Relazione sentimentale

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Commedia in tre atti

di ROBERTO ZAGO

A mia moglie

Personaggi:

ERMANNO

ELISA

IL PRETE

GIULIA

IL PROFESSORE

IL CAMERIERE

IL DIRIGENTE

Federazione Oratori Milanesi - Ufficio Oratori

SERVIZIO LIBRARIO PEDAGOGICO –

20122 MILANO -VIA S. ANTONIO, 5 - TEL 808.187


LA SCENOGRAFIA

Predisporre il palcoscenico in zone-ambiente. Isolare ciascuna zona con  un cono  di luce che la  metta in evidenza al momento opportuno e lasciare gli elementi, molto stilizzati, fissi in scena.

Zone-ambienti:

In primo piano, a destra, lo studio del prete, che può essere composto da un tavolo scrivania (con telefono), e da due sedie.

In secondo piano, sempre a destra, la camera di Ermanno - eventualmente sopraelevata - formata da  qualche  elemento  "suggerito",  come la spalliera di letto, un piccolo tavolo con luce, telefono, ed una sedia. Inprimo piano, a sinistra, la panchina del giardinetto pubblico, con una pianta ornamentale.

In secondo, a sinistra, la casa di Giulia, anch'essa eventualmente sopra-elevata . E' sufficiente, a rendere l'idea della intimità di una casa, una poltrona, con una lampada a stelo, e un tavolino basso, con telefono e piccoli soprammobili. Quando Giulia stira usare l'attrezzo adatto. Su fondo del palco, i tavolini del ristorante tavola calda nel primo atto, e negli altri due atti la stanza di Elisa, con un divano, tappeto, giradischi libri e telefono in pittoresco disordine.

L'area centrale del palcoscenico non necessita di elementi, e diviene, di volta in volta, l'ambiente di lavoro di Ermanno; la collina della gita, e lo spazio neutro ove i personaggi parlano ed agiscono durante i trasferi­menti da un ambiente all'altro.

Il fondale del palco sarà nero, e ciò metterà in risalto gli elementi scenici dei singoli ambienti, accentuando l'effetto luce.


L'Autore stesso presenta il suo lavoro: ha chiesto tuttavia anche una mia parola. Eccola.

Si tratta  di una   tematica e di una  problematica delicata,   trattata  con ottimo taglio introspettivo psicologico. Si può non condividere la soluzione che l'autore-regista dà alla vicenda,ma non si può fare a meno di accettare di riflettere sul tema misterioso e reale di peccato e di grazia che si agita  nell'essere umano. E' la lotta fra le  due  tristezze di cui parla s. Paolo: quella che parte dalla carne e porta a rovina, quella che parte da Dio e conduce a salvezza.

Non aggiungo altro. Lascio a Zago di spiegare l'origine e la maturazione del suo lavoro; a Voi, lettori, di cogliere il significato del dramma.

D.L.

PRESENTAZIONE DELLA COMMEDIA

RELAZIONE SENTIMENTALE è una storia d'amo­re. C'è un lui, una lei e l'altra. Niente di nuo­vo. Quante commedie e films a triangolo non abbiamo visto? E quanti romanzi conditi con gli ingredienti piccanti dell'adulterio non abbiamo letto?

Perciò quando mi venne l'idea di scrivere que­sto lavoro pensai di non farne niente. Poi, poco a poco, i personaggi si installarono dentro di me, discreti, quasi timorosi di disturbare per non essere stati esplicitamente invitati, ed io miabituai a vivere con loro. Durò un anno. Per un anno, Elisa, Ermanno e Giulia, dimorarono con me, tutti i giorni. Venivano con me al lavoro e tornavano con me a casa, insomma mi tennero una incessante, tenera compagnia. Confesso che durante questo tempo ebbi modo –inevitabile -  di innamorarmi di Elisa: la mia • Giulia » non me  ne voglia,  e di  prendere  per lei  una  cotta solenne. E  scrissi   RELAZIONE  SENTIMENTALE. Lentamente, sicuramente, come sotto dettatura; le scene venivano  spontanee, quasi  senza  cor­rezioni e fu un'esperienza stupefacente.

Ma il triangolo - nell'intimo era già delineato -  divenne via via un quadrato. Un quadrato il cui quarto angolo è reso da un ospite che con­diziona  gli  altri  tre  protagonisti  sin  dall'inizio, e risulta alla fine il vincitore.

Ammetto che ogni qualvolta vedo - o consi­dero - una situazione adulterina il quadro mi risulta sempre incompleto, in quanto manca l'ele­mento che il giorno del matrimonio fu presente con una forza che supera l'amore stesso degli sposi: la Grazia di Dio. Questo quarto angolo dell'eterno triangolo è stato il motore che ha manovrato la vicenda e mi ha spinto ad ascol­tare l'insistenza dei personaggi urgenti nel­l'intimo. Naturalmente è un discorso cui bisogna essere sensibilizzati, ovvero la Grazia è necessario averla conosciuta, altrimenti l'invisibile presen­za risulta soltanto un ingombro e si fa di tutto per dimenticarla. Ma Ermanno, il protagonista della mia commedia, l'ha sperimentata la Gra­zia e non può prescinderne. In tal modo la sua • relazione sentimentale > risulta alla fine un arricchimento, oltre che una grande sofferenza e la prova di un amore umano portato sino alle totali conseguenze. Ed Elisa, vittima di un senti­mento vietato, trarrà, forse, dalla propria • rela­zione •, il motivo vero per capire che esiste qualcosa oltre l'amore.

Così, sulla stesa dell'ultima battuta, il mio cuo­re restò con i miei personaggi -- forse ancora è con loro - ma il lavoro fatto non mi sem-brò del tutto inutile, nonostante il tema scon­tato.

Nel maggio 1971 la Compagnia dei Giovani di Milano lo mise in scena e la resa fu grandiosa. Poche volte provammo un'emozione tanto profonda. Ebbi la fortuna di avere tre attori - dove­roso è fare i loro nomi: Michele Faracci, Felicita Butti, Liliana Sperati, che si meritò pure la Maschera d'Oro del Teatro Amatoriale ENAL -che impersonarono i personaggi con tutte le fibre, immedesimandosi con essi. E il successo del pubblico fu immenso. Non solo; ognuno reagì secondo la proprio sensibilità o concezione sull'argomento: gioì, respinse o soffrì, ma nes­suno restò indifferente. La stampa - AVVE­NIRE; LA PREALPINA: NUOVE PROSPETTIVE: IL VERBANO: LUCE: IL RESEGONE: ecc. - re­gistrò come non mai l'esito delle rappresenta­zioni. Insomma fu un'esperienza bellissima! Ora Ermanno, Elisa e Giulia appartengono a tutti e, devo ammetterlo, ne sono un poco ge­loso. Fate conto, però, che RELAZIONE SENTI­MENTALE sia un dono, Amici, un bel dono che anch'io ebbi la ventura di ricevere il giorno che incontrai gli occhi di Elisa, dentro di me.

L'autore


ATTO PRIMO

(Il prete sta leggendo, seduto. E' un uomo di mezza età. Ermanno, un uomo attorno alla quarantina, prestante, sano, preceduto da un giovane o da un ragazzo, viene verso il prete).

Giovane        E' là. (esce)

Ermanno      Grazie. (Indugio. Il prete seguita a leggere. Fa due passi nella sua direzione e si ferma. Esitazione. Poi lentamente dietro front il prete allora alza la testa e lo vede)

Prete             Desiderava qualcosa?

Ermanno      (colpito)  Sì.

Prete             Dica.

Ermanno      Parlarle.

Prete             Prego, s'accomodi.

Ermanno      (lentamente verso di lui)  Grazie. (una pausa) Io la conosco: l'ho sentita pre­dicare. Bene.

Prete             Mi fa piacere.

Ermanno      Lei è essenziale.

Prete             Grazie.

Ermanno      Ma non è per complimentarmi di questo che sono qui.

Prete             Lo immagino. Segga.

Ermanno      (esegue)  Lei capisce che delle bel­le prediche non fanno un buon prete, an­che se, a preferenza, ci si reca da chi ci ha colpito piuttosto che da un altro.

Prete             Esatto.

Ermanno      (dopo un'esitazione) Posso parlare con lei a cuore aperto?

Prete             Certamente.

Ermanno      Volevo  presentarmi  alla grata, ma mi è sembrata una vigliaccheria. Quando mi confesso cerco sempre di andare vis à vis col sacerdote. Ma anche in quel caso sono convinto che lei mi avrebbe dato inutilmente l'eventuale assoluzione.

Prete             L'ascolto ugualmente.

Ermanno      Non è semplice. (indecisione)

Prete             Stava per allontanarsi poco.

Ermanno      Sì, è vero.

Prete             Giudica inopportuno parlare ora?

Ermanno      Sarà  sempre  inopportuno.  No, ormai sono qui. (pausa) Ho una relazione. (accenna alla mano sinistra dove brilla la fede) Sono sposato. E non so come ve­nirne fuori. Ammesso che lo voglia.

Prete             Lo si voglia o meno, uscirne è sempre più difficile che entrare.

Ermanno      Vede, io so già quello che lei potrebbe dirmi. Ho avuto una educazione religiosa. Conosco le ragioni valide, moralmente parlando. Tutte. E lei non potrebbe dirmi nulla di nuovo.

Prete             Capisco. Io non le dirò niente. Fossimo in confessione allora la situazione sarebbe diversa, ma qui, incasa mia, lei è un ospite che ha chiesto di parlarmi ed io accetto dì ascoltarla.

Ermanno      Grazie. Non sono di questa città, sono qui soltanto per lavoro: ho degli im­pianti da avviare per conto della mia azien­da, un lavoro lungo e difficoltoso. E que­sto è unposto che non mi piace. Provincia, squallida provincia.

Prete             Ha la mia comprensione. Neppure io sono di qua.

Ermanno      Allora è più facile farle capire lo stato d'animo di uno che, lontano  dalla famiglia, non ha avuto né un diversivo e neppure un sollievo: spirituale, geografico, umano, perché anche il lavoro è este­nuante ed i colleghi chiusi.

Prete             Le credo.

Ermanno      Mi sentivo ostile a  tutto ed a tutti; nessuna parentela, nemmeno con la natura. Sa, quando ad una persona tolgo­no la poesia, il gusto di trovare diverso il paesaggio di tutti i giorni, di scoprire nuovo l'angolo della casa che svoltiamo ogni mattina... la novità, ecco, abolire la novità!

Prete             Continui.

Ermanno      Probabilmente era un'impressio­ne condizionata dal mio stato d'animo di disadattato, perché poi tutto è diventato diverso.

Prete             Poi?

Ermanno      Sì, è diventato tutto accettabile bello, anche se il posto non ha perso il suo aspetto ostile. Ma sono probabilmente i miei occhi, il mio sentimento che presta i colori che vedo!    

Prete             Il cambiamento almeno è positivo.

Ermanno      Lei è ricettivo, la ringrazio.

Prete             Prosegua.

Ermanno      (un indugio)  Quando le avrò detto tutto, cosa troverò?

Prete             Chissà. Solo allora lo sapremo. Ma giudichi lei se vale la pena di tentare.

Ermanno      (sospensione)  Va bene. Non le ho detto il mio nome! Ermanno, mi chiamo Ermanno. (pausa) Era una sera di marzo, non è molto dunque. Ero uscito dalla fabbrica con i nervi a pezzi, un aggeggio non voleva saperne di funzionare e dalla sede non mandavano il ricambio, volevano che mi arrangiassi! Loro avevano le commesse estere da evadere. Ero stanco e non avevo fame, tuttavia desideravo camminare. Evitai di andare al solito ristorante e girovagai per la periferia, senza pensieri, per scaricarmi. Poi decisi di tornare in albergo; qui vivo in albergo. Strada facendo sentii appetito, non molto, tanto che pensai ad uno spuntino. Dopo di che sarei andato in camera a scrivere a Giulia, a mia moglie voglio dire. Ad un certo punto vidi dall'altra parte del viale una tavola calda, non la conoscevo, così decisi di entrarci. Sino ad allora avevo esitato di andare avedere qualsiasi cosa che fosse fuori dall'itinerario fabbrica albergo. Solo la sua Chiesa avevo frequentato, per la Messa e per qualche visita frettolosa a quella Madonna dell'altare di sinistra. Entrai nel ristorante. Non c'era un tavolo libero ed anche al banco sgabelli liberi non ne vedevo. Pensai, con sorpresa, che la gente di questa cittadina di provincia non me la figuravo frequentatrice di tavole calde; per me erano persone che passavano le sere scomparendo.

(Intanto, durante il monologo, Ermanno si è spostato, e in dissolvenza luminosa, il prete resta seduto ad ascoltare. Sul fondo c'è il bar tavola calda. In sottofondo musica e brusio di gente che parla)

Scrutai per scorgere qualche angolo libero. Niente. Allora pensai che era meglio cercare un altro locale. E mi avviai all'uscita.

Cameriere    (gli si avvicina premuroso)  Buona sera, signore.

Ermanno      Buonasera. Non mi domandi se voglio qualcosa perché lei non è in grado di darmela.

Cameriere    Diamine, signore. Se non si tratta di un terno al lotto penso, invece, di poterle venire in aiuto.

Ermanno      Un posto per sedermi e mangiare.

Cameriere    Aspetti, signore. Non sono abituato a farmi cimentare dai signori clienti, sia pure con cortesia, come ha fatto lei.

Ermanno      E'   il proprietario o un suo parente?

Cameriere    (mentre si guarda in giro) Cameriere   a  contratto,   signore.

Ermanno      Allora è per la mancia.

Cameriere    Anche.

Ermanno      E' giusto.

Cameriere    Attenda, prego.

(Si dirige ad un tavolo, dove una signorina, sola, sta aspettando il caffè; i piatti che le stanno davanti denotano che ha appena terminato di mangiare una pizza o qualcosa di simile. Il cameriere parla con lei a bassa voce ed indica Ermanno. La giovane accenna affermativamente. Il cameriere ritorna)

Se lei è tanto gentile da adattarsi, quella signorina le lascia il tavolo dopo aver bevuto il caffè.

Ermanno      S'è meritato la mancia. (gliela dà)

Cameriere    Lo sapevo. Grazie, signore. Porto immediatamente il caffè alla signorina Intanto s'accomodi, prego.

Ermanno      (va al tavolo di Elisa)  Permette?

Elisa             (una bella ragazza sui venticinque anni, molto fine) Certamente. (accenna ad alzarsi)

Ermanno      La prego, resti seduta.

Elisa             E lei?

Ermanno      Mi faccio portare una sedia. (chiama) Cameriere! una sedia, per favore.

