Relax
di
Alessandro Varani
Stanze dove le persone urlano e si offendono l’un l’altra.
E dopo provano dolore, e solitudine.
Incertezza. Bisogno di confortare.
RAYMOND CARVER
Blu oltremare
Persone
RIC: un uomo fra i trenta e i quarant’anni.
MARA: una donna fra i venti e i trent’anni.
NONNO
MADRE
BAMBINA
UN BAMBINO
VOCI dei VICINI
VOCE FRANCO
IN GABBIA (Luglio)
I titoli dei diversi capitoli del dramma, e soprattutto l’indicazione dei mesi,
dovrebbero apparire da qualche parte sul palcoscenico. Inoltre, va considerato
che i colori nero e rosso - con tutte le implicazioni psicologiche relative a
questa scelta - costituiscono il leitmotiv visivo dell’intera pièce teatrale,
perciò sarebbe meglio ritrovarli sempre nelle diverse scene, magari mutando il
loro rapporto.
Una mansarda, con una camera da letto che si allarga a imbuto verso gli
spettatori. Sulla stretta parete di fondo, poggia la grande spalliera di ferro
nero di un letto matrimoniale rivestito di lenzuola rosse. Nella stanza regna
un disordine assoluto: riviste, piatti, bicchieri, indumenti e videocassette
porno sparsi qua e là. Sulle pareti laterali due specchi smisurati, un tavolino
basso con sopra un televisore e due sedie. A sinistra, la porta della cucina,
dove s’intravede un frigorifero e un tavolo. A destra, la porta chiusa del
bagno.
La scena si apre al buio... si vedono bene solo le mani e il volto di RIC
illuminati da una torcia elettrica tenuta da MARA. Ric sta avvitando con un
cacciavite un ventilatore da soffitto che funziona anche da lampadario, situato
all’altezza dei piedi del letto.
MARA (Spiritosa). Certo che sei ridicolo visto cosí, da sotto, con questa luce.
(Pausa). Pensa se ti vedesse tua moglie, tutto sudato che aggiusti un
ventilatore in mutande, qui... Oppure uno di quei tuoi colleghi sempre
incravattati...
RIC Piantala! invece di dire stronzate cerca di non muovere troppo questa
torcia, che non vedo niente. (Pausa). Ma non potevi fartelo aggiustare dal
portiere?
MARA (Pausa. Con tono un po’ acido). No, lo volevo aggiustato da te.
RIC Ecco... Prova ad accendere.
Mara si fa luce nel buio fino all’interruttore. Lo fa scattare. Il lampadario
illumina la scena e compare Ric , in boxer e canottiera, in piedi sopra una
sedia sotto il ventilatore. Mentre lei indossa solo un reggiseno nero e un paio
di pantaloncini jeans.
RIC (Accompagnando la parola con un gesto da ballerino di flamenco). Ollé!
(Salta giù dalla sedia). Prova anche il ventilatore.
MARA Un altro po’ e schiattavo di caldo...
Mara gira l’interruttore ed entrambi restano qualche secondo a fissare la
ventola che comincia a muoversi lentamente. Ric rimette la sedia a posto vicino
alla parete.
RIC Visto...? Fatto!
MARA (Corre a sedersi ai piedi del letto, e alza la testa chiudendo gli occhi
sotto il venticello delle pale come sotto una doccia rinfrescante). Ufff! ci
saranno stati quaranta gradi qua dentro... Ho una montagna di calore che mi
schiaccia il cervello.
RIC Dicono che da quarantacinque anni non faceva un luglio cosí caldo.
Il ventilatore si ferma. Dopo qualche secondo che non sente più l’aria fresca
sulla faccia, Mara riapre gli occhi.
MARA (Esterrefatta). Noo! Ma non è possibile! Merda!
RIC Be’, la luce funziona... Ci dev’essere qualche filo staccato nella
scatoletta del ventilatore.
MARA Sí, ma è sabato notte, e se tutto va bene avrò un po’ d’aria lunedí
pomeriggio. Io la scatoletta gliela spaccherei in testa a quell’imbecille che
l’ha montata!
RIC Che c’entra quello.
MARA (Alzando la voce). Non lo so! Ma ha fatto troppo presto...! Un altro po’
neanche mi salutava per non perdere tempo, appena è arrivato. E non mi
piacciono i tipi che vanno di fretta quando io pago il loro tempo!
RIC Ho capito, ma abbassa la voce... È l’una di notte.
MARA I vicini...! Hai sempre paura che gli altri ti spiano, eh?... Be’, se
pensi alla reputazione, non pretendere che io ti creda quando dici che mi ami.
RIC Ricominciamo?!
MARA (Amara). No, perché mi sa che non è proprio cominciato un bel niente...!
RIC (Si avvicina per passare una mano carezzevole intorno al collo di Mara che
rimane immobile. Lui comincia a stringere) ...Anche quando sei nervosa mi
piaci. Lo senti?
MARA (Soffocando). Come no? (Lo fissa negli occhi con oltraggioso coraggio,
senza muovere un dito) ...Mi fai male.
RIC ...Ti fa bene, altrimenti reagiresti. Allora? (Mara mugula qualcosa)
...Cosa?
Ric seguita a stringere. Lei stremata si porta le mani al collo cercando di
fargli allentare la stretta. Ric la molla. Mara si siede per terra, tossisce e
fatica a riprendere fiato.
RIC (Preoccupato). Tesoro, stai bene?
MARA ...Sí.
RIC (Pausa). Vuoi che ti porti un po’ d’acqua?
MARA (Pausa. Ric si siede per terra vicino a lei e l’accarezza. Ma appena tenta
di abbracciarla lei si scosta). Lèvati, cagasotto!
RIC Ah, volevi che ti strozzassi sul serio?!
MARA (Si alza). Mi brucia la gola...
Entra in bagno lasciando la porta aperta. Fa un paio di gargarismi e si
rinfresca sciaquandosi il volto e bagnandosi i capelli. Ric è rimasto come
impalato sotto il ventilatore.
RIC Tutto bene micetta? (Pausa. Andando verso il bagno). Ehi...?
MARA Vaffanculo! mi hai lasciato i segni sul collo.
RIC Mi dispiace, fa’ vedere.
MARA Non è vero.
RIC Cosa?
MARA Che vi dispiace... Ho conosciuto altri tipi come te, sempre con questa
cazzo di mania di mettermi le mani al collo!
RIC (Pausa). Forse perché sei imprendibile... e indolente.
MARA (Esce dal bagno. Si sfila i pantaloncini restando in reggiseno e
mutandine). No, è voi che siete malati e infantili... (Si abbandona sul letto
contemplando il soffitto e respirando profondamente. Fra sé). Mai qualcuno che
mi soffocasse in un abbraccio.
RIC La vita è piena di gesti infantili...
MARA È piena di egoisti e di pazzi. (Pausa. Sbuffa). Mi riprendo un attimo e
poi ti stiro la camicia, va bene?
RIC (Annuisce e le si siede vicino sul letto, dando le spalle alla platea.
Pausa). Oggi sono praticamente scappato per venire qui... Avevo un milione di
cose da finire... Mi sono detto: voglio proprio vedere che succede se sparisco
all’improvviso da questa scatola di vetro, senza avvertire nessuno. (Ride
nervosamente fra sé). Ho spento il telefonino e-
MARA (Interrompendolo). Anche questo è infantile.
RIC Cosa è infantile?! Smettila con questa storia dell’infantile...!
MARA È cosí. Anche io quando ero piccola e stavo a letto malata, pensavo sempre
che se fossi morta all’improvviso tutti si sarebbero finalmente accorti di
me...!
RIC Non mi sembra che di me non si accorgano. È proprio il contrario.
MARA E allora ne dovresti essere contento.
RIC Perché dici cosí...? Ti sto dicendo che sono scappato, per venire da te...!
MARA ...Perché sono stufa. Eppoi non mi piace la gente che scappa.
RIC Che significa?!
MARA Uffa! non lo so... E non mi va di parlarne, ora... fa troppo caldo.
RIC Quando fai cosí non ti sopporto...!
MARA Okay. (Pausa. Acida). Senti, perché invece di venire cosí spesso non provi
a tornare con la tua vecchia amante e-
RIC (Interrompendola). Perché l’ho lasciata!
MARA (Pausa). Ah, non lo sapevo...
RIC Ah, non lo sapevi?!
MARA Pensavo che lei ti avesse lasciato.
RIC Sí, ma che differenza fa...?! Ci siamo sempre lasciati, no?
MARA (Riflessiva). Invece proprio per questo. Io non penso che funzioni...
RIC Ma cosa non funziona?! ...Ma ti rendi conto quante altre avrebbero
approfittato al posto tuo?
MARA Certo.
RIC ...O avrebbero perlomeno cercato di sfilarmi piú soldi possibile!... Tu
invece mi fai la paternale, come se fossi mia sorella maggiore...! Assurdo: non
capisco se sei una grande stronza o una grande... puttana.
MARA (C.s.) Una puttana un po’ stronza...
RIC ...Non lo riesco a capire. Spiegami, perché mi dici cosí?!
MARA (Pausa). Ho capito in tempo che quella ragazza è stata vittima della tua
ipocrisia... E non mi va di sottostare allo stesso giochetto...
RIC Ma che dici?!
MARA (Si alza e si allontana dal letto). È semplice: ho visto il modo come sei
riuscito a farti lasciare. Come sei riuscito a convincerla che non andavi bene
per lei... Dopo due anni passati insieme non ti sei nemmeno degnato di dirle la
verità.
RIC Quale verità?
MARA (Pausa). Tu prima hai detto “l’ho lasciata”.
RIC Quale verità?!
MARA ...Che la lasciavi perché avevi trovato una che ti faceva fare meglio
quello che ti ci vuole per...
RIC (Teso) Per?!
MARA (Pausa). Lasciamo stare...!
RIC Vorresti dire che sono un-
MARA (Interrompendolo). No, solo che sei un po’ vigliacco, signor manager. Uno
abituato a usare le persone, senza accorgersi di nient’altro. Anzi, te ne
accorgi.... però devi solo sfruttarle per continuare a sentirti virile.
(Pausa). Mi dispiace, hai scelto quella sbagliata per questo genere di
cose...
RIC (Controllato). Smettila, per favore...!
MARA ...Mi sa che dovrai scaricare la tua perversa tristezza interiore da
un’altra parte, Suor Pazienza è stufa e vuole sloggiare da qui per-
RIC (Interrompendola con rabbia). Ti ho detto di stare zitta! per favore!
MARA Io sento che né io né te possiamo cambiare. E sento che il gioco ha
funzionato finché era il tuo gioco-terapia...
RIC Non puoi farlo.
MARA Sí, che posso. Anche se la mia vita dovesse tornare a essere quella che è
sempre stata... In fondo, il tuo mondo non mi dà più libertà di quanta non ne
aveva prima il mio... E questo non mi va.
RIC (Colpito). Vuoi farmi credere che è meglio tornare a fare la puttana!?
