stiamo ancora soffrendo dei colpi di due guerre mondiali e non lo sappiamo. Parla - dice -guarda e ascolta e pensa e interroga». Ma Gesù, io no. so che domandare né che parole dire. E lui si eccita e a volte è tanto caro. «Va tutto a fuoco ma voglio essere maledettamente sicuro di salvare qualcuno dalle fiamme.

Signora Bryant              - Be'. Non so davvero di che parla. Vai a fare la torta, figliola, e spicciati. Fra un'ora torna tuo pa­dre per pranzo.

Si sente il lontano rumore di un'ambulanza. La Signora Bryant guarda ma non parla. Beatie si volta a batter le uova e la Signora Bryant si rimette a pulire i fagiolini. Rompendo il silenzio, la Signora Bryant si mette a can­tare: «Ti aspetterò nel cielo blu» ma al secondo verso canticchia soltanto il motivo, sbadigliando.

Beatie                            - (ridendo) No, no, mamma. Accidenti, non fa così. Fa... (La corregge, e per aiutar sua madre finisce per can­tare la canzone fino alla fine, con un certo entusiasmo).

Signora Bryant              - Grazie a Dio, ogni tanto vieni a casa, figliola. In fondo, ci porti un po' di vita.

Beatie                            - Mamma, è la prima volta che ti sento esprimere un sentimento cosi.

Signora Bryant              - (è imbarazzata) Il mondo dei sentimenti non sa che farsene, figliola. (Si sentono dei passi). È già tuo padre che torna?

Il signor Bryant compare alla porta posteriore e appog­gia la bicicletta al muro. È un uomo piccolo e rattrap­pito, indossa una tuta, un berrettino a visiera, stivali e ghette. Sembra sofferente.

Beatie                            - Ciao, babbo Bryant.

Bryant                           - Ciao, Beatie. Allora ci sei?

Signora Bryant              - Perché torni a casa tanto presto?

Bryant                           - Mi fanno male di nuovo le vecchie budella. (Si siede in poltrona con una smorfia).

Signora Bryant              - Be'. E che hai?

Bryant                           - Benedetta donna, non lo so più di te, quello che ho.

Signora Bryant              - Va' dal dottore, te lo seguito a dire

Beatie                            - Che hai, babbo Bryant?

Signora Bryant              - Ha mal di budella.

Beatie                            - Ma da che viene?

Bryant                           - Ho già detto che non lo so.

Signora Bryant              - Va' dal dottore, uomo, non fare il vigliacco. Non vorrai mica perdere il lavoro.

Bryant                           - Questo poi no davvero. Maledizione. Ho appena visto che raccoglievano il vecchio Stan Mann, e mi ha sconvolto.

Signora Bryant              - Lo raccoglievano, hai detto?

Bryant                           - Non l'hai sentita l'ambulanza?

Signora Bryant              - Sicuro, l'ho sentita ma non l'ho detto Allora era per Stan Mann?

Bryant                           - Pedalavo in qua con Jack Stones e abbiamo visto una cosa per terra lungo la strada e io ho detto: «C'è una roba strana sulla strada, Jack». E lui dice: «Porca miseria, è il vecchio Stan          Mann delle Ebridi» ed era pro­prio lui. E naturalmente appena ha visto che cos'era è scappato a cercare un'ambulanza e io ho aspettato accan­to a Stan.

Beatie                            - O se è appena andato via di qui.

Signora Bryant              - Me la sentivo. È venuto qui e l'ho man­dato a casa. Ficcati a letto e prendi del rum e latte, gli ho detto.

Beatie                            - Morirà?

Bryant                           - Non sarei sorpreso, no davvero. Accidenti, pa­reva alla fine.

Signora Bryant              - Povero vecchio. È un peccato, no?

Bryant                           - Quando sei arrivata, Beatie?

Signora Bryant              - È arrivata con l'autobus delle dieci e mezzo. Sono andata a vedere a quello delle nove e mez­zo e non c'era e così mi son detta - scommetto che viene con quello delle dieci e mezzo. Ed è venuta.

Bryant                           - Si.

Signora Bryant              - Stai tutto il giorno via dal lavoro?

Bryant                           - No, no. Ci devo tornare perché una delle scrofe vecchie sta per figliare. Mi sa che li farà fra un paio d’ore. (A Beatie) Ho avuto una scrofa che ne ha fatti ventidue. (Prende il giornale per leggere).

Beatie                            - Ventidue! Oh, babbo, mi lasci venire a vedere, oggi?

Bryant                           - Si.

Signora Bryant              - Credevo che tu volessi fare il bagno.

Beatie                            - Oh già, me lo scordavo. Allora verrò domani.

Bryant                           - Saranno li. Che fai, figliola?

 Signora Bryant             - Fa una torta, lasciala in pace.

Bryant                           - Oh, allora hai imparato qualcosa a Londra.

Beatie                            - Mi ha insegnato Ronnie.

Bryant                           - E allora dov'è Ronnie?

Signora Bryant              - Viene sabato prossimo e la famiglia ver­rà qui a conoscerlo.

Bryant                           - Tutti?

Signora Bryant e Beatie          - Tutti.

Bryant                           - Sarà una bella riunione, non c'è che dire.

Signora Bryant              - E noi dobbiamo comportarci come si deve.

Bryant                           - Niente bestemmie e parolacce?

Signora Bryant e Beatie - No.

Bryant                           - Accidenti, allora mi tappo la bocca.

Un giovanotto, il signor Healey, appare dal giardino. È il figlio del padrone e amministra la tenuta nella quale lavora Bryant.

Signora Bryant              - (lo vede per prima) Oh, il signor Hea­ley. Si, Jack, è il signor Healey.

Bryant si alza e va alla porta.

Healey                           - (si esprime con voce ferma, non scortese, ma con il tono «gli affari sono affari». Vi è un sottinteso mi­naccioso anche sotto la sua cortesia) Vi siete sentito male.

Bryant                           - Niente di grave, signore. Un dolore agli intestini, passa presto. I porci li ho sistemati tutti, aspetto che la vecchia scrofa arrivi al suo tempo.

Healey                           - A che ora credete che incominci?

Bryant                           - Mah! Non direi prima delle due del pomeriggio. No, prima non direi.

Healey                           - Siete sicuro di sentirvi bene, Jack? È un po’ che penso che sia troppa fatica trascinare tutti quei secchi per il cortile.

Bryant                           - No, signore, non è troppa fatica, no davver Non state in pensiero, verrò dopo colazione. È soltant un vecchio mal di pancia e basta. Stasera andrò dal m dico - forse mangio troppo alla svelta.

Healey                           - Se siete sicuro di sentirvi bene, licenzio il giovane Daniels. Ce la farete da solo, ora che abbiamo instal­lato la nuova pompa.

Bryant                           - Ce la farò, signore, certo che ce la farò.

Healey                           - (andando via) Va bene allora, Jack. Vi raggiungo verso le due. Voglio levare la vecchia dal numero tre e metterla con le altre al diciassette. I piccoli non ne avranno bisogno, no? Domani li mettiamo a posto.

Bryant                           - Va bene, signore. Possono andare avanti da soli ora, sicuro. Ci penserò domani.

Healey                           - Va bene, Jack. Oh, l'avete saputo che è morto Stan Mann?

Bryant                           - È già morto? Ma se l'ho visto che lo portavano via coli'ambulanza nemmeno mezz'ora fa.

Healey                           - È morto prima di arrivare all'ospedale. Me l'ha detto Jack Stones. Aveva vissuto nelle Ebridi, vero?

Bryant                           - Vicino a mia figlia.

Healey                           - (ad alta Voce ) Allora buongiorno, signora Bryant.

Signora Bryant              - Allora buongiorno, signor Healey. (I due uomini si salutano con un cenno del capo. Il signor Healey va via. Bryant si ferma un momento. La Signora Bryant a Beatie) Quello era il signor Healey, il nuovo amministratore.

Beatie                            - Lo so, mamma.

Bryant                           - (si volta lentamente) E allora è morto.

Signora Bryant              - Chi? Mica Stan Mann?

Bryant                           - Me l'ha detto ora il giovane Healey.

Signora Bryant              - Che mi venga un accidente! Guarda, era qui poco fa, proprio qui accanto a me, nemmeno un'ora fa.

Bryant                           - E’ grossa, eh!

Beatie                            - (debolmente) Maledizione, la morte non la sop­porto.

Signora Bryant              - E pure era un buon diavolo. Si che lo era. Un buon vecchio. Ecco…

Beatie                            - Mi portava sul suo cavallo: sempre pieno di vita e di scherzi. «Di' al tuo ragazzo di spicciarsi a sposarti - mi diceva - o ti prendo io su un vassoio».

Signora Bryant                  - Ci ha sempre provato gusto a dir le porcherie.

