Ragazzi

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R A G A Z Z I

R A G A Z Z I

Commedia in due atti

di

GIORGIO CASINI

Personaggi

CECCHINO,

factotum in casa di Matilde

ANDREA,

medico di paese

MATILDE,

anziana signorina, possidente

SARA,

nipote di Matilde

GIANDOMENICO,

suo marito

La scena rappresenta la stanza di soggiorno in casa di Matilde, una vecchia villa di campagna.

Porta a destra verso l'interno della casa, a sinistra verso l'esterno.

PRIMO ATTO

SCENA 1 - CECCHINO, ANDREA

(Scena vuota. Suona il campanello. Cecchino, da destra, attraversa la scena, esce a sinistra e rientra subito con Andrea)

CECCHINO- Venga venga, sor dottore si accòmodi. Ha bisogno di qualcosa?

ANDREA- La signorina Matilde è in casa?

CECCHINO- Si, è di là che si sta preparando; tra poco dovrebbe arrivare sua nipote Sara con il marito. È da tanto che non si vedono e allora è un po' impaziente

ANDREA- Sara... quella bambina che veniva qui ogni estate... Già, ricordo: si è sposata.

CECCHINO- -Son già due anni. Prese quel ragazzo che lavorava alla banca. Passaron di qui in viaggio di nozze. Ora, dice, hanno qualche giorno di ferie e lo vengono a passare qui in campagna. Dovrebbero arrivare da un momento all'altro.

ANDREA- E tu fai gli onori di casa; ti hanno promosso maggiordomo?

CECCHINO- Che vuole sor dottore, da quando se n'è andata quella ragazza che veniva a fare le faccende, fra me e mia moglie ci tocca badare anche la casa. E ho già tanto da fare nella stalla, a lavorare la terra. Sor dottore: non ce la faccio più. Ho sempre quella... oppressione allo stomaco.

ANDREA- Avverti ancora quel senso di pesantezza allo stomaco? Ma questo fastidio ce l'hai sempre o ti capita saltuariamente, ogni tanto.

CECCHINO- Vede, sor dottore: dopo mangiato, se mi metto un po' sulla seggiola, magari a guardare un pezzetto di telegiornale... sa: mi garba sapere cosa succede nel mondo; come si dice: morire in conoscimento... Anche l'altro giorno, l'ha visto cosa è successo in Altitalia? Due treni si sono scontrati, c'è stato un mucchio di morti. O l'alluvione dell'anno scorso, che allagò tutte le campagne laggiù in Bassitalia; quelle povere bestie scappavano nei campi non gli riusciva di trovare un argine per mettersi a salvamento! Nòo, se il governo non ci prende provvedimenti sono affari seri!

ANDREA- Allora devo dedurre che il male allo stomaco ti viene quando vedi le disgrazie in televisione, ma non è grave stai sicuro, lo fa a tanta gente... Comunque, finite le alluvioni ti alzi e vai fuori... Il mal di stomaco ti è passato..

CECCHINO- Si, vado nel campo; c'è sempre qualcosa da fare: vangare, seminare, zappare la terra, governare le bestie... se vedesse, sor dottore: c'è la Gigia sta per figliare, ha una pancia...

ANDREA- Chi è la Gigia? Conosco tutto il paese ma questa Gigia...

CECCHINO- La Gigia... La mucca che si comprò l'anno scorso alla fiera. Quella pezzata, bianca e marrone...

ANDREA- Ah già. Avete anche delle bestie nella stalla. Me ne ha parlato la signorina Matilde.

CECCHINO- Si era messo sù qualche capo perché dice davano dei sussidi là a Bruxelles, al governo dell'Europa. La signorina ci spese un mucchio di soldi per comprarle ma dall'Europa non è arrivata nemmeno una lira; il latte lo vengano a prendere dalla centrale lo pagano pochissimo, ammazzarle non si può perché sono contingentate, poi alla Matilde dispiace: ci si è affezionata, allora si disse: facciamola ingravidare dal toro del Menicucci. Se vedesse che bestia sor dottore! Io dico che a lei non ne càpitano, bestie di quel genere lì!

ANDREA- Veramente non faccio il veterinario, caro Cecchino. Io, tutt'al più posso guarire il mal di stomaco, l'oppressione come dici tu, ma di bestie, tori specialmente proprio non me ne intendo

CECCHINO- Insomma, per finirglielo di raccontare: vedrà che fra poco lo scodella... O, per esempio, mia moglie, sor dottore...

ANDREA- Anche lei è incinta?

CECCHINO- La Pierina? No! Non mi pare... O sor dottore, me n'ha già fatti tre.

ANDREA- Me li ricordo, tutti e tre. Li ho fatti nascere io.

CECCHINO- Anch'io però, non per vantarmi, ma la mia parte ce l'ho messa...

ANDREA- Tu?! Cecchino, sei sempre il solito. Si si, la tua parte l'hai fatta, nessuno lo mette in dubbio... Giacomo fu il primo, se ricordo bene. Fu un parto piuttosto complicato.

CECCHINO- Giacomino è sempre stato il più tremendo, e anche ora non è che sia tanto migliorato.

ANDREA- Poi venne Guglielmo...

CECCHINO- Come il mio babbo. Mi toccò mettergli il suo nome: mi regalò centomila lire.

ANDREA- E il terzo, Guido mi pare.

CECCHINO- Come il babbo di mia moglie.

ANDREA- Altre centomila?

CECCHINO- No, gli regalò il seggiolone.

ANDREA- Il prossimo nome ti conviene metterlo all'asta. Ma ora abbiamo una levatrice in paese, per i prossimi figli vi rivolgerete a lei.

CECCHINO- Son sempre piccini questi. C'è da durare tanta fatica a tirarli su.

ANDREA- Ma tua moglie è forte, è sana, una vera massaia come usavano una volta.

CECCHINO- Anche lei però in questi ultimi tempi non è che stia gran ché bene, povera Pierina. Cià l'oppressione anche lei.

ANDREA- Allo stomaco?

CECCHINO- Secondo cosa mangia.

ANDREA- Ha nausea, sintomi di vomito, stanchezza? Falla venire in ambulatorio uno di questi giorni... e portala anche dalla signora Giovanna, la levatrice.

CECCHINO- Lei dice, sor dottore, che potrebbe essere...

ANDREA- Io non dico niente. Falla vedere... Piuttosto: la signorina Matilde ce ne avrà ancora per molto? ero passato per salutarla, visto che mi era rimasto un po' di tempo libero.

CECCHINO- Io l'ho lasciata nello studio, sarà un quarto d'ora. Si sono riguardati tutti i conti. La terra, sor dottore, non rende più come una volta; per campare ce n'è ma bisogna tirarli: lavorare tanto e accontentarsi di quel poco.

ANDREA- Certo che la terra va saputa gestire; la proprietà della signorina Matilde non sono poi così estese: un podere... piuttosto piccolo.

CECCHINO- Non è un gran ché ma ci si piglia un bel po' d'olio, qui ci viene buono. La frutta, anche di quella ce n'è tanta, se l'annata è buona renderebbe bene. Poi c'è il cavolo, i carciofi, l'orto, il pollaio... insomma un po' di rendita ci sarebbe, ma c'è anche tante spese: i concimi, le tasse.

ANDREA- Tu, praticamente, hai sempre lavorato qui.

CECCHINO- Ci sono nato. Prima di me c'era il mio babbo, che lavorava per il babbo della signorina che quando morì, e dopo poco morì anche la moglie, la Matilde prese tutto in mano lei. E se l'è sempre cavata abbastanza bene; dell'affari e della terra se ne intende. E anch'io, morto il mio babbo, son rimasto a tirare avanti la baracca.

ANDREA- E dopo di te ci saranno i tuoi figli.

CECCHINO- A dire la verità, mi garberebbe fargli prendere qualche altra strada. Mi garberebbe che studiassero, almeno uno potrebbe diventare dottore.

ANDREA- Ci vuole un dottore nuovo in paese... Ma, tornando alla signorina Matilde, tu che la conosci da sempre... non ha mai avuto la volontà... l'occasione di sposarsi? Ormai ha già raggiunto una certa età ed è sempre un tipo interessante. In gioventù doveva essere anche una bella donna. Si, dico: fidanzati, non ce ne sono mai stati?

CECCHINO- Ha sempre avuto tanto da fare a tirare avanti l'azienda. Ha tirato su anche il suo fratello e la sua sorella, che eran più piccini di lei, da quando gli sono morti i genitori. L'ha mandati a studiare in città, ci si sono sposati e ora sono sistemati tutti e due: uno è a Milano e quell'altra a Firenze. I nipoti l'ha sempre avuti d'intorno, d'estate specialmente era un viavai di bimbetti.

ANDREA- Quindi non ha mai avuto il tempo per cercarsi una sistemazione... sentimentale. Eppure qualche... amicizia, magari in gioventù. Proprio qualche giorno fa, ero entrato nel suo studio, il suo sancta sanctorum; ho notato che tiene su un ripiano della scrivania, bene incorniciata, una fotografia con dedica. Si tratta di un uomo, certo Ruggero: tu, ne sai niente?

CECCHINO- Che sappia io, uomini non ne ho mai visti girellare qui dintorno.

ANDREA- Il nome: Ruggero, ti dice niente?

CECCHINO- Io, di Ruggeri non ne ho mai incontrati punti.

ANDREA- La foto è piuttosto sbiadita e anche il tipo, Ruggero appunto come si chiama, mi sembra agghindato alla moda di tanti anni fa... Pensavo ad un amore giovanile. La Matilde doveva essere carina, colta, bene educata, con qualche risorsa economica. Non dovevano mancarle gli spasimanti. Beh, tutti hanno un amore giovanile.

CECCHINO- Anche lei, sor dottore?... Scusi, m'è scappato.

ANDREA- Per carità, non ho segreti per te; ci conosciamo ormai da diversi anni. Effettivamente anch'io non ho saputo dare un senso alla mia vita. Che vuoi: appena laureato, eran tempi duri, fui sbattuto medico condotto, in un paesino fuori dal mondo. Ho cambiato poi varie sedi ma non ho mai potuto frequentare ambienti dove poter incontrare... diciamo l'anima gemella. Ed ora, già da qualche anno son qui, ormai prossimo alla pensione...

CECCHINO- È sempre un uomo in gamba, sa quante ne potrebbe trovare di donne, anche qui in paese senza bisogno di andare tanto lontano... Anche per un uomo della sua età... scusi sor dottore, m'è scappata.

ANDREA- No no, dici la verità: gli anni ci sono... e quando cominciano a pesare sulle spalle, il cuore non ce la fa più.

CECCHINO- Gli fa male il cuore? E non lo può trovare qualche rimedio?

ANDREA- Caro Cecchino, beata la tua ingenuità. Non intendevo il cuore come muscolo: volevo dire i sentimenti, gli affetti. A vent'anni è tutto facile: basta una piccola fiammella per scaldarti il cuore, e credi che sarà sempre facile, quindi non pensi a costruirti un legame solido; così, quando arrivi a sentire la necessità di un po' di calore, ti accorgi che ormai non ti resta più che la cenere. E con la cenere non si appiccano gli incendi... (Cambia tono). Ma guarda un po' cosa mi fai dire: mi fai fare anche il poeta. E invece sono soltanto un povero medico di campagna. Uomo di scienza, tutt'al più, ma poeta...

CECCHINO- Invece lei chiacchiera bene, sor dottore.

ANDREA- Grazie. Ma parliamo d'altro. I tuoi bambini? sono già grandicelli ormai.

CECCHINO- Il più grande ha dieci anni.

ANDREA- Vanno a scuola... e se la cavano? (La risposta di Cecchino è interrotta dall'arrivo di Matilde).

SCENA 2 - MATILDE, CECCHINO, ANDREA

MATILDE- (Entra da destra).Cecchino, avevano suonato? Ah, è lei dottore. Scusi se l'ho fatta aspettare: mi ero trattenuta un po' nello studio per riguardare certe carte. Sapesse la fatica che ci vuole per tirare avanti una azienda, pur piccola come questa: le tasse, fatture, conti da pagare, norme igieniche e sanitarie, previdenza sociale. D'altra parte volevo sbrigarmi tutte queste scadenze perché tra poco arrivano due miei nipoti e voglio essere tutta per loro. Non li vedo da due anni: una vita. Cecchino, è tutto pronto? Fammi il favore: vai ad appostarti sulla strada, appena vedi la macchina in lontananza, corri ad avvisarmi. Voglio essere sulla porta di casa a riceverli. Vai Cecchino, vai. (Cecchino esce a sinistra).