Elisa             Io posso prendere il caffè al bar.

Ermanno      Lei ha il diritto di rimanere, mi deve scusare, anzi, questa... invasione di campo.

Elisa             Ma le pare.

Cameriere    (giunge con una sedia)  La sedia, signore. (si allontana rapido)

Ermanno      Spero di non importunarla.

Elisa             Affatto. E' sempre affollato questo locale. Fa chic venirci, dà l'illusione della gran città.

Ermanno      Ci entro per la prima volta. Passando ho notato le luci e sono stato attratto.

Elisa             Naturalmente. Le falene sono attirate dalle luci, lo sa. E lo sanno anche i proprietari: ha fatto caso che spreco?

Ermanno      Sì, veramente. Ma almeno si mangia bene?

Elisa             Discretamente. Ma il vero motivo è che qui si vedono tutti, sembra di farsi vicendevolmente compagnia.

Ermanno      Capisco. (Una pausa. Egli la guarda con insistenza) Sigaretta?

Elisa             Grazie. (l'accetta e lui gliela accende) Dovrà attendere un bel po', credo, la sua cena.

Ermanno      Ho tempo. Di solito frequento la rosticceria sul corso. La conosce?

Elisa             Sì. Cucinano meglio.

Ermanno      Infatti fanno degli intingoli ottimi.

Elisa             Dovrebbe provare in via Garibaldi, c'è un ristorante delizioso, rustico, con un menù sempre eccezionale.

Ermanno      Grazie dell'informazione. Ci an­drò.

Cameriere    (con il caffè per Elisa)  Ecco il caffè, signorina. Il signore ha pensato a cosa ordinare?

Ermanno      Non ancora.

Cameriere    Mi faccia un cenno. (e si allontana)

Ermanno      Anche lei non è del posto.

Elisa             Anch'io, sì. Insegno alla scuola me­dia. Sono di ruolo da quest'anno.

Ermanno      Io lavoro provvisoriamente alle Officine Buding.

Elisa             Gli ospiti ne hanno l'aspetto.

Ermanno      E' vero. Però lei lo perderà tra non molto.

Elisa             Perché?

Ermanno      Un'insegnante di ruolo è desti­nata a restarci.

Elisa             Chi lo sa? D'accordo che, qui o là, la differenza è minima: i ragazzi sono ugua­li dappertutto. Ma io, vede, non ipoteco mai domani. Sono una che vive il giovedì senza pensare al sabato.

Ermanno      Già.

Elisa             Pensare al domani impedisce di vi­vere, oggi. Non trova?

Ermanno      Con qualche riserva. Sono un tra­dizionalista; in più voglio programmare tutto.

Elisa             Non ama gli imprevisti?

Ermanno      Li affronto o li subisco.

Elisa             Io li desidero. (si alza) Ecco, le lascio il tavolo.

Ermanno      Le assicuro che non mi disturba, signorina.

Elisa             Aggiunga che sono antipatica; e mi spiace capirlo dal contegno degli altri.

Ermanno      Non direi...

Elisa             Naturale, non mi conosce. Ed è me­glio così. Le auguro buon appetito. (si al­lontana)

Ermanno      Grazie.

(Si alza e viene sul davan­ti come se stesse ancora parlando con il prete. Sul fondo la luce si attenua).

Un  incontro occasionale, apparentemente senza importanza. Mangiai qualcosa ed uscii per tornare in albergo. Mi sentivo euforico, senza però capirne il motivo. Girovagai per le strade deserte almanac­cando progetti e pensieri in completa li­bertà. Era la prima volta che mi accadeva da quando ero qui. Più tardi, volli scri­vere a Giulia, ma non ci riuscii, anche questo per la prima volta, ed il foglio re­stò sul tavolino con le prime parole di tut­te le mie lettere: « Carissima Giulia, io sto bene e ti penso con i bambini... ». Sten­tai a prendere sonno, e dovetti alzarmi a leggere. Il giorno dopo, in officina, tutto andò splendidamente: il guasto fu ripa­rato con facilità e non occorse il pezzo di ricambio come per una sorta di magia.

Ma stentava a venir sera... Quando fu l'orario di chiusura sapevo dove dirigermi, però  rifeci il percorso  della sera prima, ma con un altro stato d'animo. Ero impaziente di giungere alla tavola calda e gio-cavo a tirar tardi. Speravo di trovarla e temevo che lei non ci fosse, allo stesso tempo. Era una ridda di sensazioni con­trastanti, non ultima quella di darmi dello sciocco, come da ragazzo  quando prendevo una cotta. Possibile che un semplice, insignificante incontro con una ragazza mi avesse messo in corpo tutta quella agitazione?!

Allora decisi di non andare alla tavola calda perché capivo che non era accaduto nulla e che soltanto la mia solitudine creava in me quelle fantasie. Ma nonostante la volontà di allontanarmi, mi ritrovai là, come la sera precedente.

(Elisa è seduta al tavolo che occupava prima.  Ermanno si dirige alla sua volta)

Elisa             (sorpresa)  Buona sera. Evidente­mente s'è trovato bene, qui.

Ermanno      Benissimo, grazie.

Cameriere    (giunge solerte)Buona sera, signore. Stasera c'è qualche tavolo libero.

Ermanno      Ho visto, ma... (titubante) non mi servirebbe...

Cameriere    (con intenzione)  Ho capito. Le procuro una sedia. (si allontana)

Elisa             Non mi chiede se lo permetto?

Ermanno      E' vero, sono imperdonabile.

Elisa             Questa è un'autentica invasione di campo, sa.

Ermanno      Fischi il fallo.

Elisa             Soltanto? Dovrei emanare un'espulsione. (si allontana)

Cameriere    (torna con la sedia)A lei, signore. (si allontana)

Ermanno      Che faccio? (non siede)

Elisa             Decida.

Ermanno      Di solito è l'arbitro a farlo.

Elisa             (sorridendo divertita)  Fingeremo di non  conoscere il regolamento.

Ermanno      (siede)  Grazie per l'infrazione. Ha cenato?

Elisa             Sì.

Ermanno      La sua esperienza della cucina lo­cale, cosa mi consiglierebbe di ordinare?

Elisa             Dipende se i miei gusti si accordano con i suoi.

Ermanno      Sono,   come   si   dice,  di  bocca buona.

Elisa             Riso con  tartufi, le va? (scorrendo il menù)

Ermanno      Troppo complicato. (la guarda e continuerà a farlo durante la lettura)

Elisa             Gamberetti al sugo?

Ermanno      Di difficile digestione.

Elisa             Riso e quaglie?

Ermanno      Ma non è soltanto tavola calda, questo locale?

Elisa             Anche. Spezzatino con funghi, va bene?

Ermanno      (fa una smorfia).

Elisa             Scusi, lei è quello di bocca buona?

Ermanno      Completamente!

Elisa             (fingendo di chiamarlo) Cameriere! Un consommè! (Risata a due).

Ermanno      In verità non ho fame, per ades­so. Desidero solo parlare con lei.

Elisa             Allora non osi più asserire di essere di bocca buona.

Ermanno      E' tanto difficile?

Elisa             Al contrario. Ma gliel'ho detto: sono antipatica, posso offendere con facilità. Co­munque parliamo, se vuole.

Ermanno      Ha già bevuto il caffè?

Elisa             Stasera non ne ho voglia. Ma proprio lei non mangia?

Ermanno      Più tardi. Posso sapere il suo nome?

Elisa             (dopo una lunga pausa)  Elisa.

Ermanno      Elisa. Mi ricorda il brano di Beethoven. Il mio è: Ermanno.

Elisa             Nome impegnativo. Teologi e vescovi si chiamavano come lei.

Ermanno      Oltre che insegnare, cosa fa?

Elisa             Correggo i compiti e preparo le lezioni.

Ermanno      E poi?

Elisa             (un'altra pausa, quindi)  Leggo. Ascol­to musica, amo Ciaikowski e Gherswin particolarmente. Guido volentieri l'auto-mobile. Non mi interesso di politica, ma mi piacciono i bei vestiti. Vivo sola e peno a cucinare, perciò son qui ogni sera. Mi diletto di arredamento, in segreto; scrivo poesie, qualche volta, senza illuminazioni alla Rimbaud. Amo il mare. Vuol sapere altro? Eh, sì, di salute bene.

Ermanno      Troppo gentile.

Elisa             Un'ultima cosa: tifo per la squadra di calcio della mia città: con passione! Stop!

Ermanno      Anch'io per la mia: senza scal­mane,  però.   Campanilismo e basta.

Elisa             Un po' poco.

Ermanno      Non è tutto, evidentemente. Prefe­risco la montagna, senza essere un ragno. Di salute, anch'io bene: qualche dente in meno; qualche difficoltà di respirazione, nulla di grave. Mi interesso di politica ed ho le mie idee. Mi piace il cinema ed il tea­tro. Ascolto volentieri la musica, non al suo livello, sono fermo a Becaud e a Celentano. Guido l'auto per necessità. Leggo, sì, libri storici prevalentemente. Stop! Codicillo: sono tecnico meccanico. Stop, stop!

Elisa             Ed è sposato.

Ermanno      (una pausa)  Sì.

Elisa             Per caso non ha anche l'hobby del­l'avventura facile?

Ermanno      (pausa)  Né per caso, né facilmente. L'avventura mi piace al cinema.

Elisa             L'avevo  avvertita che  sono  antipa­tica.

Ermanno      Dal curriculum manca se lei è sposata o no.

Elisa             (agita le mani)  Ho il dono della sin­cerità.

Ermanno      Anch'io. Infatti porto la vera, perciò ho tralasciato.

Elisa             Ioneppure l'anello di fidanzamento.

Ermanno      Sola completamente.

Elisa             Tolga l'avverbio: stasera sono con lei.

Ermanno      Le dispiace?

(Sospensione)

Ermanno      Voglio essere esplicito: ho bi­sogno di parlare con qualcuno perché an­ch'io sono solo.

Elisa             Due soli si fanno compagnia.

Elisa             E la sua cena?

Ermanno      Le ho detto che non ho fame. Ca­so mai più tardi.

Elisa             (dopo un'incertezza)  Allora andiamo, se desidera.

(Si alzano. Lei lascia del dena­ro sul tavolo. Si muovono. La luce nel ri­storante si spegne e i due si trovano al buio scenico, come in strada, quando un raro lampione manda una fioca luce.

Passeggiano lentamente finché ad un certo punto del dialogo, arrivano alla panchina del giardinetto pubblico, e siederanno)

Ermanno      (dopo una certa sospensione) E' tutto il giorno che la penso e che ho desi­derato  di  incontrarla.

Elisa             Già, lei è un programmatore, ricordo. Le confesso che io l'avevo del tutto di­menticata. Non èabituato alla solitudine, vero?

Ermanno      Dipende. Dalle circostanze o dalle persone. Con i colleghi, per esempio, non ingrano.

Elisa             E con sua moglie? E molto che manca da casa?

Ermanno      Un mese. Con Giulia è un'altra cosa;   in famiglia c'è  sempre da parlare. Ma mi dica di lei, Elisa?

Elisa             Ha bambini?

Ermanno      Due.

Elisa             Me ne parli.

Ermanno      La bambina ha sette anni; il ma­schietto cinque. Sono i miei tesori. Elisa (una pausa)  Niente altro?

Ermanno      Che le devo dire? Tutt'e due mi assomigliano: Lidietta fa la prima elementare, Stefano frequenta l'asilo e ambedue sono   abbastanza   discoli.

Elisa             Certo, questo deve dirmi! E altre co­se ancora, di loro. Se ne parlo mi sento ancora più solo. Essi sono là e stanno bene. La mamma li accudisce con grande attenzione e tanto amore. No, no! E lei?

Elisa             Bé, io di ragazzi ne ho più di due, ma non sono miei. Di mio ho una sorella e due vecchi genitori che vivono con lei. C'era anche un fratello, ma morì piccino. E' tutto.

Ermanno      Neppure...?

Elisa             Neppure un fidanzato, no. Né qui, né al paese.

Ermanno      Non vuole sposarsi?

Elisa             Chi lo sa! Ho appena venticinque an­ni. Son agli inizi della professione. Devo farmi. Inoltre non è detto che tutte le don-ne debbano sposarsi. Non pensa che io possa star bene così come sono?

Ermanno      Indubbiamente.

Elisa             Uomini! Non che non mi piacciano! Non perdo un film d'amore, e un libro. Ma non sogno. Fuori dal cinema vengo giù senza paracadute, ed esco dai libri con le lacrime asciutte. Legge lei?

Ermanno      Gliel'ho detto libri storici o di montagna. Romanzi pochi. L'ultimo, tem­po   fa,  fu:   « Delitto  e   castigo ».   Meraviglioso!

Elisa             Dostojevskij! I russi! Ma che hanno per capire così bene l'anima di tutti! Tolstoi!  Turgheniev! Pasternak!  L'ho letto tre volte, Pasternak!

Ermanno      « Zivago? » Ho visto il film.

Elisa             Anch'io. Ma non mi è piaciuto. E' fal­sato. Il dramma diquell'uomo, solo contro la rivoluzione, è stato banalizzato in una lungaggine sentimentale. È raro che un film sia all'altezza del romanzo dal qua­le è tratto.

Ermanno      Ha ragione. Ma ne ricordo uno che mi colpì. Si trattava di: « Anni verdi » di Cronin. La pellicola superava la pagina.

Elisa             Non lo ricordo. Forse ero troppo piccola, quando uscì.

Ermanno      Troppo piccola! Quando io, quasi, incominciavo a lavorare, lei nasceva.

Elisa             Ha quarant'anni, lei?

Ermanno      Non si vede? Ma non mi sento cambiato, sa. Le sensazioni che mi misurano l'andare degli anni, sono soltanto que­sti riferimenti visivi o della memoria. Lei che nasce quando io, a sedici anni, entro in fabbrica con i primi calzoni lunghi. Op­pure un amico, che mi si presenta completamente cambiato, dopo una lunga lontananza. Come passa il tempo!

Elisa             Ancora non me ne rendo conto.

Ermanno      Vuol dire che è giovane, Elisa.

Elisa             Neppure lei è vecchio.

Ermanno      E' vero. Ci sono ancora tutti i palpiti dei vent'anni. Tutte le aspirazioni, i sogni, gli incantamenti. Le mie montagne, per esempio... Quando vado lassù, mi ritro­vo, identico, al pari di loro... E mi sento felice.

Elisa             I sogni, le aspirazioni? Non si è rea­lizzato niente? Possibile?

Ermanno      Si è realizzato tutto. Chi fu quel tale che disse: la vita è un sogno della giovinezza che si avvera nell'età matura?

Elisa             Non lo so, ma è bello.