Beatie                            - Iersera parlavo con lui, e soltanto iersera mi rac­contava di quando mi aveva visto rubare i ribes dal suo orto e allora me ne aveva data una grembiulata, ed io ero andata nel suo campo e me li ero mangiati tutti. «E che bel mal di pancia ti venne», mi disse, e rideva. Sta­va là seduto e rideva.

Signora Bryant              - Questa me la ricordo. Accidenti, Jenny ne sentirà la mancanza. Entrava e usciva di casa loro ogni momento.

Beatie                            - Sembra che a un tratto sia morto tutto il mondo, vero?

Bryant                           - È dura, eh!

Silenzio.

Signora Bryant              - Dici che te l'ha detto il signor Healey? È un buon ragazzo quel Healey, è un bravo tipo, mi piace.

Beatie                            - Sembrava che stesse per licenziare il babbo. Ci ho i miei dubbi che sia cosi un buon ragazzo.

Bryant                           - Vedete! è quel che dico io. Ottenete un aumento e loro cominciano a licenziare, o a diminuire gli straor­dinari.

Signora Bryant              - È arrivata la rivista del sindacato?

Bryant                           - Non so che farmene di quella roba.

Beatie                            - Perché non fate niente per impedire i licenzia­ menti?

Bryant                           - Non si può, non si può. Ecco quello che seguito a dire. Non si può. Sono furbi come il diavolo. Non ci si può far niente.

Beatie                            - Mamma, dov'è lo stampo da dolci?

Bryant                           - Quando si mangia quella torta?

Beatie                            - Non si mangia. È per Jenny Beales.

Bryant                           - Mica la farai per Jenny?

Beatie                            - Gliel'ho promessa.

Bryant                           - Ma non con la mia corrente elettrica, no davvero.

Beatie                            - Ma gliel'ho promessa, babbo.

Bryant                           - E che c'entra! Io i soldi per le bollette della luce non li spendo perché tu faccia le torte per il primo che capita - nossignora, non li spendo.

Signora Bryant              - O via! Non far lo scemo. Cuocerà in mezz'ora.

Bryant                           - Che me ne importa in quanto tempo cuoce! Il permesso non glielo do. Se Jenny vuole le torte, se le faccia. Metti via quella roba, Beatie, e adoprala per qual­che altra cosa.

Signora Bryant              - Bada bene come parli tu, perché qui ci vivo anch'io.

Bryant                           - E che non lo so? ma l'elettricità la pago io e io dico che la torta non la fa.

Beatie                            - Ma babbo, solo una torta.

Bryant                           - Ho detto di no.

Beatie                            - Su, mamma, di' qualcosa. Come fa a esser tanto tirchio.

Signora Bryant              - Che Dio mi danni se non sei il tirchio più schifoso del mondo. È tua figlia, e non vuoi nemme­no che adopri il forno. Maledetto vecchio ipocrita.

Bryant                           - Paga i conti e poi insulta pure.

Signora Bryant              - Dio solo lo sa che cosa ci ho visto in te. Sicuro. E non mi aveva nemmeno avvertita. Maledetto vecchio ipocrita.

Bryant                           - Paga i conti e poi insulta pure.

Signora Bryant              - Con quattro sterline e mezzo la settima­na? Vuoi che ti mantenga e in più che paghi i conti Quattro sterline e mezzo mi dà. E Dio lo sa cosa che ci fa col resto. Che ne so io quanto prende? Non lo so, non lo so. Maledetto vecchio ipocrita.

Bryant                           - Dammi da mangiare e meno discorsi.

Beatie incomincia a metter via gli ingredienti. È li lì per piangere.

Signora Bryant              - Ecco come mi parla, quando mi parla perché, sai, non mi dice mai una parola più del necessa­rio e quando parla non sa dire altro che «quanto costa » o «prestami due scellini». I soldi ce l'ha ma pur di non toccarli se li fa prestare da me. Maledetto avaro. (A Bea­tie) Che piangi a fare? Non vai la pena. O guarda, non vorrai che un vecchio ipocrita come lui ti metta in code­sto stato, no? Sta' tranquillo, vecchio, che me la paghe­rai. Oh, se me la pagherai. Non me la farai.

Beatie è andata nell'altra stanza e torna con un pac­chetto.

Beatie                            - (gettando il pacchetto sulle ginocchia del padre) Regalo per te.

Signora Bryant              - Dagli anche i regali. Io glieli darei pro­prio! Me ne andrei e lo ripudierei. Beatie, smetti di pian­gere, figliola. Accidenti, non se lo merita che tu pianga. Smetti, ho detto, e andiamo a tavola. O ti è passato l'ap­petito?

Beatie                            - (ringoia le lacrime, si ferma) No, quello non mi è passato. Accidenti! Sicuro che mangio.

Sipario.

scena seconda

Il pranzo è finito. Il signor Bryant è ancora a tavola e si tola una sigaretta. La Signora Bryant raccoglie i piatti e li porta all'acquaio. Beatie prende i resti dalla tavola e li mette nella credenza: barattoli di salsa, piatti di fette di pane e di torta, burro, zucchero, condimenti e una scodella di frutta sciroppata.

Signora Bryant              - (a Beatie) Domandagli che vuole per il tè.

Bryant                           - Non me l'ha mai domandato finora. Che me lo domanda a fare, adesso?

Signora Bryant              - Digli che penso al suo stomaco – non voglio poi che si lamenti di quello che gli do da mangiare.

Bryant                           - Dille che non si preoccupi. Il male non ce l'ho più.

Beatie                            - Mamma, è pronta l'acqua per il bagno?

Signora Bryant              - Dove lo fai?

Beatie                            - In cucina. O dove?

Signora Bryant              - Santo cielo, figliola, non vorrai mica fa­re il bagno in cucina di giorno. E se vien qualcuno?

Beatie                            - Metti su la tenda, allora. Faccio in dieci minuti.

Bryant                           - E poi chi ci tiene a vederla in combinazione?

Beatie                            - Ne conosco che pagherebbero a vedermi in com­binazione. (Mostrando le sue rotondità) Non son belle le mie combinazioni? (Il signor Bryant si butta a tufo e le pizzica il sedere). Ohi! smettila, Bryant, piantala! (Lui continua). Babbo, smettila.

Signora Bryant              - Digli che se ne può andare anche subito. Voglio far presto a levar di mezzo il bagno.

Beatie                            - Mamma, smettila con queste scemenze. Se gli vuoi dir qualcosa, digliela a lui, non a me.

Signora Bryant              - Non gli voglio parlare. Accidenti se gli parlo!

Beatie                            - Babbo, porta qui il bagno, per favore. Mamma, dove sono quelle tende? (Il signor Bryant va a prendere una tinozza lunga di stagno, larga da capo e stretta di piedi, mentre la Signora Bryant smette di rigovernare per cercar delle tende che appende da una parete ali al­tra per nascondere un angolo della cucina. Scansano tutto quel che c'è di mezzo. Intanto Beatie   porta la biancheia per cambiarsi, la vestaglia, il vestito nuovo, sapone, e asciugamano. Mette tutto a portata di mano vicino alla tenda) Mi voglio mettere il vestito nuovo e po vado per i campi a far visita a Frankie e a

Pearl                              - .

Signora Bryant              - Frankie non ci sarà. Che ci vai a fare? Starà rimettendo il raccolto.

Beatie                            - Fate qualcosa per la festa del raccolto?

Bryant                           - (entra colla tinozza e la mette dietro la tenda) Tua madre non fa mai nulla per la festa del raccolto, or­mai lo dovresti sapere.

Beatie                            - Va' al lavoro, babbo Bryant. Mi butto nell'acqua e faccio un bel lago.

Signora Bryant              - Digli che per il tè ci sono le aringhe e se non le vuole lo dica ora.

Beatie                            - Dice che per il tè ci sono le aringhe.

Bryant                           - Dille che mangerò le aringhe. (Se ne va prenden­do la bicicletta).

Beatie                            - Dice che mangerà le aringhe. Su, mamma, prendi l'acqua fredda e io verso quella calda.

Ognuna prende un secchio. La Signora Bryant va via per cercare l'acqua fredda e Beatie tuffa il secchio nel bol­litore per tirar su l'acqua calda. Il bagno vien preparato con infantile divertimento. Beatie           ama i suoi comodi, e tutto quel che le piace lo fa con aperto, animalesco entu­siasmo. Quando il bagno è pronto, Beatie va dietro la tenda per spogliarsi ed entrar nell'acqua.

Signora Bryant              - Hai sentito di Skelton? Dice che l'han­no arrestato perché molestava un giovanotto del paese. ìatie

Jimmy                           Skelton, il proprietario del bar? gnora bryant Proprio lui. Ma tante cose di

Jimmy                           kelton le sapevo. Era un ragazzetto e io una ragazzina si giocava in coppia ai tornei di whist. La legge l'ha pizzicato altre volte, sai. Sicuro, e se l'è sempre cavata, o pero non me ne curo, andiamo d'accordo. Che fa la mamma di Ronnie? 'EATiE Ha un marito malato sulle braccia. Nora bryant È una donna istruita?