MARA (Secca). Ragioniera, prego!
RIC (Ironico). Sì, l’impiegata modello...!
MARA Mi fa schifo tirare la cinghia, lo sai! (Pausa. Ric la fissa in silenzio).
Ma non t’accorgi che mi tieni come una bestia in cattività!?
RIC (Stizzito). Certo: ti porto via da quello schifo di doppia vita e questo è
il ringraziamento!? Eh?! (A voce alta, ma quella di un debole. La scuote,
mentre lei resta impassibile). Dimmi: che ti manca qui? Ti manca qualcosa
forse?! (Storcendole un braccio). Avanti, dimmelo!
MARA Ahi!
RIC Dimmi quello che ti manca!? Su!
MARA Lasciami! Te l’ho detto: mi sento in prigione! (Pausa. Ric le molla il
braccio). Il mio mondo sei diventato tu che vieni a trovarmi in questa specie
di harem fuori dal mondo, e basta... Ma è un mondo incolore...
RIC Vuoi dire che non ti basta solo il mio colore?!
MARA No, è che non voglio sentirmi mantenuta! Ricordati che io lavoravo da
free-lance.
RIC Sí, ma dimentichi che c’era un patto.
MARA No, non l’ho dimenticato. Anzi, fino a oggi mi sembra di averlo
rispettato... (Pausa. Convincente). Ric, io capisco che questa dipendenza è
rassicurante per te, ma a me comincia a rendermi nervosa. Insomma, mi sono
stancata, va bene? ...Mi fa schifo.
RIC Che?!
MARA ...Pensare che non usciamo mai, per esempio... Non conosco nessuno dei
tuoi amici e tu non vuoi conoscere i miei...
RIC Ma solo perché non è mai capitata l’occasione giusta.
MARA (Pausa). Be’, potevi anche farla capitare in quattro mesi di clausura.
Tutte le volte che io ho cercato di presentarti i miei amici... tu hai trovato
sempre scuse.
RIC (Trattenendosi). Non è vero. È che non è capitata l’occasione,
semplicemente.
MARA (Lo guarda diffidente, allontanandosi verso la cucina). Con il tuo tipo di
lavoro non ci credo, Ric. Dico: neanche una cena, un compleanno?!
RIC (Con uno scatto di nervi). Insomma, basta con questa tiri-tera! Ti ho detto
che capiterà!
MARA ...Okay, ho capito. (Lunga pausa. Silenzio. Si appoggia con pesantezza
alla parete spegnendo involontariamente l’interruttore della luce. Lo riaccende
subito). Io ho sete. Tu vuoi qualcosa?
Ric fa cenno di no con la testa.
Mara sparisce in cucina.
Ric si stende con la testa penzoloni ai piedi del letto, fissando il soffitto
in silenzio. Infine si addormenta. Allora il ventilatore comincia a vorticare
sopra di lui, prima piano, poi sempre più veloce, mentre la luce dissolve fino
al buio.
L’ANSIA DI UN TANGO
Una luce rossa, possente, sale gradualmente su Ric girato di spalle, a torso
nudo, che indossa dei pantaloni neri attillati e un paio di stivaletti con il
tacco. Sotto al vortice prodotto dal ventilatore al massimo, al ritmo di un
lento tango di Piazzolla-Kronos Quartet, Ric comincia a ballare un flamenco.
Mara, in pantaloncini e reggiseno come all’inizio della scena precedente, lo
guarda stando distesa sul letto. E quanto più lui si muove in modo sensuale,
tanto più lei si contorce eccitata fra le lenzuola.
Ric compie la sua danza avvicinandosi e allontanandosi da Mara che, senza mai
scendere dal letto, cerca di slacciargli i pantaloni... Continuano cosí, fino
al punto in cui lui si ferma per lasciarsi spogliare e per gettarsi nudo sopra
di lei.
Buio.
RELAX
La luce risale piano sulla scena di prima, in cui Ric si è addormentato sotto
il ventilatore.
Mara entra in camera con una bottiglia di birra e due bicchieri che appoggia
sopra il tavolino. Poi dà un’occhiata a Ric e riesce.
Rientra con un cavalletto per stirare. Sembra che lo sistemi rumorosamente
apposta per svegliare Ric, quindi esce di nuovo.
Rientra con un ferro da stiro in mano e una camicia azzurra da uomo nell’altra.
Attacca la spina, e si ferma a guardare in silenzio Ric che dorme. Si accorge
solo allora che il ventilatore è azionato.
MARA ...Ric! Ehi, come hai fatto...? Ric!
RIC (Risvegliandosi) ...Che c’è?
MARA (Indica il ventilatore). Guarda! Sei stato tu...?
RIC (Osservando il ventilatore che gira sulla sua testa). Eh...? No, sarà
partito da solo... Per via del contatto, penso...
MARA (Pausa). Stavi sognando qualcosa?
RIC (Massaggiandosi il volto) ...No. Anzi, sí... un tango.
MARA Cosa? (Spiritosa). Tu sognavi di ballare...? Di’ la verità...?
RIC ...Ma no, lo sai che non mi piace ballare.
MARA (Cominciando a stirare la camicia). Be’, che c’entra... nei sogni può
anche essere.
RIC No, non stavo ballando.
MARA E che stavi facendo?
RIC ...Stavo nel mio ufficio, ero stanco, e per riposarmi mi ero infilato un
paio di cuffiette di un Walkman. E mi ascoltavo questo tango... Era bello, mi
rilassava.
MARA E basta?
RIC Sí. Poi tu mi hai chiamato.
Si alza e raggiunge il tavolino. Prende la bottiglia e versa da bere nei due
bicchieri. Poi, tira fuori dalla tasca interna della giacca appesa alla sedia
una bustina, una fialetta e una cannuccia. Rovescia un po’ di coca sul
tavolino, si prepara una pista... Guarda Mara che continua a stirare senza
badargli e allora versa il contenuto dell’altra fialetta in uno dei bicchieri.
RIC Te la preparo una anche a te? Prova...!
MARA. No, ti ho già detto che non mi va.
RIC D’accordo. (Sniffa). Ah, questo è il solo metodo per arrivare dove mi
piace... nel piú breve tempo possibile... (C.s. Fra sé). Luoghi nascosti,
venite a me...!
MARA Perché, cosa vedi?
RIC (Magniloquente). Oh, mi torna ogni nome... ogni faccia... Tutta la mia
vita... Tutto cosí chiaro che ci vuoi ritornare sempre lí dentro... Stai in
alto... sopra, e anche dentro le cose. (Pausa). Rivedo scene in cui non
riuscivo ad esprimere dei sentimenti, e sento che in questo stato sarebbe facile
farlo... Per esempio, ai miei genitori non sono mai riuscito a dirgli: “Vi
voglio bene.” (Sorride nervoso). Riesco solo a dirgli: “Ma non mi rompete i
coglioni!” (Pausa). Quando si avvicina il mio compleanno, mia madre mi dice che
vuoi per compleanno?... E io chiedo sempre della cose spropositate, e mia madre
mi risponde, col suo sorriso ebete, al massimo ti posso regalare un paio di
calzini... Ogni anno... Sono trent’anni... Me lo ripete, ogni santa volta...!
(Ridendo amaro). Quando poi il regalo arriva io rispondo sempre: che schifo! mi
fa proprio schifo!
MARA Non ci credo.
RIC E invece è vero.
MARA Ti regala sempre e solo calzini...?
RIC No, ma la battuta idiota, quella la dice sempre. (Pausa). È triste avere
una madre e non poterci mai parlare come vorresti...
MARA È anche una questione di maturità.
RIC No, è questione di amore... Da ragazzino, tutte le volte che facevo
qualcosa di sbagliato o che la urtava, lei mi diceva che ero cosí perché
durante i primi mesi di gravidanza non mi voleva... e aveva tentato di abortire
da sola, senza riuscirci...
Lunga pausa. Ric si siede con la testa rivolta all’indietro e gli occhi chiusi,
mentre Mara continua a stirare. In sottofondo, “One time” dei King Crimson.
Poi Ric si alza e le si avvicina. Le afferra le mani.
RIC Dài qua, voglio provare io.
MARA Piantala.
RIC Dài, voglio imparare a stirarmi una camicia, perdio!
MARA ...Per quando divorzierai da tua moglie? (Pausa. Ric si limita a fissarla
con disappunto). Va bene, tieni. (Gli passa il ferro da stiro). Non è
difficile, basta stare un po’ attenti. Comincia dal colletto, poi passi ai
polsini...
Ric inizia a stirare; è impacciato nei movimenti...
MARA Non cosí, che lasci le grinze... Allarghi prima un po’ con le mani, poi
schiacci.
RIC Ho capito. (Tiene il ferro in mano, mentre con l’altra cerca di stendere il
tessuto). Ecco.
MARA No, posa il ferro... e stendi con la mano... Ecco: ora lo riprendi e ci
passi sopra.
RIC (Sbaglia e si scotta). Ahi!
MARA Ti sei scottato?!
RIC Cazzo di coso lí!
MARA (Preoccupata). Tesoro... (Gli prende la mano fra le sue). Fa’ vedere...
(Soffia sulla ferita e gliela bacia delicatamente). No, non è niente... Ancora
male?
RIC No.
MARA (Prendendo il ferro da stiro). Ora guarda, ti faccio vedere...
RIC (L’abbraccia da dietro, toccandole i seni. Eccitato). Amore, sei la cosa
più bella cresciuta lí dentro, dentro di me in questi ultimi anni...
MARA ...Bisogna stare un po’ attenti all’inizio per la coordinazione, ma dopo è
facile e non ci si scotta più.
RIC Adesso mi scotta giù, dentro. Ho sete, beviamo...? (Mara annuisce. Mentre
Ric va a prendere i bicchieri per porgerle quello con la fialetta, lei appoggia
la camicia stirata sulla sedia). Tieni... (Mara fissa Ric negli occhi). Che
c’è?
MARA ...Penso che un uomo da solo vive bene, nonostante tutto.
RIC Io sapevo il contrario... e mi pare di averlo dimostrato proprio un attimo
fa.
MARA Lo so, ma non è cosí...
RIC Una donna che vive sola se la sbriga meglio...
MARA Sí, ma ci sono altri problemi.
RIC Be’, può pensare più a sé... alla propria carriera.
MARA (Pausa). Non è per quello.
RIC E cos’è? Non dirmi che le manca qualcuno a cui stirare la camicia...?
MARA ...Anche. (Pausa. Alza nervosamente il bicchiere). Alla nostra.
Bevono.
Non so perchè devo sentirmi cosí sola... sempre, da quando devo uscire per fare
due passi, a quando faccio l’amore.
RIC (Pausa. Abbracciandola). Dài, vieni qua... sempre.
MARA (Staccandosi). No, lasciami stare, sono stanca... e sento caldo.
RIC (Pausa). Sai Vincenzo, il mio psicanalista... nell’ultima seduta m’ha raccontato
una storia strana...