Ermanno      Non disse tutta la verità. La giovinezza non passa e può tornare, improvvisamente. Stasera, anche...

Elisa             Si fa tardi. Debbo tornare a casa.

Elisa             Due stanze in affitto. Non mi ci adatto in pensione.

 

(Camminano in silenzio, poi)

 

Ermanno      Posso chiederle di rivederla?

Elisa             A me piacciono i contorni nitidi delle cose. A cosa mira con una ragazza con una ragazza come me?

Ermanno      Proprio a niente di quello che lei pensa. Amicizia, se vuole.

Elisa             Mi hanno insegnato a diffidare dell'amicizia tra un uomo e una donna.

Ermanno      A me no. Anzi, certe idee sul cameratismo le ho trovate molto positive.

Elisa             Forse è meglio di no. Ho sempre tanti compiti da correggere, non ho troppo tempo da dedicare agli... amici.

Ermanno      Non le chiedo di darmi tutti e sette i giorni della settimana. Una volta ogni tanto, così...

Elisa             Così...  E'  un   termine  elastico.

Ermanno      Vediamoci a cena, vuole? Al so­lito ristorante.

Elisa             Non ci conti. Da domani potrei cam­biare.

Ermanno      Noncambi, la prego.

Elisa             (un silenzio) Buona notte, Ermanno. E' stata una bella serata, la ricorderò. (si allontana)

Ermanno      Elisa... Buona notte.

(poi viene sul davanti) Che figura da sciocco!

C'è da credermi, padre, se le dico che quella sera non mangiai e quella notte non dormii. Al­la mia età mi sentivo stupidamente innamorato di quella ragazza! Non esistevano più moglie e figli, tutto dimenticato! Solo lei, il suo viso, la voce e le cose che diceva, e il desiderio, immenso, irrefrenabile di rivederla e di starle vicino. Era come una malattia che non provavo più da decenni; ero stordito, capisce, inebetito. Improvvi­samente tornavano i moti della adolescen­za e mi chiedevo, nei brevi tratti di luci­dità, quale sortilegio mi avesse preso. La sera dopo, al termine di una giornata incredibile, mi presentai al ristorante conla fremente speranza di trovarla, nono­stante le sue parole. Ma lei non c'era. Man­giai qualcosa di malavoglia, e chiesi al cameriere se c'era già stata: non era venuta.

Allora, con un misto di disperazione e li­berazione, perché, dopo tutto, mi rendevo conto di avere una dignità, me ne venni al giardino per sedere sulla panchina a ricordare il nostro incontro della sera prima. Ma... lei era là.

(Luce sulla panchina dove sta seduta Elisa)

Buona sera...

Elisa             (burbera) Buona sera. Sto per andar via, non segga.

Ermanno      Ha mantenuto la parola, non è venuta al ristorante.

Elisa             Ed ho mangiato male.

Ermanno      Colpa mia.

Elisa             Sì.

Ermanno      Come mai? Lei conosce bene i luoghi della buona cucina. Comunque sono mortificato.

Elisa             Non finga, è contento.

Ermanno      Di averla trovata, sì.

Elisa             Dovevo immaginarlo che sarebbe ve­nuto qui. Stupida che sono, ho voluto fermarmi un momento.

Ermanno      Questo posto è piccolo, ci si trova quasi senza cercarci.

Elisa             Questo posto ha un solo giardinetto pubblico e pochissime panchine. Ma non potevo sedermi sulla cordonatura del mar­ciapiede. E una ha bisogno di relax prima di mettersi a correggere. Quindi non si illuda che l'aspettassi.

Ermanno      Insomma è seccata di essere stata scoperta, qui.

Elisa             Parecchio. Ma le lascio libero il po­sto, come l'altra sera al ristorante.

Ermanno      Perché tanto animosa, stasera ?

Elisa             Perché mi ha trovata.

Ermanno      Posso sedermi?

Elisa             Le ho già detto che sto per andar via.

Ermanno      Oggi non ho fatto che pensarla.

Elisa             Lo so. E non è giusto.

Ermanno      Lasciamo ciò che è giusto o no. Nella vita esiste pure quello che è necessario, quello che è bello, quello che... non si vuole. (sospensione) Se lei mi fuggirà ancora, credo che dovrò venirla a cercare.

Elisa             La prego!

Ermanno      E' così. Più forte di tutto.

Elisa             Cerchi di ragionare: io sono soltanto una ragazza, che posso darle?

Ermanno      Non voglio niente da lei, lo sa.

Elisa             Ed allora?

Ermanno      Sto per trovare qualcosa che cre­devo di non avere mai posseduto.

Elisa             Non si riempia la bocca di belle frasi inutili.

Ermanno      Fosse solo così, non sarei col pensiero a lei ininterrottamente. E' vero, non posso farci nulla. Ma perché parlar­ne? Io  le chiedo solo:  vuole che stiamo insieme così, tranquillamente, come buoni compagni di' scuola o di scompartimento, che scenderanno all'arrivo e si lasceranno con una stretta cordiale di mano?

Elisa             Una stretta di mano. Ed io, crede che tra un'analisi logica e Dante, stia in uno scompartimento ferroviario?

Ermanno      Che vuol dire?

Elisa             Che lei è un egoista, ed io una stupi­da ad essere ancora qui ad ascoltarla.

Ermanno      Ma perché egoista?

Elisa             Perché? Perché lei ha qualcuno che l'aspetta alla stazione, ma io no. E tutto quello che vuole è fare un bel viaggio, il più bello possibile, non importa se chi ci sta vicino ci ha subiti o gli abbiamo dato fastidio. (lunga pausa)

Ermanno      Ho capito. Dovrò viaggiare solo. (siede sulla panchina)

Elisa             (si avvia lentamente poi di corsa)

Ermanno      (Mentre parla si toglie il soprabito la giacca,si rimbocca le maniche e va in un angolo ad indossare una vestaglia di lavoro)

Ero abbattuto ed umiliato. Quella ragazza mi aveva dato una lezione. E per orgoglio decisi di non pensarci più;ma la cosa non era tanto semplice. Ormai ero dentro la spirale di quel sentimento ed uscirne non era facile. Dopo non so quanto tornai in albergo e scrissi, finalmente, quella lettera a Giulia, che avevo incominciato.

(La luce illumina Giulia, seduta in poltrona, che legge la lettera del marito. E' una donna di poco più giovane di Ermanno, senza alcuna apparenza, semplice e modesta. An­che bella)

Voce di Ermanno « Carissima Giulia so sto bene e ti penso con i bambini. Il lavoro procede lentamente, ma quello che si fa è positivo. I dirigenti sono soddisfatti e non lesinano complimenti al mio operato. Cerco di lavorare il più possibile per non accorgermi in quale brutto posto  sono capitato. Quando alla sera esco dall'officina non so che fare. Avevo trovato un ristorante ove la cucina è buona e l'ambiente accogliente, ma qualcosa mi respinge e credo che non ci tor­nerò più. Di compagnia non se ne fa. Sembra che tutti mi evitino, quasi avessero paura di chissà cosa. Probabilmente alla fine della settimana tornerò da voi, se qui riesco a terminare un certo lavoro. Allora ti potrò riabbracciare con i bambini. Come va Lidietta con i suoi studi? Dille che la interrogherò sui logaritmi, e se non mi risponderà non le darò il regalo che ho in valigia per lei. E Stefano? Il mio bel batuffolone?  Spero che faccia compagnia alla sua mammina che bacio tanto con loro. Papà. »

(Rumore di macchine e di lavoro. Ermanno consulta disegni e dà ordini. Si sposta come per controllare dei macchinari, ed apporta varianti al disegno; finché un im­piegato gli porta una busta. Egli l'apre. A questo punto tutto tace. Si ode la voce di Elisa che appare in un angolo)

Voce di

Elisa             « Avrei pensato di non cambiare cuoco, cucina e tavolo. Altrove si sta peggio e si rischia una colica e la solitudine. Elisa ».

(Ermanno rimane solo col biglietto in mano. Poi, mentre parla, si cambia l'a-bito di lavoro ed indossa la giacca ed il soprabito)

Ermanno      Lei conosce il monologo di Amleto, Padre? Sì, sorrida pure. Che faccio? Vado o non vado. Se vado e lo desidero più di ogni altra cosa, è l'inizio di tutto. Ma se non vado è la fine di quello che non ritroverò mai  più nella  vita...  Ma poi,  cosa l'avrà spinta a scrivermi? Era così scostante, decisa, l'altra sera. Che strana psicologia hanno le donne. Inoltre voglio provare a resistere. Non andrò a mangiare a quel ristorante!  Così faccio. Ma poi mi ritrovo a girare per le strade, con la primavera che già profuma l'aria dei suoi tigli. E sono là al giardinetto pubblico ad aspetta­re. Mentre mi chiedo se la assenza non l'indurrà a disertare la panchina, già mi pento di non aver aderito al suo invito. Ma no, eccola...

Elisa             (Appare. Lo vede e si ferma indecisa se proseguire o no)

Ermanno      (le va incontro festoso)  Buona sera.

Elisa             Buona sera. Le hanno dato il mio messaggio?

Ermanno      Sì.

Elisa             Come glielo ho recapitato, mi sono pentita di averlo scritto.

Ermanno      In verità sono rimasto sorpreso. Nel nostro ultimo colloquio le posizioni erano parse chiare.

Elisa             E' sempre valido quel colloquio. Ma ho pensato a lei e l'ho fatto per questo.

Ermanno      La ringrazio. Quanto è scritto sul suo biglietto è altrettanto valido?

Elisa             (imbarazzata, non risponde)

Ermanno      Ho capito.

Elisa             Perché non è venuto al ristorante?

Ermanno      Volevo mettermi alla prova.

Elisa             Ha perso allora, perché non doveva neppure venire qui.

Ermanno      Lo so. Lei pensa di aver vinto?

Elisa             No. (Lunga pausa) Continueremo molto  a far finta di giocare, noi due?

Ermanno      Io non gioco.

Elisa             Voglio farle un discorso.

Ermanno      Parli.

Elisa             Non vale tergiversare. Io le piaccio molto, no, non si schermisca... Amicizia! Una donna sa quando piace ad un uomo. E  io  agli  scompartimenti   ferroviari  non credo per niente. Ma ammettiamo che di­ventiamo compagni di viaggio, quanto cre­de che potrà durare? E' la prima volta che un uomo e non un bamboccio mi avvicina e mi fa sentire... Donna... E questo può pia­cere terribilmente anche a me.

Ermanno      Elisa, io non voglio crearle imba­razzo.

Elisa             Cosa vuol creare, allora? Lei è sposa­to. Quindi non viè sbocco per ambedue. Ma siamo uomo e donna, e al di là dei legami e delle convenzioni, siamo due esseri fatti naturalmente per unirsi. Natu­ralmente! Al contrario se i legami sono troppo forti e lo impediscono, non mettia­mo assieme ristoranti, tavoli, ne panchine né giardini.

Ermanno      Vi può essere un compromesso accettabile da noi, come... per chi è lontano.

Elisa             Non sono tipo da compromessi, io. Non mi piace la qualifica della... amica, che tiene bordone quando la moglie è lon­tana e viene messa da parte quando questa torna in primo piano.

Ermanno      Questo è parlar chiaro.

Elisa             E non è tutto. Quando mi... innamo­rerò, credo che saprò buttare a mare con­venzioni, scrupoli... ed altro!

Ermanno      Questo è parlare ancora più chiaro.

Elisa             Perciò non faccia l'assente al risto­rante, mentre viene a scaldare la panchina.

Ermanno      Giusto.

Elisa             Ho finito. Altri biglietti non commetterò la debolezza di scriverne.

Ermanno      Siamo pari.

Elisa             Perché?

Ermanno      Dimentica che l'altra sera io sono andato al ristorante e lei è venuta alla panchina?

(E' molto vicino a Elisa; il clima sta cambiando)

Forse non bisogna  mai  dimenticare  che l'aritmetica non ha niente a che vedere con i sentimenti. Uno a me, uno a te... (pausa) A proposito: cosa insegni, Elisa? Ho ancora da saperlo.

Elisa             (con un filo di voce, senza più la bal­danza di prima)  Lettere.

Ermanno      Ho sempre provato avversione per le lettere, sai. E per gli insegnanti di lettere, di conseguenza.

Elisa             Ah, sì?

Ermanno      Di una vecchia professoressa ho addirittura un ricordo opprimente.

Elisa             Cosa... ti... aveva fatto?

Ermanno      Rimandato ad ottobre per un componimento che io giudicavo sincero e lei  spregiudicato.

Elisa             Allora era diversa da me, io voglio che i miei alunni siano sempre sinceri an­che se fanno gli spregiudicati.

Ermanno      Li vuoi come sei tu.

Elisa             Sì.Tu... viceversa, ami baloccarti fra i compromessi.

Ermanno      Non più. E di una cosa meravi-gliosa sono sicuro:   io amo te, Elisa, così come sei o come mi appari.

Elisa             Usi forse una parola a sproposito, no?

Ermanno      E' quello che provo e che ho il coraggio di dirti.

Elisa             (una lunga pausa, occhi negli occhi) Spero di poterti dire altrettanto prestissimo.

Ermanno      Vorrei... adesso.

Elisa             Devo essere sicura. Anche per te. Hai scavalcato troppo presto l'idea del com­promesso. Non fidiamoci dei sentimenti che montano a valanga.

Ermanno      Non faccio che pensarti.

Elisa             Anch'io.

(Un lungo sguardo. Quindi luce su Giulia che ora sta stirando. Elisa ed Ermanno si allontanano, lei va lentamente alla panchi­na e ci rimarrà. Lui si toglie la giacca e va a mettersi in poltrona, di fianco alla moglie, e si mette a leggere il giornale.)

Giulia           Sai, Lidietta comincia a fare i pen­sierini. Ha tanto sentimento. La maestra mi ha detto che è una bambina sensibile e dotata.

Ermanno      Ah, sì? (non smette di leggere)

Giulia           Durante queste cinque settimane che sei stato lontano, i bambini hanno conti­nuato ad invocarti. Ogni giorno mi doman­davano: ha scritto papà? Ti ho mandato a dire da Scaleri, il tuo collega che è venuto a portati i documenti della Ditta, di spe­dire qualche cartolina ai piccoli.

Ermanno      (c.s.)  L'ho visto solo ieri. Ed ho subito fatto: arriveranno lunedì.

Giulia           Hai visto com'erano felici dei regali che hai portato?

Ermanno      Cosette.

Giulia           Gliele hai portate tu. Loro erano te che volevano. Lidietta ha voluto conosce­re cosa sono i logaritmi, voleva saperteli dire a tutti i costi.