Beatie                            - Istruita? No, è una forestiera. Neanche Ronnie è istruito. È un intellettuale, è bocciato a tutti gli esami.Leggono un sacco di roba.

Signora Bryant              - Oh. E allora non fanno nulla?

Beatie                            - Non fanno nulla? Te lo dico io cosa fa Ronnie. Lavora fino a tardi in una vecchia cucina bollente e insegna ai bambini in un circolo a recitare, a ballare rock 'n-roll e che so io, e non si ferma nemmeno alla fine del la settimana perché ci sono le riunioni politiche eccetera, e ci perdo il fiato a tenergli dietro. Ooooh, mamma. Scotta!

Signora Bryant              - Ti porto l'acqua fredda.

Beatie                            - No. Ooooh! che bellezza! L'acqua è morbida mamma.

Signora Bryant              - Sicuro.

Beatie                            - Morbida e liscia. Ci sono dentro!

Signora Bryant              - Non ci restare troppo. Ecco, passa l'au­tobus dell'una e venti.

Beatie                            - O mamma, dammi i sali da bagno. Mi son dimen­ticata i sali da bagno. Nella valigetta accanto al giradi­schi.

Signora Bryant              - (trova i sali e li passa a Beatie. Continuan­do il suo lavoro) Non me la scorderò mai la prima vol­ta che me lo dissero. Ero al villaggio e parlavo con Reg-gie Fowler. Gli dicevo: C'è stato un sacco di chiacchie­re su Jimmy, vero? Che schifo - dissi. - E pure c'è sem­pre quello che vuol far soldi facili, c'è da aspettarselo in un villaggio no? Si - gli dico - un sacco di chiacchiere. E lui stava li impalato e mi guardava, mi guardava men­tre parlavo, e poi fa « Signora - dice - io sono stato una sua vittima». Ti dico, a momenti mi sentii una martel­lata in testa. «Io son stato una sua vittima», mi dice! 1 poi dice «Benedetta ragazza, sembri sorpresa». E lo ero. E pure con tutto questo

Jimmy                           è un buon diavolo, la rebbe qualunque cosa per farti piacere. È il mio compa­gno ai tornei di whist. L'han fermato un sacco di volte.

Beatie                            - Mamma, che gli facciamo a Ronnie quando vie­ne?

Signora Bryant              - Sentiamo, che gli piace?

Beatie                            - Gli piace la zuppa inglese, le bistecche e il pasticcio di rognoni.

 Signora Bryant             - Glieli faremo, allora. Basta che poi non si lagni del mal di pancia. Anche Frankie ce l'ha, sai, e Timmy il marito di Jenny.

Beatie                            - Lo sai perché? Mangiate troppo. Quelli di Lon­dra credono che noi si faccia una vita sana, ma non lo anno che ci abboniamo finché non ci dolgono le budella. Guarda la colazione che abbiamo fatto. Cotoletta di agnello, patate, fagiolini, e tre torte.

Signora Bryant              - Lo sai che ha Jimmy Beales? L'indige­stione. Mangia troppo svelto.

 Beatie                           - E che diavolo c'entra l’indigestione col male alle spalle?

Signora Bryant              - Perché certi ce l'hanno cosi forte che gli va dallo stomaco diretto alla schiena.

Beatie                            - Ma l'indigestione non ti viene alla schiena mam­ma, o che ti salta?

Signora Bryant              - Non dirlo a me, ragazza. Io l'ho avuta.

Beatie                            - Oh! mi è entrato il sapone negli occhi. Mamma l'asciugamano, sbrigati, l'asciugamano.

Signora Bryant              - (passa l'asciugamano a Beatie. Avendo finito di rigovernare, si siede a gambe larghe e braccia conserte, pensando a qualcos'altro da dire) L'hai sapu­to che mamma Buckley l'hanno portata al manicomio di Norwich? Povera vecchia! I matti sono una cosa che non posso proprio sopportare. Mi fanno paura, me la fanno proprio. Non li posso guardare. Preferisco accom­pagnare uno al camposanto piuttosto che al manicomio, i tremendo vedere uno che diventa matto, proprio cosi. ie ti dico? Laggiù dove stavo prima, dall'altra parte castello, tanti anni fa si andò ad abitare accanto a ia vecchia. Io avevo soltanto Jenny e Frank, e questa ia era buonissima. Si parlava e ci facevamo la spe­la per l'altra. Oh, era una cara vecchietta. E poi un nenggto uscii di casa per raccogliere il bucato e la vi­rava in una tinozza d'acqua fino al collo. Cosi stava, al collo. E gli occhi li aveva come di vetro e fissi e cigliati, e mi guardava. Proprio me, guardava. Bene, lo sai che? rimasi senza parola. Muta dallo spavento. Da esser prima tanto cara, e poi d'un botto vederla così nella tinozza, mi sentii tutta rimescolare. Proprio così. E mi hanno detto poi che per anni non ha fatto che entrare e uscire dall'ospedale. Mamma mia, che paura mi fece! Una paura tale che a momenti mi faceva diventare matta insieme a lei.

Beatie                            - (spunta da dietro la tenda in vestaglia, con un asciugamano attorno alla testa) Eccomi. Quando mi sposo voglio fare un bagno al giorno. (Prende a strofinarsi i capelli coll’asciugamano e giocherella con la radio. Tm un programma che trasmette la «Quarta sinfonia» di Mendelssohn, e resta in piedi davanti allo specchio ascoltando e asciugandosi. Guardando la propria immà­gine) Che cosa buffa sono i nasi e gli orecchi. E le brac­cia e le gambe, o non son cose burle... sporgenti dalle spalle...

Signora Bryant              - (spegne la radio) Spengo questa roba.

Beatie                            - (voltandosi vivamente) Mamma! Ti strozzerei quando fai cosi. Lo credo che non so nulla. Non ho mai ascoltato che musica da ballo perché spegni sempre quando trasmettono i classici. Le notizie non le ho mai sapute perché spegni sempre dopo i titoli. Non ho mai letto un libro decente perché in casa non ce ne sono. Non so neanche parlare inglese bene perché tu non parli mai di niente di importante.

Signora Bryant              - Ma che ti piglia, figliola?

Beatie                            - Dio del cielo, mamma! Vivi in campagna ma non hai... non hai... non hai... maestà. Passi la giornata nei campi, fra il verde, coltivi fiori, respiri l'aria fresca e non hai maestà. Parli e parli e parli, il tuo cervello è pieno di nulla e il mondo lo chiudi fuori. Che razza di vita mi hai dato?

Signora Bryant              - Senti un po'! Non ero mica una mae­ stra. .

Beatie                            - Ma mi intralciavi. Non mi hai aperto una sol porta. Persino sua mamma si è occupata di me più di «

Beatie                            - mi dice - Beatie, perché non vai alla scuola se­rale e impari qualcos'altro che non sia far la cameriera? Si dice - te ne pentirai mai di aver imparato delle cose. Ma a te che te ne importava che lavoro facevo o se imparavo altre cose? Non pensavi nemmeno che potessero servire.

Signora Bryant              - Ti ho dato da mangiare, da vestire, ti ho portata al mare. E che altro vuoi. Siamo gente di campagna, lo sai. Non ce le abbiamo le cose grandi qui, lo sai.

Beatie                            - Sciocchezze. Sciocchezze. Che differenza c'è fra campagna e città? Tutte le ragazze di città con le quali ho lavorato erano come me. Che differenza fa, campagna o città? Sciocchezze. Lo sai che quando lavoravo al campeggio e ci si metteva a sedere con le altre ragazze a scriver fettere, si discuteva di quello che si scriveva. E tutte d'accordo si cominciava: «Vi scrivo queste poche righe per farvi sapere...» e poi si parlava del tempo, e poi non si sapeva andare avanti e cosi si raccontava una dell'altra, e dopo una pagina e mezzo di scrittura lar­ga larga si finiva: « Sperando che questa mia vi trovi be­ne come pure è di me». Ecco. E non sapevamo dir altro. Mille cose succedevano in quel campeggio, e noi non sa­pevamo le parole per raccontarle. Tutte uguali, centinaia di ragazze, e un giorno saremo mamme, e tu ancora mi racconti di Jimmy Skelton e della vecchia nella tinozza. Ma lo sai che questa storia l'ho sentita una dozzina di volte? Una dozzina di volte. Ma non ti senti, mamma, quando parli? Gesù, e come faccio a portare Ronnie in questa casa?

Signora Bryant              - O senti, ragazza, se a Ronnie non gli andiamo...