MARA Ho caldo e sonno... Vieni. (Si trascina verso il letto tirandosi dietro
Ric). Dicevi?
RIC (Restando seduto sul letto dove Mara si sdraia). Parlavo di Vincenzo...
Sai, no? che lui è anche storico della medicina...
MARA Ah sí, non lo sapevo... Adesso sono tanto stanca... Tienimi la mano.
RIC ...Insomma, analizzando certi casi strani del passato-
MARA (Interrompendolo). Perdi tempo, Ric. Tu sei sano, te lo ripeto...
RIC Ascolta, c’era un medico nell’Ottocento... No, anzi, mi sembra nel
Settecento... (Le luci si abbassano) Sí... Questo medico era ossessionato dal
problema di distinguere la morte reale da quella apparente... (Buio). Racconta
di un giovane aristocratico che si è visto costretto dalla famiglia a prendere
gli ordini, e arriva un giorno in una locanda di campagna... Lí, trova i
locandieri distrutti dal dolore per la morte della loro unica figlia, una
ragazza bellissima... La sepoltura deve avvenire l’indomani, e i genitori
chiedono al giovane monaco di vegliare la morta durante la notte. Ma i racconti
uditi sulla sua bellezza hanno acceso la sua curiosità... (Con voce sempre più
eccitata). Tira dunque via il lenzuolo funebre, e, anziché trovare un cadavere
sfigurato dalla morte, vede una fanciulla dai tratti leggiadri, invitanti...
Perso ogni ritegno, dimentica i suoi voti, comincia a spogliarla, si spoglia
anche lui... e si prende le stesse libertà con la morta che i sacramenti del
matrimonio avrebbero permesso s’ella fosse stata viva... (Risale lentamente le
luce... Ric sta copulando Mara addormentata) Vergognandosi di ciò che aveva
fatto... l’indomani mattina... lo sciagurato monaco... (Si sente un tango di
Piazzolla-Kronos Quartet che sale di volume, fino a coprire del tutto quello
che Ric sta dicendo) ...partí in gran fretta... senza attendere l’ora
dell’inumazione-
Buio.
IPOTESI DEGLI OCCHI CHE SEGUONO (Settembre)
La scena e divisa in due zone.
Uno stretto pianerottolo sulla destra, dove c’è un ascensore che forma un
angolo retto con la porta dell’appartamento di Mara, situato nell’ampia zona a
sinistra. Al centro di quest’ultima zona troviamo perciò la stessa camera da
letto di prima, vista da un’altra angolazione; il bagno è visibile sul fondo
mentre la cucina costituisce il punto di vista del pubblico. Adiacente
all’ascensore c’è una breve rampa di scale, in cima alla quale una porticina di
ferro che conduce sul tetto del palazzo.
È notte. Ric sta bussando insistentemente alla porta dell’appartamento. Mara è
vestita come se dovesse uscire o fosse appena rientrata. Sta seduta sul letto,
con un accendino e una sigaretta spenta in una mano e un bicchiere d’acqua
nell’altra, scrutando di qua e di là come un animale braccato.
RIC Mara, lo so che sei qui dietro! (A voce bassa). Mara, io ti amo... Apri...!
(Seguita a battere sulla porta. Trattenendosi sempre di meno). Per favore, te
lo sto chiedendo...! Apri questa cazzo di porta! Su, ne parliamo un minuto con
calma. (Pausa. Fra sé). Cazzo! (Pausa). Allora, ascolta... Facciamo cosí,
parliamo dalla porta. Va bene?! (Pausa. Battendo ancora più forte). HO DETTO VA
BENE?! RISPONDI!
Mara si alza di scatto, posa ciò che ha in mano e accende la radio mandandola
al massimo volume. Torna sul letto, si sdraia e spegne la luce
dell’appartamento.
...Mara! Voglio dirti che lo teniamo lo stesso! (Accosta l’orecchio alla
porta). ...Mara?! (Gli scattano i nervi. Prendendo a calci la porta). RISPONDI!
MARA!
VOCI dei VICINI Oh, adesso basta!
Sí, vattene a casa!
Vai a dormire, imbecille!
RIC IMBECILLE CI SARAI TU, PEZZO DI MERDA! ...Esci fuori, fatti vedere! (Fra
sé, calmandosi). Testa di cazzo matricolata...!
VOCE VICINI La vogliamo smettere, o chiamo la polizia?!
Ric si siede sugli scalini che portano al piano superiore, mentre Mara si alza
per spegnere la radio. Poi lei si spoglia e s’infila nel letto a dormire... Lui
distende le gambe, si appoggia con le spalle al muro e cosí si addormenta.
Voci registrate di Mara e Ric.
VOCE MARA La cosa buona di te, è che quando racconti cazzate sai sempre
mostrare la tua parte più positiva... Il tuo aspetto pulito, onesto, ti aiuta a
convincere quelle povere persone a comprare. Questo è il vero motivo per cui
hai fatto i soldi con quel lavoro di merda.
VOCE RIC Ti sbagli. La gente non si lascia infinocchiare solo perché sei un
tipo pulito... No, ci vogliono delle attitudini serie, quel carisma che molti
non hanno e che pochi di quelli che ce l’hanno sanno sfruttare... Poi ci vuole
fermezza di carattere. All’inizio, quando facevo il venditore di cucine, ci fu
un commerciante che mi fece fare due ore di anticamera prima di ricevermi,
senza ordinarmi niente... Poco tempo fa, dopo quattro anni, mi ricapita sotto
per caso... Me lo ritrovo in ufficio tutto preoccupato, penso subito che è
vecchio come venditore, di sicuro deve essere fallito, senza altre prospettive
di lavoro per campare... Così mi faccio riconoscere, e lui è tutto contento,
perché sente che forse stavolta è il suo contatto fortunato... Insomma, tra una
cosa e l’altra, lo faccio aspettare... circa tre ore, poi mi decido a
riceverlo. Lo tengo quasi un’ora, fingendomi interessato ai suoi prodotti...
Alla fine, non gli compro nulla, lo caccio via...! Ormai la sua giornata di
lavoro era bella che perduta.
BAMBINO TUTTO BIANCO
Alba. UN BAMBINO, vestito tutto di bianco - in giacca e cravatta - entra dalla
porticina di ferro e scende silenziosamente le scale, scavalcando il corpo di
Ric che dorme.
Mara viene fuori dal bagno già pronta per uscire. Dà un occhiata attraverso lo
spioncino. Apre piano la porta e altrettanto piano se la richiude alle spalle.
Chiama l’ascensore. Nell’attesa, ha un piccolo soprassalto quando scopre Ric
addormentato sulle scale. L’ascensore arriva e Mara vi sparisce dentro.
Voci registrate di Mara e Ric.
VOCE MARA E tu? quante volte mi hai sfruttata in quel posto schifoso?! (Pausa).
Ti assicuro che continuersti a farlo anche dopo, perché ormai è cosí che mi
conosci. E a me non piace, capisci? Eppoi a essere sinceri ti posso dire che io
voglio un uomo vicino, e non un ragazzino che scappa!
VOCE RIC Ma come? dicevi di divertirti con me...
VOCE MARA Sí, all’inizio eri intrigante...
VOCE RIC Intrigante. (Pausa). Perché hai finto, dopo?
VOCE MARA Non ho finto. È che ti voglio bene, lo sai... ma non sento più come i
primi tempi...
VOCE RIC I primi tempi...?!
VOCE MARA Non mi sento più innamorata, capisci?
VOCE RIC (Pausa). I primi tempi, mi dicevi che le mie sparate da manager ti
piacevano perché avevano il timbro del condottiero sotto...
VOCE MARA Appunto, volevo credere che fosse cosí. Ma poi ho conosciuto quel
sotto di ragazzino che scappa, e quel timbro si è subito falsato.
Ric si sveglia. Si rimette un po’ in ordine i vestiti e si aggiusta i capelli
con le mani. Poi si avvicina di nuovo alla porta di Mara e suona il campanello.
Silenzio. Riprova. Niente. Bussa con il pugno.
RIC Mara...! Mara, adesso basta: apri!... Sono stato qui fuori tutta la notte.
Ho bisogno di un caffè. (Pausa. Appoggia l’orecchio sulla porta. Bussa). Mara,
ho sentito delle cose nuove dentro di me, dopo quella notizia... Ti giuro, mi
sento cambiato...!
VOCE RIC ...Lo sai che quaggiù, in macchina, mi sono accorto che mi concentro
meglio. Mi vengono delle idee...
VOCE MARA Ah-sí...
VOCE RIC Una di queste ci riguarda, cioè voglio dire che riguarda te insieme a
me... Lo so che ti sembrerà strano... Be’, non lo so nemmeno io quello che mi
succede, anzi lo so, perché certe cose non le avevo mai provate prima... mai
sentite con le altre donne, capisci quello che voglio dire?!
Le luci risalgono lentamente.
RIC ...E ti ricordi quando mi chiamasti, perché t’era capitato qualcosa dentro,
dopo l’ultima volta che c’eravamo visti... per cui volevi vedermi subito e
gratis questa volta. Ci vedemmo subito, nel nostro garage, sotto il mio
ufficio. (Mara sale gli ultimi gradini e appare silenziosamente sul pianerottolo,
alle spalle di Ric che non si accorge della sua presenza). Ricordo che siamo
restati in silenzio per non so quanto a quel telefono, solo ad ascoltarci
respirare... Ti bastava soltanto la mia voce, anzi il mio respiro per farti
stare bene... E dicesti che se solo un giorno qualcosa t’avesse impedito di
ascoltarla avresti fatto un casino. (Sorride. Pausa). Ma non mi va di parlare
di queste cose davanti a una porta chiusa, come un imbecille...! Perciò, adesso
basta... Mara apri, sono stanco...! Mi fanno male i piedi. (Pausa). Mara,
allora lo grido davanti a tutti: ho mollato mia moglie! VOGLIO STARE CON TE!...
VOGLIO IL NOSTRO BAMBINO! (Pausa. Batte di nuovo sulla porta). Non ti basta che
tutti hanno sentito! (Si volta facendo un gesto plateale con il braccio sulla
parola “tutti”, come se si rivolgesse all’invisibile platea origliante dei
vicini... e vede Mara. Stupefatto). Da dove sei uscita...? (Pausa.
Realizzando). Oh, cazzo...! Dove sei stata? (Silenzio. Le si avventa contro
scuotendola). DIMMI DOVE SEI STATA!?
MARA (Si divincola. Tira fuori le chiavi di casa) ...Dal medico!
RIC QUALE MEDICO?!
MARA Il mio.
RIC QUALE?!
MARA Il mio ginecologo!
RIC (Pausa. Crollando rassegnato). Vuoi dirmi che...
MARA Sí, tu dormivi...
RIC Io dormivo...?!
MARA Strano, eh? L’ho fatto io mentre tu dormivi, stavolta.
RIC (Pausa. Trasognato). Mara... a me serviva...