SCENA 3 - MATILDE, ANDREA

MATILDE- Sono emozionata, caro dottore. Sara è la mia nipote maggiore, è la figlia di mio fratello Umberto che abita a Milano.

ANDREA- La ricordo quando era ancora bambina, veniva qui in estate.

MATILDE- Era una cara bambina. Stava tanto volentieri in campagna... Poi, crescendo: la scuola, le amicizie... Due anni fa si è sposata con bravo ragazzo, passarono di qui in viaggio di nozze. Si sono stabiliti a Milano anche loro. Oh, bella città Milano, ma per me, sarebbe impossibile viverci: tutto quel traffico, il rumore, l'aria irrespirabile; ma poi la nebbia, e d'estate un caldo che ti soffoca. No no, preferisco mille volte stare qui nella quiete della mia campagna.

ANDREA- Certo, è molto più rilassante. Cara signorina Matilde, abbiamo preso delle abitudini un po'... ruspanti, per usare una terminologia alla moda.

MATILDE- Ma poi: l'abitudine che hanno, su nel nord, di storpiare i nomi. Pensi: questo mio nipote acquistato si chiama Giandomenico. Per carità, niente di strano, probabilmente aveva un nonno di nome Giovanni ed un altro di nome Domenico. Bene, sa come lo chiamano e come anche a me toccherà chiamarlo? Giando.

ANDREA- Beh: succinto, rapido.

MATILDE- Eh si. Il tempo è denaro. Bisogna essere concisi. Ma vuol mettere, caro dottore il piacere della conversazione, il piacere di perdere del tempo anche in cose futili ma che dànno un senso alla vita. Oggi si è perduta l'abitudine di coltivare le attività intellettuali, i sentimenti. Oggi si parla solo di interessi, di cose materiali... I giovani d'oggi, caro dottore, sono ancora capaci di corteggiare una donna?

ANDREA- Beh... Credo di si. A loro modo.

MATILDE- Quale modo? Una motoretta rumorosa, fumogena, che distrugge ogni parvenza di vita interiore. Ma si è mai chiesto lei, come si possa dire, per esempio: ti amo, sopra a quel fracasso infernale.

ANDREA- Certo bisognerebbe alzare un po' la voce.

MATILDE- Lo vede! Lo vede che ho ragione io! Se certe parole debbono essere urlate, dove va a finire la poesia, l'intimità di certe situazioni, l'espressione più alta dell'animo umano.

ANDREA- C'è anche chi non viaggia su una motoretta. A me, per esempio, piace camminare. Ho una automobile che mi serve per visitare i pazienti o per sbrigare delle faccende in città ma, di regola vado a piedi: è più salutare e mi piace incontrare la gente, scambiare un saluto, osservare le case, le vetrine dei negozi, la campagna.

MATILDE- Lei dottore... Andrea: permetta che la chiami così, lei è rimasto un puro di cuore, un poeta oserei dire. Si incontrano spesso, fra i medici, delle anime sensibili, poetiche, superiori alle meschinità della vita.

ANDREA- Se lo dice lei...

MATILDE- Forse è un disegno del Cielo per nobilitare un poco la vita di chi è costretto ad occuparsi della materia. Un compenso morale alla pur necessaria invadenza fisiologica.

ANDREA- Questo, francamente, è un problema che non mi sono mai posto. Ma la vita privata di un medico, in fin dei conti, è simile a quella di tutti gli altri mortali: ascolta la musica, legge qualche buon libro, coltiva dei sentimenti...ama.

MATILDE- (Sospira). L'amore... il motore del mondo. Quella cosa che ti fa apprezzare la vita, che altrimenti sarebbe uno scialbo e piatto trascorrere delle ore.

ANDREA- Giustissimo... Queste parole mi consentono di introdurre l'argomento, che è un po' la ragione principale delle mie visite qui da lei.

MATILDE- Lo so, dottore: me ne ha già parlato altre volte... Ed io le ho sempre risposto negativamente mi pare, pur ringraziandolo per le sue attenzioni ed apprezzando le sue parole. Si, lei ha saputo trovare certe espressioni che mi hanno fatto molto piacere... Ma l'amore, caro dottore, caro Andrea, l'amore è un'altra cosa.

ANDREA- Io le ho parlato molto chiaramente. Sono ormai nella fase discendente della mia vita, prossimo alla pensione, solo: quale avvenire mi si prospetta? Il lavoro mi ha sempre assorbito completamente, tanto da non darmi l'opportunità di incontrare... si, una compagna per i miei giorni futuri. Ed ora che gli impegni professionali cominciano a non essere più così pressanti, vedo improvvisamente il vuoto che mi si prospetta, l'inutilità della mia esistenza. Insomma, cara Matilde: la chiamerei così se non sono indiscreto, ho sempre avuto per lei molta stima e rispetto. Una stima che si è andata tramutando col tempo, in ammirazione e quindi in devozione, amicizia e, perché no, in affetto.

MATILDE- Belle parole, belle parole che rivelano, mi scusi, una certa deformazione professionale. Lei si è sentito addosso i primi sintomi della vecchiaia e, da buon medico, si è prescritta la medicina: Una moglie, perché di matrimonio si tratta, non è vero, una moglie per ritrovare la gioventù; magari a piccole dosi, lontano dai pasti... Caro Andrea: l'amore è un'altra cosa.

ANDREA- L'amore. In fondo, cos'è l'amore? Il desiderio di sentirsi vicina una persona, dell'altro sesso, con la quale poter risolvere i problemi che si presentano di giorno in giorno. Due persone che hanno qualcosa in comune.

MATILDE- Noi, cosa abbiamo in comune?

ANDREA- Beh, diversi elementi. L'età: non siamo più giovincelli, il bisogno di una reciproca assistenza... anche di carattere economico. Nessuno dei due ha problemi di questo genere: io, in tanti anni di professione sono riuscito a crearmi una rendita abbastanza buona, lei possiede quel terreno che per ora dà una certa affidabilità, ma viviamo in un mondo che inevitabilmente toglie valore ai risparmi. Si, due redditi congiunti possono essere più affidabili di due redditi separati.

MATILDE- Ma allora non si tratta più di matrimonio! Lei mi sta proponendo di costituire una società. Per azioni? A responsabilità limitata, società di fatto... o di che altro genere?

ANDREA- Niente di tutto questo: una società, se vogliamo chiamarla così, a carattere familiare dove i soci, due soli, portano ciascuno il proprio capitale di idee, volontà, disponibilità, collaborazione, reciproca assistenza e conforto morale, intellettuale. Un capitale fatto anche, perché no, di una certa prestanza fisica.

MATILDE- C'è proprio tutto nella sua ideale associazione. Si si: una organizzazione che rasenta la perfezione... Ma una cosa si è dimenticata: l'amore. Il sentimento assoluto che trascina due persone, di sesso diverso come ha opportunamente precisato, le trascina come in un turbine, un vortice che fa dimenticare tutto. E allora non esiste più casa, idee, volontà, intelletto, il benessere economico e nemmeno, mi scusi, la sua tanto decantata prestanza fisica.

ANDREA- Molto romantico, Ed anche attuale. Debbo riconoscere che il suo concetto di amore è estremamente moderno. Ma, per tornare a noi, le dirò che non mi ero affatto dimenticato dei sentimenti, anche se non li avevo previsti così travolgenti. L'affetto tra due persone che convivono sotto lo stesso tetto, nasce, germoglia, si irrobustisce e diviene una pianta robusta capace di sfidare le intemperie, con uno sviluppo del tutto naturale, lento ma costante.

MATILDE- Teoria molto affascinante. Ma, all'atto pratico potrebbe risultare poco affidabile... Perché non si cerca una infermiera, dottore? L'assistenza, almeno quella sanitaria, l'avrebbe assicurata. Mi scusi, non volevo essere impertinente. Lei conosce l'amicizia e la stima che ho in lei.

ANDREA- Ed è in nome di questa amicizia che le chiedo di organizzare il nostro futuro.. magari dimenticando il passato.

MATILDE- Il passato fa parte delle nostra vita; perché dimenticarlo?

ANDREA- Anzi... Ma non deve interferire nel futuro. Voglio dire: una esperienza, una passione del passato sarà un caro ricordo, ma nulla più.

MATILDE- Lei può avere avuto tutte le donne di questo mondo, nessuno le farà mai un rimprovero. Anzi, troverà sempre dei maschi che la invidieranno.

ANDREA- Se è per questo, credo di non suscitare molte invidie. D'altra parte, anche per lei, signorina Matilde, esiste un passato.

MATILDE- Cosa glielo fa credere?

ANDREA- Ho avuto occasione di vedere, di là nel suo studio, una fotografia incorniciata... con dedica...

MATILDE- E lei ha creduto... Dottore... Andrea... Non la credevo così fantasioso da sapere imbastire un romanzo su... su un pezzo di carta con una immagine sopra.

ANDREA- Chiedo scusa per avere osato fantasticare... Ma c'è anche la dedica: a Matilde, con affetto. Una fotografia messa in posizione strategica, che deve per forza essere vista da lei, quando siede al suo scrittoio; cornice d'argento massiccio, ben lucidata...

MATILDE- Ma lei doveva fare l'investigatore, il detective non il medico: non le sfugge nulla.

ANDREA- Un medico è anche un po' investigatore: deve scoprire, dai sintomi, qual è la malattia del paziente. Un buon medico è anche psicologo, cerca di scoprire l'animo delle persone; fino alla soglia dei sentimenti, che restano comunque territorio inviolabile e proprietà assoluta dell'individuo. Lei, cara Matilde, ha tutto il diritto di difendere i suoi ricordi; anche da un medico, anche da un amico. Ma, pur rispettando la sua privacy, i suoi antichi sentimenti, le conclusioni da trarne mi sembrano ovvie.

MATILDE- Lei non può sapere come stanno le cose... e anche se le spiegassi, non capirebbe... No no, lei non sa, non può sapere.

ANDREA- Non ho il diritto di sapere ma non posso fare a meno di immaginare: vedo una bella ragazza, giovane, con un vestito di organza... rosa?... o celeste. Un cappello di paglia con una gran tesa: una pamela, come usavano diversi anni fa. Dall'altra parte un ragazzo: fronte alta, capelli neri, occhi penetranti, viso regolare. Una calamita: i due si ritrovano una nelle braccia dell'altro, senza sapere come. Poi, non so, qualcuno ha tolto la corrente alla calamita, cose che capitano: una partenza, magari per cercare fortuna in un paese lontano... o qualcosa di più tragico, un'altra donna, un incidente...

MATILDE- Lei non può sapere... Mi aspetti qui un momento. (Esce a destra. Rientra subito con la fotografia in mano). Ecco. Osservi bene, è il segreto della mia vita; glielo rivelerò per dimostrarle quanto siamo lontani... e anche in segno di amicizia.

ANDREA- La ringrazio per il segno di amicizia e l'ascolto.

MATILDE- Io, quest'uomo non l'ho mai incontrato, non so chi sia, non so nulla di lui, chi è, cosa fa, dove abita, come vive... nulla.

ANDREA- E l'ha amato?

MATILDE- Immensamente. Dirò di più: lo amo ancora.

ANDREA- Ma sa che aveva ragione lei: non capisco. Non riesco a capire.

MATILDE- Siamo distanti, vero?

ANDREA- Eh si, un pochino. Anzi: un bel po'. Ma ora mi deve spiegare. Lei non può tenermi sul vago. sarebbe come andare al cinematografo, magari a vedere un film giallo, e venire via dieci minuti prima della fine.

MATILDE- Un po' di giallo, se vogliamo, c'è in questa storia.

e visto che i gialli non debbono essere interrotti, non so se sia il caso nemmeno di cominciare: i miei nipoti possono arrivare da un momento all'altro.