Beatie                            - Oh, gli andrete, sta' tranquilla! Di solito la gente gli piace. Gli sarebbe piaciuto tanto il vecchio Stan Mann. Il vecchio Stan avrebbe capito tutto quello che dice Ronnie. Accidenti! a quel vecchio la vita gli piace­va. E poi Ronnie dice che è tardi perché i vecchi imparino. Dice che tocca a noi giovani, e quelli che sanno devono insegnare a quelli che non sanno.

Signora Bryant              - Scommetto che fa una bella fatica a cambiarti te, figliola.

Beatie                            - Ma non ci prova neanche a cambiarmi mamma. «Non si può cambiare la gente - dice – gli puoi soltanto dare un po' d'affetto e sperare che l'accettino» E lui prova a insegnarmi ed io provo di capire. Capisci mamma?

Signora Bryant              - Però non capisco cosa c'entra la musica.

Beatie                            - Oh Dio! (A un tratto) Te lo spiego. (Va dere il giradischi e un disco) Ora mettiti a sedere e te lo spiego. Non ti mettere a stirare o a leggere o altro, stà seduta e basta, e sta' pronta a imparare qualcosa. (Torna col giradischi e mette in moto) Non sei troppo vecchia sta' seduta e ascolta. Vedi, il male è che non siamo nemmeno pronti a imparare. Chiudiamo il cervello appena compare qualcosa che non conosciamo. Io non sapevo neppure ascoltare la musica. Qualcosa mi piaceva ma poi mi scappava la pazienza, andavo a letto a mezzo di una sinfonia, e il cervello andava a spasso per conto suo perché la musica non mi diceva nulla, e cosi andavo a letto e mi mettevo a parlare. «Dio Onnipotente - diceva lui - non ti accorgi che qualcosa sta succedendo intorno a te? Non ti accorgi che c'è qualcosa più grosso di te? Siediti comoda, ragazza - diceva - e ascolta. Lascia che ti succeda, e diventerai grande quanto la musica».

Signora Bryant              - Mamma mia, parla come un libro.

Beatie                            - E a volte parla come se tu non sapessi dove sono la luna e le stelle. (Mette il disco della suite dell'«Arte­siana» di Bizet) E ora ascolta. Questo è un pezzo di mu­sica semplice, non è complicato ma è pieno di vita. Ti fa venir voglia di ballare. E il socialismo è la stessa cosa. «Cristo - dice lui - il socialismo non è parlar sempre e basta, ma è vivere, è cantare, è ballare, è prender inte­resse alla vita attorno a te, e anche bisogna che te ne im­porti della gente e del mondo». Ascolta, mamma. (E’ senza fiato ed eccitata) Ascoltala, è facile, vero? e puoi dire che queste son sciocchezze?

Signora Bryant              - No, sciocchezze no.

Beatie                            - Non hai bisogno di arrabbiarti perché è viva.

Signora Bryant              - No, non sono sciocchezze.

 Beatie                           - Vedi com'entra l'altra frase musicale? La senti? Due melodie semplici, una dopo l'altra.

Signora Bryant              - Ma non dico mica che siano sciocchezze.

Beatie                            - E ora, ascolta, ora vanno insieme. Le due melodie insieme si allacciano, sono perfette. Non ti fa venir voglia di ballare? (Prende a ballare un misto di danza cosacca e a e danza marinaresca. La musica si fa più rapida e Beatie e è giovane e viva). Ascolta, mamma. È difficile? Sono sciocchezze? È leggera, mi fa sentir più leggera e fiduciosa e felice. Dio, mamma, si potrebbe esser tutti più felici e più vivi. Iiiih... (Batte le mani e continua a ballare).

Sua madre sorride e batte le mani.

Sipario.

ATTO TERZO

Son passate due settimane. È sabato, il giorno in cui dovrebbe arrivare Ronnie. Una delle pareti della cucina è spinta da una parte e si vede la stanza comune. Ha il soffitto basso, a travi scure di legno. Il mobilio non è tipico di una casa di contadini. Ci saranno due o tre sedie spalliera dritta, ma il resto è mobilio a poco prezzo. Due poltrone, un tavolo, un tavolino di bambù, sedie di le gno, un piccolo divano e una libreria girevole. Ci son molti fiori, in testi sulla finestra e in vasi sul tavolino di bambù e sulla libreria. Sono le tre del pomeriggio, il tempo è nuvoloso - ha piovuto e pioverà ancora. Sulla tavola, molte vivande. Nes­suno le mangerà. Vi sono torte e biscotti su piatti e frut­tiere. Pane e burro in un piattino, pomodori, formag­gio, barattoli di cipolline sott'aceto, tramezzini di salsic­ce, piatti di frutta conservata: un vero festino. Attorno alla tavola, otto sedie. I quadri di Beatie sono appesi alle pareti. Nella stanza non c'è nessuno, perché Beatie è di sopra a cambiarsi e la Signora Bryant è in cucina. Beatie, finché non scenderà, continua la conversazione gridando dal piano di sopra.

Beatie                            - Mamma! Che stai facendo?

Signora Bryant              - (dalla cucina) Metto le ciliege sulla zu pa inglese.

Beatie                            - Spicciati, alle quattro e mezzo arriva lui.

Signora Bryant                    - ( dalla cucina ) Non ti agitare, figliola. L ancora un'ora e mezzo. Il postino non è ancora passati (Entra con un'enorme zuppiera di zuppa inglese) a Hai detto che la zuppa inglese gli piace?

Beatie                            - L'adora.

Signora Bryant              - Bisognerà bene, ce n’è una montagna. ( fra sé ispezionando la tavola) Si, ce n'è più che abbastanza. (Incomincia a piovere). Accidenti! Senti che tempo?

Beatie                            - Ricomincia a piovere.

Signora Bryant              - (guardando fuori della finestra) Piovere? Diluvia da affogarci tutti. (Rumore di autobus). Ec­co quello delle tre.

Beatie                            - Mamma, va' a cambiarti, su. Vi voglio tutti pron­ti in tempo. .

Signora Bryant              - Ma senti un po’! Si direbbe che arriva l'Imperatore della Cina! (Va al piano di sopra).

Di nuovo per qualche secondo la scena è vuota. Si sen­tono gli ospiti che si tolgono gli impermeabili e maledi­cono la pioggia. Entrano Frank e

Pearl   - Bryant. Lui è piacente, indossa un abito blu a righe sottili, ha il volto colorito ed è biondo. Una certa timidezza gli fa prender tutto in scherzo. Sua moglie è una graziosa brunetta, gio­vane e vestita di un abitino semplice e comune a fiori.

Frank                              - (chiamando) Ehi. Dove siete tutti? Venite giù, ho fame.

Pearl                              - Sta' zitto, hai appena desinato.

Frank                             - E allora? M'è ritornata fame. (Chiama) Ehi. Do­v'è questa meraviglia che siamo venuti a vedere?

Beatie                            - Non è ancora arrivato.

Frank                             - E allora che si spicci, perché ho fame.

Beatie                            - Hai sempre fame.

Frank                             - Che hai detto che era? un socialista arrabbiato?

Beatie                            - Si.

Frank                             - È un ebreo?

Beatie                            - Si.

Frank                             - (fra sé) Bel miscuglio.

Pearl                              -(forte) Spero che non parli tutto il tempo di poli­tica.

Frank                             - Ti scrive delle lettere?

Pearl                              - Piantala, Frank. Lo sai che non le scrive.

Frank                             - Bel tipo d'innamorato che non scrive (Guarda i quadri, si ferma davanti a uno e brontola).

Pearl                              - Sta' attento che morde.

Beatie scende. È vestita coll'abito nuovo ed ha 1'aspetto felice, pieno di salute, raggiante.

Frank                             - Ciao, sorellina. Stavo contemplando il tuo capolavoro.

Beatie                            - Non lo contemplare troppo, tanto non te lo do!

Frank                             - Peccato! Ci avevo messo il cuore sopra!

Pearl                              - Bello il tuo vestito, Beatie.

Frank                             - Dov'è il resto della nostra illustre casata?

Beatie                            - Jenny e Jimmy dovrebbero esser qui a momenti e Susie e Stan forse non verranno.

Frank                             - Che gli è successo?

Beatie                            - Non me ne parlare, perché ne ho fin sopra i ca­pelli. Susie non vuol parlare con la mamma.

Pearl                              - Son quasi diciotto mesi che non le parla.

Beatie                            - E come mai avete litigato tu e la mamma, Pearl?

Frank                             - Perché la mamma è una testona, ecco.

Pearl                              - Perché un giorno lei disse che voleva cambiare il suo agente del Totocalcio ecco perché, e mi chiese di far­lo io. E io dissi va bene, ma che mi ci volevano due set­timane, e allora lei si arrabbiò perché disse che io non glielo volevo cambiare. E allora le chiesi perché non se lo cambiava da sé, e lei disse che si sentiva troppo male per andare fin da John Clayton a dirglielo, e poi mi dis­se: «Perché? non ci credi che mi sento male?» E | dissi - lo so che mancai di tatto - ma io dissi: «No mam­ma, non mi sembri cosi ammalata». E da allora non mi parla più. Spero soltanto che oggi non faccia il muso.