Ermanno      (chiude il giornale)  Come te la cavi, qui?

Giulia           Bene. C'è mamma, per fortuna. Non  possono lasciarti tornar e a casa un po' più di sovente?

Ermanno      Difficile. Prevedo che passerà più di un mese avanti che possa tornare un'altra volta.   Quell' impianto deve funzionare prima delle ferie.

Giulia           Sono così sola, Ermanno.

Ermanno      Ed io no?

Giulia           Hai ragione. Tu più di me, io almeno ho i bambini.

Ermanno      Non parliamo di queste cose, Giulia.

Giulia           Sì, caro. Ho portato la radio dal tecnico, ha cambiato il selettore.

Ermanno      (ha ripreso a leggere) Hai fatto benissimo.

Giulia           Una sera ha telefonato Beppe Loca­li, ha chiesto di te. Quando ha saputo che ero sola, sua moglie si è affacciata ad invitarci a passare la serata da loro. Avrei voluto andare, ma i bambini, lo sai, non li porto fuori la sera.

Ermanno      (c.s.)  Hai fatto bene.

Giulia           (dopo una pausa) -Cosa fai alla sera, Ermanno?

Ermanno      (si riscuote) Niente. Sono così stanco che ho appena il tempo di svestir­mi per andare a letto.

Giulia           Non hai conosciuto nessuno?

Ermanno      E chi? Te l'ho scritto che è un posto infame.

Giulia           Finirà quel benedetto impianto! Ma poi rifiutati di andare ancora in tra­sferta. Che mandino i giovani, tu hai fa­miglia.

Ermanno      Se lo potrò.

Giulia           Almeno alla fine ti dessero un pre­mio! Potremmo comprare un frigorifero nuovo, il nostro non vuol più saperne di far giudizio. (pausa) Ecco, anche questa è pronta. (allude ad una camicia del marito che ha terminato di stirare) Per domani pomeriggio penso di non farcela, sai Ermanno. Tutt'al più ti farò avere la rimanenza dal tuo collega. Ancora una,  poi andiamo a letto, caro. O vuoi che ci andiamo subito?

Ermanno      (soprappensiero) Dove?

Giulia           A letto.

Ermanno      A letto? Come vuoi tu, Giulia.

Giulia           Non mi dai retta. È tutta sera che tieni la testa sul giornale. Credevo che ne avessi di cose da raccontarmi... Io non vedevo l'ora che tu arrivassi, per raccontarti di noi, dei bambini... della casa... Non ti ho detto che ho comprato un nuovo copri­letto, voglio che tu la trovi ancora più accogliente la nostra camera matrimoniale... Pensavo che te ne saresti accorto...

(Mentre Giulia parla e stira, Ermanno si è alzato, ha indossato la sua giacca e si è diretto lentamente verso la panchina dove è seduta Elisa. Giunto, le mette la mano sulla spalla. Giulia in dissolvenza di luce e di voce, sparisce)

Elisa             Sei  tornato, Ermanno?

Ermanno      Sì.

Elisa             Come stanno i bambini?

Ermanno      Bene, grazie.

Elisa             E lei, Giulia?

Ermanno      Anche.

Elisa             Sono stati lunghi questi due giorni,

Ermanno      Adesso sono qui.

Elisa             (dopo una pausa) Ermanno, ricordi cosa ti ho detto prima che tu partissi?

Ermanno      Non scordo nulla di te.

Elisa             Che speravo, prestissimo, di poterti ricambiare.

Ermanno      Lo ricordo, Elisa.

Elisa             Ma che volevo essere sicura dei nostri sentimenti.

Ermanno      Sì, cara.

Elisa             Due giorni lontano da te, mi hanno fatto soffrire, ed ho capito fino in fondo che ti amo, Ermanno. Ti amo. Ti amo.

FINE DEL PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

(Ermanno  ed il  prete si  ritrovano  di fronte,  come  all'inizio  de1 primo  atto. E il loro dialogo che continua).

Ermanno      (come seguitando a parlare)  Ec­co, Padre:  quella sera è finita così.

Prete             Ci fu solo un abbraccio, come mi ha raccontato, o vi è stato dell'altro? Scusi se glielo chiedo.

Ermanno      Ci siamo anche baciati. Niente altro.

Prete             Niente altro anche in seguito?

Ermanno      Finora no.

Prete             La ragazza non le ha chiesto nulla di più intimo?

Ermanno      Me lo ha fatto capire.

Prete             (dopo  una pausa) Avrà sete.  Vuol bere qualcosa?

Ermanno      Grazie.

Prete             (mentre gli versa un liquore che è an­dato a prendere tra le quinte)  Sicché la ragazza le vuol bene, la moglie, ignara, an­che. Tra non molto l'avventura è prevedi­bile che finisca e lei archivierà l'esperienza come un successo.

Ermanno      Non lo so.

Prete             O pensa di lasciare Giulia?

Ermanno      Non lo so, le ripeto. (sospensione, poi) Perché non mi chiede cosa sono venuto a fare da lei, stasera?

Prete             Perché me lo ha detto: parlare. Ed io ho accettato di ascoltare. Continuiamo su questa linea.

Ermanno      (un nuovo silenzio, quindi) Padre, io  sono venuto da lei perché la mia situa­zione sta diventando difficile.

Prete             Eccome?

Ermanno Non ho vergogna di confessarle che amo Elisa, credo di non aver mai amato una donna con la stessa intensità, nemmeno Giulia, cui ho sempre voluto be­ne. Elisa è la giovinezza... è l'anti routine, l'ideale, capisce?

Prete             E' la novità che continuamente si rin­nova.

Ermanno      Anche. Ebbene, quando mi bacia succede come la prima volta che lo fece, mi provoca qualcosa, quasi una incrinatu­ra, dentro. Io ho avuto una donna sola: mia moglie, e il fatto di avere contatto Con un’altra, sia pure l'amante, mi rievoca il  corpo di Giulia, imomenti intimi con lei, e sento di dare qualcosa che non mi appartiene. Non so se mi spiego.

Prete             Abbastanza.

Ermanno      E questo rimane e dà come un rimorso. Se io le stessi vicino, e basta, se la guardassi, le parlassi e la amassi sola­mente  così,  tale rimorso, penso,  non  lo avrei.

Prete             Può darsi.

Ermanno      Credo che Elisa abbia avvertito il mio stato psicologico. Una sera, eravamo in casa sua, aveva preparato uno spunti­no, non eravamo andati al ristorante, ora cambiamo spesso per non dare nell'occhio, e lei era in cucina a riordinare. Io le sta­vo aggiustando il giradischi. Improvvisa­mente...

(Va sul fondo, la luce illumina un angolo dell'appartamentino di Elisa; vi è un giradischi che Ermanno si dà ad ar­meggiare. Appare Elisa).

Elisa             Ermanno, hai terminato di rompere il giradischi?

Ermanno      Cara, peggio di così non potevi ridurlo. Cosa ci hai suonato, sopra?

Elisa             Musica. (gli si accovaccia vicino e glielo toglie di mano) Ermanno, mi vuoi bene?

Ermanno      Ma, Elisa! Certamente.

Elisa             Non me lo dimostri mai.

Ermanno      Non ti capisco.

Elisa             (gli accarezza il palmo della mano) Non me lo dimostri mai. (un lunghissimo sguardo poi corre via). Ermanno (torna dal prete e la luce si spegne da Elisa)  Ho interpretato il suo contegno come una delusione.

Prete             Probabilmente lo era..

Ermanno      Ma non mi è possibile aderire ai suoi inviti: sono come bloccato! Perciò la mia condizione di adultero è infelice. Non posso fare a meno di lei, e non riesco a tornare da Giulia (conun filo di voce) come in fondo sarebbe necessario.

Prete             Ed allora è venuto qui.

Ermanno      Avevo bisogno di parlare con qualcuno. (Sospensione) Quand'ero ragaz­zo un prete mi consigliò di non restare mai solo a crogiolarmi con i problemi, ma di esporli, senza ritegno, ad un altro che ne sapesse più di me. Ho conservato l'abitudine.

Prete             Io dovrei saperla più di lei, quindi.

Ermanno      Lei mi ha ispirato fiducia.

Prete             (una sospensione, poi)  Vede, quando vengono ad espormi casi come il suo: ce ne sono più di quanti immagina, ed a chie­dermi aiuto, l'unica forma di soccorso che posso dare è che mi dicano tutto. E, come una terapia, prego che tornino da me do­po ogni incontro e che continuino l'esposizione ingrata dell'avvenimento. E' una progressione penosa, la poesia del tête à tête e degli incontri sentimentali cede, poco a poco, il passo alla realtà. E' il fati­coso lacerarsi di una cortina al di là della quale c'è la verità che finalmente appare ai loro occhi. Verità che, inevitabile, essi giudicano compassionevole o ributtante.

Ermanno      Io le faccio compassione o... ri­brezzo?

Prete             Se fosse possibile metterle davanti uno specchio... ma non è possibile, perché lei ha come una nebbia davanti agli occhi e la luce non arriva. Infatti se io le dico che fa male a continuare questa relazione, e fa male, lei mi risponde: lo so; e se le consiglio di stare attento a quello che fa, lei mi dice: non so come venirne fuori. Però lei non è completamente cieco, e il tormento che l'agita e l'essere venuto da me stasera è un segno positivo. Guardi, Ermanno, potrei tracciarle il triste dia­gramma di come andranno le cose con Giulia e con Elisa e costringerla ad ascol­tarmi duramente, e se lei fosse un altro, un renitente alla Grazia, lo farei. Ma lei l'ha conosciuta la Grazia, ed avverte l'esi­genza di rifarle spazio dentro di sé.Per questo, se lei me loconsente, io l'aiuterò.

Ermanno      Come?

Prete             Ascoltandola; non facendola vergo-gnare delle lacrime che probabilmente piangerà; soprattutto pregando Dio affin­ché le sciolga la nebbia dagli occhi e le mostri l'infelicità che rischia di spargere attorno a sé. Perciò desidero che lei ritor­ni da me ogni qualvolta ne senta il biso­gno: tutti i giorni se è necessario.

Ermanno      Per la cura e l'esposizione del­l'avvenimento?

Prete             Sì, proprio così. Ma via via capirà che la responsabilità verso se stesso e ver­so i suoi, compreso Elisa, è qualcosa di meravigliosamente spaventoso. Nel frattempo Dio non voglia, che lei abbia a com­mettere azioni irreparabili.

 

(Si guardano, poi Ermanno si allontana. Anche il prete si ritira. Ermanno si dirige lentamente alla panchina. Dopo un attimo appare Elisa).

Elisa             Ciao.

Ermanno      (sforzandosi di apparire sereno) Ciao. Hai cenato?

Elisa             Sì.E tu hai mangiato bene dal tuo collega?

Ermanno      Sì. Ma ho pesantezza di stomaco, adesso.

Elisa             Vuoi che andiamo a prendere un fernet?

Ermanno      No, grazie. Lo stomaco si assesta da solo. Come hai passato la giornata.

Elisa             I ragazzi cominciano a sentire aria di vacanza. Diventa più difficile tenerli. Oggi ho dovuto dare due quattro al Manginello, in storia e geografia, e quello an­dava in giro a dire di aver preso otto.

Ermanno      Non aveva torto: quattro più quattro fa otto.

Elisa             Anche tu facevi così?

Ermanno      Con mio padre, A mamma, inve­ce, dicevo sempre la verità.

Elisa             Com'era tua madre?

Ermanno      Le assomiglio.

Elisa             Era tenera, buona... indecisa.

Ermanno      Perché indecisa?

Elisa             Tu sei così.

Ermanno      Mi rimproveri spesso la indecisione, è tanto un brutto difetto?

Elisa             Agli occhi di una donna che ama, il peggiore. (dalla borsetta toglie penna e notes). Non conosco la tua scrittura, Ermanno. Fammi vedere che tipo di calli­grafia possiedi.

Ermanno      Perché vuoi sapere come scrivo?

Elisa             Tu conosci come scrivo io. Non vo­glio che tu sappia di me più cose di quante ne so io di te.

Ermanno      Detta, signorina professoressa. Sappi però che a scuola avevo l'abitudine di scrivere tanto male che l'insegnante mi dava quasi sempre la sufficienza perché non capiva niente.

Elisa             (detta)  “Io amo Elisa, e la desidero ogni ora del giorno e della notte”.

Ermanno      “... e della notte”. Ecco qua.

Elisa             Vediamo. Calligrafia delicata, femmi­nile, direi.

Ermanno      Addirittura!

Elisa             Generosità.

Ermanno      Da cosa lo capisci?

Elisa             Dalla « g », ha il ricciolo inferiore molto largo. Indecisione! Come volevasi dimostrare.

Ermanno      Cosa te lo dice?

Elisa             Le doppie. E insicurezza, la « d » lo tradisce.

Ermanno      Che altro?

Elisa             La mia cultura grafologica non mi consente di proseguire. Ma non ti pare abbastanza?  

Ermanno      Eccome. Anche se l'esame mi sembra piuttosto personalizzato.

Elisa             (dolcissima) Lo è, caro. Specie nella dettatura della frase.

Ermanno      Quella è la verità.

Elisa             No. E' un suggerimento, se lo sai capire.

  

(Gli   appoggia   la   testa   sulla   spalla. Poi si alzano e vengono sempre abbracciati, al lato opposto dal palco, ove c'è la stanza di lui. Ermanno si stacca da Elisa, che rimane ferma fuori zona, e compone un numero di telefono. Dall'altra parte si illumina Giulia che risponde al marito).

Giulia           (con gioia)  Ermanno!   Caro, come stai?

Ermanno      Bene. E tu? E i bambini?

Giulia           Al solito. Ma mi manchi tanto.

Ermanno      Anche voi mi mancate. Giulia, ti ho chiamato per avvertirti che, pur­troppo, sabato non potrò tornare a casa.

Giulia           Oh, Ermanno! Contavamo tanto di vederti...

Ermanno      Lo capisco, ma l'impianto presenta delle difficoltà. Siamo già in ritardo sulla tabella di programmazione.

Giulia           Quanto mi spiace!

Ermanno      Vedrò di fare il possibile per ve­nire tra una decina di giorni.

Giulia           Va bene, caro. Scrivimi, almeno. Non sei più assiduo da qualche tempo.

Ermanno      Ti dovrei ripetere le solite, eterne cose.

Giulia           Fallo pure, non mi stancano. Sono tanto sola, tesoro. I bambini pesano, sai. Hanno bisogno del papà.

Ermanno      Salutali e baciali per me.

Giulia           Lo farò, Ermanno.

Ermanno      Arrivederci, Giulia. Ti lascio.

Giulia           Arrivederci?!   Non   mi   mandi   un bacio?