ANDREA- Non può tenermi ancora sulle spine... ormai ha scatenato la mia curiosità. Mi racconti almeno per sommi capi, succintamente. Caso mai, torneremo sull'argomento.

MATILDE- La curiosità, dottore? Brutto vizio.

ANDREA- Beh, diciamo difetto; leggero difetto. Ma anche desiderio di conoscere più intimamente una persona, attraverso la storia delle sue vicissitudini.

MATILDE- Bene: per soddisfare questo che lei chiama piccolo difetto e anche per farle conoscere meglio... i miei sentimenti, le racconterò tutto.

ANDREA- L'ascolto.

MATILDE- Diversi anni fa, i miei genitori erano già morti ed io avevo già assunto la gestione della casa e della fattoria, mi recavo spesso a visitare mio fratello e mia sorella che, come lei ben sa, vivono uno a Milano e l'altra a Firenze.

ANDREA- Si si, ma, vada avanti.

MATILDE- Andavo quella volta a Milano. Salita sul treno, trovai posto in uno scompartimento di prima classe, dove già si trovavano un sacerdote piuttosto anziano, grasso, che dormì per tutto il viaggio e una signorina dall'aria assorta, che sicuramente inseguiva, con il pensiero, un ricordo. Doveva essere un ricordo dolce e bello, perché ogni tanto le labbra si distendevano in un abbozzo di sorriso e gli occhi le brillavano, pur restando immobili nella loro fissità. Teneva fra le mani una rivista che arrotolava e accarezzava in modo quasi automatico.

ANDREA- Lei è una acuta osservatrice.

MATILDE- Mi era seduta proprio davanti, non potevo fare a meno di osservarla. Naturalmente, visto che non c'era da fare conversazione, presi un libro dalla mia borsa: sa, quei romanzetti insignificanti dei quali sono fornite le edicole delle stazioni, che servono ad ingannare quelle ore che si devono passare in treno. Alla prima fermata, la signorina seduta di fronte scese: si alzò, indossò un soprabito, prese una valigetta dalla reticella, mormorò appena un "buon viaggio" e uscì nel corridoio, portando con se quel suo sorriso enigmatico. Nessun nuovo viaggiatore entrò nello scompartimento, il treno ripartì e solo allora mi accorsi che la rivista che la misteriosa ragazza arrotolava con tanta cura era rimasta sul sedile un po' sgualcita, forse dimenticata nei preparativi dell'uscita o, forse, abbandonata di proposito: quando un rotocalco lo si è letto, non serve più.

ANDREA- Io, quando devo viaggiare in treno, compro qualche giornale. Finisce che me ne rifilano sempre qualcuno che tratta di sport, argomento per il quale sono assolutamente negato.

MATILDE- Per farla breve, il sacerdote continuava a sonnecchiare, il libro che leggevo era talmente prolisso che dovetti interrompere la lettura. Per un pezzo ingannai il tempo guardando fuori dal finestrino la campagna che correva sotto i miei occhi, poi raccolsi il rotocalco dimenticato dalla bella misteriosa e mi misi a sfogliarlo, guardando soprattutto le illustrazioni. Sotto le pagine centrali sentii qualcosa di più consistente, come un cartoncino; pensai ad un inserto pubblicitario, girai la pagina e mi apparve una fotografia: questa... Dottore, lei crede a quello che comunemente viene definito "un colpo di fulmine"?

ANDREA- Beh, scientificamente non è provato... ma si sono avuti casi abbastanza eclatanti...

MATILDE- Nemmeno io ci credevo. Ma in quel preciso momento dovetti ricredermi...

ANDREA- Non mi dirà che si innamorò follemente del vecchio sacerdote, un po' grasso e sonnacchioso...

MATILDE- Non scherzi. La cosa fu subito seria. (Mostra la fotografia) Guardi questa fronte alta, indice di pensieri elevati, i capelli tirati all'indietro ma un po' mossi: l'ordine e il raziocinio ma con una concessione alle mollezze della vita. Gli occhi piccoli, neri, indagatori, ma dolci: ci si può leggere la bontà e la rettitudine di un animo sensibile, altruista. La bocca, appena adombrata dalla linea decisa dei baffetti che le conferiscono un ché di sensuale e puro nello stesso tempo; il mento un po' squadrato che conclude in maniera perfetta il viso regolare. Le spalle larghe, il petto ampio denotano un tipo sportivo, leale, onesto. Tutti elementi caratterizzati anche dal vestito sobrio e nel contempo elegante. Insomma, un uomo intelligente, serio, tenace nelle sue intenzioni ma anche simpatico, capace di un certo buonumore... Mi accorsi subito che questo era l'uomo ideale che mi ero costruito nei miei sogni di adolescente e nelle mie riflessioni di signorina.

ANDREA- (Non sa ché dire). Certo, quando si costruisce una immagine ideale... Io, però non ho mai pensato a come dovrebbe essere la mia donna ideale... Per quanto... ormai...

MATILDE- Ma poi la dedica... la dedica: "A Matilde con affetto, Ruggero". Anche il nome: Ruggero, ha un qualcosa i virile, di determinato... ma anche musicale, con assonanze da sussurrare.

ANDREA- (Cerca di sussurrare il proprio nome). Andrea... Andrea... No, anche a sussurrarlo, assonanze non ne escono fuori. Ma tu guarda: il destino di un uomo, legato al proprio nome. Andrea! No no... non ruggisce...Mi dispiace.

MATILDE- La coincidenza, capisce. Il mio stesso nome: Matilde. Fu questo l'ultimo particolare che mi convinse di essere l'oggetto di un volere superiore... Forse il destino, non so... Fatto sta che da quel momento mi sono legata a quest'uomo in maniera indissolubile...

ANDREA- Finché morte non vi separi... Il più tardi possibile, naturalmente

MATILDE- Non scherzi dottore. È stato il dramma della mia vita, ma anche la sua sublimazione.

ANDREA- E non ne ha fatto ricerche? Non ha tentato di sapere di indagare...

MATILDE- Può immaginarlo. Incaricai perfino un investigatore privato... ma fu tutto inutile.

ANDREA- Beh, forse, è stato meglio così.

MATILDE- Dice?

ANDREA- Certo. Mi segua: Questo suo Ruggero era innamorato di Matilde, l'altra Matilde, quella del treno per capirsi. Ora: se lei fosse riuscita a scoprire la sua identità e un bel giorno le si fosse presentata davanti professandogli tutto il suo amore, si, dico: l'altra Matilde come se la sarebbe presa? E il... Ruggero stesso come si sarebbe comportato? Si sarebbe diviso in due? Una metà con la Matilde numero uno e l'altra metà con la Matilde numero due? Anatomicamente parlando sarebbe una cosa impossibile.

MATILDE- Dottore, lei continua a non prendermi sul serio: la compatisco perché forse lei non è capace di nutrire sentimenti elevati. Ma il fatto delle due Matilde ha un fondo di verità. Dopo la prima disillusione, fui contenta di non averlo rintracciato. Si, forse la ragazza trasognata che sedeva davanti a me in quello scompartimento, ammesso che sia lei la vera Matilde, sarà tuttora la compagna... di un corpo, di una persona fisica ma l'anima, i sentimenti di Ruggero, quelli appartengono a me. La persona fisica non è poi così indispensabile per comunicare con l'anima, con i sentimenti di una persona.

ANDREA- Eh, già... Confesso che non trovo parole... per condividere... o per dissentire.

MATILDE- Lei è troppo medico; avrà il tocco taumaturgico che guarisce i poveri corpi ammalati ma le anime, gli spiriti, l'amore, stanno in un mondo che lei non conosce, che nemmeno immagina.

ANDREA- Un mondo... che è fuori dal mondo; perdoni il gioco di parole.

MATILDE- Ora mi lasci andare di là, sono troppo emozionata; i miei nipoti stanno per arrivare e non me la sento di riceverli in questo stato

SCENA 4 - CECCHINO, MATILDE, ANDREA

CECCHINO- (Entra da sinistra). Signorina, signorina Matilde. Son qui, l'automobile è già alla curva dell'ulivo

MATILDE- Sono loro? Ne sei sicuro?

CECCHINO- La targa non potevo vederla, è troppo lontano, ma all'infuori di loro chi ci deve venire fin quassù.

MATILDE- Vai Cecchino, vai sulla porta a riceverli. (Cecchino esce). Dottore, per favore, faccia lei gli onori di casa, io non potrei... debbo bagnarmi un po' la fronte, anche le guance: mi sento come prendere fuoco. Devo essere un orrore. Mi faccia il favore. Mi raccomando a lei, dottore. (Prende la fotografia, la mette in un cassetto Esce. Breve scena muta durante la quale Andrea passeggia, si aggiusta la cravatta, si prepara a ricevere gli ospiti).

SCENA 5 - ANDREA, CECCHINO, SARA, GIANDO

CECCHINO- (Introduce Sara e Giando). Venite venite, accomodatevi.

SARA- Cecchino, sei sempre il solito. Sono tanti anni che ti conosco e non sei cambiato affatto.

GIANDO- Io ti ho visto due anni fa, quando passammo in viaggio di nozze; sei sempre lo stesso.

SARA- Hai fatto un patto con il demonio?

CECCHINO- Ci mancherebbe altro! È la vita della campagna: aria buona, vino buono, lavoro...

SARA- E tua moglie, i bambini? Saranno ormai dei giovanotti.

CECCHINO- Crescono. Mia moglie sta bene... qualche doloretto, si sa.

GIANDO- La zia? C'è in casa?

CECCHINO- L'ho lasciata qui pochi minuti fa, Era con il dottore.

ANDREA- Arriva subito. Doveva rassettarsi un momentino.

SARA- Restauri... Il restauro della facciata.

GIANDO- Sei un poco impertinente, Sara. In fondo, una anziana signora è giusto che curi la propria immagine. (Sara fa una spallucciata per far capire che considera chiuso l'argomento).

CECCHINO- Allora, io vado a sistemare le valige; sono nel portabagagli?

GIANDO- Si, tieni le chiavi, poi le lasci sul sedile. Andrò io a spostare la macchina.

CECCHINO- Non ce n'è bisogno, sta bene lì dov'è: non dà noia a nessuno. Allora prendo le valige e le porto su in camera. Le sistemate da voi o devo far venire mia moglie per aiutarvi?

SARA- Facciamo da noi. Grazie Cecchino.

CECCHINO- Allora vado. A dopo. (Esce).

SCENA 6 - ANDREA, SARA, GIANDO

ANDREA- (Tenta di avviare la conversazione). Avete fatto buon viaggio?

GIANDO- Si si, tutta autostrada.

ANDREA- Certo che con le autostrade... La stagione poi è ottimale per viaggiare: bel tempo, non fa ancora caldo... Anche con macchine di media cilindrata, i cento chilometri all'ora si possono tenere benissimo... di media, intendo. Avete scelto bene l'ora della partenza: siete arrivati giusto in tempo per evitare le ore più afose... Tra poco è l'ora di pranzo, dopo mangiato andrete a fare un pisolino...

SARA- (Tagliando corto). La zia come sta?

ANDREA- Bene... Gode ottima salute.

SARA- Di che umore è in questi giorni?

ANDREA- Piuttosto euforica, emozionata per la tua venuta. Dice che non ti vede da una vita. Scusa mi permetto di darti del tu, ti ho visto ragazzina.

SARA- E che vuoi darmi, del voi? Siamo mica più nell'ottocento. Tu sei il medico condotto, non è vero? Il dottor... aspetta... si, ricordo: Andrea

ANDREA- (Un po' sconcertato). Infatti.

GIANDO- Non vorrai mica fare cerimonie. Io ti ho incontrato due anni fa, mi pare. Si si: conobbi tutto il paese, avrò incontrato anche te. La zia non finiva mai di presentarmi ai buoni paesani: "Questo è Giandomenico, il mio nipote acquistato. Ha sposato la mia nipote Sara. Sono qui in viaggio di nozze". Una lagna!

ANDREA- La signorina Matilde, la vostra zia, infatti vi è molto affezionata... Ed è comprensibile: non ha mai avuto altri affetti; i suoi nipoti li considera un po' i suoi figli.