Beatie                            - Be'! A me l'ha raccontata in un altro modo.

Frank                             - La mamma litiga sempre.

Pearl                              - Eh, m'immagino che ha poco altro eia fare, sem­pre tappata in questa vecchia casa e tutto il giorno so a. E il babbo Bryant, parla poco anche lui quando « casa.

Frank                             - Ma lo sapete, se da tre anni non parla neppure con sua madre da quando la nonna Dykes si prese Jenny in casa quando Jenny ebbe quella bambina illegittima, Dafne.

Beatie                            - All'inferno, che maledetta famiglia!

Frank                             - Una illustre casata, dico io.

Jimmy e Jenny Beales arrivano.

Jenny                             - Illustre casata la chiama? Un bel mucchio di scemi vuoi dire. Be', e dov’è lui?

Frank                             - Il misterioso straniero non è arrivato. Siamo in attesa.

Jenny                             - Be' io non aspetto tanto. Ho fame.

Pearl                              - Questi Bryant. Non pensano che alla pancia.

Frank                             - (a Jimmy) L'hai poi organizzata la tua associazione?

Jenny                             - Che associazione?

Frank                             - Come? non te n'ha parlato?

Jimmy                           - Frank Bryant, chiudi il becco. Mi farai impiccare.

Frank                             - Oh, un'importante associazione - importantissi­ma. Te lo dico io. Un giorno, vedi, eravamo tutti alla mescita, Jimmy, io, Starkie, Johnny Oats e Bonky Dawson. Avevamo bevuto qualche bicchiere e Jimmy era un po'... be', si sentiva un certo... sapete cosa - un certo prurito. Si sentiva prudere. E si mise a lamentarsi per la coscia - la coscia - la coscia tutto il tempo. E allora Bon­ky Dawson dice: «Accidenti - dice - ci devono essere anche delle donne che si sentono cosi», e Starkie dice: «Sicuro che ci sono, soltanto come fai ad accorgertene?» E allora si stette tutti un po' a pensarci sopra, andò a un tratto Jimmy dice: «Si dovrebbe fondare l’ associazione di quelli che ogni tanto ne hanno voglia, dovrebbe portare tutti un distintivo - dice - e quan­do vedi una donna con quel distintivo lo sai subito che ne ha voglia anche lei».

Jimmy                           - Ora piantala Frank, o ti rompo la zucca.

Frank                             - Ora non contento di questo, il vecchio Jimmy dice : “ E si dovrebbe avere anche una parola d'ordine per sapere quanto è urgente». Sentite un po' che ci consiglia. Dice: «Fermate una di queste donne col distintivo e le dite: "Quante zollette di zucchero ci mettete nel tè? E se lei dice «due» allora capite che non ne ha tanta voglia ma che ci sta. Ma se dice «quattro», allora capite che scoppia come voi. Va bene?

Jenny                             - Cascherebbe stecchito se gli rispondesse che ne mette sedici, eh?

Pausa.

Pearl                              - Dov'è mamma Bryant?

Beatie                            - Di sopra che si cambia.

Pearl                              - Dov'è babbo Bryant?

Beatie                            - Cura i maiali.

Frank                             - Sei fortunata che io ci sia, sai?

Beatie                            - Oh.

Frank                             - Se c'era un altro po' di sole, rimettevo il raccolto.

Pearl                              - E allora, che ne dici di quel temporale di ieri not­te? Tuoni e lampi, uno dietro l'altro.

Beatie                            - A Ronnie gli piace, sapete? Si mette là seduto e guarda per delle ore.

Frank                             - Dev'essere un bel tipo.

Jenny                             - Un bel generino dev'essere.

Beatie                            - Eh, presto lo vedrete da voi.

Jenny                             - Ha sorelle?

Beatie                            - Una sposata e sta qui vicino.

Pearl                              - Sta in campagna? una ragazza di città? e che ci fa?

Beatie                            - Suo marito fa mobili a mano.

Pearl                              - E non li può fare a Londra?

Beatie                            - Dice Ronnie che loro dicono che Londra è un p sto inumano.

Jimmy                           Sicuro, è proprio vero.

Beatie                            - Ecco babbo Bryant.

Bryant entra. Ha la tuta e l'impermeabile. È stanco e un po' curvo.

Frank                             - E questo è il gran capo maschio della potente casata dei Bryant.

Bryant                           - Oh. Siete tutti arrivati presto.

Beatie                            - Babbo, spicciati a cambiarti. Lui sarà qui a momenti.

Bryant                           - chiudi il becco, figliola, ci vado quando mi pare, e smettila di farmi fretta.

La Signora Bryant scende. Ha l'aspetto rassettato e an­che lei indossa un abito a fiori.

Frank                             - E questa è la capessa femmina della potente casata dei Bryant.

Signora Bryant              - Su, Bryant, va a cambiarti. Siamo tutti pronti.

Bryant                           - Accidenti! Un'altra! Ma insomma, chi è questo ragazzo? Lo vorrei sapere.

Signora Bryant              - È sconvolto! Me ne accorgo. Glielo sen­to nella voce. Su Bryant, che ti succede?

Bryant                           - A me succede poco, di che t'impicci te? (Fa per andare) E lasciami in pace. O non mi devo cambiare?

Signora Bryant              - Se ti succede poco, ne sposo un altro.

Frank                             - Healey ti ha sgridato, babbo?

Beatie                            - Muoiono i maiali?

Signora Bryant              - No, è qualcosa di grosso, o non sarebbe cosi allegro...

Bryant                           - Mi hanno messo nella lista degli avventizi.

Jenny                             - Accidenti che porcheria.

Signora Bryant              - Sarà colpa delle tue budella, no ?

Bryant                           - Gli ho detto che non c'era pericolo, che i dolori non li avevo. «Non importa, Jack - dice - non voglio che ci caschi morto sulle braccia. Intanto ora resta aventizio e se ti senti meglio puoi sempre tornare ai maiali.

Signora Bryant              - E allora sei a metà paga?

Beatie                             - Non puoi trovare un altro posto?

Frank                             - E’ in quel posto da diciotto anni.

Beatie                            - Ma devi esser capace di fare qualche altra cosa. E se tornassia fare il vaccaro?

Bryant                           - Quel posto ce l’ha Billy Waddington. C’è da sei anni e mezzo.

Jenny                             - Non serve che ti arrabbi, Beatie. Succede contiinuamente.

Jimmy                           Te lo ricordi, glielo abbiamo detto quando era da noi.

Signora Bryant              - (a Bryant) E va bene - tirati su ora - adesso non si può far niente. Ci penseremo più tardi. Ce la caveremo in qualche modo. Guarda che si fa tardi.

Bryant                           - Sa nuotare? perché gli toccherà di farlo. Piove che pare il diluvio universale. (Va di sopra).

Signora Bryant              - Be', ce la beviamo una tazza di tè mentre si aspetta? Vado a mettere il bollitore. (Va in cucina).

Ora son tutti seduti in cerchio. Jenny  tira fuori un lavoro a maglia e Jimmy prende un giornale per leggere. Silenzio. Non è un silenzio imbarazzante. È soltanto una stanza senza conversazione.

Pearl                              - (a Jenny ) Chi te li guarda i bambini?

Jenny                             - La vecchia Mann, della casa accanto.

Pearl                              - Povera vecchietta. Come si sente?

Jenny                             - L'ha presa male. (Accennando a Jimmy) E anche lui. Pensa che sia colpa sua.

Pearl                              - Ma accidenti, non era colpa sua. (A Jimmy Beales) Non far lo scemo.

Jimmy                           beales Non continuare a tormentarti, o ci fai sentir male tutti. Non hai fatto nulla di male - e poi in tutti i modi non sarebbe campato molto.

Frank                             - Non erano nemmeno sposati, vero?

Jenny                             - No, non si erano sposati mai. Lei cominciò a cu­rarsene quando lui ebbe il primo colpo, e con lui rimasi anche dopo, cosi.

Jimmy                           E perse anche il lavoro, per questo.

Frank                             - Be', si, lo doveva perdere, vi pare? Era un'in miera diplomata, di quelle governative, no? (A Beatie) Appena se ne accorsero le autorità le dissero di piantar o di lasciare il posto.

Jenny                             - Sono dei bei cretini, dico io. E che differenza l'aveva sposato o no?

Pearl                              - Jenny, m'immagino che ne senti la mancanza, eh?

Pearl                              - Accidenti! Eccome se la sento! Era un buon vecchio, scherzava sempre e comprava i dolci ai bambini. Bè, lo sapete che ci ho pianto quando l'ho saputo? Sicuro. Che colpo che ho avuto. Eccome se l'ho avuto.