MARA Adesso lasciami passare, mi sento di merda... non ho chiuso occhio per
tutta la notte.
RIC (C.s.) Quel figlio, mi serviva...
Mara sparisce nel suo appartamento, mentre Ric si accascia piangendo sullo
stipite della porta rimasta aperta. Poi tira fuori dalla tasca la sua pistola.
La carica. La luce dissolve fino al buio.
VOCE RIC ...Soli ci si nasce, non ci si rimane. Si nasce con lo statuto della
solitudine affisso al collo... Gli altri lo leggono, e si allontanano per paura
di venire contagiati... Ma potrebbe anche essere una questione di ambiente in
cui si cresce, che ti forgia poi per sempre... Perché ridi?!
VOCE MARA (Continuando a ridacchiare) ...Mi fa ridere la scena di te in questo
night-club di Cuba, mentre paghi tutte le entraîneuses che hai sottomano... per
farti dire a voce alta che sei il più bello della discoteca...!
HARD BOX (Aprile)
Nel buio, si sente il rumore di un’auto accesa e di una saracinesca che si apre
bruscamente. Poi, in successione, il rumore dell’auto in retromarcia... il
motore che si spegne... e ancora la saracinesca che si richiude. La saracinesca
dovrebbe essere disegnata o proiettata sopra un telo trasparente che comunque
consenta di intravedere la scena.
La scena è un box per auto, dove al centro c’è la lussuosa decappottabile rossa
di Ric. Le pareti sono nere e rivestite di una scaffalatura metallica stracolma
d’incartamenti.
Ric e Mara stanno facendo l’amore nell’auto; si contorcono mezzi nudi l’uno
nelle braccia dell’altra.
In sottofondo - anche se la voce del Dj alla radio nomina Prince e Miles Davis
- si sentirà sempre e solo “Two hands” dei King Crimson.
RIC (Ansimante). Vengo..! Sí,vengo dentro di te..!
MARA (C.s.) Ric! Dimmi che sono la tua unica puttana! Ric...!
RIC Amore..! sei la mia unica, grande puttana!
MARA (“Venendo”) ...Ric!
RIC Sí!
Pausa.
MARA Penso che ti amo, Ric...!
Il rumore improvviso di un calcio tirato alla saracinesca.
Pausa.
Un altro colpo, ancora più forte del precedente... seguito dai passi e dalle
voci sghignazzanti di un paio ragazzini che scappano.
Si accende la luce (al neon) del box.
Ric spegne la radio, apre rapido il cruscotto della macchina ed estrae la sua
pistola, facendo a Mara il segno di tacere. Poi scende dall’auto in mutande e
con calma si piazza sul cofano, pronto a far fuoco.
RIC Teste di cazzo!
MARA Chi c’è, Ric?! Ho paura...
RIC Sicuramente dei ladri... Ci avranno sentiti e-
MARA (Interrompendolo). Io ho paura dei ladri! Andiamocene!
RIC (Pausa). Eh-sí... Guarda se per colpa di due stronzetti...!
MARA (Contenta). Hai visto che ce la stai facendo? È come ti dicevo io?
RIC (Pausa. Secco). Per favore, mi passi quella bustina che sta in fondo al
cruscotto?
MARA (Passandogliela). Che cos’è?
RIC ...Ne vuoi un po’?
MARA Cos’è?
RIC (Ironico) ...Un rimedio contro il raffreddore.
MARA (Delusa). ...Grazie, non ho bisogno di usare certe cose.
RIC D’accordo. (Pausa. Scende dall’auto e dispone sul cofano della coca, poi
tira fuori dal portafogli una carta di credito con cui prepara la striscia
sotto lo sguardo contrariato di Mara). Ehi, mica ti dispiace se io la uso?
MARA ...Un po’.
Mara tira fuori dalla sua borsa un pacchetto di sigarette e se ne accende una,
mentre Ric tira su la pista con una banconota arrotolata.
RIC (Prende la pistola in mano e si dirige verso la saracinesca). Dò
un’occhiata fuori...
MARA. (Impaurita. Pausa). Va bene.
RIC Ne ho beccati già un paio qui sotto, una volta... mentre stavano cercando
di forzare un box. Loro mi hanno visto e (Riferito alla pistola) per fortuna
che avevo questa... Uno ha estratto un coltellaccio di venti centimetri e con
l’altra mano invogliava l’amico a venire verso di me...
MARA (Presa). E tu? che hai fatto?
RIC Niente. Ho appoggiato la ventiquattrore per terra con calma e l’ho
aperta... E quando mi stavano a un paio di metri gliel’ ho presentata! (Pausa.
Mima la scena. Ride). Non ti dico l’effetto... La faccia che hanno fatto i due
stronzi!
MARA Eppoi?
RIC Poi gli ho fatto buttare i coltelli per terra... e li ho fatti
inginocchiare. Sí, proprio come in chiesa. Pensa gli ho detto di unire le due
mani e con la pistola puntata dietro la testa, uno per volta, li ho fatti
pregare...
MARA (Ride nervosamente). Non ci credo... Perché?
RIC Sí, uno per volta, mentre chiamavo la polizia col telefonino...
MARA Perché li hai fatti pregare?
RIC Non lo so perché mi girava cosí in quel momento... però li ho fatti
pregare! (Ride).
MARA (C.s.) Perché ridi?
RIC Perché uno dei due si è pure pisciato sotto mentre pregava...! E tu perché
ridi?
MARA Perché mi sembra strano... Non ti ci vedo a fare l’ispettore di polizia
come in un telefilm americano.
RIC Altro che telefilm... (Ride ancora). Era quello con la faccia più da
delinquente, cicatrice e tutto quanto... Gli avevo puntato questo cannone
gelato contro la nuca sudata... Era quello che m’aveva sorriso con un ghigno...
Hai visto, mi sono detto: il lupo di un momento prima, si piscia addosso come
un cuccioletto...
MARA E avresti avuto il coraggio di usarla?!
RIC In quel momento sí, se m’avessero aggredito...
MARA E se avessero provato a scappare?
RIC Non lo so... Con quella fifa, di sicuro sarebbero scivolati proprio sulla
loro piscia...!
MARA (Ride per il tono esagerato usato da Ric). Sai, non immaginavo di avere a
che fare con un autentico pistolero...
RIC (Pausa). Che fai? prendi per il culo?
MARA (C.s.) Io? no... Ma mi domando se almeno sai usarlo quel coso?
RIC (Puntandole la pistola contro). Vogliamo vedere...?
MARA (Spaventata, si abbassa sotto il cruscotto). Piantala! sei scemo?!
RIC ...Domani i giornali intitolerebbero: "Prostituta trovata uccisa in un
garage del centro". Che ne dici?
MARA Che non mi piace che fai lo scemo con quella pistola, mettila via...!
RIC Ah, vedi come t’è tornata la memoria...? Questa si chiama pistola ed è
femmina... e non mi pare c’entra niente con quel coso.
RIC (Le si avvicina, puntandole la pistola alla tempia). Che c’è, non parli
piú? Vuoi forse pregare un po’ anche tu?
MARA (Con la voce tremante, sul punto di piangere). Ric... ti prego,
smettila...
RIC T’è venuta una voce eccitante, lo sai?
MARA Ric...
RIC Sí, amore... (Comincia a baciarla, sempre tenendole la pistola puntata
contro, anzi passandogliela sul collo e sul petto). Mi eccita da morire... lo
sai...?
MARA Oh sí, anche a me... Vieni qui, ammazzami...!
RIC Aspetta, voglio continuare a passartela dappertutto... Ecco, metto la
sicura... non si sa mai...
MARA (Pausa. Eccitata). Ti poteva partire un colpo, lo sai? M’avresti
sfondata...
RIC (Infilandole la canna della pistola in bocca. Eccitato). Sí, sfondata...
Buio.
Mmh-Mmh
Solo Ric in scena.
RIC (Con l’effetto di una leggera eco che si propaga in un tubo):
Ho parcheggiato l’auto nel box.
Era tardi. La musica pareva piú forte
perché il motore era spento
e nel garage le voci rimbombano.
Pensavo che stavi in pensiero.
Dormivi? Forse no, ti preoccupavi
di me. E l’ho fatto apposta, lo so
è puerile.
Poi è passato uno davanti alla saracinesca. Era tardi.
Si è fermato per qualche secondo, cercando di distinguere
nel buio del box, ma ha proseguito.
Aveva la cravatta lenta e la giacca sgualcita di dietro.
- Ha guidato molto senza togliersela, - ho pensato.
Tornato a casa,
uno dei tanti condomini che non conosco.
E per un’altra mezz’ora sono rimasto appoggiato con la testa
al reggitesta, come un vecchio che aspetti
gli venga rasa la barba.
Era una cosa curiosa e tranquilla
stare cosí a lungo su quel sedile,
senza altra ragione
se non quella di essere
in quell’auto,
in quel box,
in quel garage
di quel residence,
in quel quartiere
di quella città...
e cosí via fino alle galassie di galassie
all’universo di universi
e io e te, in quel momento distanti
pochi piani, frammenti di millimetri
sulla mappa del mondo, eppure lontani.
E ho pensato a due soldatini nemici, io e te
nelle mani di un Bambino.
Immobili, senza dilemmare problema.
Ma pronti a combatterci.
Buio.
RED BOX (Maggio)
La scena è la stessa di HARD BOX.
In sottofondo, si sente il rumore assillante della sirena d’allarme di un’auto.
RIC ...Non sto lontano dalla riva, e ho fermato la barca vicino a uno di quei
grandi pali che segnalano i canali... Sopra c’è un gabbiano che non appena lo
guardo, vola e punta verso di me per attaccarmi. Prendo la pistola e gli sparo,
ma non riesco a prenderlo... e per scansarlo perdo l’equilibrio finendo in
acqua. Mi scappa la pistola e mi tuffo a recuperarla... e trovo che intorno al
palo, per tutta la lunghezza dico, c’erano tante di quelle armi... A grappoli,
stavano attaccate come intorno a una calamita... Erano armi che sapevo essere
appartenute a persone morte.
MARA In che senso lo sapevi?
RIC Sí, mi ricordo una sensazione strana avuta osservando le impugnature... era
come se fossero state consumate dalle mani di chi le aveva usate...
MARA E quindi?
RIC ...Mentre inseguivo la mia, i polmoni mi stavano per scoppiare... Lei
scendeva piú veloce di me, dovevo tornare indietro... Ma quando mi fermo per
rigirarmi, una forza invisibile sento che la blocca... la tiene sospesa
sott’acqua, cosí, immobile... Ma sono due chili di metallo, penso io...! E a quel
punto, sempre la stessa forza invisibile, comincia ad attrarla verso il palo
insieme alle altre... Un attimo prima di spalancare la bocca esausto l’afferro,
e... improvvisamente mi ritrovo in superficie. Ecco.
MARA (Pausa). Io i sogni non me li ricordo mai interi... Spesso mi ricordo
delle frasi, o dei colori...