SARA- La zia Matilde: non me la saprei immaginare innamorata. Si, con noi è sempre stata affettuosa m< con un marito, con un amante non ce la vedrei proprio.

ANDREA- Beh... non si può mai dire... Cioè... ha un'anima molto sensibile... si, molto... (non trova altra definizione). Per quanto, fino ad ora...Beh, io, invece, la ritengo capace di nutrire dei sentimenti molto... molto... elevati.

SARA- Diagnosi professionale o conoscenza diretta?

GIANDO- Dottore, niente niente hai imbastito un romanzetto?

ANDREA- (Sconcertato). Ma, veramente, non capisco.

GIANDO- Ne esistono tanti, dottori un po'... donnaioli. (Reazione di Andrea) Scusa, non mi sembra di aver detto nulla di male... anzi! Ho molte conoscenze tra i tuoi colleghi medici e, devo dire, che tutti si dànno un gran daffare, con un certo successo. Le donne sono attratte dal càmice bianco; forse pensano che la conoscenza... anatomica, fisiologica... biologica costituisca una sicurezza... nella riservatezza, della professione.

ANDREA- (Quasi fra sé). Ma allora, un medico come deve essere: un romanticone o un donnaiolo? (A Giando) Comunque, penso proprio di non appartenere a quella categoria di medici che conosci tu.

GIANDO- Perché? Forse l'età?

SARA- Non è mai troppo tardi... per certe cose.

GIANDO- Non mi sembri così vecchio da avere rinunciato...

SARA- Ma forse sei rimasto fedele ad un amore giovanile. Può esere una relazione tuttora esistente. Mi pare di ricordare che tu non sei sposato.

ANDREA- Infatti, non ne ho mai avuto l'opportunità.

GIANDO- Questo non significa niente. Il mondo è pieno di coppie, diciamo così, non propriamente unite con un sacro vincolo; anche non conviventi.

SARA- Certo, caro Andrea. Se hai una relazione, non devi tenerla nascosta. Figurati: al giorno d'oggi non si nascondono più nemmeno gli adultèri

GIANDO- Certo. Oggigiorno si vive in assoluta libertà.

ANDREA- Concetti molto pratici. ma qui viviamo in un piccolo paese. In città è diverso. Inoltre voi potete vedere le cose in maniera un po' distaccata perché siete sposati da poco, giovani, innamorati, avrete dei figli, forse fra non molto...

SARA- Storie! Siamo giovani: si, sposati da poco: si, innamorati: no e in quanto ai figli abbiamo deciso di non averne, almeno insieme.

ANDREA- (Stupito). Ah, beh...Non ci posso credere... Ho capito: avete deciso di farmi uno scherzo; c'ero quasi cascato.

GIANDO- Beata ingenuità! La vita paesana ti ha un po' addormentato l'intelletto. Quello che ti ha detto mia moglie è la pura verità.

ANDREA- ma come è possibile?! Due anni di matrimonio... e già tutto finito. Perché? Al giorno d'oggi, lo hai detto tu poco fa, non si dà importanza nemmeno all'adulterio! Allora ne deduco che c'è qualcosa dia ancora più grave... Se si tratta di incompatibilità, difetti di carattere fisico, potete confidarvi con me; sono medico, un rimedio lo possiamo trovare.

SARA- Caro Andrea, fai tenerezza con le tue premure. No, non ci sono problemi di carattere fisico: Giando, come esemplare della razza umana, è perfetto e anch'io, come donna ovviamente, credo di possedere tutto ciò che madre natura usa elargire al sesso femminile.

GIANDO- Vedi: non c'è una ragione precisa perché un matrimonio fallisca. Cioè: ragioni ce ne sono tante ma nessuna è determinante, anche se tutte hanno un loro peso specifico.

SARA- La mancanza di libertà! Fino dall'adolescenza, dalla pubertà direi, ci si abitua a vivere molto liberamente; si fanno amicizie, si va a divertirsi, si viaggia... si studia anche, so lavora; insomma si impara a conoscere la vita, forse la parte più bella della vita, quella che ti concede solo dei diritti. Dovere, è una parola che rimane nascosta nel vocabolario: magari viene spesso sostituita con "entusiasmo". E allora ti dài da fare, sgobbi, lavori, sudi come un dannato, ma lo fai perché ti piace, non perché sei obbligata.

GIANDO- Io, la sera, dopo aver lavorato tutta una giornata, sento il desiderio, quasi la necessità, di trovarmi con gli amici, magari andare in discoteca e se càpita una ragazza da corteggiare non vedo perché dovrei rinunciare. D'altro canto, non sono neanche capace di avere delle avventure nascoste. Io, per Sara, ho molto rispetto, ed anche per me stesso: tutto deve succedere alla luce del sole. Il matrimonio è un impegno di fedeltà: credevo di poter riuscire, mi sono accorto che non è possibile; preferisco parlare apertamente e venire ad una soluzione di comune accordo.

SARA- Io ho molte colleghe che vivono da single, alcune separate, altre nemmeno sposate; Tutte gestiscono benissimo la loro vita.

GIANDO- I figli. Indubbiamente saranno una esperienza bellissima ma rappresentano la definitiva chiusura con una vita propria, libera e indipendente.

ANDREA- Parlate molto bene, dite cose sacrosante, ma una parola non vi ho sentito dire: amore. Vocabolo piccolissimo, che se non lo pronunci bene non lo si afferra. eppure è il cemento che tiene su tutta la costruzione. Ora vi faccio una domanda: siete innamorati? Eravate innamorati?.. Per sposarsi, qualcosa ci dovrà pure essere stato!

SARA- Dottore, sei affascinante! Ti ci vedo, con una palandrana nera, cappello a cilindro, recitare la parte del padre nobile in qualche vecchio drammone dell'ottocento.

GIANDO- I sentimenti: belle parole... Si, l'amore c'era in principio, forse c'è ancora ma, sai com'è, dopo un primo intenso periodo, i sensi perdono molto del loro fascino. Rimane una buona amicizia che però non basta per una convivenza serena e piacevole.

SARA- Vivendo separatamente, ciascuno la propria vita, i propri interessi, l'amicizia può essere il legame che continuerà a tenerci uniti.

ANDREA- Uniti! Francamente, questa unione non riesco a capirla. Perché qui si tratta, caso mai di divisione.

SARA- Ci sei arrivato! Visto che ti abbiamo incontrato e messo a parte della nostra situazione, potresti darci una mano nei nostri piani. Non è vero, Giando?

GIANDO- Sicuro; tu sei molto amico della zia Matilde, sei il suoi medico: potresti illustrarle la nostra situazione e convincerla ad accettare la noatra separazione.

ANDREA- Non è impresa da poco. Ma, scusate, se siete così determinati, che importanza può avere il parere di vostra zia?

SARA- La zia è sempre stata il centro della famiglia. Ha praticamente allevato il fratello e la sorella, dopo la morte dei genitori. La sua condizione di signorina le ha sempre conferito una certa autorità che quasi sempre determina le decisioni familiari. Se fosse favorevole alla nostra separazione, anche in casa mia la cosa verrebbe presa con naturalezza.

GIANDO- Noi non vogliamo creare drammi, tentiamo tutte le possibilità per risolvere la cosa in maniera civile, con la comprensione di tutti.

SARA- In ogni caso, la nostra decisione è presa!

ANDREA- Sarà un duro colpo per lei. Vive in un mondo tutto suo, fatto di romanticherie, di fantasmi; un mondo di ricordi

GIANDO- Ha avuto delle avventure di gioventù?

ANDREA- No, non dico questo.

SARA- Io ho sempre avuto l'impressione che conservi un segreto, in fondo al cuore.

GIANDO- Se anche lei ha avuto un... infortunio amoroso, potrà comprendere meglio la nostra situazione.

ANDREA- Non è così facile. Si, il colpo sarà duro. Forse si potrebbe alleviarle un poco la pena, facendole balenare la possibilità di una sua sistemazione...

SARA- In che senso?

ANDREA- Sentimentale.

GIANDO- No!... La zia ha uno spasimante?! Non ci posso credere!

SARA- Chi è?! Lo voglio conoscere!

ANDREA- Beh, non è che la cosa sia ancora ben definita. C'è stato un primo approccio, che lei ha cortesemente declinato... Ma esiste ancora una speranza.. Si, io le ho messo davanti la situazione, umana, affettiva, anche economica...

SARA- Ma allora sei tu!... Dovremo chiamarti zio?!

GIANDO- Congratulazioni, dottore! Ti auguro di avere più fortuna di noi.

ANDREA- Non corriamo, non corriamo... Restiamo con i piedi per terra. Ho fatto le mie proposte che, per il momento non hanno sortito un grosso effetto. Voi capite: sono ormai prossimo alla pensione, il lavoro non mi assorbe più come una volta, sento il bisogno di avere una compagnia per gli anni futuri, per darci un reciproco aiuto... chissà, forse un po' di amore.

SARA- Ma allora possiamo aiutarci reciprocamente. Tu darai una mano a noi e noi cercheremo di convincere la zia ad accettare le tue offerte.

ANDREA- Non sarà una impresa di poco conto.

GIANDO- Lascia fare a noi.

ANDREA- Bene, ragazzi: proviamo.

GIANDO- (Divertito all'idea). Vedrai che riusciremo! O ma, dovrai invitarci alle nozze!

ANDREA- Certo. Faremo una bella festa.

SCENA 7 - MATILDE, ANDREA, SARA, GIANDO

MATILDE- (Entra sull'ultima battuta). Una festa? La festa è già qui: sono arrivati i miei ragazzi! (Abbraccia Sara e Giando) Come state? Quanto tempo che non vi vedevo! Dovrete raccontarmi tutto: come ve la passate, cosa avete fatto in questi due anni... Cari... Sara, ti vedo un po' sciupata... (Le accarezza il ventre) Non sarai per caso... Oh, sarebbe meraviglioso!

SARA- No, zia, non farti illusioni. Sarà il viaggio; tutte quelle ore in autostrada renderebbero brutta anche miss Universo.

MATILDE- Oh, poverina. adesso vai su e ti fai un bel bagno. Fosse per me, le autostrade potrebbero disfarle tutte; il buon, caro, vecchio treno resta sempre il principe dei mezzi di trasporto: puoi muoverti, fare due passi nel corridoio, rifarti il trucco alla toilette, oppure leggere, sfogliare qualche rivista (si interrompe incontrando lo sguardo di Andrea. Cambia argomento). E tu, Giandomenico, cosa mi racconti... Ma davvero, non c'è ancora... nessun arrivo?

GIANDO- Eh no, zia; non c'è.

MATILDE- Ma perché? Siete giovani, innamorati... Dottore, lei che ne dice? Dovrebbero seguire qualche regime particolare, qualche cura, non so... ormonale. (Si vergogna un po'. Non sa come finire la frase) ... o qualcosa del genere.

ANDREA- Cara signorina Matilde; le vitamine hanno risolto tanti problemi dell'umanità sofferente, ma non quello. Quello è un problema che investe molti fattori; non ultima, la volontà.

MATILDE- La... Ah, capisco... Volete prima sistemare la vostra vita. Si, la casa non si finisce mai di arredarla; specialmente in città: quegli appartamentini dove in uno spazio piccolissimo ci devi infilare tutto quanto serve a vivere decentemente.

SARA- Non c'è soltanto la casa, zia.

MATILDE- Certo: il lavoro. Dovete fare carriera... e poi, mattacchioni volevate tenermelo nascosto, poi volete godervi un po' la vita! Fate bene! È bello vedere due giovani sposi che si amano, passare insieme ogni minuto, ogni istante della loro vita, anche prendendo qualche vacanza, qualche svago... sempre insieme... Eh... (Sospiro di compiacimento. Imbarazzo degli altri).

ANDREA- Bene, ora debbo proprio andare: il dovere mi chiama, nella fattispecie il vecchio Menico che non riesce a togliersi di dosso quei dannati catarri.

GIANDO- (Un po' ironico). La vita del medico: una missione! Vai pure dottore, non dimenticare i tuoi ammalati. (Con intenzione) Nessuno! E torna, che dobbiamo ancora parlare.

SARA- Ti aspettiamo, caro dottore.