Pearl                              - E chi lo guarda il tuo dei bambini, Pearl?

Pearl                              - Il babbo.

Pausa.

Jimmy                           - Chi dici che vince oggi?

Frank                             - Mah. Norwick non di certo.

Pausa.

Signora Bryant              - (entra e si siede) L'acqua l'ho messa a scaldare.

Pearl                              - (a Beatie) E sua sorella ha dei bambini?

Beatie                            - Due maschietti.

Jimmy                           Se una notte va sopra lei faranno una bambina.

Jenny                             - O chetati, Jimmy Beales.

Signora Bryant              - Iersera ho fatto un'altra piccola vincita.

Jenny                             - Quanto?

Signora Bryant              - II torneo di whist dei pompieri. Ho vin­to sette scellini e sei soldi.

Jenny                             - Sicuro.

Frank                             - (leggendo il giornale) Quel ragazzo che assali la vecchia a Londra, gli hanno dato sei anni. gnora bryant Maledetto. E chi gliel'ha fatto fare? Sei inni e in più la giunta, gli avrei dato io. Maledetti teppi-Fatemi fare il giudice a me e farei presto a ripulir strade dai delitti. Sicuro che lo farei. Sicuro. e (rimettendosi in moto con un balio) Va bene, imma, te la daremo questa occasione. (Aferra il cap-e l'ombrello di Jimmy. Mette il cappello in testa madre e l'ombrello fra le braccia) Ecco. Sei un giudice- Ora riepiloga e annuncia la sentenza.

Signora Bryant              - La galera a vita, gli darei.

Frank                             - Però devi dire perché. Non puoi sbattere un disgraziato in galera senza dir nulla.

Signora Bryant              - Arrivederci, gli direi.

Beatie                            - E via, mamma, parla. Stai li seduta e dici che ripuliresti le strade, e ti sento sputar sentenze tutti i momenti. Ora fallo come si deve. Sono capaci tutti di dire: «va' in galera». Ma tu vuoi essere un giudice E allora facci vedere che sei un giudice che capisce. Parla su mamma, parla.

Tutti si sporgono in avanti, impazienti di sentir parlare la madre.

Signora Bryant              - Be', io - io - io - si, be', io - oh, smettete di fare gli scemi.

Frank                             - La grande capessa tace.

Beatie                            - Be', certo, e che altro può fare?

Signora Bryant              - Come sarebbe a dire «e che altro può fare? » Non vi aspettate mica che iosappia quello che dicono in tribunale? Non sono mica un giudice, io.

Beatie                            - E allora perché stai li in trono e giudichi la gen­te? Improvvisamente - come se niente fosse - una sen­tenza. Se qualcuno sbaglia, non stai a pensare perché ha sbagliato. Nessuna discussione, nessun interrogatorio, soltanto (fa schioccare le dita) alla ghigliottina. Voglio dire, guarda, se le cose vanno male in famiglia, tu non ti fermi a discutere. Per esempio, il babbo prende meno salario. Non vedo la famiglia che si riunisce e si mette a discutere la cosa. È un problema! Ma chi di voi si degna di dire che lo riguarda?

Signora Bryant              - E infatti non li riguarda. Non permetto che gli altri si impiccino dei fatti miei.

Beatie                            - Ma non si tratta di «altri», diavolo. Sono la tu famiglia.

Signora Bryant              - Non importa, non lo permetto.

Beatie                            - Ma mamma, io... .

Signora Bryant              - E ora piantala, Beatie Bryant e lasciastare. Parlerò quando mi pare e tacerò quando mi pare.

Beatie                            - Sei una bella testona.

Signora Bryant              - Me l'hai già detto.

Bryant                           - (entra È pulito e indossa un abito blu a righine) l’avete fatto il tè? .

Signora Bryant              - (salta su e va in cucina) Uh, perbacco, mi sono dimenticata il tè.

Bryant                           - Oh. E ora siamo tutti qui ad aspettare lui.

Jenny                             - Si direbbe che Susie non viene.

Beatie                            - Testarda.

Silenzio.

Jenny                             - L'avete già visto il televisore di Susie?

Beatie                            - Io l'ho visto .

Frank                             - E lo sai che il primo giorno che arrivo se lo porta­rono a letto e lo guardavano con un piatto di cioccola­tini davanti?

Pearl                              - Ma ora gli è venuto a noia. Dicono che ce l'hanno da un anno e che ricominciano a vedere tutti i vecchi programmi che hanno visto al principio.

Signora Bryant              - (entra col tè) Eccolo.

Beatie                            - Oh, per l'amor di Dio, smettiamo di spettegolare.

Pearl                              - Ma io non spettegolo. Sto facendo una osservazio­ne intelligente sulle condizioni della televisione, ecco.

Bryant                           - Che succede ora?

Beatie                            - Non è vero, non facevi nessuna osservazione. Spettegolavi.

Pearl                              - E allora! Sarà meglio che ripetere sempre le parole degli altri.

Beatie                            - Ma non è vero che ripeto sempre le parole degli altri. Vi dico soltanto quello che dice Ronnie.

Frank                             - Non te la prendere, ragazza - fra poco viene - non c’è bisogno di mettersi in codesto stato.

Beatie                            - Ascolta! Voglio porti un problema.

Jimmy                           Si, comincia!

Beatie                            - Mentre l'aspettiamo, ti prospetto un problema morale. Lo sai cos'è un problema morale. È un problema sul giusto e sull'ingiusto. Ci penso io a far pensare voi bestioni, fosse l'ultima cosa che faccio. Ora ascoltate. Ci sono quattro capanne...

Frank                             - Cosa?

Beatie                            - Capanne. Sai, quelle case che dentro ci si vive. Ora, ci son due capanne dalla parte di un fiume e due da quell'altra. Da una parte ci sta una ragazza in una capanna e un saggio in quell'altra. E c'è un barcaiolo che fa il traghetto fra le due rive. Ora - attenti – concentratevi - la ragazza ama Archie ma ad Archie non gliene importa. E Tom ama la ragazza, ma a lei gliene importa poco.

Jimmy                           Poveraccio!

Beatie                            - Un giorno la ragazza viene a sapere che Archie - che non l' ama, ve lo ricordate - va in America decide di provare ancora una volta a convincerlo a portarsela con sé. Cosi sentite che fa, va dal barcaiolo e gli chiede di traghettarla. Lui dice - si, ma ti devi spogliare nuda.

Signora Bryant              - O questa poi! E perché?

Beatie                            - II perché non importa - cosi le dice. Ora la ra­gazza non sa che fare, e va a chiedere consiglio al saggio e lui dice: «Devi fare quello che ti pare meglio».

Frank                             - Non è un gran consiglio!

Beatie                            - Non importa - cosi le consiglia. E la ragazza pen­sa e ripensa, e siccome è innamorata decide di spogliarsi nuda.

Pearl                              - Oh, dico!

Bryant                           - Ehi, questa si che è una storiella!

Beatie                            - Chetati, babbo, e ascolta. Ora... dov'ero rimasta?

Signora Bryant              - Si spogliava nuda...

Beatie                            - Ah, si, cosi, la ragazza si spoglia nuda e il barca­iolo la traghetta - non la tocca, non le fa niente - sol­tanto la porta di là e lei corre alla capanna di Archie per implorarlo di portarla con lui e per ripetergli che lo ama. Allora Archie glielo promette, e lei quella notte dora con lui. Ma quando si sveglia la mattina, lui non c'è più-È rimasta sola. E cosi va da Tom e gli racconta comesi trova e gli chiede aiuto. Ma lui, appena sa che cosa fatto, la butta fuori, vedete? E cosi lei è li, poveracce sola, e senza vestiti, senza amici e senza speranza di star viva. Ora... e questo è il problema – pensateci sopra, non rispondete subito - chi è il principale responsabile della situazione? . _

Jimmy                           - Ma scusate, o non poteva tornare indietro?

Beatie                            - No, non può far nulla. È finita. E fregata. Ora, chi è il colpevole?

Tutti pensano e Beatie li guarda trionfante e fiera di se stessa.

Signora Bryant              - Bevete il vostro tè. Che ve ne importa di una ragazza nuda. La ragazza non si raffredda, ma il tè si.

Pearl                              - Be', io dico che più responsabile è la ragazza.

Beatie                            - Perché?

Pearl                              - Be', la scelta l'ha fatta lei, no?

Frank                             - Si, ma il vecchio barbaiolo la fece spogliare nuda.

Pearl                              - Ma non era obbligata a farlo.

Frank                             - Accidenti, ma lei era innamorata.

Beatie                            - Bravo vecchio Frank .

Jenny                             - All'inferno se lo so.

Beatie                            - Jimmy?

Jimmy                           Non lo domandare a me, ragazza, io sto colle deci­sioni degli altri - da me non ne faccio.