RIC (Pausa). Il mio sogno più bello sarebbe quello di avere un figlio...
MARA Nel sonno o nella realtà...?
RIC Dico sul serio. Sto passando dei mesi bellissimi con te...
MARA Lo so, ma con me non attacca.
RIC Penso che sarebbe meraviglioso... E penso che per la prima volta in vita
mia potrei dire di essere veramente felice, no?
MARA (Riflettendo). Non lo so... Sarebbe una cosa importante...
RIC Certo.
MARA (C.s.) In questo momento non lo voglio...
RIC Perché...? Di che hai paura?
MARA Di me, forse.
RIC Secondo me non lo vuoi ammettere ma ti piacerebbe.
MARA (Ironica). Eh-sí, certo, è naturale... Ogni donna, in fondo in fondo...
no?
RIC Secondo me, sí.
MARA Molto originale.
RIC Non è questione di originalità... Come hai detto tu, mi sembra naturale
che-
MARA (Interrompendolo. Caustica). Naturale!... Lo sai che è una parola che mi
fa quasi schifo?!
RIC (Pausa). Allora anche io come essere naturale ti faccio quasi schifo...?
MARA Certe volte, sí.
RIC (Pausa). Sul serio, mi piacerebbe che smettessi di prendere quella
pillola...
MARA Sicuro. Infatti, non vedevo l’ora.
RIC Non sto scherzando.
MARA (Cambiando completamente tono). Ma io, sí.
RIC (Sorpreso) ...Vuoi dire che se con me dovessi restare incinta lo terresti?
MARA Certo... (Comincia a spogliarlo). Anzi, direi di cominciare da subito.
RIC ...E la pillola?
MARA Ssst...
RIC Guarda che sarebbe importantissimo per me, lo sai?... Forse più della mia
vita in questo momento... (Le prende la mano per portarsela alle labbra).
Immagino le sue manine simili alle tue, solo più piccole... sarebbe stupendo.
Due occhietti scuri e furbi come i tuoi...
MARA (Continuando a spogliarlo e a spogliarsi). Sí, certo, ci penserò... Mi
piace, sai, quello che hai detto...
RIC (Solenne) ...Grazie.
MARA Prego. Tesoro. (Lo abbraccia). Vieni, ho tanta voglia di baciarti...
Buio.
BOX OUT
Si sente “Sitting Targets” di Peter Hammill ad alto volume. Il telo sparisce...
e i flash delle luci stroboscopiche “fotografano” Ric e Mara mentre corrono in
auto di notte e litigano, strillano parole che non riusciamo a decifrare perché
coperte dall’alto volume della canzone. La simulazione della corsa può essere
data da una piattaforma mobile, tipo giostra. La musica cessa di colpo, per cui
sentiremo i due urlare improvvisamente.
RIC Ma che cazzo di bisogno c’era di sparare a quel gatto!
MARA Li odio!
RIC Sí, ma quello aveva il collare! M’hai fatto un casino, capisci!?
MARA Basta con questa maledetta storia del gatto! Non l’ho nemmeno preso...!
RIC Tu sei una pazza, che non si rende conto di quello che fa! M’hai fatto fare
una bella figura di merda...! Dire al portiere che m’era scappato un colpo,
capisci?!
MARA E che sarà mai...? succedono tanti incidenti con quegli aggeggi, si sa...
RIC Vaffanculo! STAI ZITTA ALMENO! (Pausa. Si calma). Perché volevi
colpirlo...?!
MARA Non l’ho fatto apposta, te l’ho già detto!
RIC Cristo Mara! uno che non vuole farlo apposta non toglie la sicura, sapendo
che gli può partire un colpo!
MARA Senti un po’ Tex Willer del cavolo, finché tu la puntavi addosso a me
tutto bene, eh?!... Finché facevi pisciare sotto quei due poveracci, tutto
bene...! A me scappa di sparare a un gatto involontariamente e fai un
casino...! Sai che ti dico...?
RIC Basta!
MARA No, se permetti finisco...
RIC No! se permetti, io avevo messo la sicura!
MARA Dopo sí, ma io dicevo prima...!
RIC Ma-no, non l’avevo mai tolta...! Non avevo nemmeno messo in canna il
proiettile...
MARA (Pausa. Stizzita). Che stronzo! ti facevo piú coraggioso... M’hai presa
per il culo proprio come una scemetta! (Pausa). Perciò anche la storia dei
ladri è totalmente inventata...?!
RIC (Pausa). No, quella è vera... (Pausa. Mara lo fissa scettica). Almeno cosí
me l’hanno raccontata i due metronotte... Avevano catturato un drogato quaggiù
che cercava di scassinare un box...
MARA Ah, mi sembrava strano...
RIC Che cosa?
MARA Allora avevo ragione di ridere. Sembrava la parodia dei peggiori telefilm
americani come la raccontavi... Sei impacciato per certe cose, Ric. Strano,
perché di solito chi sa vendere sa anche recitare bene... (Ric si volta
dall’altra parte con lo sguardo basso). Forse hai perso l’allenamento, dopo
tanti anni, no?... Adesso ti muovi bene solo fra i soldi, anzi fra i numeretti
sul computer che li rappresentano... cose astratte che nemmeno si vedono... che
non esistono.
Breve buio. Le luci risalgono sulla stessa scena.
RIC (Pausa). Senti, Mara... pensavo che se noi avessimo il bambino, questo mi
sembra-
MARA (Interrompendolo). Non insistere?!... Ma scusa, mi domando perché allora
non ne avete adottato uno tu e tua moglie, se non potevate averne ma c’era
questa necessità...?
RIC Perché io volevo qualcosa di veramente mio, proveniente da me. Adesso lo
voglio da te.
MARA ...È un punto di partenza sbagliato.
RIC Perché?
MARA Perché proprio nel momento del bisogno non bisognerebbe metterli al mondo,
secondo me.
RIC Ho detto bisogno, nel senso che lo desideravo molto...
MARA Sí, ma visto come è finita tra di voi, adesso sarebbe di sicuro diventato
l’ostaggio dell’uno e dell’altra.
RIC Forse, in quel caso, sí... Però con te sarebbe diverso, se solo ti fidassi
un po’ di me...
MARA È perché mi sono fidata se stiamo qui, no? (Pausa). D’accordo, come faccio
a spiegarti che non me la sento...! Non mi piacciono i bambini, ecco. (Pausa.
Ric annuisce silenzioso e affranto. Mara se ne accorge e lo accarezza come un
bambino). Ehi, mica volevo dire che li odio... Vieni qui, piccolo mio... Dico
che in questo momento non mi piacciono... E neanche tu mi piaci quando fai
cosí, nessuno mi piace quando corre troppo sulle cose... Mi ci sento
soffocare... In fondo ci conosciamo da sette mesi, no...? Io poi sono un po’
strana su certe cose, mi devo fidare... Se non mi fido è tempo perso. (Pausa).
Ti voglio fare una confidenza... Per esempio, la prima volta che sono andata a
letto con un ragazzo è stata con un mio amico, un compagno di scuola con cui
facevo i compiti e che mi stava molto vicino... Lo feci con lui, non con il mio
fidanzato di allora... Con il mio fidanzato ci stavo da un annetto... Ci stavo
anche bene, ma non mi fidavo. Mentre Mariolino sí, meritava quel regalo di
fedeltà... Per me, lui era come un vecchio cucciolo pieno d’ansia e di gioia
che mi aspettava sempre... dovunque fossi andata, qualunque cosa avessi
fatto... mi capiva sempre.
Buio.
BLACK BOX (Giugno)
La scena è la stessa di HARD BOX, ma con la saracinesca tirata su. Si sentono
come dei rumori di officina meccanica.
MARA Comunque dobbiamo trovare un rimedio perché sono stanca di venire qui,
Ric. Eppoi è umido, c’è puzza di smog... E quello lí, che non ha un cacchio da
fare tutto il santo giorno...! Ma che fa? smonta e rimonta sempre la stessa
macchina...?!
RIC Ha l’hobby dei motori... Se è per quello lo capisco, anche a me piaceva
starmene in garage da solo ad aggiustare un motore. (Pausa). L’ho conosciuto,
sai... Sa della nostra storia, ci aveva sentiti la prima volta...
MARA Ah, pure guardone...!
RIC Ma-no. Dice che ne capitano tante qui sotto di storie... Sono dieci anni
che praticamente ci vive e ne ha viste un po’ di tutti i colori. Si è abituato
a decifrare semplici indizi, dei semplici particolari... Per esempio, è in
grado d’indovinare lo stato d’animo di quella dell’ultimo piano quando torna
agitata perché le è capitato qualche guaio... solo dal modo in cui gratta o non
gratta la retromarcia per mettere la macchina nel box... O di quello che passa
di notte e lo saluta con un sorriso carico di rossetto e capelli spettinati...
O di chi cammina tutto contrito, e lui lo segue con la coda dell’occhio perché
sa che vuole tirar via senza farsi vedere...
MARA A me un tipo cosí mi manda in paranoia dopo un giorno...!
RIC È diventato una specie di medico confessore del sotterraneo... Secondo lui
qui sotto la gente si sente più a suo agio, per questo gli racconta certi
fatti... Tanti si fermano, e magari in solo cinque minuti sono in grado di
confessargli quello che non direbbero mai a un normale condomino...
MARA Perché lui chi è, Frate Indovino?
RIC Per me è un tipo in gamba... Mi ha raccontato che ha cominciato a maneggiare
i motori perché era stressato dal suo lavoro in banca e quando tornava non gli
andava di stare a casa con sua moglie.
MARA Cosí t’ha detto?
RIC ...Sí.
MARA Cioè, in pratica, per non sentire sua moglie vive qui sotto... sottoterra.
E la mattina in banca... E questo sarebbe un tipo in gamba. Allegria!
RIC Poi ha voluto farmi vedere il suo box... (Con entusiasmo). È proprio
carino, sai... c’è di tutto: ogni tipo di arnese, frollini, chiavi, ma anche la
TV, il computer, e un paio di sgabelli per gli ospiti... Ti sembrerà assurdo,
ma c’è gente che viene a trovarlo e passa pomeriggi interi quaggiù insieme a
lui. Da quanto ho capito, alcuni lo sfruttano pure, perché gli chiedono dei
lavoretti che lui fa sempre e solo gratis... Ma per lui va bene lo stesso...
Gli piace sentirsi utile a delle persone, specialmente ai ragazzi, che non
hanno mai i soldi per farsi riparare il motorino... Si è fatto anche un paio di
assistenti che vengono a trovarlo ogni giorno: due ragazzini che vedessi come
lo stimano... Gli vuole bene come a due figli. Dice che gli piace perché quando
ha successo e ripara bene qualcosa, s’accende negli occhi dei suoi pazienti
quella strana luce che le persone hanno davanti al medico...
MARA Figurati che allegria deve essere per la moglie... Invece di pensare un
po’ a lei e magari ai suoi di figli quello se ne sta tutto il giorno in questa
bara... Mi fa venire i brividi solo a pensarla, poverina...!