ANDREA- Certo. A presto. Cara Matilde, la lascio in piacevole compagnia.

MATILDE- Arrivederla dottore, e grazie delle sue premure. (Saluta Andrea che esce).

SCENA 8 - MATILDE, SARA, GIANDO

SARA- Che cara persona quell'Andrea, lo ricordavo appena. Quando venivo qui, da ragazzina lui era già un po' in su con gli anni e, se devo essere sincera, non gli ho mai prestato molta attenzione ma ritrovandolo, è bastato scambiare poche parole per... apprezzare la sua indole. Deve essere un tipo dolce, affettuoso...

GIANDO- Un po' romantico, generoso, come tutti i medici del resto. Comunque persona istruita, sa quello che dice... di piacevole compagnia.

SARA- A quanto ne sappiamo, non ha mai avuto relazioni amorose, almeno di un certo spessore... quindi serba ancora intatto tutto il suo potenziale amoroso.

GIANDO- Già. Chissà perché non si è mai sposato... Economicamente non deve essere messo tanto male: è l'unico medico della zona; anche se questo non è un grosso paese, tutti gli abitanti sono pazienti suoi.

SARA- Quello che si usa definire: un buon partito!

GIANDO- Ma forse non ha mai incontrato l'anima, per così dire, gemella.

SARA- Quella signora... come si chiama; non vuole venirmi in mente... che abita all'entrata del paese, in quella casa pitturata di rosso... colore orribile ma dentro, ricordo di esserci entrata una volte, è messa molto bene... la... la Lucia, ecco mi è tornato in mente. La signora Lucia, dicevo, la tiene molto bene la casa, con una certa eleganza, ordinata...

GIANDO- Chi è questa Lucia?

SARA- Poveretta, rimase vedova diversi anni fa. Suo marito aveva un negozio; una cartoleria se ben ricordo; morì per un tumore, mi pare. Lei, per un po' continuò a gestirla, poi vendette tutto, già possedeva un paio di appartamenti... la pensione, insomma ha una rendita che le permette di campare dignitosamente.

GIANDO- Molto interessante. Ma perché è saltata fuori questa Lucia?

SARA- Si stava parlando di anime gemelle.

GIANDO- Ah, tu pensi che il nostro amico Andrea...?

SARA- No. Dicevo: potrebbe essere una buona sistemazione per lui.

MATILDE. (Ha seguìto con stupore la conversazione dei due, guardando ora l'uno, ora l'altra). Ragazzi, ma che state fantasticando?! Il dottore?! Oh no, poveretto. Non è proprio il suo tipo.

SARA- Come dovrebbe essere il suo tipo? Tu che lo conosci abbastanza intimamente, dovresti saperlo.

GIANDO- Vediamo: il nostro amico Andrea è un signore serio, calmo, dotato di un certo raziocinio, come tutti gli uomini di scienza del resto.

SARA- Io lo vedo anche capace di trsporti passionali, o meglio ancora, di attaccarsi tenacemente e teneramente ad una persona, per tutta la vita.

GIANDO- Intuito femminile o diploma di psicologa conseguito alla scuola serale?

SARA- Semplice osservazione. È un tipo riservato, forse un po' timido. E, come tutti i timidi, cultore dei sentimenti, che possono esplodere e trasformarsi in passione addirittura travolgente quando una scintilla, un incontro fortuito, una qualunque situazione insomma, riesce a tagliare quella corazza dentro la quale stanno nascosti; che li protegge ma che rappresenta la loro gabbia, la loro prigione.

GIANDO- (Le batte le mani). Bravissima! Centodieci e lode! Laurea in psicologia. Alla scuola serale, naturalmente.

SARA- Grazie, ma non prendermi in giro... In fondo, è molto semplice stabilire una diagnosi.

GIANDO- Io torno a chiedermi: perché non si è sposato. È ancora un bell'uomo: elegante, distinto...

SARA- Onesto, serio, affettuoso... abbastanza facoltoso...

GIANDO- Mah?... Come si dice: non è mai troppo tardi!

MATILDE- Scusate, ragazzi. Posso partecipare anche io, alla conversazione?

SARA- Certo zia... Scusa se ci siamo lasciati andare.

GIANDO- L'argomento, per così dire, ci ha preso la mano.

MATILDE- Sembra che siate venuti a trovarmi, appositamente per farmi il panegirico del nostro medico.

SARA- Sai com'è; me lo sono trovato davanti, dopo tanti anni

GIANDO- Siamo in vacanza: non abbiamo niente da fare, la campagna invita a parlare, a fare conversazione... del più e del meno.

SARA- Il medico del paese è un buon tema.

GIANDO- È una autorità del posto. Quasi come il sindaco.

MATILDE- Ragazzi, per favore! Io stimo moltissimo il dottor Andrea che è anche un caro amico ma, che diamine, dopo due anni di lontananza mi sembrerebbe più giusto parlare di noi, di voi soprattutto. Non mi avete ancora raccontato niente: come passate le vostre giornate, le vostre serate... E con il lavoro come fai, povera Sara, a combinare gli orari: le faccende di casa, gli acquisti... Se verranno i bambini, avrete bisogno di aiuto.

GIANDO- I bambini non sono in programma.

MATILDE- Ma non tarderanno; siete giovani, innamorati. Avrete bisogno di una balia, una domestica. Ed anche ora, non avete proprio nessuno che vi aiuta?

SARA- No, zia: facciamo tutto da soli. I domestici, sai com'è, costano, raramente ne trovi uno fidato. Senza contare le assicurazioni, la previdenza sociale...

GIANDO- Venne per qualche tempo una ragazza, orientale... filippina credo. Resse per una settimana poi disse chiaramente che doveva lavorare troppo per guadagnare troppo poco. Preferì andare sulla strada.

MATILDE- Sulla strada? A che fare?

GIANDO- Beh, zia. Che fanno le donne, ai bordi delle strade...? Vendono.

MATILDE- Ah, mise su un commercio ambulante. E che cosa vendeva?

SARA- Il proprio corpo, zia!

MATILDE- Vuoi dire...

GIANDO- Si: la prostituta. Guadagna bene e non dura molta fatica.

MATILDE- (Quasi scioccata) Oh!... La città... Le miserie delle metropoli moderne... E voi siete costretti a viverci in mezzo... Poveretti.

GIANDO- Una volta che ci hai fatto l'abitudine, non è poi così male.

SARA- Non devi preoccuparti zia. Le faccende domestiche, come le chiami tu, sono piuttosto veloci: due stanze più servizi; un passaggio con l'aspirapolvere, un altro con la lucidatrice.

GIANDO- Abbiamo la lavatrice: la carichi, la fai partire, poi esci e quando torni trovi il tuo bel bucato quasi asciutto. Meglio di una domestica, e senza doverle pagare i contributi.

SARA- C'è una lavanderia vicino casa. Lì, il bucato te lo ridanno addirittura stirato. È proprio accanto al portone di casa.

GIANDO- Ciascuno pota il proprio sacchetto: io, i miei panni sporchi, lei i suoi.

MATILDE- Come sarebbe a dire?... Ah, ho capito: vi dividete i compiti. Bravi! È così che debbono comportarsi due giovani sposi innamorati.... E per i pasti? Ti rimane il tempo per cucinare? Ci sono botteghe di alimentari vicino casa? (A Giando) Chissà che pranzetti ti prepara! Per quanto, se devo dire la verità, qualche volta che ha cercato di cucinare, qui da noi, non è che abbia mai raggiunto risultati eccelsi. Ma era appena una ragazzina; ora è una giovane sposa innamorata. L'amore insegna a far tutto e, nel caso specifico, ti aiuterà costruire delle pietanze squisite. Certe volte, è risaputo, l'uomo va preso per la gola. (Ride della propria facezia).

GIANDO- Il fatto è che non pranziamo in casa.

MATILDE- (Scandalizzata). E dove pranzate?

SARA- Ci arrangiamo. L'intervallo che abbiamo per il pranzo è piuttosto breve. Vocino al mio ufficio c'è un fast-food: un piatto caldo, un caffè...

GIANDO- Io vado in una pizzeria, salumeria, rosticceria; non ho ancora capito bene che genere di negozio sia. Comunque, un panino, una bibita ce la trovo sempre.

MATILDE- Ma allora, se ho capito bene, la mattina uscite di casa e fino alla sera non vi vedete più...Poverini...

SARA- Zia, non è poi così male. Pensa: non abbiamo da rigovernare, da pulire... Quell'ora e mezza di pausa-mensa la possiamo trascorrere tranquillamente a parlare, a scherzare con i colleghi.

GIANDO- Con le colleghe!... Siamo tutti amici.

MATILDE- Ma il vostro nido...(Si riprende) Si, la vostra casa... Due giovani innamorati dovrebbero stare sempre accanto, non lasciarsi mai nemmeno per un momento... Almeno la sera starete assieme... Nel vostro nido, lasciatemelo dire.

GIANDO- La sera, sai com'è, usciamo.

MATILDE- Ah, bravi! Andate a cenare in qualche ristorantino fuori mano, magari a lume di candela... che cari!

SARA- Lui, esce.

GIANDO- Se è per questo, anche tu, cara Sara, non passi molte serate in casa.

SARA- Certo, caro Giando. Passare tutta la sera, da sola, piazzata davanti a un televisore, non è un'ebbrezza molto esaltante, in fin dei conti.

GIANDO- Va bene, va bene. Non voleva essere un rimprovero. Rientra nei patti: ciascuno le proprie amicizie, i propri svaghi.

MATILDE- Scusate. Ma allora, deduco, non state mai assieme. Di giorno il lavoro, il pasto fuori casa: è triste ma bisogna fare di necessità virtù; la sera, il momento dell'incontro... lo disertate. La vostra vita in comune...

SARA- Non abbiamo più una vita in comune. L'unica cosa che ancora ci unisce è la targhetta con i nomi sul campanello di casa.

MATILDE- (Scioccata; non ha parole). Oh, mio Dio...mio Dio...

SARA- Zia, cos'hai... Non stai bene?

GIANDO- Devi scusare la franchezza... ma la situazione è questa. Mi sembra inutile adoperare delle perifrasi. D'altronde, sono cose che tu capisci benissimo.

SARA- Giando, per favore.

GIANDO- Non dico niente di male. Chiunque abbia avuto degli... infortuni amorosi... delle delusioni sentimentali, come si diceva una volta; durante la vita matrimoniale... o prima, si dico: certe cose è in grado di capirle.

MATILDE- Io non capisco... Mi sforzo... ma non riesco.

SARA- Giando voleva dire che, forse, anche tu, nel tuo passato... hai avuto una situazione, una qualche relazione, che non è terminata... come doveva.

MATILDE- Chi vi ha detto?... Come potete immaginarlo?

SARA- Vedi zia, qualche tuo atteggiamento, qualche parola, qualche episodio che ho notato durante le mie visite qui, da ragazzina... Forse abbiamo esagerato nelle congetture.

GIANDO- Tutti hanno qualche amore giovanile. Come dice il proverbio: non c'è sabato senza sole, non c'è donna senza amore. Qualche sabato piovoso però, ogni tanto càpita e così anche gli amori, non sempre finiscono... in una serena vecchiaia.

MATILDE- L'amore, se è vero amore, non ha bisogno di aspettare il sabato: è eterno.

GIANDO- Forse, il nostro, non era vero amore.

MATILDE- Eravate così carini, innamorati...

GIANDO- L'amore come lo intendi tu, è roba d'altri tempi: gli occhi negli occhi, le mani nelle mani.

SARA- E, comunque, mi pare che le cose non andarono troppo bene nemmeno a te.

MATILDE- Come puoi dire una cosa del genere?! Tu non puoi sapere! Voi non potete immaginare. Ma cosa siete? Non avete dei sentimenti?... Non avete il diritto di giudicarmi!... Avrei voluto offrirvi qualcosa di puro, di bello, di umano... Ma voi non ne siete degni! Andate, andate via! Lasciatemi sola... via, via...(Sara e Giando escono. Prende la fotografia, la stringe al seno e piange).

SECONDO ATTO

SCENA 1 - CECCHINO, SARA

CECCHINO- (Entra da sinistra, chiama a destra). Signorina... signorina Matilde... Son qui; l'aspetto.