Ermanno      Già fatto, cara.

Giulia           Addio, tesoro. Ti bacio molto. Molto...

Ermanno      Ciao, Giulia.

(La luce si spegne da Giulia. Ermanno torna da Elisa).

Ermanno      Domani non sarò a casa. Dove mi porterai?

Elisa             (felice)  Le hai detto che non torni?

Ermanno      Sì. Elisa (l'abbraccia)  Oh, caro, caro! E' la primavolta! E' la prima volta che mi anteponi a lei.

Ermanno      Ti prego, Elisa, non dire così. (l'allontana)

Elisa             Neppure questa volta.

Ermanno      Ma, Dio mio! Che discorsi vai a fare?

Elisa             (riprendendo la sua giovialità)  Hai ragione, Ermanno. Sono una stupida amante gelosa. Andremo in un bellissimo posto in collina, so io come trovarlo. Il Fanelli l'ha descritto in un tema che ho fatto svolgere in classe. Deve essere delizioso. Partiremo di buonora e ci porteremo la colazione. Faremo un pic-nic in mezzo al bosco. Ho un grande plaid che poseremo sull'erba, e sopra stenderemo una tovaglia fiorata e metteremo piatti e bicchieri di plastica; mangeremo alla buo­na come nelle gite che facevo in collegio: frittata, salame, prosciutto, formaggio e pane abbrustolito, e frutta, tanta frutta!

(E mentre parla, corre all'angolo dove è montato il suo appartamento, per prende-re gli oggetti che elenca e disporli sul da­vanti. Poi si toglie il golfino e resta leggera come chi sta all'aria aperta. Ermanno toglie la propria giacca e la posa in un angolo del plaid. Ambedue sembra che stiano in mezzo ai prati in una bella giornata di primavera, con tanta felicità nel cuore. La musica li accompagna).

Ermanno      (si sdraia)  Che bel panorama!

Elisa             Ti avevo promesso un bel posto, ricordi?

Ermanno      Formidabile! Tanto è brutto laggiù, quanto splendido è qui.

Elisa             Sono felice che ti piaccia.

Ermanno      Non potevi  trovare  di  meglio.

Elisa             È la prima volta che usciamo dalla città, Ermanno, ne valeva la pena.

Ermanno      Veramente. Mi sento rinascere quando sento l'erba sotto la nuca. Darai un bel voto a quel tuo alunno  immagino.

Elisa             Già fatto. Hai fame? La dispensa for­nisce ipso facto panini imbottiti e salumi delle più rinomate marche. Il vino fu pi­giato nel 1967 dai piedi di un contadino di Gattatico, in quel di Reggio Emilia.

Ermanno      Niente piedi del contadino. Nien­te rinomate marche! Niente panini, niente di niente! Soltanto sole, aria buona, al­beri e polmoni ossigenati!

Elisa             Niente anche di me?

Ermanno      Vediamo, ti consideri parte della dispensa o del paesaggio?

Elisa             Io sono qui. Dipende da te mettermi alla stregua dell'una o dell'altra cosa.

Ermanno      Né l'una, né l'altra. Tu sei Elisa, alla quale voglio bene. Sei come il sole e l'aria pura. Profumi di essenza di bosco, e mi ricordi le montagne, le foreste di larici e pini con il traforo dei rami che si disegna sul cielo Sei i vent'anni per un uo­mo che non sapeva di averli avuti; sei la sublime. Sei la mia Elisa!

Elisa             (Si era chinata su di lui e tutta presa dal suo entusiasmo lo bacia. Ermanno risponde al bacio, ma  improvvisamente si alza di scatto, come punto)  Ermanno!

Ermanno      (Non risponde. Poi si volta ed abbozza un sorriso) Scusami.

Elisa             Cosa ti è accaduto?

Ermanno      Nulla.

Elisa             (sospensione)  Spero che ti sia sentito poco bene.

Ermanno      Sto benissimo. (una pausa) Per­ché lo speri?

Elisa             Sarebbe peggio, per me.

(Sospensione. Poi per sgelare la situazione)

Ermanno      Tesoro mi daresti un bicchiere di quel vinello del contadino?

Elisa             (indugia, poi lo serve).

Ermanno      Di che annata, hai detto?

Elisa             Buona. Per il vino e per me.

Ermanno      Facciamo un brindisi al tuo alun­no che, senza volerlo, ti ha indicato questo paradiso?

(Elisa non risponde ed armeggia attorno ai cibi) Elisa, amore!

Elisa             Brindisi! Fanelli si prenderà un quattro in italiano.

Ermanno      Non dare quattro anche a me,

Elisa             Tu zero! Tu sei uno zero! Come uo­mo! Come amante, e probabilmente come marito! (scoppia a piangere)

(Sospensione, riempita dalle lacrime di lei)

Ermanno      È tutta colpa mia. Ti richiedo scusa.

Elisa             (piangendo)  Scusami anche tu. (rac­coglie rapidamente tutto e corre nel suo appartamento.)

(Ermanno   rimane   con   la giacca in mano, abbattuto. Rumore di macchine, come nel primo atto.

Ermanno rimette la giacca e si riassetta, quindi si dirige alla volta del Dirigente che, nel frattempo, era venuto in scena. per controllare i lavori. Ha una cartelletta con dei fogli che consulta)

Ermanno      Ingegnere, permette una parola?

Dirigente      Prego, signor Sorlini.

Ermanno      Desidererei conferire in privato.

Dirigente      Va bene. (I due si appartano, e l'idea del privato è data dai rumori che giungono attutiti) Dica. Ci sono difficoltà in officina?

Ermanno      Nessuna difficoltà. Desidero so­lamente chiederle il permesso di tornare in sede.

Dirigente      (sorpreso)  Ma... Sorlini! Ci deve essere una ragione grave per indurla, in questo momento, a domandare di abbandonare l'impianto.

Ermanno      Motivi di famiglia.

Dirigente      La moglie non sta bene? O i figli?

Ermanno      Niente di tutto questo, grazie al cielo.

Dirigente      E allora che c'è?

Ermanno      Necessità... psicologica, se così posso definirla. Da mesi manco stabilmen­te da casa.

Dirigente      Mi rendo conto del suo disagio in questo luogo e della lontananza dalla famiglia. Ma mi vedo costretto a chieder­le, almeno per ora, di soprassedere alla sua richiesta.

Ermanno      Le sarei grato se volesse doman­dare alla mia Società l'invio di un altro tecnico, in grado di sostituirmi.

Dirigente  Per favore, Sorlini... Lei per pri­mo conosce le indispensabilità delta sua competenza, e l'importanza dell'impianto per noi, oltre che per tutta la zona. Il suo è compito sociale, anche. Lei lo sa. Sono quasi obbligato a rifiutarle le dimissioni, sia pure a malincuore. Sarà, però, mia premura far sì che il suo sacrificio sia adeguatamente riconosciuto.

Ermanno      La ringrazio egualmente, inge­gnere.

Dirigente      Io la ringrazio, Sorlini, a nome della Buding e delle maestranze. (Una stretta di mano, poi esce. I rumori cessano.)

Ermanno      (va lentamente alla panchina, ove Elisa, già seduta, l'aspetta. Sorpresa di lui)

Elisa             (serena)  Ciao, ti aspettavo.

Ermanno      Ciao, Elisa.

Elisa             Non siedi?

Elisa             Da quante sere non mangi?

Ermanno      Non  esiste soltanto  quel ristorante in città.

Elisa             Lo speravo. Ma se non venivi qui stasera, facevo intervenire la Croce Rossa.

Ermanno      Invece sono venuto.

Elisa             Se vuoi faccio la parte del pronto soccorso.

Ermanno      Tu?

Elisa             Già. (pausa) Ne avrei anch'io un gran bisogno.

(Sospensione)

Ermanno      Elisa, ho chiesto il trasferimento.

Elisa             Dio mio!

Ermanno      Mi è stato rifiutato. Sono indispensabile. Pare  che  tutti i disoccupati della regione pendano dalla leva che azionerò ad impianto terminalo.

Elisa             Meno male. Il cuore ormai non lo tenevo più dentro.

Ermanno      Sì, ma qualche cosa cambia tra noi due, Elisa.

Elisa             Perché secondo te ècambiato qualcosa?

Ermanno      Dopo il nostro... pic-nic...

Elisa             (lo interrompe)  Il nostro picnic è stato un infortunio involontario. Io ho esagerato, e ti prego di dimenticare. Il prossimo sarà certamente una cosa diversa.

Ermanno      Ma perché vuoi chiudere gli oc­chi a tutti i costi? Io ti ho deluso e con­tinuerò a deluderti. L'hai detto: sono uno zero. Sì, zero!

Elisa             Quanto ho sofferto per averti umi­liato. Sono giorni che mi mordo la lingua ed il cuore. Dimmi cosa posso  fare per rimediare, Ermanno.

Ermanno      Niente. Hai detto la verità.

Elisa             So che non è la verità. E so che se uno di noi due ha il dovere di chiedere il trasferimento, questa sono io.

Ermanno      Tu no, Elisa.

Elisa             Ho pensato anche a questo. A fondo, in questi giorni. (Apre la borsetta e ne to­glie una lettera) Leggi.

Ermanno      (legge)  "Al signor Provveditore agli Studi. La sottoscritta Elisa Ververi fa domanda di essere esonerata dall'insegnamento per motivi di salute..." Elisa!

Elisa             Manca solo la data. Scriverò quella di domani.

Ermanno      (con ironia)  Ah, domani!

Elisa             Intuisco cosa pensi. No, non è un ricatto, caro. Avevo il dovere di avvertirti, e il diritto. Non siamo estranei noi due; era giusto che tu lo sapessi, prima.

Ermanno      Lo farai?

Elisa             Tu l'hai fatto. Senza avvertirmi. Pe-rò è stato giusto. Giustissimo.

Ermanno      Ti rovini se spedisci questa lettera.

Elisa             Perché? No, resto a disposizione, tutt'al più. Ma qui non voglio più starci. Quando tu sarai andato via, il passare da que­ste strade oil sedere su una panchina sarà un supplizio. Avevo già in animo una decisione così. Non angustiarmi, caro.

Ermanno      Aspetta a imbucarla.

Elisa             E riusciremo a vivere come se già fossimo trasferiti? Perché tu vuoi chiedermi questo, vero?

Ermanno      (Tace. Sospensione)

Elisa             Forse tu riuscirai, ma io? Ricordi cosa ti dissi una delle prime volte che ci incontrammo? Se un giorno mi fossi decisa ad amare, avrei amato completamente. Non è colpa mia se sono così. Ogni donna, credo, è così. Ti sei mai chiesto cosa voglia dire amare? Credi che sia guardarsi negli occhi e tenersi le mani? Quello è il sentimento degli adolescenti puri. Ma do­po, dopo no. Io mi sono spesso domandata, senza mai dirtelo, cosa cercavi in me che tua moglie non avesse. Mi sono data cento risposte, e nessuna era la precisa. Ora non so più formularmi nessuna do­manda. Eppure, non so perché, ti amo sempre tanto.

Ermanno      Anch'io. E io so perché:  perché sei tu.

Elisa             Sono sempre riuscita a farmi tacere quando il pensiero di quell'impianto com-pletato mi saliva alla gola, e tu saresti par-tito lasciandoti dietro la povera insegnante di lettere.

Ermanno      Basta, Elisa.

Elisa             Io ho vissuto questo tempo come la farfalla effimera che vive un giorno solo, e lo sa, ma è felice. Io sono stata felice di amarti anche per un giorno solo, Ermanno.

Ermanno      (sopraffatto)  Elisa! Elisa! (la ab­braccia)

Elisa             (con passione) O caro, caro, caro...

(Tenendosi abbracciati arrivano all'appar­tamento di lei e un lungo bacio, prima che il buio e una dolce musica vengano a suggellarne la conclusione.)

(Luce su Giulia che sta scrivendo una lettera; la sua voce si sente senza che lei parli, come  se stesse leggendo ciò che ha scritto.)

Giulia           ...Mio caro, dopo averti detto dei bambini, permettimi che ti rimproveri un poco. In dieci giorni ho avuto da te una sola lettera. Da mesi, ormai, manchi da noi e la tua lontananza si fa sempre più acuta, ma a te fa l'effetto opposto? Scusa­mi se ti dico questo. Ogni mattino il pri­mo pensiero è per te: se mi scriverai, se durante la notte ti sei per un attimo ricor­dato di tua moglie. Mi guardo allo specchio e mi vedo brutta, assai più di quello che sono, allora mi imbelletto come per uscire, ma in realtà perché spero che tu torni improvvisamente, e mi illudo  che il tuo silenzio abbia per motivo un sorprendente ritorno. Ma subito penso: e se il motivo fosse un altro? Vedi, Ermanno, quali scherzi gioca la solitudine. Eppure se tu fossi malato, se tu fossi impossibilitato a scrivermi? O, peggio, se ti fossi dimenticato di me? Chi, che cosa o per­ché ti impedisce di ricordarmi, Ermanno? Non voglio avere alcun presentimento, ho soltanto un grande amore per te che que­sta estenuante lontananza rende ancora più consapevole, ed è colpa mia se lo ba­nalizzo con le cose di ogni giorno, le dif­ficoltà...

(la voce si affievolisce in dissolvenza con la luce).

(Ermanno esce dall'appartamento di Elisa. Giunto al centro del palcoscenico si porta le mani al viso. Quando le toglie c'è una grande sofferenza nei suoi occhi; allora, dopo un indugio, lentamente si porta ad un lato dove il Prete è in attesa. Sospensione)

Prete             (serenamente)  L'aspettavo.

Ermanno      (dopo una lunga pausa)  Mi inter­roghi... Non riesco ad esprimermi.

Prete             (una pausa)  Perché è venuto da me, stasera?

Ermanno      Ho l'inferno, dentro. Non resisto più.

Prete             E' accaduto qualcosa con Elisa?

Ermanno      No... Siamo arrivati alle conse­guenze... estreme.

Prete             (La sofferenza del sacerdote risulta palese durante tutta la scena. E' una visibile vicinanza all'uomo colpito dal rimorso) Quando?

Ermanno      Ieri notte.

Prete             E lei, Elisa?

Ermanno      É stata la prova d'amore per lei.

Prete             È vero. È anche una prova d'amore. Direi la più probante per una donna inna­morata. E adesso?

Ermanno      Adesso non so più che fare per nascondere la mia vergogna.

Prete             Purtroppo. È accaduto quello per cui avevate posto le premesse. E che temevo moltissimo.

Ermanno      (una pausa)  ...Ma non era mia in­tenzione, assolutamente!