Beatie                            - Babbo?

Bryant                           - Non capisco dove vai a parare.

Beatie                            - Mamma?

Signora Bryant              - Bevi il tè, figliola - non importa quel che penso io.

Questo è ciò che tutti attendono.

Pearl                              - Bene, e che ne dice Ronnie?

Beatie                            - Lui dice che la ragazza è responsabile soltanto per aver deciso di spogliarsi e di traversare il fiume e che l’ha fatto perché era innamorata. Dopodiché, è vittima di due uomini fasulli, uno che non l'ama ma ne appro­fitta, e un altro che dice che l'ama ma non l'ama abbastanza da aiutarla, e che l'uomo che dice di amarla e non fa nulla per aiutarla è il più responsabile di tutti perché l'ultima speranza che le è rimasta.

Jenny                             - L'ha pensata bene!

Beatie                            - ( salta su una sedia, alzando il pugno come fa Ronnie, ed eccitandosi nell'inizio di uno scoppio isterico di citazioni) «Nessuno è tanto malvagio che non si possa perdonargli! »

Pearl                              - Allora è tanto sicuro di sé?

Beatie                            - «Non possiamo esser sicuri di tutto, ma dobbiamo esser sicuri di alcune cose fondamentali se non vogliamo morire».

Frank                             - E allora pensa che tutti ascolteranno?

Beatie                            - «La gente deve ascoltare. Non serve parlare quelli già convertiti. Tutti devono discutere e pensare per non stagnare e marcire, oppure il marcio si spar­gerà».

Jenny                             - Allora attenti a questo!

Beatie                            - (il suo strano eccitamento cresce; ha una citazione per ogni cosa) «Se volere le cose migliori della vita vuol dire essere uno snob, allora, gloria alleluia! io sono uno snob. Ma non sono uno snob, Beatie, soltanto credo nella dignità umana e nella tolleranza e nella coopera­zione, e nell'eguaglianza, e...»

Jimmy                           (salta su spaventato) Allora è un comunista!

Beatie                            - «Sono un socialista».

Signora Bryant              - Però a me non mi sembra che sia molto contento.

Beatie                            - «Quando sto colla gente e canto sono felice -quando me ne vado e li dimentico sono depresso».

Bryant                           - (come se citasse) E quando gli prude il culo è agonia!

Si bussa alla porta d'ingresso.

Beatie                            - (saltando giù, come se le sue frasi eccitate avesser condotto a questo preciso momento) Eccolo, eccolo! (Ma alla porta c'è il postino dal quale ella riceve una lettera e un pacchetto). Oh! che sciocco, che sciocco. Ci potete credere che scrive una lettera proprio il giorno che deve arrivare! Un pacco per te, mamma.

Pearl                              - Ah sarà il tuo vestito dallo spaccio.

Signora Bryant              - E che vestito sarebbe? Io non l'ho chiesto un vestito dallo spaccio.

Pearl                              - Si che l'hai chiesto, l’hai chiesto a me, è vero Frank? Ti ricordi, si sfogliava il catalogo insieme, mamma-

Signora Bryant              - Che importa che si faceva insieme, io non lo voglio.

Pearl                              - Ma mamma, l'hai proprio...

Signora Bryant              - Non lo voglio e basta. (Beatie legge la lettera - il contenuto l'annienta - si porta la mano alla bocca. Non può muoversi. Muta, guarda quelli che le sono intorno. La Signora Bryant a Beatie) Ebbene, che ti succede? Fammela leggere. (Prende la lettera e la legge con voce monotona ma forte, come fosse un proclama) «Mia cara Bettie. Dopo tutto non ce la faremmo, vero? La mia idea di distribuire alla gente un nuovo modo di vivere una nuova vita è inutile e romantica, se vogliamo dire la verità. Forse ti chiedo troppo. Se fossi un essere umano sano, sarebbe andata forse bene, ma quasi tutti noi intellettuali siamo malati e nevrotici - come hai no­tato spesso - e non potremmo costruire un mondo nem­meno se ci dessero le redini del governo, almeno non ora. È una cosa deprimente, e non so capire perché è an­data storta. Io non biasimo te perché sei testarda, non biasimo te perché ignori ogni mio suggerimento - biasi-i soltanto me stesso per averti incoraggiato a credere : ce l'avremmo fatta. Abbiamo passato insieme dei omenti stupendi. Ma ora due settimane di tua assenza danno la vigliacca occasione di ripensarci e di deci­dere, e io...»

Beatie                            - (le strappa di mano la lettera) piantala!

Signora Bryant              - Cosi... ora lo sappiamo, no?

Bryant                           - Che c'è? Non viene?

Signora Bryant              - Proprio. Ora lo sappiamo.

Bryant                           - Non viene, ho detto?

Beatie                            - No, non viene.

Segue un silenzio pauroso. Tutti sono imbarazzati.

Jenny                             - (dolcemente) Ma figliola, non lo sapevi che sarebbe finita cosi?

Beatie scuote la testa.

Signora Bryant              - Cosi siamo noi i testardi, eh?

Jenny                             - Piantala mamma, la ragazza è fuori di sé.

Signora Bryant              - Lo vedo bene, lo vedo - non viene, lo vedo, e noi siamo qui come maledetti scemi, lo vedo.

Pearl                              - Allora vuol dire che avete litigato tanto Beatie?

Beatie                            - (come se lo scoprisse per la prima volta) Lui vo­leva sempre che lo aiutassi, e io non lo potevo mai. Una volta provò a insegnarmi a scrivere a macchina, ma ap­pena feci uno sbaglio la piantai. Tutte le volte la pian­tavo. Non lo potevo sopportare di fare sbagli; non lo so perché, ma non sopportavo di fare sbagli.

Signora Bryant              - Bene, cosi adesso sentiamo l'altra parte della storia eh?

Beatie                            - Lui consigliava di cominciare a copiare le cose vere nei miei quadri invece di figure astratte e io non gli davo retta.

Signora Bryant              - Ah, cosi non gli davi retta!

Jenny                             - Piantala ti dico!

Beatie                            - A volte mi dava un libro, e io non mi curavo nean­che di leggerlo.

Frank                             - (senza malizia) E tutte quelle discussioni di cui parlavi?

Beatie                            - Io non discutevo mai. Lui mi pregava sempre di discutere, ma non vedevo a cosa serviva.

Pearl                              - E si è offeso per questo?

Beatie                            - (cercando di capire) Io non avevo pazienza.

Signora Bryant              - Ora viene tutto a galla !

Beatie                            - Non potevo aiutarlo - non ho mai saputo aver pazienza. Una volta mi guardò con occhi spaventati e disse «Siamo stati insieme tre anni ma tu non sai chi sono io e quel che cerco di dire - e a te non te ne im­porta, vero? »

Signora Bryant              - E lei invece diceva...

Beatie                            - Io non ho saputo mai quello che voleva - non cre­devo che importasse.

Bryant                           - Quella voleva che noi si risolvesse il problema morale e ora sappiamo che nemmeno lei era capace. Cu­rioso eh?

Signora Bryant              - La mela non cade lontano dall'albero -no davvero!

Beatie                            - (stanca) E cosi siete contenti, eh? State li comodi e siete fieri che vostra figlia non abbia potuto aiutare il suo ragazzo. Guardatevi - tutti voi - non sapete che di­re. Non sapete nemmeno aiutare la vostra carne e il vo­stro sangue. Vostra figlia è stata piantata. Ora è anche affar vostro, no? Faccio parte della vostra famiglia, no? E allora, aiutatemi! Consolatemi! Parlatemi - per amor di Dio, parlatemi, qualcuno! (Finalmente piange).

Bryant                           - Bene, e ora che si fa?

Signora Bryant              - Ci si mette a sedere e si mangia, ecco che si fa.

Jenny                             - Non esser vigliacca mamma, non possiamo lasciar­la piangere cosi.

Signora Bryant              - Insomma, accidenti, non è colpa mia se piange. Ho fatto quel che ho potuto, ho preparato la ce­na, l'avrei trattato come un figlio se fosse venuto, ma non è venuto! Tutta la famiglia si è riunita per fargli fe­sta, tutti noi, ma lui non è venuto. E allora che devo fare?

Beatie                            - Mio Dio, mamma, come sei odiosa - era la sola cosa che volevo e non ho saputo conservarla - non sa­pevo come fare. Sei odiosa, sei...

La Signora Bryant schiaffeggia Beatie. Tutti sono un po' disgustati da questo duro trattamento.

Signora Bryant              - Ecco! Ne ho avuto abbastanza.

Bryant                           - Ma perché hai fatto cosi?