SARA- (Entra da sinistra). Ciao Cecchino; cercavi la zia?

CECCHINO- Si, devo accompagnarla a vedere il vitellino che è nato stanotte. Vedesse bello! Puppa come un dannato!

SARA- Le immagini della campagna: è meraviglioso, mi sembra di rivivere gli anni della mia fanciullezza... Stamani mi sono alzata presto e ho fatto un giro; sono andata per quella strada che passa lungo il podere del signor Giovanni: i ciliegi sono già in fiore, è bellissimo, si respirano gli odori della primavera; io li avevo dimenticati.

CECCHINO- Si sa: vivere in città...

SARA- La città... ti toglie il profumo della vita, la serenità, la pace interna... Sei costretta a correre, a inseguire... cosa non lo sai: il successo, il piacere; devi darti un'immagine un po' cinica, dura... devi rinunciare ai sentimenti... a tutto quello che hai dentro.

CECCHINO- (Che non ha capito niente). Eeh, si... già... proprio così...

SARA- (Riprende la conversazione). E sicché, c'è stato un lieto evento. Bene; è cresciuta famiglia. Dopo andrò anch'io a vederlo: un bel quadretto familiare è proprio quello che ci vuole, anche se per gustarlo bisogna andare fino nella stalla.

CECCHINO- Le bestie sono meglio dei cristiani la mamma, la Gigia, se lo coccola come un bimbo; l'ha leccato tutto per ripulirlo. La dovrebbe vedere, signorina Sara.

SARA- Signora.

CECCHINO- Ah già, scusi: l'abitudine

SARA- Va benissimo, caro Cecchino, puoi chiamarmi come vuoi.

CECCHINO- Il fatto è che non mi riesce ancora considerarla sposata. Anche perché, scusi se glielo dico, lei e il signor Giando, vi comportiate come due sposi.

SARA- Ah no? E come si dovrebbero comportare due sposi?

CECCHINO- Beh, io e mia moglie da quando siamo sposati, e sono ormai tanti anni, la sera andiamo a letto... si, assieme; andiamo a letto presto perché siamo stanchi, la mattina dobbiamo alzarci presto. Anche se qualche volta, in occasione di qualche ricorrenza particolare, ci si trattiene un po' di più, andiamo sempre assieme. Voi due, invece... come si può dire: fate i turni; il marito, la sera va via e torna, praticamente la mattina dopo, quando la moglie si alza... E poi, se riuscite a passare un'ora nella stessa stanza, non state assieme.

SARA- I letti separati? Si usa così nelle case moderne.

CECCHINO- Sa, c'era sempre il lettino suo di quando veniva qui. La signorina Matilde disse di aggiungerne un altro, mia moglie ci durò fatica a sistemarlo... poveretta, anche lei ha i suoi dolori...

SARA- Mi dispiace... mi dispiace veramente.

CECCHINO- Più che altro, ci rimane male la mattina, quando viene per rifare la stanza e non può entrare perché il signor Giando è sempre a letto. Rincasa alle quattro, quattro e mezzo e fino alle undici non si alza. Mia moglie, a quell'ora ha da fare altre cose.

SARA- Di' a tua moglie che penserò io a sistemare la stanza. Tanto più che è questione di poco: un paio di giorni ancora, e poi filiamo.

SCENA 2 - GIANDO, SARA, CECCHINO

GIANDO- (Entra). Buongiorno a tutti.

CECCHINO- Buongiorno, signor Giandomenico. Vuol fare colazione?

GIANDO- No, ho ancora lo stomaco sottosopra per le bevute di stanotte. Ma poi: dov'è il signore?

CECCHINO- Ma è lei, signor Giando.

GIANDO- Ascolta Cecchino, te l'ho già detto: finiscila di chiamarmi "signore" e dammi del "tu". È molto più semplice, elimina le cerimonie e ci si capisce meglio.

CECCHINO- La signorina Matilde non me lo permetterebbe mai.

SARA- La zia non farà obiezioni. In questi giorni si è un po' cambiata.

GIANDO- Cerchiamo di convincerla che la vita non è fatta soltanto di sogni e di convenzioni sociali.

SARA- Se cominci a darci del tu, puoi esserci d'aiuto nei nostri piani.

CECCHINO- Se è per farvi un piacere... Ma non lo so se mi riuscirà.

GIANDO- Prova. Ripeti con me: "Caro Giando, come stai?"

CECCHINO- (Con gli occhi, chiede aiuto a Sara). Caro... Giandomenico. Co... come sta... i.

GIANDO- (Ride). Va già meglio. Piano piano ti abituerai. Ora prova con Sara.

CECCHINO- Noo... Le davo del tu tanti anni fa, ma era una bambina. Poi è cresciuta e ho cominciato a darle del lei. La signorina Matilde ne fu contenta.

SARA- Non pensare alla zia e prova.

CECCHINO- Come... come stai, signorina Sara.

SARA- Sei impagabile, caro Cecchino. Ormai fai parte dell'ambiente, del paesaggio. Non si può immaginare la campagna, senza un albero verde, senza il canto di un uccellino... e nemmeno senza un Cecchinoche lavora la terra, che cura la stalla, tiene in ordine la casa e propone questa immagine un po' ingenua del vecchio servitore fedele che ormai possiamo incontrarla in qualche sceneggiato televisivo, per di più di bassa lega.

GIANDO- (Applaude). Centodieci e lode! Psicologia! Scuola serale.

CECCHINO- (Orgoglioso per la considerazione che crede di avere scorto nelle parole di Sara). Beh, io ho sempre fatto il mio dovere... come lo fanno tuttidelresto. Prima di me c'era il mio babbo che mi ha insegnato il piacere che si prova a essere onesti e volenterosi... Ora aspetto la vostra zia per accompagnarla a vedere il vitellino nuovo.

GIANDO- C'è stato un lieto evento?

SARA- La mucca Gigia ha dato alla luce un erede... maschio, mi pare.

CECCHINO- L'ha detto il veterinario. Perché non venite anche voi? Un vitellino appena nato, forse non l'ha mai visto lei, signor Giando.

GIANDO- (Con tono di bonario rimprovero). Ah ah. Come eravamo rimasti d'accordo?

CECCHINO- Scusi. Scusa. Vieni anche Giando? Senza il signore.

GIANDO- Bravo!

CECCHINO- E te, signorina Sara, vieni anche te? Senza la signorina.

SARA- Ma si. Quasi quasi vengo anch'io. L'amore materno, anche se animale, è sempre uno spettacolo che ti mette la pace dentro.

SCENA 3 - MATILDE, SARA, GIANDO, CECCHINO

MATILDE- (Entra). Eccomi, sono pronta. Buongiorno Sara, buongiorno Giando. Cecchino, scusa se ti ho fatto aspettare.

CECCHINO- Si figuri. Abbiamo parlato, qui con i suoi nipoti.

MATILDE- Ho dovuto riguardare certi conti che non vogliono tornare. Cioè: i conti, le cifre sono esatte; la matematica, come si dice, non è un'opinione, due e due continuano a fare quattro. Quello che non torna sono i soldi, il guadagno che è sempre meno.

CECCHINO- Le gelate di quest'inverno ci hanno dato un bel colpo. Speriamo ora, con questo vitellino appena nato... Bisognerebbe mettere sù qualche toro da monta! (Pensa di aver detto qualcosa di quasi osceno). Scusate.

GIANDO- Per cotesto, penso che occorrerebbe un'attrezzatura particolare. Oggi si fa tutto a macchina: fecondazione artificiale. Almeno per le bestie... per quanto...

MATILDE- Non mi sembra un argomento di conversazione molto valido.

SARA- Ma dei conti che non tornano, si può parlare. Un saldo negativo non dipende solo da cattiva gestione del capitale. Una azienda agricola, oggi deve essere gestita con i criteri di una grande industria: investimenti, macchinari, edifici funzionali, personale specializzato...

GIANDO- Forse è un po' troppo per chi ha sempre tirato avanti in maniera piuttosto arcaica. Forse ti converrebbe zia, contentarti di quel poco e cercare un sostegno... da qualche altra parte.

SARA- Due entrate, anche modeste, danno più sicurezza di una sola.

MATILDE- Si, forse avete ragione. Ma ora, andiamo a vedere questo neonato, altrimenti rischiamo di trovarlo già adulto.

GIANDO- Magari già con la divisa militare.

CECCHINO- Allora, vi faccio strada. (A Matilde) Hanno detto che vengono anche i suoi nipoti.

MATILDE- Certo. Vi farà bene assistere a una scena, magari un po' patetica ma edificante di serenità familiare. Abbiamo molto da imparare dalle bestie.

GIANDO- Io però, non vengo; magari vi raggiungo dopo. Voglio trattenermi a scorrere un po' il giornale: anche se sono in vacanza, qualche notizia bisogna pure assumerla.

MATILDE- Va bene: noi andiamo. Raggiungici. (Esce con Sara e Cecchino).

SCENA 4 - ANDREA., GIANDO

GIANDO- (Si siede a leggere un giornale; il campanello suona, va ad aprire, rientra con Andrea) Vieni, caro dottore, entra. Mi trovi solo: le donne sono andate a festeggiare il lieto evento.

ANDREA- Quale lieto evento? Forse, la moglie di Cecchino ha scoperto di essere incinta? So che, stamani doveva venire a trovarla, la signora Giovanna, la levatrice.

GIANDO- Ah si?! Ma allora è l'aria della campagna, che ha certi poteri. Il lieto evento di cui sopra riguarda soltanto la signora Gigia, la mucca che abita nella stalla della fattoria.

ANDREA- Già. Me ne aveva parlato Cecchino... Però, è simpatica l'usanza di chiamare le bestie con nomi quasi umani. Entrano a far parte della famiglia, assumono un ruolo preciso, si finisce quasi, col volergli bene, col rispettarle e curarle come familiari e non soltanto perché rappresentano un capitale che, tutto sommato dovrà pur rendere qualcosa.

GIANDO- Situazioni che si possono verificare solo in campagna; dove i grandi spazi sono di tutti... e di nessuno, dove non si può essere egoisti: il sole, l'aria, il verde, un vitellino appena nato sono patrimonio collettivo. Forse, in campagna, si può ancora volersi bene.

ANDREA- Effettivamente è molto più rilassante della grande città. A proposito di "volersi bene", come procede l'operazione... "Matilde -Andrea"?

GIANDO- Direi in maniera abbastanza soddisfacente. La zia sta mettendo i piedi sulla terra.

ANDREA- Le avete parlato? Io, in questi ultimi giorni l'ho vista ben poco: ho avuto da fare e poi non volevo intromettermi nella vostra opera di convincimento.

GIANDO- Ce la stiamo lavorando con una discreta azione diplomatica. Intanto, non tiene più la famosa fotografia, di là, sullo scaffale dello studio, ma qui, in quel cassetto.

ANDREA- Se riuscite a convincerla nei miei confronti, una volta entrato in maggiore confidenza, potrò avere la possibilità di perorare la vostra causa.

GIANDO- Spero di poter dare oggi, il colpo decisivo. Comincia ad avere anche delle preoccupazioni, leggere ma evidenti, di carattere economico.

ANDREA- Mi dispiace. So quanto tiene alla sua terra; la considera come una sua creatura e vederla inaridire, è per lei come vedere intristire un proprio figliolo.

GIANDO- Non è che le cose vadano poi tanto male. Ci vorrebbe una mente nuova, che sapesse gestire con criteri moderni.

ANDREA- Continua a tenermi informato.

GIANDO- Certo. Stasera passerò a trovarti, come al solito, prima di andare via.

ANDREA- Anche stasera vai a ballare? Ma dove vai? Qui nei paraggi, non ci sono sale da ballo.

GIANDO- C'è una discoteca a venti chilometri: pochi minuti di macchina. Tanto per divertirsi un po'.

ANDREA- Sei proprio sicuro che sia divertimento? O piuttosto non è una faticaccia? Passare tutte le notti in bianco, anche se la mattina dopo dormi fino a tardi, non è molto salutare. A lungo andare può essere dannoso.