Prete             La conosce quella delle intenzioni. E difatti il suo cuore, ora è un inferno. Ma non è questo il particolare più importante, a mio avviso. Le ripeto la domanda:  e adesso?

Ermanno      Non sono in grado di fare una scelta, se questo è il senso di quanto mi chiede.                                      

Prete             Sì, il senso è questo. Ma non è ancora il momento della scelta. E prima di disperarsi consideriamo quale fortuna lei ha dalla sua.

Ermanno      Perché?

Prete             Per diversi motivi. Innanzi tutto per l'educazione che ha ricevuto; e per il gran­de bisogno che ha di comunicare in ogni caso. Non è da tutti avere avuto doni tan­to importanti. C'è gente che passa sopra con disinvoltura ad un adulterio, ed altra che   s'arrovella   senza   scampo.   Lei,   viceversa, ce l'ha uno scampo. Adesso.

Ermanno      Adesso?

Prete             E' quello di presentarsi a Dio così com'è, perché Dio la vuole così. Adesso. E non abbia vergogna a piangere. Al rimor­so accettato può erompere il pentimento. Dio accoglie le nostre lacrime come la più efficace delle preghiere.

Ermanno      (visibilmente commosso)  Sì.

Prete             Si rivolga a Lui con coraggio ed evi­terà di sentirsi solo. (Una pausa, mentre Ermanno  piange  apertamente)  Ermanno, io non so quando o come, ma la Grazia le è vicina:   straordinariamente vicina.

 

(Una lunga commossa sospensione. Poi il Prete ed Ermanno escono. Rumore di pioggia)

Elisa             (appare con l'ombrello aperto e gira alla ricerca dell'amante. Mentre Ermanno, indossato un impermeabile bagnato, va len­tamente ai sedersi alla panchina, come in-curante   della  pioggia.   Elisa,   spazientita, va alla camera di Ermanno, mima il suono di un campanello che risponde a vuoto, e chiede)

Ermanno, sei qui?

(Indugia quasi chiedendosi ove possa es­sere andato l'amante, quindi, come obbe­dendo ad un istinto, viene frettolosamente alla panchina).

Ermanno, ma che fai qui?

Ermanno      (con falsa ironia)  Lo vedi: mi bagno.

Elisa             Santo cielo, ma che hai? E tutta la sera che ti aspetto! Alla festa non man­chiamo che noi.

Ermanno      C'è una festa? Dove?

Elisa             Oh dio! Sei forse...

Ermanno      Ubriaco? No, l'acqua non dà la sbornia.

Elisa             Andiamo, caro. (Lo trascina al centro del palco, mentre cadono stelle filanti. I due amanti si spogliano degli impermea­bili ed Elisa lo costringe a danzare. Per poco, ché Ermanno si stacca bruscamente da lei) Cosa hai?

Elisa             Non ti diverti?

Ermanno      Se mi avessi lasciato dov'ero, ti saresti divertita meglio.

Elisa             Ma Ermanno, cosa ti succede stasera?

Ermanno      Prima di organizzare una serata da ballo, puoi interpellarmi. Posso non averne voglia o stare poco bene.

Elisa             Stai poco bene, caro?

Ermanno      Sì!

Elisa             T'accompagno.

Ermanno      (duro)  O insomma, lasciami in pace!

Elisa             Non vuoi che venga con te?

Ermanno      No! Come te lo debbo dire! (e si allontana).

Elisa             (Rimane triste a guardarlo. La musica in dissolvenza. Lei resta immobile).

Ermanno      (Luce nella camera d'albergo. Si spoglia dell'impermeabile, si fruga nella tasca della giacca e ne cava la lettera di Giulia - per riconoscerla usare della car­ta colorata - ancora in busta chiusa. Egli la guarda poi la straccia. Si allontana, come all'interno, e torna con un bicchiere d'acqua e una pillola che inghiotte. Siede.

La lettera stracciata è ai suoi piedi, egli ne raccoglie un pezzetto e lo legge. Ad ogni brano che raccoglie e legge, si ode una frase  detta  da  Giulia,  in   questo  ordine)

(Meglio se la moglie appare, illuminata, e parla)

Voce di

Giulia           Da mesi, ormai, manchi da noi... (un altro pezzetto e mentre Ermanno legge:) ...se tu fossi malato, se tu fossi impossibilitato... un grande amore per te che questa estenuante lontananza... (c.s.) ...ed è colpa mia se lo banalizzo con le cose di ogni giorno... (c.s.) ...e mi vedo più brutta di   quello... se  durante  la   notte   ti sei per un attimo ricordato...

(Ermanno raccoglie tutti i pezzi, se li porta al viso e silenziosamente piange. Buio in dissolvenza)

Elisa             (Si scuote e va nel suo appartamento. Luce come vi arriva. Si toglie il soprabito,

mette un disco sul giradischi per creare un'atmosfera e forma un numero al telefono)

Ermanno      (Luce al trillo telefonico. Arriva dall'interno per rispondere)  Pronto.

Elisa             Sono Elisa. Come stai?

Ermanno      Male. Ho la febbre.

Elisa             Questo mi addolora. Vuoi che venga da te?

Ermanno      Me la fai andar via la febbre, tu?

Elisa             Ti porto degli antibiotici.

Ermanno      Ho tutto, grazie.

Elisa             Ermanno, hai soltanto la febbre?

Ermanno      (non  risponde).

Elisa             Rispondimi. Rispondimi, caro.

Ermanno      (posa il ricevitore.)

(Buio).

Elisa             (Attesa. Poi decisamente stacca il gi-radischi, prende il soprabito e la borsetta e dentro vi pone un flacone. Viene all'an­golo, zona di lui, e si ferma indecisa, infi­ne mima il  suonare  del campanello  che trilla all'interno. Ermanno, ora in luce,

viene come ad aprire: ora sono davanti).

Ermanno      Non ti avevo detto di venire.

Elisa             (decisa, ilare) Non ti ho mai svelato che se non avessi intrapreso la carriera di insegnante, avrei imboccato la strada della medicina? (entra e si toglie il soprabito bagnato) Il tuo semplice malessere sarà un buon pretesto per dimostrarti che non avrei sbagliato. Fa sentire? (gli tocca la fronte) Non è molta. Apri la bocca e mostrami la gola.

Ermanno      (gira la faccia)

Elisa             Ah, ah! Non si fa così. Suvvia, signor paziente!

Ermanno      Elisa ...

Elisa             Non tentiamo di corrompere il medico. (gli guarda gli occhi)

Ermanno      Elisa, ascolta...

Elisa             Nessuna giustificazione: qui è in atto una malattia da raffreddamento.

Ermanno      (gridando)  Ascoltami, perdio!

Elisa             (sorpresa)

Ermanno      Sai perché stasera non volevo incontrarti? Ho preferito la pioggia alla tua compagnia.

Elisa            (addolorata)  Io avevo solo intenzione di distrarti un poco, invitandoti a quella festa. Sei così teso in questi giorni che ve­ramente ho creduto di far bene.

Ermanno      Basta con questa storia della festa!

Elisa             C'è dell'altro?

Ermanno      Desidero riposare. Vattene, fammi un piacere.

Elisa             Come vuoi, caro. (Si rimette l'imper­meabile, apre la borsetta e toglie il fla­cone) Prendi due pillole prima di cori­carti. (Vede a terra i pezzi della lettera di Giulia, allora si china  a raccoglierne uno e lo legge.)

Ermanno      (che l'ha osservata interviene sgarbato e glielo toglie di mano)  Impicciati dei fatti tuoi!

Elisa             Era una lettera di Giulia. Ermanno (tace).

Elisa             Potrei anche essere contenta nel ve­dere come tratti tua moglie. Ma come tratti me?

Ermanno      (c.s.).

Elisa             Povero Ermanno.

Ermanno      Va via, Elisa!

Elisa             Solo per troppo amore.

Ermanno      Va via!

Elisa             Quando starai meglio e con la feb­bre saranno passati anche inervi, ti par-lerò di qualcosa di mio.

Ermanno      Di che cosa?

Elisa             Non stasera. Vai a dormire.

Ermanno      Dimmi quello che hai da dirmi.

Elisa             Un altro giorno.

Ermanno      (la prende bruscamente per le spalle)  Parla!

Elisa             Con quale diritto puoi obbligarmi a parlare? Tu mi dici le cose tue? (segna la lettera a pezzi sul pavimento).

Ermanno      (La lascia).

Elisa             Buona notte! (Si avvia).

Ermanno      Elisa, perdonami.

Elisa             (Si ferma un attimo, poi continua ad allontanarsi).

Ermanno      Resta con me. Elisa.

Elisa             (seguita a camminare)

Ermanno      Non andare via! Elisa! Elisa! (Fino a gridare, ma lei è già lontana. E' ab­battuto, quasi piangente. Una sospensione, poi) Signore, se e vero che mi vuoi così, abbi pena del mio stato. Sono un povero uomo sballottato dal suo sentimento e ge­mo sotto il peso di una promessa sacra. Ovunque io vada non farò che seminare sofferenza ... Ma io non so che fare oltre che soffrire. Signore... Non so che fare...

FINE DEL SECONDO ATTO

ATTO TERZO

(Elisa, nel suo appartamentino illuminato sta formando un numero al telefono, il trillo risponde da Ermanno che è assente. Insistenza della giovane che con disappunto, poi, desiste. Buio.

Pochissimo dopo luce da Ermanno, il quale compone anch'egli un numero al telefono. Suono a vuoto da Elisa che non c'è. Mentre depone il rice­vitore, Ermanno nota sul pavimento un biglietto. Impaziente lo scorre: la voce di Elisa  materializza ciò che egli legge).

Elisa             (mentre si dirige alla panchina)  Non ho più saputo nulla di te. Non mi hai risposto al telefono, e non ti ho trovato al ristorante. Che cosa è successo? Stasera sarò alla panchina. Verrai?

Ermanno      (con gioia)  Sì (e si dirige da lei).

Elisa             Buona sera.

Elisa             Chi non muore si rivede, dice un proverbio.

Ermanno      Evidentemente pure tu sei viva. Anch'io ti ho cercata.

Elisa             Quando?

Ermanno      Anche poco fa, prima di vedere il tuo biglietto sul pavimento. Che idea, pe­rò. Perché non l'hai dato al portiere del­l'albergo?

Elisa             Poteva perderlo, o darti la possibili­tà di inventarla la perdita.

Ermanno      Già. Potevo anche inventare che il portiere era stato inghiottito.

Elisa             Appunto. Come stai?

Ermanno      Bene, grazie. E tu?

Elisa             Anche. Grazie.

Ermanno      (sospensione)  Bè, io sono venuto.

Elisa             Vedo.

Ermanno      Sicché, che cosa avevi bisogno?

Elisa             Niente. Ti ho scritto che avevo bisogno di qualcosa?

Ermanno      No, ma... mi hai scritto di venire.

Elisa             Sbagli. Ho scritto:  verrai:  punto in­terrogativo?

Ermanno      Rispondo: eccomi.

Elisa             Benissimo. Sono contenta di vederti in buona salute dopo il malessere che ti ha afflitto per tanti giorni.

Ermanno      Tanti... Alcuni.

Elisa             E' vero, alcuni.

Ermanno      Ma ho sempre lavorato, anche con il febbrone. E mi sono curato da solo.

Elisa             Encomiabile.

Ermanno      Certo, alla sera mi mettevo subito a letto.

Elisa             La migliore terapia.

Ermanno      E mi facevo portare la cena in camera.

Elisa             Comprensibile.

Ermanno      E non ho mai sfuggito nessuno.

Elisa             Soprattutto da malato.

Ermanno      (dopo una pausa)  E per questo che volevi vedermi?

Elisa             Per sentire come è andata, sì.

Ermanno      Per sfottermi.

Elisa             Non ho bisogno di essere plateale. Avrei trovato un mezzo più efficace.

(Sospensione)

Ermanno      Cos'era quel qualcosa di tuo che mi avevi promesso di dire?

Elisa             Ah, sì... Quella sera, ricordo.  Bè,  una sciocchezza... (si sottrae)

Ermanno      Tutto ciò che è tuo mi riguarda. E i nervi e la febbre mi sono passati;  sono tutto orecchi.

Elisa             Ci hai pensato molto?

Ermanno      Questo non c'entra.

Elisa             Una sciocchezza... Il professore di educazione fisica mi ha invitata a cena.

Ermanno      Ah! Ci sei andata?

Elisa             Ancora no.

Ermanno      Perché ancora no?

Elisa             Perché ci sei tu.

Ermanno      Per me... (si ferma).

Elisa             Per te posso, vuoi dire?

Ermanno      Hai tutto il diritto e la libertà di disporre di te come meglio credi.  Io chi sono? Non ho l'autorità di impedirti o di autorizzarti qualsiasi cosa.

Elisa             Non si tratta di autorità, si tratta di noi, noi due, e di quel tanto che abbiamo in comune eche appartiene a te come a me.

Ermanno      Tu desideri uscire con lui? Elisa  Mi è indifferente. Però sono lusinga­ta, lo ammetto.

Ermanno      Allora accetta.

Elisa             Non ti senti geloso?

Ermanno      Forse.

Elisa             Io lo sarei. Sai perché quella sera ho agito in quel modo e poi ti ho lasciato so­lo? Perché sono gelosa.

Ermanno      Di chi lo sei?

Elisa             Avevi stracciato la lettera di Giulia, ed avevo capito che si trattava di una let­tera d'amore. Non che tu dovessi farmela leggere, ma l'hai rotta perché io non la vedessi. Perciò mi son sentita offesa ed ho provato tanta gelosia. Cattiva gelosia.

Ermanno      Ma io non l'ho stracciata per non fartela vedere: non l'avevo letta.

(Elisa rimane molta colpita. Una pausa)

 

Comunque esci con il professore. E' giovane?

Elisa             Sì. E non porta la fede al dito.

Ermanno      Questo è meglio.

Elisa             Meglio sarebbe se non la portassi tu.

Ermanno      Ma io la porto. Elisa. Accetta l'invito.

Elisa             (lo guarda a lungo)  Sembra quasi che lo desideri.

Ermanno      E tu, mia cara, sembra che abbia inventato...

Elisa             (colpita l'interrompe)  Inventato? Chi ti credi d'essere? Va bene: accetterò! Pre­suntuoso! Come se per tenerti avessi biso­gno di questi stupidi ricatti!

Ermanno      Elisa , non siamo grotteschi. Po­tevi dirgli di no, viceversa ti senti lusingata. Perché… (la giovane vorrebbe ribattere) No, lasciami dire. A parte la piacevole presunzione femminile provocata da un qualsiasi uomo che fa la corte, cos'altro ti spinge ad accettare? La preoccupazione che tra non molto io andrò via e ti è ne­cessario cercare un sostituto? Oppure fingi e tenti di farmi rodere di gelosia? O è un tentativo per farmi pentire del mio conte­gno e agiti lo spauracchio di un altro pron­to a prendere il mio posto? Vedi quante considerazioni conduce a fare la tua sin­cerità?