RIC Ti ho detto che non ci va d’accordo con sua moglie. Ha un figlio, ma è come
se non ce l’avesse, vive in comunità.
MARA Ci credo, con un padre cosí, sottoterra...
RIC Perché devi essere sempre cinica...?!
MARA Perché lo sai...! qui sotto dopo un po’ m’innervosisce. E poi, perché
secondo me, sono i tipi di persone come lui quelli che fanno i casini più
grossi dentro e fuori dalla famiglia. I timorosi, quelli che hanno sempre la
mezza parola... che invece di affrontare la realtà, di esporsi, come fanno
tanti altri che hanno il coraggio di sbagliare, stanno sempre con la loro
cacchetta attaccata al culo ... Scappano addirittura sottoterra per non vedere
quello che succede fuori, di sopra. Stupidi come struzzi... e soprattutto vili!
RIC Ma come fai a dirlo, se nemmeno lo conosci?!
MARA No, non ho pietà di gente cosí, sul serio...
RIC Ho capito, va’... lasciamo stare l’argomento condominiale.
MARA Vedi, come sei fatto anche tu...? Me l’aspettavo che mi rispondevi cosí...
Soprassediamo.
RIC (Pausa. Agitato e cupo). Certe volte mi viene voglia di scomparire, non so
perché.
MARA ...Perché sei vile.
RIC Ecco una cosa che una donna non puó accettare da un uomo... che possa
essere vile quanto lei.
MARA Certo che la puó accettare... ma non dal suo uomo. (Lunga pausa. Mara si
accende una sigaretta). Ti ricordi quel villaggio fra le montagne dove siamo
stati a Pasqua?... Quel posto che tu definisti rustico e incontaminato.
RIC Sí, appena arrivati piaceva anche a te.
MARA ...Anzi no, dicesti ameno.
RIC Va bene, insomma?
MARA Te lo ricordi il maialino da latte?
RIC Sí, certo.
MARA Non sentivi che io ci stavo male lí...?
RIC In che senso?
MARA Te lo dissi pure. Ero disgustata, dopo quella scena sarei voluta
scappare... tornare a casa. (Pausa). Tu facesti tutto il contrario invece, mi
convincesti a restare, dato che il viaggio ormai l’avevamo fatto e per andare
da qualche altra parte ormai era troppo tardi...
RIC Per me un posto valeva l’altro, l’importante era passare due giorni con
te... Dopo tutti i guai che avevo affrontato la settimana prima.
MARA Quella notte capii tante cose di te e anche di noi, in prospettiva... tutte
negative.
RIC (Pausa). Mara, te lo dissi e te lo ripeto: quella è una tradizione! come in
Spagna la corrida o che so io, uno di quei rituali crudeli ma tradizionali che
ci sono da ogni parte del mondo... Non è mica colpa mia...?!
MARA No, la colpa è anche di chi accetta il ruolo di spettatore... Comunque
potevo andarmene anche da sola, questo non mi perdono... di non stare a sentire
la mia coscienza.
RIC Ma mettiti un po’ nei miei panni... Io stavo-
MARA (Interrompendolo). Mi sono messa anche troppo nei tuoi panni...! (Pausa).
Me li vedo ancora, lí nel recinto... che scappano strillando, inseguiti dal
loro aguzzino sorridente... che agita il suo lungo coltello affilato per farlo
sibilare davanti alla platea turistica... Come sanno quelle bestie che li vuole
scannare...? Semplice... ricordano, per averglielo visto fare chissà quante
volte. Il turno del nuovo sfortunato coincide con l’arrivo di nuove persone,
ogni fine settimana... Perció quello che mi sembra anche più atroce ci
riguarda... Noi, sí, il gruppetto degli agrituristi arrivati freschi-freschi,
che poche ore prima s’erano avvicinati al recinto per curiosare, e quelli
avevano cominciato inspiegabilmente ad agitarsi, non appena ci avevano visti.
(Pausa. Ric si accende una sigaretta). Quando venne catturato il primo e gli
altri si ammucchiarono tutti dalla parte opposta del recinto... e fissavano con
la coda dell’occhio, silenziosi, completamente immobili, il sacrificio del loro
compagno... che strillava come un ossesso la sua voglia di vivere mentre lo
sgozzavano, te lo ricordi no?!
RIC (Pausa). Sí, ma forse esageri...
MARA Forse esagero perché tu dopo mangiasti quella ottima, tenera carne... come
niente fosse...!
RIC (In imbarazzo). La mangiarono tutti, era la specialità del luogo se ti
ricordi...
MARA Pure lo spettacolo dello sgozzamento in diretta era una specialità,
secondo te?!
Lunga pausa. Mara cammina su e giù per il box, nervosa...
Ric rientra in macchina.
Perché non bruci un po’ di queste scartoffie impolverate...?! (Sarcastica).
Sarebbe più vivibile il nostro nido, non ti pare?
RIC (Pausa. Si accende un’altra sigaretta). Non posso toccarle... Qui
corrisponde l’indirizzo della vecchia società fallita... e queste scartoffie
devono comunque essere a disposizione del tribunale, per qualsiasi eventuale
controllo. (Pausa). Lo sai? in effetti sei cambiata... Prima, eri più
sbarazzina... Adesso parli spesso di pulire, mettere ordine... Fai la morale...
Questo posto, che una volta trovavi eccitante proprio perché sotto il mio
ufficio, ora quasi non lo sopporti... Sei sempre nervosa...
MARA Sono stanca di vivere qua sotto!
RIC (Pausa. Con tono volutamente tragico). Be’, allora... ti anticipo una
sorpresa: questo sarà il nostro ultimo appuntamento...
MARA (Allarmata). E cioè?
RIC (Pausa). Sí, hai sentito bene: il nostro ultimo appuntamento qua sotto... e
cioè che ti ho comprato una mansarda!
MARA (Contenta). Dici sul serio? (Ric annuisce. Lo abbraccia). Oh, non ci posso
credere Ric, tesoro...!
Buio.
DUE ORCHE (Agosto)
La scena è la stessa dell’IPOTESI DEGLI OCCHI CHE SEGUONO.
È notte. Mara entra in casa, accende la luce e trova Ric addormentato sul letto
vestito. Ric si sveglia e alza una mano davanti agli occhi per proteggersi
dalla luce. La mansarda è stata completamente ripulita e rimessa in ordine.
MARA Che ci fai qui?!
RIC Ehi, ciao... mi ero quasi addormentato aspettandoti... Mi stavo quasi
preoccupando che non ti-
MARA (Interrompendolo). Come sei entrato!?
RIC Con le chiavi. Come dovevo entrare secondo te...?
MARA Il tuo mazzo l’avevi dato a me!?
RIC Sí, ma poi ho scoperto che ne avevo anche un altro e... ero venuto a
portartelo.
MARA (Fredda). Ah, grazie. (Pausa. Comincia a svestirsi rivolgendogli le
spalle). E adesso se non c’è altro, per favore, vattene.
RIC (Pausa. Tirandosi su con la schiena). Certo che hai fatto un bel lavoro...
È tutto ordinato... Appena sono entrato per poco non la riconoscevo più...
MARA (Infilandosi il pigiama). Altro che ordine, faceva proprio schifo.
RIC (Pausa). Mi sembra quasi un’altra casa... (Pausa). Ti ho telefonato
parecchie volte, non hai sentito i miei messaggi sulla segreteria...?
MARA Certo. Mi avevi promesso almeno un mese di silenzio assoluto.
RIC Infatti, non volevo mica vederti. Ti ho telefonato solo per sapere come
stavi.
MARA Vedi, mi sono fidata, invece dovevo cambiare la serratura.
RIC Ero in pensiero per te! Posso sapere come stai?!
MARA Bene, grazie. E grazie del pensiero... Ma adesso fammi il favore di
andartene perché ho sonno e voglio dormire.
RIC Prima di andarmene... potrei sapere dove sei stata...?
MARA No.
RIC Sei uscita con qualcuno...?
Mara entra in bagno e comincia a lavarsi i denti.
Lunga Pausa.
Ric si sdraia di nuovo sul letto.
...Beata te che riesci a dormire bene, e non ti capita mai di svegliarti tutta
sudata a causa di qualche incubo... Sudata al punto che devi cambiarti...
metterti il borotalco, infilarti una maglietta asciutta e cercare di riprendere
un sonno tranquillo. (Pausa. Quasi fra sé). No, otto ore sarebbero troppe per
me... Con una media di un incubo ogni quattro ore, sarebbero due per notte...
Meglio, come adesso, dormire quattr’ore soltanto... (A Mara). Vuoi sapere che
sogno?... Sogno sempre di stare in una piccola laguna dove vivono due donne...
che quando vedono qualcuno nuotare al largo si tuffano in mare per divorarlo,
trasformandosi in due orche feroci... (Mara comincia a struccarsi). Io stavo
nuotando tranquillo, e solo a un certo punto mi rendo conto di essere stato
portato al largo dalla corrente... Come un lampo mi torna in mente la storia
delle orche e mi sbrigo a tornare verso la riva... Allora vedo avvicinarsi a me
due enormi ombre nere, appena sotto il pelo dell’acqua... e cominciano a
girarmi intorno sempre più stretto... e sento che si comunicano qualcosa fra di
loro, degli urletti striduli simili a quelli dei delfini... (Mara si passa la
crema sul viso con calma). Allora io resto immobile, mi sento paralizzato! E
quando poi loro attaccano, e sono a pochissimi metri da me mi sveglio! (Pausa).
Ma un giorno di questi giuro che devo rituffarmi in quest’incubo per cercare di
vivere fino in fondo la scena... (Si alza. Sorride). Sì, come facevo da ragazzo
con i sogni erotici.
Pausa. Silenzio.
Sai, stamattina in ufficio pensavo a noi due... Non so perché, a un certo punto
mi sono chiesto se credevi in Dio... Sí, me lo sono chiesto... perché mi sono
accorto di non saperlo... e mi è sembrato strano. Mi sono detto: cavolo, sono
dieci mesi che ci conosciamo e non ci siamo mai domandati se crediamo in
Qualcosa...!
Mara esce dal bagno con in mano alcuni effetti personali di Ric. Si avvicina al
letto e con calma glieli lascia cadere accanto: un rasoio, una bomboletta di
schiuma da barba, uno spazzolino... Lui l’afferra per baciarla, lei si
divincola.
MARA (Secca). Mi sembra che in bagno non ci sia altro.
RIC (Pausa. Sorride). Ricordi la nostra prima volta? quando la signora ci
presentó... Io ero semplicemente incantato... Tu ti girasti prima verso di lei,
poi di nuovo dalla mia parte e dicesti, con una dolcezza infernale: “Allora?”
MARA Vattene.
RIC Quella parola mi trapassó il cervello come un fulmine...
MARA E allora?
RIC Già una vocina dentro mi diceva prendila, prendila Ric! Ma guardala, è cosí
vitale..! È lei - Ric - che può ridarti una vita..!