GIANDO- Va bene farò qualche giorno di riposo, anzi: qualche notte, secondo prescrizione medica.

ANDREA- Non ti parlo soltanto da medico: vorrei consigliarti come un buon amico. Tu vai a caccia di donne: sei convinto che cambiare una compagna tutte le notti, possa renderti felice?

GIANDO- Beh, non è detto che tutte le sere ci sia da rimediare un'avventura. Molte notti le passo veramente in bianco come hai detto tu, e non soltanto perché non dormo... Chi sa? Forse invecchio.

ANDREA- Alla tua età, ti senti già vecchio?

GIANDO- No... un pochino. Mi manca qualcosa dentro. Sento un vuoto allo stomaco, che non è dovuto soltanto all'assunzione di bevande o cibi a ore strane, allo sconvolgimento degli orari; è la mancanza di qualcosa di concreto, di certezze, di fiducia nel futuro.

ANDREA- (Convincente). perché non provi a passare qualche sera con tua moglie?... Dopo cena, magari uscite, fate due passi fino in paese, vi sedete al bar, prendete un gelato; ve lo offro io... Poi tornate a casa, date la buonanotte alla zia, andate a letto... (Sbottando) E poi, sono affari vostri!!

GIANDO- Sarebbe bello. Era bello. I primi tempi del matrimonio... Si: una vita monotona, senza imprevisti; a lungo andare, stanca.

ANDREA- Gli imprevisti capitano sempre, nella vita: magari spiacevoli ma qualcosa di nuovo, ogni giorno, te lo ritrovi sempre davanti. L'abilità sta nel trasformare in buono, quello che di spiacevole ti propone la vita.

GIANDO- Teoria affascinante, non c'è dubbio. I tuoi pazienti, sono capaci di seguirla?

ANDREA- Ho l'impressione che le notti brave passate fuori casa, stiano diventando un'abitudine. Quindi assuefazione, quindi monotonia. Allora bisogna cambiare: trovare qualcosa di nuovo; perché non un gelato, sorbito a un tavolo del bar sulla piazza del paese, in compagnia della legittima consorte, salutando i passanti... con un cenno del capo...

GIANDO- Potrebbe essere una novità: la parte del marito fedele, affettuoso, che rincasa di buonora... si ritira con la legittima consorte...

ANDREA- A questo punto cala il sipario. Gli attori, spente le luci della ribalta, dietro le quinte, non rimangono che due buoni amici... perché no: amanti, capaci di scambiarsi effusioni e felicità che nessuna altra persona sarebbe in grado di procurare a nessuno dei due.

GIANDO- Sai, Andrea, che mi hai quasi convinto? In ogni caso, potrò sempre dire che me l'ha ordinato il medico!

ANDREA- E io non ti smentirò!

GIANDO- Ma sei sicuro che funzioni?

ANDREA- La medicina, a volte, procede per tentativi: se un antibiotico non funziona, se ne trova uno più potente. Prova per qualche mese, un anno. Potrai sempre tornare alle tue battaglie notturne.

GIANDO- Ma si. Tentiamo! I primi tempi funzionava. Potrebbe funzionare anche ora... Ma, piuttosto; per certe cose bisogna essere in due. La... legittima consorte, come la prenderà?

ANDREA- Bene. La prenderà bene, non c'è dubbio. Per quel poco che conosco dell'animo umano, posso arguire da certe frasi, certi atteggiamenti, che è matura, sta per staccarsi dal ramo... Tu non hai che da tendere le braccia per raccoglierla

GIANDO- (Divertito). Mi piace questi ruolo di "raccoglitore di giovani spose cadenti"... Ma, dico: non ci sarà mica da stare tutto il giorno e tutta la notte appiccicati a sussurrarsi paroline dolci, come pretenderebbe la zia?

ANDREA- Sta a voi sapervi organizzare. Io non ho mai convissuto con una femmina ma la mia professione di medico mi ha portato in tutte le case. Ho potuto constatare che la vera felicità, forse, sta nel non cercarla; sta nel risolvere i problemi comuni, concretamente, nel rispetto reciproco, soprattutto sta nel non pretendere; anzi nel saper rinunciare a qualche proprio desiderio per realizzare i desideri dell'altro.

GIANDO- Ma tu vedi! Debbo ricevere lezioni di comportamento coniugale, da uno scapolone impenitente!

ANDREA- Impenitente poi... L'importante, comunque, è saper trovare sempre qualcosa di interessante: piccole cose magari, ma qualcosa che rompa la monotonia, che non crei assuefazione. Gli scapoloni impenitenti, come hai avuto la bontà di classificarmi, citavano spesso un proverbio: "il matrimonio è la tomba dell'amore". Io l'ho un po' modificato: "l'amore mal gestito, è la tomba dell'amore". Come i farmaci: un calmante, in giusta dose, allevia il dolore; in dose eccessiva crea assuefazione, ci vuole qualcosa sempre più forte finché si arriva alla morfina; e allora, puoi dire addio a tutto!

GIANDO- Prima di arrivare alla morfina... ci sarà sempre una discoteca, voglio sperare.

ANDREA- Se saprete organizzarvi, non ce ne sarà bisogno.

GIANDO- E tu, come pensi di organizzarti? Perché fra poco, anche tu sarai dei nostri.

ANDREA- Lo spero. Ma è ancora tutto da vedere.

GIANDO- Quando saremo rappacificati, Sara ed io, la Matilde... cascherà dal ramo... è matura! Preparati a raccoglierla, con le braccia tese: così. (Fa il gesto)

ANDREA- Ormai son vecchio, le mie braccia non ce la fanno più a reggere pesi... cadenti. Al massimo posso tentare di produrmi in un tenero abbraccio.

GIANDO- Non fare il modesto. Sei ancora una quercia!

ANDREA- Non mi lamento ma... una quercia proprio...

GIANDO- Leggevo proprio ora sul giornale, che è nato un figlio a un uomo di ottantuno anni. Non è mai troppo tardi. Ora poi, con tutti questi ritrovati della scienza genetica...

ANDREA- Non dare troppo retta a quello che scrivono i giornali. Rispettiamo le leggi della natura: ogni stagione dà il suo frutto e non è detto che l'uva, che matura in autunno, sia da meno delle ciliege che si possono gustare in primavera.

GIANDO- Tutte le stagioni della vita hanno un loro fascino, vuoi dire.

ANDREA- Esattamente.

SCENA 5 - MATILDE, SARA, GIANDO, ANDREA

MATILDE- (Entra con Sara. Conversazione già avviata). È proprio una bella bestia. Potrebbe essere l'inizio di un piccolo allevamento... Oh, dottore: è qui?

ANDREA- Ero passato per un salutino. Ho saputo della lieta novella.

MATILDE- È già da qualche giorno che non ho il piacere di incontrarla, caro Andrea.

ANDREA- Ho avuto da fare. La primavera, certe volte pota una recrudescenza delle malattie tipicamente invernali.

MATILDE- Ma un momentino poteva trovarlo.

ANDREA- Se devo dire la verità, temevo di disturbare: avrete tante cose da raccontarvi.

MATILDE- dottore, potrei avermene a male: disturbare! Ma lei, qui, è sempre gradito.

SARA- Certo, Andrea. La zia ti ha rammentato spesso in questi giorni; si può dire che sei stato uno dei nostri principali argomenti di conversazione.

MATILDE- (Vergognosa). Sara, via. Il nostro amico potrebbe immaginare chissà ché.

GIANDO- Scusa, Sara: ho un vestito decente?

SARA- Che domanda. Certo che ce l'hai; più d'uno. A casa, nel tuo armadio...

GIANDO- No, dicevo: qui.

SARA- Ma, non so. La tua valigia te la sei preparata da solo.

GIANDO- Hai ragione. Andrò in camera nostra a controllare. Almeno una cravatta, son sicuro di avercela messa. Anche una camicia bianca... e un giacchetto di lana. Può andare bene.

SARA- Per cosa?... Posso saperlo?

GIANDO- Stasera debbo fare un salto in paese. A proposito: tu ce l'hai un vestito... delle feste?

SARA- Cosa te ne importa? Da quando in qua, ti occupi del mio abbigliamento?

GIANDO- Beh, stasera mettiti il vestito più bello: il dottore ci offre il gelato.

SARA- Il gelato? A noi?

GIANDO- Si, un gelato. Seduti a un tavolino al bar, giù in piazza. (A Andrea) A lei piace crema e cioccolato, ce lo avranno?

ANDREA- (Calmo). Certo. Per quanto, consiglierei fragola e lampone: lo fanno in proprio, con la frutta del posto.

GIANDO- Aggiudicato! Per me, fragola e lampone. (A Sara) Mentre degustiamo le specialità locali, saluteremo la gente che passa, con un cenno del capo... o della mano (a Andrea) non ricordo bene.

ANDREA- Non ha importanza. Qualche volta con il capo, qualche volta con la mano. Importante è sorridere.

MATILDE- Che cos'è: un nuovo gioco di società?... Mi sembra che voi due stiate complottando qualcosa di poco chiaro.

GIANDO- Poi, quando comincia a calare la rugiada, ci alziamo, ci salutiamo; il conto lo paga Andrea, torniamo a casa, diamo la buonanotte, e ci ritiriamo nella nostra stanza... il nostro nido, secondo la definizione cara alla zia Matilde.

MATILDE- Ma, vuoi scherzare o debbo arrabbiarmi sul serio?! (Andrea le fa cenno di tacere).

GIANDO- Si cala il sipario, spengiamo le luci della ribalta e... (A Andrea) E poi, cosa succede?

ANDREA- (Con voce da suggeritore) Sono affari vostri.

GIANDO- Già... si... infatti... affari nostri! Che ne dici Sara? Ti sta bene il programma?

SARA- Ti sei espresso molto confusamente. Ma, per quanto ne ho afferrato, siamo stati invitati ad assaggiare il gelato, specialità del posto... Quello che non mi risulta molto chiaro è il dopo: il "nido" e soprattutto quegli "affari nostri". Quali affari?

GIANDO- Abbiamo parlato... Andrea mi ha detto... mi ha fatto capire...

ANDREA- Sara: tuo marito Giando ha deciso di non uscire la sera, almeno per un po' di tempo. Vorrebbe dedicarti le sue serate, se tu ne sei contenta.

SARA- Meglio tardi che mai. E... ha posto dei limiti a questo suo ravvedimento? Una sera? Due, tre, una settimana? Fino a quando durerà?

ANDREA- Finché tu lo vorrai. O meglio: finché tu sarai capace do rendergli interessante e piacevole la tua compagnia. Ragazzi: non mettiamo limiti, siamo realistici. La felicità ve la dovete conquistare giorno dopo giorno.

SARA- Beh, guarda caso avevo messo in valigia quel tailleur grigio di flanella, non so perché. La sera dopo cena è ancora un po' fresco: è l'ideale. Bisognerà che lo ripassi un po' con il ferro; a stare in valigia si sarà gualcito.

MATILDE- (Va ad abbracciare Sara). Chiamo subito la Pierina, la moglie di Cecchino. (Preme un pulsante).

SARA- No zia, lascia stare, faccio da me.

MATILDE- (Torna ad abbracciare Sara, invitando pure Giando nell'abbraccio). Cari ragazzi! Caro Giando, in fondo sei un bravo ragazzo. Sapevo che sarebbe finita bene. Oggi mi avete dato una grossa consolazione: sono felice, posso dirlo? Posso gridarlo ai quattro venti?... Vi tratterrete ancora qualche giorno, prima di tornare a Milano, al vostro "nido", E non ridete sotto i baffi: so che questa espressione è fuori moda, un po' ridicola se vogliamo, ma c'è tanta poesia dentro.

GIANDO- Zia, sei una cara creatura; noi ti vogliamo bene proprio per questo tuo svolazzare, come un'ape di fiore in fiore. Un uomo accanto a te, potrebbe essere felice. (La accompagna vicino a Andrea che le offre il braccio; lei, vergognosa, lo rifiuta). Ma cerchiamo, un po' tutti di essere realistici. Sara ed io abbiamo qualcosa in comune: un matrimonio

MATILDE- Un matrimonio non è "qualcosa".