Elisa             Vedo.

Ermanno      Mi hai insegnato tu a guardare i contorni nitidi delle cose.

Elisa             Infatti, ma tutto quello che hai detto non è nitido. E perché tu lo sappia, Luigi da mesi mi fa la corte.

Ermanno      Luigi! Siamo al nome di battesimo senza titoli.

Elisa             Proprio così! Ma se accetto, e lo farò, mi spinge soltanto una forma di cortesia verso un collega di lavoro.

Ermanno      Già, sei una persona molto educata. Difatti Luigi... ha aspettato per mesi nella tua anticamera.

Elisa             Ermanno, vogliamo litigare ancora?

Ermanno      No, cara, ma i contorni nitidi...

Elisa             Smettila!

Ermanno      Come vuoi. Ti auguro una buona serata con Luigi.

Elisa             Grazie! (Si avvia bruscamente, ma fatti alcuni passi si ferma, si volta e corsa ad abbracciarlo forte. Ermanno risponde all'abbraccio con tutte le sue forze)

Sciocco, lo sai che voglio bene solo a te. Ed ora lo so che sei geloso... Lo so... Lo so...

Ermanno      (si svincola a fatica e corre via).

Elisa             (si acconcia il trucco ed i capelli in at­tesa di Luigi)

Luigi             (Infatti eccolo arrivare. E' un giovane prestante, atletico) Buona sera, signorina, come sta?

Elisa             Buona  sera,  professore. Sto  bene, grazie!

Luigi             Sono tanto felice che lei abbia accet­tato ii mio invito. E mi deve scusare il ritardo.

Elisa             Non fa nulla.

Elisa             Immagino.

Luigi             Glielo voglio dire. Ero indeciso con quale tipo di profumo innaffiarmi. Se ne deve usare uno per ogni circostanza: con­ferenze; post-esercizi ginnici; tête à tête sen­timentale; incontri d'affari. Evidentemen­te a scuola si usa il più intenso: i ragazzi puzzano.

Elisa             Già.

Luigi             Tête-à-tête sentimentale.

Elisa             Come dice?

Luigi             È il profumo che ho deciso per venire da lei. Ma solo dopo una lunga pondera­zione. Il «conferenze» mi attirava. Scher­zo, lei lo capisce. Dove vogliamo andare?

Elisa             Se lei ha un programma?

Luigi             Certamente. Diviso in più parti, una più deliziosa e pimpante dell'altra. Prima parte: cena a due. Seconda parte: localino danzante. Le altre parti... dopo.

Elisa             Nutrito, direi.

Luigi             Lei lo merita, Elisa... Pardon signori­na Ververi. Comunque si lasci pilotare da me, ho la patente da parecchio e, soprattutto, nessun incidente al passivo: capirà più  avanti  quello  che  voglio  dire.   Ecco, per incominciare ceneremo qui. Le va? Rustico e decoroso. Prego!

(Spariscono tra le quinte).

Ermanno      (appare dalla parte opposta. Fissa lungamente il luogo dove i due sono usciti, accende una sigaretta e va a sedersi alla panchina. Parentesi musicale).

(Elisa e Luigi tornano in scena: la musica dissolve)

Luigi             Che meraviglioso menù! Piaciuto, Elisa?

Elisa             (piuttosto fredda)  Sì, grazie.

Luigi             (sempre più euforico)  Io so dove por­tare i miei amici! Non c'è di meglio in tut­to il circondario. Servizio inappuntabile! Cucina di classe! Tre stellette sulla guida Michelin:  le merita, vero Elisa?

Elisa             Certo.

Luigi             O là!  Parte seconda:   localino danzante. Oggi è sabato, quindi quindi quindi... Là! Quello è il posto che fa per noi! Giardino;  luci psichedeliche  fra le siepi; orchestra discreta; camerieri in giacca bianca; wisky. Lo gradisce un wisky do­po il terzo ballo?

Elisa             Grazie.

Luigi             (musica)  Ecco, la musica. Miss, mi volete fare l'estremo onore di concedermi questa danza?

Elisa             Sì, signore.

Luigi             (la prende e la  fa girare)  Bella, flessuo­sa e brava! (sempre di più) Stupenda, incantevole ballerina! (c.s.) Meravigliosa, se­ducente, divina. (c.s.) Entusiasmante Tersicore! (sempre di più, finché)

Elisa             Basta, la prego! (Si ferma. La musica cessa di colpo).

Luigi             Stanca, Elisa?

Elisa             Sì.

Luigi             La   danza   mi   trascina   irresistibilmente.

Elisa             Lei insegna educazione fisica, io lettere.

Luigi             Già! Bellissima sottolineatura! Ma ora è passata. Passata, nevvero?

Elisa             Un momento, per favore.

Luigi             Anche due. Ma non di più, mia cara. Ci attende l'elettrizzante terza parte del nostro programma, la premessa alla quar­ta che prelude al clou di questa fascinosa serata.  Pronta per la terza parte,  Elisa?

Elisa             Di che cosa si tratta?

Luigi             Reazione prevista. Ma nulla è com­promesso. Passiamo alla fase successiva. Una bella ragazza moderna, con un bel, è la verità, giovanotto altrettanto moderno, che fanno dopo una bella cenetta ed un wisky con danze, in una serata di inoltrata primavera? Fanno  spiritosamente del cameratismo sentimentale.

Elisa             Che cosa?

Luigi             È un galante eufemismo per significare ciò che un tempo si chiamava amore.

Elisa             Vada via!

Luigi             Andar via? Ma Elisa, un invito accettato con tanta buona grazia! Là là là! Un pizzico di renitenza è una civetteria morale che mette  pigmento   sulla pietanza! Ma più in là del pizzico...

Elisa             Vada via, professor Medica.

Luigi             Che scrupoli! Proprio da lei, professoressa Ververi, una reazione così codina, è una sorpresa.

Elisa             Come sarebbe a dire: proprio da lei?

Luigi             L'hanno vista col tecnico delle officine Buding, pomiciare per le strade e i locali  della  nostra   rispettabile  cittadina.

Elisa             (bollente d'ira gli affibbia un ceffone).

Luigi             Ehi!

Elisa             (corre da Ermanno, alla panchina) Ermanno! Ermanno! Ermanno!

Ermanno      (si alza ed Elisa gli cade piangen­do tra le braccia).

Luigi             (mano sulla guancia, si allontana volto alla platea)  Che mano pesante la signorina di lettere.

Ermanno      Ebbene?

Elisa             (si domina e si asciuga le lacrime)- È stato... un po' maleducato.

Ermanno      Mi spiace.

Elisa             Forse speravi che fosse più galante, con me.

Ermanno      Non ti ha voluto?

Elisa             Mi ha voluto! Io ho successo con gli uomini.

Ermanno      E' vero.

Elisa             (gli si abbandona sul petto) Oh, Ermanno! Quanto ti voglio bene! Tu non sei come gli altri, mi fai sentire sempre don­na, sempre vestita. Hai tutto quello che sin da bambina ho sognato in un uomo. Ti voglio bene, caro, tanto, tanto... Pur­troppo inutilmente.

Ermanno      La cortesia...

Elisa             Ti chiedo scusa.

Ermanno      Di che? Non c'è motivo. Asciugati bene gli occhi, o il rimmel te li sciuperà.

Elisa             Sì. Grazie. (Ermanno si allontana) Dove vai?

Ermanno      Sono stanco, vado a dormire.

Elisa             Aspetta.

Ermanno      No. Va' a letto anche tu, sarai prostrata dopo la tua serata brava. Buona notte. (si allontana).

Elisa             (sconcertata dal suo comportamento) Ermanno! Ermanno... Non mi accompagni neppure...

(Lui è già fuori. Sospensione. Per la mortificazione le cadono silenziosamen­te lacrime. Lentamente si dirige verso la sua camera, che si illumina come vi arriva. Butta in là la borsetta, il giacchino che indossa; si stende in poltrona; poi di scat­to si leva, va al telefono e forma un numero.

Luce da Ermanno il quale sta telefonando al prete, la cui zona viene illuminata.

Durante il loro colloquio, Elisa si allontana e torna in vestaglia, ritenta di telefonare più volte o quante ne occorro­no, fin tanto che il numero di Ermanno sarà sbloccato).

Ermanno      ...la situazione, reverendo, mi pre­occupa.

Prete             La capisco.

Ermanno      Se non fosse stato così tardi sa­rei passato da lei. Avevo bisogno di par­lare.

Prete             Poteva venire benissimo, non mi a-vrebbe disturbato. Comunque ha fatto be­ne a telefonarmi.

Ermanno      Che cosa mi consiglia, padre?

Prete             (una riflessione)  Le vuol bene?

Ermanno      Sì.

Prete             Allora le stia vicino, e non reagisca impulsivamente.

Ermanno      Ma così, credo, non risolvo nulla.

Prete             Deve.

Ermanno      Capiterà ancora come tempo fa...

Prete             Ora è Elisa ad avere bisogno di lei. Cerchi di capire. Una donna innamorata è un essere particolare, è come malata. Non la tratti male, è peggio.

Ermanno      Va bene.

Prete             Anche se fosse uscita con quel col­lega al solo scopo di suscitare la sua ge­losia, non la umili. Mi pare comprensibi­le, del resto, il suo comportamento: non è una posizione facile per quella ragazza. Non si può prendere il cuore umano e far­ne bucato come per la biancheria sporca. Ricorda cosa le dissi tempo fa? Che non la giudicavo, proprio perché volevo farle capire quale rispetto ho per lei.

Ermanno      Ricordo.

Prete             Elisa ha molto meno di quanto lei non abbia. Ora le rimane soltanto il suo affetto, glielo dia, come ha fatto finora. Se glielo toglie potrebbe capitare ogni co­sa, e sta in lei evitarlo.

Ermanno      Lo sa che cosa c'è dentro di me.

Prete             Lo so. Ma io penso anche a cosa ci può   essere  nel  cuore  di quella  ragazza. (una pausa) Le ha mai accennato ai nostri incontri?

Ermanno      No.

Prete             Credo ne sia giunto il momento. Sì. Elisa ha da sapere come stanno veramente le cose. Appena le si presenta l'opportu­nità lo faccia.

Ermanno      Non so in che modo.

Prete             Lo cercheremo insieme. Domani. L'a­spetto domani.

Ermanno      Va bene, padre. Buona notte.

Prete             Buona notte.

(Buio).

Ermanno      (Ristà pensieroso. Poi, mentre si accinge ad allontanarsi, suona il telefono perché Elisa ha finalmente trovato libera la linea)  Pronto.

Elisa             Sono io, Ermanno.

Ermanno      Come mai telefoni a quest'ora?

Elisa             Non riesco a prendere sonno, nono­stante i tranquillanti...

Ermanno      (colpito)  Prendine un altro, se ne hai bisogno.

Elisa             Sai perché non riesco a dormire? Per colpa tua. Mi hai lasciato così bruscamen­te... Non ho fatto che piangere.

Ermanno      Scusami. Avevo solo sonno, te­soro.

Elisa             Ti ho svegliato? Mi spiace molto.

Ermanno      Non stavo ancora dormendo.

Elisa             Ho fatto il tuo numero, poco fa: era occupato.

Ermanno      Sarà... sarà stata la linea dell'albergo occupata...

Elisa             Ah, vero, sì... Ermanno, perché mi hai trattato a quel modo? Cosa ti ho fatto? Sei rimasto così offeso?

Ermanno      Niente, Elisa. Niente che mi ab­bia offeso.

Elisa             Veramente?

Ermanno      Sì. Dimmi come è andata con il professore di educazione fisica.

Elisa             Te l'ho detto. Ho avuto successo. Troppo.

Ermanno      Ti ha mancato di rispetto?

Elisa             Lasciamo questo discorso. Ermanno quanto manca alla tua partenza?

Ermanno      Non pensarci. Abbiamo tempo.

Elisa             Quanto?

Ermanno      Finirai prima tu gli scrutini e gli esami, e mi lascerai solo, perché sarai par­tita per le vacanze. Le tue lunghe, ripo­santi vacanze di insegnante statale.

Elisa             Lunghe... riposanti... Per la prima volta non desidero le vacanze.

Ermanno      (dopo   una   pausa)   Ci  vediamo domani sera?

Elisa             Sai che cosa mi ha detto... quello?

Ermanno      Cosa, Elisa?

Elisa             Che ci hanno visti... pomiciare in giro. Proprio così.

Ermanno      E' naturale. Qui se starnuti, ri­spondono tutti:  salute!

Elisa             Non ti senti disturbato da queste di­cerie?

Ermanno      Affatto. Perché tu, sì?

Elisa             Un poco. Ma sono una sciocca, lo sai. (pausa) Cercherò di dormire, ora. E se non ci riuscirò, prenderò ancora i tran­quillanti.

Ermanno      (colpito)  Va bene. Buona notte, cara.

Elisa             Buona notte, Ermanno. Ermanno!

Ermanno      Sì.

Elisa             Ti voglio bene. Ricordalo.

Ermanno      Certamente. Buona notte.

Elisa             Buona notte a te.

(Buio da Elisa)

 

Ermanno      (Dopo aver posato il ricevitore, si sofferma pensieroso. Poi si alza e cammina inquieto. E' tentato di fare il numero al telefono, ma rinuncia. Indugia ancora, poi decisamente infila la giacca e corre rapido da lei. Mima il suono del campanello ripetutamente. Luce come appare Elisa, che viene mimicamente  ad aprire)  

Elisa             Ermanno! Che sorpresa!  Entra.

Ermanno      Scusa se ti disturbo. Non miriu­sciva di prendere sonno.

Elisa             Come a me. Incomincia a far caldo. E' quello.

Ermanno      Non hai ingerito i tranquillanti?

Elisa             Sì, ma non mi fanno alcun effetto.

Ermanno      Vorrei provare a prenderne anch'io, chissà   che   non   mi   aiutino...   Me li dai?

Elisa              Non... non li ho.

Ermanno      Come non li hai?

Elisa             Avevo solo un paio di pastiglie e le ho inghiottite.

Ermanno      Mi mostri il boccettino? Cerche­rò di procurarmeli dello stesso tipo.

Elisa             A quest'ora? La farmacia è chiusa.

Ermanno      Busserò. Oppure andrò da qual­che collega. Mostramelo.

Elisa             L'ho buttato via.

Ermanno      In spazzatura?

Elisa             Sì, credo... in spazzatura, sì.