MARA Basta! Voglio essere lasciata in pace, lo capisci o no?!
RIC Sí, ma non vedo che fastidio possano darti il mio rasoio o il mio
spazzolino...?
MARA Non voglio avere in mezzo cose tue in questo periodo. La casa l’hai
comprata tu, e va bene, quella è l’unica cosa che accetto...
RIC (Fiero). E comunque l’ho intestata a te.
MARA (Nervosa). D’accordo, per questo voglio che porti via tutto il resto,
altrimenti me ne vado io, scegli!?
Pausa. Silenzio di ghiaccio. Ric la fissa con amara rassegnazione.
MARA Scegli!
Ric solleva il pugno per colpirla e si blocca in questa posizione. Mara si
schermisce.
RIC (Pausa. Mettendo giù il pugno). Sono stato con un’altra puttana come te!
Esce sbattendo la porta di casa.
Mara rimane ancora immobile per un po’, poi prende gli oggetti di Ric e corre
in cucina a getterli nel secchio della spazzatura. Torna in camera e si tuffa
sul letto con la faccia affondata nel cuscino dalla parte di Ric, quindi si
alza di scatto, butta in terra con stizza il cuscino e comincia silenziosamente
a prenderlo a calci con sempre maggiore rabbia, piangendo.
Buio.
Fra il rumore assordante e continuo degli spari in un poligono di tiro...
Luce solo su Ric, in proscenio a destra, con cuffia e pistola, che spara a
qualche bersaglio immaginario in fondo alla platea.
VOCE FRANCO E tu la sbattevi sul letto!... Bada, guarda che centro che ti ho
fatto!... Sí, quella volta, secondo me bastava che le dicevi: m’hai rotto i
coglioni con queste storie, vieni qua! e te la sbattevi sul letto, no?!
RIC (Pausa. Mentre cambia il caricatore). Se mi lascio scappare questa ragazza,
mi dico, faccio l’ultimo cazzata della mia vita. Non so come spiegare... Ti
ricordi come stavo male con mia moglie...? Eppure, pensavo di essere abbastanza
felice... Non lo so, forse perchè facevo un mestiere che mi piaceva, con il
quale ho fatto i soldi... per cui mi sono permesso tante cose che desideravo...
anzi, soprattutto per quello.
VOCE FRANCO E allora...?
RIC Tornai da lei il giorno dopo e... (Riprende a sparare) cominciò a
spogliarmi sulla porta, a sussurrarmi nell’orecchio una cosa che... Insomma, stando
con lei ho capito di aver sprecato qualcosa di buono della mia vita per
realizzare qualcosa di sbagliato...
VOCE FRANCO Cosa...? Cazzate! Tièllo più teso quel braccio...!
RIC “Mi sono innamorata...” mi sussurrò. Capisci?
VOCE MARA Ogni bugia... detta consapevolmente nasconde una verità...
VOCE FRANCO Più dritto! (Ridacchiando). Ricòrdatelo, deve stare sempre
dritto... proprio come quando stai scopando! (Pausa). Che mestiere hai detto
che fa ’sta donna?
VOCE MARA (Pausa). Sí, è vero. Ma non eri certo l’unico che mi frequentava in
quel periodo. Di solito lo dicevo per incentivare il tipo di cliente che
ritornava subito, come te. Produceva sempre un certo effetto. (Pausa). Ma
questo non significa nulla, se penso a quanto e come mi sono dedicata a te successivamente...
RIC (Smette di sparare. Con disperata rassegnazione). Non ti ho mai chiesto di
dedicarti a me...! No... io credevo che anche tu fossi-
VOCE MARA (interrompendolo). No, Ric... Però ti ho voluto bene... te lo giuro!
Terminano gli spari. Pausa. Ric rimane fisso nella posizione di tiro.
VOCE RIC Sto meglio... Mi ci voleva proprio questa bella sparata. Grazie.
VOCE FRANCO E di che...? Ormai hai visto come devi fare: vieni qui, gli dici
che sei mio cugino, oppure gli mostri direttamente il mio permesso... e cosí ti
sfoghi, ti alleni quanto ti pare. D’accordo?
Luce su Mara, mentre Ric le si avvicina...
MARA Intorno ai diciott’anni ne avevo anche tre contemporaneamente... Una
collezione di fidanzati, amanti, amici... di cui non potevo fare a meno. (Pausa).
Studiavo poco, le mie giornate erano organizzate per loro, vivevo per loro, con
loro ero una donna diversa... per ognuno di loro... Volevo un bene sincero a
tutti. Ma non li ho mai confusi, mai fatta confusione. Non ho mai recitato o
raccontato bugie, li gestivo alla perfezione i miei rapporti... Sapevo badare
ai minimi particolari. Non volevo rendere conto a nessuno, perciò semplicemente
evitavo di dire certe cose, come... vorrei sposarti, voglio restare sempre con
te, ti amo. (Lunga pausa. Rivolta a Ric). Lo sai che volevo fare la ballerina
da grande?... (Ric fa cenno di no con la testa). Potevo, ero brava, ma il
destino volle più di me che mi si rompesse il metatarso durante una classe, e
così... Ecco qualcos’altro del mio passato che non sapevi... E adesso che ti ho
risposto, vattene!
RIC No!
MARA Io ho mantenuto la mia promessa. Adesso tocca a te, vattene! (Lo
spintona). Hai sentito cos’ho detto: VATTENE! (Ric la prende a schiaffi).
Questo l’abbiamo già provato. (Pausa. Gli si avvicina fissandolo negli occhi).
Non ce l’hai fatta quella volta, ricordi? (Ric cerca di spogliarla e Mara non
oppone resistenza). Guarda che sono sveglia!... Sveglia, hai capito!?... Che
userai stavolta per addormentarmi, una clava?! (Ric si blocca. Pausa). Che c’è,
hai perso l’eccitazione? Oh, guarda puoi ammazzarmi pure se ti serve... a farti
un’altra benedetta scopata...! (Ric si porta le mani sulle orecchie per non
ascoltarla). Forse non ti resta altro che questo...
RIC (C.s.) Mara... per me possiamo ancora... essere felici insieme.
MARA (Pausa). Ma quale felicità...?! Non può esserci felicità per noi due
insieme. Saremmo due infelicità... insieme. Siamo prigionieri di una nostra
fuga impossibile, Ric... Io sulla mia strada... e tu sulla tua.
RIC Quale strada...?
MARA ...Quella che hai vissuto fino a prima di conoscermi.
RIC Prima di conoscerti... ero come un bambino che ha perso la madre in un
grande mercato semideserto...
MARA Ma io non voglio essere la madre di nessuno...!
RIC Ma non per me... È un’altra cosa, Mara.
MARA Basta, vattenee!
Buio.
L’ULTIMO RUMORE DI SETTEMBRE
La scena è la stessa di HARD BOX. Luce di giorno. Ric, al volante della sua
auto.
RIC Manco per niente, ho pazienza!... Ancora questa storia! Ma se ne vada!
altrimenti la sbatto fuori io direttamente!... Mi ha capito!?... Oh, ho deciso
che non voglio niente! e non voglio nemmeno starla più a sentire! VIA! (Pausa).
SE NE VADAA!
Forte rumore di clacson. Silenzio. Penombra. Ric immobile nell’auto.
RIC (Voce microfonata). Mio padre usava il pericolo per mantenere il suo
dominio familiare... Tornava con le sue debolezze, mentre stavano per farlo
tramontare definitivamente ai nostri occhi e le trasformava abilmente nella
sfortuna che gli era capitata... Utilizzava le sue crisi - l’emergenza - per tenere
salde le sue redini vacillanti... facendo leva sulla nostra comprensione, per
sottometterci... per sottometterci... per sottometterci...
Forte rumore di clacson. Luce di giorno.
RIC (Muovendosi istericamente. Continuando a suonare. Piagnucola, fra sé).
Vaffanculo! Sbrìgati imbecille! che si fa rosso!... Ho fretta, stronzo! lo vuoi
capire o no!?... Passa, ho detto! PASSA!... Devo arrivare in tempo a quel
funerale del cazzo! Cazzo!
Silenzio. Penombra. Ric immobile nell’auto.
VOCE MARA (Registrata). Ric, non si puó essere già perseguitati dai ricordi a
trent’anni. Su... smettila... Fallo per me, smettila.
RIC (C.s. Ridendo). Smettila. Me lo diceva sempre una viziata figlia di papà di
nome Teresa... Meno quella volta che di nascosto le infilai la mia pistola
nella borsetta, e poi le chiesi se aveva da accendere. Quella volta ero cosí
esausto che davvero avevo tolto la sicura... Lei la tirò fuori, e facendo finta
di niente me la passò mentre io ridevo, ridevo perché le tremavano le mani...
Quella volta fui io a dirle: smettila di tremare, oca! (Pausa). Non è più
uscita con me... Era quello che volevo.
Forte rumore di clacson. Luce di giorno.
RIC Levati, stronzo! LEVATI! FAMMI PASSARE!
Silenzio. Penombra. Ric immobile.
VOCE MARA (C.s.) Una pelle cosí liscia, senza un pelo... Mi sembrava di
abbracciare un bambino. Lo toccavo dappertutto: i suoi pettorali lisci, i suoi
glutei sodi come due mele. E uno sguardo infantile, cosí in contrasto con la
sua voce forte e roca. (Pausa). Mi eccitava quel gioco...
Buio. Luce solo su Ric, in piedi vicino alla quinta, di profilo al pubblico.
RIC (Accorato). L’unica cosa... Un figlio... mio... L’unica cosa... Mara.
VOCE MARA (C.s.) Che c’è? sembri felice... Come se ti fosse accaduto qualcosa
durante il pomeriggio, eh?
RIC (Pausa). Sto bene, sí. Mi sento bene. È per via della notizia... Ma pare
che ti dia fastidio, o sbaglio?!
VOCE MARA (C.s.) No, anzi. Solo che non mi sembra che ci siano buone ragioni
per esserlo, visto che ho deciso di andarmene... Ho bisogno di riflettere.
RIC (Pausa). No, resta qui. Se hai bisogno di stare un po’ sola... vado via io.
MARA (F.s. Buttando un mazzo di chiavi dalla quinta in scena). Tieni! rieccoti
le chiavi della gabbia...! Portaci qualcun’altra...!
Buio.
Il rumore secco di uno sparo.
Silenzio.
Luce sull’auto di Ric, vuota, girata di nuovo come all’inizio della scena.
Mara entra dalla prima quinta a destra. È vestita di nero, raggiunge l’auto e
si siede al volante... Scoppia a piangere... Scende... All’inizio, mentre parla
si tiene con entrambe le mani appoggiate allo sportello, poi si siederà sul
bagagliaglio, di fronte al pubblico.
MARA (Guardando l’abitacolo vuoto dell’auto). Ho avuto paura, sí... quando ho
visto per la prima volta la mia ombra cosí grande sulla parete della mia camera.