Signora Bryant              - Ne ho avuto abbastanza. Tutto questo tempo che è stata a casa non ha fatto che dirmi che non avevo fatto questo, non avevo fatto quello e metà di quello che ha detto non l'ho capito e ne ho avuto abbastanza. Dice che fa parte della famiglia ma a casa non c'è stata mai da quando ha finito la scuola. E allora ne va da casa e si riempie la testa di scemenze di lusso e poi si viene a sapere che nemmeno lei ci capisce niente. Si viene a sapere che fa le stesse cose che rimprovera a me. Grida sulla faccia di Beatie) E allora ho ragione ragazza? Ho ragione no? Quando mi dicevi che erotestarda, volevi dire che lui te lo dice a te, che sei testarda Quando dici che non ti capisco, vuoi dire che tu non capisci, vero? Quando dici che non mi sforzo, vuoi dir che sei tu che non ti sforzi. E allora di che cosa mi accusi? Dando la colpa a me tutto il tempo! Non sono stata responsabile di te da quando hai lasciato questa casa per vivere da sola. E lei crede che mi piaccia, lo crede! Crede che mi piaccia star ficcata in questa casa tutto ii giorno. Ma te lo voglio dire - ragazza mia - non mi piace! Ecco! E se avessi la possibilità di andarmene a lavo­rare in qualche altro posto, tutti quanti ve ne potreste andare all'inferno - tutti quanti! E va bene, sono una maledetta scema. E va bene! Cosi ora lo so. Per due settimane sane me l'hanno detto. E va bene, allora io non ti posso aiutare, ragazza mia, no davvero, e rendi­tene conto una volta per tutte.

Beatie                            - No, mamma, non puoi. Lo so che non puoi.

Signora Bryant              - M'immagino che far tutte quelle cose per lui non era abbastanza! M'immagino che la sola bon­tà non gli bastava!

Beatie                            - Oh, a che serve!

Signora Bryant              - E allora, smettila di star li seduta a so­spirare come se fossi Madama Caca-mai. Ti domando qualche cosa. Rispondi. Adesso parla tu - su - dici eh sai le cose che noi non sappiamo, e allora parla tu! E par la - forza, parla ragazza.

Beatie                            - (disperatamente) Non posso, mamma. Hai ragione - la mela non cade lontano dall'albero, vero? Hai ra­gione. Son come te, testarda, vuota, senza arnesi per vivere. Non ho radici in nessun posto. Vengo da una famiglia dicontadini e pure non ho radici - proprio come la gente di città! - sono soltanto un ammasso di nulla.

Frank                             - Radici?' Ma che vuoi dire, radici?

Beatie                            - (impaziente) Radici, radici, radici! Cristo, Fran­kie tutto il giorno stai nei campi, lo dovresti sapere come crescono le cose! Radici! Le cose dalle quali nasci, quelle che ti nutrono, le cose che ti fanno fiero di te - le radici!

Bryant                           - Ma una famiglia ce 1’hai, no?

Beatie                            - Non sto parlando delle radici di famiglia. Voglio dire - lo voglio dire - guardate! Da che il mondo è in­cominciato ha continuato a crescere, no? Son successe tante cose, tante cose sono state scoperte, la gente ha pensato e si è migliorata e ha inventato, ma noi cosa ne sappiamo?

Jimmy                           Ma che ha?

Beatie                            - (con varie esclamazioni) Che vuoi dire - ma che ho? Parlo. Ascoltatemi! Vi sto dicendo che il mondo ha continuato a crescere per duemila anni e noi non ce ne siamo accorti. Vi sto dicendo che non sappiamo cosa sia­mo o di dove veniamo. Vi sto dicendo che qualche cosa ci ha tagliati fuori fin dal principio. Vi sto dicendo che non abbiamo radici. Dio m'accechi! tutti abbiamo dei campi, tutti coltiviamo, e lo dovremmo sapere cosa sono le radici. Tu mamma, lo sai come si crescono i fiori, no?

Jimmy                           - tu lo sai come conservare forti e sane le radici degli erbaggi. Le radici forti non servono soltanto al grano, sono necessarie anche a noi. Ma noi che abbia­mo? Su, ditemelo, che abbiamo? Non sappiamo nemme­no da dove spuntiamo e non ce ne importa.

Pearl                              - Be', io non me ne lamento.

Beatie                            - Dici che non ti lamenti - oh, si, lo dici, ma guar­dati. Che hai fatto da quando sei venuta? Hai detto al­ieno una cosa? Intendo veramente detto o fatto qualcosa per far vedere che sei viva? Viva! Maledizione, che ol dire? Lo sai che vuol dire? Chi di voi lo sa? Volete sapere che disse Susie quando andai a trovarla? Disse e non gliene importa niente se la bomba atomica le a sopra e lei muore - ecco cosa disse. E sapete perché lo disse? Ve lo dico io, perché se gliene dov portare davvero ci dovrebbe far qualcosa e le fa fatica. Proprio cosi. Non vuole essere disturbata - le è venuto tutto a noia. Ecco cosa siamo, tutti - tutti stufi

Signora Bryant              - Ma che ti prende - noia, dici noia? Dici che Susie si annoia, con la radio, la televisione e il resto? Che io sia dannata se si annoia!

Beatie                            - Oh, certo! Accendiamo la radio, o la TV diamo al cinema, se ci sono storie d'amore o di gangster, ma questo non vuol dire render la via più facile? Tutto basta non far fatica. E allora, ho ragione? Lo sapete che ho ragione. L'educazione non è soltanto libri e musica vuol dire domandare - domandare sempre. Ci sono milioni di noi, in tutto il paese, e non uno, nemmeno uno che fa domande, tutti prendiamo la via più facile. Tutti i miei compagni di lavoro hanno sempre preso la via più facile. Non ci battiamo per nulla, siamo tanto pigri di mente che potremmo benissimo esser morti. E come, se siamo morti! E lo sapete che dice Ronnie a volte? dice che ci sta bene! Ecco che dice... è nostra colpa.

Jimmy                           Ecco che ci hai bollati. Ora sappiamo a che punto stiamo.

Signora Bryant              - E va bene, se ha deciso che non contia­mo nulla allora ha fatto bene a restar dov'era. Ecco! ha fatto bene a restar dov'era!

Beatie                            - Oh, lui pensa che contiamo, e come! vivendo in comunione mistica con la natura! Vivendo in una male­detta comunione mistica con la natura! Ma contare? contare, mamma? Davvero? e chi lo sa? Contiamo o no? Credete proprio che contiamo? Non ci dovete far caso a quello che i giornali scrivono dei lavoratori, che sono «più importanti di tutto, al giorno d'oggi». Sce­menze! perché non lo siamo. Credete proprio che quan­do la gente di questo paese si mette a lavorare, lo fanno per noi? All'inferno, se lo fanno! Credete che non lo sanno che noi non faremo il minimo sforzo? Gli scrittori non scrivono pensando che noi capiremo, né i pittori pingono pensando che noi ci interesseremo - no davvero, né i compositori fanno musica pensando che ci piacerà. “Va’ là - dicono - la massa è troppo idiota perché noi ci abbassiamo. Va' là - dicono - se non fanno uno sforzo perché ce ne dovrebbe importare? » E cosi sapete chi si fa strada? Cantanti di canzonette e gli scrittori popo­lari e quelli che fanno i film e i giornaletti per le donne, e i giornali della domenica e i fumetti - ecco chi si fa strada! e non avete fatica da fare per questi, vi vien facile.«Noi lo sappiamo dove stanno i soldi - dicono -diavolo se lo sappiamo!» Gli operai, diamogli quello vogliono. Se vogliono canzonette e stelle del cinema, liamoglieli. Se vogliono parolacce, diamogliele! Se vogliono merce di scarto, forza! gli daremo quella. Qua­lunque cosa è buona per loro, perché non chiedono al­tro. Tutto il fetente mondo commerciale ci insulta e non ce ne importa un corno. Ebbene, Ronnie ha ragione - è colpa nostra. Vogliamo la merce di scarto - ce l'abbia­mo! Ce l'abbiamo! Ce... (A un tratto si ferma come se ascoltasse se stessa. Si ferma, e si volta con un sorriso estatico sul volto) Avete sentito? lo sentite? Mi ascol­tate? Io sto parlando! Jenny Frankie, mamma. Non ri­peto più le parole degli altri!

Signora Bryant              - (si muove per mettersi a tavola) Al dia­volo! M'ha stufato! Lasciatela parlare e poi si stancherà.

Gli altri la raggiungono a tavola e si mettono a mangiare parlottando.

Beatie                            - (come se una visione le si rivelasse) Dio del Cielo, Ronnie! funziona! sta accadendo a me! sento che è acca­duto! Comincio, coi miei piedi, sto cominciando...

Il borbottio della famiglia seduta a tavola cresce di intensità coll'ultimo grido di Beatie. Qualunque cosa essa faccia, loro continueranno a vivere come prima. Mentre Beatie sta là sola, finalmente capace di esprimersi.

Sipario.