Ermanno      Recuperami il boccettino. Anzi, vengo io, enon   ti  sporchi le mani. (fa per avviarsi all'interno)

Elisa             (lo  trattiene)    Chissà  dov'è.   Lascia stare.

Ermanno      No, voglio vederlo.

Elisa             Ho buttato via anche la spazzatura, poco fa...

(sospensione)

Ermanno      Elisa, tu non hai preso nessun tranquillante! Vero?

Elisa             Ermanno...

Ermanno      E' vero, rispondi?

Elisa             (dopo una pausa sofferta)  Sì... Sì, è vero. E con questo?

Ermanno      Perché al telefono hai insistito sui tranquillanti? Elisa, perché?

Elisa             Così. Non lo so... Così per parlare...

Ermanno      Niente affatto! Volevi renderti interessante edarmi tanto affanno da co­stringermi a venire da te. E' per questo? Dimmelo!

Elisa             Sì.

Ermanno      (Una sospensione)Adesso inventi anche i tranquillanti. Cosa ti ha preso?

Elisa             Non voglio perderti.

Ermanno      Speravi che non mi accorgessi delle tua manovre? Il professore; le frasi buttate là; le dimissioni dalla scuola; la lettera di Giulia... E il tuo non venire da me quando stavo male... Tutto calcolato! Ma perché?

Elisa             Perché ti amo. Non lo capisci?

Ermanno      L'amore non è sufficiente a giustificarti.

Elisa             Lo è, invece. Ermanno, mi stai sfuggendo giorno per giorno, momento per momento,   e  io  mi   difendo...   ti   difendo, caro.

Ermanno      Da chi? Da...

Elisa             Non da Giulia, no. Non so da chi... Da qualcosa che non capisco. Qualcosa che è in te, che non ti lascia in pace quando mi sei vicino, neppure nei momenti più intimi e nostri. Io ne ho conosciuti di uomini, alcuni mi hanno amato, sinceramente, ma nessuno aveva addosso quel... come definirlo?, patema, transfert... non lo so. E' come una presenza, quasi, che ti blocca, inibisce, e ti rende nemico. No, non è tua moglie, so che a lei vuoi bene, ma non tanto da non rinunciarvi se io te lo chiedessi veramente.

Ermanno      Elisa, cosa dici?

Elisa             So bene quello che dico. Fossimo in tre, solo in tre, tu lei io, il triangolo clas­sico di tutte le situazioni adulterine, eb­bene credo che la spunterei su Giulia. Ma qui, ora e sempre, siamo in quattro, ed è un'entità che non conosco, ed alla quale, nonostante ogni tentativo amoroso, non riesco a portarti via. E rende infelice anche te. Ma ionon rinuncio alla mia parte d'a-more! Sono in credito io! Non voglio rin­facciarti, però mi hai cercata tu, e te lo dissi: se mi abbandono all'amore, io amo! Te l'ho dimostrato. Dimmi, caro:   te l'ho l'ho dimostrato, vero?

Ermanno      Continuamente.

Elisa             E se amo, ho pure diritto all'amore, ti pare? Non ho mai sperato di portarti via alla tua famiglia; io voglio solo la mia stagione, un breve periodo, caldo co­me l'estate, che mi darà, però, il sole per tutti gli inverni che mi rimangono. Di' la verità: sono stata sinora un'amante perfetta?

Ermanno      Sì.

Elisa             Sempre conscia dei miei limiti e del­la mia posizione. A mio modo felice così. E non pretendo di più. Però tu mi sfuggi, e non perché non mi ami, in quanto so e capisco che sono parte di te, ma per quel tremendo qualcosa che ti impedisce di ab­bandonarti, come me, all'amore di questi mesi che sono i più belli della nostra vita. Ed io vorrei sapere chi è o di che cosa si tratta per difendermene...

Ermanno      (come se aprisse ora gli occhi alla luce)  É la Grazia.

Elisa             (folgorata)  Chi?

Ermanno      E' lui la presenza, Elisa, Lui... Lui... Dio... Lo ha detto il prete...

Elisa             Ma che cosa stai dicendo? Di che prete parli?

Ermanno      Hai  visto giusto. L'hai  svelato anche a me che non l'avevo capito.

Elisa             Dio?! Ma che cosa c'entra tra di noi?

Ermanno      E' come se avesse parlato per bocca tua. E' così. Io sono un Dio geloso. Lo disse e noi lo sperimentiamo. Chi gli appartiene non gli sfugge più. E' così.

Elisa             Ermanno, io non ti capisco... Dio non esiste nel nostro amore, gli è estraneo, non cercare di confondere una situazione che appartiene soltanto a noi.

Ermanno      Non più, Elisa. E' tutto chiaro, adesso. Come una diagnosi rivelatrice. E' comprensibile che tu non capisca, che tu non sappia chi sono.

Elisa             Perché, chi sei?

Ermanno      Un uomo che sin da bambino ha conosciuto Dio, attraverso una profonda educazione alla Grazia, e mi porto dietro, come un'eredità, il ricordo e l'impronta di quegli anni, alla quale non mi è più possi­bile rinunciare.

Elisa             Mi spiego i tuoi dinieghi, allora, le cri­si, i silenzi, le tue offese.

Ermanno      Io pure me lo spiego.

Elisa             E la tua nobiltà. C'è qualcosa in te che ti condiziona in ogni senso. (uno scatto molto umano) Oh, Ermanno, non siamo mai stati soli noi due.

Ermanno      Mai.

Elisa             Anche con Giulia era altrettanto?

Ermanno      Ero sereno. E basta.

Elisa             Solo con me, eri... Ma allora, io, che cosa ho significato per te?

Ermanno      (la guarda a lungo prima di ri­spondere)  La giovinezza che non può più tornare, Elisa. La poesia, la bellezza, e l'il­lusione di cogliere un fiore troppo tardi, e che non ci appartiene.

Elisa             Questo davvero sono stata per te?

Ermanno      Sì. E sei stata anche la stupenda tentazione che non ho mai respinto, che ho, anzi, tanto amato.

Elisa             La tentazione... Ed io che volevo esserti l'amore...

Ermanno      Lo sei stata.

Elisa             Cosa faremo, ora, Ermanno?

Ermanno      Ora siamo molto meno soli di prima. Quanta gente, quanti affetti ci sono fra te e me. Non possiamo più ignorarli. Elisa, siamo vissuti con le finestre volon­tariamente sprangate e ci siamo illusi che fuori non ci fosse nessuno. Invece erano tutti lì a guardarci, e adesso che le fine­stre si sono spalancate li guardiamo anche noi.

Elisa             (si abbranca a lui)  Ma io non voglio perderti!

Ermanno      (si libera con dolce fermezza)  Le scuole sono quasi finite. Parti in vacanza come fanno i tuoi alunni che dimenticano gli studi.

Elisa             (piangendo) - No... no... no...

Ermanno      (L'accompagna con grande fatica sin dentro casa sua ed oltre come per significare il distacco definitivo, mentre lei piange la propria disperazione con accenti di dolorosa umanità. Quindi, dopo averla lasciata viene di spalle verso il centro del palcoscenico,  lentamente,  quasi a significare che il suo amore per lei è un distacco che gli fa molto male, E si ferma.

Un lungo effetto di luce, e la musica in sottofondo.

Poi va verso la sua zona che si illumina, e prende una valigia che aprirà, come pronta per accogliere i suoi indumenti.

Contemporaneamente luce su Giulia che legge una lettera, la medesima che Ermanno recita ad alta voce, commosso)

Voce di

Ermanno      ... è l'ultima lettera che ti scrivo da qui. L'impianto è ultimato. Non mi resta che stendere il rapporto conclusivo e fare le consegne ai tecnici della Buding. Tra poco, quindi, sarò a casa: Credo che stenterò a riprendere la vita consueta ora che mi sono abituato a fare l'uccel di bosco. Ma confido nel tuo affetto e nella gioia dei bambini di riavere a casa papà. Torno con tanto desiderio di ricominciare qualcosa che questa lontananza aveva spezzato e che, riflettendo, ho avuto modo di appro­fondire. Aspettami, Giulia, forse sono un poco cambiato, ma sempre tuo, più tuo di quan­do sono partito, tanti mesi fa...

Giulia           (Una pausa. E un sorriso finalmente felice)  Ti aspetto, Ermanno.

(Buio.)

Ermanno      (si dirige dal prete che viene illu­minato)  Ho finito. Sono venuto per sa­lutarla.

Prete             Bene.

Ermanno      Sono contento di lasciare questo posto.

Prete             Lo immagino.

Ermanno      Le scriverò, se permette.

Prete             Attenderò sempre con ansia le sue lettere.

Ermanno      Andrà in vacanza, padre?

Prete             Qualche giorno. E un viaggio, forse, in un Santuario del nord. Niente di defi­nito, ancora. E lei?

Ermanno      Aspetto di arrivare a casa per de­cidere. Io sono per la montagna, ma le esigenze della famiglia fanno premio, co­me si dice.

Prete             Capisco.

Ermanno      Credo di doverle dire grazie, pa­dre.

Prete             Di che?

Ermanno      Di tutto. Di quello che mi ha detto e di quello che ha taciuto oltre che di avermi ascoltato.

Prete             Su quest'ultimo punto sono d'accor­do. Ma era quello che dovevo fare. Il resto, lei l'ha capito, non l'ho fatto io. Dio ci ha condotto come ha voluto nonostante noi stessi. E sono convinto che lei dovrà soffrire ancora: è il doveroso scotto da pagare che Lui ci lascia. Perché lei non dimenticherà più.

Ermanno      Lo so. Sono pronto.

Prete             Ed Elisa?

Ermanno      Ci vedremo stasera per l'ultima volta.

Prete             Vada da lei sereno. Anche a quella ragazza è destinata molta parte di sofferenza che è un modo usato da Dio per farsi riconoscere. E non scordi mai che la Grazia è giunta a lei attraverso Elisa.

Le nostre conoscenze di preti, spesso, si limitano alle poche persone che girano attorno all'altare. Ma non giudichiamo: tutto è provvidenza. Bernanos, il suo povero curato di campagna lo fa terminare con una grande parola di speranza. Lasciamo­ci  anche noi  così.

(Una  lunga stretta  di mano)

(Buio in dissolvenza).

Elisa             (viene al centro)  Cari ragazzi, è uso che l'insegnante, nell'ultimo giorno di scuo­la, lasci ai suoi alunni qualche ricordo per le vacanze. Permettete che anch'io mi ade­gui alla tradizione. Non posso dirvi grandi cose, sono al mio primo anno di insegna­mento, e la mia esperienza è soltanto spe­rimentale. Però voi siete stati in tutti questi mesi i miei amici, direi quasi che ho imparato con voi le nozioni che vi ho insegnato. Con voi ho certamente imparato a vivere, perché lo stare insieme è la ma­niera migliore per vivere. Non restate soli, ragazzi, cercate gli altri! Il prossimo, an­che il più misero, ha una ricchezza sublime da donare e una fame insaziabile di ricevere. E aspettatevi dagli altri la por­zione di sofferenza, e di gioia, di cui lana­tura dota ciascuno il giorno della propria nascita. Buone vacanze, ragazzi!

(Una mu­sica accompagna Elisa alla panchina, dove è in attesa Ermanno).

Ermanno      Ciao, Elisa.

Elisa             (Siede. Sospensione) Questa panchina mi ricorda i banchi della chiesa del mio paese che portano inciso il nome del do­natore. Potrebbero benissimo scriverci i nostri.

Ermanno      Già. Anche a me fa la medesima impressione.

Elisa             Son quasi sempre nomi di defunti.

Ermanno      Allora non èil caso che qui incidano...

Elisa             Dici? (sospensione) Che bella serata! Quante stelle.

Ermanno      Sono state tutte meravigliose le nostre serate.

Elisa             Tutte. Meno questa. (sospensione) A che ora partirai, domani?

Ermanno      Presto.

Elisa             Potrò venire a salutarti in stazione?

Ermanno      E' meglio di no.

Elisa             Come vuoi.

Ermanno      Ti ho portato un souvenir. (Le dà un pacchetto)

Elisa             Grazie.

Ermanno      Aprilo quando sarò partito, non prima. Me lo prometti?

Elisa             Sì. Anch'io ho qualcosa. (Apre la borsetta e ne trae una lettera)

Elisa             Leggi.

Ermanno      (legge)  « Al signor Provveditore agli Studi. La sottoscritta Elisa Ververi, fa domanda per essere confermata nella sede che attualmente occupa... » Elisa!

Elisa             Quella con la offerta delle mie di­missioni la spedii. Il giorno dopo.

Ermanno      La spedisti?

Elisa             E' stato il frutto di uno sciocco im­pulso. Credevo di fuggire da te geografi-camente. Ed ho capito che è inutile, per­ché io non posso fuggire da me stessa. Adesso non dirmi che lo faccio per creare un espediente in extremis, o per farti sa­pere che mi puoi trovare qui quando vuoi.

Ermanno      E' bellissimo, Elisa.

Elisa             Desidero che sia tu a chiudere la let­tera. E' come mettere la parola fine, ad una storia d'amore happy end, come usa nel cinema americano per pubblico d'ogni età, dove lui torna dalla moglie e l'amante rimane in disparte, con le lacrime del rim­pianto per ciò che poteva essere e non fu. Fallo, ti prego.

(Ermanno, sorridendo, esegue).

Elisa             Io non piango, sai. Sarebbe troppo plateale.

Ermanno      Hai ragione.

Elisa             E nemmeno ti dico: ti ricorderò. Anzi, farò di tutto per dimenticarti. Verrò a sedere su questa panchina col primo uomo che mi capiterà fosse pure quel bellimbusto del professor Medica. E siederò allo stesso nostro tavolo al ristorante tavola calda, e se farò una gita salirò certamente sulla collina del tema di Fanelli; e se passeggerò... (non riesce più a contenere le lacrime).

(Ermanno la prende e l'abbraccia, tenendole a lungo la testa sulla propria spalla).

Elisa             (dopo lo sfogo)  Scusami. Ma lelacri­me non sono un alibi. Farò così davvero, se lo potrò. Dillo al tuo Dio geloso, che l'ha vinta Lui...

Ermanno      Per tutti e tre. Tu, me e Giulia. (sospensione) Andrai da quel prete?

Elisa             Non lo so... Forse... Forse... (Pausa.) E' tardi. Ho da preparare le valigie. Partirò presto  anch'io,  domattina.   Con  un  altro treno.

Ermanno      T'accompagno.

Elisa             No, Ermanno. Devo abituarmi a fare questa strada da sola.

(E lentamente si avvia, mentre Ermanno rimane immobile a guardarla).

FINE DELLA COMMEDIA