Mi spaventava... mi spaventava che per gioco una bambina come me, cosí piccola,
potesse proiettare tanta oscurità... Ci giocavo ma avevo paura, avevo
scoperchiato l’abat-jour per fare i mostri con le mani, controluce... Ma poi
pensai che stavano lí perché io li avevo chiamati, e non sapevo più come farli
uscire dalla mia camera, dal mio letto...! Cosí piansi, mi vedevo posseduta da
una sostanza cupa... Urlai qualcosa che andava oltre me stessa, qualcosa di
cosí incontrollabile!... Andava oltre me, espandendosi su quella parete bianca
come l’eco di una bestemmia in una chiesa! MAAAAAAAA’! (Lunga pausa. Alza lo
sguardo da terra fissando nel vuoto. Respira. Si calma). Ric poteva farmi fare
quello che voleva, ma un figlio no. Era la prima volta che lo permettevo a
qualcuno (Sorride) ...di scoparmi addormentata. Ero fiera della sua
semimpotenza, perciò glielo avevo concesso. (Pausa). Mi faceva, all’improvviso,
sentire di nuovo desiderata come volevo. Un uomo mi penetrava finalmente senza
abusi... come quelli di tutti gli altri che mi avevano sempre nauseata. Sí,
provavo disgusto... E non parlo di quelli che pagavano per penetrarmi come
animali, per dimenticare se stessi nell’eccitazione che gli suscitavano il mio
culo, le mie mani, la mia bocca... Per dimenticarsi di me, pur stando dentro di
me... Parlo di quelli che mi sceglievo io... i miei uomini... scaricavano
dentro di me solo le loro terrificanti ansie giornaliere, proprio come i miei
peggiori clienti. (Lunga pausa. Sorride). Solo con Ric, ho scoperto che le
parole mi eccitano più di qualsiasi altra cosa... Con le parole posso fare
l’amore in modo travolgente, passionale... Non è facile da spiegare... ma se
lui avesse avuto una facile erezione, tutte quelle fantasie non mi sarebbero
mai venute e tutto sarebbe tornato normale. Avevo avuto anche altri clienti in
situazioni simili, ma certo non gli volevo bene. Anzi, ho sempre difeso la mia
intimità fisica con loro... Anche quando è capitato un orgasmo, dopo, mi sono
sentita come una bestia, vuota e sola. (Pausa. Guarda la sua ombra per terra).
Il mio compito era quello di vendermi per provocare orgasmi a clienti giovani o
vecchi... Orgasmi ipocriti, forse. Ne ho visti tanti di orgasmi maschili... dai
più flosci e patetici, ai più banali e virili. Alla fine tutti uguali nel loro
squallido egoismo. (Pausa. Ride. Come se si rivolgesse a qualcuno). Una volta,
un ragazzo lo voleva rifare perché era già venuto a metà erezione, mentre lo
masturbavo per infilargli il preservativo... Capisci? me lo chiese come se
fossi la sua donna... che ogni volta sta lí e glielo tiene in bocca paziente...
E insisteva pure... Ehi, le regole le conosci: e questa è una di quelle... mi
dispiace. Lui ha guardato l’orologio e mi ha risposto: Ma ci sono altri trenta
minuti pagati, possiamo parlare... Oh no, penso, perché finisce sempre cosí?!
Ma non ce la fanno a starsi zitti! a tenere chiuse quelle fogne... Se non ce la
fanno a farlo come si deve ti dicono parliamo! (Pausa). Non c’è nel
regolamento, gli rispondo io, e mi allontano da lui. Quello seguita a
fissarmi... E che fa? Non mi scoppia a piangere...?
Dall’ultima quinta a destra si fa avanti la figura di Ric, vestito tutto di
bianco... Si siede di spalle a Mara, sul cofano dell’auto.
...Poi, come un ragazzino, mi mostra la foto di una ragazza bellissima... la
sua donna. Cosí lei abitava a Berlino... eccetera-eccetera. Puah! per poco non
vomito... Mi disse pure che lei...
RIC Cosa...?
MARA (Pausa). Era rimasta incinta e non voleva abortire, ma lui non poteva
sposarla perché non aveva ancora un lavoro e quindi tutta una serie di problemi
con la sua famiglia... Solite storie.
RIC E tu cosa gli hai detto?
MARA (Pausa. Sorride). Gliel’ho preso in bocca per farlo azzittire. È venuto
dieci minuti dopo lo scadere del tempo... con l’altro cliente sul pianerottolo
che bussava e stava per andarsene. Allora mi sono fatta pagare il doppio, ho
aperto la porta e davanti all’altro l’ho presentato come mio fratello, che era
venuto a trovarmi da Berlino, dove lavorava...
RIC Scusa, che gliene fregava a quell’altro?
MARA (Pausa). Al cliente da sempre fastidio vedere qualcuno che ha appena fatto
le stesse cose su di te, prima di lui. L’ho sperimentato: è una cosa
istintiva... anche gli uomini marcano il territorio, come le bestie.
RIC ...Non ci avevo mai pensato... mai.
MARA Si vede che non hai mai incontrato quello che è venuto prima di te. È
cosí... perché il sesso è l’istinto alla vita... e la natura lo attraversa con
chiarezza... L’amore invece è un’invenzione umana, lotta mascherata da gioco...
E fa scattare sempre la stessa molla perversa... che serve agli uomini per
dominare altri uomini. (Pausa. Alza lo sguardo in alto, al vuoto). Qual era il
mio più grande desiderio?!... Eh? Quello di appagare un riscatto...?! Un
piacere perverso contro i maschi in difficoltà...?! (Lunga pausa. Mentre va in
proscenio scende la luce sull’auto e Ric scompare). Ma so che voglio stare con
un uomo... Abbracciarlo, baciarlo, amarlo, come dico io però... Perché so che
ogni cuore... (Sorride) come una slot-machine, prima si oppone alle insistenze
di tutti, poi chi lo sa perché concede all’improvviso tutto... Adesso sono cosí
vuota che potrei di nuovo sopportare tutto... Sí, posso contenere tutto: amore,
tristezza, perversione... perché non ho niente e non sento niente... in fondo...
non sono più di un nèo maligno sulla sterminata pelle del mondo. (Pausa. Come
trattenendo un urlo). Sí, che puoi amare!... Non hai nulla da perdere...!
Buio.
Si sente un tango di Piazzolla-kronos Quartet.
DAVANTI ALLA MIA PORTA
Stessa scena dell’ IPOTESI DEGLI OCCHI CHE SEGUONO.
Mara esce dall’ascensore con le chiavi di casa in mano e si ritrova davanti un
vecchio tutto vestito di bianco (NONNO), una donna vestita di nero come lei
(MADRE) e una BAMBINA, che indossa un vestitino rosso. Si fa largo fra i tre,
raggiunge la porta, sta per infilarci le chiavi...
NONNO (Stentoreo). Ha sbagliato piano.
MARA (Si volta. Lo guarda perplessa). Scusi...?
BAMBINA Quella è la porta della signora Agnese... e lei vive sempre sola.
MARA (Pausa. Come destandosi). Ah, ho sbagliato... Che piano è, scusi?
NONNO Il terzo.
MARA Il terzo...? Eppure io ho premuto il sette... Forse mi avete chiamata
prima che io pigiassi...
MADRE Sí, capita.
MARA (Guarda la porta). Ma questa mi sembra proprio la mia di porta...!
NONNO Sembrano uguali, ma sono diverse... tutte.
BAMBINA (A Mara). È cosí.
MARA (C.s.) Allora mi sarò sbagliata io... Oggi ho la testa cosí-
MADRE (Interrompendola). Stanca.
MARA ...Un po’affaticata, sí.
MADRE Si vede che deve averle fatto male.
MARA (Toccandosi il ventre). Sí, è vero, perché... (Colpita). A che si
riferisce, scusi?
MADRE A quello che lei ha appena detto.
MARA No, lei mi ha detto di qualcosa... che mi ha fatto male.
MADRE Quando?
MARA (Infastidita). Dieci secondi fa...!
MADRE Dieci secondi fa si vede che le avrà fatto male qualcosa. Non so, magari
avrà sentito una fitta...
MARA (Spaesata). Come?!
NONNO Calma, signorina... Guardi che mia figlia non le ha detto nulla. È lei
che deve’essere piuttosto stanca... dice di aver sentito cose che nessuno ha
detto.
MARA Ma no, la signora si riferiva a qualcosa che mi avrebbe fatto male... e
adesso io vorrei sapere cosa?!
NONNO Ascolti... Lei forse non si sente bene, avrà bisogno di raccontarlo a
qualcuno. (Pausa). Su, allora.
MARA Ma...
NONNO Le assicuro che mia figlia non ha parlato. Stavo qui io, a meno di un
metro... E le garantisco che il mio udito funziona ancora alla perfezione.
(Rivolto alla Bambina). Hai forse sentito tua madre dire che la signora stava
male?
BAMBINA Sí, uffa!
MARA Lo vede?!
MADRE Ah, adesso io sarei la bugiarda. (Indicando Mara al Nonno). Lei, un
minuto fa, ha detto che ha la testa strana da quando è tornata dall’ospedale...
Ma se vogliamo assecondarla a tutti i costi, allora dico che non ho sentito
nulla.
MARA (Colpita). Ma quale ospedale...? (Balbettando, rivolta alla Madre). Lei ha
detto ospedale!
BAMBINA (A Mara) ...Il policlinico.
MARA (C.s.) Sí, il policlinico...
NONNO (Con tono di rimprovero verso la Bambina). Ma-no! Non ha detto questo
nome...! Mi sembra che abbia detto un altro nome.
MADRE ... Un ambulatorio dell’ospedale, ha detto.
MARA Sí. (Pausa. Come ridestandosi, isterica) Ma non è vero! Non ho detto
nulla, io! (Pausa. Cerca di trattenersi). Non è vero...?! (Gli altri tre
personaggi si limitano a guardarla in un imbarazzato silenzio). Ma chi cazzo
siete!... Io non vi ho mai visti qui! (Si avvicina al Nonno, alla Madre e poi
anche alla Bambina, smuovendoli e guardando nei loro occhi silenziosi e vuoti.
Pausa. Guarda di nuovo la porta). Eppure... (Va verso la porta e infila la sua chiave
nella serratura). Sono certa che...
La serratura scatta, ma appena apre la porta la luce si spegne.
Si riaccende un secondo dopo, ma soltanto nell’appartamento. I tre personaggi
nel frattempo sono spariti; Mara se ne accorge e si precipita a chiamare
l’ascensore lasciando aperta la porta di casa. Pigia ripetutamente il pulsante
di chiamata. L’ascensore arriva e, come le fauci di una grande bocca metallica,
spalanca le sue porte. Mara si fionda dentro e preme il pulsante. Le porte si
richiudono.
Si sente il rumore meccanico dell’ascensore che scende... contemporaneamente
alle luci, fino al silenzio e al buio totale.