SARA- D'accordo zia, Giando voleva dire che, cominciando col turare le piccole falle, si può salvare la barca dal naufragio.

GIANDO- Una separazione, un divorzio comportano tribunali, avvocati, spese e forse anche odio per tutta la vita.

SARA- Una convivenza serena può essere possibile, se è ispirata alla collaborazione, al rispetto, all'entusiasmo che le due parti devono dimostrare.

MATILDE- Già: centodieci e lode. Laurea in psicologia!

GIANDO- Alle scuole serali!

MATILDE- Bravi! Comunque bravi. Ma in tutto questo, io ci vedo lo zampino del nostro amico Andrea. Non è così?

ANDREA- Io? Sono un modesto medico di campagna, capace tutt'al più di guarire dei poveri corpi ammalati.

MATILDE- Anche il cuore, lei mi insegna, fa parte del corpo umano.

ANDREA- Si ma... è una specializzazione a parte.

SCENA 6 - CECCHINO, MATILDE, SARA, ANDREA

CECCHINO- (Entra) Mi cercava, signorina?

MATILDE- Si, dovresti portare a tua moglie un vestito di Sara, per farlo stirare.

SARA- No, non importa, faccio da me. Non disturbarla, la Pierina, ha già tanto da fare.

CECCHINO- Ora poi ce n'ha un'altra di cose da fare... parecchio importante.

SARA- Cosa?

CECCHINO- Siccome è venuta la signora Giovanna, la levatrice: era già diversi giorni che aveva dei disturbi; lo avevo detto anche a lei, sor dottore.

MATILDE- E allora?

CECCHINO- Dovrà farmi un altro figliolo

MATILDE- Congratulazioni, Cecchino! Rallegramenti. (Tutti si congratulano: strette di mano dagli uomini, baci dalle donne).

GIANDO- Sarà maschio o femmina?

CECCHINO- Questo non ce lo ha detto la Giovanna.

ANDREA- È ancora presto per dirlo. Che nome gli metterai, questa volta?

CECCHINO- Anche questo è presto per deciderlo.

SARA- Sarebbe bene che fosse femmina. Di maschi ne avete già tre.

CECCHINO- Sarà quello che Dio vorrà. Ci sarà da fare per tutti. In quanto al nome, dovrò chiederlo anche a mia moglie ma... non andrei tanto lontano; mi piacerebbe restare qui, fra noi.

ANDREA- Ho capito: vuoi rimediare altre centomila lire.

CECCHINO- No! Mica per quello... Matilde, per esempio, è un bel nome... anche Andrea, se dovesse essere un maschio. Ma non voglio niente!

MATILDE- Se proprio vuoi restare in famiglia, perché non scegliete... Sara o... Giando. Sono nomi belli, brevi, veloci da pronunciare, da chiamare...

SARA- Zia sei un tesoro, ma lascia che siano loro a decidere, in tutta tranquillità. Vai pure Cecchino, il vestito me lo sistemo io da sola.(Cecchino si avvia, dopo un cenno di saluto). Ah, a proposito: dovremo fare dei cambiamenti, in camera nostra.

CECCHINO- Si? Cosa c'è da fare?

SARA- Bisognerà sistemare i due lettini, che sono ancora separati.

GIANDO- Giusto, andranno riuniti. Ma ci pensiamo noi, non preoccuparti.

CECCHINO- Fate da voi? Sicuri?... Allora, domani mattina, posso dire a mia moglie che venga a rassettare la stanza.

GIANDO- No! Fino a mezzogiorno non ci alzeremo. Vero, moglie?

SARA- Agli ordini! Marito!

CECCHINO- Va bene, come volete.(Torna ad uscire. Ci ripensa) Non vorrei essere impertinente, ma non dovete sentirvi in obbligo: quando vi nascerà un figlio non mettetegli il mio nome; Cecchino: è brutto, senza fantasia... È una vita che me lo porto dietro... Mah, Cecchino. (Esce salutando con un cenno della mano).

SCENA 7 - MATILDE, SARA, GIANDO, ANDREA

GIANDO- Chi gli ha detto che ci nascerà un figlio?

SARA- Maschio, addirittura!

MATILDE- Son cose che si percepiscono da piccoli segnali... contatti extrasensoriali, ovviamente non vincolanti per quanto riguarda il sesso del nascituro. Ma non mettiamo limiti, come avete detto voi, sarà quel che Dio vorrà.

ANDREA- Certo che le previsioni possono essere ottimistiche: quando due sposi si trattengono a letto fino a mezzogiorno e mezzo...

GIANDO- Ho detto mezzogiorno!

ANDREA- Ah, beh; allora...

SARA- Di' un po', dottore: in quel gelato che tanto gentilmente vuoi offrirci, non hai mica intenzione di infilarci qualche pozione, qualche elisir o qualche afrodisiaco?

ANDREA- Il cielo me ne guardi! Ci tengo a non essere espulso dall'ordine dei medici! La pozione, l'elisir, l'afrodisiaco ce lo avete dentro di voi. Fatene l'uso che credete. Ma non sciupatelo: sarebbe un delitto.

GIANDO- Capito, moglie? Andiamo a preparare... il teatro delle operazioni.

SARA- Okay, marito! Ha inizio l'operazione "nido d'amore"!

GIANDO- Agli ordini, moglie! (Ai due che restano) Ragazzi, attenti! Vi teniamo d'occhio!

SARA- Ragazzi, mi raccomando! (Escono).

SCENA 8 - MATILDE, ANDREA

ANDREA- Beati loro, hanno voglia di scherzare.

MATILDE- Sono giovani, innamorati... Sono ancora innamorati, vero?

ANDREA- Credo di si: lo sono sempre stati. Magari non se ne erano accorti.

MATILDE- Il giorno del matrimonio erano raggianti.

ANDREA- L'infatuazione iniziale: la frenesia per una nuova vita, coccolati da tutti, il sesso senza problemi: legalizzato, santificato... Tutto un insieme di cose che forse non è proprio vero amore. L'amore viene dopo, quando ci saranno dei problemi da risolvere, quando si arriva a capire che la vita non è soltanto rose e fiori. Allora, se c'è la volontà di superare insieme tutti gli ostacoli, allora, si può parlare di amore.

MATILDE- Proprio così: a volte si scambia per amore, la frenesia di un momento; un momento che può anche durare molti anni.

ANDREA- Questa parentesi, chiamiamola così, di questi giovani, in fondo è stata salutare: per loro e anche per noi. Le ha fatto capire, Matilde, cosa sono i sogni e cosa la realtà.

MATILDE- Si, devo dire che ho imparato molto da loro. Amo ancora i sogni, la poesia, l'illusione. Ma tutte queste sensazioni sono meravigliose finché rimangono allo stato immaginario. Crollano, come un castello di carte, quando si vuole concretizzarle e considerarle come se fossero una realtà.

MATILDE- Sagge parole, cara Matilde, sagge parole.

MATILDE- Tutti abbiamo dei sogni, che ciascuno conserva nella propria intimità e sono un patrimonio irrinunciabile; ma viviamo anche in un mondo reale, dove tutto ha un suo spazio e una sua funzione. Anche i sentimenti.

ANDREA- Giusto: il genere umano è fatto di materia ma anche di intelletto, di anima. Il difficile sta nel saper mescolare assieme le varie componenti... la continuità della specie, non è soltanto un fenomeno biologico; è un impulso dovuto ad un sentimento che a sua volta ubbidisce ad uno schema preordinato e suggerito da... entità superiori... o più semplicemente, dal corso della vita. Ma qui ci stiamo allontanando dalla nostra realtà... La nostra, di noi due intendo.

MATILDE- Non vuole proprio cedere le armi, dottore.

ANDREA- Andrea, è molto più semplice... e Matilde. Andrea e Matilde, cominciano a darsi del tu.

MATILDE- (Pudica) Andrea... via...

ANDREA- È il primo passo... (Timido) Vuoi?

MATILDE- Se lo vuoi... tu.

ANDREA- Certo che lo voglio. Allora diciamo che lo vogliamo tutti e due.

MATILDE- Tutti e due.

ANDREA- Allora diciamo che il primo passo, lo abbiamo fatto.

MATILDE- Si, lo abbiamo fatto

ANDREA- Lo abbiamo fatto... Già... Non è che ti sei pentita?

MATILDE- No no. E tu?

ANDREA- Io? Se sono stato io a proporlo.

MATILDE- Già, sei stato tu. Scusa, non ricordavo... Posso farti una domanda?

ANDREA- Certo Matilde, chiedi.

MATILDE- Sei geloso?

ANDREA- Non so, non credo. Ma perché... Ah, ho capito: la fotografia... come si chiama...Ruggero. No no: acqua passata.

MATILDE- Avevo paura... sai, pensavo che non ti avesse fatto piacere.

ANDREA- Geloso? Di un sogno?

MATILDE- Un sogno... che non rinnego ma che voglio dimenticare. Tutto ad un tratto mi sono sentita... fuori posto; ho desiderato tornare sulla terra... proprio come i miei ragazzi.

ANDREA- I tuoi ragazzi (Sospira) Noi non siamo più ragazzi: la carta d'identità ci nega anche questa soddisfazione.

MATILDE- La carta d'identità: brutta invenzione.

ANDREA- Vogliamo strapparle? Tutte e due? In fondo, l'amore non ha età!

MATILDE- Potevi dire: tutte le età sono buone per amare.

ANDREA- Giusto. Vedo che sei ferrata in materia.

MATILDE- Oh, Andrea, cosa ti salta in mente.

ANDREA- A questo punto, mi sembra che siamo sostanzialmente d'accordo.

MATILDE- Su cosa?

ANDREA- Su quello che ti sto chiedendo da tanto tempo.

MATILDE- Beh, si, potremmo essere d'accordo.

ANDREA- Allora: abbiamo fatto il primo passo... possiamo fare il secondo.

MATILDE- Cioè?

ANDREA- Succede, certe volte, che due persone, quando decidono... di volersi bene... succede che si scambiano... un segno, un sigillo... un bacio.

MATILDE- Come una cerimonia per firmare un trattato, un patto...

ANDREA- No, il bacio è un segno di affetto, è il dono che due amanti si scambiano...

SCENA 9 - GIANDO, SARA, MATILDE, ANDREA

GIANDO- (Entra con Sara. Hanno ciascuno un vestito sul braccio). ragazzi scusate; non disturbiamo mica?

ANDREA- (Si ricompone). No, anzi. Venite venite.

GIANDO- Ho scoperto che anch'io avevo infilato un vestito in valigia, chissà perché.

SARA- Andiamo a casa di Pierina a farci prestare il ferro per stirarli.

GIANDO- Stasera vogliamo fare un figurone!

SARA- Perché non facciamo venire anche la zia?

GIANDO- Già, perché no. Zia, non negarlo: ormai sei dei nostri!

ANDREA- Certo, se vuole venire... Vuoi partecipare anche tu, Matilde?

SARA- Ehi! Si danno del tu!

GIANDO- Hai capito! Dottore: facciamo tutti il tifo per te!

SARA- E anche per te, zia! (Le manda un bacio con la mano).

GIANDO- Andiamo a stirare i vestiti. Ciao, ragazzi!

SARA- Fra poco torniamo. Mi raccomando, ragazzi. (Escono).

MATILDE- (Bonaria). Ragazzacci!

ANDREA- No: ragazzi, semplicemente... Tutti lo siamo un po'.

MATILDE- In fondo, è bello sentirsi ragazzi.

ANDREA- Ma, per tornare a noi, stavamo dicendo...

MATILDE- (Sommessa e vergognosa). Il secondo passo.

ANDREA- Ah già... il secondo passo: il bacio.

MATILDE- Abbiamo detto che non è una cerimonia.

ANDREA- È un dono...

MATILDE- È una promessa...

ANDREA- È una conoscenza...

MATILDE- È un atto di affetto...

ANDREA- È l'inizio...

MATILDE- È il linguaggio del cuore...

ANDREA- È un preludio...

(All'inizio di questo ultimo dialogo, la luce si è andata attenuando. Andrea ha cinto con un braccio le spalle di Matilde, sono vicinissimi ma nessuno dei due ardisce dare il famoso bacio. Li salva il sipario che si chiude lentamente.)